martedì 30 dicembre 2008
Tutte per una, e una per tutte
Ed un altro anno sta giungendo al termine, con il che tirarne le fila credo sia inevitabile.
E di cose, in quest’anno, ne sono successe davvero tante. Cose belle e cose brutte, cose piacevoli e spiacevoli, cose divertenti e cose tristi. Cose che, in fin dei conti, andranno avanti anche il prossimo anno. Ma adesso non voglio scrivere delle cose tristi, vorrei cercare di non demoralizzarmi ancor prima di iniziare il 2009 – anche se è difficile – con questo sole che oggi ha brillato forte e sembrava quasi invitarmi ad uscire, quasi dirmi che, in fin dei conti, uscire è possibile… Perciò, adesso che anche Dicembre è ormai giunto al termine, voglio provare a fare un po’ il punto della situazione che poi, in realtà, non so neanche da che parte cominciare.
Mi fa un po’ strano pensare che è già quattro mesi che ho aperto questo blog, per esempio. Così come mi fa altrettanto strano pensare che, nonostante tutto, nonostante tutti gli anni passati a brancolare nel buio, sto ancora percorrendo la strada della luce, allontanandomi sempre di più da quelle che mi sembravano le mie uniche sicurezze – l’anoressia, la restrizione, le ossa sporgenti, la magrezza, il checking – e, mentre lo scrivo, questo mi fa un po’ ridere perché, proprio io!, non avrei davvero mai pensato di poter arrivare a scrivere una cosa del genere.
Però, questo mi dà da pensare. Mi dà da pensare, ed è un pensiero che rivolgo a tutte voi, meravigliose creature. Se io sono riuscita a fare questo, che certo non è molto, ma è comunque più di tutto quello che sia riuscita a fare negli ultimi 6 anni di auto-distruzione, non c’è alcuna ragione per cui anche tutte voi non possiate riuscire a fare altrettanto. Altrettanto e pure di meglio. Perché sono certa che tutte voi siete molto più forti di me… molto più forti di quanto magari riuscite a rendervi conto.
Io non credo che a Capodanno sia necessario fare la classica “lista dei buoni propositi per l’anno nuovo”, anzi, penso che sia semplicemente deleteria perché ci mette soltanto l’ansia di riuscire a portare a termine qualcosa che non siamo sicure di essere in grado di fare. Perciò, niente progetti a lungo termine, niente buoni propositi che poi finiscono per diventare ferrei obblighi auto-imposti che ci fanno soffrire. Semplicemente, lasciatevi scivolare nel nuovo anno passo dopo passo, uno alla volta, con tutta la calma di cui sentite di aver bisogno.
Semplicemente, prendete il coraggio a due mani ed andate. Andate di nuovo. Lo so che questo può far paura – e lo dico perché ne fa anche a me – perché non c’è alcuna certezza che possa sorreggerci. Nessuna sicurezza. Eppure, ragazze, dobbiamo ugualmente andare. Comunque vada. Chiudere gli occhi e andare.
Perciò, ragazze, cerchiamo di concentrarci su quello che ci attende a breve termine: il futuro lo sveleremo giorno dopo giorno. Tenendoci per mano, continuando a combattere tutte insieme.
Così anch’io ricomincerò da qui cercando di farlo senza la fretta ansiosa che di solito mi brucia dentro. Sperando di riuscire anche nel nuovo anno, tramite questo blog e la mia mail (ricordate che potete sempre scrivermi, in qualsiasi momento, tutto ciò che vi va!) a darvi una mano nella lotto contro l’anoressia… Non so se in questi mesi, da quando ho aperto questo blog ad adesso, sono concretamente riuscita a fare qualcosa per qualcuna di voi, ma ci ho messo tutto il meglio di me. E continuerò a cercare di fare del mio meglio per starvi vicina e darvi una mano. Perché, ribadisco, siamo più forti se combattiamo tutte insieme.
È vero, magari non ho fatto un granché, magari avrei potuto fare di più, ma in fin dei conti, sono soltanto una ragazza che si barcamena tra università e casa, a cui piace vedere le gare di Formula 1, che adora le t.A.T.u., a cui piace disegnare, che ha un cuscino di Snoopy, che parcheggia un po’ storta la sua Multipla (che, tra l’altro, nessuno è ancora riuscito a capire cosa se ne faccia di una Multipla se viaggia essenzialmente da sola…), che fa karate, che si diverte a fare la cosplay, che canta “You and I” a squarciagola sotto la doccia, che cerca giorno dopo giorno di continuare a percorrere la strada del ricovero tenendo a bada l’anoressia… Niente di speciale, no?! Una persona normale. Ma forse lo speciale è proprio tutto qui: essere una persona normale e vivere giorno dopo giorno comunque…
Auguro a tutte voi di poter cominciare un nuovo anno con la grinta di continuare sempre a combattere… ritrovandoci qui tutte insieme anche nel 2009... Tutte per una, e una per tutte!!
E di cose, in quest’anno, ne sono successe davvero tante. Cose belle e cose brutte, cose piacevoli e spiacevoli, cose divertenti e cose tristi. Cose che, in fin dei conti, andranno avanti anche il prossimo anno. Ma adesso non voglio scrivere delle cose tristi, vorrei cercare di non demoralizzarmi ancor prima di iniziare il 2009 – anche se è difficile – con questo sole che oggi ha brillato forte e sembrava quasi invitarmi ad uscire, quasi dirmi che, in fin dei conti, uscire è possibile… Perciò, adesso che anche Dicembre è ormai giunto al termine, voglio provare a fare un po’ il punto della situazione che poi, in realtà, non so neanche da che parte cominciare.
Mi fa un po’ strano pensare che è già quattro mesi che ho aperto questo blog, per esempio. Così come mi fa altrettanto strano pensare che, nonostante tutto, nonostante tutti gli anni passati a brancolare nel buio, sto ancora percorrendo la strada della luce, allontanandomi sempre di più da quelle che mi sembravano le mie uniche sicurezze – l’anoressia, la restrizione, le ossa sporgenti, la magrezza, il checking – e, mentre lo scrivo, questo mi fa un po’ ridere perché, proprio io!, non avrei davvero mai pensato di poter arrivare a scrivere una cosa del genere.
Però, questo mi dà da pensare. Mi dà da pensare, ed è un pensiero che rivolgo a tutte voi, meravigliose creature. Se io sono riuscita a fare questo, che certo non è molto, ma è comunque più di tutto quello che sia riuscita a fare negli ultimi 6 anni di auto-distruzione, non c’è alcuna ragione per cui anche tutte voi non possiate riuscire a fare altrettanto. Altrettanto e pure di meglio. Perché sono certa che tutte voi siete molto più forti di me… molto più forti di quanto magari riuscite a rendervi conto.
Io non credo che a Capodanno sia necessario fare la classica “lista dei buoni propositi per l’anno nuovo”, anzi, penso che sia semplicemente deleteria perché ci mette soltanto l’ansia di riuscire a portare a termine qualcosa che non siamo sicure di essere in grado di fare. Perciò, niente progetti a lungo termine, niente buoni propositi che poi finiscono per diventare ferrei obblighi auto-imposti che ci fanno soffrire. Semplicemente, lasciatevi scivolare nel nuovo anno passo dopo passo, uno alla volta, con tutta la calma di cui sentite di aver bisogno.
Semplicemente, prendete il coraggio a due mani ed andate. Andate di nuovo. Lo so che questo può far paura – e lo dico perché ne fa anche a me – perché non c’è alcuna certezza che possa sorreggerci. Nessuna sicurezza. Eppure, ragazze, dobbiamo ugualmente andare. Comunque vada. Chiudere gli occhi e andare.
Perciò, ragazze, cerchiamo di concentrarci su quello che ci attende a breve termine: il futuro lo sveleremo giorno dopo giorno. Tenendoci per mano, continuando a combattere tutte insieme.
Così anch’io ricomincerò da qui cercando di farlo senza la fretta ansiosa che di solito mi brucia dentro. Sperando di riuscire anche nel nuovo anno, tramite questo blog e la mia mail (ricordate che potete sempre scrivermi, in qualsiasi momento, tutto ciò che vi va!) a darvi una mano nella lotto contro l’anoressia… Non so se in questi mesi, da quando ho aperto questo blog ad adesso, sono concretamente riuscita a fare qualcosa per qualcuna di voi, ma ci ho messo tutto il meglio di me. E continuerò a cercare di fare del mio meglio per starvi vicina e darvi una mano. Perché, ribadisco, siamo più forti se combattiamo tutte insieme.
È vero, magari non ho fatto un granché, magari avrei potuto fare di più, ma in fin dei conti, sono soltanto una ragazza che si barcamena tra università e casa, a cui piace vedere le gare di Formula 1, che adora le t.A.T.u., a cui piace disegnare, che ha un cuscino di Snoopy, che parcheggia un po’ storta la sua Multipla (che, tra l’altro, nessuno è ancora riuscito a capire cosa se ne faccia di una Multipla se viaggia essenzialmente da sola…), che fa karate, che si diverte a fare la cosplay, che canta “You and I” a squarciagola sotto la doccia, che cerca giorno dopo giorno di continuare a percorrere la strada del ricovero tenendo a bada l’anoressia… Niente di speciale, no?! Una persona normale. Ma forse lo speciale è proprio tutto qui: essere una persona normale e vivere giorno dopo giorno comunque…
Auguro a tutte voi di poter cominciare un nuovo anno con la grinta di continuare sempre a combattere… ritrovandoci qui tutte insieme anche nel 2009... Tutte per una, e una per tutte!!
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domenica 28 dicembre 2008
Never lose that feeling
"Never lose that feeling".
Lo cantano gli Swerverdriver. Non so quale sia il loro sentimento. Forse amore.
Non importa. Non importa nemmeno che quando rileggerò questo post non ritroverò nessua delle emozioni che ora mi attanagliano perchè, tanto per cambiare, non sono in grado di trascriverle.
Non sto scrivendo per sentirmi meglio. Spesso l'ho fatto, ma non è questo il caso.
Never lose that feeling perchè non voglio che la mia rabbia ora mi lasci. La sento che scivola via mentre scrivo, e mi odio per la mia incapacità di trattenerla.
Stasera ho acceso la TV e ho sentito la notizia con tutto il dolore possibile: una dietista prescriveva anfetamine a ragazze con disturbi alimentari che volevano dimagrire, dietro lauto compenso da parte delle stesse, che erano semplicemente felici di perdere peso - peso che la dietista mistificava accuratamente pur di continuare ad essere frequentata dalle sue pazienti - senza rendersi conto dei danni cui andavano incontro.
E mi ha fatto incazzare. Mi ha fatto veramente, profondamente incazzare. Forse perchè, sì, un po' mi ha fatto paura.
Sento di questi medici che hanno compiuto azioni così grette, e non posso fare a meno di pensare che, una volta, anche loro si sono trovati esattamente dove sto io adesso, studenti e studentesse di Medicina, magari tutti entusiasti e fermamente convinti di riuscire a cambiare qualcosa e a diventare validi professionisti.
E poi, cos'è successo? Com'è che quella dietista si è ritrovata a fare quello che ha fatto? Dov'è finita tutta la sua buona volontà, tutti i suoi ideali?
E mi fa paura, sì, mi fa paura perchè temo che anch'io, col tempo, potrei trasformarmi in una come lei, nonostante la mia attuale spinta interiore. Vorrei fare qualcosa per cristallizzare questi miei attuali sentimenti, per mantenerli inalterati un giorno se mai (e forse mai) riuscirò a laurearmi, ma ho paura che finiscano per sciogliersi come questa rabbia.
Medici che si comportano in questi modi assurdi mi fanno davvero pensare che il mondo se ne va a puttane. Possibile che uno debba dare importanza solo ai soldi, nascondere a se stesso la verità o compiere atrocità per sentirsi un bravo professionista?
Ci sono emozioni che ci sfiorano e la gente manco se ne accorge. Ma io questa rabbia ora la sento, e la voglio tenere. Perchè sì. Perchè voglio mantenermi capace di reagire, di trovare coraggio. Di andarmene dalla paralisi della vita, dalle giornate stagnanti. Non voglio stare ad aspettare di essere corrotta da qualcosa di meramente materiale. Eppure a volte sono intimorita dalla mia passività di fronte a tante cose. Di fronte all'anoressia in primis. Perciò vorrei imparare a scuotermi. La rabbia non devo perderla. Mi sento un po' vigliacca perchè vorrei agire ora, ma già rimando a domani; dovrei gridare, fare qualcosa, e neanche faccio il primo passo. Domani, dico. Domani mangerò la lasagna e non mi farò seghe mentali. Domani tratterrò le mani senza mettermi a fare checking. Domani userò l'olio fino all'ultima goccia. Domani smetterò con tutti quei mozziconi di sigaretta... domani, domani. Mi sono rotta. E soprattutto mi sono rotta di sapere che domattina, quando mi sveglierò, tutta questa adrenalina che mi sento addosso ora se ne sarà andata a rinchiudersi da qualche parte, assieme alla mia possibilità di riuscire a fare qualcosa.
Mi promettto che m'impegnerò a conservare e a non dimenticare, ma non ho garanzie, e sono poco sicura di me. Mi manca il fegato, il cervello e le palle, cazzo!
Chissà se un giorno arriverò anch'io ad attivare/disattivare le mie emozioni premendo un pulsante. Ma allora, non sarò più io. Perciò spero proprio che questa rabbia, adesso, possa davvero aiutarmi a rimanere me stessa.
Lo cantano gli Swerverdriver. Non so quale sia il loro sentimento. Forse amore.
Non importa. Non importa nemmeno che quando rileggerò questo post non ritroverò nessua delle emozioni che ora mi attanagliano perchè, tanto per cambiare, non sono in grado di trascriverle.
Non sto scrivendo per sentirmi meglio. Spesso l'ho fatto, ma non è questo il caso.
Never lose that feeling perchè non voglio che la mia rabbia ora mi lasci. La sento che scivola via mentre scrivo, e mi odio per la mia incapacità di trattenerla.
Stasera ho acceso la TV e ho sentito la notizia con tutto il dolore possibile: una dietista prescriveva anfetamine a ragazze con disturbi alimentari che volevano dimagrire, dietro lauto compenso da parte delle stesse, che erano semplicemente felici di perdere peso - peso che la dietista mistificava accuratamente pur di continuare ad essere frequentata dalle sue pazienti - senza rendersi conto dei danni cui andavano incontro.
E mi ha fatto incazzare. Mi ha fatto veramente, profondamente incazzare. Forse perchè, sì, un po' mi ha fatto paura.
Sento di questi medici che hanno compiuto azioni così grette, e non posso fare a meno di pensare che, una volta, anche loro si sono trovati esattamente dove sto io adesso, studenti e studentesse di Medicina, magari tutti entusiasti e fermamente convinti di riuscire a cambiare qualcosa e a diventare validi professionisti.
E poi, cos'è successo? Com'è che quella dietista si è ritrovata a fare quello che ha fatto? Dov'è finita tutta la sua buona volontà, tutti i suoi ideali?
E mi fa paura, sì, mi fa paura perchè temo che anch'io, col tempo, potrei trasformarmi in una come lei, nonostante la mia attuale spinta interiore. Vorrei fare qualcosa per cristallizzare questi miei attuali sentimenti, per mantenerli inalterati un giorno se mai (e forse mai) riuscirò a laurearmi, ma ho paura che finiscano per sciogliersi come questa rabbia.
Medici che si comportano in questi modi assurdi mi fanno davvero pensare che il mondo se ne va a puttane. Possibile che uno debba dare importanza solo ai soldi, nascondere a se stesso la verità o compiere atrocità per sentirsi un bravo professionista?
Ci sono emozioni che ci sfiorano e la gente manco se ne accorge. Ma io questa rabbia ora la sento, e la voglio tenere. Perchè sì. Perchè voglio mantenermi capace di reagire, di trovare coraggio. Di andarmene dalla paralisi della vita, dalle giornate stagnanti. Non voglio stare ad aspettare di essere corrotta da qualcosa di meramente materiale. Eppure a volte sono intimorita dalla mia passività di fronte a tante cose. Di fronte all'anoressia in primis. Perciò vorrei imparare a scuotermi. La rabbia non devo perderla. Mi sento un po' vigliacca perchè vorrei agire ora, ma già rimando a domani; dovrei gridare, fare qualcosa, e neanche faccio il primo passo. Domani, dico. Domani mangerò la lasagna e non mi farò seghe mentali. Domani tratterrò le mani senza mettermi a fare checking. Domani userò l'olio fino all'ultima goccia. Domani smetterò con tutti quei mozziconi di sigaretta... domani, domani. Mi sono rotta. E soprattutto mi sono rotta di sapere che domattina, quando mi sveglierò, tutta questa adrenalina che mi sento addosso ora se ne sarà andata a rinchiudersi da qualche parte, assieme alla mia possibilità di riuscire a fare qualcosa.
Mi promettto che m'impegnerò a conservare e a non dimenticare, ma non ho garanzie, e sono poco sicura di me. Mi manca il fegato, il cervello e le palle, cazzo!
Chissà se un giorno arriverò anch'io ad attivare/disattivare le mie emozioni premendo un pulsante. Ma allora, non sarò più io. Perciò spero proprio che questa rabbia, adesso, possa davvero aiutarmi a rimanere me stessa.
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venerdì 26 dicembre 2008
Mantenere la positività
Buonasera ragazze…
Com’è andato il vostro Natale??
Spero che ieri sia stato per voi un giorno, se non proprio sereno, almeno quanto meno ansiogeno possibile…
Spero che abbiate avuto modo di scrivervi una letterina o anche solo qualche frase positiva d’incoraggiamento… Personalmente, per cercare in passare quanto più possibile “indenne” la giornata natalizia, mi sono presa un foglietto colorato e mi sono scritta sopra l’indirizzo dei questo blog – per ricordare a me stessa che anche questo è un posto dove posso combattere e cercare di mantenere una mentalità positiva e propositiva – e poi la frase “Sei come sei… e non c’è niente di meglio al mondo!!”.
L’ho ripiegato e l’ho messo nella tasca dei pantaloni. E ogni qualvolta mi sono sentita sul punto di cedere, sul punto di restringere, l’ho tirato fuori rapidamente e l’ho letto. Può sembrare una sciocchezza, ma è riuscito a darmi forza.
E allora, ho pensato: perché solo a Natale?
Penso che circondarci di qualcosa di supportivo che possa aiutarci nel percorrere la strada del ricovero sia estremamente utile e benefico non soltanto nel giorno di Natale, ma anche in ogni qualsiasi altro giorno. Ricordare l’obiettivo è fondamentale, e per tenerlo bene a mente non c’è niente di meglio che un costante rinforzo positivo. Così anche oggi ho tenuto il bigliettino nella tasca dei pantaloni, ed ogni tanto l’ho tirato fuori e l’ho letto. E credo che lo farò anche domani. E dopodomani. E così via. E magari ne farò uno anche per le tasche di un paio di jeans, e per quelle del bomber, e persino per quelle della vestaglia…
Perciò, ecco quello che voglio proporvi. Circondatevi di messaggi positivi. Scrivetevi dei brevi pensieri, o anche solo delle frasi positive, e mettetele nelle tasche dei vostri jeans, o dei vostri cappotti, o nel vostro borsellino… fate in modo di averle con coi ovunque andiate e qualsiasi cosa abbiate da fare. E quando sentite che state per mollare, tiratele fuori e leggetele. Non c’è niente di meglio delle parole giuste al momento giusto. E che siano le parole giuste non ci sono dubbi, visto che sono le vostre parole. Quindi, quando leggerete quelle frasi, credeteci fino in fondo. È la parte di voi che sta percorrendo la strada della luce che le ha scritte. Perciò, contengono assolutamente la verità.
P.S.= Ricordatevi che il 5 Gennaio ci sarà il nuovo appuntamento con "A voi la parola"... Sono qua in attesa delle vostre parole... Spero che vogliate condividerle con me...
Com’è andato il vostro Natale??
Spero che ieri sia stato per voi un giorno, se non proprio sereno, almeno quanto meno ansiogeno possibile…
Spero che abbiate avuto modo di scrivervi una letterina o anche solo qualche frase positiva d’incoraggiamento… Personalmente, per cercare in passare quanto più possibile “indenne” la giornata natalizia, mi sono presa un foglietto colorato e mi sono scritta sopra l’indirizzo dei questo blog – per ricordare a me stessa che anche questo è un posto dove posso combattere e cercare di mantenere una mentalità positiva e propositiva – e poi la frase “Sei come sei… e non c’è niente di meglio al mondo!!”.
L’ho ripiegato e l’ho messo nella tasca dei pantaloni. E ogni qualvolta mi sono sentita sul punto di cedere, sul punto di restringere, l’ho tirato fuori rapidamente e l’ho letto. Può sembrare una sciocchezza, ma è riuscito a darmi forza.
E allora, ho pensato: perché solo a Natale?
Penso che circondarci di qualcosa di supportivo che possa aiutarci nel percorrere la strada del ricovero sia estremamente utile e benefico non soltanto nel giorno di Natale, ma anche in ogni qualsiasi altro giorno. Ricordare l’obiettivo è fondamentale, e per tenerlo bene a mente non c’è niente di meglio che un costante rinforzo positivo. Così anche oggi ho tenuto il bigliettino nella tasca dei pantaloni, ed ogni tanto l’ho tirato fuori e l’ho letto. E credo che lo farò anche domani. E dopodomani. E così via. E magari ne farò uno anche per le tasche di un paio di jeans, e per quelle del bomber, e persino per quelle della vestaglia…
Perciò, ecco quello che voglio proporvi. Circondatevi di messaggi positivi. Scrivetevi dei brevi pensieri, o anche solo delle frasi positive, e mettetele nelle tasche dei vostri jeans, o dei vostri cappotti, o nel vostro borsellino… fate in modo di averle con coi ovunque andiate e qualsiasi cosa abbiate da fare. E quando sentite che state per mollare, tiratele fuori e leggetele. Non c’è niente di meglio delle parole giuste al momento giusto. E che siano le parole giuste non ci sono dubbi, visto che sono le vostre parole. Quindi, quando leggerete quelle frasi, credeteci fino in fondo. È la parte di voi che sta percorrendo la strada della luce che le ha scritte. Perciò, contengono assolutamente la verità.
P.S.= Ricordatevi che il 5 Gennaio ci sarà il nuovo appuntamento con "A voi la parola"... Sono qua in attesa delle vostre parole... Spero che vogliate condividerle con me...
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mercoledì 24 dicembre 2008
Buon Natale!!
Ecco, è praticamente arrivato uno di quei giorni che la maggior parte di noi odia a morte: il Natale.
Un giorno in cui tipicamente ci si focalizza sul cibo, sulla famiglia, sui regali. Già con questo è detto abbastanza.
Ecco quello che scrissi diversi anni fa il giorno della vigilia:
"È il peggior giorno di questo dannato mese. La vigilia di Natale. E sono ancora qui.
Lo so che per la gente il Natale è un giorno pieno di gioia, amore, felicità e compagnia bella… ma io lo odio. È un giorno terribile e maledettamente ansiogeno. Tutti intorno alla tavola, con quel dannato panettone che non ho alcuna intenzione di mangiare. E loro che mi guarderanno come se fossi semplicemente… sbagliata. Non voglio celebrare questo Natale. Non ho un cazzo da celebrare. Non voglio ricevere regali, non li merito. Non voglio mangiare il panettone solo per renderli felici… perché questo non rende felice me. Non voglio mettere su la mia maschera con quello stupido sorriso appiccicato sopra come faccio ogni dannato giorno. Come sto facendo oggi. Vorrei solo chiudermi a chiave in camera ed alzare la musica a tutto volume cosicché nessuno possa sentirmi quando mi metterò a gridare. E mi fa rabbia sapere che non farò niente del genere. Che riindosserò la mia maschera, l’unica che può aiutarmi a trascinarmi per un’altra giornata, e fingerò di essere felice, così loro non si preoccuperanno. Chi se ne frega di come mi sento davvero. Ma mi urta, ‘sta maledetta festa. Mi urta un casino."
