Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 25 gennaio 2013

Provare ad accettare il cambiamento

La maggior parte delle persone con un DCA non va poi così matta per i cambiamenti. Anzi, i cambiamenti non piacciono proprio. Per quanto una situazione possa essere difficile e dolorosa, talora si continua comunque a preferirla, per il semplice fatto che è nota. Che sappiamo cosa aspettarci e come gestirla. Si possono tutt’al più accettare piccoli cambiamenti, ma per lo più nei termini da noi stesse scelti, altresì è inevitabile sclerare e, spesso, rifugiarsi ancor di più nel DCA.

Giusto un esempio: nella palestra dove faccio karate da quando avevo 13 anni, col tempo sono arrivati dei nuovi atleti. All’inizio, io non ero molto per la quale. Certo, c’erano e ci sono sempre i miei soliti compagni di squadra, ma ero circondata anche da persone che non avevo mai visto prima. Considerato che questo è sinonimo di cambiamento e di conoscere nuove persone, e che io sono refrattaria a tutto ciò, il primo impulso è stato quello di tornarmene a casa. Ma insieme ad altri 2 miei compagni di squadra stavamo preparando una gara di kata a squadre, e non potevo andarmene lasciandoli nelle peste, quindi sono rimasta.

In ogni caso, col passare degli allenamenti ho cominciato a rilassarmi. A non pensare al fatto che ci fossero in palestra persone nuove. A ricordare che anche io e i miei soliti compagni di squadra un giorno, parecchi anni fa, eravamo stati “persone nuove” per quella palestra, e che col tempo siamo diventati un gruppo forte e coeso. Ho provato a pensare che eravamo tutti in quella palestra semplicemente perché ci piace fare karate, che avevamo tutti lo stesso obiettivo.

Conclusione? Alla fine non è stato poi così terribile. Certo i nuovi ragazzi non prenderanno mai il posto di quelli che ormai conosco da parecchio tempo, perché non è così che va, e perché sono persone diverse, e ognuno mi arricchisce con la sua amicizia in maniera diversa. Ma, allo stesso tempo, avere nuove persone intorno può essere anche divertente, e che è tutto quello che deve essere.

Mi viene da pensare ad ogni volta che Twitter cambia il layout delle pagine. All’inizio tutti si lamentano e dicono “Ridateci indietro il VECCHIO Twitter!”. Quel che c’è d’ironico è che prima o poi il layout cambierà nuovamente, e tutti si arrabbieranno e richiederanno il “vecchio” layout che in un primo momento avevano tanto biasimato. Perché questo, col tempo, era diventato la nuova normalità. Tutti ci si erano abituati. E tutti si abitueranno ai cambiamenti che verranno fatti in futuro.

Ecco, pensate allora che la stessa cosa può valere quando si percorre la strada del ricovero combattendo contro l’anoressia: non tutti I cambiamenti sono poi così terribili. Sono inevitabili, e non necessariamente si presentano come cose meravigliose e fantastiche – anzi, al contrario, all’inizio sono sempre faticosissimi – però, alla fin fine, possono non essere così malvagi. L’anoressia è una condizione che vincola alla staticità, ergo molto probabilmente non ci sentiremo mai totalmente a nostro agio con i cambiamenti. Del resto, non penso che sentirsi completamente a proprio agio con i cambiamenti sia un aspetto fondamentale del percorso di ricovero. Ci sono un sacco di cose nella vita che non ci piacciono, ma sappiamo che dobbiamo averci a che fare, e in qualche modo le affrontiamo. Quello che conta è il modo in cui le affrontiamo, e dunque il modo in cui ci relazioniamo al cambiamento. Perché possiamo non amarlo, ma possiamo imparare a gestirlo senza che questo diventi paralizzante e ci riscaraventi nelle braccia del DCA. Per progredire sulla strada del ricovero dobbiamo necessariamente affrontare più o meno grossi cambiamenti… quel che dobbiamo imparare a fare, perciò, è viverli nella maniera giusta, prendendo il buono che c’è in loro, e accettandoli come parte integrante di ciò che un domani potrà permetterci di stare almeno un po’ meglio.

