venerdì 7 ottobre 2011
Analysis Paralysis
Qualche giorno fa, all’Università, io ed i miei colleghi del 5° anno di Medicina, abbiamo avuto una lezione molto interessante.
La parte più interessante di detta lezione è stata quella indicata come “Chi è Chi nel Cervello?”, che si occupava di spiegarci quali siano le malfunzioni cui va incontro la rete neurale nel momento in cui una persona sviluppa un disturbo ossessivo-compulsivo… e, come tutte voi già saprete, anche l’anoressia e la bulimia rientrano nella famiglia dei DOC. Ora, cercare di riassumere il contenuto della lezione, soprattutto considerato che molte di voi non hanno conoscenze di Medicina, sarebbe assurdo e vi farebbe immediatamente smettere di leggere questo post. Tuttavia, voglio provare ad illustrarvi in modo semplice la parte interattiva della lezione, che ritengo sia stata tra l’altro la più interessante. (Chiedo scusa ad eventuali medici e studenti di Medicina che leggono questo blog per l’estrema semplificazione ed approssimazione di ciò che segue… vorrei però che fosse comprensibile a tutti). Fondamentalmente, i 2 professori che tenevano la lezione ci hanno divisi in gruppi, e ad ognuno di questi gruppi è stato assegnato il ruolo di un gruppo neuronale: dal nucleo accumbens (il centro del piacere) alla corteccia prefrontale (CPF, il centro “esecutivo”, ovvero la parte del cervello deputata a prendere decisioni).
Il compito che ci hanno assegnato era quello di provare a decidere dove incontrarci per andare a pranzare. Ogni gruppo doveva comportarsi come la parte del cervello che gli era stata assegnata (io appartenevo al gruppo dei gangli basali, che sono coinvolti nel movimento/esercizio fisico, precisione, e anche le malfunzioni che vengono fuori durante un DOC… un ruolo che mi calzava a pennello, insomma…) nel decidere dove incontrarci per andare a pranzare. In quanto ganglio basale, dunque, io dovevo conoscere alla perfezione quando e dove incontrarci – come se avessi avuto un GPS che mi dava le coordinate – le persone presenti, e quanto si sarebbe dovuto spendere. Un po’ nevrotico, se vogliamo, ma ero determinata ad acquisire tutte queste informazioni con un buon margine di anticipo.
I membri degli altri gruppi hanno aggiunto i loro feedback, il gruppo dell’insula ha riferito tutti i nostri messaggi al gruppo della corteccia prefrontale, che ha preso la decisione finale: ci saremo incontrati tutti quanti davanti al Bar del Cubo alle 12.50 per prendere un panino e qualcosa da bere. Ta-dah! Decisione presa.
Adesso dovevamo ripetere il tutto fingendo di essere un cervello malfunzionante a causa della presenza di un DOC. “Casualmente” ho proposto di utilizzare come DOC di riferimento l’anoressia, e quindi abbiamo iniziato a fingere di essere i gruppi neuronali del cervello di una ragazza anoressica. In quanto ganglio basale, non sono riuscita a trovare il bar “perfetto” o la compagnia “perfetta”, né ad essere sicura che gli altri membri del mio gruppo sarebbero stati d’accordo. La corteccia prefrontale, anch’essa malfunzionante, non ha fatto altro che non prendere alcuna decisione, e quindi lasciare che tra le altre parti del cervello (gli altri gruppi) regnasse l’anarchia. L’insula ha semplicemente smesso di trasmettere i vari messaggi, cosicché le altre parti del cervello non potevano comunicare tra loro senza la sua mediazione.
La nostra decisione?
Saltare il pranzo. In tutta la stanza, i vari gruppi hanno elaborato lo stesso verdetto: nessun pranzo. Se il cervello non funziona bene a causa della presenza di un DOC e le varie parti del cervello non sono in grado di comunicare adeguatamente tra loro, prendere una decisione diventa estremamente complicato, perciò semplicemente le reti neuronali vanno in stand-by, e di default il cervello “sceglie” di non mangiare.
Il mio gruppo ha deciso che, durante la pausa pranzo, saremmo andati a provarci con l’infermiera (l’avevamo presa sullo scherzoso in quel momento – e l’abbiamo trovato estremamente divertente, anche se non molto professionale, in effetti). Un altro gruppo ha deciso di impiegare la pausa pranzo andando in palestra. La maggior parte degli altri gruppi ha deciso di tornare a casa e di evitare il contatto con altre persone rimanendo chiusi nella propria stanza a leggere o a guardare la TV, o comunque isolandosi dal resto del mondo.
