Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 28 marzo 2014

Quest'immagine potrebbe essere dannosa per la tua salute

Come ho già scritto più e più volte, NON credo che i mass-media siano responsabili dell’anoressia. NON credo che vedere le immagini di modelle particolarmente magre possa causare un DCA. È pur vero che, se queste cose non sono determinanti nella comparsa dell’anoressia, di certo non sono comunque utili né positive per chi ha un disturbo alimentare (ma anche per che non ce l’ha, se è per questo). E certe immagini non le possiamo evitare, per quanto si tenti: riviste, TV, cartelloni pubblicitari ci stanno sotto gli occhi tutti i giorni. E non è infrequente – soprattutto nelle riviste più modaiole e molto lette per lo più da un pubblico giovane di sesso femminile – trovare fotografie di modelle opportunamente ritoccate con qualche programma di elaborazione digitale.
Personalmente, non ho nulla in contrario ad un moderato uso di Photoshop per cancellare qualche imperfezione cutanea o per far risaltare determinati colori o cose del genere. La fotografia è una forma di arte, dopotutto.

Ma quando questi software vengono utilizzati per ritoccare pesantemente l’immagine delle modelle, quando queste diventano più digitali che umane, quando non c’è alcun modo che certi capi d’abbigliamento presenti in un’immagine possano riflettere ciò che effettivamente succede quando un reale essere umano li indossa, ecco, questo secondo me è scorretto (per non usare una parola più offensiva, che inizia sempre per “S”…). E’ nient’altro che pubblicità ingannevole. E il vedere delle immagini del genere incasina non poco le nostre sinapsi neuronali.

L’immagine di una modella esageratamente magra ci dice, indirettamente, che è possibile arrivare in tranquillità ad avere un peso del genere. Perché il nostro cervello non è programmato per pensare al fotoritocco, ma solo per esaminare le immagini che gli vengono poste di fronte: se vede una ragazza sorridente ad un peso improbabile, il pensiero di fondo sarà quello che è possibile essere felici quando si è estremamente sottopeso. È un’enorme cavolata, ovviamente, ma è così che rudimentalmente funziona la nostra mente. Pochi esseri umani hanno un sottopeso fisiologico, e neanche coloro che sono fisiologicamente magri si avvicinano alla magrezza di certe modelle che si vedono nei giornali o nei cartelloni pubblicitari.

Scrivono la ricercatrice Marika Tiggemann e i suoi colleghi in un articolo sulla rivista “Body Image”: 

“[…] Anche sfogliando distrattamente una qualsiasi rivista modaiola, sarà possibile notare una vasta pletora di ragazze giovani, alte, con gambe lunghissime, occhi grandi da cerbiatto, pelle liscia come una pesca, tratti somatici tipicamente caucasici. Queste stesse immagini mostrano modelle estremamente magre. Non sono semplicemente donne naturalmente magre, ma le moderne tecniche di modificazione digitale sono ad oggi utilizzate di routine per allungare le gambe, togliere peso e centimetri dalla vita, dai fianchi, dalle cosce, ed eliminare ogni qualsiasi difetto. (Bennet, 2008). Così presentati, gli standard fisici proposti dai mass-media diventano ancor più irrealistici ed irraggiungibili per la donna media. […]” 
(mia traduzione)

È luogo comune diffuso che questi modelli di eccessiva magrezza proposti dai mass-media giochino una parte importante nella genesi dei DCA. Come sapete, io la penso diversamente. Io non credo che cose del genere abbiamo il potere di far nascere un disturbo alimentare in un soggetto che non ha alcun altro fattore predisponente per questo tipo di malattia. Non credo che possano essere una significativa causa nemmeno in chi ha fattori predisponenti. Però credo che senz’altro il vedere immagini di questo tipo non faccia bene a nessuno, non sia in alcun modo d’aiuto, soprattutto per chi sta combattendo contro il proprio DCA.