venerdì 18 gennaio 2013

Cosa dire/non dire a una persona che ha un DCA

Questo post è rivolto soprattutto a genitori, parenti, amici, conoscenti, chiunque abbia a che fare con una persona affetta da anoressia/bulimia/binge/DCAnas. Credo che tutti coloro che hanno a che fare con una persona che ha un DCA si chiedano come poter dosare le parole, cosa poter dire o meno a suddetta persona, senza correre il rischio di peggiorare una situazione già precaria. Il fatto è che, molto spesso, nonostante tutte le migliori intenzioni, le cose che vengono dette sono decisamente sbagliate. Questo penso dipenda in larga parte dal fatto che chi sta vicino ad una persona con un DCA non ha vissuto a sua volta quest'esperienza, conseguentemente non sa esattamente cosa significhi avere un DCA, ne ha un'idea che molto spesso è lontana dalla realtà.

Mi è capitato di sentir dire: "Ah, sei anoressica? Anch'io ho avuto un periodo in cui ho fatto una dieta perchè volevo dimagrire"... e chi c'è passato ovviamente capisce che si tratta di tutt'altra cosa. Provare a fare una dieta è un qualcosa che moltissime persone fanno, ma questo non significa che, automaticamente, si ammalino di anoressia.

Quindi, ho pensato di fare una lista di quelle che, secondo me, sono cose che potrebbe essere utile o meno dire ad una persona che sta combattendo contro un DCA.

1 - Cosa dire: "Non sei sola. Se hai voglia di parlarne, io sono qui per te" 
In questo modo la persona non viene messa alle strette nel dover necessariamente dire qualcosa, ma sa che, in qualsiasi momento dovesse averne bisogno, ha qualcuno su cui poter contare.
Cosa NON dire: "C'è sempre qualcuno che sta peggio di te" 
E' ovvio che sia così. Ma il fatto che qualcuno stia peggio di noi, non significa comunque che noi non stiamo male, o che il nostro male ha meno valore di quello altrui... perchè non è una gara a chi sta peggio, quando si sta male si sta male e basta.

2 - Cosa dire: "Continua a combattere: per me è importante che tu lo faccia, perchè tu per me sei importante"
Sapere di avere il supporto di chi ci sta vicino può essere una buona spinta per rinsaldare la motivazione in una battaglia che è sicuramente dura e difficile.
Cosa NON dire: "Guarda che la vita non è facile per nessuno" 
Appunto... grazie, Capitan Ovvio. Perciò, perchè complicare la vita di una persona che sta già combattendo una battaglia così ardua con commenti del genere, che magari vorrebbero provocare/spronare, ma servono solo a sortire l'effetto opposto?!

3 - Cosa dire: "Pensi che io possa esserti d'aiuto in qualche modo?" 
Quasi sicuramente la persona anoressica/bulimica risponderà di no. In un certo senso è vero, perchè siamo solo noi a poter salvare noi stesse. Però fa sempre piacere sapere che ci sarebbe qualcuno disposto a dare una mano.
Cosa non dire: "Smettila di piangerti addosso" 
Okay, c'è chi si piange addosso, e questa non è certamente una cosa utile, anzi. Ma una frase così non aiuta. Piuttosto che limitarsi a lanciare lì la critica distruttiva, sarebbe opportuno aggiungere consigli relativi al come fare a smettere di tenere un atteggiamento autocommiserante, così la critica diventa costruttiva ed utile.

