Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

mercoledì 30 dicembre 2009

La conquista più importante

Ormai siamo giunte alla fine dell’anno, e tirarne le somme credo sia inevitabile.
Spero che, nonostante tutte le difficoltà affrontate, il bilancio dell’anno appena trascorso sia per tutte voi tutto sommato positivo.

Io ho iniziato questo 2009 timorosa di non riuscire a portare avanti la mia battaglia contro l’anoressia per tutto l’anno, timorosa di potermi stancare, di potermi arrendere, di poter mollare… e adesso, nonostante tutto, mi guardo indietro e vedo che non mi sono fermata. Non avrò fatto chissà quanta strada, ma sicuramente ho fatto dei passi avanti, e questa credo sia a cosa più importante.

Provate a chiedervi: qual è la più importante conquista che avete fatto quest’anno nella lotta contro l’anoressia?

Personalmente, potrei rispondere a questa domanda dicendo: il silenzio. Una scoperta veramente catartica. Rimanere in silenzio per cercare di ascoltare la mia vera voce. Ho scoperto quanto il silenzio possa essere terapeutico. Ho cercato di guardare dentro me stessa con onestà, e di non lasciarmi fregare dalle false soluzioni – nient’altro che palliativi – offertemi dall’anoressia. Nel silenzio ho provato a cercare di comprendere cosa desiderassi veramente io per me stessa, per il resto della mia vita. E ho tentato di capire come potessi agire da quel momento in poi per realizzarlo. Non ci sono stati grandi cambiamenti, nessun fuoco d’artificio, però qualcosa ha iniziato a smuoversi. E’ un inizio.

Altra conquista che ho fatto in quest’anno: la gratitudine. Ho provato a mettere sul piatto della bilancia tutte le cose positive che ci sono state, anziché focalizzarmi, com’è più facile fare, su quelle negative. Così, piuttosto che pensare alle mie cicatrici, ho pensato alla gratitudine che ho provato nei confronti delle persone che mi sono state vicine senza temere quelle cicatrici. Anziché deprimermi per le invitabili ricadute e per quello che non sono riuscita a compiere, sono stata grata per i piccoli progressi che ho fatto. Sono stata grata persino alle esperienze negative, alle cadute, alle scivolate, perché mi hanno permesso di testare me stessa trovando la forza di rialzarmi ogni volta.

Quanto all’anoressia, ho fatto del mio meglio per cercare di essere grata anche a questo tipo di vissuto; sebbene ciò non significhi che non mi sia comunque sentita in colpa per quello che ho fatto.
“Perché ho dovuto affrontare questo?” – mi sono chiesta.
“Perché non avrei dovuto affrontarlo?” – ho tuttavia realizzato.
E la risposta è già tutta qui, nella domanda.

Tutte noi affrontiamo battaglie, quotidianamente. C’è chi combatte contro l’anoressia, chi contro la bulimia, chi contro il binge, chi contro l’autolesionismo, chi contro la depressione, chi contro la droga, chi contro le piccole difficoltà quotidiane. La cosa importante è riuscire a trarre qualcosa da ogni tipo di lotta, qualcosa che ci faccia ragionare, che ci permetta di continuare ad andare avanti a testa alta, che ci faccia crescere come persone. Perché anche nel mezzo della peggiore delle tempeste sappiamo che l’acqua prima o poi finirà, le nuvole si diraderanno, e il sole tornerà a brillare.
E siamo solo noi il vento che renderà possibile tutto questo.

Buoni propositi per l’anno nuovo? Nessuno, poiché stilare una lista fa solo venire ansia e fa sentire in colpa nel momento in cui non dovessimo riuscire ad attenervisi. L’unico buon proposito da fare è semplicemente continuare ad andare avanti. Con tutta la grinta che riusciamo a tirare fuori, tutte le armi che possiamo utilizzare, tutto il coraggio che saremo capaci di alimentare. Tutto il resto non conta.

Auguro a tutte voi quanta più serenità possibile nell’imminente 2010, e spero che non dobbiate combattere troppo per ottenerla!

domenica 27 dicembre 2009

Il plateau infinito

Generalmente, percorrere la strada del ricovero è come andare sulle montagne russe: un tragitto pieno di salite e discese, curve e giri della morte. Lo sappiamo. Lo capiamo. Lo sentiamo. Lo viviamo. C’è, tuttavia, una meno nota parte di ogni percorso di ricovero che io chiamo “il plateau”.

