Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 27 gennaio 2012

Una domanda per voi: Perchè?

Ciao a tutte, ragazze!

Il post che scrivo oggi è diretta conseguenza dell’ultimo che ho pubblicato lo scorso Venerdì.

Perciò, voglio aprire questo post con una domanda. E la domanda è: cos’è che vi fa pensare che siete un fallimento e che non potrete mai raggiungere il livello di ricovero cui io sono adesso?

Il motivo per cui vi rivolgo questa domanda è perché dopo aver letto i vostri commenti a proposito del mio post precedente, e dopo aver letto anche alcune e-mail che mi sono arrivate al riguardo, nonché, più in generale, parlando, vuoi direttamente, vuoi tramite e-mail, con ragazze meravigliose, intelligenti, sensibili, creative, conosciute sia tramite blog sia nella vita di tutti i giorni, che stanno attivamente combattendo contro l’anoressia, che sono pienamente convinte di non voler rimanere impantanate nella melma di un DCA, mi sono ritrovata a sentire e a leggere cose come: “Io non riuscirò mai ad arrivare al punto in cui sei arrivata tu, perché non riesco neanche ad immaginare me stessa mentre mangio quel cibo o bevo quella bevanda; ed è bellissimo che tu invece ci riesca, ma io non penso proprio che ci riuscirò mai”, oppure “Non sentirsi un fallimento è una missione ardua... soprattutto per chi, come me, non accetta vie di mezzo. O è bianco o è nero, il grigio non esiste nella mia mente contorta”, o ancora “Tu sei molto più avanti di me nel percorso di ricovero, io mi sento un po’ una fallita perché mi sembra di non riuscire a fare passi avanti, e anche quando li faccio sono comunque troppo piccoli per portarmi da qualche parte”.

Questo mi ha fatto pensare molto, perché io ho sempre creduto (e detto anche qui sul blog) che un DCA è completamente diverso da persona a persona, perché ognuna di noi ha un diverso carattere e un diverso background, e ho detto anche più volte che pure il ricovero dall’anoressia è un qualcosa di diverso per ognuna di noi. È un processo, è un viaggio, più o meno lungo, che porta a dover fronteggiare problemi e situazioni differenti per ciascuna di noi, proprio perché ognuna di noi ha maturato l’anoressia per ragioni differenti. Certamente ognuna di noi avrà le sue motivazioni e le sue modalità d’intraprendere la strada del ricovero ma se cominciate a fare paragoni e soprattutto a pensare che il vostro “livello di ricovero” sia inferiore rispetto a quello di qualcun’altra, significa che non avete il giusto rispetto per voi stesse e per lo sforzo che state facendo, che sminuite il lavoro che siete riuscite a fare finora, e che non avete fiducia nelle vostre capacità di poter migliorare ulteriormente la vostra situazione… che non avete fiducia in voi stesse.

Perciò,vorrei innanzitutto dirvi che, invece, dovete avere fiducia in voi stesse perché è quello che avete bisogno di avere e che vi meritate. Conosco un sacco di persone che hanno fiducia in qualcun altro, e scommetto che ci sono un sacco di persone che hanno fiducia in voi e nella vostra capacità di combattere l’anoressia perciò, perché non volete essere voi le prime ad avere fiducia in voi stesse?

Inoltre, vorrei anche dirvi che non ha alcun senso che compariate la vostra strada del ricovero con quella di qualcun altro… semplicemente, è impossibile fare un tale tipo di comparazione. Si possono comparare due cose solo quando queste sono uguali. Posso comparare, per esempio, due penne biro e stabilire quale sia la migliore, vuoi per l’impugnatura, vuoi per il tipo d’inchiostro. Ma non posso comparare il ricovero di due persone, potrei farlo solo se queste persone avessero lo stesso background, gli stessi vissuti, la stessa situazione familiare, lo stesso carattere, lo stesso supporto medico e familiare… cosa, ovviamente, impossibile. E, dunque, anche il confronto è impossibile. È sempre impossibile, sempre.