4 - Cosa dire: "Lo so che l'anoressia/la bulimia è una malattia. Non sei matta" 
Perchè è la verità. Anoressia e bulimia sono malattie psichiatriche anche molto gravi (basti pensare a tutti i danni fisici che comportano come conseguenze, e all’alto tasso di suicidi ad esse correlato...), e come tali devono essere trattate ed affrontate.
Cosa NON dire: "Smettila di fare i capricci, cosa ti costa mangiare un po' di più?" 
Costa. Costa molto più di quello che chi non c'è passato potrà mai immaginare. Non per quello che è, ma per quello che rappresenta. Il problema non è la quantità di cibo, il problema è la sensazione di perdita di controllo che arriva quando non possiamo più autonomamente decidere cosa e quanto mangiare. E, tra parentesi, i DCA non sono un capriccio: vedi sopra, sono malattie.

5 - Cosa dire: "Ce la puoi fare a stare meglio, non arrenderti" 
Perchè combattere è già una vittoria... e avere qualcuno che crede nella nostra possibilità di farcela è un buon incentivo. 
Cosa NON dire: "Prova a non vomitare"/"Prova a mangiare normalmente" 
Se fosse così facile, non ci sarebbero tante persone bulimiche e anoressiche al mondo, vi pare?!

6 - Cosa dire: "Non permettere all'anoressia/alla bulimia di avere la meglio su di te. Per quanto possa essere difficile, se t'impegni quotidianamente hai concretamente la possibilità di poter stare meglio"
Poichè noi possiamo davvero essere le fautrici del nostro cambiamento, se ce la mettiamo tutta per. Cosa NON dire: "E' colpa tua, chi è causa del suo mal pianga se stessa" 
E' vero, si sceglie un sintomo, ma non si sceglie una malattia. Quando si entra in un DCA siamo per lo più inconsapevoli dei danni fisici e mentali che esso ci comporterà. Non si sceglie mai un male sapendolo tale, ma solo se per sbaglio lo si considera un bene rispetto a qualcos'altro che viene percepito come un male maggiore. E dunque non ha senso parlare di colpe, è una perdita di tempo: impieghiamo costruttivamente quel tempo per trovare soluzioni.

7 - Cosa dire: "So che non posso capire quello che stai passando, ma cercherò di fare del mio meglio per riuscire a comprendere" 
Per capire bisogna aver vissuto. Per comprendere basta un po' d'ascolto e di empatia. Piccole cose, che pure possono fare tantissimo.
Cosa NON dire: "Credimi, lo so come ti senti. Anch'io a volte sono insoddisfatta del mio aspetto fisico"
Il fatto è che l'insoddisfazione di chi ha un DCA è molto più un'insoddisfazione interiore che esteriore, è del tipo "non mi piaccio come persona, non valgo niente", solo successivamente si riflette sul corpo. E, no, se non ci siete passati non lo potete capire: dire una cosa del genere può portare l'altra persona a pensare che pecchiate di presunzione, e quindi a mettervi muro ancora di più.

8 - Cosa dire: "Non ti lascerò sola in questo" 
Perchè c'è sempre bisogno di supporto esterno, facilita almeno un pochino le cose, sebbene poi sia ovvio che l'impegno a combattere dev'essere il nostro.
Cosa NON dire: "Ti rendi conto di quanto ci fai stare male con la tua anoressia/bulimia?!!" 
E voi vi rendete conto di quanto sta soffrendo la ragazza anoressica/bulimica??!...

9 - Cosa dire: "Ti voglio bene" 
E ho già detto tutto.
Cosa NON dire: "Lo fai solo per attirare l'attenzione" 
Non è così. Perchè è vero, paradossalmente più una dimagrisce più viene guardata. Ma essere guardata non significa essere vista. Questo lo si sa bene anche noi. Non lo si fa per attirare l'attenzione, è solo un modo sbagliato per cercare di stare meglio con noi stesse.

10 - Cosa dire: "Mi dispiace per quello che stai passando. Non posso capirlo, ma posso starti vicino. Non devi sentirti in colpa, so che stai male. E farò quello che mi sarà possibile per esserci sempre per te".
Perchè a volte c'è solo bisogno di questo. Di una mano tesa. Di qualcuno che dica che andrà tutto bene.
Cosa NON dire: "Hai provato un ricostituente? Un integratore vitaminico?" 
Hai provato ad accendere il cervello prima di aprire quel buco dentato?

