Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 26 dicembre 2014

...2015, you're welcome! [2^ parte]

(...continua)

Giugno 2014. Soundtrack: “Best Years Of Our Lives”. In Giugno io ed il mio migliore amico Alex abbiamo deciso di intraprendere 2 strade completamente differenti, sia da un punto di vista professionale che personale, per cui abbiamo dovuto separarci. Abbiamo scelto di troncare, perché sapevamo bene entrambi che, se anche all’inizio avesse fatto un male boia, alla lunga sarebbe stata la scelta migliore per tutti e 2. Abituati com’eravamo a vivere come fratelli, per me è stata una separazione lacerante. Come se mi avessero staccato un braccio e una gamba. Solo che io dovevo continuare ad andare avanti, e a fare tutto quello che facevo come se niente fosse stato, ma con un braccio ed una gamba in meno. In realtà non lo so descrivere quello che ho provato, perché è come quando si dice “non ho parole” – e quando ci si accorge che non ne abbiamo veramente. Ché non è solo una frase fatta, è esattamente così. Non è che non ho parole, è che semplicemente non esistono parole per tirare fuori quello che ho dentro. Non esiste decodifica verbale di questi sentimenti. Come quando ci siamo conosciuti al 3° anno. Come adesso. Come sempre. Come per sempre. Perché posso fare tabula rasa di tutto e di tutti, ma il ricordo di tutto ciò che abbiamo vissuto insieme, le emozioni, quelle di cancellarle non c’è proprio verso. Per quanto ci provi, restano sempre lì. Più le cancello, più mi restano dentro. E ora mi tengo dentro solo il vuoto che di lui mi resta.

Io lo so che alla fine i momenti difficili passeranno, e il sole tornerà a splendere. Io lo so che Alex sarà sereno, ed avrà la vita che desidera. Che sembra tanto fiera della frase fatta, ma è la verità. Lo so per certo, perché ad una persona speciale come lui non può che andare tutto bene. Sii felice, Alex, te lo ordino. Perché meriti veramente tutto il meglio, e so che lo avrai. Io? Io rimetterò insieme i cocci, ed andrò avanti, in qualche modo. Sono caduta fin troppe volte per non sapere che, in un modo o nell’altro, sono capace di rimettermi in piedi.

Una lettera, un video, le mie parole inadatte. Sono tutto quello che ho, ed è tutto per te, Alex. Io sono tutta per te. E tu sei tutto per me. Non ci risentiremo né ci rivedremo mai più, ce lo siamo promessi, ma sarà così per sempre. È per questo – lo so. È per questo che L., e tutte le altre, mi hanno sempre odiata anche senza neppure conoscermi. È per questo che sono sempre state gelose di me anche se tra noi due non c’è mai stato niente. Ed è per questo che io, in fondo, non sono mai stata veramente invidiosa di loro, mai davvero gelosa. Perché avrei dovuto esserlo, del resto? Tu eri già mio. Perché è così. Sarò sempre io tua e tu mio.

Lo so. Perché quando dai le cose in pasto agli altri, le cambiano, le sciupano, le immiseriscono.
“Non lo diciamo mai a nessuno, promettimelo”.
“Cosa? Cosa non dobbiamo dire a nessuno?”.
“Il bene che ci vogliamo. Che ci vogliamo un bene così”.
“Promesso”.

(Non è amicizia, e men che meno amore. Un sentimento cui non so neanche attribuire un nome, ma più forte di entrambi. Infinitamente più forte.)  

Luglio 2014. Soundtrack: "Не Жалей" / “Don’t regret”. Luglio è stato un mese in rincorsa. Il contraccolpo di dover affrontare la mia quotidianità senza Alex è stato particolarmente forte, ed ho risposto ammazzandomi di lavoro, e sperando che potesse essere una strategia di coping efficace. Perché avevo disperatamente bisogno di credere che sarei stata in grado di metterci sopra una pezza e andare avanti. Mi sentivo completamente persa. Peggio: senza sapere che direzione prendere, e come fare per andare avanti. Abbiamo scelto il minore dei mali, ma mi ha fatto comunque male; la consapevolezza razionale non mi ha protetta dalla tempesta emotiva. Non mi ricordo molto di Luglio, mi ricordo solo che ogni singolo giorno mi sono impegnata al massimo per non crollare. Ho lavorato come una disperata, pure coprendo turni altrui, e dalla mia maschera di medico superefficiente non è trapelato nulla. Non potevo permettermi di crollare, perché Alex non era più al mio fianco, e quindi non ci sarebbe stato nessuno a darmi una mano per ritirarmi su. E non ero sicura che ce l’avrei fatta a rialzarmi da sola. Di Luglio ricordo solo che ho cercato di non rimanerci sotto. Perché sarebbe stato un rischio che non potevo permettermi di correre. E un lusso che non potevo concedermi. Ce l’ho messa tutta per non cedere, perché sapevo che avrei fatto meglio a non cedere. Perché rimettere insieme i pezzi richiede mille volte il tempo che serve per crollare.  