Ma, allo stesso tempo, come non potete confrontare il vostro percorso di ricovero con quello di qualcun’altra, dovete riconoscere che ognuna di voi ha il potenziale di portare il proprio ricovero al livello di quello di qualsiasi altra persona. E se pensate che questo non sia vero, allora voglio che mi diciate il perché. Perché pensate che voi non ce la potete fare ad arrivare a un certo punto? Ecco quello che vi chiedo: cos’è che vi fa pensare che voi non arriverete mai al livello di ricovero cui sono io adesso? Perché quello che mi sento dire, o quello che leggo nelle mail e nei commenti del blog è: “Ma io non arriverò mai al punto cui sei arrivata tu”, oppure, soprattutto: “Grazie, grazie, grazie, grazie per questo tuo blog, grazie per il tuo aiuto, grazie per aver risposto alla mia e-mail, grazie per i tuoi consigli, grazie per quello che dici, grazie per quello che fai, il tuo blog e le tue parole mi aiutano moltissimo a combattere l’anoressia”, ma poi arriva l’inevitabile constatazione: “Tu sei forte, determinata e volitiva, ma io non lo sono tanto quanto te e quindi non riuscirò mai ad arrivare al punto cui sei arrivata te”.

Bene, penso che questo sia assolutamente falso. Se la pensate così, vi sbagliate. E perciò, vorrei che rivolgeste a voi stesse questa domanda, perché se la pensate davvero così, allora avete veramente bisogno di capire il perché. Perché la pensate così? Perché vi sentite così? Mi farebbe molto piacere se, nei commenti relativi a questo post o via e-mail, rispondeste a questa mia domanda.

In ogni caso, sappiate che non c’è alcuna ragione per cui percorrere la strada del ricovero non sia assolutamente possibile per ciascuna di noi. Perché è una strada dura e difficile, e tutte incontreremo problemi e difficoltà, ma tutte possiamo tirare fuori la grinta necessaria per superarle. Paradossalmente, è proprio il pensare “non ce la posso fare” che non vi permetterà di farcela, anche se ne avreste tutte le possibilità. Ma se riuscite a capire cos’è che vi spinge a pensare “non ce la posso fare”, ecco, allora avete in mano la chiave per superarlo.

Perciò, se vi va, rispondete alla mia domanda, nei commenti o via e-mail (veggie.any@gmail.com). Nel prossimo post, toccherò ciascuno dei punti che mi direte nelle vostre risposte.

21 commenti:

Vale ha detto...

Perché penso che non riuscirò mai ad arrivare al punto in cui stai tu, Veggie? Perché non ho più la forza di combattere. Ogni volta che ho provato ad intraprendere un percorso di ricovero, ogni volta che ho provato a staccarmi dal D.C.A., non è cambiato sostanzialmente niente, e questo mi ha fatta sentire pure peggio. Quando il mio B.M.I. è OK, la mia testa è KO. Non riesco a vedere cambiamenti, progressi. Perché continuare ad arrampicarmi, se tutto ciò che mi aspetta è la caduta?

Anonimo ha detto...

Non arriverò mai al tuo livello proprio per i motivi che hai scritto tu nel post: perché io non sono forte, determinata e volitiva. Vado da un terapeuta per un po’, poi smetto di andarci. Prendo gli ansiolitici per un po’, poi smetto di prenderli. Mi lascio trascinare dagli eventi avversi della vita. La mia bulimia è nata essenzialmente in risposta ad episodi di violenza cui sono stata ripetutamente sottoposta. Ho usato la bulimia come “meccanismo di autoprotezione”. Non sono riuscita a trovare nient’altro che funzionasse altrettanto efficientemente. Non ho il supporto della mia famiglia e dei miei cosiddetti amici. Questo è anche il motivo per cui ho smesso la terapia: non trovavo supporto. L’unico terapeuta che mi è piaciuto, dopo mesi di terapia, mi ha detto che non potevamo continuare le nostre sedute. Sono stata tradita anche dai terapeuti, quindi non ho più fiducia nella possibilità di uscire dalla bulimia.

Alice ha detto...