(Se avete qualche aggiunta da fare a questa lista, lasciatela nei commenti, se vi va!!)

sabato 12 gennaio 2013

"Future Me"

Nel 2002 è stato aperto un sito chiamato “Future Me”. Questo sito permette di auto-scriversi una e-mail, che verrà poi letta in un futuro più o meno lontano, una mail che viene memorizzata dal sito e recapitata al proprio indirizzo e-mail dopo mesi od anni. Con questo sito è possibile scrivere a se stesse e ricevere quello che ci siamo scritte in un futuro imprecisato che possiamo decidere.

Proprio poco dopo la sua nascita, vi sono incappata in maniera del tutto casuale. Era il 12 Gennaio del 2003, ero in procinto di affrontare il mio primo ricovero in una clinica specializzata per il trattamento dei DCA, causa anoressia, ed ho deciso di scrivermi una e-mail da rileggere dopo 10 anni. Una e-mail che mi sarebbe stata recapitata il 12 Gennaio 2013. Una e-mail che avevo completamente dimenticato e che mi è arrivata oggi.

È una e-mail relativamente breve ed anche piuttosto semplice eppure, nel suo piccolo, mi ha fatta rabbrividire. Mi ha fatta rabbrividire al ricordo di quello che ero nel momento in cui l’ho scritta, e nella consapevolezza di quello che sono adesso.

Che poi, per la cronaca, no, ad oggi le cose non sono come le avevo speranzosamente pronosticate quando mi ero scritta questa e-mail 10 anni fa. Non proprio, per lo meno. Perciò, mi sono ri-spedita questa stessa e-mail. La riceverò un giorno in cui mi sarò nuovamente dimenticata di tutto, il 12 Gennaio 2023, e spero che mi potrà strappare lo stesso brivido.
Ma anche lo stesso sorriso.

"Cara Me Stessa del Futuro
come va?... 

Spero che adesso questa domanda non ti dia più così tanto fastidio da volerla convertire nell’attualmente perenne “Ti disturbo?”… e spero che la tua risposta possa essere “Bene”, ma non quel “bene” che dici oggi a chiunque come pro-forma ostentando un sorriso di circostanza… Soprattutto, a prescindere da quel che rispondi, spero che tu stia bene davvero. Bene dentro, intendo. 

Spero che tu abbia sciolto i nodi ad oggi ancora irrisolti, e che tu abbia ancora voglia di lavorare su te stessa per sciogliere quello che è rimasto ingarbugliato. Spero che tu abbia buttato quello che c’era da gettare, e tenuto quello che c’era da salvare – e non viceversa. 

A cos’è che pensi quando ti svegli ogni mattina? Spero che sia un qualcosa come: “Chissà cosa mi aspetta oggi?!”, o: “Ma che bel sole che c’è!”, oppure: “Non vedo l’ora di vivermi anche questa giornata”, anziché il solito: “Quanto manca per tornare a dormire?”. 

Ce l’hai adesso una macchina tutta tua su cui correre a tutta velocità per non andare da nessuna parte, solo per il gusto di sentire il fascino del pedale dell'acceleratore spinto a tavoletta? Spero di sì. Se poi hai anche un posto dove andare, forse è pure meglio. 

Spero che tu legga sempre i manga e ascolti sempre le canzoni delle t.A.T.u., e che tu abbia un lavoro che non ti schifa e anche il tempo per continuare a fare sport. Spero che tu non ti senta sempre in colpa per tutto, e immeritevole se le cose vanno bene, e scontata se le cose vanno male. Spero che le cose storte facciano pari con quelle giuste, e che tutto sommato senti che è okay. 

