Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 29 agosto 2014

Di video ed infographics

Per prima cosa, devo scusarmi con Saverio Tommasi, il regista di questo video, per la mia tardiva pubblicazione sul blog… chiedo venia, Saverio! E ti ringrazio per avermi permesso di prendere parte al tuo progetto!

Come potrete vedere, ragazze, si tratta di un video in cui io, Silvia e Ilaria (che ringrazio infinitamente) intrecciamo frammenti della nostra esperienza di vita con il DCA, e lo condivido con voi sperando che possa servirvi anche semplicemente a sentirvi un po’ meno sole.

(Bloopers del video: La mattina in cui il video è stato girato, io ero appena reduce da 2 turni di notte consecutivi in Pronto Soccorso, il che significa che non dormivo da circa 2 giorni e mezzo. Da qui gli occhiali da sole strategici per nascondere le chilometriche occhiaie, l’acconciatura ad ananas – Cosi, questa è per te! – da “sono uscita dal lavoro e mi sono fiondata a fare il video senza neanche pettinarmi” e il tono concitato-accelerato da “mi sono appena fatta Ritalin endovena”. A maggior ragione ringrazio Saverio di non essersi fermato alle apparenze e non aver pensato che ero appena fuggita da un qualche manicomio! Anche se ero in condizione pessime, ci tenevo proprio a prendere parte al video, perché credo che video informativi di questo tipo possano essere veramente utili, ergo spero che apprezziate, ragazze!)


Lo potete vedere anche direttamente su YouTube, QUI.  

P.S.= Qualche giorno fa ho ricevuto un commento su questo post che avevo scritto qualche mese fa. Mi riferisco al commento lasciato da una lettrice anonima, che dice: “Sono d'accordo col post e con tutte le ragazze che l'hanno scritto prima di me: ritengo le infographic pubblicate del tutto banalizzanti ed inappropriate. Ci vorrebbe molto di meglio. Bisognerebbe che le disegnassimo noi delle infographic, perchè sapendo com'è avere un d.c.a., le renderemmo sicuramente più efficaci.

Bè, ritengo che questa persona abbia assolutamente ragione. Vorrei perciò raccogliere l’invito, e girarlo anche a voi: perché non realizziamo delle infographics atte a mettere in luce quelli che sono gli aspetti dei DCA che noi riteniamo più rilevanti?! Vi faccio dunque 2 proposte:

1) Realizzate la vostra infographic sul DCA (può essere inerente ogni qualsiasi aspetto dei DCA vogliate mettere in evidenza), scannerizzatela, e inviatemela all’indirizzo veggie.any@gmail.com . Raccoglierò le infographic che mi manderete, e realizzerò un post in cui le pubblicherò. Non importa se non siete pittrici e non avevate 10 ad Educazione Artistica: l’infographic dev’essere funzionale, non importa che sia un quadro da museo!

2) Se proprio non vi va di realizzare un infographic, lasciatemi scritto nei commenti cosa vorreste vedere in un infographic (esempio banale: vorrei un’infographic che tratta delle strategie di coping che si possono mettere in atto al posto del DCA), e cercherò di provvedere io stessa a realizzarla.

Ringrazio infinitamente in anticipo chiunque di voi deciderà di partecipare, in uno o nell’altro modo!

venerdì 22 agosto 2014

Pensi di non essere "abbastanza malata" perchè hai ancora il ciclo? Leggi questo post.

Nei commenti del post che ho pubblicato lo scorso 08 Agosto, una lettrice anonima dice: “Non mi è mai andato via il ciclo. Adesso sto bene, ho recuperato il peso perso, ma anche quando sono arrivata ad avere un B.M.I. di 15, continuavo comunque ad avere il ciclo (sebbene non fosse sempre regolare). Questo mi fa pensare che io non sia veramente malata, perché leggendo vari blog tutte dicono che gli è andato via il ciclo.”

Jonny le risponde: “All’anonima che chiede a proposito del ciclo: Per ogni volta che ti preoccupi di non essere abbastanza malata perché non ti è andato via il ciclo, c’è gente cui è sparito il ciclo a B.M.I. di 18, 19 o 20 che si preoccupano di non essere abbastanza malate perché non hanno mai avuto un B.M.I. di 15. Se hai un disturbo alimentare, vuol dire che SEI “abbastanza malata”. Punto."

Io quoto la risposta di Jonny.