Vi suona familiare?
I nostri 2 professori che tenevano la lezione hanno definito questa situazione – un infinito vociare delle varie parti del cervello mentre la corteccia frontale se ne lavava le mani e l’insula scrollava le spalle – come “analysis paralysis”. Questa definizione la potete trovare anche su Wikipedia:
"Over-analyzing (or over-thinking) a situation, so that a decision or action is never taken, in effect paralyzing the outcome. A decision can be treated as over-complicated, with too many detailed options, so that a choice is never made, rather than try something and change if a major problem arises. A person might be seeking the optimal or "perfect" solution upfront, and fear making any decision which could lead to erroneous results, when on the way to a better solution."
[Analizzare eccessivamente (o pensare eccessivamente, arrovellarsi eccessivamente) una situazione, perciò, alla fine, nessuna decisione o azione viene compiuta, paralizzando ogni possibile risultato. Una decisione che viene percepita come estremamente complicata da prendere, con troppi dettagli o troppe opzioni, non viene in effetti semplicemente mai presa, anziché fare un tentativo e cambiarla qualora dovesse sorgere un problema maggiore. La persona può anche essere in grado di trovare la soluzione “perfetta” da raggiungere, ed essere perciò assalito dalla paura di prendere una decisione che possa portare a risultati erronei, cercando di raggiungere una soluzione migliore.](traduzione mia)
Decidere dove andare a pranzare sembra una decisione abbastanza facile da prendere. Non è certo come decidere dove traslocare, se cambiare lavoro, o quale investimento fare sui titoli azionari. È semplicemente un pranzo. Tuttavia, la procedura neurale che porta a prendere anche questa decisione, che pure avviene in maniera estremamente rapida, è comunque molto complessa. Se le varie parti del cervello non sono in grado di comunicare correttamente tra loro – se l’insula non lavora adeguatamente e non permette questa comunicazione – il cervello si blocca anche sulle decisioni più semplici, diventa incapace di prenderle, un po’ come quando su un CD c’è una pista rovinata e la canzone si “incanta” e non va più avanti.
È ad oggi noto che l’insula è malfunzionante in chi è anoressica. La restrizione alimentare, tra le altre cose, riduce anche il flusso ematico al cervello, il che a sua volta comporta la riduzione della funzionalità di numerose altre aree cerebrali. Ovvio che, pertanto, anche la più semplice decisione paralizza il cervello che dà la sua risposta di default: NO. Ho già magiato. Non ho fame. Ho da fare. No, grazie. Meglio di no. No. No. No.
È il nostro modo per evitare di andare incontro ad una analysis paralysis. “Il nostro cervello”, ha detto uno dei professori, “è un po’ come una lezione frontale qui all’Università. Un sacco di domande, necessita di andare avanti e indietro con le spiegazioni, e se non ci fosse un insegnante competente che tiene le redini del tutto, non arriveremmo alla fine di una singola lezione”. Ecco, lo stesso vale per l’anoressia: se l’insula non lavora bene, tutto il cervello ne risente, e si va inevitabilmente incontro ad una situazione di analysis paralysis.
La soluzione che in una situazione di questo tipo può essere fornita dall’esterno – dai genitori, dagli amici, dai medici, dai dietisti, dagli psicoterapeuti – è che queste persone si comportino come l’insula e la corteccia prefrontale di chi, avendo un DCA, non riesce a far funzionare correttamente I propri. Per esempio, per chi ha un DCA, anche se decide d’intraprendere un percorso di ricovero, è estremamente difficile decidere quando e cosa mangiare, per questo è importante l’aiuto di un dietista/nutrizionista che dia un “equilibrio alimentare” che “scelga” al posto nostro come gestire l’alimentazione. Poi, gradualmente, recuperando il peso perso, il cervello riesce a riacquisire una funzionalità tale da riconquistare un’autonomia decisionale, ed essere capaci di prendere facilmente decisioni da sole è uno dei segnali più importanti che ci dice che stiamo davvero percorrendo la strada del ricovero.
