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venerdì 25 luglio 2014

Nuova normalità

In un articolo che ho letto qualche giorno fa, era riportata un’intervista ad una paziente con una neoplasia, in cui raccontava quali strategie di coping aveva messo in atto per far fronte alla sua malattia e alla chemioterapia.

Il cancro è diventata la mia nuova normalità” – asserisce la paziente in quest’intervista.

Perciò mi è venuto da pensare che questo tipo di pensiero può essere applicato anche alla strada del ricovero da un DCA. La strada del ricovero dall’anoressia è diventata la mia nuova normalità. Per molto tempo ho considerato l’anoressia stessa “normale”. Sebbene razionalmente mi rendessi perfettamente conto che il mio comportamento alimentare era anomalo, lo reputavo comunque “normale” per me stessa. Stavo semplicemente seguendo il mio progetto per sentirmi in controllo. Ed è difficile valutare quanto sia anomalo un determinato comportamento quando sei malata di anoressia da tanti anni, perché viene meno la memoria di com’erano le cose prima dell’anoressia, di come facessi a vivere tranquillamente prima. L’anoressia è anomala, è bizzarra ma, a suo modo, col tempo finisce anche per diventare assolutamente “normale”.

Per questo ho scritto che parte del lavoro che sto facendo adesso consiste nel rendere la strada del ricovero la mia nuova normalità. Rompere tutte le vecchie abitudini legate all’anoressia e iniziare a percorrere la strada del ricovero potrebbe sembrare la cosa più naturale e normale da fare.

E invece è estremamente difficile per chi ne è dentro. Certo, ci sono segnapassi fissi nelle nostre giornate: andare a lavoro/a scuola, fare sport, mettere in ordine la casa, uscire con gli amici, etc. E, a fianco a questo, ci sono tutte le cose da fare inerenti la lotta contro il DCA: fare i 5 pasti quotidiani seguendo l’ “equilibrio alimentare”, andare a fare la spesa al supermercato, cucinare e, per chi adottava comportamenti di compensazione, trovare modi per riempire il tempo che veniva precedentemente utilizzato per fare esercizio fisico allo sfinimento, per abbuffarsi, per vomitare, per fare checking.

Il nostro aspetto fisico a poco a poco si normalizza, il peso torna nella norma, e forse ricominciamo anche a comportarci normalmente. Niente di male, anzi, al contrario, solo che questo non significa che l’anoressia se n’è andata. Non significa che l’anoressia se n’è andata, o che ci sentiamo distaccate da essa come se fosse semplicemente parte del nostro vissuto. Il DCA continua a sembrare “normale”, uno standard di vita, per un sacco di tempo anche dopo che i comportamenti esteriormente più malati se ne sono andati. È molto più facile, per il nostro cervello, “imparare” i comportamenti tipici di un DCA piuttosto che dimenticarli. E le emozioni positive che l’anoressia stessa suscita, aiutano la stessa a diventare sempre più forte e ad ingranare sempre di più nella nostra testa. I comportamenti che si devono adottare per percorrere la strada del ricovero non sono gratificanti come la restrizione alimentare, non hanno perciò tutta la sua forza, ed è per questo che impiegano tanto tempo a diventare solidi come prima lo era il DCA. Ed è per questo che la strada del ricovero è così lunga da percorrere.

In ogni caso, io sto facendo diventare il ricovero la mia nuova normalità. Questo non significa che adesso vada tutto sempre a meraviglia e che non abbia assolutamente più alcun problema, ovviamente. Questo significa però che, se anche l’anoressia c’è sempre, io sto combattendo.
La cosa più difficile è iniziare a percorrere la strada del ricovero, è fare il primo passo. La cosa positiva è che, una volta trovato il coraggio per farlo, man mano che il tempo passa, le cose diventano un po’ meno dure. Fortunatamente, il nostro cervello si abitua. Si è abituato all’anoressia, perciò non c’è alcun motivo per cui adesso non possa abituarsi al percorrere la strada del ricovero.
 
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