Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 31 agosto 2012

La forza della volontà

(post liberamente ispirato ad un articolo di giornale che ho recentemente letto) 

“C’è una forza motrice più potente del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica: la volontà. Lo diceva Albert Einstein, e a ragione: la forza di volontà è quella che ci consente di raggiungere i risultati maggiori nella vita e, nella fattispecie, è quella che ci consente di combattere l’anoressia giorno dopo giorno. Eppure a volte tenere duro, seguire l’ “equilibrio alimentare”, fare di tutto per evitare le ricadute, sembra così difficile… come dunque riuscirci?

Io credo che la forza di volontà sia come un muscolo: può essere rinforzata con l’allenamento. Ecco perché in questo post voglio provare a suggerirvi alcune strategie per potenziarla ed aiutare quindi il mantenimento della lotta contro l’anoressia.

1. Prendete un impegno preciso. Diversi studi scientifici dimostrano che quando le persone fissano un programma su ciò che intendono fare – dove, come e quando – hanno una probabilità 3 volte superiore di realizzare i loro propositi. Quindi, per fare un esempio semplice, fissare un “equilibrio alimentare” da seguire alla lettera funziona meglio che ripromettersi in modo generico di mangiare tutti i giorni un po’ di carboidrati, proteine, lipidi, fibre e vitamine. La progettazione può trasformare anche un compito difficile in una più maneggevole abitudine.

2. Iniziate dalle cose facili. Per allenare la vostra forza di volontà nel combattere contro l’anoressia, cominciate dagli impegni meno gravosi. Uno studio compiuto da Roy Baumeister (Florida State University), si basava sul chiedere a un gruppo di persone di concentrarsi sulla propria postura per 2 settimane: dovevano stare dritti e composti. In poco tempo, le loro prestazioni tendevano a migliorare. Quindi, allenare la forza di volontà può avere un impatto positivo: meglio partire con progetti semplici (come cercare di seguire l’ “equilibrio alimentare”) per poi passare a propositi molto faticosi (come lavorare duramente su noi stesse nella psicoterapia, per risolvere i veri problemi personali che stanno veramente alla base del proprio malessere che è sfociato nell’anoressia).

3. Procedete per gradi. Il primo passo è ovviamente sempre quello di stabilire un traguardo chiaro. Ma come raggiungerlo? Occorre porsi obiettivi graduali: è poco pratico puntare subito a un traguardo ambizioso, meglio dividere il percorso in varie tappe e porsi mete intermedie più facili da raggiungere. Così ci possiamo sentire da subito più capaci di guidare noi stesse. E non scoraggiatevi se non ci riuscite al primo tentativo: siamo umane…

4. Registrate i progressi. Appendete nella vostra cameretta un cartellone su cui annotare i vostri successi giornalieri, cioè tutti i piccoli passi avanti che siete riuscite a fare… Questo vi darà concretezza e fiducia in voi stesse. Se siete riuscite a fare qualcosa contro l’anoressia quel giorno, lo potrete fare ancora, perché vi siete dimostrate che siete capaci di farlo. Monitorare i progressi e i risultati positivi rinsalda la forza di volontà e dà una spinta positiva per continuare sulla medesima strada.

5. Non scoraggiatevi se le cose non vanno come vorreste. Degli inciampi possono capitare, sono assolutamente normali. Ciò non significa che si è incapaci di combattere contro l’anoressia, e men che meno sono sinonimo di fallimento. Anzi, dopo un inciampo è necessario rialzarsi quanto più rapidamente possibile e riprendere a combattere con più forza e determinazione di prima.

6. Stabilite priorità. Se si è deciso di combattere contro l’anoressia, non è il momento più adatto per cercare di smettere di fumare. Sicuramente fumare fa male ed è pericoloso per la salute, questo lo sanno anche i criceti morti di microcitoma, e sarà necessario smettere di farlo prima o poi… ma può essere opportuno rimandare se in questo momento state combattendo duramente contro l’anoressia, soprattutto se siete all’inizio del vostro percorso di ricovero. La forza di volontà è una risorsa limitata, perciò dev’essere utilizzata in maniera oculata: i grandi sforzi di volontà richiedono tanta energia, e questo rende più facile il cadere in tentazione. Per questo è importante stabilire delle priorità. E ora la nostra priorità è combattere contro l’anoressia.

7. Premiatevi. Quando vi accorgete di aver mosso un passo avanti, anche piccolo, concedetevi una ricompensa. “Se oggi evito di fare checking, mi comprerò quelle scarpe che mi piacciono tanto”. E’ bene stabilire un equilibrio tra fatica nel combattere contro l’anoressia e gratificazioni: se si associa a questa dura lotta qualcosa di piacevole, si renderà l’impegno un po’ meno duro.

