Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 3 febbraio 2012

"Perché?": Le mie risposte

Ringraziandovi per le numerose risposte che avete lasciato al mio post precedente, come promesso adesso risponderò a ciò che ciascuna di voi ha scritto.

In quanto al commento di justvicky, le sue parole richiedono una trattazione più articolata che affronterò nel post di Venerdì prossimo.

Per tutte le altre, per comodità di trattazione, ho scelto di raggruppare alcuni dei commenti che hanno un contenuto simile… bè, veniamo a noi, dunque!

Alice sostiene che la sensazione di fallimento e d’incapacità di progredire nel percorso di ricovero sia legata al fatto che chi ha un DCA ha anche problemi di bassa autostima, e quindi non ha fiducia nelle proprie capacità di combattere riportando passi avanti e successi.
Questo è a suo modo certamente vero: molte ragazze che soffrono di DCA hanno un’autostima sotto ai piedi. Io credo però che la bassa autostima non sia tra le cause, ma tra le conseguenze del DCA. Se ci pensate, normalmente la gente basa la propria autostima sui successi che consegue nei vari ambiti della vita in cui si applica: l’aspetto fisico, il lavoro, lo studio, lo sport, la famiglia, le relazioni interpersonali, etc… Dal successo o meno in ciascuno di questi ambiti dipende un aumento o una riduzione dell’autostima. Nel momento in cui però viene fuori un DCA, l’unico ambito su cui la persona si focalizza è quello alimentare. Per cui, la persona giudica se stessa al 90% rispetto a quanto riesce a controllare l’alimentazione, e al 10% rispetto a tutti gli altri aspetti sopraelencati. Ovvio perciò che uno sgarro nel comportamento alimentare comprometta gran parte dell’autostima, visto che tutto è centrato lì. Ma il fatto che voi vediate magari in questo momento solo l’aspetto alimentare di voi stesse, non significa che non ci sia nient’altro, in realtà. Ci sono sempre anche tutte le altre cose. Re-imparare a dare il giusto valore ad ogni ambito della vita è indubbiamente un buon modo per progredire sulla strada del ricovero.

Withoutexit(?) e la ragazza che ha commentato anonimamente mettono l’accento sulla difficoltà nel fare passi avanti quando viene meno o comunque non è adeguato il supporto medico e familiare, facendo notale come questo possa intralciare il percorso di ricovero.
E’ vero, sicuramente un ambiente non supportivo non rende facile il muoversi nella lotta contro un DCA. Aumenta il senso d’insicurezza, e la falsa sensazione di non poter essere in grado di farcela. Ma è una falsa sensazione. Non è vero che non siete forti, volitive e determinate, è solo che state attraversando un momento in cui le circostanze e le persone sbagliate che avete incrociato finora vi stanno remando contro. Ma il fatto che non abbiate avuto molta fortuna finora con i terapeuti con cui avete avuto a che fare, non significa che non possiate trovare in futuro persone in grado di aiutarvi davvero. E’ difficile trovarle – e lo dice una che ha cambiato millemila terapeuti – ma esistono persone che possono darvi una mano a combattere, a trovare strategie di coping più funzionali e meno dannose. Semplicemente, non dovete arrendervi e continuare a cercarle.

Sonia riferisce a proposito della difficoltà di capire cosa voglia fare veramente e quale sia la strada giusta da intraprendere, considerate le difficoltà dell’affidarsi ai medici.
Quando si è ancora dentro l’anoressia, la “confusione nella testa” – citando – che si avverte, è proprio legata al fatto che, pur avendo iniziato un percorso di ricovero, l’anoressia è ancora presente nella nostra vita. Non si può pretendere che le cose cambino dall’oggi al domani, non si può pretendere che sia tutto facile e chiaro fin dal primo momento. Bisogna armarci di pazienza e saper aspettare, perché il una lotta come quella contro i DCA, i progressi si vedono solo su lunga gittata. È normale, soprattutto all’inizio, essere confuse. La nebbia si dirada man mano che si va avanti. Capisco anche come all’inizio possa essere difficile accettare il “controllo” proveniente dai medici, ma è necessario (e anche temporaneo, don’t worry, non c’è monitoraggio medico vita natural durante) perché quando siamo nell’anoressia non abbiamo più alcun controllo autonomo. È la malattia che ci controlla spietatamente. Dite che non è vero? Pensateci: non è forse vero che un piatto di spaghetti al pomodoro ha più controllo sulla vostra vita di quanto non ne abbiate voi stesse?!!...