Agosto 2014. In Agosto ho fatto il mio check-up annuale con la dietista che mi segue: il mio peso è più o meno costante da alcuni anni, e grazie all’ “equilibrio alimentare” che seguo cerco di mantenerlo tale. Perciò, allo stesso tempo, ho deciso di fare un check-up del blog, data la prossimità del suo 6° compleanno. Il mio blog, con le sue pubblicazioni settimanali, ha raggiunto i 315 lettori fissi. Sono arrivata a 125 followers su Twitter, e per quanto riguarda YouTube ci sono 563 iscritti al mio canale. La mia pagina DeviantArt, invece, ha toccato le 2566 visualizzazioni. Penso sia natura umana che cose del genere incentivino il mio ego (non che ce ne fosse bisogno, eh, era già abbastanza sviluppato di per sé…), ma più di ogni altra cosa sono felice di essere riuscita a raggiungere così tante persone. I commenti ai post e le e-mail che ricevo da voi, da chiunque stia combattendo contro un DCA, sono per me un incentivo a continuare ad impegnarmi in quello che sto facendo. Il più grande complimento che ho ricevuto è stato quello che mi ha inviato una di voi lettrici, scrivendomi che tutte le sere cena insieme a me: le riesce più facile seguire il suo “equilibrio alimentare” se mentre mangia legge i miei post e i miei tweet, o guarda i miei video. Non sono sicura che esista qualcosa che mi si possa dire, e che possa rendermi più felice di così. Il mio blog sta qui, ragazze, e non se ne andrà da nessuna parte. E la soundtrack del mese, perciò, la dedico a voi, perché è esattamente quello che vorrei dirvi: "Go".

Settembre 2014. Soundtrack: “Dangerous”. In Settembre io e justvicky abbiamo deciso di fare una mini-vacanza, ed in pochi giorni abbiamo toccato diverse città. Sono stati dei giorni veramente stupendi per me, una parentesi in cui respirare a pieni polmoni, e avrei voluto che potessero non finire, però so che dovevano finire. Tutte le cose belle finiscono prima o poi. Ed ho il sospetto che sia proprio questo a renderle tali. Il posto che mi è piaciuto di più tra tutti quelli che abbiamo visitato? Vediamo se indovinate…  

Ottobre 2014. Soundtrack: “Siamo Una Squadra Fortissimi”. In Ottobre ho ricevuto un incarico di lavoro inaspettato: si trattava di fare da medico per una squadra di calcio locale che milita in serie D. Niente di trascendente, per carità, ma a me piace molto il calcio, e dunque sono stata veramente contenta di poter entrare a far parte del team. Tra l’altro, mi sono trovata molto bene sin da subito sia con i giocatori, sia con il fisioterapista, sia con il Mister, sia con il Presidente per cui, anche se per ora l’accordo è che il mio contratto si chiuderà ad Aprile, quando finirà la stagione sportiva, incrocio le dita nella speranza che possa essermi rinnovato per la stagione sportiva 2015-2016… e, perché no, incrocio le dita affinché questa squadra possa risalire in serie C2 (anche se, nel caso, non potrò comunque vantarmi che è stato merito mio per aver posizionato particolarmente bene un Raucocel ad un giocatore, in seguito ad un contrasto subìto quando è stata battuta una punizione…)  

