Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

lunedì 25 aprile 2011

Il talento malato dell'anoressia

Qualche giorno fa ho visto in TV un programma in cui due psicoterapeute discutevano a proposito dei DCA, e una sorta di litigio è venuto fuori nel momento in cui la Psicoterapeuta A ha detto che le ragazze anoressiche hanno un’ “inusuale abilità” nel restringere l’alimentazione. La Psicoterapeuta B ha ribattuto che la loro è più una disabilità che un talento; le ragazze anoressiche provano, da un punto di vista emotivo, grossi rinforzi positivi nel momento in cui restringono l’alimentazione, per questo continuano a farlo anche se, razionalmente, si rendono conto che è sbagliato, non è che siano particolarmente capaci di restringere.

La Psicoterapeuta B è arrivata dritta al punto. Un sacco di gente che non ha mai vissuto l’anoressia sulla propria pelle si rifà ai preconcetti che vogliono l’anoressica come una persona particolarmente brava a digiunare. Il che spiega peraltro come mai diverse ragazze mi hanno contattata – sia tramite e-mail, sia tramite YouTube – dicendomi che vorrebbero essere “un po’” anoressiche, o chiedendomi trucchi per dimagrire. In effetti, è vero che possiamo apprendere certe abilità dagli altri. Se osserviamo a lungo qualcuno che fa qualcosa particolarmente bene, possiamo cercare di imitarlo. Possiamo farci insegnare, e fare pratica, e così via…

La restrizione alimentare è un comportamento. Questo è semplicemente un dato di fatto. Ma è un talento o una disabilità?

Indubbiamente c’è una componente biologica in questo “talento” – il che spiega come mai alcune ragazze che entrano nel DCA come anoressiche poi diventano bulimiche, mentre altre rimangono anoressiche e, se non trattate in tempo, possono arrivare all’exitus per inanizione – come numerose ricerche hanno dimostrato esserci una cosa del genere anche per quanto riguarda le capacità atletiche o musicali… ciò ovviamente non significa però che Mozart fosse talentuoso solo ed unicamente grazie al suo DNA.

Le cose tuttavia s’incasinano nel momento in cui: molte donne scelgono deliberatamente di fare periodi di dieta per perdere qualche chilo, magari in vista dell’arrivo dell’Estate. Vista dall’esterno, una persona che segue una dieta particolarmente stretta ha molta affinità con l’anoressia, tant’è che spesso le donne con un DCA e le donne che seguono momentaneamente una dieta usano termini simili per descrivere i loro pensieri e le loro sensazioni a proposito del cibo, del peso e del corpo.

Alcune persone sono molto brave nel seguire una dieta. Altre non lo sono. Secondo me chi è anoressica sarebbe molto brava a seguire una dieta, che e dite?

Ironia a parte, l’anoressia non è una dieta. Può sembrare una dieta per chi la guarda dall’esterno e non l’hai mai vissuta, ma è tutt’altro, in realtà. Dire che chi è anoressica molto brava a seguire una dieta, è come dire che qualcuna che soffre di mania è molto brava ad avere sempre energia, o che qualcuna con un OCD è molto brava a pulire la casa. Certamente, lo saranno, ma non perché hanno una particolare talento: semplicemente perché questo è parte della loro malattia.

Spesso, durante il primo periodo dell’anoressia, noi stesse possiamo aver avuto l’impressione di essere particolarmente brave nel restringere l’alimentazione, di riuscire così a fare qualcosa che nessun’altra intorno a noi riusciva a fare, sentendoci perciò, in un certo qual modo, speciali… in fin dei conti, ci sentivamo così forti: eravamo capaci di resistere alla fame senza toccare cibo, una cosa mica da tutti! Ma col tempo che passa… con la malattia che procede… questo “talento” non se ne va, ma cessa di essere la principale motivazione che ci spinge a mantenere un comportamento alimentare restrittivo. Quel “talento naturale” si trasforma in un “talento malato”… nella vera e propria anoressia.

martedì 19 aprile 2011

Vorrei farvi capire...