La parte più interessante di detta lezione è stata quella indicata come “Chi è Chi nel Cervello?”, che si occupava di spiegarci quali siano le malfunzioni cui va incontro la rete neurale nel momento in cui una persona sviluppa un disturbo ossessivo-compulsivo… e, come tutte voi già saprete, anche l’anoressia e la bulimia rientrano nella famiglia dei DOC. Ora, cercare di riassumere il contenuto della lezione, soprattutto considerato che molte di voi non hanno conoscenze di Medicina, sarebbe assurdo e vi farebbe immediatamente smettere di leggere questo post. Tuttavia, voglio provare ad illustrarvi in modo semplice la parte interattiva della lezione, che ritengo sia stata tra l’altro la più interessante. (Chiedo scusa ad eventuali medici e studenti di Medicina che leggono questo blog per l’estrema semplificazione ed approssimazione di ciò che segue… vorrei però che fosse comprensibile a tutti). Fondamentalmente, i 2 professori che tenevano la lezione ci hanno divisi in gruppi, e ad ognuno di questi gruppi è stato assegnato il ruolo di un gruppo neuronale: dal nucleo accumbens (il centro del piacere) alla corteccia prefrontale (CPF, il centro “esecutivo”, ovvero la parte del cervello deputata a prendere decisioni).
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I membri degli altri gruppi hanno aggiunto i loro feedback, il gruppo dell’insula ha riferito tutti i nostri messaggi al gruppo della corteccia prefrontale, che ha preso la decisione finale: ci saremo incontrati tutti quanti davanti al Bar del Cubo alle 12.50 per prendere un panino e qualcosa da bere. Ta-dah! Decisione presa.
Adesso dovevamo ripetere il tutto fingendo di essere un cervello malfunzionante a causa della presenza di un DOC. “Casualmente” ho proposto di utilizzare come DOC di riferimento l’anoressia, e quindi abbiamo iniziato a fingere di essere i gruppi neuronali del cervello di una ragazza anoressica. In quanto ganglio basale, non sono riuscita a trovare il bar “perfetto” o la compagnia “perfetta”, né ad essere sicura che gli altri membri del mio gruppo sarebbero stati d’accordo. La corteccia prefrontale, anch’essa malfunzionante, non ha fatto altro che non prendere alcuna decisione, e quindi lasciare che tra le altre parti del cervello (gli altri gruppi) regnasse l’anarchia. L’insula ha semplicemente smesso di trasmettere i vari messaggi, cosicché le altre parti del cervello non potevano comunicare tra loro senza la sua mediazione.
La nostra decisione?
Saltare il pranzo. In tutta la stanza, i vari gruppi hanno elaborato lo stesso verdetto: nessun pranzo. Se il cervello non funziona bene a causa della presenza di un DOC e le varie parti del cervello non sono in grado di comunicare adeguatamente tra loro, prendere una decisione diventa estremamente complicato, perciò semplicemente le reti neuronali vanno in stand-by, e di default il cervello “sceglie” di non mangiare.
Il mio gruppo ha deciso che, durante la pausa pranzo, saremmo andati a provarci con l’infermiera (l’avevamo presa sullo scherzoso in quel momento – e l’abbiamo trovato estremamente divertente, anche se non molto professionale, in effetti). Un altro gruppo ha deciso di impiegare la pausa pranzo andando in palestra. La maggior parte degli altri gruppi ha deciso di tornare a casa e di evitare il contatto con altre persone rimanendo chiusi nella propria stanza a leggere o a guardare la TV, o comunque isolandosi dal resto del mondo.