Io credo, anzi no, sono sicura che la nostra non fiducia in noi stesse dipenda dalla malattia. Per questo è difficilissimo credere in noi. Io sto per intraprendere un ricovero (ASL permettendo), ma ci vado con lo spirito del "so già che ricadrò nell'anoressia" perché "non valgo niente". Questo dipende, certo, dal mio vissuto, ma fa parte soprattutto della malattia! è la malattia che ti fa perdere fiducia in te stessa e riconquistarla, significa che hai già sconfitto l'anoressia o la bulimia per metà. Molte strutture per DCA infatti lavorano molto sull'autostima secondo me proprio perché senza di essa non si arriva da nessuna parte. Credo che la malattia giochi tutto sulla poca autostima ed è per questo che umiliamo il nostro corpo sfregiandolo o vomitando o digiunando.
ti mando un bacione :*

Anonimo ha detto...

Potrei tirar fuori un sacco e una sporta di ragioni per spiegare come mai penso che non arriverò mai al tuo livello di ricovero, a stare lì dove stai tu. Subito dopo aver letto il tuo post, mi sono balzate in mente milioni di riposte alla tua domanda: perché sono anoressica da una cifra di anni, perché ho avuto una vita del cazzo e numerosi dannatissimi problemi fin dai 14 anni, perché sono pure autolesionista, perché mi stanno sul cazzo gli psicoterapeuti e tutti quegli altri stronzi in camice bianco che dicono di volerti aiutare ma poi se ne sbattono la minchia, perché certi cibi mi danno una schifa di ansia assurda, perché la mia famiglia se ne fotte come sempre di me, perché mi sono fatta terra bruciata intorno e non ho nessuno che mi aiuti, e via dicendo. Niente di tutto questo è propriamente vero. Queste sono solo stupide giustificazioni. Ridicole scuse. Le balle che mi racconto per tirare Avanti e non sentirmi troppo in colpa se ho una ricaduta restrittiva. Ma non è vero. O meglio, non è tutto.
In definitiva il principale motivo per cui continuerò a fallire miseramente senza raggiungere il tuo livello di ricovero, è perche io NON VOGLIO raggiungere il tuo livello di ricovero. Non perché io non sia abbastanza forte o in gamba… forse solo perché ho vissuto talmente tanto tempo con la stramaledettissima anoressia che non riesco neanche a immaginarmi senza. Per anni ed anni sono stata solo “l’anoressica”, perciò, che cosa resterebbe di me se non ci fosse più l’anoressia?
Niente fraintesi: non sto dicendo che voglio restare anoressica per tutta la vita, anzi. Sto cercando di combattere. Ad oggi le cose vanno meglio rispetto agli anni passati, sicuramente meglio del giorno in cui, per la prima volta, lasciai un commento su questo blog, ma è come se avessi raggiunto un plateau: stimo che è più avanti di me nel percorso di ricovero, ma allo stesso tempo mi sembra che quello non sia posto per me. È come se volessi un pezzetto di anoressia dentro di me per sempre, perché mi ha dato un’identità – l’unica identità assolutamente mia, non tutte quelle che mi ha appiccicato addosso la stronza di gente.
Perciò, tu chiedi: Perché?
E io penso che la mia unica risposta totalmente sincera sia: Perché non voglio. In questo momento, non voglio.
Ma chissà, magari domani cambio idea.

Jonny

ShadeOfTheSun ha detto...

La penso proprio come Jonny, almeno per quanto mi riguarda diciamo che tempo fa ne ero uscita, poi ci son ricaduta, ora come leggi dai miei post, va che è una merda e il perchè non ne son fuori? Semplicemente non mi va..forse perchè sarebbe troppo "normale" uscirne, forse che mi fa una gran paura e mi fa sentire grassa pensare di riprendere una dieta alimentare corretta, forse che è il mio modo di comunicare. So che se volessi ce la potrei fare come tutte le ragazze qui, se ne fossi stanca o se decidessi di uscirne di punto in bianco. Ma il fatto è che ora non me ne fotte niente di uscirne..

justvicky ha detto...

