Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 16 agosto 2013

“Può una persona che ha attraversato un DCA, e ne porterà i segni, approcciarsi alla professione di psicoterapeuta con successo?”

Come promesso nel post precedente, lo spazio di oggi è dedicato alle vostre risposte alla domanda di LookingForM, ovvero: “Può una persona che ha attraversato un DCA , e ne porterà i segni, approcciarsi alla professione di psicoterapeuta con successo?”

La domanda si apre ad un’estrema soggettività d’interpretazione e di risposta, ed infatti le vostre opinioni che mi sono pervenute (ringrazio tutte coloro che hanno risposto: siete state gentilissime, GRAZIE!!), sono inevitabilmente molto eterogenee. 

In effetti, credo che sia una tematica sulla quale è impossibile dare una risposta unitaria ed oggettiva.

Se mi venisse chiesto: “Veggie, pensi che tu potresti approcciarti alla professione di psicoterapeuta con successo?” La, mia risposta sarebbe: “No.” Ma questa è una risposta che vale solo e soltanto per me. Personalmente (ripeto: personalmente) non credo proprio che potrei mai lavorare come psicoterapeuta nel campo dei DCA, e questo proprio perché ho vissuto/sto vivendo in prima persona l’anoressia. Mi spiego: da quando mi sono laureata ed ho iniziato a fare tirocinio per almeno 8 ore al giorno, mi sono resa conto che, per l’efficacia terapeutica, una certa tipologia di rapporto medico-paziente è fondamentale. La compliance terapeutica è tanto maggiore quanto più il paziente riconosce la competenza del medico, ergo si fida di lui/lei. Il riconoscere un medico come “competente”, presuppone che, più o meno inconsciamente, il paziente si ponga su un livello diverso rispetto a quello del medico stesso (diverso, NON inferiore!!). Il che, a sua volta, presuppone che il medico comprenda il vissuto del paziente, ma non lo capisca, sia presente insomma un distacco emotivo – non inteso nel senso che il medico dev’essere un cubetto di ghiaccio alla Dottor House, anzi, a mio avviso un buon medico dev’essere sempre gentile, disponibile, pronto a spiegare sempre le cose al paziente, e comprensivo… ma non si deve spingere oltre un certo limite di “socievolezza”, ci dev'essere un certo distacco emotivo, che permette al medico di ragionare ed agire con lucidità ed in maniera mirata. [Il che spiega, banalmente, come mai i propri famigliari/parenti/amici, spesso e volentieri non sono effettivamente i migliori/medici psicoterapeuti per una persona.] Viceversa se io, che ho vissuto/vivo l’anoressia, mi mettessi in relazione con una paziente che ha il mio stesso background di malattia, il rapporto che c’instaurerei, per come sono fatta, sarebbe più un rapporto “amicale” perché ci riconosceremmo come “simili”, data la grande entità di quello che ci accomuna, e questo farebbe sì che la relazione terapeutica ne risentirebbe negativamente. Per questo affermo con convinzione che io non sarei una buona psicoterapeuta per chi ha un DCA. Però ovviamente questo vale solo e soltanto per me stessa. 

Detto questo, le vostre risposte (nell’ordine in cui mi sono pervenute). 

Sarah995 
Io credo che, chiunque abbia attraversato un DCA, possa poi dedicarsi alla professione di psicoterapeuta con successo e che, anzi, forse riuscirebbe ad avere più empatia con i propri pazienti dato che sarà passato anche lui dalle stesse situazioni prima di uscire dall'anoressia. Inoltre, credo eviterebbe di fare qualche domanda scomoda o avere qualche comportamento che prima risultava a lui fastidioso. In pratica, a mio parere, uno psicoterapeuta che ce l'ha fatta a lottare contro l'anoressia sarebbe in grado di comprendere maggiormente chi sta aiutando. 

Hellie 
Sì, si può. Freud diceva che l'analista procede con la terapia fin dove non incontra le proprie resistenze. Ciascuno di noi, dca o meno, è sensibile ad alcune tematiche, ma ciò non vuol dire non poter riuscire a coronare i nostri sogni. Il primo lavoro da fare è su di noi, per superare i nostri limiti, i nostri punti oscuri. L'unica cosa che ci impedisce di riuscire è la paura.  

Lauretta 
La mia risposta alla domanda è "lo spero" dato che sto studiando per diventare psicologa, e ho attualmente un dca non meglio identificato…  

MughettoV 
A mio parere, sì, è possibile. Ci sono tante persone che si avviano alla carriera sociale o comunque sanitaria proprio perché hanno vissuto in prima persona tali problematiche. Piena comprensione, pieno supporto. Specie per questo tipo di problema, si sente subito la differenza da una persona che l'ha vissuta con una che non l'ha vissuta. Lo psicologo deve poter capire A FONDO il malessere del paziente, e quindi non basta studiare su qualche libro. Ci vogliono doti umane, quali l'empatia. Beh, ragazze mie... chi più di noi ha empatia? 