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I nostri 2 professori che tenevano la lezione hanno definito questa situazione – un infinito vociare delle varie parti del cervello mentre la corteccia frontale se ne lavava le mani e l’insula scrollava le spalle – come “analysis paralysis”. Questa definizione la potete trovare anche su Wikipedia:
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[Analizzare eccessivamente (o pensare eccessivamente, arrovellarsi eccessivamente) una situazione, perciò, alla fine, nessuna decisione o azione viene compiuta, paralizzando ogni possibile risultato. Una decisione che viene percepita come estremamente complicata da prendere, con troppi dettagli o troppe opzioni, non viene in effetti semplicemente mai presa, anziché fare un tentativo e cambiarla qualora dovesse sorgere un problema maggiore. La persona può anche essere in grado di trovare la soluzione “perfetta” da raggiungere, ed essere perciò assalito dalla paura di prendere una decisione che possa portare a risultati erronei, cercando di raggiungere una soluzione migliore.](traduzione mia)
Decidere dove andare a pranzare sembra una decisione abbastanza facile da prendere. Non è certo come decidere dove traslocare, se cambiare lavoro, o quale investimento fare sui titoli azionari. È semplicemente un pranzo. Tuttavia, la procedura neurale che porta a prendere anche questa decisione, che pure avviene in maniera estremamente rapida, è comunque molto complessa. Se le varie parti del cervello non sono in grado di comunicare correttamente tra loro – se l’insula non lavora adeguatamente e non permette questa comunicazione – il cervello si blocca anche sulle decisioni più semplici, diventa incapace di prenderle, un po’ come quando su un CD c’è una pista rovinata e la canzone si “incanta” e non va più avanti.
È ad oggi noto che l’insula è malfunzionante in chi è anoressica. La restrizione alimentare, tra le altre cose, riduce anche il flusso ematico al cervello, il che a sua volta comporta la riduzione della funzionalità di numerose altre aree cerebrali. Ovvio che, pertanto, anche la più semplice decisione paralizza il cervello che dà la sua risposta di default: NO. Ho già magiato. Non ho fame. Ho da fare. No, grazie. Meglio di no. No. No. No.
È il nostro modo per evitare di andare incontro ad una analysis paralysis. “Il nostro cervello”, ha detto uno dei professori, “è un po’ come una lezione frontale qui all’Università. Un sacco di domande, necessita di andare avanti e indietro con le spiegazioni, e se non ci fosse un insegnante competente che tiene le redini del tutto, non arriveremmo alla fine di una singola lezione”. Ecco, lo stesso vale per l’anoressia: se l’insula non lavora bene, tutto il cervello ne risente, e si va inevitabilmente incontro ad una situazione di analysis paralysis.
La soluzione che in una situazione di questo tipo può essere fornita dall’esterno – dai genitori, dagli amici, dai medici, dai dietisti, dagli psicoterapeuti – è che queste persone si comportino come l’insula e la corteccia prefrontale di chi, avendo un DCA, non riesce a far funzionare correttamente I propri. Per esempio, per chi ha un DCA, anche se decide d’intraprendere un percorso di ricovero, è estremamente difficile decidere quando e cosa mangiare, per questo è importante l’aiuto di un dietista/nutrizionista che dia un “equilibrio alimentare” che “scelga” al posto nostro come gestire l’alimentazione. Poi, gradualmente, recuperando il peso perso, il cervello riesce a riacquisire una funzionalità tale da riconquistare un’autonomia decisionale, ed essere capaci di prendere facilmente decisioni da sole è uno dei segnali più importanti che ci dice che stiamo davvero percorrendo la strada del ricovero.
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23 commenti:
E' un post bello tosto, l'ho riletto un pò di volte e adesso lo rileggo per capirlo meglio, il risultato è sorprendente accidenti!!!!
Non mi abbandoni mai, come faccio a ringraziarti abbastanza?? Ti voglio tanto bene Veggie.
Post molto interessante. Anche se ultimamente non commento sempre,leggo e ci sono! Un abbraccio
Dev’essere stata una lezione interessantissima, però un post come questo mi fa rabbrividire. Sono abituata a dare al dca una connotazione piuttosto emotiva che razionale, forse da “ignorante” tendo sempre a pensare che i motivi per cui nasce un dca siano legati ai vissuti, al carattere, all’emotività, alle situazioni, alle esperienze passate, ed escludo da questa visione la base biologica e anatomica (se così si può dire) che vi è indubbiamente correlata. Forse perché è più facile considerare solo la componente emotiva, perché questo ti fa pensare: “nel momento in cui avrò risolto i veri problemi di base che sono sfociati in un dca, allora anche i problemi col cibo si ridurranno di conseguenza”, senza tenere in considerazione il fatto che anche una corretta rialimentazione è di basilare importanza per riacquisire la lucidità che ci permetta di lavorare adeguatamente su noi stesse. È incredibile come la carenza, la privazione, o comunque in generale l’alterazione nell’assunzione del cibo possa avere delle ripercussioni fisiche e biologiche così massive. È come dire che la nostra testa, la nostra emotività e la nostra volontà arrivano solo fino a un certo punto: fino a che c’è “carburante”. Poi il motore si spenge, va avanti la malattia, ma noi non siamo più in grado di gestirla non solo emotivamente, ma anche proprio fisicamente. Ho trovato a suo modo davvero affascinante questo post, è come dare un’occhiata “dall’altra parte”, quella medica, e indubbiamente non può che essere d’aiuto in questo percorso, dati i molteplici aspetti del dca.
