Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 15 giugno 2012

Anoressica VS avere l'anoressia

Proprio ieri ho letto il post di una ragazza che scrive "Io non sono bipolare, ho un disturbo bipolare". E già questa frase verissima di per sè si commenta da sola: noi non siamo una malattia, perchè la malattia è solo un aspetto della nostra vita.

Questa ragazza scrive:

"Per quelle di noi che hanno una malattia mentale cronica che ci accompagnerà per tutta la vita, io credo sia necessario prendere delle decisioni in qualità di individui, di persone, e non in qualità di bipolari, o depressi, o borderline. Bisogna sempre tenere a mente la diagnosi, ovviamente, per quelle che saranno le nostre relazioni e le nostre esperienze future; e questo perchè bisogna circondarci di persone in grado di supportarci e di aiutarci nel nostro opporci alla malattia, ma non bisogna focalizzarci unicamente sulla definizione clinica". 

E questo io credo che sia uno degli aspetti - focalizzarsi sulla definizione clinica, intendo - che è più difficile da gestire. Le etichette, in fin dei conti, sotto certi aspetti, sono così rassicuranti... Ci dicono quello che siamo, e chi ha un DCA può trovarlo confortante, per certi versi: almeno ha una definizione, "anoressica", “bulimica”, invece di essere disorientata senza sapere chi è nè cosa vuole dalla sua vita. Però arriva un momento in cui l'etichetta inizia ad andare troppo stretta. Un momento in cui ci si stanca dell'ossessione su cibo-corpo-peso, ci si stanca di sentirci costrette a fare una certa quantità di attività fisica quotidianamente, ci si stanca di non poter andare da nessuna parte senza portarci dietro il cibo prescritto dall' "equilibrio alimentare". Si vuole dimenticare tutto questo. Ma bisogna anche rimanere concentrate sul fatto che si ha un DCA, che si è da poco iniziato a percorrere la strada del ricovero, e che ad andare su un binario così stretto è facile deragliare.

Il fatto che si debba seguire un "equilibrio alimentare", però, non significa che tutto quello che noi siamo è una definizione clinica e una serie di regole da seguire. Noi siamo molto più di un'etichetta, tutto un mondo interiore che dobbiamo trovare il coraggio di tirare fuori. Noi ABBIAMO un DCA, ma NON SIAMO un DCA. Io ho l'anoressia, ma non sono un'anoressica. L'etichetta può servire ai medici per sapere come relazionarsi con me, quale iter terapeutico intraprendere, ma non dice niente di me come persona. Io sono la Veggie che ha l'anoressia, ma sono anche un'istruttrice ed arbitro di karate, una studentessa universitaria, una a cui piace disegnare, e così via.

La cosa che spesso si avverte è che in molti casi l'avere un DCA è visto come un qualcosa che costituisce la propria identità. Cioè spesse volte la persona affetta da anoressia dice: "Io sono anoressica". Si descrive usando la malattia. Cosa che, se ci pensate, non è comunissima. Quante persone affette da reflusso gastro-esofageo dicono: "Io sono un reflussore"? Quante persone affette da enfisema dicono: "Io sono un enfisematoso"? Non succede. La spiegazione che ne do io è che nelle malattie fisiche si avverte la dissociazione del corpo dal proprio "io"; nelle malattie psichiche no.

Mi spiego meglio: quando va tutto bene, e il corpo sta bene, non ci accorgiamo che esiste. Non ci accorgiamo di avere delle braccia, delle gambe, uno stomaco. Ci sentiamo un tutt'uno, il corpo aderisce perfettamente a noi stesse - ed è noi stesse.

Quando abbiamo una malattia organica, per esmpio ci facciamo male a un braccio, all'improvviso la parte dolorante non fa più parte di noi: ci dissociamo da lei. Si dice spesso: "Mi fa male un braccio", più che "sento male al braccio", come a sottolineare questa cosa. Nelle malattie psichiatriche invece è il cervello che è "malato", per cui non avviene questa dissociazione - è come se la malattia facesse parte di noi. Ed ecco che diventa un'identità.

