Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

martedì 27 luglio 2010

Un messaggio positivo

Sono veramente convinta che leggere parole positive serva a rinsaldare l’autostima, e questo vale per chiunque e per qualsiasi cosa. A maggior ragione per le ragazze con disturbi alimentari.

Perciò, ecco quello che ho fatto ieri. Causa turno di guardia, sono dovuta rimanere in ospedale tutto il giorno. Dunque ad un certo punto, durante la pausa-pranzo, è stato necessario che usassi il gabinetto di facoltà. Ed ho avuto l’idea di lasciare attaccato al porta-salviette vicino al lavandino un Post-It su cui ho scritto: “Non importa come si colpisce, ma come si reagisce ai colpi della vita!!”, a cui ho aggiunto ovviamente l’URL di questo blog.


(click sull'immagine per ingrandire)














Ho deciso che, da oggi in poi, quando esco di casa metterò sempre in borsa un pacchetto di Post-It, nel caso possa trovarmi da qualche parte in cui poter lasciare un messaggio positivo per chiunque possa trovarlo. Chissà, forse qualcuna leggerà il Post-It che ho lasciato nel bagno della facoltà, e le strapperà un sorriso.

Tutte – con disturbi alimentari o meno – abbiamo bisogno di messaggi positivi per illuminarci la giornata…

P.S.= In Agosto l'Internet Point che abitualmente uso per andare su Internet sarà chiuso per ferie... Non so se, quando e con quale frequenza riuscirò a postare... Cercherò comunque di farlo ogni qualvolta mi sarà possibile, promesso!

giovedì 22 luglio 2010

A voi la parola / 15

Non mi sono dimenticata dell’appuntamento con "A voi la parola”, ovviamente… E quindi, questo mese lascio lo spazio a Stefy.