Allo stato di cose attuale, l’amenorrea – ovvero la perdita di mestruazioni per almeno 3 mesi consecutivi – è un criterio diagnostico per l’anoressia nervosa. Le ragazze cui non è andato via il ciclo vengono considerate affette da DCAnas, una diagnosi più generica in cui si rispecchiano molte persone con un disturbo alimentare. Di DCAnas ne ho già recentemente parlato in post precedenti, quindi oggi mi vorrei focalizzare sul problematico criterio dell’amenorrea.

Fortunatamente, in virtù di studi scientifici che sono stati recentemente eseguiti, nell’edizione del DSM-V non sarà presente il criterio di amenorrea. Dico “fortunatamente” perché c’è sempre maggiore evidenza del fatto che l’amenorrea non è limitata all’anoressia nervosa, e che non riflette comunque la severità psicofisica di un DCA.

Peraltro, il criterio dell’amenorrea è totalmente problematico perché non può essere applicato ad un sacco di persone:

• Uomini
• Donne in post-menopausa
• Donne che assumono terapie ormonali (contraccettivi orali/”la pillola”)
• Ragazzine che non hanno ancora raggiunto la pubertà
• Ragazze che non sono malate da un lasso di tempo sufficiente a far scomparire il ciclo

L’obiettivo di un criterio diagnostico è quello di fornire ai medici delle informazioni sulla natura di una malattia in maniera da poter intraprendere un trattamento terapeutico adeguato. Questo detto, una mozione a favore del mantenimento del criterio dell’amenorrea potrebbe essere mossa se le pazienti donne affette da amenorrea avessero delle significative differenze rispetto alle pazienti donne senza amenorrea, e se queste differenze influenzassero il comportamento terapeutico.
Ma è veramente così?

Uno studio condotto nel 2007 da Pinheiro e dai suoi colleghi aveva proprio lo scopo di esaminare “le differenze dello stato mestruale tra i diversi sottotipi di DCA” e “determinare l’associazione tra le variabili cliniche, psichiche e nutrizionali, e le caratteristiche di personalità, nonché le comorbidità in donne con anoressia, bulimia e DCAnas”. Gli autori dello studio hanno saggiato il criterio dell’amenorrea raccogliendo informazioni da 1705 donne.

Tra le donne che hanno partecipato allo studio, circa il 25% di quelle che potevano rientrare nella diagnosi di anoressia avevano ancora il ciclo. Viceversa, circa il 35% delle donne con bulimia e DCAnas non aveva più le mestruazioni.

Dunque, questa semplice constatazione è sufficiente a capire che le varianti individuali di anoressia e bulimia possono associarsi ad amenorrea, oligomenorrea, e normale funzione mestruale, il che ci suggerisce che lo stato mestruale non sembra essere un criterio informativo per distinguere tra i vari sottotipi di DCA.

La seconda domanda cui i ricercatori hanno risposto: raggruppare le donne affette da DCA sulla base del loro stato mestruale rivela differenze in merito alla frequenza delle condotte di compensazione o dei comportamenti alimentari tipici del DCA?

Sulla base dei risultati dello studio, è venuto fuori che non c’è alcuna differenza tra donne che hanno il ciclo regolare, donne che hanno ciclo irregolare, donne che hanno amenorrea primaria o secondaria, nella frequenza dell’adozione di comportamenti tipici del DCA. Anzi, le persone con ciclo ancora presente in alcuni casi erano quelle che si abbuffavano/vomitavano e abusavano di lassativi o farmaci anoressizzanti più frequentemente.

Il fatto che le donne col ciclo fossero quelle che si abbuffavano/vomitavano più frequentemente non è sorprendente, dal momento che questo gruppo è costituito per lo più da donne affette da bulimia, binge o DCAnas. Cionnonostante, è interessante osservare, al di là delle differenze, come i vari gruppi sono invece simili sotto molti punti di vista. Per esempio, non sono state notate significative differenze di comorbidità tra le donne col ciclo e quelle senza.

E per quel che concerne le caratteristiche psicologiche e di personalità?

Pinchero e i suoi colleghi hanno scoperto che:

• Le donne col ciclo regolare o con oligomenorrea (ciclo irregolare ma comunque presente) mostravano meno comportamenti tipici del DCA nella fase più acuta della malattia rispetto alle donne con amenorrea primaria/secondaria.
• Le donne con oligomenorrea e quelle con amenorrea secondaria mostravano livelli di evitamento più elevati, e livelli di ricerca di novità più bassi rispetto alle donne con amenorrea primaria o ciclo regolare.
• Le donne con oligomenorrea e con amenorrea secondaria mostravano inoltre livelli di ossessioni più elevati rispetto alle altre.  