La cosa più difficile è trovare un equilibrio tra il non etichettare coi stesse come "anoressiche" e, al contempo, non dimenticare le limitazioni che la diagnosi c'impone. Di solito, si flippa da un estremo all'altro, perchè del resto la dicotomia è un aspetto tipico dell'anoressia: è tutto bianco o tutto nero. Invece, come nella stragrande maggioranza delle cose della vita, bisogna a poco a poco prendere consapevolezza del fatto che il giusto equilibrio sta nel punto di mezzo: accettare la diagnosi, ma non lasciare che un'etichetta ci definisca, perchè noi siamo molto più di una definizione da manuale.

23 commenti:

AlmaCattleya ha detto...

Noi non siamo un'etichetta. Noi non siamo come una maglia che dietro ha un'etichetta. Noi siamo delle persone e in quanto tali abbiamo le nostre contraddizioni, le nostre complessità, i nostri sogni e nessuna etichetta li può riportare.
Essere anoressica e avere l'anoressia sono due cose distinte. Possono significare la stessa cosa, ma se uno/a dice di avere l'anoressia (o qualsiasi altro problema) poi in un futuro potrà non averlo più. Essere quel problema fa quasi pensare che poi ci morirai, che nel tuo profondo lo sei qualunque cosa tu cercherai di fare per sottrarti a questa prigione.
Le GIUSTE parole hanno un ENORME potere: possono cambiare la realtà delle cose.

Anonimo ha detto...

Una riflessione molto profonda e che non avevo mai fatto fino adesso. Il tuo blog ha sempre dei post molto interessanti, ti faccio i miei complimenti :) questo poi mi è piaciuto particolarmente!

Wolfie ha detto...

Nascondersi dietro l’etichetta “bulimica” per me è stato tanto facile quanto rassicurante. Era un’etichetta che non mi piaceva, in realtà, c’è stato un periodo in cui avrei preferito “anoressica” (perché quando ero in piena malattia ovviamente non mi rendevo conto dell’assurdità di un pensiero del genere), ma quello che contava infondo era avere un’etichetta in cui identificarmi, perché così almeno ero “qualcosa”. Inoltre, sei hai una “etichetta” clinica gli altri sanno come gestirti, e puoi essere “curata”. Non mi rendevo conto che, nel caso di un dca, la cura doveva venire innanzitutto da me stessa.
Adesso cerco di guardare a tutto quello che potrei e posso essere al di là della bulimia. Cerco di capire quali sono i miei veri desideri, le mie aspirazioni, cosa voglio realizzare nella mia vita. E cerco di seguire quello che penso e quello che sento. Non è facile, perché la malattia ancora presente in me fa molte resistenze, ma io spero con tutto il cuore che un giorno ce la farò e sarò libera!!!!!!!

Claudia ha detto...

Hai ragione... diciamo che il percorso di guarigione è, appunto, un PERCORSO. Si passa dall'essere anoressiche ad avere l'anoressia. Ad esempio, nel mio post, il fatto di dire ed ammettere di sentire delle emozioni per me è già un passo avanti, non le nego più. Ora ho il problema di esprimerle. Ma ci arriverò :)

C h o c r o s e ! ♕ ha detto...

Veggie! Quanto tempo! Mi sento quasi (anzi, senza 'quasi') in imbarazzo ripresentarmi nel tuo blog e dirti che sono Tiger.. Già. L'unico effetto benefico del ricovero si è bloccato a settembre e ci sono ricascata dopo 2 anni e mezzo. Piuttosto patetico in effetti. Ma sono davvero felice di leggere nuovamente i tuoi post carichi di ottimismo! :D

Gruppo Fiocco Lilla ha detto...

Hai perfettamente ragione. Ed è anche ciò che ci frega e frena nel percorso del ricovero. Perchè, almeno io, ci identifichiamo nella nostra malattia e, se perdessimo lei, perderemmo noi stesse. Invece noi non siamo la nostra malattia: siamo persone con un problema, che vanno aiutate, non etichettate.
Bellissima riflessione...

justvicky ha detto...