“Penso che la mia storia di DCA sia comune a quella di molte di voi. A 5 anni circa ho iniziato ad entrare in contatto con lo sport, ginnastica artistica, poi a 8 anni ho iniziato la mia vita da pallavolistica. Scuola, palestra, amici, baracca, avevo voglia di fare di tutto. Le cose sono andate benissimo fino ai 18 anni: ho continuato a giocare a pallavolo, andavo bene a scuola, avevo le mie amicizie, il mio ragazzo, la mia casa, la mia famiglia… Una vita da sogno… che si è infranto quando tutta la bolla è esplosa. Mi sono inscritta all’università, scegliendo una facoltà che purtroppo non mi si addiceva, ma ero troppo orgogliosa per tirarmi indietro e cambiare ammettendo di aver fatto la scelta sbagliata; un cambio di facoltà lo vivevo come un fallimento che non potevo assolutamente permettermi. Nel frattempo i chili, senza diete iniziali, senza pensieri sul fisico, senza una spiegazione logica apparente, hanno iniziato a calare, e con loro la voglia di vivere: zero amicizie, zero vita sociale, zero tutto. Mi sono trovata un lavoro in banca che, con gli studi universitari, mi ha imposto di cessare con la pallavolo, anche perché il fisico non poteva reggere quella vita. Stravolgimento credo sia il termine giusto! Sì, il mio periodo anoressico/bulimico credo sia iniziato proprio con il 1° anno di università, in quell’anno ho perso la maggioranza del peso e in modo drastico. Il vortice mi ha catturato senza accorgermene, senza che avessi la freddezza e la lucidità di bloccarlo: perché continuare a essere bella, simpatica, con 2000 cose da fare, con voglia di divertirmi, magari rischiando di incontrare una persona che si avvicinasse a me più del dovuto, magari si innamorasse pure, per poi mollarmi all’acqua come era appena successo col mio ex-ragazzo? Ma neanche per scherzo! E come avrei fatto a reggere un’altra batosta simile? L’unico modo, involontariamente e oggi a mente fredda, era proprio quello di auto-eliminarmi fisicamente.. dato che la mente, al contrario, andava oltre il 100%, quella funzionava anche troppo! Tutte le sere, al rientro nella mia tana, spegnevo completamente ogni contatto: telefonino, citofono, computer, persiane serrate anche se fuori c’era ancora luce.. fino al mattino seguente, che fosse lavorativo, festivo, natale, pasqua, capodanno.. tutti i giorni erano uguali per me. Tutti. E quando la banca era chiusa, panico… come occupare il tempo libero per non pensare alle 2000 ossessioni della mente? Dovevo sempre, e dico sempre, avere qualcosa a cui pensare o fare, mai fermarsi. Una domenica pomeriggio mi sono alzata dal divano di casa e mi sono sfracellata per terra: un mucchietto di ossa stile campo di concentramento che erano sul pavimento, inermi e immobili. Un male allucinante, lividi ovunque, cuore impazzito e un flash: ma come cavolo posso pensare anche lontanamente di andare con mia sorella in piscina? O al mare? O semplicemente fuori senza che si vergogni di me? Come aiutarla a scuola, in palestra, nella separazione dei miei genitori essendo credibile e non un fantasma orrendo? Nel nano-secondo che la mente non ha pensato razionalmente, ho acceso il computer, digitato in un motore di ricerca “anoressia” e telefonato “senza pensarci” al Centro per DCA sito nella regione in cui vivo. Ho fissato dei primi appuntamenti per colloquiare con una psichiatra, con la quale ho deciso per il ricovero. Sono partita un lunedì mattina che avevo ferie, dicendo chiaramente che era solo “per vedere”, e mi sono fermata nella mia “nuova casa” per 4 mesi… ero con la “mia family”: il bacio del risveglio la prima mattina, nessuno che mi guardava giudicandomi, ma semplicemente avevano una gran voglia di conoscere la Stefy, così come era veramente, e io morivo dalla voglia, sempre nascosta anche e soprattutto a me stessa, di farmi conoscere. Ho imparato a fidarmi… parolone!! Ho trovato calore, coccole, ma anche lavoro da fare, lacrime da versare (prima motivo di debolezza per me), responsabilità verso me stessa, prima che verso gli altri. Ho ritrovato la vita, perché credo fermamente che il passo principale per sconfiggere queste patologie sia l’ammettere a se stessi di avere un problema, poi chiedere aiuto. Se la voglia c’è, se ne esce a testa alta, nei tempi e nei modi personali per ogni persona, ma alla grande. Valiamo molto ma molto di più di quello che si butta dentro, o si vomita, o si cestina ancora prima. Indipendentemente da tutto e tutti, io Stefy valgo per me stessa e voglio darmi tutte quelle soddisfazioni che l’eliminazione drastica e completa degli anni scorsi mi ha tolto, che mi sono tolta. Ho imparato un’altra cosa secondo me fondamentale: non è colpa mia e di nessuno. E’ successo e basta. Non me la sono cercata: non è un capriccio perché si ha tutto e si vuole di più. È uno dei tanti modi con il quale si sfoga la sofferenza psicologica interiore, che ci logora silenziosa per tanti anni, fino ad esplodere. Ecco cos’è per me l’anoressia/bulimia. Molto importante, inoltre, ho compreso, è il non sottostare al giudizio altrui. Viceversa, bisogna sempre pensare: “Ma quanta rilevanza può avere ciò che pensa quella persona? Fino a quanto può influenzare la mia vita?”. Credo sia necessario porsi domande come queste e cercare le risposte. Il caos di questa vita spesso non ci dà tempo di riflettere sulle azioni nostre ed altrui. Una persona non muta mai nel giro di poche ore: sarebbe impossibile! Una persona nuova si costruisce pezzetto dopo pezzetto, poco al giorno, arrivano a un buon risultato dopo anni ed anni, e non si finisce mai!”