Vale mette in luce l’aspetto legato all’immagine corporea, sottolineando quanto sia difficile in riuscire ad accettare l’aumento di peso, e come il vedere il peso che si alza possa precludere ogni volta ad una ricaduta in un loop senza fine.
Questo mi fa pensare ai ricoveri ospedalieri, o comunque in strutture non specializzate, dove l’obiettivo primario è il recupero del peso, a prescindere dal tempo necessario per farlo, per cui può accadere che una ragazza si veda costretta a prendere diversi chili in poche settimane, e questo rappresenta veramente un fattore di rischio ricaduta. Ma, in realtà, non esistono tempi standardizzati per il recupero del peso. Anzi, con l’eccezione delle situazioni ove c’è reale rischio di vita, penso che il peso debba essere ripreso in maniera estremamente graduale. Questo aiuta ad abituarsi in maniera naturale a una situazione che procede così lentamente da essere, sul momento, quasi impercettibile. Così non è solo il corpo che si riprende, ma anche la testa (per questo è importante abbinare la psicoterapia alla rialimentazione), e questo permette di non avere troppi sbalzi e riuscire a tollerare gli incrementi riducendo il margine di ricaduta. Ci vuole un dietista specializzato che aiuti, in questo, ovviamente, che sappia afferrare per mano ogni volta che ci sentiamo sul punto di ricadere.

Ilaria lega il suo senso di fallimento e di mancata progressione ai giudizi che gli altri lanciano addosso in caso di insuccesso, facendoci sentire sbagliate e imperfette.
E’ vero, non siamo perfette. E menomale che non lo siamo. Perché nell’acqua perfettamente limpida i pesci non ci sono. E dato che non viviamo in una bolla di sapone ma in un contesto sociale, è normale essere circondate da persone che “guardano” e giudicano quello che facciamo. Non soltanto relativamente al nostro percorso di ricovero, ma rispetto ad ogni singolo aspetto della nostra vita. Anche solo dopo aver detto questo, risulta palese che per non essere giudicate dagli altri, dovremo chiuderci in una stanza e non fare assolutamente niente. Il mondo ci giudica e noi – più o meno consapevolmente – giudichiamo il mondo. Quando si decide di fare un tentativo di percorrere la strada del ricovero, inevitabilmente ci si espone. Ed esporsi significa accettare non solo il bel tempo, ma anche le critiche e i giudizi. Ma quello che si fa, lo dobbiamo fare per noi stesse, non per gli altri. Perché se cerchiamo la comprensione, la compassione, le coccole altrui, aspetteremo una vita e ci ritroveremo con il niente in mano. Perciò, è solo per noi stesse che dobbiamo decidere cosa si vuole fare, perché siamo noi le uniche che possono veramente prenderci cura di noi stesse. Nel momento in cui scegliamo di tentare la strada del ricovero, sappiamo a priori che potremo fallire. E che, dunque, potremo essere giudicate, schernite, derise, infamate da chiunque. Però noi dobbiamo essere convinte che percorrere quella strada è la cosa giusta da fare: dobbiamo crederci fino in fondo. E proprio nel momento in cui ci crederemo al 100%, i giudizi altrui non saranno più in grado di scalfirci.

Wolfie e Victoria parlano della routinarietà del DCA, e della conseguente paura a lasciarlo andare, nella sensazione che dopo rimanga un “vuoto” troppo difficile da colmare.
È inevitabile che dopo tanti anni passati con un DCA, questo diventi in un certo senso parte integrante della nostra vita. E ciò rende difficile il lasciarlo andare, perché si ha sempre timore a “lasciare la strada vecchia per la nuova”. In fin dei conti, un DCA è una malattia ma, paradossalmente, si rivela un meccanismo di coping così efficace da rappresentare, sebbene in maniera distorta, anche una cura. Nel momento in cui si sceglie un sintomo, è come se si scegliesse di andare a piantare una bandiera sulla cima dell’Everest, per dimostrare a noi stesse e agli altri che siamo capaci di portare a termine un progetto. Dimostrare che siamo capaci di non avere fame, sete, freddo, bisogno, desiderio è ciò che spinge a salire sempre più in alto. Certo, poi ci si rende conto che quello che avevamo intrapreso era un progetto fallimentare, che era una strategia che non conduceva da nessuna parte. Però è in quel progetto fallimentare che abbiamo investito tutte noi stesse. Perciò, forse, quel che serve per abbandonare la posizione, è che vengano riconosciute la sofferenza e il coraggio. E dunque, ragazze, voglio dirvi che la vostra sofferenza ed il vostro coraggio mi sono chiari, palesi, evidenti. Che scorgo la vostra dolorosa arrampicata e posso sentire la lotta disperata verso una vita che ogni giorno incanta e sotterra. Voglio dirvi che il vostro coraggio potete adesso usarlo per fare qualcosa per voi stesse, non più contro voi stesse. E che lo sforzo che farete per percorrere la strada del ricovero, data la vostra volontà, si rivelerà sicuramente, alla lunga, un successo.