Wolfie 
Di fronte a questa domanda, mi viene spontaneamente da rispondere con un’altra domanda: perché mai una persona che ha vissuto sulla propria pelle l’inferno di un dca dovrebbe aver voglia di continuare a stare immersa in quella sofferenza? Credo che già da questo sia intuibile come la penso sull’argomento. Penso che sia molto, molto difficile che una persona che ha avuto un dca possa poi essere una buona psicoterapeuta. Perché certe cose le abbiamo vissute su di noi, e ci hanno fatto male. Poi, se per lavoro dobbiamo avere quotidianamente a che fare con persone che portano su di sé quello stesso dolore, e cerchiamo di farcene carico, ci arriva addosso una “bomba emotiva”. Quindi io m’immagino che, se una persona che ha vissuto un dolore grande come quello di un dca si immerge per lavoro tra persone che hanno quello stesso dolore, nel giro di poco tempo avrà bisogno lei stessa di una psicoterapia, perché è sottoposta ad un carico emotivo troppo grande. Di certo una persona che ha avuto un dca avrà una grande capacità di capire ciò che provano le sue pazienti, e questo sarebbe anche positivo, però poi secondo me questa grande capacità le si ritorce contro, facendola soffrire non solo per sé, ma anche per tutte le ragazze di cui si deve far carico, che stanno soffrendo, perché vedere sugli altri le stesse sofferenze che abbiamo vissuto noi è micidialmente doloroso. 

Jonny 
È indubbio che una persona che abbia vissuto un disturbo alimentare possieda capacità di empatia proprie di chi ha un determinato vissuto sulle spalle, un’empatia che deriva dall’esperienza vissuta, e non da una mera lettura di testi universitari, che permette di permeare realmente a fondo il sentire delle proprie pazienti. Tuttavia, mi chiedo quanto questo mestiere possa giovare alla persona stessa che lo svolge. Mi pare che per una persona che ha avuto un disturbo alimentare, scegliersi un lavoro in quel campo sia un modo per rimanere comunque vincolata alla malattia. Quando la propria vita ruota per tanto tempo intorno all’anoressia, quando l’anoressia – seppure in maniera patologica – diviene il centro della propria vita per tanti anni, diventa veramente difficile il riuscire a concepire un futuro senza il dannato disturbo alimentare. Per cui, una persona che ha avuto problemi alimentari, e che poi vuol fare la psicoterapeuta, mi fa pensare a una persona che vuole rimanere in qualche modo attaccata all’anoressia, pur magari non restringendo più l’alimentazione. Insomma, una sorta di scusa per continuare una vita coll’anoressia, ma in maniera apparentemente più “sana”, una auto-giustificazione, una auto-presa-per-il-culo ben congegnata per restare comunque, in un certo qual modo, entro il problema. Peraltro, mi sembra pure un po’ presuntuoso da parte di una persona che “si porta ancora addosso i segni di un DCA”, decidere di “curare” per professione gli altri, pur non essendo neanche stata pienamente in grado di curare se stessa. Infine, lavorare come psicoterapeuta significa far girare gran parte della propria vita attorno alla malattia, interagire costantemente con persone malate, reiterare più e più volte nell’ascolto dei soliti discorsi patologici, e non penso proprio che questo giovi a chi in passato ha già avuto problemi d’anoressia, anzi, mi pare un trigger di portata non indifferente per favorire le ricadute. Poi, cazzo, questa è solo la mia opinione, e ognuno sceglie per la propria vita, ci mancherebbe altro, solo che l’idea di fare la psicoterapeuta non mi sembra proprio la più brillante che una persona con problemi d’anoressia o di bulimia potrebbe avere. 

Connie 
Per rispondere a questa domanda spiegando come la penso, inizio citando un’autrice giapponese che mi piace tantissimo: “Sai, si dice che gli essere umani siano divisi in sunshine, le persone solari, e moonshine, quelle lunari. I sunshine emettono luce propria, e riescono persino ad illuminare le altre persone. I moonshine riescono a splendere per la prima volta solo grazie alla presenza dei sunshine. Sia io, sia lei, siamo come la luna. Io posso capire i suoi sentimenti ma non ho la forza per cambiarla. Penso che invece tu, dicendo "così non va bene" abbia la forza necessaria per trascinarla.” Io credo che questo discorso, completamente decontestualizzato, valga anche per i DCA. Ed è per questo che credo che una persona che ha avuto un DCA difficilmente potrà essere una psicoterapeuta veramente valida. Di certo chi ha vissuto queste malattie avrà una sensibilità ed un’empatia estremamente spiccate, ma quello che veramente conta secondo me in una psicoterapia, non è quanto la terapeuta mi capisce, ma quanto riesce ad aiutarmi a trovare soluzioni che mi permettano per lo meno di raggiungere un equilibrio. Se io vado da una terapeuta e le riferisco un mio vissuto, non m’importa sentirmi dire un “Ti capisco, perché ci sono passata anch’io”. Se voglio sentirmi dire una cosa del genere, vengo su questo blog (o su altri simili) poiché è fondamentalmente improntato alla condivisione, senza alcuna pretesa terapeutica. Ma se vado in terapia, è perché voglio sentirmi dire “Okay, su questo problema possiamo provare a lavorarci così e cosà”, voglio qualcuno che sappia darmi un aiuto concreto. Qualcuno mi dirà che le due cose, comprensione e aiuto concreto, possono coesistere, ma io non credo che sia così scontato. Con le persone anoressiche o bulimiche che ho avuto modo di conoscere durante un ricovero, mi sento profondamente affine, ma ho sempre tracciato una linea di confine nel mio relazionarmi a loro. “Più avanti di così non vado”: ecco cosa penso. A relazionarsi con persone che hanno vissuto questa malattia, anche se poi magari hanno studiato per poter legittimamente diventare psicoterapeute, si finisce comunque per rimestare nella malattia. La psicoterapeuta che mi segue attualmente non ha mai avuto un DCA. So che, perciò, non può capire veramente e fino in fondo quello che le dico quando le parlo dell’anoressia. Ma proprio perché si tratta di una persona che non è in grado di identificarsi in questa malattia, forse è in grado di scovare quelle risposte che una terapeuta “interna” alla malattia, che guarda nella mia stessa direzione, con i miei stessi occhi, non potrebbe mai riuscire a trovare. 