sarà una distorsione comune ma...io non mi sono mai definita un'anoressica, una bulimica. Eppure sulla mia cartella clinica ci sono scritte peste e corna. La mia più grande paura è ESSERE DAVVERO quella cartella clinica, ESSERE DAVVERO una persona ocn problemi psichiatrici. e forse è per questo che di riflesso non mi sono mai definita con tutto quello che c'è scritto in quelle righe. Ignoranza volontaria, non so...
Io so di avere dei problemi nella gestione delle emozioni, razionalmente questo lo so bene. Così come so che NON è NORMALE\SANO il mio rapporto con il cibo.Ma mai nella testa mi sono detta anoressica del cazzo, o bulimica di merda .Non so perchè, ma non mi definisco così. Forse perchè in realtà il cibo è il mio 1% , il mio grande scoglio è ben altro ed è ben molto più evidente. Sai, sto lavorando con ragazzi disabili. Hanno emozioni come noi, ma non sanno canalizzarle nel giusto modo, controllarle, riconoscerle, moderarle. Io mi sento nè più nè meno come loro.
Se dovessi etichettarmi direi handicappata, perchè senza un supporto esterno a questora non ci sarei e ne sono più che certa.
Anoressica, bulimica, bipolare, borderline...possono essere termini usati come etichette ma in maniera giustificabile a mio avviso. L'anoressia ti colpisce a tal punto da generare una trasformazione radicale che tocca tutti e proprio tutti gli aspetti del vivere.TU VIVI DA ANORESSICA.VIVI IN FUNZIONE DI QUELLO E PER QUELLO. Io non esisto più come vicky, esisto come anoressica. non so come spiegare in altro modo...è una cosa così devastante che non esisti più dopo, o cmq non torni più intero.
almeno secondo il mio punto di vista...
in ogni caso condivido che ogni volta che ci si sente dire "anoressica" , "bulimica", bisogna semrpe ricordare che questi nomi che ci affibiano hanno un carattere definitorio ma assolutamente non definitivo.

where i end and you begin ha detto...

Allucinante. Leggere i commenti e trovare un tuo commento. Sai quante volte, quando non avevo blogger, ricercando su internet sono capitata sul tuo blog? Quante volte ho letto la tua storia? E' buffo, il mondo è così piccolo. Tra tanti blog sei entrata nel mio, comunque condivido tutto quello che hai detto e non nego che mi ha fatto piacere leggere il tuo commento. Non mi arrendo però, io non sono una che se arrende, mai. Sto male, sì, ma riproverò sempre. Il tempo di riprendermi.
Ti abbraccio.
Snotra.

. ha detto...

mi piace quest post Veggie!:)
vorrei aggiungere che, spesso, anche le altre persone ci identificano con la nostra patologia.
sovente ho sentito i medici dire frasi tipo "...in questo reparto teniamo anoressiche e bulimiche..." "si prima c'era un'altra, anoressica" ecc. ecc.
io ci ho sempre fatto caso e mi ha sempre dato un fastidio folle!!=(
insomma la nostra mentalità forse è anche rinforzata da quella degli altri...

cmq hai centrato il punto io voglio arrivare a sentirmi così, so che si può:
"quando va tutto bene, e il corpo sta bene, non ci accorgiamo che esiste. Non ci accorgiamo di avere delle braccia, delle gambe, uno stomaco. Ci sentiamo un tutt'uno, il corpo aderisce perfettamente a noi stesse"

...voglio quella sensazione, mangiare con gli altri, mangiare tranquilla in tutte le situazioni sociali, divertirmi senza stress dovunque.
anche al mare visto che presto ci andrò^^'

grazie un bacio



<3

Orchidea Spezzata ha detto...

Ormai l'avrai capito,vado pazza per le citazioni.Forse perchè,a differenza mia,riescono a essere più precise e ad esprimere meglio ciò che intendo dire.
Te ne lascio una,letta qualche giorno fa.Magari la conosci..

"L’intelletto può essere ingannato, i sentimenti intorpiditi e manipolati, la percezione umiliata e confusa, i corpi illusi dai farmaci. Ma la nostra anima non dimentica mai.
E poichè siamo una cosa sola, un'anima in un solo corpo, un giorno il nostro corpo ci presenterà il conto.
E se non posso parlare qualcosa parlerà al mio posto.
Infierire sul mio corpo e sulla mia mente non è un modo per cercare attenzione. Non è una manipolazione. E' un meccanismo per affrontare i problemi, punitivo, sgradevole, potenzialmente pericoloso, ma efficace. Mi aiuta a sopportare le forti emozioni che non so come gestire. Non ditemi che sono malata, non ditemi di smettere. Non cercate di farmi sentire in colpa, mi accade già. Ascoltatemi, sostenetemi, capitemi, aiutatemi."
(A.Miller)

Musidora ha detto...