Alcuni Paesi hanno proposto di varare una legge che imponga a chiunque pubblichi foto di modelle, di segnalare con apposita etichetta quelle che sono state alterate con programmi di fotoritocco. L’idea di base è che, se si è consapevoli che quelle immagini sono fake, se ci viene sbattuto sotto gli occhi il fatto che sono fake, allora verrà ascritta loro meno importanza e credibilità. A naso, ho subito concordato con quest’idea. Ma poi ho scoperto un recentissimo studio scientifico elaborato da Tiggemann e colleghi, che viceversa mostra come etichette di questo genere non sono utili come potrebbe sembrare a istinto. Anzi, non sono utili affatto.

Cos'hanno scoperto i ricercatori: 

I ricercatori hanno reclutato per il loro studio 120 studentesse universitarie di età compresa tra i 18 e i 35 anni, facendo vedere loro 15 pagine di una rivista piene di foto di modelle eccessivamente magre. Alcune di queste immagini erano prive di ogni qualsiasi etichetta, alcune erano accompagnate da un’etichetta generica (“Attenzione: Quest’immagine è frutto di fotoritocco”), alcune erano accompagnate da un’etichetta specifica (“Attenzione: Quest’immagine è frutto di fotoritocco utilizzato per rendere la pelle più liscia, i muscoli più tonici, le braccia, le gambe ed i fianchi più magri”). Laddove presenti, le etichette erano piazzate alla destra o alla sinistra dell’immagine della modella, in maniera tale che fossero ben visibili (Font: Calibri, Dimensione carattere: 11). I ricercatori hanno anche organizzato un gruppo di controllo, costituito da donne con le medesime caratteristiche, cui venivano fatte vedere fotografie di accessori, o di automobili, o comunque di oggetti inanimati. Dopo aver visualizzato le immagini, a tutte le donne era richiesto di rispondere ad una serie di domande relative al loro umore e all’insoddisfazione per la propria fisicità, nonché relative alla loro considerazione in generale relativamente al proprio corpo.

Le donne che avevano guardato le foto delle modelle rivelavano un’insoddisfazione per il proprio corpo maggiore rispetto a quelle che avevano visto le foto di oggetti inanimati. Allo stesso tempo, il livello d’insoddisfazione era pressoché identico sia in chi aveva guardato foto non contrassegnate, sia in chi aveva guardato foto accompagnate da etichette. In altre parole, quelle donne provavano insoddisfazione per la propria fisicità anche se erano pienamente consapevoli che le immagini guardate erano fake. Il pensiero sottostante di queste donne immagino sia stato: “Se persino le modelle hanno bisogno di un pesante fotoritocco per apparire in questo modo, immagina di quanto “aiuto” ho bisogno io per sembrare anche solo lontanamente simile a loro”.

 Una variabile che appare significativa è un fattore chiamato “comparazione sociale”. Consiste sostanzialmente nella frequenza con cui una persona paragona il proprio corpo a tutte coloro che la circondano (e si sentono sempre inferiori alle altre, e sempre colpevoli per questo). Le donne che hanno questo tipo di problema sono quelle più vulnerabili alla visione di certi tipi d’immagini, nonché – secondo lo studio – quelle la cui insoddisfazione per il proprio corpo era più elevata anche dopo aver visto le immagini contrassegnate da etichette.

I ricercatori hanno ripetuto una seconda volta un esperimento del tutto simile, che ha sostanzialmente confermato i risultati del precedente.

Gli autori dello studio hanno quindi concluso:

“Dai risultati di questo studio si evince che, anziché interrompere o prevenire la comparazione sociale come desiderato, il vedere immagini contenenti etichette d’avvertimento implementa la comparazione sociale stessa. Forse perché dette etichette fanno focalizzare ancor di più l’attenzione sul corpo della modella, anziché guardare l’immagine nel suo insieme. Questo è confermato dal fatto che, soprattutto in quelle donne che hanno problemi di spiccata comparazione sociale, la presenza delle etichette accanto alle immagini accresce la loro insoddisfazione nei confronti della propria fisicità. […]” 
(mia traduazione) 

Io immagino che questo dipenda dal fatto che la maggior parte di noi, in fondo, sa perfettamente che le foto delle modelle che si vedono sono fotoritoccate. A livello cognitivo, razionale, sappiamo bene che sono fake. Ma è nel gap che intercorre tra visualizzazione di un’immagine e sua interpretazione razionale che si cela l’emotività. E l’emotività non può essere cancellata da nessuna etichetta d’avvertimento. Inoltre, queste etichette fanno sì che la concentrazione si focalizzi molto di più sul corpo della modella, cercando di vedere quali parti non sono “reali”, e scrutando ogni singolo dettaglio per individuare possibili segni d’alterazione e rielaborazione digitale.