8. Cambiate abitudini. Basta eseguire ripetutamente un comportamento per farlo diventare un’abitudine. Philippa Lally (London University College) ha chiesto ad un gruppo di volontari di mangiare sempre una mela a fine pasto, per cinque mesi di fila. Al termine del periodo, il comportamento era diventato automatico e non richiedeva più alcuno sforzo. Questo vale anche per la lotta contro l’anoressia: se si è abituate a fare, per esempio, un’eccessiva attività fisica, bisogna spezzare quest’abitudine e crearne una nuova: per esempio, impiegare il tempo normalmente dedicato all’attività fisica per guardarsi un film o per leggere un libro.

9. Pensate positivo. Concentrarsi su un obiettivo positivo funziona meglio che focalizzarsi su un risultato negativo da evitare. E’ preferibile mirare a vincere, piuttosto che temere di perdere. E’ più utile concentrarsi sulla volontà di andare verso un determinato scopo, cioè sulla motivazione di raggiungere i traguardi che noi stesse vogliamo e abbiamo deciso. Dobbiamo vedere anche ciò che inizialmente facciamo contro-voglia non come un’imposizione, ma come una tappa intermedia per raggiungere i nostri obiettivi.

10. Fate un elenco. Compilate un elenco con i vostri obiettivi nella lotta contro l’anoressia: pochi, chiari e non in conflitto tra loro. E poi passate all’azione, facendo separatamente una cosa dopo l’altra. Ma non datevi dei tempi in cui “dovete riuscire a fare quelle cose”, perché sennò se poi non ci riuscite ci starete male al pensiero degli intenti non realizzati. Viceversa, prendetevi tutto il tempo di cui sentite d’aver bisogno. Non si può pretendere di scalare una montagna in 5 minuti, ci vuole tutto il tempo necessario.

11. Coinvolgete gli altri. Gli altri esercitano innegabilmente un’influenza su di noi. Comunicare agli altri (ovviamente solo alle persone di cui vi fidate di più) la battaglia che state facendo contro l’anoressia, e chiedere loro aiuto quando siete in difficoltà, e sapere di poter contare sul loro supporto, può dare una grossa mano.

12. Non combattete i pensieri: agite. Inutile sforzarsi di non pensare a una cosa: quella ci tornerà comunque in mente. Daniel Wegner (Harvard University) l’ha dimostrato con un noto esperimento: chiese a dei volontari di non pensare ad un orso bianco… ma proprio per questo divieto nessuno riusciva a smettere di pensarci. Accidenti, mi direte allora voi, e dunque come faccio a scollarmi dalla testa tutti i pensieri che mi mette l’anoressia/la bulimia? Una soluzione c’è: se non possiamo controllare i pensieri, possiamo controllare le azioni. Se non riusciamo ad impedirci di pensare alla restrizione alimentare, possiamo almeno bloccare l’azione del restringere, ossia imporci di mangiare seguendo l’ “equilibrio alimentare”.

13. Mai dire mai. Non pensate di non potercela fare. Neanche se avete una ricaduta. Una mentalità negativa è la vostra peggiore avversaria. Non sarà oggi, non sarà domani o tra un mese o tra un anno, ma tutte – e dico tutte – abbiamo la possibilità di farcela assolutamente.

14. Fate ordine. Sembra una sciocchezza, lo so, ma provate a fare ordine. Ordine nella scrivania, in casa, nei cassetti… è più facile esercitare la nostra forza di volontà in ambienti ordinati. Se ci pensate, vale anche al computer: si lavora meglio e con più lena se i nostri files sono ordinati e ben catalogati. Il disordine può influenzare a livello subliminale il cervello e può svilire la forza di volontà.

15. Non pensate “Tanto ormai…”. Dopo una ricaduta, si è portate a mollare i propositi. Parlando, sia durante i miei ricoveri in clinica sia tramite e-mail, con ragazze affette da bulimia, mi è stato da queste spiegato che dopo uno strappo alle proprie regole alimentari, uno strappo anche piccolo (per esempio l’aver mangiato 5 biscotti anziché 3), è facile cadere nell’abbuffata, perché il pensiero che balza in testa è: “Tanto ormai ho sgarrato, quindi per oggi posso anche abbuffarmi”. Sbagliato. L’abbuffata fa più danno della trasgressione iniziale. Lo stesso vale per l’anoressia: più volte sono ricaduta proprio seguendo questo pattern erroneo. Restringevo l’alimentazione ad un pasto, e pensavo: “Tanto ormai ho ristretto, quindi tanto vale che per oggi faccia la cresta a tutto”. Sbagliato pure. Non è la singola restrizione occasionale il problema, è persistere nella restrizione che riporta indietro. Ergo: è meglio non pensare che basti un’infrazione per far fallire la nostra battaglia. Al contrario, ogni passo, anche piccolo, è la misura del nostro successo.