Ma soprattutto, comunque tu sia, ovunque tu sia e qualsiasi cosa tu faccia, e qualsiasi bivio della strada della vita tu imbocchi, soprattutto spero che tu adesso sia serena. Tutto qui, ecco. Spero semplicemente che tu sia serena. Qualsiasi cosa ciò possa significare ora per te. Le sere fuori in giro solo perché ti va di fare una passeggiata, la doccia perché hai da lavarti e non lacrime da nascondere, niente più storie mentali da immaginare perché tutto sommato la realtà che stai vivendo è una storia non malaccio. 
E spero che adesso che rileggi questa lettera che forse non ricordavi neanche più di avere scritto, ti venga da sorridere nel ripensare alla persona incasinatissima che eri, e che tu abbia l’indulgenza di abbracciare la bambina che non hai mai saputo essere. 

Scriverai una lettera alla Te Stessa del Passato? Cosa mi dirai? Mi manderai a fanculo? Spero proprio di sì… ^_^” A tra 10 anni, allora!... 

E, tra l’altro, ti voglio bene. 
Qualsiasi cosa tu sia, tu sia diventata, anche se non sei orgogliosa di te o ti fa ancora schifo tutto, sappi che ti voglio bene ugualmente. 
Puoi sempre contare su di me. Cioè, su di te. E quindi, su di me. 

Tua 

Me Stessa del Presente"

venerdì 4 gennaio 2013

Il fascino seducente dello psicoterapeuta "comprensivo e gentile"

Dato che ho appena ricominciato a fare psicoterapia, mi è venuto da pensare che più volte ho ricevuto e-mail da parte di persone che avevano deciso d’intraprendere un percorso di ricovero dall’anoressia, che mi chiedevano come poter fare per trovare uno psicoterapeuta, e/o come capire se lo psicoterapeuta che avevano di fronte fosse stato quello giusto o meno per loro. Altre persone mi hanno scritto parlandomi delle loro psicoterapie, commentando i propri progressi (o la mancanza di progressi) e valutando se continuare od interrompere la terapia, cercando un altro specialista.

Una delle motivazioni a favore del continuare la terapia con un determinato specialista – o, comunque, quello che chi mi scrive dice di cercare in un terapeuta – è che questa persona sia “comprensiva e gentile”.

Credetemi: capisco benissimo questa motivazione. Ci sono passata anch’io. Anch’io volevo qualcuno che fosse comprensivo, gentile, non giudicante, qualcuno con cui poter parlare di cuore. Anch’io volevo qualcuno cui poter confessare I miei pensieri più distorti senza essere etichettata come la pazza di turno. E anch’io pensavo che questa persona potesse essere uno psicoterapeuta. In tutta onestà? Avrei potuto semplicemente adottare un cagnolino.

Il punto è: indubbiamente avere uno psicoterapeuta con cui poter parlare del proprio DCA è d’importanza fondamentale per prendere le distanze dalla malattia e poter iniziare a combattere. Come ho sempre detto, il cuore dei DCA è il silenzio, ed è perciò estremamente importante romperlo. Se ne parliamo con qualcuno, (e a maggior ragione con qualcuno che è uno specialista in materia), la persona che ci sta di fronte certamente ci restituirà un input, e noi potremo trasformare questo input in un insight. Ma un insight non comporta un cambiamento nel nostro erroneo comportamento alimentare. È solo un concreto cambiamento del nostro erroneo comportamento alimentare che comporta un cambiamento del nostro erroneo comportamento alimentare. Il voler essere comprese e non giudicate dalla persona che ci sta davanti non è assolutamente un qualcosa di negativo. Ma spesso la frase “comprensivo e gentile” è una sorta di frase in codice che significa “non mi spinge in realtà ad apportare cambiamenti significativi alla mia vita”.