Volendo stilare una conclusione, direi che non esiste risposta oggettiva per la domanda di LookingForM

Cara LookingForM, la risposta alla tua domanda, dunque, potrai svelarla soltanto tu stessa, un domani. Non si può sapere a priori se una persona che ha vissuto un DCA possa essere o mano una buona psicoterapeuta… se è però questo il mestiere che pensa le piacerebbe svolgere, dovrebbe comunque provarci. Poi sarà la vita, passo per passo, a svelare se quella scelta professionale si è rivelata buona o meno. E, in tutti i casi, esiste sempre e comunque la possibilità di proseguire per la strada che si è intrapreso – se si vede che è proprio ciò che calza a pennello – o di cambiare spostandosi su qualcos’altro. Non penso che esistano delle “Certezze” per antonomasia… penso solo che bisogna andare avanti facendo quello che riteniamo migliore per noi stesse… e sarà un domani la vita a stabilire quello che di certo il futuro potrà riservarci.

29 commenti:

Unknown ha detto...

Perchè no, forse si potrebbe, no ne capisco molto, però credo che una persona che abbia vissuto le tue stesse paure, forse riuscirebbe a capirti di più, anche se poi alla fine credo che se riescono a superare a fare un lavoro del genere su se stessi potrebbero dare una mano ancora di più a chi si rivolge a loro... Sinceramente non lo so, io non mi rivolgerei mai però ad una persona che avuto gli stessi problemi, ma a dire il vero non mi rivolgerei mai nemmeno ad una psico in nessun caso, non mi piacciono a priore come professione... parlerei di più con un'amica...

AlmaCattleya ha detto...

Per quanto riguarda la professione di psicoterapeuta non saprei dire. Solo che bisogna sentirsi portati. Io ho letto di una ragazza che ha sofferto di anoressia e adesso fa la cuoca. Immagino che abbia fatto una sua rieducazione sul cibo, imparare a gustarlo e a non temerlo.
Bisognava vederla: era raggiante mentre assaggiava i piatti e spero che questo esempio possa incoraggiare molte/i ragazze/i.

Anonimo ha detto...

Ciao a tutte!le vostre risposte son molto interessanti!ma quasi tutte avete sottinteso come fine degli studi il lavoro con pazienti con un dca....che è uno dei mille casi che uno psicoterapeuta può trovare!ansia, disturbo ossessivo, schizofrenia, border, depressione, disturbi dell apprendimento...e molto altro...

LookingforM

Ilaria ha detto...

Personalmente, credo dipenda da persona a persona.
Quand'è stato il "mio turno" di decidere che fare della mia vita dal punto di vista scolastico/professionale, anche se in preda a un milione di emozioni contrastanti, una sola cosa mi era chiara, ed era che volevo lavorare nell'ambito dei DCA.
Lo volevo perché sentivo di "doverlo" al Mondo, in cambio dell'enorme aiuto ricevuto per affrontare una malattia che, senza l'aiuto professionale adeguato, mi avrebbe travolta.
Per come sono fatta io, non sarei mai stata in grado di studiare psicologia con il giusto spirito. Avrei sempre "rivisto me stessa" in ogni paziente, avrei sofferto tanto ma - cosa più importante - non avrei potuto dare il 100% di me stessa nell'aiutarlo/a, e così alla fine gli/le avrei involontariamente fatto del male, privandolo/a dell'aiuto totale ed autentico che avrebbe meritato.
Alla fine ho scelto di studiare Dietistica perché, pur avendo continuamente a che fare con pazienti e DCA, la vedevo come una professione più "oggettiva" (tabelle, calcoli, misurazioni, e un certo distacco emotivo).
Magari per qualcun altro funziona l'inverso, e per qualcun altro ancora non va bene nessuna delle due alternative.
D'altra parte non credo che uno/a psicoterapeuta che ha sofferto di DCA lo vada a scrivere nel curriculum o a raccontare ai pazienti... Il vissuto resterà un "bagaglio personale", sta a lui/lei avere la capacità di trasformare la sofferenza del passato in sensibilità utile per aiutare altri in futuro.
Un abbraccio come sempre

PrettyLittleGirl ha detto...

Veggie te la copio anche qui va, cosi magari non devi stare a modificare tutto per una risposta sola..