Jonny ammette che la sua non-progressione nel percorso di ricovero, è legata a una sua attuale non-volontà di fare passi avanti. ShadeOfTheSun quota le sue parole.
Di fronte a un commento del genere (e, Jonny, l’ho riletto un’infinità di volte) non posso che dire: rispetto. So che tutti i momenti della vita non sono uguali. Se anche solo 6 anni fa qualcuno mi avesse detto che un giorno io mi sarei dedicata a questo blog, avrei telefonato al CIM. Questo solo per dire che non tutti i momenti della vita effettivamente sono adatti per iniziare un percorso di ricovero. Ed è giusto che ciascuna si prenda i propri tempi ed inizi questo percorso nel momento in cui si sente pronta ad accettarlo senza riserve, altresì ne conseguirebbero inevitabili ricadute che servirebbero solo a rafforzare l’idea di fallimento e ad allontanare dalla strada del ricovero. Perciò, se sentite che adesso non siete pronte, aspettate il vostro momento. Ma, mi raccomando, non utilizzate l’attesa come una scusa. Il “momento giusto” non arriva dal cielo. Non è che vi svegliate una mattina e dite: “Oh, guarda un po’, oggi è la mia giornata, vai che inizio a combattere contro l’anoressia!”… no, non succede purtroppo. Siete voi che dovete crearvi il vostro “momento giusto”. Darvi un’opportunità. Perché in realtà non è vero che non volete combattere. Non è vero che volete passare il resto della vostra vita con l’anoressia. Perché nessuno sceglie e convive con un male percependolo come tale, ma solo se, per sbaglio, lo viene a considerare un bene rispetto a qualcos’altro che viene percepito come un male maggiore. È questo su cui dovete lavorare: su ciò che ci sta dietro. Perché sarà questa la chiave che darà l’avvio al vostro processo di cambiamento, alla vostra strada di ricovero. So cosa significa avere la vita dentro che avete voi, ragazze. È così tanta, talmente tanta che a volte sembra abbia il paradossale potere di uccidere.

19 commenti:

Ef wants to be thin. ha detto...

Un altro post più che magnifico.
Mi piacciono un sacco..riusciamo a confrontarci..
Siamo proprio tante...purtroppo.

ti abbraccio.

Alice ha detto...

grazie per aver risposto!! E' bellissimo potersi confrontare :)
un bacio!!

Ef wants to be thin. ha detto...

Il problema è che non so neanchìio il motivo per cui lo sono.
O forse lo so e sono arrabbiata proprio perchè sono arrabbiata per quel cazzo di motivo.

E' con lui che mi sfogavo, e adesso è il motivo per cui dovrei sfogarmi...

(Mai più)Enigma ha detto...

Grazie per il commento Veggie=)
è verò...forse avevo un po' congelato il cuore.

E credo sia successa la stessa cosa alle mie emozioni!
Credo anche siano stati i forti dosaggi di farmaci..ora che ho diminuito drasticamente mi sento più viva=)
I farmaci mi avevano stabilizzato l'umore! ora mi sento quasi una nuova persona..Preferisco SENTIRMI che anestetizzarmi=)

Uno di questi giorni magari ti chiamo...è una vita che non ti sento =)

Un abbraccione!

Wolfie ha detto...

Grazie per la risposta, Veggie!!!!!!! A volte risulta difficile riempire il vuoto che un dca sembra lasciare, però quando succede cerco di ricordarmi di tutto ciò che posso avere ora e di tutte le persone che mi stanno vicine e mi vogliono bene e mi incoraggiano, tutte cose che con la bulimia non avevo, ma che sono certo molto più importanti di una malattia!!!!!!!!

Vele Ivy ha detto...

Sempre esauriente la nostra combattente, che non si stanca mai di lottare e mettere la sua esperienza a disposizione degli altri! BRAVA

Princess (Vickytoria iobloggo.com) ha detto...

sei la stessa Veggie dei video su you tube? quello sul ricovero, quello su "nei giardini che nessuno sa"?? =)

Princess (Vickytoria iobloggo.com) ha detto...

se sei tu, ti ho seguita sul tubo a volte, bhè quello che dici lo condivido appieno! hai lottato e vinto anche io sto cercando di fare lo stesso XD

Vale ha detto...