Il plateau è quello che mette veramente alla prova la nostra resistenza. Inevitabilmente, durante un percorso di ricovero, arriva un momento in cui tutto sembra avere un andamento costante – non va peggio ma non va neanche meglio – e questo continua per un bel po’ di tempo. Ciò ci fa sentire come se fossimo… in un punto di stallo.
E questo fa montare un incredibile nervoso.
Fa domandare se ci sia un posto dove possiamo avere una vista migliore, o se abbiamo già raggiunto la vetta.

Be, lasciate che ve lo dica, adesso: non l’abbiamo raggiunta. Arrivare al plateau è una buona cosa sotto un sacco di punti di vista, poiché raggiunto quel punto svanisce la costante preoccupazione di poter avere una ricaduta da un momento all’altro. Svanisce l’idea di poter tornare al punto di partenza come se tutti i progressi fatti sparissero come neve al sole. Non si è più unicamente focalizzate sul tenerci sulla giusta strada giorno dopo giorno. Abbiamo raggiunto un primo traguardo. Abbiamo fatto progressi. Stiamo andando bene.

Tuttavia…

Ogni giorno adesso sembra uguale a tutti gli altri. Stiamo OKAY, ma non stiamo BENE. Non ci sentiamo veramente libere. E la cosa peggiore in tutto questo è che più niente sembra poter cambiare. Per quanto possiamo affannarci, per quanto possiamo pensare a qualcosa da fare per smuovere la situazione, continuiamo a sentirci le stesse giorno dopo giorno. E s’inizia a chiederci: che senso ha? E’ QUESTO ciò per cui sto lavorando? E’ QUESTA la meta finale della strada del ricovero?

NO.

Nelle migliori storie, “tutti vissero felici e contenti”… perciò, se non siete felici e contente, questa non è ancora la fine.

La strada del ricovero non ha una meta. Non potrete mai dire di essere arrivate. È un percorso che dura tutta la vita. È così lunga che non potete vedente il termine a occhio nudo. Ma quando vi troverete a comparare, per esempio, il giorno 88 con il giorno 1749, vedrete che c’è una netta differenza. Capire cosa intendo dire? Le differenze non possono essere notate su base giornaliera, paragonando ieri e oggi, ma a lunga gittata vi accorgerete che le differenze ci sono. Ci sono eccome.

Il plateau non è eccezionale. Ma è stabile. E per fortuna. Credetemi. Non sarà la massima realizzazione, ma lasciate che ve lo dica: è un ottimo risultato rispetto all’essere immerse fino al collo nell’anoressia in ogni momento del giorno e della notte. E alla fine di quello che sembra essere un plateau infinito… quando l’avrete percorso tutto… troverete una discesa. E tutto quello che dovrete fare sarà saltare dentro la libertà che questa potrà darvi. Niente montagne da scalare. Niente buche da saltare. Solo una discesa. E sicuramente avrete modo di guardarvi intorno e di notare le meraviglie che la vita vi mette accanto ma che l’anoressia v’impediva di vedere.

Abbiate pazienza con voi stesse, e continuate a combattere. Il plateau è solo una parte della strada del ricovero. Non è già tutto finito… il meglio è quello che deve ancora venire!!

giovedì 24 dicembre 2009

Vigilia in positività

Dato che siamo in procinto di affrontare il Natale, un giorno difficile per tutte, oggi voglio semplicemente provar a darvi una frase positiva sulla quale riflettere. Magari, se ve la scrivete su un Post-It e la rileggete quando sentite che di fronte alla situazione natalizia state per cedere, può fungere da piccolo sostegno positivo per continuare a tener duro…

Quindi, la frase che oggi voglio condividere con voi è:

“NO ONE CAN GIVE YOU FREEDOM BUT YOU”

Perchè un DCA è un qualcosa che nasce da noi, e quindi siamo solo noi a decidere come e quando potercene liberare. L’anoressia ha molto significati, e sono quelli su cui bisogna scavare per scoprire la propria chiave personale per lavorare sul DCA.