Un bacioneeeeeee!!!!!!!!!!!
oddio... ora che ci penso mi succede spessissimo di non saper decidere e di restare bloccata...
grazie di essere passta da me e del commento! ^_^ un abbraccio stretto
Leggere una cosa del genere danna. Danna sul serio. È tremendamente affascinante e schifosamente irritante allo stesso tempo. Perché più ci penso e più mi viene da dire che è assurdo. È assurdo pensare a quanto conta il semplice atto meccanico di restringere l’alimentazione, e che la volontà in realtà non risponde. Quella volontà che mi è sempre sembrata tutto nella mia anoressia, e che invece risulta poco più che niente: tutto comandato dal cervello che meramente risponde alla riduzione dell’introito calorico. È agghiacciante a ben vederla così. E non solo per questo. Va più in profondità, diamine. Un pensiero del cazzo. Ma non posso fare a meno di concepirlo ed odiarlo per la sua atrocità. Il controllo per me è sempre stato tutta l’essenza della mia dannata anoressia. Restringevo e sentivo di avere il controllo sull’alimentazione, su questo stupido ed inutile corpo, il controllo sull’intera vita, mi sembrava. Il mio controllo, l’unico veramente importante, l’unico che mi facesse sentire davvero forte. Ma ammettere questo post significa cancellare tutto questo. Che tutto questo non era vero. Che il controllo non c’era, o se c’era era solo una fottuta illusione, perché in realtà io non riuscivo a controllare niente, ero andata in default ed era l’anoressia che controllava me, le mie azioni e i miei pensieri. Non sono stata capace di controllare le mie azioni, esse hanno controllato me, e tutto per semplice biologia cerebrale. Ho sempre pensato che l’anoressia fosse stata una mia deliberata per quanto imbecille scelta. Non ho scelto un cazzo, invece. Forse è questa la cosa peggiore, la perdita di controllo. Non ho scelto. Sono stata scelta. Di default. Oh, cazzo.
Jonny
E' per questo che,pur sapendo tutti i buoni motivi per stare meglio e gli svantaggi dell'anoressia,nn riesco a cambiare davvero la mia routine e le abitudini,verso il ricovero?alla fine continuo da anni sempre sulla stessa fottuta strada malata!eppure nn mi piace più!cm passare dal dire al fare?!cm iniziare a trovare la forza/voglia di continuare tutti i gg?voi da dove avete iniziato?Grazie a tutte a a Te,cara Veggie preziosissima!!!
A "Me e basta":
Ciao! Io penso che il primo passo per provare ad uscire dal dca sia l'avere una reale motivazione al cambiamento. Non semplicemente il contemplare gli svantaggi dell'anoressia e i vantaggi del combatterla, ma proprio l'avere un motivo reale e concreto per cui farlo: può essere lo studio fuorisede, un'occasione di lavoro, o qualsiasi cosa per te sia importante! Ed è importante focalizzarsi su quell'obiettivo ed indirizzarci tutte le nostre forze, cercando di lasciare sempre meno tempo alla testa per pensare a cibo-corpo-peso.
Inoltre per me è stata molto importante la psicoterapia, tutt'ora mi vedo con una psicologa a cadenza settimanale, e ovviamente sono anche seguita da una nutrizionista, ma penso che il ruolo più importante lo svolga la psicologa, perchè la psicoterapia aiuta molto a guardarsi dentro e aiuta a correggere i comportamenti sbagliati.
La forza di continuare tutti i giorni la trovo dai sogni che ho voglia di realizzare nel mio futuro, e so che per realizzarli non c'è spazio per la "mia" bulimia, e dalla consapevolezza che, per quanto questo mio percorso contro il dca sia difficile, sicuramente le cose andavano molto peggio quando ero nel pieno della bulimia, perchè allora usavo la malattia per anestetizzare la mia personalità e per isolarmi dal resto del mondo, mentre ora ho riscoperto il sapore della vita e sono felice di viverla!!!!!