Questo solo per farvi capire che so benissimo cosa si prova e come ci si sente in situazioni del genere. Tuttora ammetto di non essermi completamente staccata da questa visione.
Ma proviamo a vedere quali sono gli aspetti positivi della giornata, senza concentrarci su quelli negativi. Innanzitutto pensate che il Natale è un giorno in cui tipicamente ci si scambiano doni: potrebbe essere dunque l’occasione per fare un regalo a voi stesse. Qualsiasi cosa desideriate, lasciando almeno per oggi da parte quel martellante pensiero che vi dice che ne siete indegne, che non meritate regali… perché in realtà nessuno li merita più di voi. Anche solo per la forza che dimostrate cercando di affrontare questa giornata con positività.
Se temete di mangiare troppo o troppo poco in questa giornata, se vi dà fastidio l’idea che possiate essere osservate o monitorate, provate a fare un piccolo piano alimentare equilibrato prima ancora che il pasto sia iniziato, e tentate poi di attenervici. E se non ci riuscite, non siate severe con voi stesse, non odiatevi e non punitevi: in una vita, un giorno, cosa volete che sia? Lasciate che passi, metteteci una pietra sopra cercando di non angosciarvi, e da domani riprenderete a mangiare regolarmente. Non cambia niente.
Perciò adesso respirate profondamente, chiudete gli occhi, e ripetete a voi stesse che siete forti abbastanza per affrontare anche questa giornata, e che in fin dei conti non è altro che un giorno. E, quando sederete a tavola, ignorate gli sguardi altrui e mangiate per nutrirvi. Semplicemente. Non abbuffatevi. Non restringete. Non temete che la situazione possa sfuggirvi di mano. Provate a stare tranquille. E ricordate: non siete sole.
Ci sono un sacco di ragazze, una marea di donne, un mucchio di persone che oggi stanno provando esattamente ciò che state provando voi. Tante persone che stanno provando ansia, paura, che hanno voglia di piangere, di nascondersi, di rifugiarsi sotto le coperte. Ma pure tante persone che stanno lottando per affrontare questa difficile giornata nel migliore ei modi: e voi potete essere tra queste. Basta solo che lo vogliate.
So che il Natale può essere veramente ansiogeno. Ma se provate a guardare il bicchiere mezzo pieno anziché quello mezzo vuoto, vi accorgerete che è possibile anche trovare del bello in questo giorno e riuscire a fare anche solo un piccolo sorriso. Certo, lo so che è più facile a dirsi che a farsi. Perciò incoraggiatevi ad avere cura di voi stesse. Cercate di essere felici per voi stesse, e non per la gente che vi circonda. Semplicemente, cercate di estrapolare da questa giornata il meglio che può darvi.
Individuate quelle piccole cose che possono rendere il Natale una giornata degna d’essere vissuta. In fin dei conti, il Natale è una festa che vuol richiamare gioia, non tristezza. Provate anche a fare questo: scrivete qualche frase positiva su dei Post-It e poi infilateli nelle tasche dei pantaloni. Scrivete qualcosa che possa darvi un rinforzo positivo. E poi tirateli fuori e leggeteli quando sentite che si fa particolarmente dura, che proprio non ce la fate più, che state per avere comportamenti alimentari errati o semplicemente state per scoppiare a piangere. Leggete quelle frasi se vi capiterà d’inciampare. E non dimenticate che questo è un giorno particolarmente impegnativo, e che quindi dovrete avere una grande pazienza ed essere particolarmente gentili con voi stesse. Perché voi meritate davvero il Natale più felice che possa esserci.
Domani vi penserò per tutto il giorno, cercherò di mandarvi vibrazioni positive, e spero che questo Natale riuscirà a strapparvi almeno un sorriso.
Buon Natale a tutte!!
Un giorno in cui tipicamente ci si focalizza sul cibo, sulla famiglia, sui regali. Già con questo è detto abbastanza.
Ecco quello che scrissi diversi anni fa il giorno della vigilia:
"È il peggior giorno di questo dannato mese. La vigilia di Natale. E sono ancora qui.
Lo so che per la gente il Natale è un giorno pieno di gioia, amore, felicità e compagnia bella… ma io lo odio. È un giorno terribile e maledettamente ansiogeno. Tutti intorno alla tavola, con quel dannato panettone che non ho alcuna intenzione di mangiare. E loro che mi guarderanno come se fossi semplicemente… sbagliata. Non voglio celebrare questo Natale. Non ho un cazzo da celebrare. Non voglio ricevere regali, non li merito. Non voglio mangiare il panettone solo per renderli felici… perché questo non rende felice me. Non voglio mettere su la mia maschera con quello stupido sorriso appiccicato sopra come faccio ogni dannato giorno. Come sto facendo oggi. Vorrei solo chiudermi a chiave in camera ed alzare la musica a tutto volume cosicché nessuno possa sentirmi quando mi metterò a gridare. E mi fa rabbia sapere che non farò niente del genere. Che riindosserò la mia maschera, l’unica che può aiutarmi a trascinarmi per un’altra giornata, e fingerò di essere felice, così loro non si preoccuperanno. Chi se ne frega di come mi sento davvero. Ma mi urta, ‘sta maledetta festa. Mi urta un casino."
Questo solo per farvi capire che so benissimo cosa si prova e come ci si sente in situazioni del genere. Tuttora ammetto di non essermi completamente staccata da questa visione.
Ma proviamo a vedere quali sono gli aspetti positivi della giornata, senza concentrarci su quelli negativi. Innanzitutto pensate che il Natale è un giorno in cui tipicamente ci si scambiano doni: potrebbe essere dunque l’occasione per fare un regalo a voi stesse. Qualsiasi cosa desideriate, lasciando almeno per oggi da parte quel martellante pensiero che vi dice che ne siete indegne, che non meritate regali… perché in realtà nessuno li merita più di voi. Anche solo per la forza che dimostrate cercando di affrontare questa giornata con positività.
Se temete di mangiare troppo o troppo poco in questa giornata, se vi dà fastidio l’idea che possiate essere osservate o monitorate, provate a fare un piccolo piano alimentare equilibrato prima ancora che il pasto sia iniziato, e tentate poi di attenervici. E se non ci riuscite, non siate severe con voi stesse, non odiatevi e non punitevi: in una vita, un giorno, cosa volete che sia? Lasciate che passi, metteteci una pietra sopra cercando di non angosciarvi, e da domani riprenderete a mangiare regolarmente. Non cambia niente.
Perciò adesso respirate profondamente, chiudete gli occhi, e ripetete a voi stesse che siete forti abbastanza per affrontare anche questa giornata, e che in fin dei conti non è altro che un giorno. E, quando sederete a tavola, ignorate gli sguardi altrui e mangiate per nutrirvi. Semplicemente. Non abbuffatevi. Non restringete. Non temete che la situazione possa sfuggirvi di mano. Provate a stare tranquille. E ricordate: non siete sole.
Ci sono un sacco di ragazze, una marea di donne, un mucchio di persone che oggi stanno provando esattamente ciò che state provando voi. Tante persone che stanno provando ansia, paura, che hanno voglia di piangere, di nascondersi, di rifugiarsi sotto le coperte. Ma pure tante persone che stanno lottando per affrontare questa difficile giornata nel migliore ei modi: e voi potete essere tra queste. Basta solo che lo vogliate.
So che il Natale può essere veramente ansiogeno. Ma se provate a guardare il bicchiere mezzo pieno anziché quello mezzo vuoto, vi accorgerete che è possibile anche trovare del bello in questo giorno e riuscire a fare anche solo un piccolo sorriso. Certo, lo so che è più facile a dirsi che a farsi. Perciò incoraggiatevi ad avere cura di voi stesse. Cercate di essere felici per voi stesse, e non per la gente che vi circonda. Semplicemente, cercate di estrapolare da questa giornata il meglio che può darvi.
Individuate quelle piccole cose che possono rendere il Natale una giornata degna d’essere vissuta. In fin dei conti, il Natale è una festa che vuol richiamare gioia, non tristezza. Provate anche a fare questo: scrivete qualche frase positiva su dei Post-It e poi infilateli nelle tasche dei pantaloni. Scrivete qualcosa che possa darvi un rinforzo positivo. E poi tirateli fuori e leggeteli quando sentite che si fa particolarmente dura, che proprio non ce la fate più, che state per avere comportamenti alimentari errati o semplicemente state per scoppiare a piangere. Leggete quelle frasi se vi capiterà d’inciampare. E non dimenticate che questo è un giorno particolarmente impegnativo, e che quindi dovrete avere una grande pazienza ed essere particolarmente gentili con voi stesse. Perché voi meritate davvero il Natale più felice che possa esserci.
Domani vi penserò per tutto il giorno, cercherò di mandarvi vibrazioni positive, e spero che questo Natale riuscirà a strapparvi almeno un sorriso.
Buon Natale a tutte!!
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lunedì 22 dicembre 2008
Anoressia - Reazione a catena / Il video
E dopo l'idea...
Dopo l'elaborazione...
Dopo il banner...
... ecco il video.
E questa è la canzone che fa da "colonna sonora": in Inglese...
NOT DONE YET
It's been one of those days for a lot of days now
I need a day when the world can take care of itself
This isn't what I wanted how I thought my life would turn out
And I wonder if it's like this from here on out
Sometimes life gets you, but we go on
Sometimes life gets you, we're still going on
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
And we walk on and on and on, and we walk on and on...
It's been one of those days for too many days now
I did a thing that I didn't want to do again
I fell down in the place where I always fall down and I wanna give up
And let it be what it's been
Sometimes life gets you, but we go on
Sometimes life gets you we're still going on...
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
It's been one of those days but I don't care now
It was only a day and tomorrow's ahead
I got this far and I know that I can ride this one out
Though I want to lie down, well I won't quit yet!
Sometimes life gets you, but we go one
Sometimes life gets you we're still going on...
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
And we walk on and on and on, and we walk on and on…
... e la traduzione in Italiano. Molto, MOLTO importante...
NON SIAMO GIA' SPACCIATE
È stato uno di quei giorni come ce ne sono un sacco da un bel po’ di tempo a questa parte
Ho bisogno di un giorno in cui il mondo possa prendersi cura di se stesso
Questo non è ciò che volevo, come pensavo la vita sarebbe andata a finire
E mi chiedo se sarà così per sempre, da ora in poi.
Talvolta la vita confonde, ma noi teniamo duro
Talvolta la vita confonde, ma noi stiamo continuando ad andare avanti…
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
E noi andiamo avanti e avanti e avanti, e noi andiamo avanti e avanti…
È stato uno di quei giorni come ce ne sono troppi adesso
Ho fatto una cosa che non volevo fare di nuovo
Sono caduta nel posto dove cado sempre e voglio mollare
E lasciare che sia quel che ha da essere
Talvolta la vita confonde, ma noi teniamo duro
Talvolta la vita confonde, ma noi stiamo continuando ad andare avanti…
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
E noi andiamo avanti e avanti e avanti, e noi andiamo avanti e avanti…
È stato uno di quei giorni, ma non m’interessa adesso
È stato solo un giorno, e guardo al futuro
Sono arrivata così lontana che non posso non cavarmela indenne
Sebbene talvolta sia forte la voglia di subire senza reagire
Bè, non mollerò!
Talvolta la vita confonde, ma noi teniamo duro
Talvolta la vita confonde, ma noi stiamo continuando ad andare avanti…
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
E noi andiamo avanti e avanti e avanti, e noi andiamo avanti e avanti…
Che dire? Penso che si commenti da solo e che ogni parola sia superflua...
Simy, Francesca, Martina, "Imperfect", Mary, Mirabelle, Veronica, Mel... GRAZIE di tutto. Siete speciali. Molto più di quanto possa essere espresso tramite un video. Molto più di quanto possiate immaginare.
Vi voglio tanto bene.
P.S.= Qualora lo vogliate, aiutatemi a diffondere questo video... Linkatelo sui vostri blog, speditelo... Fate in modo che raggiunga quante più ragazze possibile che possano avere questo problema, in maniera tale da dar loro un ulteriore incentivo a lottare... Grazie...
Dopo l'elaborazione...
Dopo il banner...
... ecco il video.
E questa è la canzone che fa da "colonna sonora": in Inglese...
NOT DONE YET
It's been one of those days for a lot of days now
I need a day when the world can take care of itself
This isn't what I wanted how I thought my life would turn out
And I wonder if it's like this from here on out
Sometimes life gets you, but we go on
Sometimes life gets you, we're still going on
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
And we walk on and on and on, and we walk on and on...
It's been one of those days for too many days now
I did a thing that I didn't want to do again
I fell down in the place where I always fall down and I wanna give up
And let it be what it's been
Sometimes life gets you, but we go on
Sometimes life gets you we're still going on...
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
It's been one of those days but I don't care now
It was only a day and tomorrow's ahead
I got this far and I know that I can ride this one out
Though I want to lie down, well I won't quit yet!
Sometimes life gets you, but we go one
Sometimes life gets you we're still going on...
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
We're not done yet
Not going quietly into the night, not me and my friends
We're not done yet, don't take it too seriously
It's just life we’ll win in the end
And we walk on and on and on, and we walk on and on…
... e la traduzione in Italiano. Molto, MOLTO importante...
NON SIAMO GIA' SPACCIATE
È stato uno di quei giorni come ce ne sono un sacco da un bel po’ di tempo a questa parte
Ho bisogno di un giorno in cui il mondo possa prendersi cura di se stesso
Questo non è ciò che volevo, come pensavo la vita sarebbe andata a finire
E mi chiedo se sarà così per sempre, da ora in poi.
Talvolta la vita confonde, ma noi teniamo duro
Talvolta la vita confonde, ma noi stiamo continuando ad andare avanti…
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
E noi andiamo avanti e avanti e avanti, e noi andiamo avanti e avanti…
È stato uno di quei giorni come ce ne sono troppi adesso
Ho fatto una cosa che non volevo fare di nuovo
Sono caduta nel posto dove cado sempre e voglio mollare
E lasciare che sia quel che ha da essere
Talvolta la vita confonde, ma noi teniamo duro
Talvolta la vita confonde, ma noi stiamo continuando ad andare avanti…
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
E noi andiamo avanti e avanti e avanti, e noi andiamo avanti e avanti…
È stato uno di quei giorni, ma non m’interessa adesso
È stato solo un giorno, e guardo al futuro
Sono arrivata così lontana che non posso non cavarmela indenne
Sebbene talvolta sia forte la voglia di subire senza reagire
Bè, non mollerò!
Talvolta la vita confonde, ma noi teniamo duro
Talvolta la vita confonde, ma noi stiamo continuando ad andare avanti…
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
Noi non siamo già spacciate
Non entriamo silenziosamente nella notte, non io e le mie amiche
Non siamo già spacciate, non prendiamola troppo seriamente
Così è la vita, e saremo noi a vincere alla fine
E noi andiamo avanti e avanti e avanti, e noi andiamo avanti e avanti…
Che dire? Penso che si commenti da solo e che ogni parola sia superflua...
Simy, Francesca, Martina, "Imperfect", Mary, Mirabelle, Veronica, Mel... GRAZIE di tutto. Siete speciali. Molto più di quanto possa essere espresso tramite un video. Molto più di quanto possiate immaginare.
Vi voglio tanto bene.
P.S.= Qualora lo vogliate, aiutatemi a diffondere questo video... Linkatelo sui vostri blog, speditelo... Fate in modo che raggiunga quante più ragazze possibile che possano avere questo problema, in maniera tale da dar loro un ulteriore incentivo a lottare... Grazie...
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sabato 20 dicembre 2008
A voi la parola / 2
Per l'appuntamento di oggi con "A voi la parola", voglio proporvi la testimonianza di T. ...
Non ho mai avuto veri e propri disturbi alimentari, diciamo che in passato ho avuto un rapporto difficile con il cibo... non è facile scriverti perchè sono consapevole che il mio dolore e i problemi che ho avuto non sono niente in confronto a quelli di chi attraversa una vera e propria malattia, se ho deciso di farlo è solo perchè anche se in minima parte capisco certi meccanismi perversi, e li ho sperimentati sulla mia pelle: il senso di onnipotenza legato al controllo della propria dieta sempre più ristretta, il senso di colpa dopo ogni abbuffata, il costruirsi intorno un intero sistema di riferimenti distorti che finiscono per alterare la percezione di se stessi e rovinare i rapporti con le persone che ci circondano.
Da tipica preadolescente, a 12 anni ho iniziato a contare le calorie dei cibi che mangiavo e preoccuparmi del mio peso, ma solo a 16 ho iniziato una dieta vera e propria. I risultati sono arrivati subito, e oltre ad essere finalmente magra mi sentivo anche incredibilmente forte. Così ho continuato a restringere, mettendo alla prova la mia forza di volontà e cercando di mangiare sempre meno durante la settimana, per poi sfogarmi con regolari abbuffate domenicali. Finché un giorno non ho retto più e ho iniziato a sgarrare, in modo eccessivo, incontrollabile, con una (ir)regolarità e una foga che ancora oggi non so spiegare. Ho iniziato a riempirmi con tutto quello a cui fino a quel punto mi ero negata, ho ripreso tutti i chili persi e ho passato mesi in cui guardarmi allo specchio era diventato insopportabile. Da tutto questo è derivata una gelosia morbosa nei confronti del ragazzo con cui stavo, motivata dal senso di inferiorità e di inadeguatezza rispetto a un mondo in cui improvvisamente tutte erano diventate più magre, e quindi più belle di me. Credo che l'equazione bellezza=magrezza fosse anche un modo per nascondermi dallo sviluppo di una femminilità più piena e cosciente... è servito del tempo per capire che la bellezza, quella vera, è data dall'armonia che una persona contiene in sè, dal modo di porsi, e soprattutto dal grado di amore che ha per se stessa. I mesi che sono seguiti sono stato un lento recupero verso un equilibrio più maturo. Non mi ritengo una persona equilibrata e per certi versi non mi importa niente di esserlo, ma in quel caso era l'unica via che mi avrebbe permesso di uscire da un circolo vizioso, senza uscita. Grazie all'amore della persona che avevo accanto ho riconsiderato tutto: me stessa, la mia femminilità, il rapporto con il mio corpo e con i modelli estetici che mi circondavano. Ho iniziato a curare parti del mio corpo che prima trascuravo: le mani, i capelli, la pelle, imparando a prendermi cura dei dettagli, a tirar fuori la mia femminilità e caratterizzarla, darle un valore indipendente dai numeri che vedevo apparire sulla bilancia. Lentamente ho iniziato a diminuire il numero delle abbuffate finchè non ho ritrovato il senso del gusto e della fame. Ho imparato a fare piccole rinunce e al tempo stesso a guardare gli sgarri con occhio indulgente, accorgendomi che era proprio il senso di colpa a spingermi ad eccedere. Per ritrovare una buona forma fisica ci sono voluti un paio d'anni, ma è stato un processo lento, naturale, che oggi mi permette di avere un rapporto totalmente libero e sano con il cibo, cosa che non avrei assolutamente ritenuto possibile anni fa. E' stata un'esperienza dolorosa, ma mi ha insegnato molto.
Adesso, posso scrivere queste righe, e mandare a tutte voi un forte abbraccio.
Con affetto,
T.
Innanzitutto dunque, vorrei ringraziare T. per aver voluto condividere la sua storia… Posso solo immaginare quanto dev’essere stato difficile per lei aprirsi e raccontare tutto, perciò, T., ti ringrazio per la fiducia e ti faccio i complimenti per il tuo coraggio…
E’ molto importante che tu abbia deciso di condividere la tua storia che, tra l’altro, penso e spero possa essere d’aiuto a molte ragazze… Per lo meno, è stata d’aiuto a me. Perché ho trovato le tue parole estremamente supportive, e credo che di questo ci sia sempre un gran bisogno.
Sai, mi ha fatto sorridere la parte in cui scrivi che il tuo dolore non è niente in confronto di chi soffre di DCA… Io non credo che questo sia vero. Ognuno ha il proprio modo per vivere il dolore, ed ognuno ha il proprio dolore. Fare una sorta di “classifica di livello” del dolore non ha senso. Quando si sta male, si sta male e basta. Non si può dire “io sto peggio di te” o “tu stai più male di me”, perché il dolore è una cosa personale e, in quanto tale, comunque totalizzante. Un qualcosa che ha tutto il suo diritto di essere nei momenti di difficoltà. Il tuo dolore è stato tale, e merita di essere riconosciuto. Un dolore assoluto, senza scale, il dolore di chi sta male con se stessa. Lo capisco che sei stata male. Non ti devi sminuire. Ma è bello anche leggere che adesso hai trovato il modo per sottrarti a questo dolore…
E io spero che la storia di T. possa essere un grande messaggio positivo per tutte noi, ragazze… La dimostrazione che si può lottare, e che l’anoressia non è affatto più forte di noi… Né ora né mai.
Mando il prossimo appuntamento con "A voi la parola" al nuovo anno... Diciamo il 5 di Gennaio... Quindi avete un po' di tempo per mandarmi le vostre parole, qualora lo vogliate... Io sono qui che le aspetto:
veggie.any@alice.it
Un abbraccio a tutte quante...
P.S.= E dopo il banner di presentazione, il video, la nostra reazione a catena... sta arrivando!! Domani o al massimo dopodomani lo posto!! ^_^
Non ho mai avuto veri e propri disturbi alimentari, diciamo che in passato ho avuto un rapporto difficile con il cibo... non è facile scriverti perchè sono consapevole che il mio dolore e i problemi che ho avuto non sono niente in confronto a quelli di chi attraversa una vera e propria malattia, se ho deciso di farlo è solo perchè anche se in minima parte capisco certi meccanismi perversi, e li ho sperimentati sulla mia pelle: il senso di onnipotenza legato al controllo della propria dieta sempre più ristretta, il senso di colpa dopo ogni abbuffata, il costruirsi intorno un intero sistema di riferimenti distorti che finiscono per alterare la percezione di se stessi e rovinare i rapporti con le persone che ci circondano.