In poche parole, io credo che ci sarebbe bisogno di una maggiore variabilità nelle immagini che ci vengono propinate dai mass-media: sia in termini di taglia, di dimensioni e forme del corpo, sia in termini di etnia, e molti altri fattori di questo tipo. E questo come considerazione generale, rivolta a qualsiasi donna, non necessariamente a chi ha un DCA, perché credo che i disturbi alimentari affondino le loro radici in tutt’altre problematiche ben più profonde e complesse della mera fisicità. Sarebbe bello poter sfogliare una rivista modaiola, ed avere per lo meno l’idea di come un paio di jeans possano vestire su di noi, non su un’immagine ritoccata per essere quanto più vicina possibile ad un appendiabiti…

venerdì 21 marzo 2014

A voi la parola / 16

Per lo spazio di “A Voi La Parola”, oggi voglio proporvi le parole di Gothica, che esprime le sue riflessioni sul DCA sulla base della propria esperienza e del proprio vissuto:

“L’anoressia è una malattia mentale, un’instabilità di se stessi nel mantenere l’autocontrollo sulla propria mente, ciò si ripercuote sul nostro corpo. 
Chi soffre di anoressia abusa del proprio corpo per trasmettere le proprie sensazioni, le proprie emozioni, in un periodo della vita che non sempre richiede problemi consistenti, a volte è un bagaglio che ci si porta dietro e che continua per inerzia anche senza un motivo ben definito. L’anoressia è una droga mentale, si assume tramite la propria coscienza e la propria emotività, è una malattia difficile da curare, vista la complessità della nostra mente. 

Inconsciamente questa malattia ci porta a comportamenti estremi, a volte senza rigor di logica, sebbene la persona stessa si renda conto del male e della sofferenza che porterà al suo corpo e soprattutto la sua mente, perchè la verità dell’anoressia sta nella nostra testa e nient’altro. 

Il dimagrire, il non mangiare, il vomito auto-indotto non son altro che un mezzo di comunicazione… perchè siamo emotivi… perchè ci sentiamo sconfitti nell’essere, perchè ci sentiamo deboli, perchè siamo fragili. 
Cos’è l’anoressia? L’anoressia è una malattia creata dal sub-conscio dell’uomo, causato dalla complessità della mente umana, a volte spinto da problemi personali che si protrae nel tempo. E’ una malattia mentale e la psicologia umana è complessa ed intricata. 

Ciò che noi definiamo il rifiutare il cibo, il rigettarlo, non è altro che lasciare un vuoto incolmabile dentro noi stessi, una sorta di auto-masochismo e chiunque… chiunque lo sa cosa comporta, a volte anche problemi secondari irreversibili, vedi l’osteoporosi, eppure continuiamo a farci del male… perchè? Perchè lo vogliamo, perchè ce ne rendiamo conto solo in parte o forse perchè facciamo solo finta di essere felici. 

L’anoressia è un’instabilità di noi stessi, l’anoressia l’abbiamo creata noi, non è genetica, non è trasmissiva, non esiste un virus… è tutto dentro la nostra testa. 
Una persona anoressica non deve per forza pesare 40 chili, lo si nota maggiormente su una persona magra, ma non è quello il sintomo, il sintomo sta nel nostro comportamento e nel modo che ci rapportiamo verso gli altri, anche una persona che pesa ben più di 40 chili pur non notandolo può essere malata, la superficialità involontaria di molte persone non è stupidità, ma solamente ignoranza in senso buono. Nervosismo, rabbia, introversione, mancanza di appetito sussistente….questi sono solo alcuni dei sintomi, ci manca una motivazione per uscirne, per tornare a vivere, per tornare a mangiare senza sentirsi in colpa, e se la troviamo facciamo in modo di cancellarla per tornare a vivere nel nostro mondo anoressico. L’anoressia non è la perfezione, l’anoressia può portarti alla morte, la perfezione non esiste, la perfezione è stare bene con noi stessi, qualsiasi siano i fatti. 