Novembre 2014. Soundtrack: “Down”. In Novembre ho origliato una conversazione tra i miei colleghi del 118/DEA, ed ho così amabilmente scoperto quel che si dice alle mie spalle. La cosa è partita dal primario (Dr. Vittorio C.), che ha detto che poiché io non sono entrata in scuola di specializzazione, non mi avrebbe rinnovato il contratto perché (le sue testuali parole) “chi non riesce ad entrare in scuola di specializzazione è un medico mediocre, e io non voglio medici mediocri nel mio DEA”. Okay, la cosa non mi ha fatto piacere, però ne capisco la logica di fondo: un primario deve tutelare l’azienda, e chiaramente chi fa una specializzazione ha una marcia in più di chi non la fa. Quindi, da un punto di vista prettamente utilitaristico, sebbene mi faccia tutt’altro che piacere, posso anche comprendere il suo ragionamento. Almeno ho saputo in anticipo (anche se in via ufficiosa) che il contratto che ho fino alla fine dell’anno non mi sarebbe stato rinnovato, e che avrei dovuto già darmi da fare per trovare altro. La cosa peggiore è stato il sentire quello che i miei colleghi dicevano alle mie spalle, non tanto sul versante professionale (su quello non avevano niente da ridire, in effetti), quanto piuttosto su quello personale. Non dico che consideravo quelle persone degli “amici”, ci mancherebbe, so bene che l’amicizia è ben altro, però eravamo comunque in buoni rapporti, e non pensavo di essere una tale pezza da piedi ai loro occhi. Che poi: ma il coraggio di venirmele a dire in faccia, certe cose, è chiedere troppo? Io credo che ognuno sia libero di pensare tutto quello che vuole su di me come persona, nel bene e nel male, altro ci mancherebbe!, e magari c’hanno pure ragione… però, almeno l’onestà intellettuale e i coglioni di venirmelo a dire face-to-face, credo che ci vorrebbero. Troppo facile tirare fuori le cose quando io non ci sono, e poi comportarsi come se nulla fosse, con la gentilezza consueta, davanti ai miei occhi. Mi sono consolata pensando che da Gennaio non dovrò più aver a che fare con coglioni del genere.  

Dicembre 2014. Soundtrack: “Better Days”. Ed eccomi qua, arrivata alla fine di quest’anno, chiudo il cerchio tornando ad inizio post. Non so cosa mi aspetta nel nuovo anno, e mi appresto ad affrontarlo con un misto di ansia e trepidazione. Recentemente ho letto una frase che recita: "Tomorrow may bring pain, but it cannot steal my joy." (“Il domani può arrecare dolore, ma non può rubare la mia gioia”.) Caro 2015, hai presente il 2014? Ecco, adesso tu cerca di fare un tantino meglio, okay? Voglio trovare un po’ di gioia, e voglio fare in modo che rimanga nella mia vita. Ce la metterò tutta, sai? Perciò, 2015, meglio che stai in guardia!  

P.S.= Buon anno nuovo a tutte, ragazze…!

venerdì 19 dicembre 2014

Goodbye 2014... [1^ parte]

Quando si arriva alla fine di un anno, le persone si dividono in 2 categorie: quelle che stilano i buoni propositi per l’anno nuovo, e quelle che si voltano indietro e danno un’occhiata all’anno appena trascorso per tirare le fila.

Personalmente, se mi mettessi a redigere una lista di buoni propositi, conoscendomi so benissimo che li mancherei completamente poiché li caricherei di aspettative eccessive. Tanto più che non riuscirei mai a tenerli a mente, per cui per ricordarmeli per ben 12 mesi, dovrei scrivermeli. E dovrei poi ricordarmi dove li ho scritti. No no, niente da fare, troppo complicato per me. Ergo, appartengo decisamente alla seconda categoria.

Il 2014 è stato un anno veramente tosto per me. Un alternarsi continuo di alti e bassi, cose positive e cose negative; è stato un anno strano, agrodolce, intenso, che mi ha comunque portato a costruire un altro pezzetto di me. Anche quest’anno ho percorso un pezzo della mia strada, ed ho cercato di mantenermi in carreggiata perché sapevo che la destinazione finale sarebbe stata comunque un nuovo inizio, ed un nuovo inizio conduce a nuove esperienze, e queste esperienze conducono a nuove destinazioni… e così via.

Gennaio 2014. Soundtrack: "You Can't Win". Gennaio è iniziato subito male. Per la serie "Se il buongiorno si vede dal mattino...", insomma. E' iniziato con diatribe infinite con il proprietario della casa in cui abito come affittuaria, perché si sa che insomma la crisi economica, la nuova tassazione, l'IMU, l'ICI, la TASI, il tram 14 che ha modificato l’itinerario e i nuovi cartoni animati di Spongebob, sarebbe stato opportuno che io pagassi di più. Dato il mio stipendio, pagare di più d'affitto significa rinunciare, a scelta, a: gas o luce o cibo o acqua calda (o acqua in toto). Ce n'è volute di riffe e di raffe per trovare un compromesso, non dico buono ma quantomeno accettabile.