Da tipica preadolescente, a 12 anni ho iniziato a contare le calorie dei cibi che mangiavo e preoccuparmi del mio peso, ma solo a 16 ho iniziato una dieta vera e propria. I risultati sono arrivati subito, e oltre ad essere finalmente magra mi sentivo anche incredibilmente forte. Così ho continuato a restringere, mettendo alla prova la mia forza di volontà e cercando di mangiare sempre meno durante la settimana, per poi sfogarmi con regolari abbuffate domenicali. Finché un giorno non ho retto più e ho iniziato a sgarrare, in modo eccessivo, incontrollabile, con una (ir)regolarità e una foga che ancora oggi non so spiegare. Ho iniziato a riempirmi con tutto quello a cui fino a quel punto mi ero negata, ho ripreso tutti i chili persi e ho passato mesi in cui guardarmi allo specchio era diventato insopportabile. Da tutto questo è derivata una gelosia morbosa nei confronti del ragazzo con cui stavo, motivata dal senso di inferiorità e di inadeguatezza rispetto a un mondo in cui improvvisamente tutte erano diventate più magre, e quindi più belle di me. Credo che l'equazione bellezza=magrezza fosse anche un modo per nascondermi dallo sviluppo di una femminilità più piena e cosciente... è servito del tempo per capire che la bellezza, quella vera, è data dall'armonia che una persona contiene in sè, dal modo di porsi, e soprattutto dal grado di amore che ha per se stessa. I mesi che sono seguiti sono stato un lento recupero verso un equilibrio più maturo. Non mi ritengo una persona equilibrata e per certi versi non mi importa niente di esserlo, ma in quel caso era l'unica via che mi avrebbe permesso di uscire da un circolo vizioso, senza uscita. Grazie all'amore della persona che avevo accanto ho riconsiderato tutto: me stessa, la mia femminilità, il rapporto con il mio corpo e con i modelli estetici che mi circondavano. Ho iniziato a curare parti del mio corpo che prima trascuravo: le mani, i capelli, la pelle, imparando a prendermi cura dei dettagli, a tirar fuori la mia femminilità e caratterizzarla, darle un valore indipendente dai numeri che vedevo apparire sulla bilancia. Lentamente ho iniziato a diminuire il numero delle abbuffate finchè non ho ritrovato il senso del gusto e della fame. Ho imparato a fare piccole rinunce e al tempo stesso a guardare gli sgarri con occhio indulgente, accorgendomi che era proprio il senso di colpa a spingermi ad eccedere. Per ritrovare una buona forma fisica ci sono voluti un paio d'anni, ma è stato un processo lento, naturale, che oggi mi permette di avere un rapporto totalmente libero e sano con il cibo, cosa che non avrei assolutamente ritenuto possibile anni fa. E' stata un'esperienza dolorosa, ma mi ha insegnato molto.
Adesso, posso scrivere queste righe, e mandare a tutte voi un forte abbraccio.
Con affetto,
T.
Innanzitutto dunque, vorrei ringraziare T. per aver voluto condividere la sua storia… Posso solo immaginare quanto dev’essere stato difficile per lei aprirsi e raccontare tutto, perciò, T., ti ringrazio per la fiducia e ti faccio i complimenti per il tuo coraggio…
E’ molto importante che tu abbia deciso di condividere la tua storia che, tra l’altro, penso e spero possa essere d’aiuto a molte ragazze… Per lo meno, è stata d’aiuto a me. Perché ho trovato le tue parole estremamente supportive, e credo che di questo ci sia sempre un gran bisogno.
Sai, mi ha fatto sorridere la parte in cui scrivi che il tuo dolore non è niente in confronto di chi soffre di DCA… Io non credo che questo sia vero. Ognuno ha il proprio modo per vivere il dolore, ed ognuno ha il proprio dolore. Fare una sorta di “classifica di livello” del dolore non ha senso. Quando si sta male, si sta male e basta. Non si può dire “io sto peggio di te” o “tu stai più male di me”, perché il dolore è una cosa personale e, in quanto tale, comunque totalizzante. Un qualcosa che ha tutto il suo diritto di essere nei momenti di difficoltà. Il tuo dolore è stato tale, e merita di essere riconosciuto. Un dolore assoluto, senza scale, il dolore di chi sta male con se stessa. Lo capisco che sei stata male. Non ti devi sminuire. Ma è bello anche leggere che adesso hai trovato il modo per sottrarti a questo dolore…
E io spero che la storia di T. possa essere un grande messaggio positivo per tutte noi, ragazze… La dimostrazione che si può lottare, e che l’anoressia non è affatto più forte di noi… Né ora né mai.
Mando il prossimo appuntamento con "A voi la parola" al nuovo anno... Diciamo il 5 di Gennaio... Quindi avete un po' di tempo per mandarmi le vostre parole, qualora lo vogliate... Io sono qui che le aspetto:
veggie.any@alice.it
Un abbraccio a tutte quante...
P.S.= E dopo il banner di presentazione, il video, la nostra reazione a catena... sta arrivando!! Domani o al massimo dopodomani lo posto!! ^_^
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giovedì 18 dicembre 2008
Arrivano le vacanze
A tutte:
Le cosiddette “vacanze di Natale” possono essere un periodo molto difficile. Un periodo fin troppo pieno di famiglia, cibo, comportamenti che finiscono per esasperarsi. Se scrivo queste parole, è semplicemente perché voglio dirvi che vi capisco e che vi sono vicina. Le vacanze di Natale possono essere estremamente ansiogene e possono farvi svegliare con un nodo in gola ogni mattina. Ma sapete una cosa?
Non è giusto. Le vacanze di Natale non sono state inventate per stare male. Sono state inventate per rilassarsi, per prendersi un po’ di tempo per pensare a noi stesse, per divertirsi… non per sperare che finiscano il più in fretta possibile. Perciò, cosa fare per non affrontare queste vacanze con l’inevitabile magone e per provare a trovarne gli aspetti migliori?
Fondamentalmente, dovreste cercare di darvi un bello scrollone e tentare di pensare positivo nonostante tutta la negatività che vi pesa dentro e di cui vi sentite impregnate. Dovreste cercare di pensare a stare bene voi stesse, e non a quello che gli altri vorrebbero voi faceste o come vorrebbero vi comportaste. So che è estremamente difficile, perché molto spesso questi “altri” sono genitori, parenti, amici, persone che contano molto per voi e che fareste di tutto per appagare… ma dalle quali vi sentite anche manipolate e sommerse. Bè, provare questi sentimenti va benissimo, è assolutamente naturale. Tutti i sentimenti lo sono – dato che si tratta di ciò che voi provate e che sorge spontaneamente. Però dovreste cercare di fare quello che è meglio per voi stesse, anche se ciò talvolta significa andare contro le aspettative altrui… e cercare di sopportare l’ansia che ne consegue, nella consapevolezza che voi meritate a pieno quello che tentate di ottenere per voi stesse.
So che può sembrare strano che io vi dica di pensare a voi stesse durante le vacanze di Natale, periodo in cui, tradizionalmente, viene sempre detto di pensare agli altri, ai bisognosi, ai meno fortunati… Ma solo se prima pensate a voi stesse ed avete cura di voi, e vi sentite in pace con voi stesse, potrete volgere lo sguardo verso l’esterno ed occuparvi degli altri. Un po’ come quando si dice che per piacere bisogna prima piacersi. Dovete cominciare con voi stesse per potervi aprire agli altri. Sembra facile e difficile allo stesso tempo, vero?!
Perciò cercate di stare tranquille, di focalizzarvi su ciò che desiderate per voi stesse, senza stare ad ascoltare i commenti degli altri. Qualche anno fa, chiunque facesse anche un piccolo e marginale commento su me e il cibo, mi rovinava completamente la giornata perché non riuscivo a smettere di pensarci e mi ci facevo sopra i peggiori film, arrivando così a caricare quelle parole di significati che molto probabilmente i miei interlocutori non avevano mai avuto neanche la minima idea di dargli. Quel che voglio dire, semplicemente, è che durante le feste, stando riuniti al tavolo con i parenti, può capitare che qualcuno faccia qualche commento su di voi e sul cibo: bene, non lasciate che ciò vi condizioni. Pensate a quello che è veramente importante per voi, che sapete cosa state facendo anche se gli altri possono non capirlo, e lasciate così che le parole altrui vi scorrano addosso.
Al solito, più facile a dirsi che a farsi. Ma tutto quello che dovete fare è tentare. Solo tentare. Quando vi succede qualcosa d’irritante, quando vedete o sentite qualcosa che vi fa tribolare, che vi fa venir voglia di restringere o di abbuffarvi, o di fare ogni qualsiasi altra cosa auto-distruttiva, ogni qualsiasi altro comportamento che vi ritrascina nel gorgo dei disturbi alimentari, NON CEDETE. Non lasciate che questi impulsi sopprimano la parte migliore di voi. Non cedete alla rabbia, alla tristezza, al dolore, alla frustrazione, all’ansia. Al contrario, usate tutte le emozioni che state provando, e trasducetele in determinazione per darvi la forza di continuare a comportarvi nel miglior modo possibile. Fate quello che è meglio per voi in senso oggettivo. Concedetevelo. Non pensate a quello che gli altri dicono o a come vi guardano. Pensate a voi stesse. Non pensate al cibo e a quanto dovreste/non dovreste mangiarne. Non fatevi fregare da quei pensieri ossessivi che finiscono per sembrare naturali, tanto spesso rimbalzano in testa. Pensate alla bambina che c’è in voi. E datele quello che desidera. Vi è permesso di essere indulgenti con voi stesse. Vi è permesso di cercare di sentirvi bene. Vi è permesso di essere felici. E non succede niente, sapete?!
Davvero.
Scrivetevi una lettera. Una lettera breve, una lettera lunga, anche solo una frase, poche parole, ciò che volete. Ma scrivetevi qualcosa di positivo, che vi rammenti che voi siete più forti di tutte le avversità che state attraversando e che perciò potete superarle. Magari potete anche scrivere semplicemente: “Puoi farcela! Sei molto più forte di quel che credi!”. Qualsiasi cosa, ma scrivetevela. Scrivetela unicamente per voi stesse. Scrivetela su un pezzo di carta e poi infilatelo nella tasca dei vostri jeans, o della vostra tuta, o nel vostro borsello, o in qualsiasi posto possiate averlo sempre con voi. E quando sentite che le cose vanno particolarmente male, quando sentite che proprio non ce la fate più, tiratelo fuori e leggetelo. Rassicuratevi. Non cedete. Non lasciatevi influenzare da tutto quello che anoressia e bulimia mettono in testa. Dopo vi ringrazierete. Magari il giorno dopo. Magari il mese dopo. O magari anni dopo. Ma vi ringrazierete.
Volete davvero che le vostre vacanze di natale siano un inferno? Uno stress continuo? Giorni pieni di rabbia, panico, nervosismo, ossessioni, angoscia, ansia, tristezza? Ma certo che non lo volete. E non lo meritate. Anzi, voi meritate tutte le cose più belle che le vacanze possono portare. Lo so che non si possono cancellare tutti i sentimenti negativi, le ossessioni ed i comportamenti sbagliati nel tempo di una vacanza di Natale. Ma potete iniziare a farlo.
Cominciate adesso. Iniziate con queste vacanze.
Faccio un enorme in bocca al lupo a tutte… Voi potete farcela tranquillamente, sapete?!
Le cosiddette “vacanze di Natale” possono essere un periodo molto difficile. Un periodo fin troppo pieno di famiglia, cibo, comportamenti che finiscono per esasperarsi. Se scrivo queste parole, è semplicemente perché voglio dirvi che vi capisco e che vi sono vicina. Le vacanze di Natale possono essere estremamente ansiogene e possono farvi svegliare con un nodo in gola ogni mattina. Ma sapete una cosa?
Non è giusto. Le vacanze di Natale non sono state inventate per stare male. Sono state inventate per rilassarsi, per prendersi un po’ di tempo per pensare a noi stesse, per divertirsi… non per sperare che finiscano il più in fretta possibile. Perciò, cosa fare per non affrontare queste vacanze con l’inevitabile magone e per provare a trovarne gli aspetti migliori?
Fondamentalmente, dovreste cercare di darvi un bello scrollone e tentare di pensare positivo nonostante tutta la negatività che vi pesa dentro e di cui vi sentite impregnate. Dovreste cercare di pensare a stare bene voi stesse, e non a quello che gli altri vorrebbero voi faceste o come vorrebbero vi comportaste. So che è estremamente difficile, perché molto spesso questi “altri” sono genitori, parenti, amici, persone che contano molto per voi e che fareste di tutto per appagare… ma dalle quali vi sentite anche manipolate e sommerse. Bè, provare questi sentimenti va benissimo, è assolutamente naturale. Tutti i sentimenti lo sono – dato che si tratta di ciò che voi provate e che sorge spontaneamente. Però dovreste cercare di fare quello che è meglio per voi stesse, anche se ciò talvolta significa andare contro le aspettative altrui… e cercare di sopportare l’ansia che ne consegue, nella consapevolezza che voi meritate a pieno quello che tentate di ottenere per voi stesse.
So che può sembrare strano che io vi dica di pensare a voi stesse durante le vacanze di Natale, periodo in cui, tradizionalmente, viene sempre detto di pensare agli altri, ai bisognosi, ai meno fortunati… Ma solo se prima pensate a voi stesse ed avete cura di voi, e vi sentite in pace con voi stesse, potrete volgere lo sguardo verso l’esterno ed occuparvi degli altri. Un po’ come quando si dice che per piacere bisogna prima piacersi. Dovete cominciare con voi stesse per potervi aprire agli altri. Sembra facile e difficile allo stesso tempo, vero?!
Perciò cercate di stare tranquille, di focalizzarvi su ciò che desiderate per voi stesse, senza stare ad ascoltare i commenti degli altri. Qualche anno fa, chiunque facesse anche un piccolo e marginale commento su me e il cibo, mi rovinava completamente la giornata perché non riuscivo a smettere di pensarci e mi ci facevo sopra i peggiori film, arrivando così a caricare quelle parole di significati che molto probabilmente i miei interlocutori non avevano mai avuto neanche la minima idea di dargli. Quel che voglio dire, semplicemente, è che durante le feste, stando riuniti al tavolo con i parenti, può capitare che qualcuno faccia qualche commento su di voi e sul cibo: bene, non lasciate che ciò vi condizioni. Pensate a quello che è veramente importante per voi, che sapete cosa state facendo anche se gli altri possono non capirlo, e lasciate così che le parole altrui vi scorrano addosso.
Al solito, più facile a dirsi che a farsi. Ma tutto quello che dovete fare è tentare. Solo tentare. Quando vi succede qualcosa d’irritante, quando vedete o sentite qualcosa che vi fa tribolare, che vi fa venir voglia di restringere o di abbuffarvi, o di fare ogni qualsiasi altra cosa auto-distruttiva, ogni qualsiasi altro comportamento che vi ritrascina nel gorgo dei disturbi alimentari, NON CEDETE. Non lasciate che questi impulsi sopprimano la parte migliore di voi. Non cedete alla rabbia, alla tristezza, al dolore, alla frustrazione, all’ansia. Al contrario, usate tutte le emozioni che state provando, e trasducetele in determinazione per darvi la forza di continuare a comportarvi nel miglior modo possibile. Fate quello che è meglio per voi in senso oggettivo. Concedetevelo. Non pensate a quello che gli altri dicono o a come vi guardano. Pensate a voi stesse. Non pensate al cibo e a quanto dovreste/non dovreste mangiarne. Non fatevi fregare da quei pensieri ossessivi che finiscono per sembrare naturali, tanto spesso rimbalzano in testa. Pensate alla bambina che c’è in voi. E datele quello che desidera. Vi è permesso di essere indulgenti con voi stesse. Vi è permesso di cercare di sentirvi bene. Vi è permesso di essere felici. E non succede niente, sapete?!
Davvero.
Scrivetevi una lettera. Una lettera breve, una lettera lunga, anche solo una frase, poche parole, ciò che volete. Ma scrivetevi qualcosa di positivo, che vi rammenti che voi siete più forti di tutte le avversità che state attraversando e che perciò potete superarle. Magari potete anche scrivere semplicemente: “Puoi farcela! Sei molto più forte di quel che credi!”. Qualsiasi cosa, ma scrivetevela. Scrivetela unicamente per voi stesse. Scrivetela su un pezzo di carta e poi infilatelo nella tasca dei vostri jeans, o della vostra tuta, o nel vostro borsello, o in qualsiasi posto possiate averlo sempre con voi. E quando sentite che le cose vanno particolarmente male, quando sentite che proprio non ce la fate più, tiratelo fuori e leggetelo. Rassicuratevi. Non cedete. Non lasciatevi influenzare da tutto quello che anoressia e bulimia mettono in testa. Dopo vi ringrazierete. Magari il giorno dopo. Magari il mese dopo. O magari anni dopo. Ma vi ringrazierete.
Volete davvero che le vostre vacanze di natale siano un inferno? Uno stress continuo? Giorni pieni di rabbia, panico, nervosismo, ossessioni, angoscia, ansia, tristezza? Ma certo che non lo volete. E non lo meritate. Anzi, voi meritate tutte le cose più belle che le vacanze possono portare. Lo so che non si possono cancellare tutti i sentimenti negativi, le ossessioni ed i comportamenti sbagliati nel tempo di una vacanza di Natale. Ma potete iniziare a farlo.
Cominciate adesso. Iniziate con queste vacanze.
Faccio un enorme in bocca al lupo a tutte… Voi potete farcela tranquillamente, sapete?!
martedì 16 dicembre 2008
Forthcoming...
Ancora pochi giorni, ragazze...
La nostra reazione a catena, il nostro video... "is COMING SOON"!!
Intanto, ecco il banner di presentazione...
(Se fate click sopra s'ingrandisce... Lo sapevate già, vero?!)
"Reazione a catena - Perchè noi possiamo lottare tutte insieme - perchè noi possiamo aiutarci nel ricovero tutte insieme"
La nostra reazione a catena, il nostro video... "is COMING SOON"!!
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domenica 14 dicembre 2008
La bilancia e lo specchio
L’unico potere posseduto dalla bilancia e dallo specchio è quello che noi stesse conferiamo loro.
Provate a pensarci…
Per esempio: che cos’è una bilancia? È solo un elettrodomestico fatto di metallo, viti, plastica, connessioni meccaniche. Esattamente come il tostapane, o il frullatore, o il forno a microonde. Immaginatevi come sarebbe se io vi dicessi: “La mia autostima, quello che io penso di me stessa, è determinato dal tostapane”. Sembrerebbe abbastanza stupido, no?! Oppure, se dicessi: “Accidenti che razza di persona orribile che sono, lo dice il frullatore!”. O anche: “Devo chiedere al forno a microonde se sono okay, oggi”. Ehm… O_O
In realtà, tutti quelli appena elencati non sono altro che oggetti inanimati, elettrodomestici che, di per sé, non hanno alcun potere. Acquisiscono però questo potere se siamo noi stesse ad investirli di ciò. Il numero che la bilancia ci rimanda, di per sé, non significa niente. È solo un numero come mille altri numeri che possiamo incrociare nel corso della giornata. E perciò non dobbiamo lasciare che un numero condizioni il nostro umore e che ci dica quanto valiamo… perché noi siamo molto, MOLTO di più di quello che può essere espresso tramite un numero. Soprattutto se questo numero è quello scritto su una bilancia. Nessun numero sarà mai quello giusto se noi per prime non stiamo bene con noi stesse. E se stiamo bene con noi stesse, non avremo più bisogno di ricorrere a quel numero. Perciò, la prossima volta che vi verrà in mente di pesarvi, cercate di mettere sul piatto della bilancia quello che di dì voi vale davvero la pena di pesare: la vostra intelligenza, la vostra simpatia, il vostro talento, il vostro coraggio, la vostra forza di volontà, la vostra determinazione. Perché è solo questo quello che conta. Tutt’altra cosa rispetto ad un numero.
E, per venire allo specchio. Lo specchio non è che una superficie che ci manda un riflesso. Ma siamo noi che dobbiamo decidere come poter interpretare quel riflesso. Molto spesso, se ci pensate, in realtà, dentro la nostra testa abbiamo già elaborato pensieri negativi su noi stesse ancor prima di metterci davanti allo specchio. Fin da prima abbiamo già la certezza che il nostro riflesso, quale che possa essere, non ci piacerà. E così, cosa pensate che succeda quando ci mettiamo davanti allo specchio? Ci siamo già costruite da sole una sorta di profezia che si auto-avvera… ci siamo già dette cosa dovevamo vedere, quindi tutto ciò che facciamo è guardarci con gli occhi chiusi. E specchiarci così fa male, perché quello specchio non rimanda l’immagine del nostro corpo, ma l’immagine della nostra testa. Perciò, prima di cercare di cambiare gli occhi con cui guardiamo, cerchiamo di modificare il nostro modo di pensare. Cerchiamo di vedere quello che c’è di bello in noi,anziché concentrarsi sui difetti e sugli aspetti negativi. È un po’ la stessa storia della bilancia: quello che c’è di bello in noi è un qualcosa di così profondo che la superficie di uno specchio non potrà mai rimandarlo. Ma se ce ne rendiamo conto, allora forse possiamo sorridere. E la vita è proprio come quello specchio: ci sorride se la guardiamo sorridendo.
Perciò, la prossima volta che vi guardate allo specchio, ragazze, pensate a questo: pensate che siete delle guerriere. E il riflesso che vedrete sarà molto più bello di quello reale… perché sarà il riflesso che vi viene da dentro… Il riflesso di una guerriera…
P.S.= Per quanto riguarda il video... Datemi tempo non più di una settimana, e sarà qui...
Provate a pensarci…
Per esempio: che cos’è una bilancia? È solo un elettrodomestico fatto di metallo, viti, plastica, connessioni meccaniche. Esattamente come il tostapane, o il frullatore, o il forno a microonde. Immaginatevi come sarebbe se io vi dicessi: “La mia autostima, quello che io penso di me stessa, è determinato dal tostapane”. Sembrerebbe abbastanza stupido, no?! Oppure, se dicessi: “Accidenti che razza di persona orribile che sono, lo dice il frullatore!”. O anche: “Devo chiedere al forno a microonde se sono okay, oggi”. Ehm… O_O
In realtà, tutti quelli appena elencati non sono altro che oggetti inanimati, elettrodomestici che, di per sé, non hanno alcun potere. Acquisiscono però questo potere se siamo noi stesse ad investirli di ciò. Il numero che la bilancia ci rimanda, di per sé, non significa niente. È solo un numero come mille altri numeri che possiamo incrociare nel corso della giornata. E perciò non dobbiamo lasciare che un numero condizioni il nostro umore e che ci dica quanto valiamo… perché noi siamo molto, MOLTO di più di quello che può essere espresso tramite un numero. Soprattutto se questo numero è quello scritto su una bilancia. Nessun numero sarà mai quello giusto se noi per prime non stiamo bene con noi stesse. E se stiamo bene con noi stesse, non avremo più bisogno di ricorrere a quel numero. Perciò, la prossima volta che vi verrà in mente di pesarvi, cercate di mettere sul piatto della bilancia quello che di dì voi vale davvero la pena di pesare: la vostra intelligenza, la vostra simpatia, il vostro talento, il vostro coraggio, la vostra forza di volontà, la vostra determinazione. Perché è solo questo quello che conta. Tutt’altra cosa rispetto ad un numero.
E, per venire allo specchio. Lo specchio non è che una superficie che ci manda un riflesso. Ma siamo noi che dobbiamo decidere come poter interpretare quel riflesso. Molto spesso, se ci pensate, in realtà, dentro la nostra testa abbiamo già elaborato pensieri negativi su noi stesse ancor prima di metterci davanti allo specchio. Fin da prima abbiamo già la certezza che il nostro riflesso, quale che possa essere, non ci piacerà. E così, cosa pensate che succeda quando ci mettiamo davanti allo specchio? Ci siamo già costruite da sole una sorta di profezia che si auto-avvera… ci siamo già dette cosa dovevamo vedere, quindi tutto ciò che facciamo è guardarci con gli occhi chiusi. E specchiarci così fa male, perché quello specchio non rimanda l’immagine del nostro corpo, ma l’immagine della nostra testa. Perciò, prima di cercare di cambiare gli occhi con cui guardiamo, cerchiamo di modificare il nostro modo di pensare. Cerchiamo di vedere quello che c’è di bello in noi,anziché concentrarsi sui difetti e sugli aspetti negativi. È un po’ la stessa storia della bilancia: quello che c’è di bello in noi è un qualcosa di così profondo che la superficie di uno specchio non potrà mai rimandarlo. Ma se ce ne rendiamo conto, allora forse possiamo sorridere. E la vita è proprio come quello specchio: ci sorride se la guardiamo sorridendo.