Con questo non voglio assolutamente dire che un buon terapeuta per essere tale dev’essere un completo stronzo. Ma essere un completo stronzo, per uno psicoterapeuta, non è comunque peggio dell’essere una persona unicamente “comprensiva”, “gentile”, “dolce” e “carina”. Non sto sostenendo – ripeto – che si debba scegliere come psicoterapeuta una testa di cazzo priva del benché minimo tatto e calore umano. Sto sostenendo che, prima di scegliere uno psicoterapeuta, è bene che pensiate a lungo a quello che state veramente cercando da una psicoterapia. Presumibilmente, voi avete un problema. Se state leggendo questo blog, scommetto che questo problema implica anche che voi abbiate un DCA. Perciò, prima di cercare un determinato tipo di psicoterapeuta, potrebbe essere utile che pensiate a cosa volete ottenere dalla psicoterapia in sé.

Forse è un qualcosa come: “Vorrei sentirmi meglio con me stessa”. Ottimo obiettivo. Ora provate a pensare a come, concretamente, questo potrebbe accadere. Combattere contro l’anoressia implica momenti in cui si sta veramente di merda, prima di poter ricominciare a sentirci un pochino meglio. Sentirci un pochino meglio significa che alcune delle ossessioni si smussano, che si ricomincia ad avere degli interessi al di là dell’anoressia, che non si è più eccessivamente perfezioniste ed esigenti con noi stesse. Riuscire ad arrivare a questo, nella stragrande maggioranza dei casi, comporta un lavoro di distacco dal DCA che è durissimo, difficile, e ci fa stare tremendamente male. Ho avuto degli psicoterapeuti così “carini” e “comprensivi” e "gentili" che non mi hanno spinta a questo perché sapevano, in un certo senso, che questo mi avrebbe fatta stare male.

Questo mi fa venire in mente una cosa che mi è successa nel 2008. Era Estate, ed un mio collega doveva partire per le vacanze, e mi affidò il suo gatto affinché me ne prendessi cura nel mese in cui lui non sarebbe stato a casa. Così portai questo gattino a casa mia, e dopo pochi giorni lui scoprì il frigorifero. Gli piaceva saltare sopra il frigorifero. Il problema era che poi non riusciva a scendere. Così iniziava a miagolare a tutto spiano, fino a che io non prendevo lo scaleo e lo tiravo giù. Ma lui dopo pochi minuti risaliva sopra, ed eravamo punto e da capo. Così, a un certo punto, io mi ero veramente rotta di riportarlo giù da quel dannato frigorifero. Perciò, decisi di lasciarlo cuocere nel suo brodo, di sopportare i suoi miagolii e di tirarlo giù solo dopo un ventina di minuti. Il gattino non era affatto felice della mia risoluzione. Anche a me, in fondo, dispiaceva di lasciarlo lassù a miagolare, ma d’altronde io non stavo chiusa in casa 24 ore su 24, e se lui fosse salito sul frigo in mia assenza, non sarebbe stato capace di scendere da solo se io non ci fossi stata, e quindi avrebbe potuto dover rimanere lassù anche per ore. Così, lo lasciavo sul frigorifero per un po’, per fargli capire che, certo, puoi benissimo arrampicarti dove ti pare, ma poi devi anche imparare a scendere. Passati quei 20 minuti, prendevo lo scaleo e lo riportavo a terra.
Ma non ho dovuto farlo per molto. Non mi ricordo neanche se è stato il gatto a smetterla di salire sul frigo o se (più probabilmente) alla fine ha imparato a scendere da solo. Lasciarlo lì sul frigo a miagolare non è stata una cosa “carina” né “comprensiva” nè "gentile" da fare, ma ha funzionato.

Ecco, è un po’ la stessa cosa di quando ci si trova di fronte uno psicoterapeuta “comprensivo e gentile”. Parliamo con lui dei nostri problemi. Gli raccontiamo di quanto l’anoressia ci ha incasinato la vita, e di come ci fa sentire adesso. E lui annuisce, e ci ascolta con studiata attenzione, ed ha l’aria comprensiva, e sembra che empatizzi davvero, e non ci giudica. Poi usciamo dal suo studio, ci reimmergiamo nei nostri casini, e non è cambiato un bel niente. Può sembrare in realtà una buona cosa, perché ci dà l’idea che stiamo lavorando sul nostro percorso di ricovero dal momento che parliamo con uno psicoterapeuta per 60 minuti ogni settimana, e il nostro terapeuta sembra proprio essere comprensivo, si prende cura di noi, e costruisce con noi un rapporto positivo.