Nota bene:Differenze statisticamente significativenon è sinonimo di “tutte le donne partecipanti allo studio sono fatte con lo stampino”. No, significa semplicemente che, nell’insieme, sono osservabili delle differenze tra i vari gruppi di donne, non che ogni singola persona appartenente ad un gruppo sia identica a tutte le altre del medesimo gruppo.

Per quanto riguarda invece le analogie riscontrate tra i vari gruppi di donne, queste includevano:

• Elevati livelli di preoccupazione e di ostilità al cambiamento
• Tratti di ansia
• Compulsioni
• Tendenza a colpevolizzarsi troppo dopo aver commesso degli errori
• Tendenza ad avere fin troppi dubbi dopo aver compiuto ogni qualsiasi azione
• Elevati livelli di organizzazione/programmazione
• Elevata tendenza all’autocritica e aspettative elevate su se stesse.

Un bel po’ di cose, no?!

Queste conclusioni sono peraltro comuni a quelle cui erano giunti precedenti studi condotti utilizzando un numero minore di persone. Per esempio, Garfinkel e i suoi colleghi, nel 1996, scoprirono che non c’erano significative differenze in merito alle comorbidità psichiatriche tra donne affette da anoressia senza ciclo, e donne affette da anoressia con il ciclo.

Quel che è interessante notare è che gli estrogeni non sono coinvolti solo nella riproduzione. Anzi, viceversa, modulano un sacco di cose, incluse le nostre funzioni cognitive e il nostro umore. Per cui, può benissimo essere possibile che alcune delle differenze di personalità riportate tra ragazze con e senza ciclo possano essere, per lo meno in piccola parte, proprio dovute al diverso stato mestruale. In altre parole, la carenza di estrogeni sottesa alla mancanza del ciclo può aver influenzato alcune caratteristiche di personalità delle ragazze implicate nello studio.

In ogni caso, mi sembra giusto sottolineare anche quelli che, a mio avviso, sono i limiti dello studio di cui vi ho parlato, perché penso sia corretto non estrapolare informazioni dedotte che però non sono di fatto riscontrabili dai dati relativi allo studio in questione.

• Non c’è alcuna certezza scientifica di una correlazione causa-effetto in questo studio (scomparsa del ciclo --> peggioramento del DCA; o peggioramento del DCA --> scomparsa del ciclo… o forse non c’è correlazione)
• Tutti i dati utilizzati in questo studio sono stati ottenuti facendo compilare alle donne dei questionari, per cui non vi è la certezza che tutte abbiano risposto in maniera sincera, né che tutte valutino allo stesso modo un medesimo sintomo.
• I livelli ormonali non sono stati misurati.
• I risultati ottenuti potrebbero non essere rappresentativi della popolazione generale di chi ha un DCA, perché le donne oggetto di studio erano specificatamente quelle ricoverate in clinica.
• Infine, sarebbe stato meglio che nello studio fosse stato implicato anche un gruppo di controllo costituito da donne non affette da DCA.

In conclusione, gli stessi autori dello studio affermano:

Le donne affette da DCA, a prescindere dalla presenza o meno di ciclo, vivono pressoché le stesse problematiche fisiche e psichiche. […] Per cui, i risultati che abbiamo ottenuto ci suggeriscono che sarebbe opportuno riconsiderare la presenza dell’amenorrea come criterio diagnostico per l’anoressia nervosa. Il nostro suggerimento sarebbe quello di riconcettualizzare questo criterio, considerandolo non come diagnostico, bensì come subordinato ad una preesistente diagnosi di anoressia/bulimia/DCAnas; tutt’al più si potrebbe considerare come blando criterio un’irregolarità del ciclo, piuttosto che una vera e propria amenorrea di specifica, ed arbitraria, durata.
(mia traduzione)

venerdì 15 agosto 2014

Naomi Wolf l'ha cannata. L'ha cannata parecchio.