Cara Stefy, ti ringrazio tantissimo per le tue parole e per la tua preziosa testimonianza. E’ vero, è molto importante ma anche molto difficile imparare a non farsi condizionare da quello che dicono gli altri. Posso però dare quella che secondo me può essere una sorta di “direttiva per iniziare”. C’è un piccolo esercizio che secondo me si può fare per acquisire un po’ più di fiducia in noi stesse. Provate a trovare qualcosa in cui credete fermamente: una cosa piccolina, per esempio la passione per un cantante o per un fumetto. E osservate quanto poco conta per voi l’opinione degli altri su questo argomento. Conta poco perché, anche se per esempio c’è gente che vi dice che XY canta malissimo, a voi piace comunque ascoltare le sue canzoni. Chi se ne importa di cosa pensano gli altri? Sono così belle, vi fanno stare così bene quando le ascoltate! Poi, pian piano, come se si trattasse di una caccia al tesoro, andate alla ricerca di ciò che è bello dentro di voi e merita di essere protetto. All’inizio, molto probabilmente, non vedrete niente da proteggere, ma giorno dopo giorno scoprirete che ci sono sogni, idee e sentimenti in cui credete davvero e ci sarà un istante in cui vi capiterà di pensare: “Su questo non sono disposta a cedere!”. Ecco, è in quel momento che può avvenire la svolta. E ricordate sempre che siamo noi le uniche e le sole a poter compiere una rivoluzione dentro di noi.

sabato 17 luglio 2010

Una parola per i genitori preoccupati

Una volta sono stata la figlia anoressica che ha fatto inconsapevolmente preoccupare da morire i suoi genitori. Adesso che ho fatto passi avanti sulla strada del ricovero e posso guardare alla situazione con più chiarezza, è più facile per me comprendere ciò di cui si avrebbe bisogno e ciò che si vorrebbe – dal punto di vista di chi soffre.

Okay, siamo schiette: entrambe le parti soffrono.

Credo che, come genitori, la cosa migliore che possiate fare per vostra figlia è volerle bene e darle tutto il vostro supporto… cosa che ovviamente state già facendo se state leggendo questo post. Provate a comprenderla. Probabilmente lei adesso pensa che nessuno possa riuscire a capire quello che sta provando e che sta passando, ma tutto quel che dovete fare è farle capire che voi non avete la pretesa di capirla, ma che VOLETE comprenderla. Ascoltarla. Che ci tenete così tanto a lei da voler provare ad aiutarla in ogni possibile modo. E che sarete sempre al suo fianco se e ogni qualvolta lei dovesse avere bisogno di voi.

Non siate insistenti. Non siate severi. Talvolta ci vuole veramente una rivelazione affinché qualcuno riesca a realizzare che si sta facendo solo del male, perciò provate semplicemente ad essere la roccia cui vostra figlia possa aggrapparsi nel momento in cui si sentirà scivolare il terreno da sotto i piedi. Ci sono milioni di modi per cercare di farle capire che ha imboccato una strada senza uscita, senza bisogno di ricorrere a punizioni, a obblighi, senza condannarla, farla sentire in colpa, o farla stare ancora peggio di quanto già non stia.

I miei genitori hanno fatto cose sbagliate nei miei confronti, pur credendo di fare bene. Ma in effetti è difficile per i genitori – e per chiunque! – riuscire a capire come relazionarsi a una figlia con un DCA, specialmente se la figlia non è più una bambina ma già una giovane donna.

Chiedetele se lei vuole che voi facciate qualcosa in particolare. Chiedetele se vuole più autonomia, supporto, risorse per percorrere la strada del ricovero, informazioni su centri specializzati per DCA o su psicoterapeuti locali, una spalla su cui piangere, e così via… Molto probabilmente lei vi risponderà che non vuole niente di tutto questo. Ma se fossi io (e lo sono stata), mi avrebbe fatto un piacere infinito, dentro di me, anche se magari non lo avrei mai ammesso, se i miei genitori mi avessero chiesto qualcosa del genere.

Se vostra figlia è già in cura presso un centro per DCA o presso una psicoterapeuta: Sicuramente questo rappresenta un’enorme forma di supporto e uno dei modi più efficaci per combattere l’anoressia, ma ciò non significa che vostra figlia non abbia bisogno di nessun’altra forma di supporto. Quindi, continuate comunque a strale vicino e a suggerirle ulteriori strategie per combattere il DCA; per esempio potreste suggerirle di unirsi ad un gruppo di auto-aiuto guidato come quelli che vengono realizzati in numerose cliniche specializzate.