Perciò, la prossima volta che vi guardate allo specchio, ragazze, pensate a questo: pensate che siete delle guerriere. E il riflesso che vedrete sarà molto più bello di quello reale… perché sarà il riflesso che vi viene da dentro… Il riflesso di una guerriera…
P.S.= Per quanto riguarda il video... Datemi tempo non più di una settimana, e sarà qui...
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venerdì 12 dicembre 2008
Guadagnare peso... e prospettiva
Quando decidete d’iniziare il ricovero – ripeto, qualsiasi cosa questa parola significhi per voi – soprattutto se siete molto sbilanciate per quanto riguarda il peso, è importante cercare di dimenticare i numeri e mangiare ciò che sta scritto sul proprio “equilibrio alimentare”, fare attività fisica ma senza esagerare, ed evitare in tutti i modi di compararsi ad altre ragazze o anche di paragonare il proprio ricovero a quello di altre ragazze.
Al di là di quello che vi dicono i dietisti, non esiste veramente un “peso-forma” da raggiungere per essere di nuovo in salute. Perché focalizzarsi ancora sui numeri quando è proprio questo che vi ha traviato in passato? Dunque, provate a focalizzarvi sui sentimenti – soprattutto su quelli positivi.
Ognuna di noi ha il suo proprio “peso-forma”. È un qualcosa di biologico e fisiologico che non può essere stabilito a priori tramite calcolo del BMI o speculazioni teoriche. È nella memoria genetica di ogni vostra cellula. Quando avrete raggiunto quel peso, continuerete ad oscillarci intorno. Non ingrasserete né dimagrirete. Manterrete più o meno sempre quel peso. Ovvio, potranno esserci piccole variazioni stagionali o legate al ciclo mestruale, ma rimarrete sempre all’interno di un range piuttosto stretto che rappresenta il vostro peso biologico. E ogni corpo è diverso dagli altri. Perciò, è inutile che stiate a fare confronti con le altre ragazze… provate semplicemente a stare bene per voi stesse… e lasciate che sia il vostro corpo a dire qual è il peso che vi consente di essere in salute.
Ci sono tanti differenti tipologie corporee (longilinea…aggiungere), tanti diversi stili di vita (atletico, attivo, sedentario…), e soprattutto tanti differenti fattori genetici che determinano le forme e il peso di ciascuna di noi. Perciò quello che è il peso biologico di una persona può non esserlo per un’altra. Anche se quelle due persone hanno la stessa altezza. Focalizzatevi perciò su voi stesse, non su qualcun altro o su ciò che qualcun altro dice.
Ci sono persone che, fin dalla nascita, sono particolarmente magre. È naturale, quindi il loro peso biologico anche da adulte sarà magari inferiore rispetto a quello che può essere generalmente considerato un peso normale per la loro altezza. Tanto più che, crescendo, il corpo si modifica. Si prepara ad espletare tutte le funzioni adeguate ad un corpo di donna. Ad un corpo adulto. Quindi non pensate a quanto pesavate prima, e non pensate che sia okay raggiungere quel peso. Ogni momento della vita presenta un suo specifico peso biologico. Vivete per quello che è il presente, non per quello che è stato il passato.
So che il mio peso attuale sarà destinato ad aumentare. Questo mi genera ansia, ma cerco di sopportarlo e di non trasgredire a quanto scritto sul mio “equilibrio alimentare”. Cerco di fare attività fisica in maniera equilibrata e di non preoccuparmi di quello che succederà. Magari potrò stare bene e sentirmi bene anche con qualche chilo in più. Inutile fasciarsi la testa prima di averla sbattuta.
Perdere peso, guadagnare peso… dipende tutto da voi. Se non vi piacete per quello che siete, non vi piacerete mai – qualsiasi sarà il vostro peso. Oltre che guadagnare peso, perciò, provate a guadagnare prospettiva. Senza di essa il peso – alto o basso che sia – non cambierà niente. Continuate a credere in voi stesse. Perché ce la potete fare.
P.S.= Per chi ci sta pensando, voglio precisare che, no, quello che ho scritto non è merda psicofisiologica raccattata su qualche libro. È esperienza diretta. Come persona… e, naturalmente, come “protomedico”… ^_^
Al di là di quello che vi dicono i dietisti, non esiste veramente un “peso-forma” da raggiungere per essere di nuovo in salute. Perché focalizzarsi ancora sui numeri quando è proprio questo che vi ha traviato in passato? Dunque, provate a focalizzarvi sui sentimenti – soprattutto su quelli positivi.
Ognuna di noi ha il suo proprio “peso-forma”. È un qualcosa di biologico e fisiologico che non può essere stabilito a priori tramite calcolo del BMI o speculazioni teoriche. È nella memoria genetica di ogni vostra cellula. Quando avrete raggiunto quel peso, continuerete ad oscillarci intorno. Non ingrasserete né dimagrirete. Manterrete più o meno sempre quel peso. Ovvio, potranno esserci piccole variazioni stagionali o legate al ciclo mestruale, ma rimarrete sempre all’interno di un range piuttosto stretto che rappresenta il vostro peso biologico. E ogni corpo è diverso dagli altri. Perciò, è inutile che stiate a fare confronti con le altre ragazze… provate semplicemente a stare bene per voi stesse… e lasciate che sia il vostro corpo a dire qual è il peso che vi consente di essere in salute.
Ci sono tanti differenti tipologie corporee (longilinea…aggiungere), tanti diversi stili di vita (atletico, attivo, sedentario…), e soprattutto tanti differenti fattori genetici che determinano le forme e il peso di ciascuna di noi. Perciò quello che è il peso biologico di una persona può non esserlo per un’altra. Anche se quelle due persone hanno la stessa altezza. Focalizzatevi perciò su voi stesse, non su qualcun altro o su ciò che qualcun altro dice.
Ci sono persone che, fin dalla nascita, sono particolarmente magre. È naturale, quindi il loro peso biologico anche da adulte sarà magari inferiore rispetto a quello che può essere generalmente considerato un peso normale per la loro altezza. Tanto più che, crescendo, il corpo si modifica. Si prepara ad espletare tutte le funzioni adeguate ad un corpo di donna. Ad un corpo adulto. Quindi non pensate a quanto pesavate prima, e non pensate che sia okay raggiungere quel peso. Ogni momento della vita presenta un suo specifico peso biologico. Vivete per quello che è il presente, non per quello che è stato il passato.
So che il mio peso attuale sarà destinato ad aumentare. Questo mi genera ansia, ma cerco di sopportarlo e di non trasgredire a quanto scritto sul mio “equilibrio alimentare”. Cerco di fare attività fisica in maniera equilibrata e di non preoccuparmi di quello che succederà. Magari potrò stare bene e sentirmi bene anche con qualche chilo in più. Inutile fasciarsi la testa prima di averla sbattuta.
Perdere peso, guadagnare peso… dipende tutto da voi. Se non vi piacete per quello che siete, non vi piacerete mai – qualsiasi sarà il vostro peso. Oltre che guadagnare peso, perciò, provate a guadagnare prospettiva. Senza di essa il peso – alto o basso che sia – non cambierà niente. Continuate a credere in voi stesse. Perché ce la potete fare.
P.S.= Per chi ci sta pensando, voglio precisare che, no, quello che ho scritto non è merda psicofisiologica raccattata su qualche libro. È esperienza diretta. Come persona… e, naturalmente, come “protomedico”… ^_^
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mercoledì 10 dicembre 2008
Reazione a catena
Oggi mi sono portata un po' avanti con la realizzazione del video. Ho iniziato ad inserire le immagini, ad alternare le frasi positive con le fotografie. E più andavo avanti, più mi rendevo conto che si trattava veramente di un qualcosa che si espande, di una reazione a catena.
Una reazione a catena.
Descrive perfettamente.
E allora ho cercato un po' laddove avevo già sentito questo termine, "reazione a catena", e mi sono trovata di fronte alle immagini della centrale di Chernobyl a seguito del disastro nucleare.
E poi ho letto le parole di una testimonianza ed ho pensato che, opportunamente rimaneggiate, potevano benissimo adattarsi anche a questa situazione.
“ […] …ed è stato un qualcosa di veramente irripetibile. Una reazione a catena immensa, spaventosa, con la forza devastante di mille uragani. Un forza distruttrice senza pari, di quelle che fa tabula rasa e non lascia niente. Eppure, all’inizio… […] … nessuno l’avrebbe mai sospettato. Era solo una sbarra, cosa avrebbe mai potuto fare una sbarra, si pensava? Niente, da sola. […] Un neutrone che colpisce una particella d’uranio non cambia proprio niente. Ma poi i neutroni sono diventati 2. E poi 3. E ancora prima che qualcuno potesse rendersene conto, erano già diventati milioni. Milioni di neutroni. Milioni di particelle d’uranio. Una spaventosa reazione a catena. […] … (la radioattività) ha distrutto tutto. Non è rimasto niente. E chissà quante vittime mieterà ancora la radioattività. […]… Ma noi che siamo rimasti abbiamo il dovere di ricostruire. Da qui in poi, solo ricostruire. E vedere quello che possiamo fare, con le nostre forze… […]”
(le parole di Олег Головач, uno degli impiegati della centrare di Chernobyl sopravvissuto alla catastrofe)
“ […] …e sarà un qualcosa di veramente irripetibile. Una reazione a catena immensa, meravigliosa, con la forza devastante di mille uragani. Un forza creatrice senza pari, di quelle che fa ricominciare a lottare e non permette di mollare. Eppure, all’inizio… […] … nessuno l’avrebbe mai sospettato. Era solo una ragazza, cosa avrebbe mai potuto fare una ragazza, si pensava? Niente, da sola. […] Una ragazza che decide di fare un video con frasi positive contro l’anoressia non cambia proprio niente. Ma poi le ragazze sono diventate 2. E poi 3. E ancora prima che qualcuno potesse rendersene conto, erano già diventate 9. 9 ragazze. Veggie, Simy, Martina, Francesca, Veronica, “Imperfect”, Mary, Mirabelle, Mel. Una stupenda reazione a catena. […] … (l’anoressia) ha distrutto tutto. Non è rimasto niente. E chissà quante vittime mieterà ancora l’anoressia. […]… Ma noi che siamo rimaste abbiamo il dovere di ricostruire. Da qui in poi, solo ricostruire. E vedere quello che possiamo fare, con le nostre forze… […]” …
(le mie parole)
...perché siamo più forti se combattiamo insieme.
Ed è questa la nostra reazione a catena… ed è la più bella e la più forte che ci sia.
P.S.= Oltre a realizzarlo, sto cercando anche un titolo per questo video... Tutti i sugerimenti sono benvenuti!!
Una reazione a catena.
Descrive perfettamente.
E allora ho cercato un po' laddove avevo già sentito questo termine, "reazione a catena", e mi sono trovata di fronte alle immagini della centrale di Chernobyl a seguito del disastro nucleare.
E poi ho letto le parole di una testimonianza ed ho pensato che, opportunamente rimaneggiate, potevano benissimo adattarsi anche a questa situazione.
“ […] …ed è stato un qualcosa di veramente irripetibile. Una reazione a catena immensa, spaventosa, con la forza devastante di mille uragani. Un forza distruttrice senza pari, di quelle che fa tabula rasa e non lascia niente. Eppure, all’inizio… […] … nessuno l’avrebbe mai sospettato. Era solo una sbarra, cosa avrebbe mai potuto fare una sbarra, si pensava? Niente, da sola. […] Un neutrone che colpisce una particella d’uranio non cambia proprio niente. Ma poi i neutroni sono diventati 2. E poi 3. E ancora prima che qualcuno potesse rendersene conto, erano già diventati milioni. Milioni di neutroni. Milioni di particelle d’uranio. Una spaventosa reazione a catena. […] … (la radioattività) ha distrutto tutto. Non è rimasto niente. E chissà quante vittime mieterà ancora la radioattività. […]… Ma noi che siamo rimasti abbiamo il dovere di ricostruire. Da qui in poi, solo ricostruire. E vedere quello che possiamo fare, con le nostre forze… […]”
(le parole di Олег Головач, uno degli impiegati della centrare di Chernobyl sopravvissuto alla catastrofe)
“ […] …e sarà un qualcosa di veramente irripetibile. Una reazione a catena immensa, meravigliosa, con la forza devastante di mille uragani. Un forza creatrice senza pari, di quelle che fa ricominciare a lottare e non permette di mollare. Eppure, all’inizio… […] … nessuno l’avrebbe mai sospettato. Era solo una ragazza, cosa avrebbe mai potuto fare una ragazza, si pensava? Niente, da sola. […] Una ragazza che decide di fare un video con frasi positive contro l’anoressia non cambia proprio niente. Ma poi le ragazze sono diventate 2. E poi 3. E ancora prima che qualcuno potesse rendersene conto, erano già diventate 9. 9 ragazze. Veggie, Simy, Martina, Francesca, Veronica, “Imperfect”, Mary, Mirabelle, Mel. Una stupenda reazione a catena. […] … (l’anoressia) ha distrutto tutto. Non è rimasto niente. E chissà quante vittime mieterà ancora l’anoressia. […]… Ma noi che siamo rimaste abbiamo il dovere di ricostruire. Da qui in poi, solo ricostruire. E vedere quello che possiamo fare, con le nostre forze… […]” …
(le mie parole)
...perché siamo più forti se combattiamo insieme.
Ed è questa la nostra reazione a catena… ed è la più bella e la più forte che ci sia.
P.S.= Oltre a realizzarlo, sto cercando anche un titolo per questo video... Tutti i sugerimenti sono benvenuti!!
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lunedì 8 dicembre 2008
A voi la parola / 1
Per la prima sessione di "A voi la parola", stasera voglio proporvi le parole di Jessica...
Maggio 2008
svegliarmi tutta nuda davanti alla classe mi farebbe sentire meno imbarazzata di quanto possa esserlo adesso...
guardare lo specchio e non credere a quello che vedo....
sensazione mai provata...
sentirsi da sempre appesa a una corda situata fra due coste che separano il passato dal presente e io a cercare di sorpassare la lunga corda...
passato e presente
stabilità e pazzia
bimba innocente a ragazza cosciente
dal sapere a al non sapere nulla
dall'incoscienza a la maturità
dal volere al reprimere
dall'avere tutto al nulla
dall'ignoranza all'abbandono...
troppi varchi
troppi scheletri da dimenticare
dall'essere forte al lasciarsi vincere dalle debolezze
piccole dita sfiorare la soglia dell'impossibile... gambe trascinarsi a stento...
pericolo... non accettare aiuto...
il viso deformarsi gli occhi perfetti morire annegati dalle lacrime...
pensieri che tormentano la mente sana fino a divenire folle
accecarsi dalle verità
nascondersi...
Penso che le parole di Jessica siano molto profonde. Riescono a sondare bene la realtà dell'anoressia, tutto il gap che c'è tra quello che si desidera, quello che si pensa l'anoressia potrà farci ottenere, e quello che effettivamente si riesce ad ottenere. Sono parole addolorate e consapevoli, parole che cercano una via d'uscita per un dolore così grande che non può essere contenuto in un corpo così sottile.
La tua vita è tutta nelle tue mani, Jessica. Sei solo tu che puoi decidere cosa farne. Puoi rimanere impigliata nelle maglie del dolore, o puoi dare un strattone, rompere la rete in cui ti sei auto-imprigionata, ed iniziare a lottare per te stessa, e non più contro te stessa. Io credo che, data la tua capacità auto-analitica, tu abbia tutta l'intelligenza e tutta la capacità per riuscirci perfettamente. Io sono qui che faccio il tifo per te...
P.S.= Il prossimo appuntamento con "A voi la parola" al 20 Dicembre! Sono qui in attesa delle vostre parole...
Maggio 2008
svegliarmi tutta nuda davanti alla classe mi farebbe sentire meno imbarazzata di quanto possa esserlo adesso...
guardare lo specchio e non credere a quello che vedo....
sensazione mai provata...
sentirsi da sempre appesa a una corda situata fra due coste che separano il passato dal presente e io a cercare di sorpassare la lunga corda...
passato e presente
stabilità e pazzia
bimba innocente a ragazza cosciente
dal sapere a al non sapere nulla
dall'incoscienza a la maturità
dal volere al reprimere
dall'avere tutto al nulla
dall'ignoranza all'abbandono...
troppi varchi
troppi scheletri da dimenticare
dall'essere forte al lasciarsi vincere dalle debolezze
piccole dita sfiorare la soglia dell'impossibile... gambe trascinarsi a stento...
pericolo... non accettare aiuto...
il viso deformarsi gli occhi perfetti morire annegati dalle lacrime...
pensieri che tormentano la mente sana fino a divenire folle
accecarsi dalle verità
nascondersi...
Penso che le parole di Jessica siano molto profonde. Riescono a sondare bene la realtà dell'anoressia, tutto il gap che c'è tra quello che si desidera, quello che si pensa l'anoressia potrà farci ottenere, e quello che effettivamente si riesce ad ottenere. Sono parole addolorate e consapevoli, parole che cercano una via d'uscita per un dolore così grande che non può essere contenuto in un corpo così sottile.
La tua vita è tutta nelle tue mani, Jessica. Sei solo tu che puoi decidere cosa farne. Puoi rimanere impigliata nelle maglie del dolore, o puoi dare un strattone, rompere la rete in cui ti sei auto-imprigionata, ed iniziare a lottare per te stessa, e non più contro te stessa. Io credo che, data la tua capacità auto-analitica, tu abbia tutta l'intelligenza e tutta la capacità per riuscirci perfettamente. Io sono qui che faccio il tifo per te...
P.S.= Il prossimo appuntamento con "A voi la parola" al 20 Dicembre! Sono qui in attesa delle vostre parole...
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sabato 6 dicembre 2008
Progetto video
Allora, circa un mesetto fa ho avuto un’idea.
E l’idea è un video. Un video che vorrei realizzare. Un video di lotta contro l’anoressia. Un video di ragazze che stanno combattendo contro l’anoressia. Un video in cui frasi positive si alternano ai volti di ragazze che hanno vissuto l’anoressia e che tuttora stanno combattendo, e ci stanno mettendo tutte loro stesse. Un video che vuole essere un incoraggiamento anche per tutte le altre ragazze che stanno lottando, un sostegno per chi sta già percorrendo la strada del ricovero, un rinforzo positivo per questa dura battaglia senza quartiere. E anche una “spinta” ad intraprendere la strada della luce per tute quelle ragazze che ancora hanno paura e non riescono a decidersi ad iniziare a lottare e ad abbandonare l’anoressia. Insomma, un video che vuole essere il messaggio di chi ci è passata e sta combattendo, per cui ancora ci sta passando e non riesce a trovare la forza di lottare. E anche un messaggio per chi ne farà parte, perché se possiamo essere unite in un video, allora possiamo esserlo anche nella lotta, e se si combatte insieme… bè, allora possiamo davvero essere più forti insieme. Perché è vero che l’unione fa la forza… e anche che combattere è già una vittoria. Perciò, mi sono detta, se stiamo insieme anche in questa battaglia, abbiamo più possibilità di farcela!! Perché noi possiamo combatter insieme… per noi stesse e per tutte le altre… perché noi siamo davvero tanto più forti insieme!!
Insomma, ho avuto quest’idea e mi è sembrato che potesse essere un progetto positivo. Così ho pensato di chiedere ad altre ragazze di unire le loro fotografie alle mie nella realizzazione di questo video. Non ragazze a caso, ovviamente. Guerriere della luce. Per poter dare un messaggio forte. Un messaggio dato da persone che stanno combattendo. Da persone che ci sono passate e che stanno facendo di tutto per non ricaderci di nuovo. Da persone che sanno cosa significa.
Così, nelle scorse settimane le ho contattate via mail per sapere cosa ne pensassero e se fossero disposte ad aderire a questo progetto inviandomi le loro fotografie. In tutta onestà, all’inizio non ero particolarmente ottimista. Consapevole del fatto che per chi soffre di DCA mostrare il proprio corpo è una delle cose più difficili che ci siano – io stessa mi sento a disagio – pensavo che sarebbe stato più che comprensibile se nessuna di queste ragazze avesse avuto intenzione di seguirmi. Certo, mi avrebbe fatto immensamente piacere poter riunire le fotografie di tutte quante, ma sapevo anche che, se pure fossimo state solo in 2 o 3 a realizzare il video, già sarebbe stato un successo. Comunque, ho deciso di provarci. Ho chiesto. E poi… poi è successa una cosa meravigliosa. E poi, c’è una canzone che dice “…lo strano percorso di ognuno di noi, che neanche un grande libro o un grande film potrebbero descrivere mai, per quanto è complicato ed imprevedibile, per quanto in un secondo tutto può cambiare…”. Ed è vero. In un secondo possono cambiare veramente un sacco di cose. In un secondo, o nel tempo di qualche mail.
Le persone giuste, le parole giuste, il momento giusto, la voglia di combattere giusta, non so… Forse tutte queste cose insieme… Forse c'è che una parte e poi le altre la seguono... come una reazione a catena... perchè ci si accorge che se ci si tiene per mano siamo più salde e si arriva più lontano…
E la sorpresa, poi, è che la reazione a catena inizia e continua… siamo davvero come i neutroni della fissione nucleare… Una afferra l’altra e si continua, senza smettere mai… Ci si tiene per mano e si va avanti… Si forma una catena sempre più lunga… e più si va avanti, e più la catena si allunga… e più si va avanti, più siamo in grado di fornire appigli… e più si va avanti, più la nostra catena diventa forte…
Hanno cominciato ad arrivarmi fotografie. C’è chi mi ha mandato decine di fotografie, e chi una soltanto, ma quel che conta è avere anche solo quell’unica fotografia, che è importante e preziosa esattamente come tutte le altre, semplicemente perché è una prova d’immenso coraggio.
Veggie.
Simy.
Martina.
Francesca.
Veronica.
"Imperfect".
Mary.
Mirabelle.
Mel.
Perché noi siamo una squadra. Forse non siamo una squadra che vince, questo non possiamo ancora dirlo, però siamo certamente una squadra che lotta.
Perché noi siamo una reazione a catena. Perché quando partiamo tutte insieme non c’è niente che possa fermarci. Perché continuiamo ad avanzare nonostante tutto. E, una volta tanto, a differenza della fissione, la nostra reazione a catena non è distruttiva… ma mettiamo un mattone ciascuna, e insieme ricominciamo a costruire.
Forse perché siamo persone che sono passate attraverso il fuoco… e il fuoco indurisce ciò che non distrugge…
P.S.= Ragazze, volevo solo dirvi che siete tutte meravigliose. Perché siete belle dentro. Grazie di tutto. Grazie di cuore. Da domani inizierò la realizzazione del video… Vi chiedo di avere un po’ di pazienza perché per fare queste cose un po’ di tempo mi ci vuole… Facciamo che questo video sarà un regalo di Natale per tutte quante, okay?!