C’è chi la venera, chi ci gioca… ma c’è chi sta male e chi muore per questo, c’è chi si rende davvero conto della gravità della situazione eppure continua… e questo è ancora peggio che non rendersene conto. 

Può iniziare per caso, può iniziare volontariamente, ma è sempre una malattia che pervade la mente di molte donne ed in percentuali minori anche di uomini. 
L’anoressia… è la parte oscura della nostra anima, ciò che ci porta a non ragionare col la parte razionale del nostro cervello. 
La bulimia nell’anoressia è una sorta di punizione per aver osato mangiare quel poco in più che ci fa pentire di averlo fatto. 
La bulimia è il farci del male, perchè quando si vomita si sta male, si soffre e questa sofferenza ci fa stare "bene" inconsciamente e stupidamente. 

L’anoressia porta a essere sempre più magri, si arriva ad un certo punto dove si raggiunge l’estremo, dove non si riesce ad avere più quella sorta di auto-controllo su noi stessi, non si riesce a smettere, io sono arrivata a pesare un massimo di XX chili, ma ho saputo fermarmi, ho saputo "valutare" quanto voler essere magra, anche se brutto da dire è così, avere un limite, c’è chi non riesce e raggiunge livelli di magrezza estrema e molto evidente, ma questa è solo esteriorità, perchè ripeto, l’anoressia è una malattia mentale, non fisica, si muore dentro

Ho voluto rapportare tutto ciò come una sorta di sfogo personale, viste le mie costanti crisi ormai persistenti da un paio di mesi, visto il mio auto-controllo instabile, che mi porta a crisi bulimiche sempre più frequenti. 

Voglio che chi legga queste parole lo faccia con la parte razionale del proprio cervello e non con la parte malata. 
Io soffro di anoressia… io soffro… e basta. 
Come si può definire questa vita? Una vita fatta di continue auto-commiserazioni, di colpe e di male inflitto volontariamente… anche se in parte inconsciamente? 
Possiamo sembrar felici, ma dentro stiamo morendo, questo segreto… un segreto per le persone che ci incontrano per strada, persone che non ci conoscono o che sanno poco di noi.
Vi siete mai soffermati a guardare una persona e pensare alla sua vita, alle sue emozioni, alla sua storia? Io lo faccio spesso. 

Riflettete.”

Cara Gothica, ti ringrazio per aver voluto condividere con me e con le altre lettrici di questo blog le tue riflessioni. Ti auguro davvero che questa preziosa presa di consapevolezza da parte tua possa rappresentare un importantissimo passo nel tuo percorso di ricovero, che ti possa permettere, in futuro, di lavorarci su al fine di stare sempre meglio.
Ti faccio un enorme in bocca al lupo!

venerdì 14 marzo 2014

Un'immagine di prevenzione (NON) vale mille parole

Dato che domani, 15 Marzo, è la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, ovvero la giornata nazionale dell’informazione e della prevenzione sui DCA (date un’occhiata QUI per maggiori informazioni), mi sembra opportuno dedicare anche il post di oggi a parlare della prevenzione dei disturbi alimentari.

Immagino che sappiate tutte cosa sono le infographics. Bene, recentemente ho scoperto che esistono delle infographics che dovrebbero essere state miratamente create per la prevenzione dei disturbi alimentari.

Allora, vi dirò una cosa: a me le infographics in genere piacciono molto. Mi è sempre piaciuto disegnare, fin da quando ero una bambina, e mi piace pensare al modo in cui sia possibile presentare delle informazioni in forma visiva. Per cui, in generale, ho un’opinione positiva sulle infographics. Il problema sorge nel momento in cui si va a considerare il contenuto di alcune di queste infographics, specie se parliamo di prevenzione dei DCA.