Purtroppo molto spesso i gruppi di auto-aiuto guidato non sono pubblicizzati e sono difficili da scoprire. Cercate d’informarvi presso le ASL/USL, fate una ricerca on-line, chiedete al vostro medico di famiglia o a un qualche medico specialista in DCA con cui siete in contatto per avere informazioni al riguardo. Nessuna pressione al riguardo… ma vale sempre la pena di fare un tentativo, quindi provate a tenere quest’idea in un angolino della vostra mente.

Posso comprendere come vi sentite. Ripensando a quello che è stato il mio vissuto con i miei genitori, adesso mi rendo conto quanto loro ci siano stati male e quanto si siano sentiti incapaci di fare alcunché, impotenti e completamente disarmati quando io ero nel pieno dell’anoressia.

Siate sempre pronti ad ascoltare vostra figlia, ma se lei non vuole parlane, non fatele pressione. Tutto quel che potete fare è cercare di fare del vostro meglio per aiutarla, tutto il resto dipende solo da lei. Nessuno può combattere al suo posto – e se qualcuno lo fa, non risolve comunque. E’ lei che deve fare una scelta per se stessa e combattere per raggiungere i suoi obiettivi mantenendosi sulla strada del ricovero.
Ma voi potete supportarla nel suo tentativo di combattere contro l’anoressia.

Mostratele quanto la vita possa essere bella senza l’anoressia, anziché cercare di farla vedere quanto sia brutta la sua vita con un DCA.

lunedì 12 luglio 2010

Domanda #15: Quando pensi che hai scocciato abbastanza

P. mi ha chiesto:

“Mi piacerebbe molto se tu potessi darmi qualche consiglio su cosa fare quando pensi che hai già scocciato abbastanza un amico, un’amica, un familiare – nel mio caso il mio ragazzo – a forza di parlargli della tua anoressia, ma senti ancora il bisogno di parlarne, soprattutto in certi momenti”.

Tanto per cominciare, P., sono io che rivolgo a te qualche domanda.

Perchè pensi di aver “scocciato abbastanza”? E’ a causa di una reazione che hai ricevuto? Qualcuno ti ha detto di smetterla di scocciarlo? O è a causa di una reazione che temi di ricevere? O è perché hai paura che qualcuno ti dica di smettere di scocciarlo?... Non lasciare che la paura metta i bastoni tra le ruote dei tuoi bisogni.
Inoltre: Ti senti incompresa? Ti sembra che nessuno ti stia a sentire adeguatamente? Pensi che l’anoressia stia compromettendo la tua relazione col tuo ragazzo, o hai solo paura che possa comprometterla?

Cerca di essere sicura di come stanno effettivamente le cose. È molto importante.

Parlare della tua anoressia non è un qualcosa cui puoi darti un limite preciso. Non puoi dire “Ne parlerò solo 3 volte la settimana, e quando l’avrò fatto anche se sentirò il bisogno/la voglia di parlane di nuovo, me lo impedirò”. Non funziona così.
Se senti che ti stai tenendo qualcosa dentro, qualcosa di non detto, questo comprometterà molto di più la tua relazione col tuo ragazzo (o con un qualsiasi tuo amico/amica) che non il parlarne.

Ricorda che avere un DCA non è molto diverso dall’avere un qualsiasi altro tipo di problema. Se qualcuna torna a casa tutti i giorni e dice: “Ho avuto proprio una giornataccia!” perchè per esempio si trova male al lavoro, anche se lo ripete tutti i giorni, non credo che nessuno le direbbe di starsene zitta e sopportare a denti stretti.

È verissimo che per chi non ha vissuto sulla propria pelle l’anoressia (o un qualsiasi DCA) può essere dura e difficile sentirne parlare costantemente. Ma per ovviare a questo basta semplicemente stare attente a quanto spesso se ne parla e a come gli altri potrebbero sentirsi al riguardo. Soprattutto, cerca di evitare di fare dell’anoressia il tuo unico argomento di conversazione. Focalizzarsi solo ed unicamente su quella, rafforza l’ossessione… e poi, dove penseresti di arrivare reiterando continuamente gli stessi pensieri sul DCA?