Dopo aver letto il commento che una lettrice anonima ha lasciato al mio ultimo post, ho deciso che devo proprio scrivere un nuovo post riguardante la correlazione tra anoressia e scomparsa/ricomparsa del ciclo mestruale, ma per stenderlo in via definitiva mi ci vorrà sicuramente qualche giorno, per cui, nel frattempo, nel post di oggi vi parlerò di una segnalazione che mi è stata fatta tramite e-mail alcune settimane fa da una di voi lettrici. La segnalazione in questione è relativa al primo libro scritto da Naomi Wolf: “Il mito della bellezza”. Ho dato un’occhiata su Amazon, e il rating di questo libro mi ha mostrato che è molto gradito, e che molti – come si evince dai commenti delle recensioni – l’hanno trovato scioccante e “gli ha aperto gli occhi”. Okay, lo ammetto: non ho letto questo libro, e non è mia intenzione farlo in futuro (non leggo libri di questo tipo, non penso siano in alcun modo utili al mio percorso di ricovero). Però ho cercato su Internet cosa fosse stato scritto su questo libro, e la cosa che più ha attirato la mia attenzione sono state le statistiche blandamente sbagliare riportate dall’autrice e dalle persone che hanno citato il suo testo.

(Mi viene anche da pensare che i libri in fondo sono un oggetto commerciale. La cosa più importante per farsi pubblicare un libro è perciò convincere l’editore che le persone lo compreranno. Nessuna garanzia sul fatto che le notizie riportate su un qualsiasi libro siano corrette. E magari spesso e volentieri non lo sono, solo che uno si legge il libro e non si prende la briga di verificare.)

Se state pensando: e chi se ne frega?, io credo che dovrebbe importarvene, perché un sacco di volte si prendono per oro colato cose assolutamente non vere. E ci può anche stare. Ma Naomi Wolf è una consulente politica, una giornalista, una scrittrice, un’attivista femminista statunitense, dunque un personaggio pubblico: ergo i dati che riporta nei suoi libri sono spesso e volentieri citati dai mass media americani, e si sa che i mass media hanno un forte impatto nel determinare come e cosa la gente recepirà in merito ai DCA, e forse influenzano anche l’attitudine che i medici possono avere nei confronti di queste malattie. Pertanto, non penso che Naomi Wolf aiuti né la causa femminista né la corretta informazione sui DCA scrivendo cose non vere.

Citando informazioni che ho trovato su Internet:

Nel suo primo libro, “Il mito della bellezza”, l’autrice afferma che la seconda ondata di femministe non ha avuto molto successo. Nel 1990 le donne erano sottopagate, e non giudicate in base alla qualità del loro lavoro, ma in base al loro aspetto fisico. La maggior parte delle donne lavoranti perciò soffriva di anoressia e bulimia, ed era forzata a concludere il proprio percorso di studi. Le restanti donne che non si mettevano a dieta, spendevano tutto il loro denaro in cosmetici e chirurgia plastica. E la causa di tutto ciò era proprio rappresentata dal “mito della bellezza”.  

Grazie al suo debutto con questo libro, la Wolf ha ottenuto istantaneo successo in tutto il mondo. Ha viaggiato, fatto letture, preso parte a discussioni, è apparsa in TV. Il suo libro è diventato un best seller. Nei dibattiti pubblici le statistiche sull’anoressia riportate nel capitolo “Fame” sono state spesso citate. Secondo i dati riportati dalla Wolf, il 20% delle studentesse americane soffre di anoressia, e il 60% di bulimia. Solo una piccola percentuale non ha alcun DCA. La sua asserzione: “150000 morti per anoressia ogni anno” è ciò che più ha catturato l’attenzione dei mass media.  

Nel 1994, la professoressa Christina Hoff Sommers – certo non un’esperta di DCA – le ha risposto nel suo libro “Who stole feminism?” Questa professoressa è risalita alla fonte dei dati sulla mortalità per anoressia, ed ha così scoperto che la Wolf aveva citato un libro di Brumberg, che si riferiva a sua volta ad una newsletter della American Anorexia And Bulimia Association (AABA). Brumberg aveva tuttavia frainteso questa newsletter: la AABA palrava infatti di 150000 affette (NON decedute!) da anoressia”.

In ogni caso, Naomi Wolf ha corretto quest’affermazione nelle riedizioni successive del libro. Ma è tutto qui? Un ricercatore (tale Schoemaker), accortosi dell’errore, ha voluto approfondire tutte le altre statistiche che Naomi Wolf aveva citato nel suo libro (nell’ULTIMA edizione del suo libro) confrontandole con quelle che si evincevano dalla letteratura scientifica.