Due nelle fattispecie sono le infographics inerenti l’informazione e la prevenzione dei DCA, che ho visto essere più spesso condivise su Internet, e di cui voglio parlare oggi.

Questa è la prima (click sull'immagine per ingrandire):

Dunque, esaminiamo quest’immagine. I 2/3 superiori della infographic non hanno in effetti NIENTE a che vedere con anoressia e bulimia. Sono inerenti diete ed immagine corporea. Questo non c’entra con le vere problematiche di chi ha un DCA. È come dire che io so come ci si sente ad essere decapitate, perchè una volta mi sono tagliata un polpastrello con la carta mentre sfogliavo un libro. NON E’ LA STESSA COSA. Però, se ci pensate, la maggior parte delle informazioni che vanno per la maggiore quando si parla di prevenzione dei disturbi alimentari sono relative proprio a diete ed immagine corporea. Okay, a tutti coloro che pensano che questo sia il focus di un DCA: non scherziamo davvero. Tenete da parte questa roba per la “Giornata Nazionale Anti-Dieta” o per la “Giornata Dell’Immagine Corporea Positiva”.

Questa è l’altra infographic (click sull'immagine per ingrandire):

Di nuovo, circa la metà delle cose listate hanno semplicemente a che fare con la dieta. È un po’ una contraddizione, visto che si dovrebbe parlare di prevenzione. Il secondo punto della lista dice che l’anoressia è nel 50-80% dei casi determinata geneticamente (e vi assicuro, basandomi su alcuni recenti studi scientifici che sono stati condotti al riguardo, che non è assolutamente vero), dopodiché in molti altri punti si va avanti a parlare di diete ed immagine corporea. Mi sembra un po’ come se per la “Giornata Nazionale Dell’Informazione e Della Prevenzione Sulla Depressione” indossassimo tutti quanti magliette con su scritto: “Don’t Worry, Be Happy!”.

Infographics di questo tipo mi irritano un po’ perchè mi sembra che manchino completamente l’obiettivo. Ci sono molte persone che hanno vissuto e che vivono l’esperienza dei DCA che potrebbero raccontare la verità su queste malattie, anziché limitarci a volantini che un sembrano un po’ come pacche sulle spalle per persone che non sanno cosa sia veramente un DCA, cercando di spostare la loro attenzione su cose che non c’entrano neanche un granché con la malattia.

Le verità sui DCA, di fatto, non vengono mai dette esplicitamente nelle campagne rivolte alle grandi masse: non viene spiegato loro che i DCA sono malattie mentali potenzialmente letali, che hanno poco a che vedere col cibo e molto a che vedere col bisogno di controllo o con altre necessità, che sono solo un sintomo superficiale che maschera problematiche ben più profonde e variabilissime da persona a persona, che la riabilitazione nutrizionale e la psicoterapia sono di fondamentale importanza per poter stare meglio, che le lunghe liste d’attesa ai pochi centri specializzati esistenti in Italia ritardano gli accessi e rendono più difficile curare una malattia quando non è più in fase precoce, che ci sono persone che muoiono in attesa che si liberi un posto in questi centri. Persone che vedono il venir meno della terapia perché, secondo i terapeuti, non sono complianti. Persone cui non viene fatta diagnosi di DCA perché hanno un aspetto fisico che non risponde allo stereotipo di emaciazione che la gente normalmente pensa sia tipico di chiunque abbia un DCA. Persone che ricevono un trattamento inadeguato rispetto alle loro esigenze perché negli ospedali il personale non è specializzato, famiglie che vengono dilaniate dai DCA, genitori che non si rendono conto. Il fatto che in Italia i centri specializzati sono per lo più privati, e a meno di non accedere ad una convenzione con la ASL di pertinenza, costano uno sfondo e molti non se li possono permettere. Il fatto che i medici spesso non hanno competenze mirate sui DCA, e psicologi che continuano a ripetere la solita vecchia (e falsa!) storia che un DCA deriva da un alterato rapporto madre-figlia.

Dovremmo averne abbastanza. Dovremmo fare qualcosa… di diverso.