16. Giocate d’anticipo. Prendere una decisione in anticipo potenzia la forza di volontà e non fa trovare impreparati (e, quindi, maggiormente a rischio ricaduta). Per esempio, prima di andare ad una cena di lavoro (o ad una cena con i vostri compagni di classe, se siete ancora studentesse) è bene ripetersi frasi del tipo: “Io mangerò in maniera equilibrata, cercando di ricalcare quanto più possibile il mio “equilibrio alimentare”, a prescindere da quello che sarà servito o da quello che mangeranno gli altri”.

venerdì 24 agosto 2012

Dire "SI" contro le resistenze interiori

Qualche giorno fa ho ricevuto la mail di una ragazza che sul momento era piuttosto spaventata: mi ha scritto che aveva appena mangiato cinque biscotti al cioccolato che non erano compresi nel suo “equilibrio alimentare”, che sul momento le era sembrava una buona idea, ma che adesso le era salita l’ansia e si sentiva in colpa, non tanto perché avesse mangiato qualcosa in più, quanto piuttosto perché aveva rotto una “regola”, si era lasciata sfuggire il controllo della situazione.

Le ho scritto una mail di risposta piuttosto lunga e, tra le varie cose che le ho detto, c’è una frase che vorrei condividere con tutte voi: “Occorre imparare a dire “si” contro le resistenze interiori”.

Penso che questo sia stato il punto focale di tutta l’e-mail che le ho scritto.

È difficile per chiunque confrontarsi con le proprie resistenze interiori, perchè queste tendono ad essere dannatamente forti. Alla base di queste resistenze interiori, c’è l’ansia. Scegliere la strada del ricovero significa che dobbiamo confrontarci con queste resistenze sostanzialmente in ogni ambito della nostra vita. Alcune di queste resistenze hanno a che fare con il cibo, ma la maggior parte delle altre, nonchè le più importanti, no. Per superarle tutte – per superarne almeno alcune – occorre imparare a dire di “sì” contro le resistenze interiori. Occorre imparare a dire di sì al condire con l’olio. Occorre imparare a dire di sì alla consapevolezza che non si può controllare tutto. Occorre imparare a dire di sì al ridurre l’attività fisica eccessiva. Occorre imparare a dire di sì all’uscire con gli amici. Alle responsabilità che la vita ci pone di fronte. All’andare a fare shopping. Al rilassarsi. A tutto quello che crea tremendi conflitti interiori.

Cambiare o non cambiare, questo è il problema.

Avere delle resistenze interiori non è ovviamente una cosa del tutto negativa. Ci preserva dal fare cose veramente pericolose. Ma nel momento in cui decidiamo di combattere l’anoressia affrontando le nostre paure e i nostri problemi, dobbiamo accettare il fatto che ci scontreremo contro queste resistenze interiori. Ed imparare a gestirle. Ed imparare a superarle.

Una delle frasi positive più pro-ricovero che io abbia mai sentito, è di Elanor Roosevelt: “Do one thing everyday that scares you”. (“Fai ogni giorno una cosa che ti fa paura”).

Forse l’avrete sentita così tante volte che alcune di voi la considereranno una sorta di clichè. Magari lo è, ma lo è perché quel che dice è assolutamente vero: imparare a dire di “sì” contro le resistenze interiori è analogo al cercare di fare ogni giorno una cosa che temiamo.

Occorre imparare a sentire quali sono le nostre resistenze interiori. Identificarle. Comprenderle. E, infine, lasciarle andare…

venerdì 17 agosto 2012

Un paio di conti


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venerdì 10 agosto 2012

Lotta tra mente e corpo

Molto del materiale che si trova scritto a proposito dell’anoressia è espresso in termini di mente VS corpo. Forse questo è parte della natura intrinseca dei DCA, forse è il nostro concetto di ciò che può essere un DCA. Se il corpo manda segnali di appetito, la testa ribatte che non è importante, e comunque si può resistere. Restringere l’alimentazione, è una guerra in campo aperto contro il corpo, e la mente è determinata a vincere.