Secondo me, come prima cosa pensando ai meccanismi un DCA porta con se, mi verrebbe da dire che ovviamente più "distaccata" sei dal tuo DCA e dalle sue influenze, meglio è, su questo non ci piove.
Mi ricordo una frase di Fabiola De Clercq descrivendo i primo incontro con le pazienti:" potevo quasi leggere nei loro occhi le domande che stavano passando ora nella loro testa. Mi guardavano, guardavano il mio viso, il mio corpo, cercando di capire se fossi ancora, almeno in parte, nella posizione in cui loro erano ora."
Cioè, si chiedevano se questa donna cosi vicina al loro vissuto poteva aiutarle. Questo mi ha fatto riflettere molto. Ho pensato: una persona con difficoltá cosi grandi e che chiede aiuto magari dopo anni nel tunnel di un Dca, (e magari indecisa se intraprendere un percorso di guarigione) vuole potersi affidare a qualcuno, sapendo anche che gli darà un esperienza, degli strumenti alternativi a quelli offerti dalla malattia.
In quanto sappiamo che, la malattia può essere la nostra migliore amica, il nostro unico modo per stare nel mondo.
Detta questa premessa io comunque ho fiducia nel lavoro che lo/a psicoterapeuta può svolgere su di se, anche in caso di vissuti estremamente vicini a quelli del paziente.
Penso alla mia psicologa. Lei stessa può avere delle "resistenze" durante il lavoro svolto insieme, o può trovare degli ostacoli durante il cammino. Nonostante magari il caso di un Dca sia comunque abbastanza duro e pesante e quindi un caso particolare, penso anche ad altri tipi di problemi, oppure alla possibilitá che la psicoterapeuta possa anche lei stessa "ammalarsi" di un disturbo durante la sua carriera.
Deve per questo rinunciare ad aiutare?non é detto, poi ogni situazione é a se e va valutata..

Peró ecco, é come pensare di essere sempre esenti da influenze. Il "rischio" di trovarsi davanti a situazioni emotive che possono essere, anche per il terapeuta, molto coinvolgenti c' é sempre.
Penso che al di la di queste cose, poi sta al terapeuta essere corretto e valutare se é in grado di operare per il benessere del paziente. Se riesce a mantenere la neutralitá oppure si lascia trasportare dalle emozioni, se é in grado di essere professionale e riesce a lavorare bene sulle proprie resistenze, se é in grado di lavorare senza anteporre i propri interessi/ pregiudizi/ giudizi...
Anche perché il fatto che i terapeuti svolgano un processo analitico dovrebbe minimizzare almeno un po questi rischi.
Insomma io ho fede che si possa, con le dovute precauzioni e la massima onestá e sinceritá sia umana che professionale.

Un abbraccio a tutte

Wolfie ha detto...

Grazie per aver pubblicato la mia opinione!!!!!!!!!!!! È stato comunque molto interessante anche il leggere le opinioni delle altre ragazze, perché sono testimonianza del fatto che non esiste una sola risposta giusta, ma tante possibili risposte, e poi chiunque può plasmare su se stessa la soluzione che si sente più affine. Come si dice, il mondo è bello perché è vario, e tutte le opinioni raccolte in questo post ne sono una evidente dimostrazione!!!!!!!!!!!

Per LookingkforM: Ti chiedo scusa se ho frainteso il senso della domanda. Poiché ho letto “persona che ha attraversato un dca” e “psicoterapeuta”, ho dato per scontato che la domanda volesse mettere in associazione le due cose.

Per barde live: Una curiosità che mi è venuta leggendo il tuo commento: dici che non ti piace la psicoterapia come professione, quindi mi chiedo: ti è mai capitato di rivolgerti ad uno psicoterapeuta???????

Sarah995 ha detto...

Grazie per aver pubblicato anche la mia opinione!

Comunque, tirando un po' le somme, tutto dipende da quanto lo psicoterapeuta si faccia coinvolgere emotivamente dai suoi pazienti...perché dovrebbe riuscire sia ad avere empatia che a non lasciarsi coinvolgere troppo dal suo passato.

Vele Ivy ha detto...

Caio Veggie,
la risposta, come dici tu, è soggettiva. Ma io penso che alcune persone possano farlo, anzi: il fatto di aver passato un DCA in prima persona di sicuro può far capire allo psicoterapeuta tutte le difficoltà del paziente. Certo, non è una cosa da tutti, e ci vuole una grande forza di volontà. Però è possibile, secondo me.

Unknown ha detto...

Wolfie...
Ti rispondo subito alla tua domanda, si mi è capitato, non so se era solo una psicologa oppure anche una piscoterapeuta, ma non per questi motivi ma per altri che non sono legati ne al cibo ne al cervello sottointeso come problemi psicologici mentali, ma era per superare una cosa. Ma alla fine nulla si supera mai. comunque spero di averti dato una risposta alla tua domanda. Wolfie. per quanto mi riguarda, purtroppo sono convinta di ciò che dico e che è una professione che non mi piace, forse un giorno potrei anche scegliere di farlo come lavoro, ma adesso personalmente quasi li odio. scusami..

Wolfie ha detto...

Per barde live: Non hai niente di cui scusarti, e perché mai? Hai espresso la tua opinione e soddisfatto la mia curiosità, ed io ti ringrazio per questo. Te lo chiedevo semplicemente perché io ho avuto (e sto avendo tutt’ora) un’esperienza molto positiva che la psicologa che mi segue, che mi ha dato e mi sta dando veramente un grosso aiuto nel mio tener testa alla bulimia. Mi dispiace davvero tanto che tu, invece, abbia avuto un’esperienza negativa, e capisco che un’esperienza negativa possa condizionare negativamente l’opinione. Neanch’io potrei mai fare la psicologa o la psicoterapeuta come lavoro, non sono proprio la persona giusta per quello che è il mio carattere, però sono contenta che la “mia” psicologa faccia questo lavoro, perché senza il suo aiuto sarei ancora molto dentro alla bulimia. Ti ringrazio ancora per avermi risposto, un abbraccione!!!!!!!!!!!!!