Se ancora non riuscite ad abbandonare l’anoressia perché pensate che sia comunque una scelta vantaggiosa, vorrei farvi capire…

Vorrei mostrarvi tutto ciò che adesso non riuscire a vedere. Che la maschera che indossate è in realtà piena di fratture. Che quella che voi chiamate “perfezione” ha più pecche di quelli che definite “fallimenti”.

Vorrei farvi capire che non riuscite a prendere in giro nessuno, a malapena voi stesse. Che il freddo che sentite dentro è quello che viene non dalla malnutrizione ma dalla disperazione.

Vorrei farvi capire che le cose migliori della vita sono quelle che non possono essere misurate o quantificate. Vorrei farvi capire che l’anoressia cui sentite di appartenere non ha nessuno posto al mondo, a differenza della voglia di combattere.

Vorrei farvi capire che per vedere e raggiungere le stelle dovete alzare la testa verso il cielo.

Vorrei farvi capire che meritate molto di più dalla vita. Meritate tutto, ma non certo l’anoressia.

Vorrei farvi capire quel che davvero è VERO.

Disgusto. Vergogna. Tristezza. Disistima. Solitudine. Senso di colpa. Ansia. Fallimento. Perdita. Nessuna speranza. Risentimento. Paura. Dolore. Debolezza. Futilità. Odio verso se stesse. Senso d’inutilità e d’impotenza. Svalutazione. Rimpianti. Soffocamento. Rabbia. Angoscia. Ferite. Oblio. Bugie. Segreti. Morte.
Questo è il vero volto dell’anoressia.

Vorrei farvi capire che non sto scrivendo questo per togliervi qualcosa. Non sto scrivendo questo per togliervi quell’anoressia che ancora sentite come la coperta di Linus. Vorrei farvi capire che sto scrivendo questo perché nessuna di voi merita di vivere con l’anoressia. Anche se in un certo momento della nostra vita abbiamo sentito che era l’anoressia ciò di cui ci sembrava di aver bisogno, in realtà è solo un modo per riuscire a scoprire chi siamo veramente. E la nostra vera personalità non comprende un DCA. Vorrei farvi capire che dovete imparare ad avere rispetto per voi stesse, senza farvi abbindolare dall’idea che siano le vostre misure a stabilire quanto valete da un punto di vista umano.

Per favore, leggete oltre le singole parole e lasciate che io possa allontanare da voi tutte le cose che in questo momento odiate di voi stesse. Lasciate andare l’anoressia. Combattete. È quello che io sto facendo. Vorrei farvi capire che è l’unica cosa che veramente vale la pena di fare. Combattere contro l’anoressia ci conferisce una forza che è molto maggiore di quella che sembrava darci l’anoressia stessa.

Tutto quello che vi chiedo è che nell’attimo in cui avrete la vostra possibilità di brillare, non lasciate che l’anoressia offuschi questo momento. Essere invisibili non è un modo per esistere, è un modo per scomparire. Voi MERITATE di vivere senza l’anoressia.

Vorrei farvi capire che non sarete mai “perfette”, neanche quando toccherete un peso infimo. Ma potete decidere di combattere contro l’anoressia. E, sì, questo, a suo modo, vi renderà “perfette”.

mercoledì 13 aprile 2011

"Dea"

In Settembre 2010 partecipai – più per gioco che per altro – ad un concorso letterario che avevo trovato per caso su Internet. Non avendo risaputo niente al riguardo in questi mesi, mi ero completamente scordata di avervi partecipato, ed invece ecco che proprio qualche giorno fa mi è arrivata un’e-mail che mi annunciava di esserne la vincitrice! ^__^

Il racconto con cui ho partecipato a questo concorso, che s’intitola “Dea”, in realtà, è un racconto che avevo scritto nel 2006, proprio durante uno dei miei ricoveri in clinica causa anoressia, e voglio adesso proporvelo: è un racconto un po’ “forte”, credo, ma spero che sappiate prenderlo alla giusta maniera, tenendo conto del fatto che, quando l’ho scritto, ero molto più dentro al sintomo di adesso, sebbene già fossi aperta alla possibilità di qualcosa di diverso, come credo traspaia anche dal paragrafo finale del racconto stesso.