Effettivamente quanto ho appena scritto non è esattamente il piacevole genere di cosa che si presta alla realizzazione di un’infographic. È una verità amara. Ma è pur sempre la verità. Bisognerebbe che ci fossero molti più siti Internet che trattano della tematica dei DCA in maniera corretta, preventiva, educativa. Lo so che leggere certe cose non è allegro né piacevole. E dunque? Ci sono persone che MUOIONO a causa dell’anoressia/della bulimia/del binge/dei DCAnas, e tutto quello che si riesce a fare sono delle figurine che parlano di come dovremmo amare il nostro corpo? È questo? Questo è il meglio che riusciamo a fare?

Io penso che la prevenzione dei DCA sia molto importante, ma il punto è: tutti sanno che sarebbe importante prevenire i disturbi alimentari. Non serve a niente focalizzare l’attenzione sulle diete o sull’immagine corporea, perché sennò la gente guarderà solo quello, e non servirà a niente, perché non è quello il vero problema. Serve maggiore informazione. Corretta. E il modo migliore per informare le persone è farle parlare con chi ha vissuto/vive personalmente queste problematiche. Non servono a niente i poster, le locandine, le pubblicità-progresso, le infographics artistiche. Serve che le persone che hanno vissuto/vivono un DCA ci mettano la faccia e vadano a parlarne nei corsi universitari di Medicina, di Scienze Infermieristiche, di Dietistica, che vadano a parlarne nelle classi delle scuole superiori, nelle riunioni dei genitori. Serve che parlino della REALTA’ dell’avere l’anoressia/la bulimia.

Una infographic a largo target non sarà mai efficace. Perché allora non impiegare più saggiamente le proprie risorse

venerdì 7 marzo 2014

Maldestri suggerimenti di prevenzione per i genitori

Dato che stiamo andando verso la Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla, che è centrata su informazione e prevenzione dei DCA (fate click QUI per avere maggiori informazioni), vorrei parlare proprio di questo: informazione e prevenzione. Quando si parla di informazione e prevenzione dei DCA, c’è da dire che parte di essa è rivolta verso che è già affetta da un DCA, e consiste per lo più nello spiegare quali saranno le terribili conseguenze del DCA sia dal punto di vista fisico che psicologico, al fine di mettere in guardia le persone che intendono proseguire su questa strada (penso che sia una buona cosa, ma non credo funzioni veramente se una persona è nel pieno di un DCA, perché in fin dei conti non siamo stupide e sappiamo quanto il DCA sia dannoso, se lo portiamo avanti è perché rappresenta quella che in quel momento percepiamo come la più ottimale strategia di coping a fronte di altre problematiche); parte di essa è rivolta invece verso i genitori.

Questa è una cosa senz’altro positiva, se viene però condotta nella maniera adeguata. Di certo, a suo tempo, i miei genitori non sapevano che il mio costante bisogno di controllo su tutto era una spia lampeggiante. Né sapevano che la mia restrizione alimentare era solo un sintomo che nascondeva tutt’altri problemi. E non sapevano neanche quali potessero essere i segnali da cogliere per capire che in me c’era qualcosa che non andava, nè le conseguenze di un DCA diagnosticato tardivamente. Ecco, informazioni in merito a queste tematiche sono veramente utili, e sarebbe meraviglioso se venissero fornite più massivamente.

Purtroppo, spesso e volentieri, la prevenzione e l’informazione non viene affatto condotta nella maniera adeguata. Ho provato a digitare su Google “Eating Disorders Prevention" + "Parents” e guardate un po’ quali sono i primi link che mi sono saltati fuori:

Eating Disorders Often Begin At Home (The Almagest)

Food for Thought (Hamlet Hub)

How Parental Behavior May Impact A Child’s Body Image (Forbes)

Li avete letti? Okay, superficialmente questi articoli non sembrano malaccio. In effetti, sembrano tremendamente positivi. Ecco come aiutare i genitori ad aiutare le loro figlie! Come potrebbero mai questi articoli mandare un messaggio sbagliato?
Ecco come:

1) Tutti questi articoli sottilmente (ma neanche tanto…) incolpano i genitori per lo sviluppo di un DCA nelle loro figlie. Nell’articolo di “Forbes”, infatti, l’autore scrive:  