Grazie per la risposta... Spero che sia davvro come dici tu.

Sonia ha detto...

Grazie per la tua risposta Veggie.
Trovo utilissimo il confronto di più motivi perchè l'anoressia ha i suoi lati che si mostrano uguali per tutti e altri invece che cambiano profondamente!

Ti ho scritto un'e-mail... è una cosa che non mi sento di postare pubblica... rispondi quando puoi, non c'è fretta ^^

AMANDA ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
AMANDA ha detto...

Ti assicuro che in questi anni non è certo la forza, il coraggio, la voglia di guarire, l'ottimismo o la fiducia nei medici che mi è mancata, ho fatto il possibile, ho buttato sei anni della mia vita illudendomi che ogni volta sarebbe stato diverso, che prima o poi sarei guarita e per un po' mi sono detta che se mi fossi auto-convinta di non soffrire di DCA e disturbo bipolare sarei stata normale..invece la storia si ripete sempre e se permetti sono stanca di illudermi e lottare una partita persa in partenza. Quando non c'è soluzione è perché il problema sei tu e se è cosi la rassegnazione è quel che resta. Non equivale a una sconfitta ma significa capire che contro alcune cose non puoi si può lottare, devi solo imparare ad accettarle serenamente, imparare a conviverci ed è questo che cerco.

Marcella ha detto...

Ciao, dopo quello che mi è successo mi sono un pò allontanata da questo mondo anche se ho sempre seguito il tuo blog con interesse. Avevo anche abbandonato il mio blog nonchè il computer in generale...un giorno di questi vorrei scriverti una mail e parlarti di tutto quello che mi è successo. Grazie per avermi ascoltata ed essermi stata vicina anche solo tramite una email.

justvicky ha detto...

Io forse ho usato parole diverse perchè la vivo in maniera diversa. Ognuno la propria storia, il proprio percorso. Parolo di "malattia" per concretizzare. Però, infondo, io sono così. Io sono questo, lo sono sempre stata. Generalmente leggo di chi prima "era felice" oppure "era una bambina grassa ma ce non si poneva il problema " oppure non so cosa. Io non ho un prima, sono SEMPRE stata così. per questo ho detto "è come strapparsi a colpo secco la pelle".

comunque è bellissimo questo posto virtuale, è uno dei siti che adoro perchè ci si confronta umanamente, senza giudizi.

un bacione.

Cherubina ha detto...

Grazie! Ti bacio tutta!

Cirillina ha detto...

Veggie è tanto che ti leggo ma non mi sono mai sentita di risponderti, esco da sette mesi di ricovero e ora si che mi sento di prendere parte a questo strabiliante blog, grazie di tutto quello che fai le tue parole mi hanno aiutata tanto, sembra sempre che parlino di me :)

Veggie ha detto...

@ Ef – E’ proprio per questo che nasce questo blog: per confrontarci e darsi una mano a vicenda… In tal senso, quel “purtroppo” è un “per fortuna”…! ^^”
P.S.= Non importa se non sei sicura del motivo per cui sei arrabbiata… anche la tua insicurezza, tirala fuori e basta… anche questo è sufficiente a far stare meglio…

@ Alice – Grazie a te per l’interessantissimo spunto che mi hai dato col tuo commento, altroché!...

@ (Mai più)Enigma – E’ bello sentirti così viva, ragazza mia, con così tanta voglia di vivere addosso… I farmaci credo siano stati, a loro modo, una parte necessaria del tuo percorso… per arrivare ad oggi, il giorno in cui riesci a farne a meno… e a vivere più serenamente ed intensamente lo stesso. Ti abbraccio forte forte…

@ Wolfie – Grazie a te!... Hai scritto delle cose assolutamente vere che quoto in pieno…

@ Vele/Ivy – Grazie… e grazie anche per il supporto!...

@ Princess – Sì, sono la stessa che hai trovato anche su YouTube! ^__^ Mettiamocela tutta per combattere insieme, allora… perché combattere è già una vittoria!... Ti abbraccio…

@ Vale – Grazie a te, piuttosto!... ^__^

@ Sonia – Verissimo, ci sono certi aspetti dell’anoressia che tutte abbiamo in comune perché fanno parte della psicopatologia specifica di questa malattia… e altre cose che sono inevitabilmente diverse perché ognuna di noi ha il proprio carattere, il proprio background, il proprio modo di vivere le cose… Però penso che il confronto sia comunque utile, sia negli aspetti di similitudine che in quelli di diversità, perché è comunque un qualcosa che arricchisce… Grazie a te per il tuo commento, per il tuo spunto!...
P.S.= Cercherò di rispondere quanto prima alla tua mail!... Un abbraccio!...