Ti faccio un grandissimo in bocca al lupo per il tuo percorso di lotta contro il dca!!!!!!!!
Veggie, questo post mi capita a pennello per una situazione che sto vivendo: decidere, non decidere, scelte giuste, sbagliate, fare non fare, sentirmi libera o no..E questo mi fa capire ancora di più che devo risolvere prima me stessa per poi risolvere il resto..Grazie dell'input..un abbraccio..
@Jonny
Suggerisco una possibile chiave di lettura da esterno, e per questo a voce bassa. Forse possiamo, attarverso informazioni mediche specifiche, acquisire elementi di maggiore consapevolezza sulle dinamiche del nostro malessere. Studiando il mosaico della nostra esperienza di vita, necessariamente troppo complicata per essere spiegata interamente in un paradigma rappresentabile per scritto, aggiungiamo degli strumenti che permettono di approfondire l'analisi, spiegando meglio alcuni aspetti. Come ad esempio la probabile, se non necessaria, incidenza di loop tra iponutrizione scelta e le conseguenze neurologiche che la favoriscono ulteriormente.
Non credo che questo escluda il fatto di avere intrapreso volontariamente un percorso che, per quanto sia fonte di sofferenza e perdite irreversibili, è stato comunque una scelta dell'individuo. E se ognuno di noi è "uno stato sovrano", le scelte di vita sono incontestabili. Con la più viva speranza - ed ancor più vivo augurio - che acquisendo sempre maggiore chiarezza sulla propria storia, i propri disagi e le loro cause, si possa arrivare a scegliere di cambiare strada; perchè vale sicuramente la pena di volersi bene, anche se qualche volta non ne siamo sicuri. Se ho urtato la tua suscettibilità me ne scuso, non volevo di certo. In bocca al lupo. Pino
ciao Veggie
interessanti le lezioni della tua facoltà!!!
che bello analizzare così le situazioni ;-) la vita può migliorare se si ha il giusto aiuto.... sarai bravissima!
^________^
A Wolfie.
Grazie molte!seguo già psicoterapia da anni e mi aiuta a guardarmi dentro...ma la strada è ancora lunga e seguo ancora molto il dca...anche ora che sono fuorisede per un progetto di lavoro.nn volgio perdere questa opportunità,ma lotto anche poco per stare meglio,nonostante le buone intenzioni.....e sn anche un po' stanca dei miei stessi buoni propositi e progetti a vuoto,tante promesse che poi nn realizzo.quante volte "da domani cambia tutto!"?sn un po' disillusa e delusa,arresa e abituata.tu da cosa hai iniziato a cambiare?grazie anocra a chao!:-)
grazie per questa lezione, credo che faccia bene a tutte soffermarsi un attimo e rifletterci.
A "Me e basta":
Io credo che fare "poco" contro il dca sia in realtà già fare molto! Fare qualsiasi cosa è fare molto, l'unica cosa sbagliata sarebbe non fare niente! Lo so che è difficile, e non ti devi scoraggiare se i buoni propositi a volte vanno a vuoto, l'importante è conservare una certa propositività e positività, poi già che sei già in psicoterapia, vedrai che col tempo i risultati vengono, anche a me c'è voluto molto, infatti sono in psicoterapia da sette anni, figurati! Io ho iniziato a cambiare quando mi sono resa conto che la bulimia mi stava togliendo un sacco di possibilità, nonchè mi stava rubando anni e occasioni preziose, e mi sono resa conto che non volevo trascorrere il resto della mia vita a farmi bacare la testa da una malattia: è stato allora che ho chiesto aiuto ed ho iniziato il mio processo di ricovero.
Tieni duro e non mollare, e in bocca al lupo anche per il pogetto di lavoro che stai facendo!!!!!!!!