Questo è uno dei motive per cui è difficile intraprendere la strada del ricovero: esso viene percepito come una capitolazione. Come un arrendersi. Okay, stupido corpo, hai vinto. Sventolo bandiera bianca. Non posso vincere contro il mio corpo, quindi tanto vale che cominci a rialimentarmi normalmente.

Sappiamo che il nostro corpo ha bisogno di questo per guarire. Basti pensare ai danni che l’anoressia determina a carico del cuore, del fegato, dei reni, delle ossa e così via.

Ma poi l’anoressia c’inganna, ed ecco che si comincia a preoccuparci della nostra testa: come posso stare mentalmente ed emotivamente bene se non restringo l’alimentazione? È questo il demone che deve essere esorcizzato, perché anche se si è consapevoli del danno cui il nostro corpo va incontro con la restrizione alimentare, lo stesso reiterare la restrizione alimentare riduce le preoccupazioni e le ossessioni.

Per cui, arrivate a questo punto, pare proprio che la restrizione alimentare sia buona per la nostra testa e dannosa per il nostro corpo. Il che ci riporta dritte al punto di partenza. In realtà, la restrizione alimentare, se protratta molto a lungo, è dannosa anche per la nostra testa, ma l’ansia istantanea non contempla traguardi a lungo termine. Certo, in un certo senso il pensiero è costantemente rivolto al futuro, ma quando si è nel bel mezzo dell’ansia, tutto quello che la testa pensa è a come farla cessare ADESSO. Il lungo termine può andare a farsi fottere, per il momento. Perché l’anoressia ci fa pensare che non arriveremo al lungo termine se non riusiamo a placare l’ansia attuale – o, comunque non ci arriveremo mentalmente sane.

Per questo è importante trovare qualcosa che riesca a lenire l’ansia che non sia la restrizione alimentare (o l’esercizio fisico eccessivo, o l’abbuffata, o il vomito auto-indotto). Per esempio, Mercoledì qui è stata una giornata particolarmente soleggiata. “L’ideale”, ho pensato, “per andare a fare una corsa in bicicletta”. Eccetto il fatto che, avendo l’allenamento di karate, non era il caso che io facessi ulteriore esercizio fisico. Perciò sono rimasta a casa e, per scollarmi il pensiero della bici dalla testa, ho ascoltato le mie canzoni preferite mentre disegnavo, ed ho giocato all’Xbox, e look at me working on this motherf*cking project like a good little girl. Woo woo (da dire con la voce di Ih-Oh).

Curare il nostro corpo cercando di tornare a mangiare normalmente significa curare la nostra mente. Se diciamo ad un mucchio di neuroni stremati dall’anoressia che restringere l’alimentazione è la cosa giusta da fare, saremo le prime a crederci. Ma nel momento in cui ricominciamo ad alimentarci normalmente e si ristabiliscono le corrette interconnessioni neuronali, balle del genere verranno riconosciute sempre più rapidamente in quanto tali, false e non credibili. I nostri neuroni cominceranno a bersi sempre di meno le bugie che l’anoressia ci racconta. Per questo è importante combattere non più contro noi stesse, ma PER noi stesse. Perché mente e corpo non devono essere più avversari, ma possono lavorare in perfetta sinergia per farci stare bene.

venerdì 3 agosto 2012

Fatica decisionale

Ogni giorno siamo messe di fronte a milioni di decisioni da prendere, e nella maggior parte dei casi non siamo affatto sicure di ciò che scegliamo. Scarpe da ginnastica o ballerine? Calzini bianchi o rossi? Vetro o plastica? E così via. Non tutte queste decisioni sono ovviamente vere e proprie decisioni – il nostro cervello ama prendere scorciatoie. Se è nevicato, sicuramente metteremo le scarpe da ginnastica piuttosto che le ballerine. Non c’è bisogno di compiere una vera e propria scelta. Queste scorciatoie sono indispensabili per risparmiare energie – il nostro cervello è una risorsa limitata. Può pensare solo fino ad un certo punto. Dunque, per risparmiare tempo (ed energie) ciascuna di noi ha le proprie abitudini, i propri pattern. Utilizziamo sempre la stessa strada per andare al lavoro. Apparecchiamo la tavola sempre nello stesso ordine. Scegliamo più o meno sempre gli stessi gusti di gelato. Perché le decisioni sono difficili da prendere.
Ecco perché, in definitiva, siamo creature abitudinarie. Semplicemente perché è più facile.