Veggie ha detto...

@ AMANDA – Ciao Amanda!... Perdonami, ma non sono d’accordo con quello che hai scritto… Innanzitutto: chi ti dice che non sei normale perché ha un DCA e un disturbo bipolare?... La normalità o meno secondo te è definita dall’assenza/presenza di malattie?... Non è così, e il perché è presto spiegato: se guardi su qualsiasi dizionario dei sinonimi/contrari, vedrai che il contrario di “malattia” è “salute”, non “normalità”. Per cui: tu sei una persona assolutamente normale, né più e né meno rispetto a ogni qualsiasi altra persona sulla faccia di questo mondo. Sei una persona assolutamente normale che è in questo momento affetta da 2 malattie: il DCA e il disturbo bipolare. Ma un processo di guarigione non consiste affatto nel cercare di auto-convincersi che non esiste una malattia: se io ho una gamba rotta, non è che le ossa si sanano da sole se io mi ripeto in continuazione “Non ho una frattura”. Anzi, è il contrario: per poter iniziare un percorso di guarigione bisogna essere pienamente consapevoli di avere una malattia e, dopodiché, pienamente determinate a fare tutto il possibile per modificare la condizione. Dici che la partita l’hai persa in partenza… E’ vero, ma sai veramente perché la partita l’hai persa in partenza? Perché tu sei convinta che sia così. Anche per me è stato così finché ho pensato che fosse così. Se sei tu per prima che non ci credi, come puoi pensare di fare passi avanti? Ma fare passi avanti è comunque possibile, che tu ci creda o meno. Siamo noi stesse il problema solo nella melodrammatica ipotesi in cui vogliamo fare le drama queen e tirare avanti piangendoci addosso. Ma se anche fossimo il problema, parimenti abbiamo la possibilità di essere la soluzione. In quanto all’ultima parte del tuo commento… te ci convivi con i calli? Ci convivi con le vesciche? Ci convivi con la polmonite? Ci convivi con i granulomi dentari? Ci convivi con [inserire nome di una qualsiasi malattia]?... Non credo, no?!... E allora, perché vorresti convivere con malattie quali un DCA o un disturbo bipolare??... Non vale assolutamente la pena di convivere con qualcosa d’invalidante quando è possibile non dico una risoluzione piena ma quantomeno un netto miglioramento… se dici che vale, allora metti in dubbio la tua stessa intelligenza… ma a me tu non sembri stupida per niente… Lo so che è più facile non tentare affatto che tentare e correre il rischio di poter fallire… ma finché ti dai una possibilità, avrai almeno una possibilità. E una possibilità è sempre meglio di nessuna possibilità, no?!...

@ Marcella – Ciao Marcella, capisco benissimo il tuo comportamento… e penso ti abbia fatto la cosa giusta ad allontanarti dal web, se questo ti ha permesso di stare meglio anche solo un pochino… Grazie a te per quello che mi hai scritto, e mi dispiace non aver potuto fare altro che scriverti delle mail in risposta alle tue… Spero di cuore che tornerai presto a sorridere, perché sei una bella persona e lo meriti veramente…

Veggie ha detto...

@ justvicky – No, Vicky, non vorrei tu mi avessi fraintesa… Ho trovato il tuo commento estremamente interessante, per questo ho deciso di dedicargli un post singolo unicamente per il tuo commento!... Proprio perché sento le tue parole particolarmente vicine alla< percezione dell’anoressia che molte di noi abbiamo… Capisco che per chi sviluppa un DCA in tenerissima età possa essere in un certo senso più difficile vedere una via d’uscita perché ha un sintomo molto più interiorizzato rispetto a chi ha sviluppato l’anoressia da più grandicella… Però, non perché una cosa è sempre stata così, allora vuol dire che così per sempre dev’essere, soprattutto se, alla fine, non ti fa stare bene… E tu hai, non meno di qualsiasi altra ragazza, la possibilità di cambiare la tua situazione e di stare meglio…

@ Cherubina – Contraccambio!... ^__-

@ Cirillina – Benvenuta, benvenuta!!... Mi fa proprio piacere che ti sei decisa a scrivere… Finalmente sei una di noi! ^__^ Sono contenta di leggere che i tuoi 7 mesi di ricovero si sono tradotti in un’esperienza positiva, questo è molto incoraggiante!... E adesso continuiamo a mettercela tutta insieme anche qui sul blog, okay?!... Ti abbraccio forte forte, spero di rileggerti presto!!...

 
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