 Ma il ricovero, in realtà, rimane stagnante. Non si fanno effettivi passi avanti, così.

Mi viene da pensare ad una frase che ho letto in un libro qualche tempo fa: “People don't change when they see the light, they change when they feel the heat”. Sentire il calore è spiacevole. Può sembrare stronzo insistere affinchè una persona affronti certi aspetti di sè o della propria vita, quando il rivangare certe parti del passato o il far fronte a certi aspetti della propria personalità le fa stare malissimo, e preferirebbero ammazzarsi piuttosto che parlare e lavorare su certe cose. Però lavorare su certe cose serve per progredire.

Questo non vuol dire che essere un bastardo cagacazzi farà di te un buon psicoterapeuta, perché non è affatto vero. Un buon psicoterapeuta è una persona che sa ascoltare veramente, fornisce input che permettano di costruirci con le nostre mani delle strategie funzionali per far fronte ai nostri problemi, è scevro di ogni forma di giudizio, conosce a fondo ciò di cui stiamo parlando, offre una panoramica su dove la terapia andrà a parare, illustra quali sono gli obiettivi, etc… Essere “comprensivo” e “gentile” non è una cattiva cosa, anzi, certamente aiuta a stabilire un buon feeling con i pazienti, ma non è questo che fa si un medico un buon psicoterapeuta.

Io stessa non ho cominciato a combattere veramente contro l’anoressia fino a che non mi sono trovata di fronte ad una psicoterapeuta che mi ha detto chiaro e tondo che non era lì per assecondare le mie stronzate. Mi ha spiegato molto bene quali fossero le “regole del gioco”, e mi ha sempre stimolata ad affrontare quello che mi faceva più male senza più scappare. Lo ha fatto certamente con correttezza, con professionalità, e in un certo senso anche con gentilezza, ma credetemi, non era molto gentile e comprensiva con l’anoressia. Allo stesso tempo, io l’ho rispettata tantissimo. Ho avuto moltissimo rispetto per chi non assecondava la mia “parte anoressica” per comprensione delle mie difficoltà, e mi trattava come una persona intelligente ma in quel momento anche malata, e quindi non in grado di vedere lucidamente determinate cose e, perciò, di gestire adeguatamente certi aspetti della mia vita. Quello che lei mi ha sempre detto è stato: “Tu hai bisogno di regolarizzare la tua alimentazione, e soprattutto di affrontare tutto quello da cui adesso stai fuggendo, e io cercherò di aiutarti a farlo. Non ti piacerà affatto, lo odierai, e in certi momenti odierai anche me, ma è giusto così.”

Dopodichè ho smesso di cercare psicoterapeuti che fossero semplicemente “comprensivi” e “gentili”, e ho cominciato a cercare persone che mi potessero materialmente aiutare a stare meglio. Alcune di queste erano gentili e comprensive – ma non è stato questo che mi ha fatta stare meglio.

In conclusione: ogni persona è una storia a sé, e quello che per me è un buon psicoterapeuta magari può non esserlo per qualcun’altra. Ma, in ogni caso, quando cercate uno psicoterapeuta, non concentratevi solo sulla persona in sé, ma soprattutto su quelli che sono gli obiettivi che volete raggiungere, valutando se la persona che avete di fronte può essere in grado di condurvi ad essi. E arrivarci sarà comunque difficile e doloroso, ragazze, ci vuole tanto olio di gomito. Ma è una qualcosa che tutte voi potete fare. Assolutamente.
 
Clicky Web Analytics Licenza Creative Commons
Anoressia: after dark by Veggie is licensed under a Creative Commons Attribution-NoDerivs 3.0 Unported License.