A differenza di quello che la maggior parte della gente che non ha mai vissuto l’anoressia può pensare, un DCA non è semplicemente un ossessione per l’aspetto fisico e per la magrezza. Questa è solo l’infinitesima punta dell’ice-berg, ma dietro si nasconde un mondo. L’anoressia è ben oltre, ben altro che un problema di accettazione del proprio corpo: è un problema di accettazione della persona che siamo. Che siamo interiormente, non esteriormente.

Per questo è importante cercare di capire cos’è che non va in noi, cos’è che non ci piace di noi stesse, per poterci lavorare su. Non si può “guarire” dall’anoressia nel senso canonico del termine, ma si può “guarire” da noi stesse. Ed è una cosa che sono noi possiamo fare.
Perché più che il cibo, io credo sia la vita ciò di cui si ha fame.

Un piccolo disegno di buon Natale per tutte voi…
(click sull'immagine per ingrandire)

lunedì 21 dicembre 2009

Affrontare il Natale

Indubbiamente, sotto certi punti di vista, il Natale è un momento stressante per tutti. A maggior ragione può esserlo per chi ha un DCA, poiché il Natale ci mette di fronte ad una situazione indubbiamente ansiogena.

In questo post voglio perciò provare a suggerirvi qualche piccola strategia per riuscire ad affrontare il Natale senza essere vinte dall’anoressia. Come al solito, nessuna garanzia di funzionalità al 100%, semplicemente dei piccoli passi che si possono fare per provare ad aiutarci ad affrontare questa situazione difficile e stressate senza darla vinta al DCA.

È indubbiamente difficile doversi riunire con la propria famiglia al completo di fronte alla tavola da pranzo. Questa è indiscutibilmente un’ardua prova che ci si trova a dover affrontare nel momento in cui si deve mangiare di fronte ad altre persone, delle quali magari neanche tutte sanno del nostro DCA. Una situazione di questo tipo ci fa sentire esposte, fragili, osservate, colpevoli, ansiose, impaurite; e questo può farci venir voglia di piangere, di gridare, di alzarci da tavola e chiuderci nella nostra stanza, il che però finisce per peggiorare le cose e farci sentire ancora peggio a causa del senso di colpa per aver “rovinato” l’atmosfera familiare natalizia. Del resto, è estremamente difficile riuscire a tollerare la pressione delle persone che ci stanno accanto e ci osservano mangiare o commentano quello che mettiamo nel piatto.

Quindi, proviamo ad individuare quelle che sono le maggiori difficoltà e “situazioni di rischio” che caratterizzano il Natale:
- La necessità di dover mangiare insieme a tutta la famiglia
(In una situazione del genere, inevitabilmente ci saranno persone che commenteranno sul vostro aspetto fisico e su come e quanto mangiate. Questo finisce per essere incredibilmente stressante, e per condizionare il comportamento nei confronti del cibo e la percezione corporea.)
- Non essere felici e gioiose come gli altri si aspetterebbero fossimo
- Dover sottostare a quelli che sono i commenti altrui sull’aspetto fisico e sulle abitudini alimentari
- L’imbarazzo nei confronti di quello che gli altri dicono o di quello che, viceversa, non dicono, ma fanno percepire ugualmente
- La sensazione d’inadeguatezza nei confronti delle persone che ci circondato, la sensazione di essere fuori posto, e l’ansia che ne consegue

Che cos’è che possiamo fare per aiutarci?
Possiamo provare ad elaborare qualche strategia che può essere utile ad affrontare il Natale. Ovviamente siamo tutte persone diverse, quindi quello che può essere utile per una può non essere funzionale per un’altra, per questo motivo vi consiglio di fare più tentativi al fine di trovare quello che può esservi più congeniale.
- Può aiutare informare le persone con cui dovrete passare il Natale a proposito del DCA: provate a dir loro come vi fanno sentire determinati commenti sull’aspetto fisico, e quanto possono essere disfunzionali le loro osservazioni su quanto/cosa mangiate
- Provate a spiegare alle persone con cui dovrete passare il Natale, in cosa consiste veramente un DCA, dato che per lo più le persone che non l’hanno vissuto in prima persona ne hanno un’idea distorta, magari basata su quello che hanno sporadicamente sentito dire in TV, e questo non aiuta
- Provate a concentrarvi sul fatto che le opinioni altrui sono meno importanti di quello che pensate voi di voi stesse: se non assecondate il DCA e cercate di mangiare con regolarità anche a Natale, voi sapete di aver fatto la cosa giusta, quindi non curatevi dei commenti altrui
- Se siete a tavola e la conversazione comincia a diventare per voi ansiogena, provate a dirottarla subito verso altri argomenti
- Scrivetevi qualche frase positiva su dei Post-It, e metteteveli in tasca. Qualora la situazione dovesse farsi particolarmente difficile, provate a leggerli e a ripetervi la frase che c’è scritta sopra finché non l’avrete fatta vostra

Inoltre, voglio provare a darvi qualche piccolo suggerimento a proposito del pranzo e della cena di Natale.