@ Aisling – Tu ci sei, e combatti, e stai meglio… e questo è il ringraziamento più grande che tu mi possa fare… Sono contenta che tu abbia trovato interessante questo post, spero di non essere stata in ogni caso troppo complicata… per qualsiasi ulteriore spiegazione, sono a disposizione, comunque!!... Ti abbraccio così stretta che neanche t’immagini…
@ sorridente – Non sai quanto mi fa piacere saperti vicina… Ti abbraccio forte…
@ Wolfie – Ti ringrazio per il tuo feedback… Sì, in effetti è stata una lezione davvero particolare… e la cosa più interessante, appunto, come tu stessa fai notare, è la collisione tra aspetti psicologici e fisici del DCA… Le 2 cose vanno molto più di pari passo di quel che si è solite credere… Non a caso, anche nella clinica dove io sono stata ricoverata, non viene iniziata la psicoterapia individuale fino a che non ci si è rialimentate per un po’… quando ero lì dentro mi sembrava un’ingiustizia… poi, invece, ho capito esattamente come funzionavano le cose e che, perciò, era giustissimo così… Perché per ragionare sui nostri vissuti emotivi, ci vuole testa… fisica.
P.S.= Grazie per la risposta che hai dato a Me e basta, hai scritto delle cose verissime, ti quoto!...
@ kjk – Grazie a te, figurati… Io credo che quel blocco sia dettato proprio dalla malattia… per questo dobbiamo farci aiutare… per superare il blocco, e soprattutto per dare un calcio all’anoressia…
@ Jonny – In un certo senso è così… c’è una compenetrazione delle 2 cose, secondo me. Inizialmente c’è una sorta di scelta del sintomo – bada bene, del sintomo!, non dell’anoressia – ma poi il corpo risponde anche a quelli che sono gli input biologici, non solo a quelli volontari… Di certo i deficit alimentari provocano grosse carenze che si riflettono inevitabilmente a livello cerebrale, per cui molte delle conseguenze mentali dell’anoressia sono uguali in tutte le anoressiche – che pure sono persone anche molto diverse tra loro – perché sono il risultato dell’alterazione neurale indotta dalla malnutrizione… per questo è anche così difficile uscirne e ragionarne con lucidità fino a che non si riprende un po’ di peso… Penso che ambo i fattori, volontà e biologia siano importanti… e che la volontà lo sia soprattutto nel momento in cui si decide di provare ad uscirne…
@ Me e basta – Questo ritengo sia una parte. Come tutte le malattie psicofisiche, l’anoressia ha aspetti prettamente mentali e aspetti prettamente fisici/neurobiologici nella fattispecie. Sicuramente il condizionamento neurobiologico può rendere più difficile il distaccarsi dalla malattia… e un altro aspetto che rende difficile il distaccarsi dalla malattia e la sua abitudinarietà, la sua routinarietà, perché il cervello è un organo che si adatta in fretta e adora le cose ripetitive, il che rende ulteriormente più difficile lo spezzare il circolo vizioso… Ma, fortunatamente, almeno da questo punto di vista, non c’è niente d’irreversibile: le alterazioni neurobiologiche connesse all’anoressia sono molto strettamente legate proprio all’aspetto prettamente alimentare: nel momento in cui una si rialimenta normalmente e raggiunge un buon peso, la componente “cerebrale” del DCA descritta in questo post si attenua sempre di più… ed è a questo punto che bisogna sfoderare la nostra forza di volontà e, allo stesso tempo, metterci sotto con la psicoterapia, perché sono queste le armi che ci porteranno a stare meglio… Un abbraccio!...
@ ShadeOfTheSun – Sì, prima dobbiamo sciogliere i nostri nodi, poi potremo cominciare a lavorare su quello che ci sta intorno… Lo so quanto sia difficile trovasi in un periodo di scelte e di bivi… ma tu siediti e aspetta fintanto che non ti sentirai pronta a fare una scelta, ad imboccare una strada… è difficile perché una volta imboccata non si torna indietro, e non si potrà mai sapere cosa sarebbe successo se avessimo imboccato un’altra via… Ma non bisogna avere rimpianti e cercare di vivere al meglio quello che abbiamo scelto… se ce la mettiamo tutta, riusciremo comunque a trovarvi del positivo…
@ Pino – La tua risposta non è rivolta a me, mi ti volevo semplicemente ringraziare comunque per aver lasciato il tuo input, affinché chiunque legga il tuo commento possa raccoglierlo… Grazie!...
@ Pupottina – Magari fossero così tutte le lezioni!... Comunque è vero, questa è stata molto interessante ed istruttiva… E l’aiuto altrui e la propria volontà sono elementi fondamentali per migliorare la nostra vita…
@ leyla – Grazie mille per le tue parole… Spero davvero che quello che ho scritto ti sia in qualche modo servito…
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