Vi voglio bene…
P.P.S.= Lunedì 8 ci sarà il primo appuntamento con “A voi la parola”! Se volete mandarmi le vostre parole, io sono sempre qui che le aspetto… Vi abbraccio…
E l’idea è un video. Un video che vorrei realizzare. Un video di lotta contro l’anoressia. Un video di ragazze che stanno combattendo contro l’anoressia. Un video in cui frasi positive si alternano ai volti di ragazze che hanno vissuto l’anoressia e che tuttora stanno combattendo, e ci stanno mettendo tutte loro stesse. Un video che vuole essere un incoraggiamento anche per tutte le altre ragazze che stanno lottando, un sostegno per chi sta già percorrendo la strada del ricovero, un rinforzo positivo per questa dura battaglia senza quartiere. E anche una “spinta” ad intraprendere la strada della luce per tute quelle ragazze che ancora hanno paura e non riescono a decidersi ad iniziare a lottare e ad abbandonare l’anoressia. Insomma, un video che vuole essere il messaggio di chi ci è passata e sta combattendo, per cui ancora ci sta passando e non riesce a trovare la forza di lottare. E anche un messaggio per chi ne farà parte, perché se possiamo essere unite in un video, allora possiamo esserlo anche nella lotta, e se si combatte insieme… bè, allora possiamo davvero essere più forti insieme. Perché è vero che l’unione fa la forza… e anche che combattere è già una vittoria. Perciò, mi sono detta, se stiamo insieme anche in questa battaglia, abbiamo più possibilità di farcela!! Perché noi possiamo combatter insieme… per noi stesse e per tutte le altre… perché noi siamo davvero tanto più forti insieme!!
Insomma, ho avuto quest’idea e mi è sembrato che potesse essere un progetto positivo. Così ho pensato di chiedere ad altre ragazze di unire le loro fotografie alle mie nella realizzazione di questo video. Non ragazze a caso, ovviamente. Guerriere della luce. Per poter dare un messaggio forte. Un messaggio dato da persone che stanno combattendo. Da persone che ci sono passate e che stanno facendo di tutto per non ricaderci di nuovo. Da persone che sanno cosa significa.
Così, nelle scorse settimane le ho contattate via mail per sapere cosa ne pensassero e se fossero disposte ad aderire a questo progetto inviandomi le loro fotografie. In tutta onestà, all’inizio non ero particolarmente ottimista. Consapevole del fatto che per chi soffre di DCA mostrare il proprio corpo è una delle cose più difficili che ci siano – io stessa mi sento a disagio – pensavo che sarebbe stato più che comprensibile se nessuna di queste ragazze avesse avuto intenzione di seguirmi. Certo, mi avrebbe fatto immensamente piacere poter riunire le fotografie di tutte quante, ma sapevo anche che, se pure fossimo state solo in 2 o 3 a realizzare il video, già sarebbe stato un successo. Comunque, ho deciso di provarci. Ho chiesto. E poi… poi è successa una cosa meravigliosa. E poi, c’è una canzone che dice “…lo strano percorso di ognuno di noi, che neanche un grande libro o un grande film potrebbero descrivere mai, per quanto è complicato ed imprevedibile, per quanto in un secondo tutto può cambiare…”. Ed è vero. In un secondo possono cambiare veramente un sacco di cose. In un secondo, o nel tempo di qualche mail.
Le persone giuste, le parole giuste, il momento giusto, la voglia di combattere giusta, non so… Forse tutte queste cose insieme… Forse c'è che una parte e poi le altre la seguono... come una reazione a catena... perchè ci si accorge che se ci si tiene per mano siamo più salde e si arriva più lontano…
E la sorpresa, poi, è che la reazione a catena inizia e continua… siamo davvero come i neutroni della fissione nucleare… Una afferra l’altra e si continua, senza smettere mai… Ci si tiene per mano e si va avanti… Si forma una catena sempre più lunga… e più si va avanti, e più la catena si allunga… e più si va avanti, più siamo in grado di fornire appigli… e più si va avanti, più la nostra catena diventa forte…
Hanno cominciato ad arrivarmi fotografie. C’è chi mi ha mandato decine di fotografie, e chi una soltanto, ma quel che conta è avere anche solo quell’unica fotografia, che è importante e preziosa esattamente come tutte le altre, semplicemente perché è una prova d’immenso coraggio.
Veggie.
Simy.
Martina.
Francesca.
Veronica.
"Imperfect".
Mary.
Mirabelle.
Mel.
Perché noi siamo una squadra. Forse non siamo una squadra che vince, questo non possiamo ancora dirlo, però siamo certamente una squadra che lotta.
Perché noi siamo una reazione a catena. Perché quando partiamo tutte insieme non c’è niente che possa fermarci. Perché continuiamo ad avanzare nonostante tutto. E, una volta tanto, a differenza della fissione, la nostra reazione a catena non è distruttiva… ma mettiamo un mattone ciascuna, e insieme ricominciamo a costruire.
Forse perché siamo persone che sono passate attraverso il fuoco… e il fuoco indurisce ciò che non distrugge…
P.S.= Ragazze, volevo solo dirvi che siete tutte meravigliose. Perché siete belle dentro. Grazie di tutto. Grazie di cuore. Da domani inizierò la realizzazione del video… Vi chiedo di avere un po’ di pazienza perché per fare queste cose un po’ di tempo mi ci vuole… Facciamo che questo video sarà un regalo di Natale per tutte quante, okay?!
Vi voglio bene…
P.P.S.= Lunedì 8 ci sarà il primo appuntamento con “A voi la parola”! Se volete mandarmi le vostre parole, io sono sempre qui che le aspetto… Vi abbraccio…
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giovedì 4 dicembre 2008
Per Duccia...
Si arriva ad un punto in cui capisci che altro non puoi fare.
Quello che dovevi dire l'hai detto. Veramente, anche quello che non dovevi dire.
Sbagliare è umano.
Mi sei stata vicina in momenti in cui ho toccato il fondo, hai saputo starmi vicina anche da lontana. Mi hai abbracciata ma senza stringermi, senza farmi venire quella voglia irrefrenabile di scappare che provo ogni qualvolta mi avvicino di più ad una persona. Mi hai ascoltata senza giudicare. Hai accettato il mio sintomo senza anteporlo a me. E sei stata l'unica che ha continuato a vedere "Veggie" quando tuti gli altri vedevano solo "Anoressia". Sapevi che non avresti mai potuto capire, ma hai cercato di farlo ugualmente. Mi hai fatto sentire che c'era qualcosa oltre il buio dell'anoressia. Mi hai dato il coraggio di rialzarmi. Se sono qui che scrivo queste parole, adesso, so di doverlo in gran parte anche a te.
Hai sempre visto in me molto più di quella che io sento di essere. Ma forse è normale che sia così. Non sono facile da gestire, lo sai bene. Ti penso. Ti scrivo. Discutiamo. E poi, dopo qualche secondo, è tutto come prima. La tua tranquillità basta per entrambe. A volte penso perfino che me ne hai rubata un po'...
Sei una persona veramente unica ed importante per me. Un'Amica con la "A" maiuscola.
Ci sei sempre quando ho bisogno e quando sento che sto per cadere, ogni volta penso che ho tirato troppo la corda e che non risponderai alla mia voce... eppure ci sei sempre, ancora, sei sempre te, quella speciale.
Responsabile, intelligente, silenziosa, dolce, forte, fragile, semplice, sensibile, diretta, riflessiva, viva e coraggiosa. Sai vivere. Tu pensi di no, ma io ti dico di sì, sai vivere. Non so da chi l'hai imparato. Che non si decide di essere così. Hai quella capacità di trasmettere tanto affetto nelle piccole cose, nei semplici gesti quotidiani, tipica delle persone speciali. Dovresti vederti quando parli, quando gesticoli. Sei fatta per sfondare. Brilli. Credo che, in fondo in fondo, sia uno dei tuoi scopi, temuti ed agognati...
Una volta mi hai detto che hai avuto la sensazione di poter imparare tante cose da me. Ma arrivate a questo punto, sono io quella che ha imparato di più da te. Sono felicissima ed orgogliosa di averti come amica. Sarai sempre la mia migliore amica del cuore...
Tra l'altro, credo di non avertelo mai detto... Ti voglio un bene dell'anima.
Quello che dovevi dire l'hai detto. Veramente, anche quello che non dovevi dire.
Sbagliare è umano.
Mi sei stata vicina in momenti in cui ho toccato il fondo, hai saputo starmi vicina anche da lontana. Mi hai abbracciata ma senza stringermi, senza farmi venire quella voglia irrefrenabile di scappare che provo ogni qualvolta mi avvicino di più ad una persona. Mi hai ascoltata senza giudicare. Hai accettato il mio sintomo senza anteporlo a me. E sei stata l'unica che ha continuato a vedere "Veggie" quando tuti gli altri vedevano solo "Anoressia". Sapevi che non avresti mai potuto capire, ma hai cercato di farlo ugualmente. Mi hai fatto sentire che c'era qualcosa oltre il buio dell'anoressia. Mi hai dato il coraggio di rialzarmi. Se sono qui che scrivo queste parole, adesso, so di doverlo in gran parte anche a te.
Hai sempre visto in me molto più di quella che io sento di essere. Ma forse è normale che sia così. Non sono facile da gestire, lo sai bene. Ti penso. Ti scrivo. Discutiamo. E poi, dopo qualche secondo, è tutto come prima. La tua tranquillità basta per entrambe. A volte penso perfino che me ne hai rubata un po'...
Sei una persona veramente unica ed importante per me. Un'Amica con la "A" maiuscola.
Ci sei sempre quando ho bisogno e quando sento che sto per cadere, ogni volta penso che ho tirato troppo la corda e che non risponderai alla mia voce... eppure ci sei sempre, ancora, sei sempre te, quella speciale.
Responsabile, intelligente, silenziosa, dolce, forte, fragile, semplice, sensibile, diretta, riflessiva, viva e coraggiosa. Sai vivere. Tu pensi di no, ma io ti dico di sì, sai vivere. Non so da chi l'hai imparato. Che non si decide di essere così. Hai quella capacità di trasmettere tanto affetto nelle piccole cose, nei semplici gesti quotidiani, tipica delle persone speciali. Dovresti vederti quando parli, quando gesticoli. Sei fatta per sfondare. Brilli. Credo che, in fondo in fondo, sia uno dei tuoi scopi, temuti ed agognati...
Una volta mi hai detto che hai avuto la sensazione di poter imparare tante cose da me. Ma arrivate a questo punto, sono io quella che ha imparato di più da te. Sono felicissima ed orgogliosa di averti come amica. Sarai sempre la mia migliore amica del cuore...
Tra l'altro, credo di non avertelo mai detto... Ti voglio un bene dell'anima.
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martedì 2 dicembre 2008
Immagine / Pensiero positivo
Un'immagine/pensiero positivo e pro-ricovero che voglio condividere con voi...
P.S.= Come ho scritto in commento ad un precedente post, l'8 Dicembre pubblicherò la prima sessione di "A voi la parola"... Sono qua in attesa di leggere i vostri pensieri! Un abbraccio a tutte quante...
P.S.= Come ho scritto in commento ad un precedente post, l'8 Dicembre pubblicherò la prima sessione di "A voi la parola"... Sono qua in attesa di leggere i vostri pensieri! Un abbraccio a tutte quante...
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domenica 30 novembre 2008
Paura di fallire
Penso sia semplicemente naturale, dopo aver passato l'anoressia, temere di ricaderci… ma la cosa importante è che, se ciò dovesse accedere, adesso sappiamo di avere le armi per combatterla. Quel che è stato parte di noi non cesserà mai completamente di esistere, ma si può essere più forti e riuscire a sopravvivere. Riuscire a conviverci senza che l'anoressia abbia la meglio.
Lo so, a volte pensare di intraprendere un processo di ricovero fa paura. Ma la paura è solo una scusa per non affrontare le cose. Ci vuole molto tempo per liberarsi dei fantasmi del proprio passato, specie se questi ci hanno infestato a lungo. Ma le ricadute sono normali, e bisogna cercare di non scoraggiarsi. È una lotta difficile, lo so, ma possiamo farcela, tutte quante. Ci saranno giorni buoni e giorni cattivi. Bisogna solo non perdere mai di vista il traguardo, ciò che ci vuole veramente dalla vita. Se si riesce a tenere la testa alta, a rialzarsi dopo ogni caduta, siamo già ad un buon punto della strada.
I giorni cattivi sono inevitabili, giorni in cui tutto si tinge di nero e viene voglia di mollare perché sembra che la vita si chiuda e allora si teme di non essere più capaci di affrontare ciò che ci aspetta. La paura che arriva, allora, può far venire voglia di riadottare quei comportamenti sbagliati del passato. Rituffarsi in quelle dinamiche che, per quanto negative e distruttive, davano comunque sicurezza. Bè, anche se è doppiamente difficile, è proprio in momenti come questi che bisogna continuare a combattere.
La paura lega al passato. Al non lasciar la strada vecchia per la nuova. Talvolta andare incontro ad un futuro sconosciuto fa così paura che sembra essere preferibile quello che è stato in passato, per quanto distruttivo potesse essere. Per questo lasciare il passato è così difficile. Perciò bisogna cercare semplicemente di muovere un passo dopo l’altro, piccoli passi, giorno dopo giorno. Ma siamo tutte umane, perciò, si sa, le ricadute ci sono. Il fatto che ci siano non significa che tutto il duro lavoro che si è fatto per arrivare fino a quel punto è stato inutile o è andato distrutto. Non significa che bisogna ricominciare tutto di nuovo da capo, perché quello che è stato fatto, in qualche modo, resta. Può essere usato come “rampa di lancio” per ripartire. Partendo da un’esperienza come l'anoressia è maledettamente difficile raggiungere un traguardo positivo, perciò è naturale avere delle ricadute. Dunque bisogna semplicemente riconoscerle come tali e non demoralizzasi ma cercare di superarle. Se si capisce quel che si è fatto di sbagliato, si potrà evitare di rifarlo in futuro. Ci si potrà rialzare e dire “ricomincio da qui”.
Pensatela un po’ così: se volete andare da Milano a Napoli e, dopo aver percorso 300 Km, la vostra auto ha un guasto e si ferma, non è che dovete ritornare a Milano e ripartire di nuovo da capo per Napoli! Siete e rimanete a 300 Km dal punto di partenza. Ed è da lì che ripartirete non appena la vostra auto sarà stata riparata. Poi, può darsi che durante il viaggio si guasti nuovamente e dobbiate fermarvi ancora, oppure è probabile che abbiate sete o dobbiate andare in bagno e decidiate di fermarvi ad un Autogrill, e più volte vi dovrete fermare, più lungo sarà il viaggio, ma non dovrete mai ricominciarlo da capo! Si tratta solo di risalire in macchina e ripartire. Prima o poi arriverete sicuramente. E lasciate che vi dica una cosa: non c’è niente di male nel fermarsi quante volte lo vogliate.
Credete più in voi stesse che nei fantasmi del vostro passato. E non abbiate paura di fallire ancora. Rialzarsi è sempre possibile, qualora lo vogliate.
Lo so, a volte pensare di intraprendere un processo di ricovero fa paura. Ma la paura è solo una scusa per non affrontare le cose. Ci vuole molto tempo per liberarsi dei fantasmi del proprio passato, specie se questi ci hanno infestato a lungo. Ma le ricadute sono normali, e bisogna cercare di non scoraggiarsi. È una lotta difficile, lo so, ma possiamo farcela, tutte quante. Ci saranno giorni buoni e giorni cattivi. Bisogna solo non perdere mai di vista il traguardo, ciò che ci vuole veramente dalla vita. Se si riesce a tenere la testa alta, a rialzarsi dopo ogni caduta, siamo già ad un buon punto della strada.
I giorni cattivi sono inevitabili, giorni in cui tutto si tinge di nero e viene voglia di mollare perché sembra che la vita si chiuda e allora si teme di non essere più capaci di affrontare ciò che ci aspetta. La paura che arriva, allora, può far venire voglia di riadottare quei comportamenti sbagliati del passato. Rituffarsi in quelle dinamiche che, per quanto negative e distruttive, davano comunque sicurezza. Bè, anche se è doppiamente difficile, è proprio in momenti come questi che bisogna continuare a combattere.
La paura lega al passato. Al non lasciar la strada vecchia per la nuova. Talvolta andare incontro ad un futuro sconosciuto fa così paura che sembra essere preferibile quello che è stato in passato, per quanto distruttivo potesse essere. Per questo lasciare il passato è così difficile. Perciò bisogna cercare semplicemente di muovere un passo dopo l’altro, piccoli passi, giorno dopo giorno. Ma siamo tutte umane, perciò, si sa, le ricadute ci sono. Il fatto che ci siano non significa che tutto il duro lavoro che si è fatto per arrivare fino a quel punto è stato inutile o è andato distrutto. Non significa che bisogna ricominciare tutto di nuovo da capo, perché quello che è stato fatto, in qualche modo, resta. Può essere usato come “rampa di lancio” per ripartire. Partendo da un’esperienza come l'anoressia è maledettamente difficile raggiungere un traguardo positivo, perciò è naturale avere delle ricadute. Dunque bisogna semplicemente riconoscerle come tali e non demoralizzasi ma cercare di superarle. Se si capisce quel che si è fatto di sbagliato, si potrà evitare di rifarlo in futuro. Ci si potrà rialzare e dire “ricomincio da qui”.
Pensatela un po’ così: se volete andare da Milano a Napoli e, dopo aver percorso 300 Km, la vostra auto ha un guasto e si ferma, non è che dovete ritornare a Milano e ripartire di nuovo da capo per Napoli! Siete e rimanete a 300 Km dal punto di partenza. Ed è da lì che ripartirete non appena la vostra auto sarà stata riparata. Poi, può darsi che durante il viaggio si guasti nuovamente e dobbiate fermarvi ancora, oppure è probabile che abbiate sete o dobbiate andare in bagno e decidiate di fermarvi ad un Autogrill, e più volte vi dovrete fermare, più lungo sarà il viaggio, ma non dovrete mai ricominciarlo da capo! Si tratta solo di risalire in macchina e ripartire. Prima o poi arriverete sicuramente. E lasciate che vi dica una cosa: non c’è niente di male nel fermarsi quante volte lo vogliate.
Credete più in voi stesse che nei fantasmi del vostro passato. E non abbiate paura di fallire ancora. Rialzarsi è sempre possibile, qualora lo vogliate.
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venerdì 28 novembre 2008
A voi la parola
Mi piacerebbe iniziare qualcosa di nuovo: A Voi La Parola.
Potrei scegliere uno qualsiasi dei giorni della settimana, e in quel giorno, anziché pubblicare un mio post, potrei pubblicare le vostre parole. Tutto ciò che dovete fare (solo se v’interessa, ovviamente!) è mandarmi una mail all’indirizzo:
veggie.any@alice.it
Cosa scrivere? Raccontate il vostro vissuto con i DCA, scrivete una poesia, un racconto, un pensiero o anche semplicemente uno sfogo. Scrivete una lettera. Scrivete la cosa peggiore o la migliore della settimana. Scrivete di un problema che vi affligge e di cui non riuscite a venire a capo. Scrivete i vostri interrogativi, i vostri dubbi, le vostre angosce. Fatemi qualche domanda. Qualsiasi cosa vogliate. Sono le vostre parole, dopotutto. Chi può dire cosa potete o non potete scrivere?
Non è (e non sarà) assolutamente mia intenzione fare la parte della psicoterapeuta, non è certo quello che voglio!, anche perché so benissimo di non esserne in grado, però mi farebbe piacere leggere e rispondere ad ogni storia, poesia, sfogo, lettera, problema, domanda, etc… Se volete quindi che le vostre parole siano pubblicate su questo blog, al fine di essere lette ed essere d’aiuto anche ad altre ragazze, sentitevi libere di scrivermi qualsiasi cosa vogliate, e a poco a poco, con cadenza... mah, non so, magari bisettimanale, riporterò ciò che mi avrete scritto. Se volete potrete lasciare il vostro nome, altrimenti posso pubblicarvi come “anonime”, se mi scrivete che lo preferite. Se invece vi va di condividere qualcosa con me, ma preferite che ciò non venga pubblicato, va benissimo ugualmente! Sentitevi sempre e comunque libere di scrivermi qualsiasi cosa desideriate, e io vi risponderò privatamente tramite e-mail. Basta che mi specifichiate se volete che le vostre parole appaiano o meno su questo blog (e, nel caso, se in forma anonima o nominativa), oppure se preferite di no.
Penso che questo (A Voi La Parola) possa essere non solo catartico, ma anche veramente molto utile. Con la condivisione dei vostri pensieri potrete aiutare qualcun’altra ad essere più forte, e potrete voi stesse avere dei rinforzi positivi. Al limite, scrivere può rappresentare una valvola di sfogo e un modo per “conoscersi” e sentirsi meno sole in questa battaglia comune.
Allora, che ne dite?
Io non vedo l’ora di leggere le vostre parole!
Potrei scegliere uno qualsiasi dei giorni della settimana, e in quel giorno, anziché pubblicare un mio post, potrei pubblicare le vostre parole. Tutto ciò che dovete fare (solo se v’interessa, ovviamente!) è mandarmi una mail all’indirizzo:
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Cosa scrivere? Raccontate il vostro vissuto con i DCA, scrivete una poesia, un racconto, un pensiero o anche semplicemente uno sfogo. Scrivete una lettera. Scrivete la cosa peggiore o la migliore della settimana. Scrivete di un problema che vi affligge e di cui non riuscite a venire a capo. Scrivete i vostri interrogativi, i vostri dubbi, le vostre angosce. Fatemi qualche domanda. Qualsiasi cosa vogliate. Sono le vostre parole, dopotutto. Chi può dire cosa potete o non potete scrivere?
Non è (e non sarà) assolutamente mia intenzione fare la parte della psicoterapeuta, non è certo quello che voglio!, anche perché so benissimo di non esserne in grado, però mi farebbe piacere leggere e rispondere ad ogni storia, poesia, sfogo, lettera, problema, domanda, etc… Se volete quindi che le vostre parole siano pubblicate su questo blog, al fine di essere lette ed essere d’aiuto anche ad altre ragazze, sentitevi libere di scrivermi qualsiasi cosa vogliate, e a poco a poco, con cadenza... mah, non so, magari bisettimanale, riporterò ciò che mi avrete scritto. Se volete potrete lasciare il vostro nome, altrimenti posso pubblicarvi come “anonime”, se mi scrivete che lo preferite. Se invece vi va di condividere qualcosa con me, ma preferite che ciò non venga pubblicato, va benissimo ugualmente! Sentitevi sempre e comunque libere di scrivermi qualsiasi cosa desideriate, e io vi risponderò privatamente tramite e-mail. Basta che mi specifichiate se volete che le vostre parole appaiano o meno su questo blog (e, nel caso, se in forma anonima o nominativa), oppure se preferite di no.
Penso che questo (A Voi La Parola) possa essere non solo catartico, ma anche veramente molto utile. Con la condivisione dei vostri pensieri potrete aiutare qualcun’altra ad essere più forte, e potrete voi stesse avere dei rinforzi positivi. Al limite, scrivere può rappresentare una valvola di sfogo e un modo per “conoscersi” e sentirsi meno sole in questa battaglia comune.
Allora, che ne dite?
Io non vedo l’ora di leggere le vostre parole!
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mercoledì 26 novembre 2008
Notte
Oggi voglio condividere con voi un qualcosa che ho scritto diversi anni fa, in occasione del mio secondo ricovero...
NOTTE
Mi piacciono le cliniche di notte.
Mi piace la rarefatta atmosfera di sospensione, l’attesa incondizionata che le avvolge – l’idea che comunque non debba accadere nulla, senza che ciò debba necessariamente significare qualcosa.
Gli edifici sparsi si perdono in un’indefinita oscurità tesa a proteggere – non a minacciare – mentre i vialetti grigi di luna e immersi nella rugiada dell’erba congiungono i reparti che custodiscono quel modesto campionario di umanità ora assopita.