Cosa fare prima del pasto?
Preparatevi la vostra porzione. Secondo quanto prescritto dal vostro “regime alimentare” se siete seguite da una dietista, oppure cercando di fare un pasto equilibrato che vi consenta di acquisire tutti I nutrienti necessari. Decidere quanto e cosa mangiare in anticipo può togliervi l’ansia del dovervi prendere la porzione sul momento, limitando quindi questo tipo di stress. Potrebbe essere ancora più semplice se le portate non vengono servite direttamente a tavola ma dal piano cottura, così voi potrete prendere la vostra dose prestabilita senza che nessuno possa commentare mentre la prelevate.

Cosa fare durante il pasto?
Durante il pasto può essere utile parlare di argomenti di vita comune che non hanno niente a che fare col cibo o col corpo: questo può avere il duplice vantaggio di non farvi concentrare su quello che avete nel piatto, facendovelo mangiare con più tranquillità, e di non far cadere la conversazione su argomenti per voi ansiogeni.

Cosa fare dopo il pasto?
Inevitabilmente, anche se si segue un “regime alimentare” redatto da una dietista, mangiare insieme a tutta la famiglia riunita per il Natale finisce comunque per essere stressante e per dare la sensazione di aver comunque mangiato in maniera “sbagliata”. Perciò, nel momento in cui vi alzate da tavola, provate a mettere per iscritto quali sono i vostri sentimenti, sfogandoli senza tenerveli dentro, dove vengono ingigantiti fino a farvi sentire ancora peggio. Fate qualsiasi cosa che possa distrarvi: ascoltate la musica, guardate un DVD, uscite a fare una passeggiata, telefonate ad un’amica, guardate qualche video buffo e divertente su YouTube, andate a fare un giro in auto, etc…

E anche se le cose non vanno come avreste voluto, non siate troppo severe con voi stesse: il cedimento di un giorno non è assolutamente sinonimo di un fallimento perenne. Consideratelo come un “errore di percorso”, e continuate comunque ad andare avanti senza avercela con voi stesse per quel che è successo. Se è vero che a Natale siamo tutti più buoni, allora proviamo ad esserlo anche con noi stesse…

venerdì 18 dicembre 2009

Domanda #10: Le armi del ricovero

La 10^ domanda è quella di una ragazza che preferisce rimanere anonima e che scrive:

“Io non posso (per delle buone ragioni) rivelare ai miei genitori che ho un DCA. Per questo motivo, anche se credo ne avrei bisogno, non posso richiedere un ricovero in un centro specializzato, o loro lo verrebbero a sapere. Quali armi pensi potrei utilizzare, data questa mia situazione, che mi potrebbero aiutare nel dover operare da sola il ricovero?”

Bene, non mi metterò a discutere con te riguardo quelle che tu dici essere delle “buone ragioni” per non rivelare ai tuoi genitori il tuo DCA, ma c’è una cosa che comunque voglio dirti: non sottovalutare i tuoi genitori. Con un DCA, hai bisogno di tutto l’aiuto possibile, soprattutto se non sei ancora un’adulta (accidenti, anche quando SEI un’adulta!) e se c’è anche una sola, minima, unica possibilità che loro possano essere supportivi, è una possibilità da cogliere al volo. Detto questo, non ti voglio assolutamente spingere a parlarne per forza con i tuoi dato che ovviamente non conosco la tua situazione familiare. Personalmente, penso che mi darebbe estremamente fastidio se qualcuno cercasse di darmi consigli senza conoscere i dettagli, quindi a questo proposito mi fermo qui ma, per favore, ricordati di questo: sarà sempre molto difficile utilizzare le armi del ricovero disponibili se devi tenere segreto il tuo DCA. Perché il più grande ostacolo alla strada del ricovero è proprio la segretezza. Il cuore dei DCA è il silenzio. Romperlo è veramente importante.