E' proseguito con una serie di colloqui di lavoro andati uno peggio dell'altro. "Ha i capelli troppo lunghi, dottoressa, dovrebbe raccoglierli, sennò sembra sciatta". "Perché quella crocchia? Le dà un'aria troppo seriosa, meglio i capelli sciolti, fanno più informale, i pazienti si sentono meno in soggezione". "Noi cercavamo una persona che abbia un po' più di esperienza lavorativa, non qualcuno alle prime armi". "Lei è già troppo mirata sulla medicina d'urgenza, noi vorremmo qualcuno proprio appena fresco di studi per poterlo indirizzare". "Dovremmo poter lavorare con qualcuno in grado di darci continuità". "Facciamo solo contratti mensili, perché le esigenze variano". "Lei ha già fatto domanda per il lavoro XY, quindi non possiamo accettare la sua domanda per questo impiego". "Lei non ha fatto domanda per il lavoro XY, quindi non possiamo neanche accettare la sua domanda per questo impiego". Prima volta: "Se lei è il secondo pilota di un aereo, e vede che il capitano sta per fare una manovra che farà morire tutti i passeggeri, glielo dice?" "Certo che glielo dico! Diamine!" "Allora lei non è la persona giusta per noi, perché qui abbiamo bisogno di medici disposti a fidarsi ciecamente del primario senza metterlo costantemente in discussione". Seconda volta: "Se lei è il secondo pilota di un aereo, e vede che il capitano sta per fare una manovra che farà morire tutti i passeggeri, glielo dice?" "No no, il capitano è il capitano, ci mancherebbe!" "Allora lei non è la persona giusta per noi, perché qui abbiamo bisogno di medici svegli, che sanno ragionare con la propria testa". (Per inciso: qualcuno mi spiega qual è la risposta giusta a quella cazzo di domanda, allora??) Pace col cervello no, eh?!

Si è concluso con la bellezza di non una, non 2, non 3, bensì 4 multe. Un salasso, in pratica. E, indovinate un po'? Grazie anche all'affitto aumentato, non navigo certo nell'oro... Tra l'altro, tutte multe prese per la medesima infrazione, ripetuta. Perché io sono una tipina determinata, eh, quando penso di stare dalla parte della ragione, nessuno mi sposta dalla mia strada (ehm, Veggie... il termine tecnico è "essere una fava"). In ogni caso, tutta colpa delle segnaletiche stradali. Gli Autovelox indicati da dei cartelli apposti alcuni metri prima... ma dove?? La notte, poi, ma che c'è da indicare se la strada non è manco illuminata? Viviamo in un Paese ormai alla frutta, che pur di raggranellare qualche spicciolo (168 Euro a volta... spiccioli un corno!) specula su noi poveri cittadini imponendo limiti di velocità assurdamente bassi su raccordi che sembrano autostrade; siamo in un Paese che opprime i suoi cittadini, ne monitorizza la velocità degli spostamenti, li sottopone allo spietato giudizio della Polizia Municipale... accidenti!
In sintesi: e i soldi per pagarle chi me li dà?
Avevo pensato a 2 soluzioni: 1) Indire una misera colletta di 5 Euro/persona tra voi lettrici del blog, il che avrebbe risolto il problema in maniera rapida ed indolore. Del resto, ci sono persone che offrono l'8 per 1000 alla Chiesa Cattolica, quindi perché non una donazione in favore dell'admin di questo blog? 2) Alternativa meno onerosa per le singole lettrici, un po'meno rapida ed indolore, ma efficace al 100%: colpo di stato. Unire le nostre forze per sovvertire la legge, approfittandone anche per occultare le notifiche amministrative della sottoscritta. (Idea in grado peraltro di unire l'utile al dilettevole). E alla fine mi son dovuta ingegnare a trovare metodi più consoni alla società civile per pagare quelle stupidissime multe (avevo pensato infatti di andare a rubare un po' di portafogli in giro...)  

Febbraio 2014. Soundtrack:Another Day” (questa è per te, Cosi) / “A SimpleMotion” (e questa è per me, ovviamente… mi sono trattenuta dal mettere “Timber”, visto Cosi?!). In Febbraio io e Cosi abbiamo deciso di guardare insieme le stelle. Spalla contro spalla, lo sguardo rivolto a quel rettangolo di cielo. A vedere una notte trascorrere immemore del nostro essere lì, seduti, in silenzio. Può cambiare tutto in una notte e, allo stesso tempo, non cambiare niente? Solo io e Cosi, il cielo stellato, ed era abbastanza. Ed era tutto. Basta una mansarda, un cielo punteggiato di stelle, il gioco di luci del paese tra il buio sottostante, la mancanza di desideri da esprimere anche in presenza di stelle cadenti, perché come fai ad esprimere un desiderio se ti sembra che quel momento sia già perfetto così com’è? È stato un qualcosa di indescrivibile. E non mi sento di aggiungere altre parole. Solo: indescrivibile.