In clinica o si è pazienti o si è parenti – e il minimo comune denominatore è rappresentato dal discutibile privilegio di potersi considerare esclusi dal mondo – nell’altrove tanto caro a Rimbaud – lasciando agli altri, quelli che sono fuori, il gioco frenetico dei doveri e delle necessità del tempo.
Perché il tempo in questo luogo non esiste – o almeno finge di non esserci. Lo conservano le psichiatre, le dietiste, le inservienti, coloro che comunque sono aggrappate saldamente a ritmi e movimenti che rispecchiano una velocità così estranea a queste ovattate pareti – ma per la malata c’è solo l’ineffabile tempo della biologica guarigione… un tempo interiore, sempre diverso, solitamente intervallato – e ogni giorno scandito – dalle visite e dai discorsi sempre uguali.
Così il popolo della clinica – un popolo di camici bianchi e abiti casalinghi – si muove alternatamene sotto la liquida attenzione di flebo onnipresenti, fino a lasciare i lunghi corridoi ornati di porte al ronzio asettico delle lampade che attendono l’alba.
Qui dentro non si è mai pienamente se stesse – essendo un luogo crepuscolare, al limite dell’alterità e dell’estraniamento si è sempre secondari alla propria qualifica – variabile tra quella dell’assistente e quella dell’assistito – che qui più che altrove perdono lo spessore della differenza.
E’ in questa insolita, insicura veste, che ci siamo ritrovate io e lei in una strana estate della nostra vita – vittime ignare di malattie simili che ci hanno colpito.
Lei è bella, naturalmente.
Bella nei suoi occhi troppo verdi per essere speranza e nel suo volto così pallido che risalta tra le lenzuola immacolate del suo letto. Così dolcemente inquieta mentre si fissa sconsolata allo specchio o si avventura per le stanze con incedere divertito e incerto muovendo passi che sembrano stagliarsi direttamente dalla sua anima. Non la conosco. Non so chi sia.
So solo che il lento pomeriggio passerà di nuovo e arriverà la notte del silenzio. La notte degli incontri dove la nostra comune jeunesse – il nostro voler essere vive anche dove tutto è fermo per esigenza – ci porterà da qualche parte, da sole, a parlare di noi… del nostro essere lì e del nostro essere prima o poi fuori di lì.
Saremo tutto ciò che le nostre parole saranno per noi – esclusivamente – per noi. Il sole svanisce lontano dietro l’ultima ombra della sera sprofondando la clinica nel respiro sommesso che preannuncia la nostra veglia.
Un pretesto – l’aria fresca – e siamo fuori dal mondo, fuori dalla clinica, fuori da noi stesse… Un volo.
Un volo in un giardino interno, un angolo comodo e un cielo estivo, amichevole e complice.
Il cielo è visto scuro e silenzioso sopra quell’albero grande lì, quasi a serbare la presenza dei nostri corpi, ora così vicini in questa nuova e inattesa realtà.
Le parole, dapprima incerte, si liberano presto dalla stretta della nostra reciproca timidezza per conoscerci delicatamente e in profondità attraverso il nostro bisbigliare nella notte.
E sono parole belle, leggere come vento e fresche in quest’aria ferma – quasi note di un pentagramma che ci lega misteriosamente nel nostro incontrarci fortuito.
Immemori di un perché nel nostro essere lì e di un lì che ha i suoi tristi perché, ci dondoliamo casualmente sul filo dei nuovi pensieri – l’una verso l’altra – seguendo d’istinto l’intreccio confuso delle nostre storie e delle nostre età che ci unisce adesso in rari momenti di comprensione. Parlando di noi stesse a noi stesse. Senza bisogno di altro che il nostro essere lì, noi due – solamente noi due – così vicine e allo stesso tempo lontane dalla felicità.
Il nostro passato impreciso si è infine allontanato insieme alle nostre parole e paure lasciandoci in uno strano, indecifrabile silenzio.
E non saprò mai perché non ho sfiorato le sue esili, limpide mani per poi accarezzare quei capelli lisci e fluidi come onde nella notte. Il profumo della sua pelle è rimasto in me come un desiderio stranamente impresso.
Così è arrivata l’alba – troppo presto – lei se n’è andata, e troppo presto è arrivata un’altra notte in questo posto che è di nuovo una clinica.
E io sono ancora qui, sola, a fissare il vuoto, cercando di ricordare le note che la fata di un sogno di mezza estate ha suonato dentro di me.
(Agosto 2003)
NOTTE
Mi piacciono le cliniche di notte.
Mi piace la rarefatta atmosfera di sospensione, l’attesa incondizionata che le avvolge – l’idea che comunque non debba accadere nulla, senza che ciò debba necessariamente significare qualcosa.
Gli edifici sparsi si perdono in un’indefinita oscurità tesa a proteggere – non a minacciare – mentre i vialetti grigi di luna e immersi nella rugiada dell’erba congiungono i reparti che custodiscono quel modesto campionario di umanità ora assopita.
In clinica o si è pazienti o si è parenti – e il minimo comune denominatore è rappresentato dal discutibile privilegio di potersi considerare esclusi dal mondo – nell’altrove tanto caro a Rimbaud – lasciando agli altri, quelli che sono fuori, il gioco frenetico dei doveri e delle necessità del tempo.
Perché il tempo in questo luogo non esiste – o almeno finge di non esserci. Lo conservano le psichiatre, le dietiste, le inservienti, coloro che comunque sono aggrappate saldamente a ritmi e movimenti che rispecchiano una velocità così estranea a queste ovattate pareti – ma per la malata c’è solo l’ineffabile tempo della biologica guarigione… un tempo interiore, sempre diverso, solitamente intervallato – e ogni giorno scandito – dalle visite e dai discorsi sempre uguali.
Così il popolo della clinica – un popolo di camici bianchi e abiti casalinghi – si muove alternatamene sotto la liquida attenzione di flebo onnipresenti, fino a lasciare i lunghi corridoi ornati di porte al ronzio asettico delle lampade che attendono l’alba.
Qui dentro non si è mai pienamente se stesse – essendo un luogo crepuscolare, al limite dell’alterità e dell’estraniamento si è sempre secondari alla propria qualifica – variabile tra quella dell’assistente e quella dell’assistito – che qui più che altrove perdono lo spessore della differenza.
E’ in questa insolita, insicura veste, che ci siamo ritrovate io e lei in una strana estate della nostra vita – vittime ignare di malattie simili che ci hanno colpito.
Lei è bella, naturalmente.
Bella nei suoi occhi troppo verdi per essere speranza e nel suo volto così pallido che risalta tra le lenzuola immacolate del suo letto. Così dolcemente inquieta mentre si fissa sconsolata allo specchio o si avventura per le stanze con incedere divertito e incerto muovendo passi che sembrano stagliarsi direttamente dalla sua anima. Non la conosco. Non so chi sia.
So solo che il lento pomeriggio passerà di nuovo e arriverà la notte del silenzio. La notte degli incontri dove la nostra comune jeunesse – il nostro voler essere vive anche dove tutto è fermo per esigenza – ci porterà da qualche parte, da sole, a parlare di noi… del nostro essere lì e del nostro essere prima o poi fuori di lì.
Saremo tutto ciò che le nostre parole saranno per noi – esclusivamente – per noi. Il sole svanisce lontano dietro l’ultima ombra della sera sprofondando la clinica nel respiro sommesso che preannuncia la nostra veglia.
Un pretesto – l’aria fresca – e siamo fuori dal mondo, fuori dalla clinica, fuori da noi stesse… Un volo.
Un volo in un giardino interno, un angolo comodo e un cielo estivo, amichevole e complice.
Il cielo è visto scuro e silenzioso sopra quell’albero grande lì, quasi a serbare la presenza dei nostri corpi, ora così vicini in questa nuova e inattesa realtà.
Le parole, dapprima incerte, si liberano presto dalla stretta della nostra reciproca timidezza per conoscerci delicatamente e in profondità attraverso il nostro bisbigliare nella notte.
E sono parole belle, leggere come vento e fresche in quest’aria ferma – quasi note di un pentagramma che ci lega misteriosamente nel nostro incontrarci fortuito.
Immemori di un perché nel nostro essere lì e di un lì che ha i suoi tristi perché, ci dondoliamo casualmente sul filo dei nuovi pensieri – l’una verso l’altra – seguendo d’istinto l’intreccio confuso delle nostre storie e delle nostre età che ci unisce adesso in rari momenti di comprensione. Parlando di noi stesse a noi stesse. Senza bisogno di altro che il nostro essere lì, noi due – solamente noi due – così vicine e allo stesso tempo lontane dalla felicità.
Il nostro passato impreciso si è infine allontanato insieme alle nostre parole e paure lasciandoci in uno strano, indecifrabile silenzio.
E non saprò mai perché non ho sfiorato le sue esili, limpide mani per poi accarezzare quei capelli lisci e fluidi come onde nella notte. Il profumo della sua pelle è rimasto in me come un desiderio stranamente impresso.
Così è arrivata l’alba – troppo presto – lei se n’è andata, e troppo presto è arrivata un’altra notte in questo posto che è di nuovo una clinica.
E io sono ancora qui, sola, a fissare il vuoto, cercando di ricordare le note che la fata di un sogno di mezza estate ha suonato dentro di me.
(Agosto 2003)
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lunedì 24 novembre 2008
Dirigere la rabbia
La rabbia non è necessariamente un qualcosa di negativo. Quando vi sentite giù di morale, quando state vivendo una “giornata-NO”, quando state male, quando vi sentite impotenti e frustrate, quando vi sentite sole e con le spalle al muro, o avete avuto un’altra ricaduta – arrabbiatevi. Semplicemente, infuriatevi.
Ma non arrabbiatevi con voi stesse.
Arrabbiatevi con il vostro disturbo alimentare.
Non rendete voi stesse il bersaglio di tutta la vostra negatività e la vostra frustrazione. Lasciate che lo sia il DCA.
Perchè rimproverare voi stesse per la confusione, per gli errori, per non essere state capaci di fare ciò che desideravate?
Il vostro DCA è il problema. Non voi.
Perciò, combattete. Combattete contro il DCA. Non contro voi stesse.
Voi siete il pilastro. Voi siete il buono. Non fatevi del male distruggendovi lentamente.
Non dovete sempre sentirvi in dovere di reprimere quella rabbia, di nascondere le vostre sensazioni, i vostri istinti, le vostre emozioni negative. Dovete semplicemente incanalarle in una direzione differente, che non sia quella del cibo e del corpo. Affrontate l’anoressia, colpitela e continuate a sparare. Usate quella rabbia che avreste rivolto contro voi stesse, invece contro il DCA.
La rabbia non è necessariamente una brutta cosa. Basta che la usiate a vostro vantaggio. E avete tutte la potenzialità di farlo e di riuscirci.
Ma non arrabbiatevi con voi stesse.
Arrabbiatevi con il vostro disturbo alimentare.
Non rendete voi stesse il bersaglio di tutta la vostra negatività e la vostra frustrazione. Lasciate che lo sia il DCA.
Perchè rimproverare voi stesse per la confusione, per gli errori, per non essere state capaci di fare ciò che desideravate?
Il vostro DCA è il problema. Non voi.
Perciò, combattete. Combattete contro il DCA. Non contro voi stesse.
Voi siete il pilastro. Voi siete il buono. Non fatevi del male distruggendovi lentamente.
Non dovete sempre sentirvi in dovere di reprimere quella rabbia, di nascondere le vostre sensazioni, i vostri istinti, le vostre emozioni negative. Dovete semplicemente incanalarle in una direzione differente, che non sia quella del cibo e del corpo. Affrontate l’anoressia, colpitela e continuate a sparare. Usate quella rabbia che avreste rivolto contro voi stesse, invece contro il DCA.
La rabbia non è necessariamente una brutta cosa. Basta che la usiate a vostro vantaggio. E avete tutte la potenzialità di farlo e di riuscirci.
sabato 22 novembre 2008
Tempo per riflettere
Penso che sia importante trovare il tempo per riflettere. Riflettere su dove siamo arrivate, su quello che vogliamo dalla vita in futuro, su come fare per ottenerlo. Perciò non importa quanto potete essere impegnate, quanto caotica può essere la vostra vita, quanta pressione vi sentite addosso… è sempre importante prendersi del tempo per riflettere. Non dev’essere necessariamente un’ora. Non dev’essere necessariamente mezz’ora. Dev’essere semplicemente “del tempo”. Per pensare. Per riflettere su VOI STESSE. Per ricordare. Per capire.
Talvolta fa paura e mette ansia ricordare quello che si preferirebbe dimenticare. A volte fa rabbia. A volte sembra surreale, come se certe cose appartenessero ad una persona diversa da quella che siete oggi. Non importa ciò che la riflessione provoca, visto che non è altro che una proiezione dei vostri sentimenti: lasciateli fluire. Non negateli, per quanto possano essere intensi, e quindi ansiogeni. Se li provate, c’è sicuramente una ragione per cui si sono presentati, ed è quella che dovete cercare di scoprire per analizzarvi, per comprenderne le cause e poterci lavorare sopra in maniera tale da progredire, da crescere, da imparare. Così, a riflessione conclusa, potrete sentirvi un po’ meglio, un po’ più leggere, come se aveste fatto un altro passo avanti.
E più lo farete, più vi risulterà facile. Nascondere il passato, raccontarsi bugie di comodo, sorridere pur avendo voglia di piangere, rimuovere le cose sgradite, non cancellerà i problemi. Tutt’al più, li rimanderà. Ma rimarranno sempre lì. E prima o poi torneranno a presentare il loro conto. Si può pure sbarrare una porta contro il passato, ma i ricordi hanno mani. E bussano. E bussano. E bussano. E quel suono finisce per far impazzire.
Ehi, ovvio, con questo non voglio dire che una deve sguazzare nel passato! Voglio solo dire che non dovete coprirlo come se le cose che sono accadute non fossero mai successe. È un po’ come se vi fosse morto un figlio: soffrireste, certo, ma non vorreste che quel bambino non fosse mai esistito solo per sentirvi meglio. Anzi, dovrete ricordarlo, rielaborare la brutta esperienza, e ricominciare a vivere di nuovo il più serenamente possibile. Anche perchè, pure nell’ipotesi che riusciste a convincervi che quel bambino non è mai esistito, sarebbe solo una soluzione temporanea, poiché inevitabilmente qualcosa, ad un certo punto, vi ricorderebbe quello che è successo veramente.
Perciò, c'è da lavorare sull’ansia che certe memorie possono provocare. È un po’ come lavorare un duro pezzo d’argilla. Dovete impastare, plasmare, ed avere tanta pazienza. Ma potrete ricavarne un capolavoro.
È un lungo sentiero disseminato di sassi aguzzi e di buche, ma conduce all’autostrada.
Anche se non è affatto facile, spesso provo a riflettere sul mio passato. E mi sono accorta di una cosa: se non l’avessi fatto, non sarei mai potuta arrivare dove sto adesso. Se tuttora non lo facessi, non potrei mai andare avanti. Prendersi il tempo adeguato per riflettere è necessario come continuare a stringere i denti anche quando è difficile…
Talvolta fa paura e mette ansia ricordare quello che si preferirebbe dimenticare. A volte fa rabbia. A volte sembra surreale, come se certe cose appartenessero ad una persona diversa da quella che siete oggi. Non importa ciò che la riflessione provoca, visto che non è altro che una proiezione dei vostri sentimenti: lasciateli fluire. Non negateli, per quanto possano essere intensi, e quindi ansiogeni. Se li provate, c’è sicuramente una ragione per cui si sono presentati, ed è quella che dovete cercare di scoprire per analizzarvi, per comprenderne le cause e poterci lavorare sopra in maniera tale da progredire, da crescere, da imparare. Così, a riflessione conclusa, potrete sentirvi un po’ meglio, un po’ più leggere, come se aveste fatto un altro passo avanti.
E più lo farete, più vi risulterà facile. Nascondere il passato, raccontarsi bugie di comodo, sorridere pur avendo voglia di piangere, rimuovere le cose sgradite, non cancellerà i problemi. Tutt’al più, li rimanderà. Ma rimarranno sempre lì. E prima o poi torneranno a presentare il loro conto. Si può pure sbarrare una porta contro il passato, ma i ricordi hanno mani. E bussano. E bussano. E bussano. E quel suono finisce per far impazzire.
Ehi, ovvio, con questo non voglio dire che una deve sguazzare nel passato! Voglio solo dire che non dovete coprirlo come se le cose che sono accadute non fossero mai successe. È un po’ come se vi fosse morto un figlio: soffrireste, certo, ma non vorreste che quel bambino non fosse mai esistito solo per sentirvi meglio. Anzi, dovrete ricordarlo, rielaborare la brutta esperienza, e ricominciare a vivere di nuovo il più serenamente possibile. Anche perchè, pure nell’ipotesi che riusciste a convincervi che quel bambino non è mai esistito, sarebbe solo una soluzione temporanea, poiché inevitabilmente qualcosa, ad un certo punto, vi ricorderebbe quello che è successo veramente.
Perciò, c'è da lavorare sull’ansia che certe memorie possono provocare. È un po’ come lavorare un duro pezzo d’argilla. Dovete impastare, plasmare, ed avere tanta pazienza. Ma potrete ricavarne un capolavoro.
È un lungo sentiero disseminato di sassi aguzzi e di buche, ma conduce all’autostrada.
Anche se non è affatto facile, spesso provo a riflettere sul mio passato. E mi sono accorta di una cosa: se non l’avessi fatto, non sarei mai potuta arrivare dove sto adesso. Se tuttora non lo facessi, non potrei mai andare avanti. Prendersi il tempo adeguato per riflettere è necessario come continuare a stringere i denti anche quando è difficile…
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giovedì 20 novembre 2008
Quando i problemi attaccano
Dove c’è grande comprensione, può esserci altrettanto grande dolore. Un po’ come se il papà di una vostra amica muore… e voi potete capirla meglio di chiunque altro, perché magari anche vostro papà è morto da un po’. In questo modo, avete un legame con il vissuto della vostra amica ma, allo stesso tempo, vi trovate catapultate nel vostro proprio vissuto, nei vostri tristi ricordi, e questi ricordi possono veramente buttarvi giù.
Trovo che vivere con un disturbo alimentare possa essere un qualcosa di molto simile.
Quando vi trovate in un momento di vulnerabilità, potreste pensare che la cosa più semplice da fare sia rimuovere quei pensieri che vi fanno stare male, al fine di non ricadere nuovamente nel meccanismo della restrizione o dell’abbuffata-vomito. Okay, adesso vi chiedo di ripensarci. Talvolta essere vulnerabile e giù di morale è necessario per poter andare avanti. Deve succedere perché è anche questo parte del lungo processo di ricovero che potrà portarci ovunque vogliamo arrivare.
Certo, le soluzioni rapide possono pure sembrare le più rassicuranti, ma sono tutte a breve termine. Non risolveranno mai il problema di base. Perché l’unico modo per risolvere un problema è, in effetti, quello di affrontarlo.
Rimuovere il problema può, a primo acchito, sembrare possibile, benefico e pure necessario. E così, forzandoci a dimenticare il problema, andare avanti può apparire più facile. Ma, ripeto, questa è una soluzione a breve termine. Sforzarci per dimenticare qualcosa, non cancella quella cosa. Semplicemente, la nasconde, ci sbarra una porta contro. Ma, dietro quella porta, il problema rimane. E bussa. E, prima o poi, quel suono finisce per farci impazzire. Perciò, quando i problemi si presentano, dovremmo cercare di trovare il coraggio di affrontarli – perché, in fin dei conti, l’intermo mondo al di fuori di noi è un problema. E questo non cambierà mai… a meno che noi non impariamo a far fronte a questi problemi nel momento in cui ci si presentano davanti, senza negarli, ma semplicemente cercando di trovare la forza per affrontarli.
Mi ricordo che, durante il mio secondo ricovero, mi riusciva veramente difficile non empatizzare con le alter ragazze e rimanere positive quando mi sentivo circondata da tanta negatività. Ma tutte quante abbiamo continuato a farci forza a vicenda e siamo andate avanti, e a poco a poco siamo diventate sempre più legate e capaci di scavare in profondità dentro le altre… e dentro noi stesse. Così, affondandoli insieme, e da sole, i problemi hanno cominciato a poco a poco a farsi meno evidenti. Siamo diventate di grado di lavorarci su e di andare avanti, senza rimanere impantanate nel problema, né adottare strategie di coping disfunzionali e riecheggianti l’anoressia.
La possibilità che gli altri, con le loro parole, le loro osservazioni, i loro racconti, le loro difficoltà, ci influenzino creandoci nuovi problemi, data la nostra spiccata tendenza ad empatizzare, è in effetti elevata. È facile incorrere in pensieri intrusivi riguardanti il cibo o il corpo, sentirci più insicure, compararci alle altre. È ovvio ed è normale che succeda. E tenete conto che, quando succederà, sarete spinte a tentare di negare il problema e ad arginarlo con i comportamenti tipici dei DCA. Fate attenzione. Tenetelo a mente. Non fatevi fregare. Siate preparate. Se di fronte a un problema reagite restringendo o abbuffandovi-vomitando, non solo non risolverete il problema in questione, ma ve ne creerete pure un altro. Pensate a questo. Così sarete meno propense a distruggervi, e più propense ad affrontare il problema originario a testa alta.
Concludendo, voglio dirvi soltanto un cosa: non abbiate paura di avere ed affrontare i problemi. Perché questo succederà. Inevitabilmente. Prima o poi, più o meno frequentemente, ma capiterà. La vita consiste nel cercare di capire quello che si desidera, e nel lottare contro ciò che c’impedisce di realizzarlo. Certo, ci vuole tempo per affrontare un problema. Ma l’importante è decidersi ad affrontarlo. Perché solo se lo affronterete potrete risolverlo e lasciarvelo davvero alle spalle.
Trovo che vivere con un disturbo alimentare possa essere un qualcosa di molto simile.
Quando vi trovate in un momento di vulnerabilità, potreste pensare che la cosa più semplice da fare sia rimuovere quei pensieri che vi fanno stare male, al fine di non ricadere nuovamente nel meccanismo della restrizione o dell’abbuffata-vomito. Okay, adesso vi chiedo di ripensarci. Talvolta essere vulnerabile e giù di morale è necessario per poter andare avanti. Deve succedere perché è anche questo parte del lungo processo di ricovero che potrà portarci ovunque vogliamo arrivare.
Certo, le soluzioni rapide possono pure sembrare le più rassicuranti, ma sono tutte a breve termine. Non risolveranno mai il problema di base. Perché l’unico modo per risolvere un problema è, in effetti, quello di affrontarlo.
Rimuovere il problema può, a primo acchito, sembrare possibile, benefico e pure necessario. E così, forzandoci a dimenticare il problema, andare avanti può apparire più facile. Ma, ripeto, questa è una soluzione a breve termine. Sforzarci per dimenticare qualcosa, non cancella quella cosa. Semplicemente, la nasconde, ci sbarra una porta contro. Ma, dietro quella porta, il problema rimane. E bussa. E, prima o poi, quel suono finisce per farci impazzire. Perciò, quando i problemi si presentano, dovremmo cercare di trovare il coraggio di affrontarli – perché, in fin dei conti, l’intermo mondo al di fuori di noi è un problema. E questo non cambierà mai… a meno che noi non impariamo a far fronte a questi problemi nel momento in cui ci si presentano davanti, senza negarli, ma semplicemente cercando di trovare la forza per affrontarli.