“I genitori vengono presi come esempio. Sfortunatamente, i genitori possono talora dimenticare come le loro azioni, pensieri e parole impattano nella vita dei propri figli. Quando si parla di immagine corporea e comportamenti alimentari, la cosa diventa particolarmente rilevante. […] Pertanto i genitori devono fare molta attenzione a come mangiano, a come si relazionano al proprio corpo, e all’impatto che questo potrebbe potenzialmente avere sui loro figli.”
(mia traduzione) 

Sì, okay. È naturale che i comportamenti genitoriali possano influenzare i figli – in fin dei conti, si impara a camminare e a parlare per imitazione. Ma c’è un gap enorme tra questo e il dire che la mera imitazione può creare un disturbo alimentare. La verità è che nessun comportamento genitoriale può far ammalare la figlia di anoressia. Non funziona assolutamente così. Anche se il messaggio riportato nell’articolo sembra positivo, instilla subliminalmente senso di colpa nel genitore che legge: “se una ragazza ha un DCA, i suoi genitori erano fissati su peso e cibo e avevano una relazione sbagliata con la propria immagine corporea”. Falso. Certo in rarissimi casi può esistere questa correlazione, ma è una cosa più unica che rara, e dunque ciò non vuol dire che è il comportamento dei genitori a causare un DCA nelle loro figlie, o che, se tu hai un DCA, allora i tuoi genitori ti hanno condizionato pesantemente.

2) Questi articoli danno ai genitori un falso senso di sicurezza. Le persone pensano che se ai loro figli viene insegnato come alimentarsi correttamente, o gli viene spiegato quanto deleterio sia un DCA, o gli viene detto di amarsi ed accettarsi per quella che è la loro fisicità, essi non si ammaleranno mai di anoressia. Perché, in teoria, sanno tutto quello che c’è da sapere per evitare la malattia.

Ma non si può pensare di immunizzare un/a bambino/a all’anoressia fornendogli spiegazioni razionali e corrette, perché un DCA non è una malattia “razionale”. Si può fare tutto l’immaginabile e l’inimmaginabile, e si può farlo bene, e ugualmente quel bambino/a potrà in futuro ammalarsi di anoressia/bulimia.

3) Questi articoli danno per scontato che la causa principale dei DCA sia rappresentata da problemi con la propria immagine corporea. Non è che questo sia falso. Questo è ENORMEMENTE ED INCOMMENSURABILMENTE FALSO! Alcune persone malate di DCA possono sviluppare un’alterazione della percezione della propria immagine corporea (il termine tecnico è “dismorfismo corporeo”) nel corso della malattia, ma sono solo una piccola percentuale rispetto a tutte le malate di DCA, e comunque questa è una conseguenza della malattia, non una causa! Penso che noi tutte sappiamo benissimo che il nostro DCA è stato determinato da tutt’altri tipi di problemi sottostanti, variabili da persona a persona, e che abbiamo utilizzato il DCA più che altro come strategia di coping, ma erano ben altri i veri problemi, NON certo il voler essere magre per fare le modelle! Ergo, in tutti questi articoli c’è un grosso errore di fondo.

4) Questi articoli operano un’errata fusione tra “dieta” e “disturbo alimentare”. Un’altra cosa che mi fa veramente incavolare, di nuovo in riferimento all’articolo pubblicato su “Forbes” (sì, è il peggiore dei 3, secondo me):  