Dunque, quali sono le armi del ricovero da poter utilizzare nella tua situazione?

- Voglio essere sincera qui – l’arma principale è il supporto. Se non puoi in nessun modo parlare ai tuoi genitori del DCA, per favore trova qualcun altro con cui parlarne:
Uno psicoterapeuta, un’amica o un amico di cui ti fidi, un insegnante, un allenatore, un collega di lavoro, una qualsiasi persona che pensi possa esserti di supporto e d’aiuto. Qualcuno. Cercalo, raccontagli la tua storia, appoggiati a lui/lei affinché possa supportarti. Non è mai facile fare qualcosa da sole, e la strada del ricovero sarà decisamente più semplice se riesci a crearti una “rete di supporto” con altre persone.

Nota a margine: Per chiunque stia cercando una psicoterapia ma pensa che rivolgersi ad uno psicologo/psichiatra sia troppo costoso, sappiate che le USL sono una grande risorsa. Non storcete il naso prima di fare un tentativo. Gli psicoterapeuti della USL lavorano gratuitamente anche per una psicoterapia di lunga durata, per cui non avrete preoccupazioni da un punto di vista economico. Inoltre, la vostra privacy sarà totalmente tutelata. Non c’è niente che possa fermarvi dall’usare questa risorsa, no?!...

- ANAD. Qui si possono trovare gruppi di supporto on-line per persone con DCA, guidati da moderatori esperti nel campo dei disordini alimentari, e affiliati all’ANAD che sono detti “resource people”. Ciò significa che loro possono fornirti contatti ed informazioni a proposito dell’ANAD, dandoti nomi, numeri di telefono ed indirizzi e-mail di persone con cui poter parlare del DCA per farti dare una mano. Il tutto è in Inglese, ma se te la cavi con questa lingua provare a dare un’occhiata non guasta…

- Trova una via d’uscita, un’attività alternativa da opporre ai pensieri ossessivi che l’anoressia mette in testa. Scrivi. Disegna. Leggi. Fai fotografie. Ascolta musica. Guarda un DVD. Fai un giro in auto. Crea un blog. Telefona ad un’amica. Fai qualcosa che ti faccia sentire bene. Un po’ come ho suggerito QUI. Questo ti aiuterà a non scaricare rabbia, ansia e frustrazione sul tuo corpo, e ti aiuterà a capire come puoi prenderti cura di te stessa.

- Trova un gruppo di supporto. Prima ho citato l’ANAD, ma ce ne sono tanti simili nel web. Non implicano nessun tipo di ricovero o di psicoterapia, ma possono servire semplicemente come valvola di sfogo, il che è pure importante. Hanno anche un bonus: sono gratuiti, e non è obbligatorio rivelare la propria identità.

- Unisciti a un forum di lotta contro i DCA. Sono fermamente convinta che l’unione faccia la forza, quindi non c’è niente di meglio che il supporto reciproco tra persone che stanno combattendo contro lo stesso problema. Uno di questi, per esempio, è il Joy Project. Qui puoi trovare supporto, incoraggiamento per lottare, e fare progressi rimanendo comodamente a casa tua.

- Su YouTube ci sono molti video (oltre ai miei) che promuovono la lotta contro l’anoressia: guardarli giornalmente potrà servire a rafforzare la tua determinazione.

- Inoltre, se hai un po’ di tempo per dare un’occhiata a questo blog, potrai trovare diversi post che ho scritto in cui do suggerimenti sulle armi da usare nel ricovero. Per esempio, puoi dare un’occhiata QUI, QUI o QUI.

Tieni conto però dell’importantissimo fatto che NIENTE di tutto questo è sostitutivo né efficace al pari di medici specializzati nel trattamento di DCA, che ti consiglio comunque di consultare, se hai modo di farlo, perché sono veramente gli unici che possono dirti quali sono le cose giuste da fare nel tuo caso specifico.

Ad ogni modo, ti faccio un enorme in bocca al lupo. Percorrere la strada del ricovero è tremendamente difficile, ma ce la puoi fare. Te lo assicuro.

martedì 15 dicembre 2009

Calendario 2010

Consideratelo un po’ come se fosse un regalo di Natale che arriva con una decina di giorni d’anticipo. Consideratelo un po’ come se fosse un regalo di Natale che viene da noi stesse e che facciamo a noi stesse. Consideratelo un po’ come se fosse un piccolo augurio che ci aiuta a prenderci per mano – pur con tutti i chilometri che ci dividono fisicamente – e a starci vicine.