La maggior parte delle ricerche scientifiche cui Schoemaker ha fatto riferimento erano quelle condotte da Hoek e Van Hoeken nel 2002-2003. E per quantificare l’entità dell’assurdità delle statistiche di Naomi Wolf, ha ideato un indice che ha chiamato WOLF (come acronimo di Wolf’s Overdo and Lie Factor). Un esempio: prendendo l’originale affermazione di Naomi Wolf, secondo la quale ci sono 150000 decessi annui per anoressia, e dividendo questa cifra per il reale numero di decessi che si sono verificati in un anno causa anoressia (circa lo 0,56% di tutte le malate di anoressia muore in un anno, il che significa, partendo da un totale di malate pari a 150000, che ne muoiono effettivamente circa 525 ogni anno), si ottiene 286.

Ergo: la statistica riportata da Naomi Wolf sovrastima di circa 300 volte il numero reale di persone morte per anoressia in un anno.

Questa è una tabella tratta da “A critical appraisal of the anorexia statistics in The Baeuty Myth: introducing WOLF” (C. Schoemaker, 2004) che mostra l’entità degli sfondoni tirati da Naomi Wolf in merito alle statistiche citate nel suo libro. Insomma, l’ha padellata.


Schoemaker afferma che:  
“La media dello WOLF nelle 23 statistiche sull’anoressia considerate è 8,28. E questo dopo le correzioni che la Wolf ha apportato all’ultima edizione del suo libro (riguardo al tasso di mortalità annuale) […] In sintesi: in media, ogni statistica sull’anoressia riportata anche sull’ultima edizione de “Il mito della bellezza” dev’essere divisa per 8 per potersi anche solo avvicinare al dato reale”.
(mia traduzione) 

Nel suo articolo Schoemaker affronta anche altri punti salienti, ma il principale è relativo al fatto che Naomi Wolf non aiuta nessuno pompando i numeri, nè asserendo che l’anoressia è una malattia epidemica. Non è affatto epidemica, ma questo certo non significa che allora ce ne possiamo sbattere. L’anoressia è una malattia seria e grave, sia dal punto di vista fisico che psichico. Non perché colpisce un numero “epidemico” di persone, bensì per quelli che sono i devastanti effetti che questa malattia ha sulla vita di chi se ne ammala.

Questo è. I medici, gli psichiatri, gli psicologi ed i dietisti non dovrebbero, e fortunatamente non lo fanno, curarsi delle malattie solo quando esse raggiungono dimensioni epidemiche. Ci sono un sacco di malattie che sono più rare dell’anoressia, e che sono oggetto di numerose ricerche e di attenzione medica. Ed è giusto che sia così, perché l’impatto che le malattie hanno sul paziente, sulla sua famiglia, e sulla sanità in toto, è massivo. I pazienti non dovrebbero essere scagati perché le loro patologie sono così rare che non è conveniente, da un punto di vista economico, spendere soldi sulla ricerca di cause e terapie. Le cose fortunatamente non funzionano così. Perciò non c’è alcun bisogno (almeno spero!) di pompare le statistiche in un maldestro tentativo di aumentare l’attenzione.

La mia opinione è che, anziché incrementare assurdamente i numeri basandosi sul niente, solo al fine di fare scena, dovremmo semplicemente parlare più spesso (e molto più correttamente di quanto purtroppo generalmente non venga fatto) dell’anoressia. Bisognerebbe esaltare la qualità, non la quantità. A tal proposito, l’indice WOLF mi sembra un semplice ed utile strumento per quantificare le esagerazioni tirate fuori dai mass media. Il suo acronimo si rifà infatti ad una scrittrice che non dovrebbe più essere creduta se tirasse fuori altre statistiche sull’anoressia.

venerdì 8 agosto 2014

Esistono significative differenze tra DCAnas e Anoressia Nerevosa?

Riallacciandomi al post dello scorso Venerdì, c’è una cosa che ho notato leggendo i vostri commenti e i vostri blog: chi ha un DCAnas, o comunque un DCA subclinico, tende a sentirsi “non abbastanza malata”, un po’ come se stesse un po’ meno peggio di chi ha una vera e propria anoressia/bulimia clinica. In realtà quello che traspare ai miei occhi dalla lettura dei vostri blog è che anche chi ha un DCAnas sta veramente male, senza alcuna differenza con chi ha l’anoressia o la bulimia, e parimenti combatte, affronta difficoltà, stringe i denti. Ma magari il ciclo mestruale è sempre presente, o il B.M.I. è ai limiti inferiori della norma, e per questo spesso (non sempre, per fortuna) c’è maggiore resistenza rispetto al chiedere aiuto, maggiore discontinuità nel seguire terapie, tendenza a considerarsi “non particolarmente gravi”. Chi ha un DCAnas spesso e volentieri purtroppo viene semplicemente spinto a cercare di mangiare più correttamente, gli viene detto che essendo normopeso non ci sono particolari problemi, o che non hanno un disturbo alimentare perché non rispondono a pieno ai criteri diagnostici di anoressia e bulimia.