Ebbene, sapete cos’avevano detto gli altri ragazzi che fanno karate insieme a noi, quando avevamo ventilato l’ipotesi di andare a guardare le stelle? Che guardare le stelle è roba da coppiette, e noi non siamo una coppia. Ma che discorso è? Anche abbracciarsi è roba da coppiette, allora, eppure io a Cosi lo abbraccio. E lui mi abbraccia. E non c’è nulla di male, perché sappiamo noi che rapporto abbiamo e dove finisce. Eppure, seguendo l’illuminata visione degli altri ragazzi del karate, abbiamo appurato che nei rapporti d’amicizia: si può limonare duro e si rimane comunque amici, si può dormire insieme e si rimane comunque amici, si può fare sesso e ancora si rimane amici, ma NON si possono guardare le stelle insieme perché è roba da coppie, e non ci sono più le mezze stagioni (questa frase è un’evergreen).

Eppure io e Cosi le stelle insieme le abbiamo guardate ugualmente, alla faccia di tutti. Abbiamo cercato di scappare, e siamo finiti inevitabilmente per tornare al punto di partenza – anche se siamo entrambi così stupidamente orgogliosi che non lo ammetteremo mai. Può passare un giorno, un mese, un anno o una vita, tutto il tempo che si vuole, e siamo di nuovo lì, come se non fosse trascorso neanche un secondo, due poli uguali di calamite che inaspettatamente non si respingono. E io penso che, diamine, gli voglio davvero bene a questo ragazzo con cui sono cresciuta, a questo ragazzo con cui ho condiviso una fetta di vita. Che sono davvero felice che ci sia stato lui a guardare le stelle con me. Che non avrebbe potuto esserci nessun altro. Perché non sarebbe stato lo stesso. Non serviva nulla di più, non servivano spiegazioni od altro, è stato di una bellezza indescrivibile. E indescrivibile, forse, lo è anche la nostra amicizia.  

Marzo 2014. Soundtrack:Coffee And Cigarettes”. In Marzo ho ampliato la mia esperienza lavorativa alle sostituzioni di MMG (Medici di Medicina Generale... i medici di famiglia, per intendersi), ed ho scoperto che al confronto il 118 nelle giornate in cui si raccattano infartuati/shockati/incidentati/vivi per miracolo sono una vera passeggiata di salute. Negli ambulatori dei MMG ho imparato sulla mia pelle che i 3 punti-chiave che ti dicono a lezione di Semeiotica riguardo i pazienti sono assolutamente veri.

1) I pazienti mentono. Durante l'ambulatorio un paziente, rispondendo alle mie domande, ha volontariamente e spudoratamente omesso alcuni dati anamnestici di non scarso rilievo per farsi prescrivere un determinato farmaco.
2) I pazienti si documentano su Internet, e arrivano dal proprio medico con un'auto-diagnosi già fatta. Suddetto paziente si è presentato in ambulatorio con un'auto-diagnosi, sciorinandomi tutti i sintomi inerenti quella patologia come propri, e non in virtù del fatto che avesse veramente quella malattia o che anche lui avesse studiato Medicina, o si fosse documentato su PubMed o su qualche libro di medicina interna, ma semplicemente perché aveva cercato quello che gli interessava su Wikipedia. E Wikipedia 9 volte su 10 ci azzecca.
3) I pazienti modificano autonomamente dosaggi/tempistica/modalità d'assunzione della terapia, senza dire niente al proprio medico. Il paziente in questione non ha scagato manco di striscio quello che gli avevo detto a proposito del farmaco, e ne ha considerevolmente abusato creando nuove posologie di sua sponte. Morale della favola: la cosa è venuta fuori perché il paziente è tornato successivamente in ambulatorio stando peggio, è stata una botta di culo se non gli è successo nulla di veramente grave, ed io ho passato un brutto quarto d'ora.

E avanti in maniera del tutto simile per ogni singolo giorno di sostituzione, che facevo le X sui giorni del calendario aspettando con ansia la fine, proprio come quando ero una studentessa e aspettavo l'ultimo giorno di scuola con la stessa impazienza.  