Unknown ha detto...

Wolfie.
Sono felice per te davvero che la tua psicologa ti stia dando un grande aiuto.
Forse la colpa non è stata nemmeno la sua, ma soltanto la mia perchè in quel momento preferivo non parlare con nessuno ma restare sola con me stessa, non è che adesso sia cambiato qualcosa oppure la mia oppinione, resta sempre quella, io preferirei parlare con un'amica che con loro, anche se forse come credono tutti professionalmente potrebbero aiutarti di più, ma credo che in certi casi se non trovi tu per prima la forza di reagire a certi eventi della vita che capitano nessuno può farlo al tuo posto, parlando con una psicologa non avrebbe risolto il mio dolore, e non sarei riuscita a capire nemmeno per quale motivo succedono tante cose, quindi nulla sarebbe cambiato.
Wolfie sono davvero felice che tu stia meglio parlando con la tua psicologa e ti auguro con tutto il cuore di stare sempre bene...
Ringrazio io te per essere stata molto educata e dolce nelle tue parole espresse.. ti mando anche io un abbraccione!! A presto. barde. Posso chiederti l'età se vuoi.. grazie.

Unknown ha detto...

Wolfie.
Sono felice per te davvero che la tua psicologa ti stia dando un grande aiuto.
Forse la colpa non è stata nemmeno la sua, ma soltanto la mia perchè in quel momento preferivo non parlare con nessuno ma restare sola con me stessa, non è che adesso sia cambiato qualcosa oppure la mia oppinione, resta sempre quella, io preferirei parlare con un'amica che con loro, anche se forse come credono tutti professionalmente potrebbero aiutarti di più, ma credo che in certi casi se non trovi tu per prima la forza di reagire a certi eventi della vita che capitano nessuno può farlo al tuo posto, parlando con una psicologa non avrebbe risolto il mio dolore, e non sarei riuscita a capire nemmeno per quale motivo succedono tante cose, quindi nulla sarebbe cambiato.
Wolfie sono davvero felice che tu stia meglio parlando con la tua psicologa e ti auguro con tutto il cuore di stare sempre bene...
Ringrazio io te per essere stata molto educata e dolce nelle tue parole espresse.. ti mando anche io un abbraccione!! A presto. barde. Posso chiederti l'età se vuoi.. grazie.

Wolfie ha detto...

Per barde ilve: Hai senza dubbio ragione quando dici che non tutti i momenti della vita sono propizi per fare una psicoterapia, e se hai fatto terapia in un momento della tua vita che non era quello giusto per te, penso sia normale che tu abbia vissuto male la cosa. Però non ti devi colpevolizzare: non è colpa di nessuno, neanche tua, se in quel momento della tua vita non ti sentivi pronta a parlare con una psicologa. E forse magari era semplicemente quella psicologa che non andava bene per te: prima di trovare la psicologa che mi segue adesso, anch'io sono passata da due psicologhe con le quali non mi sono trovata per niente bene, quindi in entrambi i casi ho chiuso la cosa e sono andata oltre, ed ho avuto comunque fortuna, perchè ho trovato la bravissima psicologa che mi segue tutt'ora solo al terzo tentativo. Lì per lì, quando con le prime due era andata male, è stata dura perchè avevo solo voglia di mollare tutto e risprofondare nella bulimia, ma ora come ora sono cotnenta di aver tenuto duro, perchè è solo così che ho potuto conoscere la "mia" attuale psicologa, una persona con cui lavoro veramente ma veramente bene.
Dire che sto "bene" è ambizioso, diciamo che sto "meglio" rispetto a prima, e sto appunto continuando a lavorare su me stessa nella speranza, in un futuro, di poter stare sempre un po' meglio.
Anch'io penso che le amicizie siano molto importanti, infatti ho la fortuna di poter contare su alcune amiche veramente fidate che mi supportano tanto, però ovviamente il genere di discussioni che faccio con loro anche a proposito del dca sono comunque diverse rispetto a quelle che faccio con la psicologa.
Sono d'accordissimo con te sul fatto che siamo noi per prime a dover trovare dentro di noi la forza di reagire, penso che questo sia un elemento importantissimo, senza il quale non sarebbe possibile fare passi avanti. Però, per la mia esperienza (solo la mia opinione, non voglio imporla a nessuno, ci mancherebbe!!!!!!!), dopo che ho trovato dentro di me la forza e la voglia di contrastare la bulimia, l'aiuto professionale che mi ha dato la psicologa mi è servito (e mi serve ancora) proprio tanto.
Spero che anche te, passato quel momento difficile (anche se le cose difficili, qualsiasi esse siano, non si cancellano mai del tutto), adesso tu stia meglio, e spero di cuore che qualsiasi sia il percorso che hai deciso di fare, questo ti possa permettere davvero di allontanare il tuo dolore e di cambiare la tua vita in meglio.
Sei stata gentilissima a risopndermi ancora dedicandomi un po' del tuo prezioso tempo, e ti auguro veramente tutto il meglio.

(Certo che puoi chiedermi l'età, ho ventisette anni!!!!!!!!!!)