Ora, quello che io mi chiedo è: perché diamine sono stati tracciati arbitrarissimi criteri numerici tra anoressia e DCAnas?

Non voglio dire che i numeri non siano importanti per un trattamento prettamente medico: è ovvio che più basso è il B.M.I., più precaria è la condizione fisica – lo capirebbe anche un bambino. Ma un indice arbitrario quale il B.M.I., nonché una serie di altrettanto arbitrari criteri numerici, hanno veramente tutta l’importanza che gli viene ad oggi ascritta? Il B.M.I. o il ciclo mestruale sono veramente una valida linea di demarcazione tra DCA clinici e DCA subclinici? E, soprattutto: ma questi criteri che accidenti ci dicono rispetto a come veramente si sente una persona?

Fortunatamente, nel 2012 uno studio incentrato su queste domande è stato pubblicato sull’ “European Eating Disorders Review”. Daniel La Grange ed i suoi colleghi hanno confrontato 59 donne affette da anoressia, con 59 donne affette da DCAnas/subclinici. I ricercatori hanno chiesto alle donne di compilare questionari, hanno raccolto interviste, e registrato le loro sensazioni ed i loro sintomi in tempo reale, utilizzando l’EMA (cliccate sul link se volete saperne di più).

Nel loro studio, tutte le donne affette da DCAnas dello spettro anoressico, dovevano rispondere ai criteri diagnostici proposti dal DSM-IV, eccetto 1) B.M.I. compreso tra 17,6 e 18,5 o 2) assenza di amenorrea o 3) assenza di dismorfofobia e/o di forte resistenza all’aumento di peso. Insomma, dovevano rispondere a 3 criteri su 4, per intenderci.  

Riassunto dello studio in questione  

Dati demografici

• Nessuna differenza d’età tra le donne costituenti i 2 gruppi (tutte di età compresa tra I 17 e I 58 anni)
• Scarse differenze di B.M.I. tra le donne costituenti i 2 gruppi.
• La maggior parte delle donne erano statunitensi ed avevano il diploma di scuola superiore come titolo di studio.  

Psicopatologia

Nessuna differenza tra i 2 gruppi di donne in merito a:
• Comorbidità
• Patologie pregresse
• Altri tipi di DCA
• Nessuna significativa differenza sotto nessun punto di vista Comportamenti tipici del DCA

Nessuna differenza tra i 2 gruppi di donne in merito a:
• Comportamenti restrittivi nei confronti dell’alimentazione
• Tono dell’umore
• Altri tipi di comprotamenti patologici
Nessuna significativa differenza sotto nessun punto di vista

EMA  

Nessuna differenza tra i 2 gruppi di donne in merito a:
• Livello dell’umore (positivo o negativo) e variabilità dell’umore (in positivo o in negativo)  

Differenze tra i 2 gruppi di donne in merito a:
• Frequenza di abbuffate e condotte di compensazione (significativamente maggiori nel gruppo “DCAnas”)
• Frequenza di checking (significativamente maggiore nel gruppo “anoressia”)

Sì, avete capito bene: non ci sono state significative differenze sotto nessun punto di vista (eccetto l’ultimo aspetto elencato) tra i 2 gruppi. 

In buona sostanza: sulla base di questo studio potremmo dire che, salvo per alcuni comportamenti esteriori, non c’è alcuna significativa differenza tra chi ha l’anoressia e chi ha un DCAnas dello spettro anoressico.

Ovviamente, c’è da tenere conto del fatto che questo studio ha comunque i suoi limiti: innanzitutto, il limite maggiore è legato al piccolo campione di donne utilizzate, che fa perdere tanto alla significatività statistica della ricerca. Secondariamente, la stragrande maggioranza delle partecipanti allo studio erano per lo più statunitensi (dell’Est U.S.A., nella fattispescie), e tutte donne. Inoltre, diversi aspetti non sono stati presi in considerazione: per esempio, da quanto tempo queste donne erano malate di DCA, o se erano passate da un DCA ad un altro. Gli autori dello studio inoltre non hanno preso in considerazione quanto il DCA compromettesse la qualità della vita di queste donne, aspetto che mi sembrerebbe invece molto interessante ed importante da valutare (quest’ultima, peraltro, non è tanto una limitazione, quanto un’osservazione magari utile per studi futuri…)

Quello che sto cercando di dire è che, nel complesso, questo studio ci dimostra che, a differenza di quanto può pensare una persona con un DCAnas, non ci sono significative differenze tra questa patologia e l’anoressia propriamente detta. Ergo non vi è alcuna ragione per cui una persona affetta da un DCAnas, a prescindere dal suo peso o dalla presenza del ciclo mestruale, debba considerarsi meno grave di una persona che ha l’anoressia.