Anche perché quanto suonano male 'reflussore' e 'enfisematoso'? Vuoi mettere con 'anoressica'!?! Scherzi a parte è vero...
Infatti quello che mi piace di come gestisci questo blog riguarda anche il fatto che tu non ti presenti SOLO come una ragazza che sta lottando contro l'anoressia, ma che ha mille interessi che la caratterizzano oltre e nonostante il disturbo alimentare: il disegno, il cosplay, il karate, l'università... Per questo va dato un calcio in culo all'anoressia: per lasciare che prendano spazio le tante e diverse 'etichette' di cui ognuno è fatto e non deve avere timore di abitare :)

Signorina Anarchia ha detto...

http://signorinaanarchia.blogspot.it/
fateci un giro, accetto consigli :) purtroppo anch'io ho un problema, ma non è anoressia, non ancora almeno... anche se secondo i miei è così

Anonimo ha detto...

M.M.Cara Veggie.. in ogni post che scrivi ritrovo una parte di me stessa...
Per motivi diversi non sono riuscita a commentare i precedenti post ... ma questo mi ha fatto pensare ad una consapevolezza che ho da poco acquisito.
Mi spiego.
Prima di intraprendere la strada del ricovero, sapevo che l'anoressia fosse una malattia, ma non mi consideravo realmente anoressica o cmq,soffrire di anoressia, restrittiva, per l'appunto.
Da quando ho cominciato la cura, seriamente...mi sento proprio classificata come anoressica e ho identificato la malattia...come se soffrissi di una febbre...
Forse non sono stata chiara, ma ho cominciato a capire di avere una malattia e come tale va curata..
Questa ... chiamiamola "identificazione" mi ha permesso... lo ammetto non sempre ... di curare la malattia usando le medicine prescritte e cioè il cibo.
Riconosco che è molto facile dirlo piuttosto che farlo ..è più facile prendere una pillola contro l'influenza piuttosto che 4 cucchiai di olio ...
Però mi consente quasi di estraniarmi dalla patologia così da poterla curare ...
Ripeto, non è affatto facile.

Scusa se sono andata "fuori tema" ma sono i pensieri che mi sono venuti leggendo il tuo post.

Grazie ancora!

Veggie ha detto...

@ AlmaCattleya – Ci vuole un margine di separazione. Come scrivevo anche nel post, quante persone che hanno un enfisema polmonare dicono “sono un enfisematoso”, o quante col reflusso gastroesofageo dicono “sono un reflussore”?... Nessuna. Nel caso dei DCA, quel che frega è l’identificazione. Ma noi siamo davvero altro rispetto ad una malattia. Essere e avere sono due verbi diversi… ed esprimono 2 cose totalmente differenti… “Essere” vincola. “Avere” dà una possibilità.

@ HateQueen – Grazie a te per le tue parole, sono davvero contenta che il post ti sia piaciuto… Spero abbia potuto darti uno spunto di riflessione in più… Un abbraccio…

@ Wolfie – Tu ce la farai sicuramente, bellissima… Perché non c’è nessuna etichetta che può esprimere la persona meravigliosa che sei, non te lo dimenticare mai… Non è un’etichetta che ti aiuta a relazionarti col mondo, ma il metterti in gioco per quella che sei e per quanto vali… e tu vali molto più di quel che credi…

@ Claudia – Non ho dubbi sul fatto che ci arriverai… Perché ogni viaggio, anche il più lungo, inizia con il primo passo… e tu sei già sulla buona, anzi, sulla buonissima strada… E il distaccarsi dal sintomo è proprio il modo per cominciare…