Alcuni scienziati hanno dato un nome al perchè si è così stanche dopo aver preso una decisione importante: fatica decisionale. Che, peraltro, è stata oggetto anche di un articolo sul New York Times che ho reperito su Internet:

"[…] La fatica decisionale ci spiega perchè ordinariamente le persone sensibili si arrabbino con familiari e colleghi, ci mettano tanto a decidere come vestirsi, comprino cibo-spazzatura al supermercato, e non riescano a resistere alle offerte speciali. Non conta quanto un soggetto possa essere razionale ed intelligente, non si possono prendere decisioni su decisioni senza pagare un prezzo in termini biologici. È diverso dalla normale fatica psichica – quando non si è coscienti dell’affaticamento stesso – c’è piuttosto un abbassamento dell’energia mentale. Più scelte si fanno durante la giornata, più diventa difficile per il cervello farne di ulteriori, per cui esso cerca di ricorrere a scorciatoie che possono essere usate in due differenti modi. La prima modalità consiste nel diventare imprudenti: comportarsi impulsivamente piuttosto che spendere energie per pensare alle conseguenze delle proprie azioni. (Ma certo, adesso posto questa foto su FaceBook! Che cosa mai potrebbe andare storto, in fin dei conti?). La seconda modalità consiste nell’estremo risparmio energetico: non decidere. Non fare niente. Anzichè agonizzare nell’indecisione, evitare di prendere la decisione. Evitare di prendere una decisione in un determinato momento, spesso genera grossi problemi a lungo termine, ma per il momento allevia la stanchezza mentale. Si comincia a resistere ad ogni possibilità di cambiamento, ed il rischio di reiterare errori commessi per la mancata presa di decisione aumenta. […]"

(La traduzione ed il grassetto sono miei) 

Questo articolo descrive bene un meccanismo di default comune a tutti: quando si è stressate, quando la nostra energia mentale declina, si shifta in ansiosi rituali d’indecisione. L’anoressia è un modo per evitare ogni scelta. Se si ha un DCA non si ha bisogno da fare una scelta: tutto è ritualizzato, noto. Quando s’inizia a restringere l’alimentazione, la discesa continua. Niente che viene dall’esterno può cambiare il pattern che abbiamo adottato.

L’anoressia inoltre, secondo me, è anche un modo per evitare la fatica decisionale. Quando si è nel pieno della restrizione alimentare, le decisioni da prendere sono estremamente limitate. Cercare di ridurre poco a poco l’apporto di cibo è l’unica opzione. Dire di “no”. Pesarsi frequentemente (o non pesarsi affatto). E fare tutto questo di nuovo, giorno dopo giorno, reiterando il circolo vizioso. Nessuna decisione da prendere – solo direttive da seguire. Si è messo il pilota automatico, e questo limita sicuramente la fatica decisionale.

Non c’è più da affrontare l’ansia nel decidere cosa e quando mangiare, perchè tanto l’unica cosa che conta è restringere. Non bisogna più decidere in che posto andare a mangiare, perché tanto si può mangiare solo a casa propria. Non bisogna più decidere con chi andare a mangiare, perché tanto si può mangiare solo da sole. Ecco che la vita diventa prescritta e circoscritta dall’anoressia. È una vita del cavolo, una vita estremamente limitata… ma, indubbiamente, è una vita semplice.

Ancor prima di essere faticose, infatti, le decisioni da prendere sono ansiogene. Certo, alcune di esse sono relativamente semplici: se anche si indossassero un paio di calze che fanno a pugni col colore delle scarpe, tutt’al più sembreremmo buffe, ma questo non ci scompone più di tanto. Il problema delle decisioni – di quelle decisioni che mettono ansia, intendo – è che rappresentano un punto di svolta. Nel momento in cui si è acquistato un’automobile e la si è pagata, è difficile tornare indietro. Nel momento in cui si è deciso di traslocare e si è preparato tutti i bagagli, è difficile decidere di restare.

L’anoressia è, in definitiva, una non-decisione. Permette di evitare tutto. Certo, sul momento risparmia dall’ansia di prendere una decisione, ma anche questo ha un suo costo non indifferente. Intraprendere la strada del ricovero significa affrontare l’ansia connessa al prendere decisioni e accettarla come parte di una vita normale. Io credo che molte di noi reiterino comportamenti anoressici proprio per evitare l’ansia (e la presa di decisioni), ma la nostra vita è molto più di questo schema che preclude ogni possibilità stessa di vivere.

Vi è mai capitato di cadere in simili trabocchetti a causa del vostro DCA? Qualcuna di voi ha elaborato strategie per combattere la fatica decisionale? Fatemi sapere nei commenti!
 
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