Mi ricordo che, durante il mio secondo ricovero, mi riusciva veramente difficile non empatizzare con le alter ragazze e rimanere positive quando mi sentivo circondata da tanta negatività. Ma tutte quante abbiamo continuato a farci forza a vicenda e siamo andate avanti, e a poco a poco siamo diventate sempre più legate e capaci di scavare in profondità dentro le altre… e dentro noi stesse. Così, affondandoli insieme, e da sole, i problemi hanno cominciato a poco a poco a farsi meno evidenti. Siamo diventate di grado di lavorarci su e di andare avanti, senza rimanere impantanate nel problema, né adottare strategie di coping disfunzionali e riecheggianti l’anoressia.
La possibilità che gli altri, con le loro parole, le loro osservazioni, i loro racconti, le loro difficoltà, ci influenzino creandoci nuovi problemi, data la nostra spiccata tendenza ad empatizzare, è in effetti elevata. È facile incorrere in pensieri intrusivi riguardanti il cibo o il corpo, sentirci più insicure, compararci alle altre. È ovvio ed è normale che succeda. E tenete conto che, quando succederà, sarete spinte a tentare di negare il problema e ad arginarlo con i comportamenti tipici dei DCA. Fate attenzione. Tenetelo a mente. Non fatevi fregare. Siate preparate. Se di fronte a un problema reagite restringendo o abbuffandovi-vomitando, non solo non risolverete il problema in questione, ma ve ne creerete pure un altro. Pensate a questo. Così sarete meno propense a distruggervi, e più propense ad affrontare il problema originario a testa alta.
Concludendo, voglio dirvi soltanto un cosa: non abbiate paura di avere ed affrontare i problemi. Perché questo succederà. Inevitabilmente. Prima o poi, più o meno frequentemente, ma capiterà. La vita consiste nel cercare di capire quello che si desidera, e nel lottare contro ciò che c’impedisce di realizzarlo. Certo, ci vuole tempo per affrontare un problema. Ma l’importante è decidersi ad affrontarlo. Perché solo se lo affronterete potrete risolverlo e lasciarvelo davvero alle spalle.
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martedì 18 novembre 2008
Tenere a bada
Forse una delle cose più difficili da fare è proprio tenere a bada i disturbi alimentari. Anche quando non state adottando comportamenti disfunzionali, sembra sempre che i DCA stiano in agguato, non è vero?! È come se stessero aspettando… guardando… chiedendosi quando commetterete il primo passo falso, in maniera tale da poter di nuovo avere la meglio su di voi. E non è affatto facile continuare a perseguire la strada del ricovero quando si ha la sensazione che anche una sola mossa sbagliata potrebbe far ricominciare tutto da capo. Non aiuta affatto. Il problema è che le cose stanno davvero così.
Ma ciò non significa che poiché le cose adesso sono così, allora dovranno esserlo per sempre. Voi potete cambiarle. Voi potete tenere a bada i DCA. Certo, non è una cosa immediata. Occorrerà un po’ di tempo – forse un sacco di tempo – ma potrete farcela.
La prima cosa che dovete ricordare è che (per quanto possa sembrarvi vero o meno) voi avete il controllo. Voi. Non i DCA. Voi.
Certo, i disturbi alimentari sono un qualcosa di estremamente potente. Richiede una marea di forza di volontà rompere il circolo vizioso. Ma una volta che l’avrete fatto, sarà tutto nelle vostre mani. E potrete schiacciarlo.
Ricordate che, quando eravate bambine, coglievate i soffioni, li avvicinavate alle labbra, e soffiavate? Tutti i “pelini” bianchi fluttuavano via nella brezza. E tutto quello che rimaneva nelle vostre mani non era che lo stelo.
Bene, adesso immaginate il vostro disturbo alimentare come se fosse un soffione. Grande, complesso, intricato, ricco di migliaia di “pelini” bianchi. Voi lo tenete in mano. Voi avete la forza di volontà. Voi avete il controllo. Potete soffiare. Soffiate più forte che potete. E guardate come i “pelini” bianchi si disperdono nel vento. Il passato è andato. Quel che è rimasto è il futuro. E uno stelo. Uno stelo – ciò che ha originato il disturbo alimentare – che rimarrà sempre, perché nessuna può fuggire da se stessa, ma che potrà essere a questo punto utilizzato come memoria, per ricordarci di ciò che è stato e che non dovrà essere nuovamente.
Il trucco per tenere a bada i disturbi alimentari – oltre ovviamente a ricordare che VOI e solo voi avete il controllo – consiste anche nel cercare qualcuno che possa aiutarvi a combattere. Nessuno ha mai vinto una guerra da solo. Può trattarsi di un terapeuta, di un genitore, di un’amica… chiunque. Un punto di riferimento, una spalla su cui piangere. Perché davvero non c’è niente di male nel farlo. Non è debole chi chiede aiuto, perché non c’è niente che richieda più coraggio del domandare aiuto. Per ammettere di essere in difficoltà ed accettare una mano, ci vuole tanto, tanto coraggio. E anche per combattere l’idea che ci trattiene dal domandare aiuto, ovvero: e se chiedo e mi viene detto di no? – perché abbiamo in realtà l’implicita convinzione di non meritare questo supporto, che a nessuno interessi abbastanza o comunque abbastanza a lungo di noi per darci veramente una mano. Ma non è vero. Qualcuno c’è. Perciò, se avete bisogno d’aiuto, chiedete sempre. Potreste trovarlo.
E, oltre a trovare qualcuno, può essere importante anche trovare qualcosa. Pensate a una cosa che vi piace. Una cosa che vi piace veramente e profondamente, voglio dire, di qualsiasi genere essa sia. Potrebbe essere disegnare. Andare in bici. Suonare il pianoforte. Fare un giro in auto con lo stereo a tutto volume. Di qualsiasi cosa si tratti, usatela come un’arma in vostro favore. Usatela come se fosse una parte di voi. E quando sentite che la vita si fa difficile, che state per cedere, concedetevi quella cosa.
Non succederà niente di male.
Presto starete meglio.
E più volte lo farete, più facile sarà combattere il vostro disturbo alimentare. Può sembrare un obiettivo distante e irraggiungibile… ma se cominciate a camminare, la meta sarà più vicina ad ogni passo. Certo, dovete volerlo veramente. E metterci tutte voi stesse, quando le cose vanno bene e soprattutto quando le cose vanno male. È l’unico modo per sopraffare i disturbi alimentari. È l’unico modo per sopravvivere.
Avete già tutte le armi che vi sono necessarie. Usatele.
Ma ciò non significa che poiché le cose adesso sono così, allora dovranno esserlo per sempre. Voi potete cambiarle. Voi potete tenere a bada i DCA. Certo, non è una cosa immediata. Occorrerà un po’ di tempo – forse un sacco di tempo – ma potrete farcela.
La prima cosa che dovete ricordare è che (per quanto possa sembrarvi vero o meno) voi avete il controllo. Voi. Non i DCA. Voi.
Certo, i disturbi alimentari sono un qualcosa di estremamente potente. Richiede una marea di forza di volontà rompere il circolo vizioso. Ma una volta che l’avrete fatto, sarà tutto nelle vostre mani. E potrete schiacciarlo.
Ricordate che, quando eravate bambine, coglievate i soffioni, li avvicinavate alle labbra, e soffiavate? Tutti i “pelini” bianchi fluttuavano via nella brezza. E tutto quello che rimaneva nelle vostre mani non era che lo stelo.
Bene, adesso immaginate il vostro disturbo alimentare come se fosse un soffione. Grande, complesso, intricato, ricco di migliaia di “pelini” bianchi. Voi lo tenete in mano. Voi avete la forza di volontà. Voi avete il controllo. Potete soffiare. Soffiate più forte che potete. E guardate come i “pelini” bianchi si disperdono nel vento. Il passato è andato. Quel che è rimasto è il futuro. E uno stelo. Uno stelo – ciò che ha originato il disturbo alimentare – che rimarrà sempre, perché nessuna può fuggire da se stessa, ma che potrà essere a questo punto utilizzato come memoria, per ricordarci di ciò che è stato e che non dovrà essere nuovamente.
Il trucco per tenere a bada i disturbi alimentari – oltre ovviamente a ricordare che VOI e solo voi avete il controllo – consiste anche nel cercare qualcuno che possa aiutarvi a combattere. Nessuno ha mai vinto una guerra da solo. Può trattarsi di un terapeuta, di un genitore, di un’amica… chiunque. Un punto di riferimento, una spalla su cui piangere. Perché davvero non c’è niente di male nel farlo. Non è debole chi chiede aiuto, perché non c’è niente che richieda più coraggio del domandare aiuto. Per ammettere di essere in difficoltà ed accettare una mano, ci vuole tanto, tanto coraggio. E anche per combattere l’idea che ci trattiene dal domandare aiuto, ovvero: e se chiedo e mi viene detto di no? – perché abbiamo in realtà l’implicita convinzione di non meritare questo supporto, che a nessuno interessi abbastanza o comunque abbastanza a lungo di noi per darci veramente una mano. Ma non è vero. Qualcuno c’è. Perciò, se avete bisogno d’aiuto, chiedete sempre. Potreste trovarlo.
E, oltre a trovare qualcuno, può essere importante anche trovare qualcosa. Pensate a una cosa che vi piace. Una cosa che vi piace veramente e profondamente, voglio dire, di qualsiasi genere essa sia. Potrebbe essere disegnare. Andare in bici. Suonare il pianoforte. Fare un giro in auto con lo stereo a tutto volume. Di qualsiasi cosa si tratti, usatela come un’arma in vostro favore. Usatela come se fosse una parte di voi. E quando sentite che la vita si fa difficile, che state per cedere, concedetevi quella cosa.
Non succederà niente di male.
Presto starete meglio.
E più volte lo farete, più facile sarà combattere il vostro disturbo alimentare. Può sembrare un obiettivo distante e irraggiungibile… ma se cominciate a camminare, la meta sarà più vicina ad ogni passo. Certo, dovete volerlo veramente. E metterci tutte voi stesse, quando le cose vanno bene e soprattutto quando le cose vanno male. È l’unico modo per sopraffare i disturbi alimentari. È l’unico modo per sopravvivere.
Avete già tutte le armi che vi sono necessarie. Usatele.
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domenica 16 novembre 2008
Siamo tutte speciali
Lo so che può sembrare una frase tratta da un libro di favole per bambini, ma è assolutamente vero. Perciò, ascoltatemi un attimo.
Molto spesso all’anoressia è associata la sensazione di “essere speciale”. Potrei scriverci un libro, credo. Quando si restringe ci si sente “speciali”. E questa è una delle principali ragioni per cui scegliere di ricoverarsi fa così tanta paura. Anch’io ho avuto a lungo questo timore. Anche se mi rendevo conto che, alla fin fine, l’anoressia non mi avrebbe portata da nessuna parte, restringere continuava a farmi stare bene sul momento, mi faceva sentire forte, in controllo, soddisfatta, più sicura di me stessa… sì, mi faceva sentire “speciale”. Perciò avevo paura di perdere questo mio sentirmi “speciale”, questo qualcosa che mi faceva sentire di essere davvero qualcuno, questo sentimento di onnipotenza così profondamente radicato in me.
Il punto è, ragazze, che siamo tutte speciali. Siamo sempre speciali. Siamo speciali comunque. Il nostro essere “speciali” non muore insieme al DCA, deve solo essere riapplicato, riassegnato a qualcosa che vale veramente questo sentimento.
Perchè le ossa che sporgono sono speciali? Perché la restrizione è speciale? Perché l’attività fisica compulsava è speciale? Perché sentirsi in controllo e privarci del cibo giorno dopo giorno è speciale? Perché l’auto-sabotaggio è speciale? Ma davvero distruggere noi stesse, farci del male, odiarci così, ci rende speciali?? È un inganno. Credetemi. Lo è.
Depressione. Morte. Stanchezza. Dolore. Disperazione. Confusione. Ansia. Senso di colpa. Vuoto. Tutti i tipici sentimenti legati ai DCA. Da quando queste cose sono diventate speciali? Intendo, davvero speciali? Davvero sono queste le cose che vi fanno sentire speciali?
La vostra missione, se scegliete di accettarla (così come la mia, del resto, visto che sono qui che giorno dopo giorno combatto insieme a voi) è: SCOPRIRE quello che REALMENTE ci rende speciali. Provate a scrivere, magari cominciando proprio dal commento che, se vi va, potete lasciare a questo post: “Sono speciale perché…” … e guardate cosa ne viene fuori.
Perchè, ve lo assicuro – ci sono mille e mille cose per cui potete a ragione considerarvi speciali. Ma, ragazze, non siamo speciali perchè abbiamo un disturbo alimentare.
Molto spesso all’anoressia è associata la sensazione di “essere speciale”. Potrei scriverci un libro, credo. Quando si restringe ci si sente “speciali”. E questa è una delle principali ragioni per cui scegliere di ricoverarsi fa così tanta paura. Anch’io ho avuto a lungo questo timore. Anche se mi rendevo conto che, alla fin fine, l’anoressia non mi avrebbe portata da nessuna parte, restringere continuava a farmi stare bene sul momento, mi faceva sentire forte, in controllo, soddisfatta, più sicura di me stessa… sì, mi faceva sentire “speciale”. Perciò avevo paura di perdere questo mio sentirmi “speciale”, questo qualcosa che mi faceva sentire di essere davvero qualcuno, questo sentimento di onnipotenza così profondamente radicato in me.
Il punto è, ragazze, che siamo tutte speciali. Siamo sempre speciali. Siamo speciali comunque. Il nostro essere “speciali” non muore insieme al DCA, deve solo essere riapplicato, riassegnato a qualcosa che vale veramente questo sentimento.
Perchè le ossa che sporgono sono speciali? Perché la restrizione è speciale? Perché l’attività fisica compulsava è speciale? Perché sentirsi in controllo e privarci del cibo giorno dopo giorno è speciale? Perché l’auto-sabotaggio è speciale? Ma davvero distruggere noi stesse, farci del male, odiarci così, ci rende speciali?? È un inganno. Credetemi. Lo è.
Depressione. Morte. Stanchezza. Dolore. Disperazione. Confusione. Ansia. Senso di colpa. Vuoto. Tutti i tipici sentimenti legati ai DCA. Da quando queste cose sono diventate speciali? Intendo, davvero speciali? Davvero sono queste le cose che vi fanno sentire speciali?
La vostra missione, se scegliete di accettarla (così come la mia, del resto, visto che sono qui che giorno dopo giorno combatto insieme a voi) è: SCOPRIRE quello che REALMENTE ci rende speciali. Provate a scrivere, magari cominciando proprio dal commento che, se vi va, potete lasciare a questo post: “Sono speciale perché…” … e guardate cosa ne viene fuori.
Perchè, ve lo assicuro – ci sono mille e mille cose per cui potete a ragione considerarvi speciali. Ma, ragazze, non siamo speciali perchè abbiamo un disturbo alimentare.
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venerdì 14 novembre 2008
Riempire gli spazi
Penso che, nel momento in cui s’inizia un percorso di ricovero e si cerca di fare a meno dell’anoressia, chiedersi come riempire gli spazi vuoti nella propria vita dopo che questi erano stati in precedenza riempiti dall’anoressia, da un DCA, da un qualcosa di così totalizzante, sia molto comune.
Ma ricordate: solo voi potete rispondere alla domanda su cosa poter fare dopo.
E ci sono un sacco di cose che vi stanno aspettando. Ci sono un milione di possibilità a portata delle vostre mani, a partire dalle semplici piccole cose che ogni giorno possono essere fatte.
Dovete solo chiedervi una cosa: che cosa voglio davvero per me stessa?
È una domanda aperta, con milioni di possibili risposte… ed è proprio questo il bello. Cosa c’è nella tua testa e nel tuo cuore? Quali sono le tue passioni? Cos’è che ti fa stare bene? Vuoi fare nuove amicizie? Vuoi tornare a studiare? Vuoi avventurarti nel mondo del lavoro? Vuoi cambiare lavoro? Vuoi seguire un sogno che hai sempre avuto in un angolino della tua testa? Vuoi avere una famiglia? Vuoi viaggiare, vedere posti nuovi?
Ed ecco che arriva la conclusione: noi abbiamo tutto il potere di fare quel che vogliamo fare.
Certo, però, molto spesso di fronte a tutto ciò tendiamo a porci delle scusanti, perchè in fin dei conti l'idea di poter veramente fare cose del genere ci fa paura, ci paralizza,e così ecco che tiriamo fuori ancora delle scuse: è economicamente troppo dispendioso, non ho abbastanza tempo, devo fare qualcos’altro… Tante ragioni possono fornirci ottime scuse per impedirci di fare quello che vorremmo. E la cosa peggiore è che non rinunceremmo per paura di fallire. In realtà, rinuceremmo per paura di avere succeso.
PERO' – ed è un grande PERO' – se volete veramente qualcosa, allora non c’è scusa che tenga: datevi da fare e prendetevela. Dipende solo da voi.
Chiaro, i soldi non crescono sugli alberi, il tempo è tiranno per tutti e compagnia bella. Ma se volete veramente qualcosa, avete tutte le potenzialità per ottenerla. E non lasciate che niente vi fermi dal farlo.
Più importante, pensate alle cose che possono farvi felici. Iniziate magari anche solo con una, due, tre cose. Poi cercate di trovare un modo per realizzarle.
Bisogna cercare di riempire gli spazi. Riempi gli spazi. Non c’è carico per questo tipo di riempimento.
In bocca al lupo… Io faccio il tifo per voi!
Ma ricordate: solo voi potete rispondere alla domanda su cosa poter fare dopo.
E ci sono un sacco di cose che vi stanno aspettando. Ci sono un milione di possibilità a portata delle vostre mani, a partire dalle semplici piccole cose che ogni giorno possono essere fatte.
Dovete solo chiedervi una cosa: che cosa voglio davvero per me stessa?
È una domanda aperta, con milioni di possibili risposte… ed è proprio questo il bello. Cosa c’è nella tua testa e nel tuo cuore? Quali sono le tue passioni? Cos’è che ti fa stare bene? Vuoi fare nuove amicizie? Vuoi tornare a studiare? Vuoi avventurarti nel mondo del lavoro? Vuoi cambiare lavoro? Vuoi seguire un sogno che hai sempre avuto in un angolino della tua testa? Vuoi avere una famiglia? Vuoi viaggiare, vedere posti nuovi?
Ed ecco che arriva la conclusione: noi abbiamo tutto il potere di fare quel che vogliamo fare.
Certo, però, molto spesso di fronte a tutto ciò tendiamo a porci delle scusanti, perchè in fin dei conti l'idea di poter veramente fare cose del genere ci fa paura, ci paralizza,e così ecco che tiriamo fuori ancora delle scuse: è economicamente troppo dispendioso, non ho abbastanza tempo, devo fare qualcos’altro… Tante ragioni possono fornirci ottime scuse per impedirci di fare quello che vorremmo. E la cosa peggiore è che non rinunceremmo per paura di fallire. In realtà, rinuceremmo per paura di avere succeso.
PERO' – ed è un grande PERO' – se volete veramente qualcosa, allora non c’è scusa che tenga: datevi da fare e prendetevela. Dipende solo da voi.
Chiaro, i soldi non crescono sugli alberi, il tempo è tiranno per tutti e compagnia bella. Ma se volete veramente qualcosa, avete tutte le potenzialità per ottenerla. E non lasciate che niente vi fermi dal farlo.
Più importante, pensate alle cose che possono farvi felici. Iniziate magari anche solo con una, due, tre cose. Poi cercate di trovare un modo per realizzarle.
Bisogna cercare di riempire gli spazi. Riempi gli spazi. Non c’è carico per questo tipo di riempimento.
In bocca al lupo… Io faccio il tifo per voi!
martedì 11 novembre 2008
Combattere, affrontare e infine abbracciare il cibo
Lasciatemi lo spazio di questo post per parlare di cibo. Sì, avete capito bene: di cibo.
Poiché anoressiche e/o bulimiche, c’è ovviamente stato un momento nel passato di ciascuna di noi in cui ci è sembrato che controllando l’alimentazione avessimo potuto controllare ogni aspetto della nostra vita. Un momento in cui l’alimentazione ci ha fatto sentire da dio o uno schifo. C’è chi, come me, ha ristretto. C’è chi si è abbuffata. C’è chi ha digiunato. C’è chi ha vomitato. C’è chi ha usato lassativi. Ma perché ci siamo focalizzate sul cibo? Perché è questo il punto, non è vero? Perché proprio sul cibo? Perché, in fin dei conti, il cibo è come una qualsiasi altra cosa: c’è chi usa l’alcol, chi la droga, chi il gioco d’azzardo.
Dipendenza. Vizi. Abitudini. Modi per scaricare l’ansia. Qualsiasi cosa siano – comunque vogliate chiamarli – possono diventare distruttivi. Perciò ci vuole tempo, pazienza, forza, coraggio e volontà… ma possiamo imparare a convivere con i disturbi alimentari, senza lasciare che questi abbiano la meglio su di noi come per un certo periodo di tempo più o meno lungo ci è sicuramente successo.
Parlo per esperienza. Scaglio la prima pietra e sono dunque la prima ad ammettere che ho ristretto, che ci sono stati mesi in cui mangiavo pochissimo. Ed esercitare questo controllo sull’alimentazione, vedere che riuscivo dove molte altre ragazze fallivano, abbandonando le loro diete dopo pochi giorni o poche settimane, riuscire a restringere senza cedere mai neanche una volta, mi faceva sentire forte, soddisfatta, sicura. Restringere era una cosa in cui riuscivo straordinariamente bene, quindi una cosa che mi faceva sentire diversa dagli altri, che mi faceva sentire speciale che, in un certo senso, mi faceva sentire migliore. Perché, in fin dei conti, tutta l’essenza della restrizione è il controllo. Se senti di avere il controllo, ti senti onnipotente. E non ti accorgi che in realtà non sei tu che stai controllando l’alimentazione, ma il cibo che sta controllando te, perché hai la sensazione di avere il mondo nelle tue mani, di sapere esattamente quello che stai facendo e perché lo stai facendo. Io mi sentivo esattamente così. Nel mio piccolo mondo, nel mio simulacro di perfezione, celavo tutte le mie debolezze e le mie insicurezze dietro un controllo apparente per costruirmi una favola che era inevitabilmente destinata a fallire. Posso dire di non essermi mai sentita bene come in quel periodo, è vero, ma stavo guidando contromano in una strada senza uscita. Fino a che c’era terreno continuavo ad andare a tavoletta ed era tutto ciò che mi faceva sentire viva. Però tutto quello che mi aspettava era un muro.
Ovviamente, dunque, anche se in quel momento non me ne rendevo conto, non stavo controllando né l’alimentazione né il mio peso. Tant’è che, alla fine, la mia magrezza si è fatta così evidente che sono stata mandata da una dietista e poi da una psichiatra che ha deciso di ricoverarmi. È stato il mio primo ricovero, e non ero consenziente. Vi lascio immaginare. Mi era stato assegnato un “equilibrio alimentare”, una dieta in cui c’erano scritte le quantità di tutti i vari cibi che dovevo mangiare, e che naturalmente mi riguardavo bene di rispettare. Decisamente, avevo un pessimo rapporto con l’alimentazione in quel momento: vedevo ogni cibo come mio nemico, come un qualcosa che cercava di togliermi ogni possibilità di esercitare il mio controllo, di sentirmi forte, di sentirmi bene. Così ho continuato a restringere ed ho perso altro peso. Ma c’era già qualcosa che si era incastrato. Così mi sono guardata intorno e mi sono accorta che la vetta che credevo di aver raggiunto era in realtà il fondo di un abisso.