Unknown ha detto...

Wolfie:
Purtroppo sono stata quasi costretta a farla, ecco perchè non era il momento giusto per farlo per me, volevo restare da sola, pensare a ciò che era successo ed elaborare da sola, ma a tutti sembrava che io alla mia età non sarei riuscita a superare senza parlare con nessuno, che poi superare cosa, come si può superare un dolore così grande, io continuo a credere tutt'ora che niente e nessuno avrebbe mai potuto darmi una qualche ragione per l'accaduto, quindi per me era una perdita di tempo per me, e per il loro stesso lavoro. Vorrei dirti molte cose per potermi fare capire, ma non sono abbastanza brava per spiegarmi.. Wolfie voglio ringraziarti io per avermi dato parola, per avermi fatto parlare, per me non è molto facile. è voglio ringraziare veggie per questo spazio. grazie, davvero grazie. grazie per avermi detto la tua età!!

Unknown ha detto...

Wolfie
Grazie per la tua disponibilità, e per la tua dolcezza nel scrivere...

Unknown ha detto...

Wolfie:
Purtroppo sono stata quasi costretta a farla, ecco perchè non era il momento giusto per farlo per me, volevo restare da sola, pensare a ciò che era successo ed elaborare da sola, ma a tutti sembrava che io alla mia età non sarei riuscita a superare senza parlare con nessuno, che poi superare cosa, come si può superare un dolore così grande, io continuo a credere tutt'ora che niente e nessuno avrebbe mai potuto darmi una qualche ragione per l'accaduto, quindi per me era una perdita di tempo per me, e per il loro stesso lavoro. Vorrei dirti molte cose per potermi fare capire, ma non sono abbastanza brava per spiegarmi.. Wolfie voglio ringraziarti io per avermi dato parola, per avermi fatto parlare, per me non è molto facile. è voglio ringraziare veggie per questo spazio. grazie, davvero grazie. grazie per avermi detto la tua età!!

Anonimo ha detto...

Mi piace pensare che chi ce l'ha fatta possa dare consigli utili, possa sapere cosa dire o vosa fare senza comportarsi in maniera inopportuna, possa essere un modello da seguire e possa aiutare altre persone a farcela.. un bacio

Unknown ha detto...

Lauretta dieta:
Giusto è così

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Wolfie:
Leggendo ciò che scrivi, credo che tu abbia una forza dentro che io ancora non ho e non riesco a trovarla, leggo attentamente ciò che scrivi, e mi piace, non ho il tuo stesso problema, e non so se posso capirti, forse no, forse si, ancora non riesco capire molte cose. Ma tu c'è la fai perchè hai molta forza, si mi piaci come parli, e mi piace che hai sempre modi gentili, e non attacchi mai.

Hellie_ ha detto...

Grazie di avermi citata Veggie!
Mi è piaciuto molto leggere le opinioni altrui sull'argomento.
Volevo aggiungere che il mio scopo non è comunque quello di occuparmi di DCA, ma di bambini. Ero effettivamente partita con l'idea di occuparmi di persone con problemi alimentari, ma poi ho cambiato direzione. Questo per ribadire che appunto, andiamo fino a dove le nostre resistenze ce lo permettono.
Non è sempre facile, e a volte non è possibile superare alcune barriere.
Io non mi sentirei pronta ad occuparmi di ragazze/i anoressiche/i. Almeno non allo stato attuale.

Ti abbraccio

Lisbeth ha detto...

Ciao! Io sto per laurearmi alla magistrale di Psicologia Clinica e sono d'accordo con te: non credo che potrò mai lavorare con persone che hanno un DCA di qualsiasi tipo. A me piacerebbe lavorare nel campo delle dipendenze (quindi comunque è una cosa correlata) però specificatamente le dipendenze da sostanze. A novembre quando inizierò il tirocinio post laurea in una comunità di pazienti con doppia diagnosi (cioè un disturbo da uso di sostanze e un disturbo di personalità) vorrò proprio vedere che effetto mi farà perchè secondo me già solo le analogie con quei pazienti mi faranno sbarellare di brutto. Ma sicuramente, un tirocinio in un reparto per DCA non lo farei... Chi voglio prendere in giro? :( Ti seguo!

Marta ha detto...

io parlo x esperienza: ho sofferto di anoressia in adolescenza, poi ho studiato psicologia, ma già ne stavo uscendo, e non pensavo proprio di occuparmi di Dca, è stato un caso, e ormai dopo la laurea il mio Dca era un brutto ricordo. Poi durante la specialità ho fatto una terapia personale, orami fuori dal disturbo, solo x me stessa. L'aver passato sulla mia pelle, mi aiuta a capire alla perfezione chi ne è in mezzo, e ad ogni modo nella pratica privata non seguo pazienti anoressiche (che forse preferiscono rivolgersi ai servizi, a volte ahimè, vista la qualità delle cure...mio parere), ma persone con binge. Essere un bravo terapeuta credo dipenda solo da te, non da cosa sei passato! Comunque scoraggio chi ha ancora un piede dentro il sintomo a fare questo lavoro, sarebbe molto rischioso!

Veggie ha detto...