Aprile 2014. Soundtrack:Count On Me”. In Aprile, io e il Dottor Tommaso B. (che è stato il mio primissimo tutor quando ho cominciato a fare tirocinio in Pronto Soccorso ed ero ancora al 4° anno di Medicina, e che è successivamente diventato un mio caro amico) ci siamo scambiati una serie di SMS che sono quanto di più meraviglioso possa esserci, per lo meno per quello che è il mio modo di concepire il lavoro di squadra nella professione medica, laddove invece purtroppo spesso e volentieri regna incontrastata la competitività, e dove tutti farebbero di tutto per mettere i bastoni tra le ruote. (Click sulle immagini per ingrandire.)


   

Maggio 2014. Soundtrack:Hall Of Fame”. In Maggio Manuel e Dino, due dei ragazzi del karate di cui sono allenatrice, si sono classificati rispettivamente 2° e 3° nella gara di kumite (= combattimento), del torneo che si è tenuto nella città di A. Sono due ragazzi che alleno da diversi anni, e non è la prima volta che vedo Manuel salire sul podio, mentre per Dino è stata la primissima, perciò non mi era mai capitato di averli entrambi sullo stesso podio contemporaneamente. Questo per me è stato un successo sotto ogni punto di vista, che mi ha fatto capire quanto questi ragazzi sono veramente in gamba, quanto mi posso aspettare da loro, e quanto ancora possono essere in grado di fare continuando a lavorare sodo; ma è stato un successo anche personale, perché mi ha fatto capire che come allenatrice ho lavorato bene, e che devo procedere in questa direzione. È stata una bella iniezione di fiducia… oltre che una coppa d’argento e una di bronzo per i “miei” ragazzi, nonché una coppa di riconoscimento anche a me come allenatrice, e neanche tutto questo è proprio da buttare via…! (continua...)

venerdì 12 dicembre 2014

Affrontare il periodo natalizio

Un altro Natale sta arrivando, e con esso un altro periodo festivo e, come ormai ogni anno, voglio lasciarvi alcuni suggerimenti di auto-aiuto per cercare di affrontare un po’ più serenamente questo periodo e questa giornata in particolare, nonostante la presenza del DCA. Spero che in qualche modo possano esservi utili…  

1) Cercate di alimentarvi regolarmente, seguendo il vostro “equilibrio alimentare”. Non saltate pasti e non digiunate per cercare di “far pari” con quello che avete mangiato, o con quello che avete in previsione di mangiare: un pranzo/cena di Natale è un singolo strappo alla regola, che l’omeostasi dell’organismo minimizzerà automaticamente. Continuate a nutrirvi in maniera regolare, senza guardare nel piatto altrui.

2) Cercate di non focalizzarvi troppo sugli aspetti negativi delle feste (per esempio: dover rivedere tutti i parenti, anche quelli più intollerabili, dover attirare commenti per il vostro aspetto fisico/abbigliamento/quello che mangiate/etc…), e provate invece a pensare a quello che può esserci di positivo.  

3) Giocate d’anticipo: fate un elenco di quelli che potrebbero essere i trigger cui potreste trovarvi di fronte a Natale, e parlatene con psichiatra/psicologo/dietista/dietologo/nutrizionista… ogni membro del team di specialisti che vi segue. Così facendo, queste persone potranno aiutarvi a prepararvi, affrontare e superare i momenti difficili cui potreste andare incontro, senza dover adottare alcuna strategia di coping propria del DCA.  

4) Elaborate un “Piano B” prima di invitare qualcuno a casa vostra, o di andare a festeggiare a casa altrui. Siate consapevoli di quali sono le “uscite di emergenza”, di dove sono le persone che possono supportarvi, e di quando arriva il momento di prendervi una pausa dalla situazione che state vivendo, e chiedere aiuto.  

5) Parlate con franchezza a chi vi circonda di quelli che sono i vostri problemi e le vostre difficoltà alimentari, al fine di non essere oggetto di pressioni od osservazioni tutt’altro che piacevoli, e vedere così il vostro umore calare a picco. Spiegate anche quelle che sono le cose che vi danno fastidio e che preferireste gli altri evitassero di fare/dire, affinché anche chi vi sta di fronte possa avere qualche dritta su cosa fare/non fare, dire/non dire.  