Sai benissimo che sentire qualcuno che parla solo ed unicamente di qualcosa di difficile non è esattamente divertente. Perciò, chiedi a te stessa se i tuoi discorsi sull’anoressia ti servono effettivamente per capire meglio te stessa, per aiutarti a combatterla e per sviscerare i problemi sottostanti. Perché se quello che prevale è invece l’aspetto ai autocommiserazione e di ossessione, questo non aiuterà né te né chi ti ascolta.

Ricorda inoltre che il tuo fidanzato o i tuoi amici non sono i tuoi psicoterapeuti. Di determinate cose, è meglio discuterne durante le sedute di psicoterapia. C’è una bella differenza tra il richiedere il supporto e l’appoggio delle persone vicine, e l’essere guidata in un percorso da una psicoterapeuta. Per le persone è più difficile ascoltare cose che gli psicoterapeuti sono più propensi ad accogliere. Non tutti sono ugualmente equipaggiati per relazionarsi con un DCA. Non so se stai seguendo una psicoterapia, ma se non lo stai facendo, ti consiglio di prendere quest’idea in considerazione. Forse hai bisogno anche di questo “getaway” per i tuoi pensieri sull’anoressia, e magari parlandone con uno psicoterapeuta puoi sgravare parte dell’impegno nell’ascolto del tuo fidanzato.

Detto questo, sentire il bisogno di parlare con persone fidate dell’anoressia è un qualcosa di normale, anche perchè tenersi le cose dentro e rimanere in silenzio non porta molto lontano sulla strada del ricovero. Se esiti a parlarne quando ne senti il bisogno perché temi di scocciare l’altra persona, forse dovresti riconsiderare il tuo rapporto con quella persona. Se quella persona ti manda un segnale di “scocciatura” quando parli di certe cose o non capisce perché tu senta il bisogno di parlarne, il problema potrebbe essere il rapporto con quella persona, non tanto il parlare dell’anoressia in sé.

Chiunque cerchi di percorrere la strada del ricovero ha bisogno di supporto, e se senti che in questo momento non stai ricevendo un sostegno adeguato, devi chiedere e concederti quello di cui senti di aver bisogno.

Per alcune persone scrivere i propri pensieri su un diario o su un blog le aiuta a stare meglio. Per altre, parlare della propria battaglia e dei propri pensieri è necessario. Se senti continuamente il bisogno di parlare di qualcosa con qualcuno, forse in quel rapporto c’è qualcosa che non va… e c’è qualcosa che non va, quindi, nel tuo percorso di ricovero.

Tutti i buoni rapporti richiedono un’adeguata comunicazione. E tutti i buoni rapporti richiedono supporto e comprensione da ambo le parti. Pensi di averne?

Magari il problema non è tuo, è della persona che ti sta vicino perchè in questo momento non è capace di darti il supporto che cerchi. Capita. Ci sono persone che non riescono a darci quel che vorremmo. Non è necessariamente colpa di quella persona, e non è necessario che tu faccia per forza qualcosa che cambi la dinamica di quel rapporto. Talvolta certe cose vanno accettate per quello che sono, il che, lo so, è veramente difficile. Magari prova a cercare di metterti nei panni altrui e a cercare di comprendere come può farli sentire quello che tu gli dici. Ma non limitare quello che senti il bisogno di dire solo per gli altri, perché questo andrebbe a tuo discapito. Perciò, per favore, ricorda che il compromesso può essere una soluzione; non può invece esserlo il piegare completamente le proprie necessità a quelle di un’altra persona. Se pensi che non devi parlare perché “hai scocciato abbastanza” a qualcuno, finisci solo per fare del male a te stessa.

Fai attenzione.
Pensaci bene.
Sii disponibile al compromesso.
Ma non restare in silenzio se senti che hai ancora bisogno di dire qualcosa sulla tua anoressia.
Il tuo percorso di ricovero ne soffrirebbe.

mercoledì 7 luglio 2010

Riempire il buchetto è quel che sempre si fa...