Perchè durante la scalata , nel momento in cui sei appeso alla roccia e tenti con tutte le forze di non cadere, la vetta sembra sempre il doppio della distanza reale. I compagni di arrampicata sembrano sempre km sopra di te, più bravi, quasi ti volessero lasciare indietro. E tu , appeso a quella roccia che non sai bene dove appigliarti per procedere allo step sucessivo, ti senti bersaglio di tutto. Ti parlo come persona che forse è all'inizio, ai piedi, della montagna della guarigione. mi sto preparando adesso (forse) alla corsa per arrivare alla cima. Tutto è distante, anni luce, in manier inimmaginabile. Persone come te, sembrano dall'altra parte di una stringa fisica, di una realtà parallela infinitesimamente lontana,che si muove con altre velocità, che è sottoposta ad altre costanti gravitazionali . E SEMBRA che tutto questo si possa solo ammirare. Non è così. Io non credo sia così, non credo tu sia a un livello da me e da tutte non raggiungibile. Però credo sia necessario sputare sangue per arrivarci, e che non tutti siano pronti e disposti. Non per pigrizia, ma perchè , diciamocelo, uscire da un dca è come strapparsi a colpo secco uno strato di pelle. Fa un male cane.



grazie dei consigli (se ne hai altri riguardo terapie ecc sono ben accetti), per questi post . >Ti seguo e leggo tantissimo perchè mi dai forza.
un bacio.

withoutexit(?) ha detto...

se avessi scritto questo post anche solo un mese fa, la mia risposta sarebbe stata del tutto diversa. ma ora sento di poterti rispondere sì sinceramente, ma anche con speranza e forza. io ho sempre pensato che non ce l'avrei mai fatta perchè ho l'autostima sotto i piedi, perchè ho incontrato medici che mi hanno detto che ero solo una ragazzina viziata e stupida che voleva tenere sotto scacco i propri genitori ed avere le attenzioni di tutti, altri invece che mi hanno detto chiaro e tondo che ero pazza e che una vita normale me la potevo solo sognare e dovevo quindi rendermene conto. perchè i miei genitori non ci hanno mai capito un tubo nè di me nè di come mi sentivo o di questa malattia, perchè i miei amici o mi hanno mollato o li ho mollati io e quindi ho vissuto nel completo isolamento fisico, ma soprattutto emotivo, per diversi anni. e quindi non ho fatto che buttarmi ancora più giù, perchè c'ero solo io e i miei pensieri malati. perciò mi sembrava impossibile vivere senza di essi. ora invece ti dico che io ci credo che potrò raggiungere il livello di guarigione cui sei tu, che potrò uscirne per bene. non mi illudo, so che un'attenzione in più a ciò che mangio o comunque un'ansia di fondo ci saranno sempre, ma credo davvero di poterne uscire. perchè ho finalmente trovato dei medici che stanno dalla mia parte, invece che lavorare per i soldi a fine mese, e che mi sostengono e spronano e cazziano, anche, parecchio. perchè mi sto facendo letteralmente il mazzo. e se ne esco, e ne esco, sarà merito mio e basta. perchè il culo me lo faccio io ogni santo giorno. mi forzo a chiedere aiuto se vedo che non riesco (e poi seguire i consigli, ovviamente), mi forzo a cercare distrazioni e modi per scaricare l'angoscia e l'ansia,mi metto nella condizione di non farmi del male (come ben sai, mi taglio anche, e parecchio), cerco la vicinanza di qualcuno, fisica ed emotiva, sto riallacciando amicizie che avevo perso e cercandone di nuove, sto cercando interessi genuini e non dettati dai pensieri malati. e sto cercando di smettere di CROGIOLARMI nella malattia e nei pensieri disfunzionali. perchè alla fine è questo che ci frega, ci crogioliamo all'infinito in tutto questo schifo. e me ne sono resa conto ora che è quello che ho fatto finora. e quindi ho detto basta. e se cadrò- e cadrò, sono realista- mi rialzerò come in fondo ho fatto finora. e l'ho già detto, e lo ripeto, che se anche dovessi metterci 100 anni,io ne esco. perchè se ho avuto la forza di arrivare fin dove sono ora, anche distruggermi fin quanto mi sono distrutta, ma sopravvivere a tutto quello che è successo da sempre, allora la stessa forza distruttiva e di disperazione la posso piano piano rigirare a mio favore e farla diventare una spinta verso la vita, invece che verso la morte.

Cherubina ha detto...

