Noi tutte siamo persone diverse perciò, necessariamente, nel momento in cui ci si trova ad affrontare un percorso di ricovero, si ha bisogno di strategie differenti: ciò che può essere funzionale per qualcuna, infatti, può non esserlo per altre.
Tuttavia, ritengo che una buona psicoterapia sia un passo d’importanza fondamentale per combattere contro l’anoressia. Il fatto è che la bontà di una psicoterapia dipende inevitabilmente dallo psicoterapeuta che ci si trova di fronte: ognuna di noi ha bisogno di uno psicoterapeuta diverso che sia quello “giusto per se stessa”.
Perciò, come fare a trovare uno psicoterapeuta che possa essere effettivamente in grado di sostenerci nel nostro percorso di ricovero? Come capire se la persona di cui abbiamo il recapito e alla quale vogliamo telefonare, o la persona con cui si è appena iniziato un trattamento, potrebbe essere davvero quella giusta per noi, anziché una perdita di tempo e di soldi?
Voglio provare a dare qualche suggerimento…
1 – Chiedete informazioni sullo psicoterapeuta a persone che vi hanno avuto a che fare, persone che conoscete e di cui vi fidate. Potete chiedere informazioni al vostro medico di base. A qualche vostra amica che vi ha già fatto psicoterapia. A una persona che è stata in trattamento per DCA da quello psicoterapeuta. A un qualche collega di quello psicoterapeuta. Cercate di saperne di più: così già avrete un idea del tipo di persona con cui avrete a che fare, dei metodi che usa, dell’approccio che ha al DCA, e così via.
2 – Non badate alle “chiacchiere di corridoio”. Le opinioni sono opinioni, e non tutti vedono le stesse cose in uno stesso psicoterapeuta. Ciò che qualcuna può trovare rassicurante, qualcun’altra può ritenerlo terrorizzante. È importante, quando ricevete info sul terapeuta, separare i dati di fatto dalle opinioni personali. L’utilizzo da parte del terapeuta di un modello cognitivo-comportamentale è un dato di fatto. Il fatto che una persona dica che quel terapeuta è un emerito incompetente è un’opinione.
3 – La gentilezza non è la cosa più importante. Certo, credo che chiunque preferirebbe uno psicoterapeuta gentile piuttosto che uno che sbraita e fa la predica ogni volta che si ha una piccola ricaduta. E, certo, ci sono momenti in cui è proprio la gentilezza quella che aiuta ad intraprendere un determinato percorso di ricovero. Ma ci sono anche altri momenti, soprattutto quando siamo in una ricaduta di quelle pesanti, in cui la fermezza e la decisione devono avere la precedenza sulla dolcezza. Percorrere la strada del ricovero è un lavoro sporco e duro, e per andare avanti a volte aiuta più una spinta di una carezza.
4 – Scoprite quale modalità di trattamento lo psicoterapeuta utilizza. Io non sono granché esperta al riguardo, però so che esistono molti modelli su cui si può impostare una psicoterapia: il modello cognitivo-comportamentale, quello costruttivista, quello transazionale, e così via. Tutti i modelli sono molto diversi tra loro, e ognuna di noi, spesso, risponde particolarmente bene ad uno di essi. Perciò, ecco il vostro compito per casa: ricercate info sui vari modelli di psicoterapia, cercate di capire quale vi potrebbe essere più utile per come siete fatte caratterialmente, e cercate uno psicoterapeuta che possa impostare quel modello di terapia.
5 – Chiedetegli la sua opinione a proposito dell’origine di un DCA. Ogni volta che mi sono trovata di fronte a una psicoterapeuta, questa è sempre stata la primissima domanda che le ho rivolto. È la mia “domanda di screening”. Se di fronte alla domanda “Da cosa sorge l’anoressia?” sento che mi rispondono: “il rapporto con i genitori soprattutto durante l’infanzia” o “la società moderna, che propone modelli sbagliati” scappo via di corsa. Una risposta così, secondo me, è sinonimo del fatto che quello psicoterapeuta non ha affatto esperienza in campo di DCA, e non credo sia una buona idea lavorare un qualcuno che di anoressia ne sa meno di me, seppur da esterno. Ora, questo è solo un esempio, ovviamente, ma secondo me ci sono delle domande-chiave da porre a un terapeuta per capire di che pasta è fatto, e se può essere la persona giusta per noi. Trovo sia importante rivolgergli queste domande durante la prima seduta, di modo che non abbia imparato a conoscerci e, quindi, non dia la risposta che vogliamo sentirci dare anziché ciò che pensa lui veramente. (Una cosa del genere sarebbe peraltro ampiamente disonesta – ma anche uno psicoterapeuta è un essere umano...)
6 – Farsi direzionare da persone competenti. Se non avete la benché minima idea di dove trovare uno psicoterapeuta, rivolgetevi al personale di centri specializzati in disturbi alimentari. Altrimenti correrete il rischio di essere indirizzate su psicoterapeuti che, per quanto in gamba, non sono specializzati nel trattamento dell’anoressia/bulimia, e quindi possono non essere in grado di darvi l’aiuto specifico di cui avete bisogno.
7 – Fate domande ipotetiche. No, non del tipo: “Se una farfalla sbattesse le ali a Pechino, ci sarebbe un tornado a New York?”, ma qualcosa come: “Se i miei familiari ti contattassero per chiederti di questa psicoterapia, cosa diresti loro?”, o anche: “Se avessi bisogno di un diverso tipo di supporto, cosa faresti?”, oppure: “Se dovessi peggiorare od avere una ricaduta grave, come ti comporteresti?”. Penso sia positivo conoscere la risposta a certe domande prima di andare incontro al fatto concreto, in modo da avere un’idea di come lo psicoterapeuta possa aiutare ad affrontare certe situazioni difficili.
8 – Non lasciate che una mela marcia rovini la raccolta. Inutile negarlo: i "cattivi" psicoterapeuti esistono. O, quanto meno, esistono gli psicoterapeuti che adottano strategie incompatibili al nostro modo di essere e che, quindi, non ci sono utili nel percorso di ricovero. Bene, se vi trovate di fronte ad una psicoterapia che non fa per voi, mollatela. Ma mettetevi poi
subito alla ricerca di un nuovo psicoterapeuta! Quel terapeuta che vi ha fatto più male che bene, era solo
UNO. Ce ne sono
TANTI al mondo. Il fatto che abbiate trovato una mela marcia non significa assolutamente che tutto il raccolto è da buttare: significa solo che una delle mele era marcita. Dovete solo buttare quella mela – o quelle mele, se sono più di una – e non scoraggiarvi mai nel continuare la vostra raccolta.
C’è qualcosa che avete trovato utile da fare, nella ricerca di uno psicoterapeuta? Se vi va, scrivetelo nei commenti qua sotto!