@ Blueberry – Ehi, Tiger!... I’m sorry, non ti avevo “riconosciuta”… Ma sono davvero contenta che sei di nuovo qui!.. ^__^ Ma figurati se sei patetica… gli scivoloni sono assolutamente normali in un percorso di ricovero… L’importante è avere la perseveranza di rialzarsi ogni volta… e di ricominciare a combattere con la stessa grinta di prima. E qui possiamo farlo insieme…

@ *FREELILIHAM* - L’identificarsi nella malattia credo sia normale soprattutto nelle fasi iniziali… e il percorso di ricovero comincia proprio nel momento in cui si realizza che siamo ben altro rispetto alla malattia… solo così si può iniziare a combattere per diventare quello che veramente siamo…

@ justvicky – Oh no che non sei una cartella clinica, né una definizione da manuale. La cartella clinica serve ai medici e a noi protomedici per avere un’idea di come approcciare con la paziente in questione… Ma non definisce la paziente in sé. E io non credo che tu debba darti alcuna definizione, né in merito ai DCA, né in altro modo. Come tu stessa hai giustamente detto, sei una persona che ora ha dei problemi. E che, dunque, con l’aiuto di chi di dovere deve imparare a gestire detti problemi. A prescindere dal nome “in medichese” che questi problemi hanno… E’ ovvio che il cibo sia solo la punta dell’ice-berg… serve per coprire i veri problemi che stanno sotto. Ed è sul sommerso che bisogna iniziare a lavorare… In ogni caso, l’anoressia è sicuramente un’esperienza devastante. Però non è vero che non esisti più… anzi, al contrario, cominci ad essere solo dopo aver iniziato a combattere l’anoressia. Più che non tornare intera… torni diversa. Perché siamo in continua evoluzione… e non smettiamo mai di mutare e spesso anche di stupire noi stesse…

Veggie ha detto...

@ Snotra – Bravissima, è questo lo spirito giusto. Un po’ di abbattimento è inevitabile dopo una delusione… ma è importante avere la consapevolezza che c’è sempre un’altra chance. E dunque, un’altra possibilità di riprovare. Magari per fallire di nuovo… ma magari, stavolta, per riuscire. E io sono certa che tu possa farcela. Ti abbraccio stretta…

@ *Free_destruction* - Sì, è vero, sono anche gli altri a darci queste etichette… perché ciò che può essere etichettato, e dunque classificato, fa meno paura. Perché può essere incasellato e così relegato in un qualche spazio noto… Ed è ovvio e normale che se anche gli altri spingono in una certa direzione, noi stesse ci sentiremo maggiormente tirate nella stessa… ma bisogna razionalizzare e concretizzare il fatto che noi siamo tutt’altro da quell’etichetta, senza far conto su quello che dicono in merito gli altri…
P.S.= Sono certa che ci riuscirai, perciò… buon divertimento per le tue vacanze al mare!...

@ Orchidea Spezzata – Anche a me piacciono molto le citazioni, spesso riescono a cogliere dritto nel segno… E comunque no, non conoscevo la citazione che mi hai lasciato nel tuo commento… e che è effettivamente calzantissima a fronte di ciò che ho scritto… ed è assolutamente vera…

@ Musidora – Bah, effettivamente i medici e noi protomedici abbiano delle etichette che, italianamente parlando, suonano proprio male… vedremo di aggiornare un po’ il vocabolario con qualche neologismo… No, a parte le battute… sono d’accordo con la bellissima frase finale del tuo commento: si è quello che si è, con tutte le nostre sfaccettature, e non c’è niente di meglio al mondo…

@ Signorina Anarchia – Grazie per essere passata di qui, appena ho un po' di tempo faccio un salto sul tuo blog!...

@ M.M. – Figurati, puoi scrivere sempre tutto ciò che vuoi, quindi puoi andare fuori tema quanto ti pare… che poi, secondo me, non sei andata fuori tema affatto. Ce ne vuole di tempo per cominciare a vivere l’anoressia come un qualcosa d0invelidante piuttosto che un qualcosa di positivo, perché gli effetti psicologici e fisici della malattia sono ovviamente contrastanti… C’è tutto un cammino di consapevolezza da fare che richiede anni… ma l’importante è che prima o poi riusciamo ad aprire gli occhi e renderci conto di come stanno veramente le cose. Perché è solo lavorando su noi stesse – per quanto duro e difficile possa essere e certamente lo è – che possiamo capire… e solo capendo possiamo realmente combattere…

Anonimo ha detto...