Ciao cara, tratti argomenti che toccano direttamente noi adolescenti o post-adolescenti (come me... ma ti garantisco aver avuto "problemi" pur io). Li tratti con un tono speranzoso per chiunque soffra e non solo di malattie specifiche. Sei una forza e dai forza. Continua così e, se ti va, seguimi!!
Sappi che io sono una lesbicaccia volgare e rozza, peggio di certi camionisti, come mi definiscono le mie amiche.
Ti bacio.

Vele Ivy ha detto...

Veggie, tu sei veramente un modello per tutti: non solo combatti per te stessa, ma non ti stanchi mai di incoraggiare le altre. Ti ammiro! E sei la dimostrazione che si può, e si deve, uscire dal senso di fallimento.

Wolfie ha detto...

Non posso far mancare il mio commento a questo post: visto che hai citato la frase di una email che ti ho scritto, non posso non sentirmi chiamata in causa!
In effetti è vero, a volte mi sento un po’ un fallimento perché le cose non vanno come vorrei, e perché dopo anni di psicoterapia e tutto quanto, non riesco comunque a tirare un bel calcio definitivo alla mia bulimia. Il fatto è che, mi sono accorta, quando faccio dei progressi, comincio a dubitare del risultato finale che dovrei raggiungere. So che può sembrare una sciocchezza, ma per me è un vero freno al mio percorso di ricovero dalla bulimia. Talora, perciò, mi auto-saboto. Perchè tagliare il traguardo mi fa comunque paura, non so cosa potrebbe succedere dopo, in un ipotetico futuro senza la bulimia, e questo mi spaventa comunque un po’. Quindi, mi fermo. E fatico ad andare avanti.
Ciò nonostante, vorrei precisare che ce la metto comunque tutta per continuare a percorrere la strada del ricovero!

V. ha detto...

Io credo che chi non ne esce è perchè semplicemente non ne VUOLE uscire...
VOLERE è POTERE... Ma molto spesso il dca diventa routine ed è difficile accettare di lasciarlo andare...

Sonia ha detto...

Mi sento un fallimento perchè qualunque osa io faccia c'è una parte di me che lo contesta.
Riesco a seguire l'equilibrio alimentare? Una parte di me mi fa sentire uno schifo, una perdente...fallita.
Non lo seguo? C'è l'altre parte di me che si agita (non qanto la prima parte ma anche lei si mette in mezzo).
Perchè mi sento un fallimento??
Perchè non so se ciò che sto facendo è veramente ciò che voglio.
Non so più qual'è la strada giusta.
E mi lascio trasportare dalle parole dei medici.
Ma non mi piace, perchè così loro controllano me mentre io mi voglio controllare autonomamente.
So che il rischio di ritornare nel pieno dell'anoressia è alto... ma forse è ciò che voglio... o forse no.

-Troppa confusione nella mia testa-

Alice ha detto...

Penso che tu te lo meriti più di tutti. Se passi nel mio blog c'è un premio per te :)

Ilaria ha detto...

...perché fa più paura non tentare, piuttosto che farlo e arrivare al punto di dire "ho tentato, ho fallito". Perché poi di quest'ultima frase quello che il mondo ricorda è solo la parte del fallimento... tutti valutano i fatti, nessuno le intenzioni. Il mondo è pieno di giudici pronti ad emettere sentenze sulla base delle loro opinioni soggettive.
E allora dire che "non ce la faremo mai" diventa da un lato un mezzo per avere la compassione e le coccole di tutti, dall'altro una difesa dall'ipotesi del fallire e dimostrare, ancora una volta, che siamo tutt'altro che perfette.

..without soul.. ha detto...

ciao
se vuoi passare sul mio blog, c'è una sorpresa per te!