Questo viene da noi, questo è per noi, per voi, per tutti. La sottoscritta e altre 19 meravigliose Calendar Girls sono felici di presentarvi il nostro calendario del 2010.

E sappiate che anche se qui non ci sono le foto di tutte quante, è come se ci fossero. Perché quando si combatte insieme l’importante è rimanere unite in ogni qualsiasi modo.

Be strong, be a warrior, be a Calendar Girl, be yourself. As you’re YOUnique.

Qui sotto il link per scaricare il nostro calendario in formato .pdf.

CALENDARIO 2010

Chiunque voglia dare una mano nella diffusione è la benvenuta…

Qua vi metto le anteprime delle immagini che compongono i vari mesi del calendario, giusto per avere un insight… Click sopra ciascuna di esse per ingrandirla.

Questa è la bozza della copertina...

E queste le pics dei mesi...













Spero che il calendario vi piaccia e vi possa accompagnare con la sua carica di positività per tutto il 2010.

P.S.= Special thanks to Duccia & Annarita…

sabato 12 dicembre 2009

Fuori il vecchio, dentro il nuovo

Sbarazzatevi di ciò che vi tira indietro, dentro all’anoressia!

Che cosa avete superato (non in senso fisico, ovviamente...)? Pensateci. È assolutamente ovvio e normale SENTIRE LA MANCANZA di quello che si è superato, ma questo non cambia il fatto che l’abbiamo superato. Da qualche parte dentro di noi, sentiremo per sempre la mancanza dell’anoressia, per tutto quello che ci faceva provare. Ma questo non cambia il fatto che adesso stiamo lottando.

E allora, provando a vedere la cosa dalla parte opposta, di che cosa NON sentite la mancanza? Usate la risposta a questa domanda come un spinta verso una direzione positiva, come una spinta sulla strada del ricovero. Certo noi tutte ricordiamo giorni, mesi, e anche anni che non potremo mai cancellare dalla nostra mente. Magari a volte vi è persino capitato di desiderare di lavare via i ricordi di certi momenti vissuti in pieno DCA. Il punto è che NON è dimenticando queste cose che diventeremo persone più forti. Perciò, anche se certi ricordi fanno male, non cancellateli. Viceversa, provate a ricordare. E chiedetevi: “perché non sento la mancanza di quella cosa, di quel ricordo?”. E usate la risposta come arma per continuare ad andare avanti.

Per che cosa non siete ancora abbastanza pronte? Siate sempre oneste con voi stesse. È la cosa più importante. È assolutamente normale rendersi conto che ci sono certe cose per cui non siamo ancora pronte. Non si può essere pronte ad ogni cosa tutto insieme. È umanamente impossibile. Può essere comunque un risultato tangibile, anche se non siamo abbastanza pronte – perché abbiamo detto a noi stesse: Non sono pronta a questo PER IL MOMENTO.

Infine, quando a queste domande avrete risposto, ri-risposto, ed ancora risposto, fatevi la domanda più importante: Che cosa desiderate dalla vostra vita in futuro?
Che cosa state aspettando?
Domande a cui voi e solo voi potete e dovete rispondere.

mercoledì 9 dicembre 2009

Fare una scelta

Nel momento in cui si sceglie di percorrere la strada del ricovero, bisogna essere determinate a farlo, e metterci tutta la nostra volontà e la nostra ferma decisione. La strada del ricovero è un qualcosa in cui bisogna cercare di saltare a piè pari. So perfettamente che è tutt’altro che facile, poiché molto spesso si rimane indecise, incerte sul da farsi, “in the middle waiting”, come dice la canzone. Ci si rende conto che una vita in balia dell’anoressia in realtà non è vita, si capisce che le bugie dell’anoressia sono tali e non ci porteranno mai quanto promettevano, si realizza che non vogliamo che quella sia la nostra vita. Eppure ancora si esita, perché si ha paura di lasciare la strada vecchia per la nuova: i comportamenti dell’anoressia sono diventati una tale routine che, per quanto devastanti, rappresentano comunque una sicurezza che si teme di lasciare per affidarci all’ignoto. Eppure, quando ci si sente sul ciglio del fosso – non si vuole rimanere in balia dell’anoressia ma non si vuole neanche scegliere la strada del ricovero – la cosa migliore da fare è saltare. Fare una scelta.