Penso che la negazione di una realtà che non percepiamo sia uno dei principali problemi connessi all’anoressia.

Ne discutevo tramite e-mail proprio in questi giorni con la dolcissima Wolfie, e quello che mi ha scritto mi ha dato veramente molto da riflettere. Vedete, la negazione è quell’amena cosa che ci fa mettere tutto dentro un piccolo buchetto, fuori dalla nostra vista, in modo tale che si possa fingere che non esista, che non sia mai successo.

Fino a che non ci si rende conto che quel buchetto è stato completamente riempito.

Quando ci si trova a vivere con un DCA, ci sono tante cose che ci feriscono, tante cose che ci fanno stare male, tante cose che si vorrebbe non fossero mai successe; ma poiché quello cui non pensiamo non esiste, se troviamo il modo di non pensare a queste cose allora, in un certo modo, possiamo come cancellarle. E se mai qualche evento successivo richiama alla mente un flash di quel particolare fatto, nella testa scatta rapidamente quella molla che dice: “IGNORALO, IGNORALO e non potrà feririti”; con il che lasciamo riscivolare tutto dentro il buchetto, e speriamo che il pensiero ritorni a galla quanto più tardi possibile.

Non sto dicendo che il celarci qualcosa sia completamente una cattiva idea. Al contrario, ritengo che sia un’eccellente prima linea di difesa. Quando qualcosa fa troppo male per poter essere sul momento affrontata, è necessario cercare di bloccarla fuori – infilarla dentro il buchetto in attesa del momento in cui saremmo pronte ad affrontarla senza lasciarci sopraffare.

Ma è qui che l’anoressia complica le cose. Perché essa stessa diventa il principale meccanismo di negazione, un qualcosa che utilizziamo come schermo a fronte di quelcos’altro. Sembra fatta proprio apposta.

Ovviamente – e lo so che è facile concretizzarlo da un punto di vista razionale, ma molto meno dal lato emotivo – l’anoressia non è una soluzione, è al più un palliativo. Quello che dovremmo cercare di fare è evitare la negazione e affrontare quello che ci sta di fronte, non infilarlo ”in cassaforte”, perché metterci faccia a faccia con ogni problema e vedere che possiamo fare, rappresenta l’unica vera via a disposizione per superare il problema.

Ammettere di avere un problema, senza negare che esso esista, credo sia il fondamentale punto di partenza. La coperta di Linus dell’anoressia è certamente calda e rassicurante, ma non toglie il fatto che i problemi ci sono comunque. E non riesce a pararli all’infinito. Finisce paradossalmente – o forse molto ovviamente – per diventare essa stessa Il Problema.

La negazione è una brutta bestia. Esattamente come l’anoressia. Ma forse combattere l’una ci servirà un po’ anche a tener testa all’altra…

venerdì 2 luglio 2010

Domanda #14: Attività fisica durante il percorso di ricovero

La domanda di oggi è quella che mi ha posto Vale tramite e-mail, che chiede:

“Come ti sei relazionata con l’esercizio fisico durante il tuo percorso di ricovero? Fai esercizio fisico adesso?”

Io faccio karate da quando ero piccola. Prima unicamente come sport, adesso anche come lavoro (sono istruttrice ed arbitro). Ovviamente, praticavo questo sport anche durante il periodo peggiore dell’anoressia nonché durante le prime fasi del mio percorso di ricovero. Non ho mai fatto attività fisica in maniera compulsiva allo scopo di perdere peso, è vero, però non volevo neanche rinunciare ai miei 3 allenamenti settimanali, sebbene il mio peso non fosse sufficiente per sostenere in maniera efficiente questo sport.