La Ely ha detto...

wow. Una domanda diretta volta a scuotere gli animi e risposte articolate che danno da pensare.
Gli esempi positivi servono sempre a spronarci, ma in effetti possono anche diventare, soprattutto per chi non ha una grande autostima, fonte di una certa frustrazione.
E ci si trincera anche dietro al pensiero che "veggie è diversa, lei ce l'ha fatta, io? Io sono un'altra storia, anche se mi piace sperare..."
Credo che chi ti legge, in fondo all'animo, ha quella scintilla, quella che, un giorno in cui meno se lo aspetta, le permetterà di rialzarsi di quel centimetro cruciale che cambierà radicalmente la prospettiva.
Perchè chi legge questo blog non va su altri siti? Non perde tempo in altro modo?
Chi ti legge in fondo ha la forza per guarire, per continuare a sperare e provare.
Nessuno può dire quanto tempo ci vorrà, quale percorso fare, ma sono stra-convinta che qui il materiale umano sia di tutto rispetto.
Il sogno della guarigione nonostante le coazioni a ripetere di un meccanismo mentale malato di protezione non è già sintomo di una forza non comune?
E' così facile, una volta messo il piede in fallo, lasciarsi scivolare sempre più giù. Ma mettersi in discussione non lo è mai.
E anche se continuiamo, per mesi, anni, a ripetere "sì, ha ragione, ma io no, io non ce la posso fare", c'è quella scintilla che non muore, che nonostante tutto ammette "sì, ha ragione". E scava nel profondo.
E un giorno ci sarà l'illuminazione. Oppure ci vorrà un percorso infinito.
Ma qui nessuno è da meno di altri/e.
Anche chi si identifica nella malattia, anche chi non sa nemmeno più come essere felice.

Ail Finn ha detto...

Tornata (dopo tanto) e spulciato qualche blog proana. C'è un mondo là fuori che fa paura. Fa veramente paura. Meno male che ci sei tu a portare avanti la battaglia. Sei speciale ♥

Veggie ha detto...

@ Cherubina – Ti ringrazio per essere passata di qui e per aver lasciato il tuo commento!... Ogni lesbicaccia volgare e rozza è la benvenuta!... Passerò presto dal tuo blog… intanto ricambio il bacio con un abbraccio forte forte forte…

@ Vele/Ivy – Ti ringrazio… e non solo io: chiunque qui stia combattendo non è mai un fallimento!...

@ ..without soul.. – Ti ringrazio, passerò appena posso!...

@ La Ely – Non potrei essere più d’accordo con quello che hai scritto… Vedi, io credo che, fondamentalmente, ci siano 2 tipi di competizione: quella negativa e quella positiva. Quella negativa ti fa dire: “Voglio essere la migliore ad ogni costo, e se poi mi accorgo che c’è qualcuna che fa meglio di me, allora mollo tutto”. La competizione positiva – che è quella che con questo blog vorrei accendere – è invece quella che ti fa dire: “Okay, in questo momento c’è chi è più avanti di me. Ma se è così, allora non c’è alcuna ragione per cui non arrivi anch’io a quel punto. E m’impegnerò con tutta me stessa per riuscirci”. E qui, come ovviamente nella vita di tutti i giorni grazie al supporto professionale specifico, possiamo darci una mano ad andare avanti tutte insieme…

@ Coniglia Mannara – Ma noi siamo più forti di tutto ciò che può farci paura, no?!... Anche tu sei speciale… non te ne dimenticare. Ti abbraccio…

@ TUTTE LE ALTRE – Vi rispondo direttamente nei prossimi post!...

Unknown ha detto...

Bella domanda, la tua...
Ho paura di non riuscire perché, alla fine, sono troppo molle, troppo debole, troppo indulgente con me stessa verso quelle cose (per esempio gli episodi bulimici)che invece dovrei assolutamente evitare.
Vorrei essere come un giunco, forte ma flessibile verso me stessa, accettare i miei sbagli ed andare avanti... invece mi trovo a mangiare un biscotto e dirmi: "Ormai hai fatto la cazzata, va avanti fino in fondo e ci riproverai domani".
E il domani non arriva mai.

Veggie ha detto...

@ Darknaike - Se dici che devi "assolutamente evitare" una cosa, poco ma sicuro che ci ricadrai a breve... Ditti semplicemente "io ci provo, vediamo un po' come va"... forse è più una mentalità di questo tipo che ti farebbe somigliare ad un giungo, no?!... Un biscotto non è la fine del mondo, finiscilo e metti la scatola a posto. E, sì, certo che ci riproverai domani... e che altro vorresti fare? Continuare ad annegare nel vomito?

Unknown ha detto...

Hai ragione, devo prenderla giorno per giorno e smetterla di distruggermi...
ci riprovo, oggi è un nuovo giorno!

 
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