Sono etichette dure a "staccarsi",non se ne vanno a volt nemmeno se le dissolvi...per carità abbiamo dei "precedenti" ma vedo che gli altri mi/ci etichettano sempre allo stesso modo e questo lo sento un po come "perpetuazione" del disturbo..Comunque complimenti Veggie, è un grande impegno tenere un blog e scrivere cos bene..pensa che mia mamma è super appassionata di te,peccato che molte volte generalizzi su di me e su tutto delle cose tue personali!

Veggie ha detto...

@ Anonima – Sono d’accordo sul fatto che le etichette – in quanto tali, e dunque in ogni qualsiasi campo della vita – sono difficili da mandare via… Un po’ perché per gli altri è più facile “gestirci” se ci incasellano sotto una determinata categoria, cosa che gli permette di avere un’idea della linea d’atteggiamento da tenere, e quindi li toglie da ogni difficoltà relazionale… un po’ perché, in fondo, anche per noi è più facile trincearci dietro un’etichetta, poiché questa a suo modo può rappresentare un giustificativo. Io credo che l’unico vero modo per lavare via un’etichetta dall’interno sia la nostra ferma convinzione di non essere più quell’etichetta… perché se noi per prime ci pensiamo ancora sotto l’etichetta, sarà più facile attribuire agli altri il nostro pensiero, e quindi interpretare ogni loro atteggiamento e discorso come se ci ascrivessero a quell’etichetta stessa… Per lavare via le etichette dall’esterno, invece, solo il tempo serve… il tempo, e la dimostrazioni in fatti di quanto altro possiamo essere oltre all’etichetta che ci è stata appiccicata…
P.S.= Grazie per i complimenti, fa sempre piacere riceverne… In quanto al discorso delle generalizzazioni… è ovvio che ogni persona è una storia a sé, ha il proprio carattere, la propria personalità, il proprio modo di approcciarsi e di vivere le cose, il proprio background… quello che abbiamo in comune, in definitiva, è un sintomo. Per questo penso possa essere importante scambiarci qui le nostre opinioni e i consigli al riguardo, per aprirci anche alle idee altrui e poter combattere in maniera più completa… Un abbraccio forte…

Anonimo ha detto...

Ciao Veggie!
sono d'accordissimo!per esempio io sono una di quelle che ha iniziato una terapia per problemi "esistenziali" e il comportamento alterato con il cibo è emerso dopo..cioè dopo 2 mesi di terapia..e non si sa se ci potesse essere una anoressia sottostante o se si sia sviluppata dopo..
ovviamente era chiaro che avessi un alimentazione anomala ma è anche vero che "le anoressiche" erano da un po un modello di magrezza per me, o piu che altro di autodisciplina e forza di volontà.
a questo punto mi sono detta ho l'anoressia?in mancanza di una diagnosi non so come definirmi..
e ciò un po mi disorienta..
comunque mi sono accorta che forse è un problema quando ho notato che sono un paio di anni che non mangio senza pensare "ora come rimedio"?o anche solo sentendo che ho fatto qualcosa di sbagliato..
e qui mi chiedo: o è solo per mantenere una "identità anoressica"che mi sono creata da sola?

Veggie ha detto...

@ Anonima – Io credo che sia veramente difficile – per non dire impossibile – capire se l’anoressia sia causa/conseguenza/cosa che non c’incastra niente con gli altri tipi di problemi che si possono avere… In ogni caso, secondo me non devi fermarti all’etichetta. Sei anoressica, non lo sei? Non importa. Non importa realmente ai fini della tua psicoterapia. Quello che conta è che tu appunto la stia facendo, questa terapia… ed arrivi a capire quali sono i problemi di base che poi hanno fatto venire fuori tutto il resto, compreso il rapporto anomalo con il cibo… L’unica diagnosi che c’è da fare è che in questo momento sei una persona che, per i più svariati motivi, non sta bene con se stessa: ed è su questo che devi cercare di lavorare insieme alla tua/al tuo terapeuta…

Anonimo ha detto...