6) Scegliete, in anticipo, un amico/familiare/terapeuta/qualcuno cui telefonare in caso di difficoltà, quando sentite che state per cedere al DCA, o quando vi sentite sopraffatte da pensieri ed emozioni negative. Mettetevi d'accordo con questa persona nei giorni che precedono il Natale, informatela su quali potrebbero essere le vostre difficoltà, le vostre necessità, e la possibilità di ricevere una chiamata da parte vostra nel giorno di Natale.  

7) Se pensate che possa esservi di supporto, o comunque utile in qualche modo, fatevi aiutare da un familiare/amico che sarà presente al vostro pranzo/cena di Natale, in maniera tale che questa persona possa rappresentare una sorta di “check point sulla realtà dei fatti” in merito all'alimentazione. Una persona che possa aiutarvi con le dosi del cibo, che possa riempirvi il piatto con quantità adeguate prima che lo faccia qualcun altro magari in maniera impropria, o che comunque sia in grado di dirvi se state restringendo/esagerando in merito a quanto cibo voi stesse vi mettete nel piatto.  

8) Scrivete quali vi piacerebbe potessero essere i vostri pensieri e il vostro stato emotivo nel periodo natalizio, in compagnia dei vostri parenti. Se e quando le cose si allontaneranno dalla vostra visione, prendetevi il tempo per respirare a fondo e cercare di ritornare in uno stato d'animo un po' più sereno, che è quello che desiderate per voi stesse.

9) Se avete degli obiettivi alimentari/psicologici per il tempo natalizio che trascorrerete insieme ai vostri parenti, focalizzate detti obiettivi su quello che vi piacerebbe ottenere. Fate in modo che i vostri sforzi siano mirati al “fare qualcosa”, piuttosto che al “provare a prevenire qualcosa”.  

10) Cercate di essere flessibili. Cercate di essere flessibili sia negli obiettivi che vi prefissate (che siano il mangiare in un certo modo, o il relazionarvi in un certo modo coi familiari, o il mantenere un certo stato d'animo, etc...), sia nelle aspettative che nutrite rispetto al comportamento altrui nei vostri confronti. Cercate di essere flessibili tanto sul versante alimentare, quanto su quello psicologico/comportamentale. Prendetevi una... vacanza di Natale dall'eccessiva rigidità, dal controllo di ogni singolo dettaglio, dall'esasperato auto-criticismo.  

11) Isolarsi e chiudersi in se stesse è il peggior modo possibile per affrontare un periodo tutt'altro che semplice. Perciò continuate a fare psicoterapia e a seguire il vostro “equilibrio alimentare” prima e dopo il giorno di Natale. Questo potrà esservi di estremo supporto per arrivare al Natale “preparate”, nonchè per scaricare eventuali sentimenti negativi scaturiti da questa giornata di festa. Continuate inoltre a cercare supporto ed auto-aiuto su Internet, in blog e forum, ove potete parlare delle vostre difficoltà e consultarvi con chi sta vivendo una situazione analoga, per cogliere eventuali suggerimenti su comportamenti che quella persona può mettere in atto per viversi meglio i giorni di festa.  

12) Evitate lo stress e gli impegni eccessivi. Questo al fine di evitare che, per far fronte ad un periodo particolarmente stressante, possiate rimettere in atto strategie di coping proprie del DCA per tamponarlo. Evitate dunque tutti quegli impegni che proprio non sono obbligatori, tutto quel giro-di-visite-scambio-di-regali che non siano proprio tassativi, e prendetevi piuttosto un po' di tempo per voi stesse, per rilassarvi, per dedicarlo al fare quello che vi piace... perché è così che si tiene a bada un DCA: dedicando tempo a cose che ci fanno stare bene.

Buone feste a tutte, ragazze!

venerdì 5 dicembre 2014

Progressione di frasi positive (Affermazione)

Dato che un paio di Venerdì fa ho pubblicato un post inerente una frase positiva a doppio taglio scritta da Demi Lovato, che ha riscosso tra voi lettrici tanto pareri favorevoli quanto dissensi, nonché opinioni contrastanti in merito alle frasi positive più in generale, oggi voglio raccontarvi una storia. Una storia in merito a quanto io creda fermamente nel potere delle frasi positive, e delle affermazioni positive più in generale.

Diversi anni fa, lessi una frase positiva che recitava: “Beauty is not a state of body. It’s a state of mind”.