“Basandosi su studi recenti (ah sì? E quali sarebbero? Perché, causalmente, non ne viene citato neanche uno? – mia nota a margine) i DCA stanno diventando sempre più frequenti, e esordiscono anche in tenerissima età. L’associazione Nazionale dei DCA dice che circa l’80% delle bambine di 10 anni, infatti, hanno paura di prendere peso. (statistica pescata da chissà dove… sono maligna se dico “inventata”?! – altra mia nota a margine) Sebbene vari fattori contribuiscano alla comparsa e allo sviluppo di un DCA, il modo in cui una madre si relazione alla propria immagine corporea ha una significativa influenza su come i suoi figli vedranno se stessi. Uno studio ha rilevato che l’eccessiva concentrazione di una madre sul proprio peso corporeo è la terza causa più importante che determina problemi d’immagine corporea nelle adolescenti che credono che le loro madri le vogliano magre, e sono 2 - 3 volte più propense a preoccuparsi a loro volta del proprio peso. Queste anomale percezioni dell’immagine corporea non sono un’esclusiva delle ragazze: uno studio della “Harvard School of Public Health” del 2013 ha rilevato che circa il 18% dei ragazzi adolescenti inclusi nel loro studio erano “estremamente preoccupati” per la loro fisicità. In effetti, discutere delle diete o esprimere il desiderio di perdere peso davanti a propri figli quando sono bambini od adolescenti può influenzare negativamente la loro immagine corporea.”
(mia traduzione)

A-ha.
E questo, secondo le loro menti illuminate, cosa avrebbe a che fare con i disturbi alimentari?

5) Questi articoli hanno una concezione dei DCA che andava di moda un secolo fa. Ecco a voi qualche perla estratta dall’articolo di “Forbes”:

Le prime speculazioni, basate su vecchissimi modelli psicoanalitici, hanno a che fare con il concetto di cibo come nutrimento materno:  

“Per comprendere la natura psicosociale dei DCA occorre considerare che questa è relazionata a concetti comportamentali come il ruolo dell’attaccamento – radicato al “latte materno”, spiega Krasner. “Questa comprensione primordiale del ruolo che il cibo gioca permette di avere una visione relazionale dei disturbi alimentari nella famiglia”.  

"Come spiega Krasner, le prime ipotesi in merito alla patogenesi dei DCA sono relative alle difficoltà tra madre e figlia nella condivisione del “latte materno”: dare amore, ricevere amore, condividere il cibo, condividere ricorrenze legate al cibo.”
(mia traduzione)

Ehm… COMECOSA? L’autore dell’articolo in questione e il cosiddetto “esperto psicoterapeuta” Krasner hanno mai provato a leggere qualcosa relativo ai DCA che sia stato pubblicato negli ultimi 10 anni? O si sono limitati alla lettura di fonti dell’ottocento? Questa roba è retrograda, ampiamente superata dagli studi e dalle acquisizioni più recenti, è semplicemente sbagliata e obsoleta!

Io credo che i genitori non siano la causa della comparsa di DCA nei propri figli, e non credo neanche che ne possano prevenire l’insorgenza. Sebbene sia vero che un buon comportamento genitoriale è d’aiuto per i figli, lo è semplicemente perché i genitori cercano di educare correttamente i propri figli, non perché questo possa in alcun modo avere a che fare con lo sviluppo o meno di un DCA.
Il fatto che una ragazza possa avere un DCA non è in correlazione diretta con i genitori che ha avuto, e non dice niente relativamente a questi genitori.

La frase “I genitori vengono presi come esempio” non dovrebbe mai, mai, mai e poi mai essere utilizzata quando si parla di DCA. Bisogna smetterla di colpevolizzare i genitori.

Immaginate se leggeste un articolo in merito alla prevenzione dei tumori che fornisce un elenco di suggerimenti in merito alle norme igieniche di base per i genitori, come se questo implicasse che la comparsa di un tumore fosse un segno di scarsa igiene del bambino. Immaginate che questi segnali precoci di tumore sarebbero trattati così superficialmente se bisognasse prendere seriamente in considerazione l’idea di consultare un medico?

I disturbi alimentari non sono un problema con “l’immagine corporea”. Sono solo la spia esteriore di numerosi e svariati altri problemi sottostanti. Non possono essere prevenuti o trattati con le semplici cure genitoriali. Se si sospetta un DCA in una ragazza, non bisogna puntare il dito sui genitori, ma bisogna soltanto AGIRE IMMEDIATAMENTE cercando aiuto sia da un punto di vista nutrizionale, ma soprattutto da un punto di vista psicoterapeutico.
 
Clicky Web Analytics Licenza Creative Commons
Anoressia: after dark by Veggie is licensed under a Creative Commons Attribution-NoDerivs 3.0 Unported License.