@ barde live – Innanzitutto ti ringrazio per aver arricchito il post con la tua opinione!... Grazie!!... Io non vado mai avanti a priori nel dire ciò che mi piace/non mi piace, io sono una di quelle persone che prima vuole sempre sperimentare le cose sulla propria pelle, per poi poter dire a ragion veduta se la cosa mi piace o meno… (fermo restando il fatto che, trattandosi della mia opinione sulla cosa, non sarà mai comunque una verità assoluta…) Posso solo dire che, personalmente, ho trovato la psicoterapia di fondamentale importanza nel mio percorso di lotta contro l’anoressia. Penso che anche parlarne con una persona di fiducia (che sia un’amicizia, come dici tu, o un familiare, o un collega, o un insegnante, etc…) possa avere la sua importanza, però si tratta di un qualcosa di completamente diverso dalla psicoterapia, e credo che nella migliore delle situazioni le 2 cose dovrebbero coesistere… sarebbe, a mio avviso, ciò che potrebbe aiutare di più una persona che ha un DCA: l’avere un aiuto professionale e, allo stesso tempo, una persona di fiducia su cui poter contare nei momenti di difficoltà. Grazie ancora per aver espresso la tua opinione!… Un abbraccio…
P.S.= Non mi devi ringraziare di niente… Grazie a te per essere passata di qua e aver “parlato” con me e con le altre ragazze, altroché!... ^__^

@ AlmaCattleya – Senz’altro quello che tu definisci il sentirsi portati, che secondo me poi non è altro che la piacevolezza che una persona prova da un certo corso di studi prima e da una certa professione successivamente, è un parametro importante per far sì che la persona possa svolgere bene il suo lavoro… Non l’unico parametro, certo, ma ha senz’altro la sua influenza… E senz’altro, per arrivare a poter fare certe cose, ci vuole un percorso…

@ LookingForM – Grazie a te per il tuo intervento, oltre che per l’interessantissima domanda che hai posto!… Credo che l’associazione tra lavoro come psicoterapeuta e relazione con paziente affette da DCA sia stato scaturito dal fatto che i DCA sono l’argomento su cui ruota tutto il mio blog… quindi immagino che a chi legge sia venuto spontaneo fare quest’associazione. Poi, hai sen’altro ragione quando dici che uno psicoterapeuta può occuparsi di tantissime patologie differenti… Come scrivevo, resto comunque dell’idea che si tratti di un qualcosa di estremamente soggettivo, un domanda alla quale è impossibile dare una risposta unitaria…

@ Ilaria – D’accordissimo con te sul fatto che si tratti di un qualcosa di assolutamente variabile da persona a persona. Per quel che mi riguarda personalmente, ho scritto tutto nella prima parte del post… Da aggiungere semmai solo il fatto che io non avrei mai potuto scegliere una professione inerente i DCA, in nessun campo, né psicoterapeutico né alimentare, semplicemente perché io al DCA ho già dato, mi ha già portato via tantissimo nella mia vita, e adesso voglio che la tocchi il meno possibile, compatibilmente con quelli che sono i residui di patologia che ancora mi porto addosso. Impazzirei alla sola idea di dover lavorare come minimo per i prossimi 30 anni per 8 ore al giorno con persone che hanno un DCA. Giuro, andrei fuori di testa. Non fraintendermi: anch’io sono profondamente grata all’aiuto che psicoterapeuti e dietisti mi hanno dato nella mia battaglia contro l’anoressia, anch’io sono consapevole che adesso, letteralmente, non sarei qui se non fosse stato per loro. Però non penso di “dovere” niente a nessuno. Quelle persone mi hanno aiutato perché hanno svolto la loro professione, che hanno scelto. Io, in tutt’altro campo, potrò essere utile ad alcune persone con la professione che io ho scelto. Tutti prendiamo da qualche parte, e rendiamo da qualche altra parte… è come un flusso continuo. Non credo che debba tornare indietro per forza nella stessa direzione da cui è venuto. Però, giustamente, varia da persona a persona… sta ad ognuna di noi trovare la giusta soluzione per se stessa. Un abbraccio forte anche a te…

Veggie ha detto...

@ PrettyLittleGirl – Grazie mille per aver riportato la tua opinione al riguardo… è sempre molto interessante leggerti. Vorrei fare solo una piccola precisazione a quello che hai scritto… La mia migliore amica è laureata proprio in Psicologia, e mi ha detto che una persona che si appresta a svolgere la professione di psicoterapeuta non è tassativamente obbligato a fare a sua volta psicoterapia. Quest’opzione è ovviamente caldamente consigliata, ma alla fine è il singolo neo-psicologo a decidere se vuole fare o meno, personalmente, psicoterapia. Non esiste nessun obbligo di legge. Naturalmente, io confido nel fatto che un neo-psicoterapeuta sia sufficientemente intelligente e responsabile da sottoporsi a sua volta a psicoterapia… anche perché immagino che altrimenti quello dello psicoterapeuta diverrebbe un lavoro emotivamente davvero molto gravoso… Altro discorso è quello dell’onestà: idealmente uno psicoterapeuta si dovrebbe rendere conto di quando la sua professione diventa deleteria per se stesso e/o per i suoi pazienti… e dovrebbe agire di conseguenza. C’è solo da sperare che lo faccia veramente… Detto questo, è chiaro che ogni persona sia una storia a sé, e che quindi ognuno abbia la propria verità e le proprie risposte…