Peraltro, alla luce della mia posizione attuale, rileggendo questo racconto mi è venuto da pensare ad un post che avevo scritto, in cui parlavo delle differenze tra “anoressia” e “pro-ana” (probabilmente molte di voi l’avranno già letto, in ogni caso, per quelle che non l’avessero fatto, potete trovarlo QUI)

Ecco, considerato il contenuto del mio racconto, mi è venuto da aggiungere un altro aspetto: per le ragazze “pro-ana/mia” “Ana” è la personificazione dell’anoressia, un sintomo che viene visto come una dea potente, cui rivolgere invocazioni d’amicizia e preghiere, ci sono blog con i Ten-Thin Commandments. Per le ragazze anoressiche questo dualismo non esiste. Non hanno bisogno di divinità cui relazionarsi: tramite il sintomo, cercano di diventare esse stesse dee. Un qualcosa che viene dall’esterno, e un qualcosa che viene dall’interno. Ci ho scritto un post sopra, ma forse la differenza è tutta qui.

A parte questa riflessione, comunque…

Dedico questa vittoria a: my best BEST friends, Duccia ed Alex.

A Duccia, con tutto l’affetto che c’è stato, c’è, e sempre ci sarà. Perché tu, nonostante tutte le difficoltà di questi anni, non hai mai lasciato la mia mano.

Ad Alex, e tu sai il perché. Anzi, The Reason.
(Forse semplicemente perché sei tu. Sei sempre tu. Grazie. Sarei persa senza di te.)

E dedico questo racconto a: tutte voi, ragazze.

"DEA" --> Download <--

giovedì 7 aprile 2011

Tsunami

Credo che tutte voi sappiate del terribile terremoto, tsunami e danni della centrale nucleare che in questo periodo hanno colpito il Giappone. Le tragedie di questo tipo, di solito, spingono tutti a riflettere su quanto i propri problemi quotidiani siano, in confronto, tutto sommato abbastanza insignificanti.

Per noi che abbiamo un DCA, può magari farci sentire abbastanza stupide e superficiali l’idea che il nostro problema sia l’anoressia/la bulimia, a fronte di persone che non hanno neanche più un tetto sopra la testa, o a cui sono morti familiari e amici.

Eppure, nonostante riconosciamo che il problema dei giapponesi è di tutt’altra portata rispetto ad un DCA, non è forse vero che per lo più continuiamo a preoccuparci di noi stesse e delle nostre difficoltà con il cibo e il corpo??!...

Ora, non sto assolutamente cercando di fare un paragone – perché si tratta di due cose tra le quali non si può assolutamente fare un paragone, data la loro completa diversità – e non sto cercando di dire che un DCA sia più grave e più importante di una catastrofe naturale. Però, qualche anno fa, sul mio diario cartaceo, ho definito l’anoressia proprio come il mio tsunami personale.

Entrambi – anoressia e tsunami – sono distruttivi. Entrambi richiedono l’aiuto di un sacco di persone per fare piazza pulita del caos, per dare supporto, e le cose non ritornano normali solo perché c’è stata una pulizia massiva e si può tornare a casa. Entrambi arrecano dolore a chi li subisce.

Penso che questo sia un modo per vedere le cose in prospettiva. Non che una catastrofe naturale non sia terribile, ma lo è anche l’anoressia. È un diverso tipo di orrore, valutabile su una scala molto differente. Ma misurare la sofferenza credo sia impossibile e soprattutto inutile. So che tagliarsi con la carta mentre si sfoglia un libro causa una sofferenza diversa rispetto al perdere un braccio per l’esplosione di una bomba. E’ ovvio. È ovvio che perdere la propria casa e i propri cari sia un inferno ben atroce e completamente differente rispetto al non sentirsi a proprio agio col proprio corpo.