Nella vita ci sono cose che non si possono scegliere e cose che si possono scegliere. Tra queste ultime, ci sono scelte che sono implicite, intuitive, che facciamo senza neanche rendercene conto: è una scelta non accettare il proprio corpo. È una scelta accettare che quello che noi pensiamo di noi stesse in negativo sia un dato di fatto inappellabile. È una scelta decidere che ogni comportamento distruttivo nei confronti di noi stesse è anche un’opzione.

Perciò, ragazze: scegliamo di combattere per accettare il nostro corpo.
Scegliamo di combattere i pensieri negativi che ci vengono su noi stesse – scegliamo di credere che non esistono dati di fatto inappellabili poiché la realtà si costruisce su basi soggettive.
Scegliamo di decidere che ogni comportamento distruttivo nei confronti di noi stesse non è MAI un’opzione.

Certo, chiedere aiuto è importante – e non è mai facile, neanche nel migliore dei casi. Ma, nel momento in cui ci legittimiamo a farlo, dobbiamo sempre tenere a mente che l’aiuto che ci deve venire dall’esterno non è quello che ci permette semplicemente di arrestare un comportamento, un atto meccanico come la restrizione alimentare, bensì la capacità di vedere questi comportamenti come un’opzione. Sostituire un comportamento distruttivo con un altro tipo di comportamento altrettanto distruttivo non è un’opzione. E non aiuta. Perché a quel punto non stiamo veramente cambiando – stiamo mollando.

Penso che, nei momenti in cui i comportamenti tipici del DCA spingono per fare capolino, sia molto importante fare esattamente il contrario di quello che la voce dell’anoressia ci suggerisce. Per esempio, se l’anoressia vi dice che il vostro peso non va bene, il primo impulso sarà quello di restringere oppure di fare attività fisica compulsiva. Ecco che, in momenti come questo, bisogna scegliere qualcosa di radicalmente differente: qualcosa che ci faccia stare bene con noi stesse. Scegliere di non percorrere più la strada distruttiva e a fondo cieco dell’anoressia, ma incamminarsi su un’altra via. La prima volta sarà difficilissimo, ovviamente… ma, a poco a poco, vi accorgerete che diventerà sempre meno duro. E vi accorgerete di stare meglio.

Lo so, è difficile venire a patti col proprio corpo. Ma nel momento in cui – magari grazie all’aiuto di una dietista/nutrizionista – ci stiamo alimentando in maniera adeguata senza farci del male, possiamo lavorare su noi stesse dicendoci: “Voglio che il mio corpo sia sano e che lavori nella maniera corretta, quale che sia il peso che mi permetterà di avere questo”. “Voglio avere sufficiente energia per muovermi e pensare, a prescindere da quante calorie questo comporterà di mangiare”.
Fate una scelta diversa da quella che vi suggerisce il DCA: così vi accorgerete che è possibile accettare il nostro corpo per quello che è, e trattarlo adeguatamente.
Cercate e continuate ad avere cura di voi stesse, perché siete tutto ciò che avete. Questo richiede un cambiamento radicale… ma TUTTE ce la possiamo fare.

domenica 6 dicembre 2009

Domanda #9: Guardare al passato e al futuro

La 9^ domanda cui rispondo, una domanda che in effetti si compone di più sotto-domande, è quella di Aileen. Che mi chiede:

“Come ci sente, quando si tocca il fondo? Fa male, molto male, ma… quanto? Perchè ti sei spinta in quella strada tempo fa? Com'era il tuo rapporto con te stessa in quel periodo? E ora, hai rimpianti?”

Okay, molte delle risposte a queste domande le puoi trovare nel post in cui racconto la mia storia.

Dacci un’occhiata, perché credo che qui potrai trovare la risposta ad alcuni dei tuoi dubbi: perché mi sono spinta nella strada dell’anoressia e com’era il mio rapporto con me stessa in quel periodo… nel post in cui racconto la mia storia ne parlo ampiamente, quindi t’invito a leggerlo.