E così mi sono resa conto che c’erano tre cose che avrei potuto fare. Morire, il che a quel punto sarebbe stato veramente il minore dei mali, continuare a restringere e vedere quale sarebbe stato il limite minimo che mi avrebbe portato direttamente in ospedale perdendo veramente ogni possibilità di controllo, oppure scegliere volontariamente di ricoverarmi di nuovo nel centro specializzato per DCA in cui ero stata.
Dunque, mi trovavo come di fronte ad un incrocio. Non volevo che tutto mi sfuggisse dalle mani. Ma non volevo neanche mangiare e perdere la mia illusione di onnipotenza. Non volevo ricoverarmi. Ma volevo stare meglio. Non volevo far soffrire gli altri. Ma non volevo neanche essere io a soffrire. Non volevo essere prigioniera dell’anoressia. Ma non volevo neanche lasciarla perché era l’unica cosa che conoscevo, per quanto fosse distruttiva era l’unica cosa che mi aveva fatto sentire veramente bene, l’unica cosa che mi aveva dato un senso. Capivo che non era “normale”, che ci sarebbe stato molto altro che la vita sarebbe stata in grado di darmi se mi fossi distaccata dal sintomo, che quella che stavo vivendo non era una vera vita, ma non riuscivo a rinunciare al senso di controllo, di sicurezza, di forza che la restrizione mi dava. Non riuscivo a rinunciare al modo in cui mi faceva sentire speciale.
E sono stata ferma di fronte a questo incrocio per più di 5 anni. Non andavo avanti né tornavo indietro, ero bloccata lì in mezzo. 5 anni di ricoveri, un continuo dentro-fuori dettato dal fatto che continuavo a preferire la parola alla destra del trattino e dalla mia non completa convinzione a volermi distaccare dall’anoressia. Passavo qualche mese in clinica, e mi sembrava di stare meglio, di essere più motivata, ma come uscivo, nel giro di poche settimane riprendevo a fare gli stessi errori. Non era veramente cambiato niente, perché io non ero veramente convinta di volere che le cose cambiassero. Non riuscivo a vedere l’anoressia come un qualcosa di negativo, dati tutti i sentimenti positivi che, bene o male, era riuscita a farmi provare. A volte ci penso ancora. Ma ad un certo punto mi sono guardata allo specchio e mi sono accorta che non ero più l’adolescente alla ricerca della vera se stessa o di quello che potevo mai stare cercando. Che dovevo smetterla di far finta che la mia vita non fosse ancora cominciata. La verità era che ne avevo già consumata almeno il 25%. Mi ero già bevuta la panna.
Inoltre, mi sono accorta di un’altra cosa estremamente importante. Che non avrei potuto fare niente di tutto quello che mi ero prefissa se prima non mi fossi distaccata dalla restrizione. Che non avrei potuto guarire nessuno se non ero in grado di curare neanche me stessa. Che sarei stata veramente disonesta e presuntuosa nel cercare di guarire persone quando ero io la prima a stare male e a rifiutare ostinatamente ogni cura. È come quando un fumatore dice ad un altro di smettere di fumare: che credito si può dare a una persona che dice che fumare fa male e bisogna smettere di farlo, quando lei per prima si brucia un pacchetto al giorno? Non solo la credibilità di questa persona è meno che zero, ma essa diventa anche incredibilmente patetica. Dunque, io mi trovavo nella stessa situazione. Come potevo pretendere d’indossare un camice bianco e di dire agli altri cosa fare per guarire stando io per prima orgogliosamente seduta su un lettino d’ospedale?
Così ho deciso di provare seriamente a migliorare la mia relazione con il cibo. A mettere veramente in discussione tutte le illusioni che con la restrizione mi ero creata. Ho cominciato a seguire davvero le dosi prescritte dall’ “equilibrio alimentare”. Certo, all’inizio è stato maledettamente difficile. Continuavo a ripetermi che dovevo pensare al cibo come a una medicina, un qualcosa la cui assunzione è sgradevole ma che poi farà stare meglio. E, a poco a poco, ho imparato a mettere a punto strategie su cui lavorare per non cedere di nuovo alle lusinghe della restrizione. Ho imparato a prendere le distanze dal cibo senza considerarlo più il mio peggior nemico. Ho imparato a chiudere gli occhi e a mandare giù. Può sembrare semplice, ma richiede tanto lavoro e tanta forza di volontà. Non è un percorso che si può iniziare essendo “mah, abbastanza convinta” – come lo ero io dopo i miei svariati ricoveri – ma bisogna volerlo al 200%. E fa male mettersi davanti al piatto e dire: “Okay, adesso devo magiare tutto ciò che c’è qua sopra”, ve lo posso assicurare. Ma nel momento in cui siete riuscite a mangiare tutto e sapete di aver fatto la cosa giusta, nel momento in cui non avete ceduto all’impulso della restrizione dicendo “NO” forte e chiaro ad ogni tentazione anoressica, allora vi potrete sentire forti. Forti davvero. Molto più forti di quanto vi sentivate restringendo.
E poi, una valvola di sfogo. Sì, una valvola di sfogo che non sia il cibo. Ognuna trova la propria. Per me sono state la scrittura, il disegno e il karate. Che mi hanno aiutata, mi hanno salvata, mi hanno incanalata nella giusta direzione e mi ci hanno mantenuta. Mi hanno aiutato a non restringere ancora. Beninteso, non sono perfetta, qualche strappo alla regola l’ho fatto e tuttora può capitarmi, ma cerco di fare del mio meglio. Ho provato a smettere di considerare il cibo come mio nemico, mi sono messa ad affrontarlo, ed ho tentato di abbracciarlo. Sto ancora tentando di farlo. Ed è difficile. Mi fa paura. Non mi piace.
Però, andando avanti, mi sono accorta di una cosa: che più la terapia prosegue, più mi dimentico del cibo. Mi focalizzo piuttosto su tutti quegli aspetti dell’anoressia che non sono strettamente collegati al cibo. Perché il problema alimentare non è che la punta dell’ice-berg. I miei veri problemi vanno molto oltre il cibo. Che non può, quindi, distruggermi. E che, dunque, non ha il potere di distruggere nessuna di voi.
Leggendomi dentro con oggettività ed onestà, sono riuscita a capire molto cose di me stessa. E così ho iniziato a sentirmi meglio. Ho smesso automaticamente di focalizzarmi sul cibo, senza neanche rendermene contro, perché la mia testa era impegnata a fronteggiare altri problemi ben più seri ed importanti. Ho cercato di smettere di fare checking. E all’inizio è stato estremamente difficile perché sentivo di avere bisogno di fare checking. Ma poi mi sono accorta che, dicendomi “NO!” ogni volta che mi veniva voglia di farlo, e quindi non facendolo, ho iniziato a pensarci sempre meno e la tentazione se n’è andata da sola. Niente di che, ma un primo passo. Mi va bene così. Non mi sveglio cantando, però mi sveglio. È un inizio.
E sono assolutamente sicura che tutte voi possiate riuscire a fare quello che ho fatto io – a fare persino molto meglio di me! – ma dovete lavorarci su. Dovete cercare di essere forti e di non permettervi di cedere. E, col passare del tempo, vedrete che sarà sempre più facile e che le cose andranno a posto spontaneamente. Non sarete sempre schiave dei disturbi alimentari, se non lo volete. E lasciate che ve lo dica: senza le mani o una bilancia che vi dicano come sentirvi, potrete veramente iniziare ad ascoltare voi stesse. E vi conoscerete come non vi siete mai conosciute prima. E vi sentirete bene. E vi sentirete libere. E vi accorgerete che è una felicità diversa da quella che vi dava la restrizione, ma che è comunque una bella felicità. E vi sentirete vive.
Adesso io mangio seguendo il mio “equilibrio alimentare”. E cerco di non pensarci troppo. Non è divertente, ma è necessario. Non è poi così terribile se non ci penso troppo. Certo, ci sono momenti in cui provo tanta ansia, preoccupazione, panico, momenti di stress e momenti in cui mi sento a disagio col mio corpo, ma tiro avanti. Forse io e il cibo non siamo ancora amici. Ma non siamo neanche acerrimi nemici.
Cammino a fatica, ho paura di ricadere, di poter rifare gli stessi errori, eppure anche se guadagno peso mi accorgo che non è così terribile come mi sembrava fosse nei primi tempi. Il mio riflesso allo specchio si normalizza, non è più così terrificante. Non posso dire che mi piaccio, ma posso dire che non mi detesto. È un corpo diverso da quello che avevo TOT chili in meno fa, ma è comunque il mio corpo. Perciò devo cercare di sfruttarlo nel miglior modo possibile. Mi sento come una persona diversa, ma non in negativo. E ne sono contenta.
Cerco di non concentrarmi troppo su ciò che gli altri potrebbero dire e pensare di me, e lo trovo difficile ma ci sto provando. Forse, per quello che è il mio carattere, non riuscirò mai a fregarmene del tutto di ciò che gli altri possono pensare di me, ma posso provare a pensare che, in realtà, si tratta per lo più di mie costruzioni mentali, di pensieri che sono io ad attribuire agli altri, perché in realtà loro pensano a me molto meno di quello che credo. Anzi, in realtà non ci pensano quasi mai, questa è la verità. Forse perché sono troppo concentrati su quello che io potrei pensare di loro.
Sto facendo un passo dopo l’altro. Sto cercando di abbracciare il cibo. Di mangiarlo non perché devo, ma perché voglio. Per nutrirmi. Per essere in salute.
Perciò anche voi potete avere una relazione positiva coll’alimentazione. Come? Ve l’ho appena scritto. Ma le parole non sono fatti, e i fatti sono molto più complicati e duri delle parole. Dovete solo volerlo veramente. E ricordate che non è un qualcosa che succede dall’oggi al domani, ma che per vincere un disturbo alimentare ci vogliono anni ed anni. Forse tutta la vita. Ma l’importante è continuare a lottare.
Dovete combattere per voi stesse… quando vi sentirete pronte a farlo… Io posso dirvi solo una cosa: ne vale la pena.
Poiché anoressiche e/o bulimiche, c’è ovviamente stato un momento nel passato di ciascuna di noi in cui ci è sembrato che controllando l’alimentazione avessimo potuto controllare ogni aspetto della nostra vita. Un momento in cui l’alimentazione ci ha fatto sentire da dio o uno schifo. C’è chi, come me, ha ristretto. C’è chi si è abbuffata. C’è chi ha digiunato. C’è chi ha vomitato. C’è chi ha usato lassativi. Ma perché ci siamo focalizzate sul cibo? Perché è questo il punto, non è vero? Perché proprio sul cibo? Perché, in fin dei conti, il cibo è come una qualsiasi altra cosa: c’è chi usa l’alcol, chi la droga, chi il gioco d’azzardo.
Dipendenza. Vizi. Abitudini. Modi per scaricare l’ansia. Qualsiasi cosa siano – comunque vogliate chiamarli – possono diventare distruttivi. Perciò ci vuole tempo, pazienza, forza, coraggio e volontà… ma possiamo imparare a convivere con i disturbi alimentari, senza lasciare che questi abbiano la meglio su di noi come per un certo periodo di tempo più o meno lungo ci è sicuramente successo.
Parlo per esperienza. Scaglio la prima pietra e sono dunque la prima ad ammettere che ho ristretto, che ci sono stati mesi in cui mangiavo pochissimo. Ed esercitare questo controllo sull’alimentazione, vedere che riuscivo dove molte altre ragazze fallivano, abbandonando le loro diete dopo pochi giorni o poche settimane, riuscire a restringere senza cedere mai neanche una volta, mi faceva sentire forte, soddisfatta, sicura. Restringere era una cosa in cui riuscivo straordinariamente bene, quindi una cosa che mi faceva sentire diversa dagli altri, che mi faceva sentire speciale che, in un certo senso, mi faceva sentire migliore. Perché, in fin dei conti, tutta l’essenza della restrizione è il controllo. Se senti di avere il controllo, ti senti onnipotente. E non ti accorgi che in realtà non sei tu che stai controllando l’alimentazione, ma il cibo che sta controllando te, perché hai la sensazione di avere il mondo nelle tue mani, di sapere esattamente quello che stai facendo e perché lo stai facendo. Io mi sentivo esattamente così. Nel mio piccolo mondo, nel mio simulacro di perfezione, celavo tutte le mie debolezze e le mie insicurezze dietro un controllo apparente per costruirmi una favola che era inevitabilmente destinata a fallire. Posso dire di non essermi mai sentita bene come in quel periodo, è vero, ma stavo guidando contromano in una strada senza uscita. Fino a che c’era terreno continuavo ad andare a tavoletta ed era tutto ciò che mi faceva sentire viva. Però tutto quello che mi aspettava era un muro.
Ovviamente, dunque, anche se in quel momento non me ne rendevo conto, non stavo controllando né l’alimentazione né il mio peso. Tant’è che, alla fine, la mia magrezza si è fatta così evidente che sono stata mandata da una dietista e poi da una psichiatra che ha deciso di ricoverarmi. È stato il mio primo ricovero, e non ero consenziente. Vi lascio immaginare. Mi era stato assegnato un “equilibrio alimentare”, una dieta in cui c’erano scritte le quantità di tutti i vari cibi che dovevo mangiare, e che naturalmente mi riguardavo bene di rispettare. Decisamente, avevo un pessimo rapporto con l’alimentazione in quel momento: vedevo ogni cibo come mio nemico, come un qualcosa che cercava di togliermi ogni possibilità di esercitare il mio controllo, di sentirmi forte, di sentirmi bene. Così ho continuato a restringere ed ho perso altro peso. Ma c’era già qualcosa che si era incastrato. Così mi sono guardata intorno e mi sono accorta che la vetta che credevo di aver raggiunto era in realtà il fondo di un abisso.
E così mi sono resa conto che c’erano tre cose che avrei potuto fare. Morire, il che a quel punto sarebbe stato veramente il minore dei mali, continuare a restringere e vedere quale sarebbe stato il limite minimo che mi avrebbe portato direttamente in ospedale perdendo veramente ogni possibilità di controllo, oppure scegliere volontariamente di ricoverarmi di nuovo nel centro specializzato per DCA in cui ero stata.
Dunque, mi trovavo come di fronte ad un incrocio. Non volevo che tutto mi sfuggisse dalle mani. Ma non volevo neanche mangiare e perdere la mia illusione di onnipotenza. Non volevo ricoverarmi. Ma volevo stare meglio. Non volevo far soffrire gli altri. Ma non volevo neanche essere io a soffrire. Non volevo essere prigioniera dell’anoressia. Ma non volevo neanche lasciarla perché era l’unica cosa che conoscevo, per quanto fosse distruttiva era l’unica cosa che mi aveva fatto sentire veramente bene, l’unica cosa che mi aveva dato un senso. Capivo che non era “normale”, che ci sarebbe stato molto altro che la vita sarebbe stata in grado di darmi se mi fossi distaccata dal sintomo, che quella che stavo vivendo non era una vera vita, ma non riuscivo a rinunciare al senso di controllo, di sicurezza, di forza che la restrizione mi dava. Non riuscivo a rinunciare al modo in cui mi faceva sentire speciale.
E sono stata ferma di fronte a questo incrocio per più di 5 anni. Non andavo avanti né tornavo indietro, ero bloccata lì in mezzo. 5 anni di ricoveri, un continuo dentro-fuori dettato dal fatto che continuavo a preferire la parola alla destra del trattino e dalla mia non completa convinzione a volermi distaccare dall’anoressia. Passavo qualche mese in clinica, e mi sembrava di stare meglio, di essere più motivata, ma come uscivo, nel giro di poche settimane riprendevo a fare gli stessi errori. Non era veramente cambiato niente, perché io non ero veramente convinta di volere che le cose cambiassero. Non riuscivo a vedere l’anoressia come un qualcosa di negativo, dati tutti i sentimenti positivi che, bene o male, era riuscita a farmi provare. A volte ci penso ancora. Ma ad un certo punto mi sono guardata allo specchio e mi sono accorta che non ero più l’adolescente alla ricerca della vera se stessa o di quello che potevo mai stare cercando. Che dovevo smetterla di far finta che la mia vita non fosse ancora cominciata. La verità era che ne avevo già consumata almeno il 25%. Mi ero già bevuta la panna.
Inoltre, mi sono accorta di un’altra cosa estremamente importante. Che non avrei potuto fare niente di tutto quello che mi ero prefissa se prima non mi fossi distaccata dalla restrizione. Che non avrei potuto guarire nessuno se non ero in grado di curare neanche me stessa. Che sarei stata veramente disonesta e presuntuosa nel cercare di guarire persone quando ero io la prima a stare male e a rifiutare ostinatamente ogni cura. È come quando un fumatore dice ad un altro di smettere di fumare: che credito si può dare a una persona che dice che fumare fa male e bisogna smettere di farlo, quando lei per prima si brucia un pacchetto al giorno? Non solo la credibilità di questa persona è meno che zero, ma essa diventa anche incredibilmente patetica. Dunque, io mi trovavo nella stessa situazione. Come potevo pretendere d’indossare un camice bianco e di dire agli altri cosa fare per guarire stando io per prima orgogliosamente seduta su un lettino d’ospedale?
Così ho deciso di provare seriamente a migliorare la mia relazione con il cibo. A mettere veramente in discussione tutte le illusioni che con la restrizione mi ero creata. Ho cominciato a seguire davvero le dosi prescritte dall’ “equilibrio alimentare”. Certo, all’inizio è stato maledettamente difficile. Continuavo a ripetermi che dovevo pensare al cibo come a una medicina, un qualcosa la cui assunzione è sgradevole ma che poi farà stare meglio. E, a poco a poco, ho imparato a mettere a punto strategie su cui lavorare per non cedere di nuovo alle lusinghe della restrizione. Ho imparato a prendere le distanze dal cibo senza considerarlo più il mio peggior nemico. Ho imparato a chiudere gli occhi e a mandare giù. Può sembrare semplice, ma richiede tanto lavoro e tanta forza di volontà. Non è un percorso che si può iniziare essendo “mah, abbastanza convinta” – come lo ero io dopo i miei svariati ricoveri – ma bisogna volerlo al 200%. E fa male mettersi davanti al piatto e dire: “Okay, adesso devo magiare tutto ciò che c’è qua sopra”, ve lo posso assicurare. Ma nel momento in cui siete riuscite a mangiare tutto e sapete di aver fatto la cosa giusta, nel momento in cui non avete ceduto all’impulso della restrizione dicendo “NO” forte e chiaro ad ogni tentazione anoressica, allora vi potrete sentire forti. Forti davvero. Molto più forti di quanto vi sentivate restringendo.
E poi, una valvola di sfogo. Sì, una valvola di sfogo che non sia il cibo. Ognuna trova la propria. Per me sono state la scrittura, il disegno e il karate. Che mi hanno aiutata, mi hanno salvata, mi hanno incanalata nella giusta direzione e mi ci hanno mantenuta. Mi hanno aiutato a non restringere ancora. Beninteso, non sono perfetta, qualche strappo alla regola l’ho fatto e tuttora può capitarmi, ma cerco di fare del mio meglio. Ho provato a smettere di considerare il cibo come mio nemico, mi sono messa ad affrontarlo, ed ho tentato di abbracciarlo. Sto ancora tentando di farlo. Ed è difficile. Mi fa paura. Non mi piace.
Però, andando avanti, mi sono accorta di una cosa: che più la terapia prosegue, più mi dimentico del cibo. Mi focalizzo piuttosto su tutti quegli aspetti dell’anoressia che non sono strettamente collegati al cibo. Perché il problema alimentare non è che la punta dell’ice-berg. I miei veri problemi vanno molto oltre il cibo. Che non può, quindi, distruggermi. E che, dunque, non ha il potere di distruggere nessuna di voi.
Leggendomi dentro con oggettività ed onestà, sono riuscita a capire molto cose di me stessa. E così ho iniziato a sentirmi meglio. Ho smesso automaticamente di focalizzarmi sul cibo, senza neanche rendermene contro, perché la mia testa era impegnata a fronteggiare altri problemi ben più seri ed importanti. Ho cercato di smettere di fare checking. E all’inizio è stato estremamente difficile perché sentivo di avere bisogno di fare checking. Ma poi mi sono accorta che, dicendomi “NO!” ogni volta che mi veniva voglia di farlo, e quindi non facendolo, ho iniziato a pensarci sempre meno e la tentazione se n’è andata da sola. Niente di che, ma un primo passo. Mi va bene così. Non mi sveglio cantando, però mi sveglio. È un inizio.
E sono assolutamente sicura che tutte voi possiate riuscire a fare quello che ho fatto io – a fare persino molto meglio di me! – ma dovete lavorarci su. Dovete cercare di essere forti e di non permettervi di cedere. E, col passare del tempo, vedrete che sarà sempre più facile e che le cose andranno a posto spontaneamente. Non sarete sempre schiave dei disturbi alimentari, se non lo volete. E lasciate che ve lo dica: senza le mani o una bilancia che vi dicano come sentirvi, potrete veramente iniziare ad ascoltare voi stesse. E vi conoscerete come non vi siete mai conosciute prima. E vi sentirete bene. E vi sentirete libere. E vi accorgerete che è una felicità diversa da quella che vi dava la restrizione, ma che è comunque una bella felicità. E vi sentirete vive.
Adesso io mangio seguendo il mio “equilibrio alimentare”. E cerco di non pensarci troppo. Non è divertente, ma è necessario. Non è poi così terribile se non ci penso troppo. Certo, ci sono momenti in cui provo tanta ansia, preoccupazione, panico, momenti di stress e momenti in cui mi sento a disagio col mio corpo, ma tiro avanti. Forse io e il cibo non siamo ancora amici. Ma non siamo neanche acerrimi nemici.
Cammino a fatica, ho paura di ricadere, di poter rifare gli stessi errori, eppure anche se guadagno peso mi accorgo che non è così terribile come mi sembrava fosse nei primi tempi. Il mio riflesso allo specchio si normalizza, non è più così terrificante. Non posso dire che mi piaccio, ma posso dire che non mi detesto. È un corpo diverso da quello che avevo TOT chili in meno fa, ma è comunque il mio corpo. Perciò devo cercare di sfruttarlo nel miglior modo possibile. Mi sento come una persona diversa, ma non in negativo. E ne sono contenta.
Cerco di non concentrarmi troppo su ciò che gli altri potrebbero dire e pensare di me, e lo trovo difficile ma ci sto provando. Forse, per quello che è il mio carattere, non riuscirò mai a fregarmene del tutto di ciò che gli altri possono pensare di me, ma posso provare a pensare che, in realtà, si tratta per lo più di mie costruzioni mentali, di pensieri che sono io ad attribuire agli altri, perché in realtà loro pensano a me molto meno di quello che credo. Anzi, in realtà non ci pensano quasi mai, questa è la verità. Forse perché sono troppo concentrati su quello che io potrei pensare di loro.
Sto facendo un passo dopo l’altro. Sto cercando di abbracciare il cibo. Di mangiarlo non perché devo, ma perché voglio. Per nutrirmi. Per essere in salute.
Perciò anche voi potete avere una relazione positiva coll’alimentazione. Come? Ve l’ho appena scritto. Ma le parole non sono fatti, e i fatti sono molto più complicati e duri delle parole. Dovete solo volerlo veramente. E ricordate che non è un qualcosa che succede dall’oggi al domani, ma che per vincere un disturbo alimentare ci vogliono anni ed anni. Forse tutta la vita. Ma l’importante è continuare a lottare.
Dovete combattere per voi stesse… quando vi sentirete pronte a farlo… Io posso dirvi solo una cosa: ne vale la pena.
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