Ma se c’è un apice massimo della sofferenza che l’anoressia può provocare, penso che non si possano fare paragoni o dare giudizi di valore. L’anoressia, per chi non ha mai vissuto sulla propria pelle un DCA, può sembrare un problema da poco, una cosa superficiale, il capriccio di ragazzine che vogliono somigliare alle modelle. Ma c’è molta differenza tra l’occasionale “Pensi che questi jeans mi facciano il culo grosso?” e la vera e propria dismorfofobia che, in certi casi, è associata ai DCA.

È relativamente facile sentirsi in colpa per avere un DCA quando ci sono enormi catastrofi nel mondo. Capita di sentirsi così. Ma non serve a niente. Certamente la nostra sofferenza provocata dall’anoressia non può essere comparata a ciò che adesso stanno provando molti giapponesi. Semplicemente, non si può fare paragone. Ma ciò non significa che noi non si stia comunque soffrendo, o che un DCA sia sinonimo di superficialità o vanità. L’anoressia è una malattia. E fa soffrire. Fa soffrire come una qualsiasi altra cosa. E non si possono porre termini di paragone nella sofferenza.

venerdì 1 aprile 2011

Pro-Ricovero VS Anti Pro-Ana

Leggendo l’ultimo post di Mari, pubblicato sul suo blog “Amore contro Ana”, ho avuto modo di pensare ancora una volta in merito all’essere “pro-ana/mia”, e al tenere blog in tema.

Nessuna pretesa di verità universale, semplicemente l’opinione che ho elaborato in questi ultimi giorni riflettendo un po’ più approfonditamente sull’argomento.

Indubbiamente molteplici sono le opinioni sui DCA. C’è chi non li ha mai vissuti e si affida ai luoghi comuni, chi li ha vissuti e li combatte, chi ne ha un’idea per sentito dire e decide di dichiararsi “pro-ana/mia” aprendo siti e blog al riguardo, e cercando di coinvolgere quante più persone possibile.

Personalmente, ritengo abbastanza privo di significato professarsi “pro-ana/mia” fingendo di sapere cos’è veramente l’anoressia e pronunciandosi a favore di essa; del resto ultimamente mi sono resa conto che ha pure poco senso provare a combattere il fuoco col fuoco.

La mia conclusione è che: IO SONO PRO-RICOVERO.

Ovviamente non apprezzo, né condivido, né giustifico nella maniera più assoluta quello che le ragazze che si definiscono “pro-ana/mia” dicono e fanno. Non penso che abbiano mai vissuto realmente un DCA per il semplice fatto che chiunque ci sia passata preferirebbe morire tra atroci torture piuttosto che consigliare a qualcun’altra o condividere con qualcun'altra la propria esperienza in meri fatti materiali per indurre qualcuna a sapere come dannarsi con l’anoressia per il resto della sua vita. Penso tuttavia che tra le “pro-ana/mia” ci siano anche delle ragazze che hanno problemi di vario tipo nella loro vita, magari associati a deficit d’autostima, svalutazione, e forse pure di dismorfofobia; ragazze che avrebbero bisogno di essere aiutate professionalmente perchè hanno problemi in qualche modo correlati col cibo e con l’immagine corporea, ma differenti rispetto al problema del DCA.

L’anoressia molto spesso nasce come strategia di coping, la scelta di una male minore rispetto ad un altro male che in un certo momento viene visto come maggiore, la ricerca di un controllo per sentire quella forza e quella soddisfazione che ci fa credere di poter direzionare ogni aspetto della nostra vita.

L’aspetto del controllo, colonna portante dell’anoressia, è solo marginalmente toccato dalle “pro-ana/mia”, che lo intendono meramente come capacità di resistere alle lusinghe del cibo, come se restringere l’alimentazione fosse qualcosa di difficile, mentre in realtà chiunque abbia vissuto/stia vivendo l’anoressia può testimoniare che questa è la cosa più facile da fare. Indubbiamente, però, anche le ragazze che si definiscono “pro-ana/mia” sanno che un vero DCA le provocherebbe un’enorme sofferenza, sebbene si rifiutino di ammetterlo.