Grazie Veggie!
infatti "disidentificarmi" dal sintomo mi ha permesso di mangiare con meno ansia..
beh, ormai con la mia terapia sono gia a buon punto (mi pare), quindi ormai forse, ora che i problemi di fondo si stanno risolvendo, è solo ora di torgliersi la veste di tutti i sintomi che ci sono intorno.
Che per me è la cosa più difficile.
Cmq non pensare ai DCA, non leggere cose sui dca, non guardare le ragazze più magre per strada o sui blog mi aiuta a staccarmi e ad essere solo me stessa.
Il problema cibo migliora, resta un po la fissa del peso basso. E del fatto di "chi sarò senza la restrizione?" "cosa farò quando mi mancherà restringere o vedere il peso scendere?"
Ma appunto forse concentrandosi sulle altre cose, i problemi di fondo che voglio nascondere dietro il peso, si riesce a trovare una via d'uscita.
ps= cmq wolfie ha centrato il punto.
Wolfie ha detto...

Nascondersi dietro l’etichetta “bulimica” per me è stato tanto facile quanto rassicurante. Era un’etichetta che non mi piaceva, in realtà, c’è stato un periodo in cui avrei preferito “anoressica” (perché quando ero in piena malattia ovviamente non mi rendevo conto dell’assurdità di un pensiero del genere), ma quello che contava infondo era avere un’etichetta in cui identificarmi, perché così almeno ero “qualcosa”.

Era quello che volevo dire nell'altro post ma non riuscivo a esprimerlo:)

Veggie ha detto...

@ Anonima – Rimuovere i problemi di fondo credo sia il primo passo per potersi liberare di tutto quello che ci sta in superficie, poiché, in fin dei conti, quello che sta in superficie non è altro che l’outcome di tutti quelli che sono stati i problemi più profondi che hanno contribuito a generarlo… Ti sei in fondo risposta da sola quando hai scritto “concentrandosi sulle altre cose, i problemi di fondo che voglio nascondere dietro il peso, si riesce a trovare una via d'uscita”… ed hai perfettamente ragione. I sintomi rappresentano l’aspetto comportamentale della malattia… è difficile toglierseli perché il cervello è un organo abitudinario, e spezzare ciò che ha integrato come routine è difficile… ma è assolutamente fattibile. Già il fatto che tu prenda le distanze dal leggere le cose sui DCA o dal guardare le ragazze magre è un bel passo avanti… è così che s’inizia, esattamente così… Chi sarai senza la restrizione alimentare?... Te stessa, ovvero qualsiasi cosa avrai voglia di essere e di creare… qualsiasi cosa, tranne che una malattia. Cosa farai quando ti mancherà restringere o vedere il peso scendere?... E’ una domanda che non esiste nemmeno, perché se continui a combattere, tra poco non te la porrai neanche più. Primo motivo, perché non ti mancherà affatto: essere in salute è una delle cose più strepitose che ci siano. Secondo motivo, a quel punto avrai riempito la tua vita di cose talmente migliori e più interessanti della restrizione alimentare, che non avrai tempo nemmeno per pensarci per sbaglio, al peso.
Ti abbraccio…

Anonimo ha detto...

Veggie, grazie per le risposte hai proprio ragione..
essere se stessi spaventa, essere un etichetta è più semplice, rassicurante..
ma diamoci una possibilità. Perchè quando va tutto male forse avere un ossessione è comodo però potrebbe anche oscurare tutte le emozioni belle che potreste provare e non fare mai emergere la persona che si sta costruendo piano piano in voi..
ho voluto anestetizzarmi, ho voluto non sentire nulla, stavo bene nella mia camera insonorizzata..
io e i numerini della bilancia..
non voglio svegliarmi e scoprire che ho perso tutto..
ed ero a tanto cosi..
dal perdere una persona fantastica per questo delirio..
potete farcela ragazze!
a volte mi dico "non voglio guarire davvero", pero sono qui e non sui siti pro-ana..
e anche voi..
qualcosa vorrà dire no?
un abbraccio a tutte e a Veggie..

Veggie ha detto...

@ Anonima – Hai detto tutto da sola… E ricordati che anche tu sei tra le ragazze che può farcela, lo sai, vero?!... Un abbraccio a te…

 
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