Mi è piaciuta questa frase dal primo secondo in cui l’ho letta, ma inizialmente mi è piaciuta in maniera speranzosa. Avrei voluto assorbire la saggezza di questa frase. Avrei voluto potermi svegliare ogni mattina col sorriso sul volto nella consapevolezza della veridicità di quelle parole. Col passare del tempo, sebbene fossi ancora molto coinvolta dall’anoressia, cominciai ad avere sempre più chiari quali fossero i miei veri problemi rispetto ai quali utilizzavo l’anoressia come strategia di coping, e leggere una frase come quella mi faceva sentire meglio.

Così la ricopiai su un Post-It, e la attaccai sulla pin-board della mia cameretta. E iniziai a leggerla tutti i giorni. Poi ricopiai “Beauty is not a state of body. It’s a state of mind” sulla mia agenda. E la riscrissi anche come memo sul mio cellulare. E tentavo di farmela tornare a mente ogni volta che mi guardavo, ogni volta che guardavo a quello che avevo fatto e alla persona che ero, e l’immagine che gli occhi della mia mente mi rimandavano non mi piaceva.

Poco dopo aver scoperto questa prima frase, incappai in un’altra scritta da Janis Joplin:

"Don't compromise yourself. You are all you've got."

Mi piacque molto anche questa. La lessi, e compresi istintivamente la sua veridicità. Alla fine di ogni giornata, ci sei sempre e solo tu. Anche se hai mandato tutto a puttane, tu rimani sempre. Anche se qualcuno o qualcosa ti ha preso tutto, tu resti comunque. Sei tutto ciò che hai.

Così cominciai a pensare che tutto il mio devastare me stessa potesse avere una fine. Non ero una stupida – sapevo che non potevo prendere una decisione del genere e cambiare tutto da un giorno all’altro. Sapevo anche che, per quanto avessi desiderato accettarmi per quella che ero, credere in me stessa, e pensare che ero grandiosa/intelligente/tosta/unica, non sarebbe successo nell’arco di poco tempo. Avrei voluto possedere una bacchetta magica Janis Joplin, puntarla verso me stessa, ed incarnare immediatamente quella citazione… ma sapevo che non era possibile.

Così feci l’unica cosa che avrei potuto fare: m’imparai la sua frase positiva a mente, cercando di ripetermela quando le cose sembravano andare particolarmente storte. Scrissi la frase su un Post-It verde chiaro, e lo appiccicai sullo specchio. Ogni volta che mi guardavo allo specchio, ripetevo quella frase. Ogni volta che avevo pensieri sabotanti indotti dall’anoressia, quella frase pure era nei miei pensieri, a ricordarmi che non dovevo cedere alla compromissione di me stessa, perché ero tutto ciò che avevo.

Quel Post-It con su scritta quella frase è rimasto appiccicato al mio specchio per anni. Col tempo ho attaccato numerosi altri Post-It al mio specchio, ma la frase di Janis Joplin è rimasta sempre lì. Ho cominciato a pensare ad essa come ha una sorta di “lista delle cose da fare”. Tipo: “Ricordati: andare a pagare le bollette”. O, nel mio caso, “Ricordati: don't compromise yourself. You're all you've got”.

Non si può leggere una cosa più volte al giorno (soprattutto nei momenti di maggior vulnerabilità e odio verso noi stesse di fronte allo specchio) e non cominciare a crederci e a portarlo nel cuore. Banalmente perché, fisiologicamente, la reiterazione è la modalità-base con cui funzionano le nostre connessioni neuronali.

E così quelle frasi positive hanno cominciato a lavorare sotto, rimodellando a poco a poco piste neurali, lentamente ma inesorabilmente.
Anni più tardi, quando nel Settembre 2012 mi sono trasferita nell’appartamento in cui vivo tuttora, ho appiccicato di nuovo la frase di Janis Joplin nel bagno – accanto allo specchio. E’ ancora lì. Non è più un memo per ricordarmi di non compromettere me stessa, adesso è una sorta di promemoria del mio percorso di ricovero dall’anoressia.

Guardo nello specchio e sorrido. Come al solito, la Veggie di oggi non è quella che vorrei che fosse… ma ci sto lavorando. Ho fatto dei passi avanti.
Non sono tutta ‘sta genialità, non sono tutta ‘sta grandiosità, non sono tutta ‘sta meraviglia, ma sono me stessa. Non sono più il fantoccio animato dall’anoressia. Sono me stessa. E non voglio compromettermi. Sono tutto quello che ho. Perciò non ho più bisogno di quella frase sullo specchio. Ma la tengo comunque lì. Perché qualche volta… ho ancora bisogno di vedere che sta lì, accanto al mio riflesso, e poter dire: “Grazie mille, Janis!”.
 
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