Passo dunque alle altre domande.
Come ci si sente quando si tocca il fondo, e quanto fa male?
Ora, per rispondere a queste domande, occorre fare un distinguo: la visione istantanea, e la visione a posteriori. Che sono due cose molto differenti, perché sul momento quando tocchi il fondo non ti accorgi che sta succedendo, ma lo concretizzi solo dopo. Quando tocchi il fondo sei talmente presa dal delirio di onnipotenza dell’anoressia (che poi, in realtà, non è altro che un delirio d’impotenza) che non te ne rendi conto. Non te ne rendi conto perché lì per lì non fa male, anzi. La cosa più dolorosa è la risalita. Il momento in cui capisci. Inevitabile. Il momento in cui capisci quello che hai fatto veramente, e ti accingi a raccogliere i pezzi per cercare di rimetterli insieme. Quando ho toccato il fondo non me ne sono neanche accorta, troppo presa dall’ossessione, fidandomi ciecamente delle bugie che l’anoressia mi raccontava e che mi faceva pensare: gli altri non capiscono, sono tutti allarmisti, stupidi, bugiardi, inutili. Mi ripetevano sempre le solite frasi: “su, forza, mangia! ma non lo vedi quanto sei dimagrita? guarda in che stato che sei! cosa ti costa mangiare un po’ di più?”. Ma costa, lo so. Costa più di quanto gli altri riusciranno mai ad immaginare. Per questo tali frasi fanno solo arrabbiare. Fanno venire voglia di gridare di smetterla di rompere. Ma non è stato quello il periodo peggiore, non è stata la caduta, il toccare il fondo. L’incubo è arrivato dopo, quando ho iniziato a percorrere la strada del ricovero. Lo so che si fa fatica a capire. Tutti pensano che d’anoressia o si muore o si guarisce. Ma io so che si può anche viverne. Perché io ne vivo. Combatto, ma ne vivo. La cosa più terribile, del resto, non è toccare il fondo. L’inferno vero è risalire, risalire col timore e la speranza al contempo di poter perdere nuovamente la presa. Risalire senza sapere se il panorama che si osserverà in vetta è veramente quello che cercavamo di vedere.

In quanto all’ultima domanda, ai rimpianti.
No, non ne ho. Nessuno, in nessun senso. Non rimpiango niente, nessuna delle scelte, nessuno degli avvenimenti che hanno segnato la mia vita dai 14 anni in poi. Perché c’è sempre un motivo per tutte le cose, anche per quelle più sbagliate. Certo, non vado orgogliosa di quel che ho fatto, ovviamente, e se mi fosse data la macchina del tempo forse proverei a fare scelte differenti. Ma dato che questa possibilità è preclusa e che posso vivere solo per questa realtà, non rimpiango che sia andata così. Perché tutto quello che ho vissuto e passato mi ha resa la persona che sono adesso. Mi ha reso possibile pensare quel che penso adesso, e fare quel che faccio adesso. E questo gli dà un senso. Sì, l’anoressia è stato il mio sbaglio più grande. Ma se è uno sbaglio che, alla fine, mi ha portato a questo blog e a quella che è la mia vita oggi, allora non ho rimpianti: è uno sbaglio che rifarei.

Perché è proprio grazie a questo – e grazie al fatto di non rimpiangere niente – che adesso sto lentamente imparando a non sprecare la mia vita, ma a viverla. Viverla davvero. Non attaccata a una vuota ossessione, non credula, persa nelle bugie dell’anoressia, a costruirmi una realtà che non mi apparteneva semplicemente perché non esisteva, non in balia di quello che credevo di controllare ma che in realtà mi controllava in misura spietata.

Perché è tutto quello che ho passato che mi ha insegnato che la realtà non è quella che si può vedere attraverso gli occhi deformanti dello specchio della mente, ma guardando avanti, sempre.
E’ per questo che senza alcun rimpianto posso dire grazie a quello che mi ha quasi distrutta, permettendomi così di fortificarmi. Grazie, anoressia.

Se avete qualche altra domanda per me, postatela QUI. Un alla volta, risponderò a tutte!

giovedì 3 dicembre 2009

Recovery Way

Io sto andando a "Recovery"; la strada è estremamente lunga e decisamente pessima, ma pare che sia un gran bel posto quando ci arrivi...

Chi viene con me??



(click sull'immagine per ingrandire)
 
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