Andando avanti nel mio percorso di ricovero, ho cominciato a capire che per me – se volevo stare meglio da un punto di vista fisico – c’era un limite di esercizio fisico che non avrei dovuto sforare. Dovevo solo capire di quale si trattasse. Mi rendevo conto che, continuando ad allenarmi 3 pomeriggi la settimana, non avrei ripreso i chili necessari per recuperare. Così iniziai a limitare gli allenamenti a 1 e poi 2 la settimana… scegliendo quei giorni in cui ero riuscita a seguire l’ “equilibrio alimentare” che mi aveva prescritto la dietista, per essere sicura di aver mangiato a sufficienza da poter supportare adeguatamente l’allenamento. Per un periodo, ho anche sospeso completamente. Questo forse potrà essere un po’ scioccante per alcune di voi, ma è così.

Il punto era che avevo necessariamente bisogno di riprendere peso. E anche nel momento in cui riuscivo a seguire l’ “equilibrio alimentare” – 3 pasti al giorno + 2 spuntini – fare karate poteva essere controproducente. Ero ad un punto in cui ogni etto guadagnato poteva essere perso a causa dello sport. Perciò dissi a me stessa che prima dovevo recuperare un peso per lo meno un po’ più salutare, e poi avrei potuto ricominciare nuovamente col karate.

Credo che, guardando la cosa in maniera oggettiva, tute voi lo sappiate perfettamente: le persone gravemente sottopeso non devono fare attività fisica. Può andar bene qualcosa di estremamente leggero, giusto per mantenere attiva la massa muscolare, ma non certo il karate, il nuoto, l’atletica, il basket, o ogni qualsiasi altri tipo di sport specie se praticato in maniera intensiva. Niente footing o palestra. Non è sicuro. E porta inevitabilmente a perdere peso in termini di degradazione della massa muscolare. Non fa dimagrire, fa deperire. Il che è pure più pericoloso.

Ero in ansia in quei mesi in cui ho sospeso il karate? Sì, certo, molto. Ma c’è da chiedersi cosa è più importante: lo sport o il percorso di ricovero? Il percorso di ricovero ha inevitabilmente un maggior peso. (E scusate il gioco di parole…)

Nel momento in cui ho raggiunto un peso salutare e stabile (niente più fluttuazioni verso il basso dovute a ricadute restrittive) ho ripreso a praticare karate. Certo, dandomi dei limiti. Perché? Perchè adesso so quali sono i miei limiti. E so quello di cui il mio corpo ha bisogno. Un allenamento regolare può tonificare la mia muscolatura, uno eccessivo può al più danneggiarla.

In un primo momento, su consiglio della dietista che mi seguiva e mi monitora tuttora, ho ricominciato integrando 1 e poi 2 allenamenti la settimana – Lunedì e Giovedì. Niente allenamento del Sabato.

Ha funzionato. Seguivo l’ “equilibrio alimentare”, mantenevo il mio peso, e svolgevo attività fisica in maniera regolare e non particolarmente intensa. Quel che bastava per mantenermi attiva, farmi stare bene, anche con la compagnia dei miei compagni di squadra, e fare pari con quello che mangiavo.

Adesso il karate continuo a praticarlo regolarmente 3 volte la settimana e, come ho già detto, è attualmente diventato anche il mio campo di lavoro. Alleno ragazzi dagli 11 ai 17 anni, e faccio l’arbitro. Penso che la chiave stia nella regolazione. Tutti dicono che regolarsi è fondamentale, e io penso che questo sia particolarmente valido per ciò che concerne l’esercizio fisico.

Tutti i giorni faccio un po’ di stretching e di addominali, ma per non più di 15-20 minuti, giusto per mantenere il tono muscolare. Non è necessario fare di più. Questo è abbastanza, è la giusta quantità per me.

Attualmente ho raggiunto il mio peso fisiologico. Cerco di avere uno stile di vita regolare per poterlo mantenere. Il mio peso può fluttuare leggermente nell’una o nell’altra direzione, ma questo è naturale – è il peso che il mio corpo vuole mantenere quando mi alimento seguendo correttamente l’ “equilibrio alimentare”, facendo karate, e prendendomi cura di me stessa.

Non abbiate paura di riprendere peso limitando l’attività fisica. Se seguite i consigli della vostra dietista, il tutto sarà molto graduale, e l’ansia si attenuerà di giorno in giorno.

Veggie versione istruttrice di karate...













... e Veggie versione arbitro! ^___^


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