Quel che c’è di sbagliato, secondo me, è la possibilità di rendere accessibili a tutti blog, video ed immagini (“thinspo”) che incitano a condotte alimentari scorrette. Ciò non tange chi non è minimamente interessato da un DCA, ma può avere enormi conseguenze negative su chi si trova “sull’orlo del baratro”, su chi è nel pieno dell’anoressia, o su chi sta cercando di percorrere la strada del ricovero. Non mi piace la speculazione su una sofferenza che solo chi ha provato sulla propria pelle l’anoressia è veramente in grado di capire. Ognuna è libera di scegliere come vivere e anche come morire… ma senza coinvolgere gli altri nelle proprie scelte.

Ad ogni modo, riflettendoci ultimamente, mi sono accorta che io mi sono sempre definita sia “anti pro-ana” che “pro-ricovero”. Ecco, in effetti, mi sono resa conto che è abbastanza inutile essere anti-qualcosa: nel momento in cui si cerca di percorrere la strada del ricovero, bisogna cercare di essere quanto più positive possibile, perché questa strada è incredibilmente dura. Quel che sto cercando di dire è che trovo il movimento “pro-ana/mia” completamente sbagliato, cattivo e pericoloso, ma non penso questo delle singole ragazze che si definiscono “pro-ana/mia”. Di loro, penso semplicemente che siano malate, che abbiano bisogno d’aiuto, e che abbiano scelto una strada sbagliata perché non vedevano alternative. Ecco tutto.

Il dolore è dolore, è reale per chi lo vive, a prescindere da cosa esso è provocato. Ciò che per qualcuno può essere una cosa da nulla, per qualcun altro può essere il più grande problema del mondo. Ognuno ha le proprie emozioni e i propri sentimenti, ed è ovvio che gli altri possano non capirli, ma questo non cambia il fatto che la realtà oggettiva non esiste, ma solo un insieme di realtà soggettive, tutti parimenti importanti e… reali.

Perciò, se qualche ragazza che si definisce “pro-ana/mia” stesse leggendo questo post, vorrei semplicemente dirle che io non conosco il suo dolore, però lo so cosa significa stare male. Stare male con se stesse. E so anche che è possibile non sprofondare in questo dolore, non farne il proprio vessillo, non autocommiserarsi, ma combattere per avere la vita che meritiamo. Non raccontatevi la bugia dell’anoressia. Non ne vale la pena. E questo ve lo dico per esperienza.

E per le ragazze che stanno leggendo e che, come me, stanno combattendo contro l’anoressia, voglio solo dire che, come si suol dire, “anger is one letter short of danger”. Capisco e condivido quella che può essere la vostra rabbia nei confronti del movimento “pro-ana/mia”, ma con la rabbia si ottiene veramente qualcosa? Essere pro-ricovero significa semplicemente mettersi a disposizione per dare una mano a chiunque voglia percorrere la strada della luce. Perché la più grande barriera alla scelta del ricovero è proprio la mancata comprensione.

Perciò, con l’affetto e la pazienza verso chiunque abbia mai provato solitudine, dolore, tristezza, inadeguatezza, inaccettazione, rabbia, fallimento, perdita della speranza, desolazione, lacerazione… voglio solo dire che io sono qui, e vi capisco.
Quel che c’è nel nostro passato e quel che sarà il nostro futuro è ben poca cosa in confronto al nostro presente. Ragazze, a modo vostro, siete tutte delle stelle. Non rinchiudetevi nella prigione dell’anoressia. Seguite i vostri sogni, quelli veri, non quelli rotti ed effimeri indotti dall’anoressia. Datevi la possibilità di brillare ed illuminare il vostro angolo di cielo.
 
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