Per cui, quando siete troppo incavolate persino per parlare, perché qualche ignorante sta insinuando che avere un DCAnas non è grave come avere l’anoressia, e che pertanto chi ha un DCAnas non è “malata abbastanza” da poter chiedere aiuto, fategli leggere questo post. E se continuano a dire che chi ha un DCAnas non se la passa male come chi ha la vera e propria anoressia, o non sa cosa significa avere l’anoressia, o che dovrebbero solo cercare di mangiare a modino, dategli un pugno sul naso e poi fategli notare che i tassi di mortalità per anoressia e per DCAnas sono ANALOGHI.

venerdì 1 agosto 2014

DCAnas: Tanto letali quanto anoressia e bulimia

Quando si parla di Disturbi del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati (DCAnas), si inglobano in questa etichetta tutte quelle persone che non rispondono pienamente ai criteri previsti dal DSM per la diagnosi di anoressia o bulimia. Poiché non c’è piena rispondenza ai criteri diagnostici, spesso e volentieri si commette l’errore di pensare che i DCAnas siano meno gravi di anoressia e bulimia. Inoltre, spesso i DCAnas vengono detti anche “subclinici”, proprio perché c’è una rispondenza solo parziale ai criteri diagnostici, e questa parola secondo me è sbagliatissima perché agli occhi della ragazza affetta suona come “non abbastanza malata”. Il ritenersi non abbastanza male fa sì che ci sia minore richiesta d’aiuto, perché il proprio DCA viene percepito come non abbastanza grave.

Viceversa, le ricerche dimostrano che non è affatto vero che i DCAnas siano meno gravi di anoressia e bulimia – la qual cosa immagino non sorprenda affatto chiunque abbia vissuto sulla propria pelle un DCA.

Uno degli studi che ha dimostrato proprio questo è stato pubblicato nel 2009 (Crow et al.) su “American Journal of Psychiatry”. Mentre gli studi condotti fino al 2009 erano centrati sulla mortalità conseguente all’anoressia, Crow ed i suoi colleghi hanno deciso di comparare la mortalità (per ogni qualsiasi causa, suicidio compreso) tra pazienti affette da anoressia, pazienti affette da bulimia, e pazienti affette da DCAnas. I ricercatori erano interessati soprattutto a studiare un gruppo eterogeneo di persone per un lasso di tempo piuttosto lungo; altra differenza rispetto alla maggior parte degli studi condotti fino a quel momento, che si basavano su gruppi omogenei e follow-up brevi.

Caratteristiche demografiche delle persone implicate nello studio: 

• 1885 persone che erano in precedenza state ricoverate nella Clinica dell’Università del Minnesota tra il 1979 e il 1997
• 1/20 di queste 1885 persone erano uomini
• Persone affette da anoressia: 177. Persone affette da bulimia: 906. Persone affette da DCAnas: 802.
• Età media al momento del ricovero nella clinica: 20 anni.
• Circa il 90% delle persone erano bianche, il restante 10% erano di colore.
 • Il follow-up è stato fatto con cadenza annuale per 18 anni.

Crow ed i suoi colleghi hanno fatto affidamento sul database National Death Index, aggiornato dal National Center for Health Statistic, che ha classificato le cause di morte tra suicidio, uso di sostanze, traumatiche, mediche. Alcune definizioni per poter capire meglio:

Crude Mortality/Death Rate: Tasso di mortalità per TUTTE le cause di morte per una popolazione in un dato lasso di tempo (di solito il numero di morti per 1000 persone/anno)

SMR (Standard Mortality Ratio): Rapporto tra il numero di morti osservate nel gruppo oggetto di studio, e il numero di morti attese (basato sulle caratteristiche demografiche (età, sesso, razza, tasso di mortalità per nazione)). Se il rapporto morti osservate/morti attese è maggiore di 1, ci sono più morti nella popolazione oggetto di studio, rispetto a quelle che potremmo aspettarci nella popolazione generale. Un esempio tratto da Wikipedia:

“Un SMR per cancro alla vescica di 1,7 nel gruppo considerato delle persone esposte all’arsenico, significa che ci sono il 70% di casi di morte dovute al tumore alla vescica in più nel gruppo oggetto di studio, rispetto a quelli della popolazione generale (in questo caso la popolazione nazionale, che generalmente non è esposta ad elevati livelli di arsenico)” 

E dunque, tornando al nostro studio sui DCA, ecco gli SMR basati sulla diversa diagnosi: (click sopra per ingrandire)


Per prima cosa, si nota che il SMR e che il tasso di mortalità per anoressia è inferiore rispetto a quello riportato in altri studi, e questo può essere dovuto a diversi fattori:

• Questo studio valuta persone che non sono ricoverate, a differenza di ciò che accade nella maggior parte degli studi, che si basano su persone ricoverate.
• Un follow-up condotto per 18 anni è ben più lungo di quello solitamente eseguito nei precedenti studi, il che aumenta le aspettative di morte nella popolazione generale (denominatore), con il che di conseguenza diminuisce il rapporto morti osservate/morti attese.
• La classificazione era basata sulla diagnosi attuale, che non necessariamente rimane stabile per tutta la vita, il che limita il potere statistico dello studio, ma anche
• in precedenti studi, usando diagnosi successive, c’erano pazienti che, al momento della morte avevano magari la bulimia o un DCAnas, ma venivano classificate come malate di anoressia.

Il che ci dice che il SMR relative a questo studio è più realistico e riflette meglio la status di chi ha l’anoressia (sebbene non sia chiaro se questo sia conseguenza del mancato trattamento prolungato nel tempo, cosa che necessariamente è difficile da valutare).

I tassi di mortalità di bulimia e DCAnas, tuttavia, sono più elevati rispetti a quelli di studi precedenti. Forse perché il campione di pazienti affette da queste patologie è piuttosto numeroso (906 e 802 rispettivamente), e dunque forse è comunque più attendibile.

Come gli autori stessi fanno notare, è possibile che gli elevate tassi di mortalità e SMR nei DCAnas sia relative soltanto ad una piccolo parte di questo gruppo, poichè viene classificato come DCAnas qualsiasi DCA non risponda esattamente ai criteri diagnostici per anoressia e bulimia (in altre parole: un gruppo estremamente eterogeneo). Questo è un qualcosa che sarà importante valutare in studi futuri, sopattutto per rafforzare la validità empirica dei criteri diagnostici del DSM-V.

C’è poi una tabella che suddivide le morti sulla base della causa. (click sopra per ingrandire) 


Qui la mancanza del SMR rende più difficile il raffrontarsi con il resto della popolazione non affetta da DCA. Inoltre, questa tabella non definisce esattamente cosa intende per cause “traumatiche” e “mediche” di morte, cosa che sarebbe invece interessante sapere – giusto per capire sulla base di cosa sono stati assegnati questi 2 aggettivi.

In futuro, potrebbe essere interessante monitorizzare anche le eventuali variazioni di diagnosi su ogni singolo paziente, soprattutto al momento della morte; inoltre potrebbe essere importante confrontare gli studi condotti a tal proposito in vari Paesi, per vedere se ci sono differenze tra diverse nazionalità.

 In ogni caso, grazie a questo studio i ricercatori mettono in luce una cosa cui non avevo pensato, ma che adesso mi appare ovvio: la sottostima dei suicidi come causa di morte, che rende difficile il confronto tra popolazione affetta da DCA e popolazione non affetta da DCA in merito alla mortalità. Mi chiedo se l’assunto sia che il bias di questa sottostima è uguale per le due popolazioni…

Comunque, a prescindere dalle mie elucubrazioni, molto semplicemente quello che vi volevo far notare riportandovi le tabelle e citandovi questo studio è che: NON CI SONO SIGNIFICATIVE DIFFERENZE DI MORTALITA’ TRA ANORESSIA, BULIMIA E DCAnas. Per cui, la comune percezione che un DCAnas sia “meno grave” rispetto ad anoressia o bulimia, è del tutto ingiustificata. I tassi di mortalità sono pressoché analoghi per ogni qualsiasi DCA: non esistono persone “meno gravi” o “non abbastanza malate”. A prescindere da quale sia il vostro DCA, perciò, chiedete aiuto.
 
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