@Wolfie – Grazie a te per aver voluto condividere la tua opinione, altroché!... Hai ragione, la variabilità delle idee, nonché la possibilità di potersi confrontare in maniera serena con chi la pensa diversamente, penso sia una delle cose che ci possa arricchire di più da un punto di vista umano…

@ Sarah995 – Sì, senz’altro l’entità del coinvolgimento emotivo tra psicoterapeuta e paziente è un aspetto molto importante della relazione terapeutica… ed è anche da questo che dipende la soggettività della risposta alla domanda di LookingForM… Certo, penso sia molto più difficile non lasciarsi coinvolgere quando si è vissuto una certe esperienza piuttosto che quando non la si è vissuta… però senz’altro esisteranno persone più o meno in grado di farlo…

@ Vele/Ivy – Ci sta che sia possibile… è una cosa talmente soggettiva che non me la sento proprio di avere un’unica opinione decisa ed inamovibile su quest’argomento…

@ Lauretta Dieta – Magari certe persone riescono veramente, nonostante il background di malattia, a fare questo… penso che sarebbe una cosa decisamente positiva, soprattutto se questa è la professione che quella persona desidera svolgere…

@ Hellie – Grazie a te per aver espresso la tua opinione, altroché!... Io penso che, alla fine, ognuna di noi trova quello che è meglio per se stessa, trova la propria strada… se ha un minimo di coscienza, ovviamente… (cosa che, purtroppo, mi rendo sempre più conto, non è da tutti…) E se ne rende conto man mano che prova a fare le cose, se può andare avanti in quella direzione, oppure se è necessario fare dei cambiamenti di rotta… (E data la tua capacità nel trattare coi bambini, da quel che leggo sul tuo blog, non nutro dubbi sul fatto che tu sia riuscita a fare la scelta giusta per te stessa…)

@ Lisbeth – Innanzitutto, complimenti per la tua laurea imminente!... ^___^ E’ un gran traguardo, sei veramente una grande. E spero proprio che il tirocinio si riveli un successo… in fin dei conti, se non ne hai già fatti prima, sarà un po’ il tuo battesimo di fuoco, quindi spero che possa andare al meglio… E, in fin dei conti, comunque vada, rimane sempre un validissimo banco di prova che ti permetterà di valutare se questo tipo di cosa nello specifico fa per te, oppure se preferisci orientarti su qualcos’altro… D’altronde, ci sono cose che possiamo immaginare, ma non possiamo sapere come andranno realmente fino a che non le viviamo… e, a quel punto, avremo la consapevolezza di ciò che sia meglio fare… In bocca al lupo, comunque!...

@ Marta – Grazie per la tua opinione circostanziata… Anche se credo che, come la maggior parte delle cose, sia comunque soggettiva e variabile da persona a persona… E ciò vale anche per la qualità delle cure…

Sara ha detto...

Cara Veggie,
lascio volentieri anche il mio parere. Ho sofferto in gioventù (ora ho 35 anni...) di un disturbo alimentare (anoressia), per fotuna non troppo grave, ma che mi ha fatto soffrire molto. Ho fatto una piscoterapia, poi mi sono iscritta a psicologia. Una volta laureata ho fatto la specialtà per fare la psicoterapeuta, e mi sono fatta una altro paio d'anni di terapia personale. Oggi lavoro con soddisfazione e(discreto) successo.
Io dico che si può fare bene questo lavoro anche se si ha sofferto di disturbo alimentare, basta essersi curate adeguatamente ed essere ben consapevoli dei propri limiti. Per esempio, per scelta mia, non mi occupo di disturbi alimentari, in nessuna loro forma: se me ne capita qualcuno, lo invio a un collega. Soprattutto, a chi si approccia a questa professione con un passato come il nostro, consiglio di non dimenticare mai, anche quando si lavora ormai da tempo, di ricorrere alle supervisioni di colleghi: non si sa mai che qualcosa del nostro passato personale finisca con il renderci meno obiettive nel lavoro (anche se questa cosa vale per qualsiasi psicoterapeuta, anche se non ha avuto problemi alimentari!!).
In bocca al lupo a tutte!

Veggie ha detto...

@ Homer - Thanks!...

@ Sara – Ciao Sara, grazie per aver voluto condividere con tutte il tuo parere… E’ una bellissima testimonianza, tra l’altro, e mi fa veramente piacere leggerla. In quanto alla supervisione dei colleghi, bè, credo sia un ottimo consiglio valido per qualsiasi professione!... In bocca al lupo anche a te!...

Anonimo ha detto...

Soffro d'anoressia, studio psicologia e voglio diventare una psicoterapeuta. Ho scelto d'intraprendere questo percorso di studi per comprendere me stessa e poi aiutare gli altri a compiere il loro percorso di risanamento. Ho letto di ragazze che dicono non si potrebbero mai rivolgersi ad una psicoterapeuta che è stata, a sua volta, affetta da un dca. Personalmente ritengo che lo psicoterapeuta debba essere così fuori dal suo disturbo da non dover dare neanche l'impressione di averlo vissuto. Forse è un'utopia, ma mi piacerebbe poterlo fare. Sarebbe un'ulteriore vittoria.
Francy

Veggie ha detto...

@ Francy – Ciao Francy, grazie per aver espresso la tua opinione e condiviso la tua esperienza!... Trattandosi di una tematica la cui interpretazione è puramente soggettiva, è ovvio che sia impossibile trovare un’unità di risposte… Leggendo il tuo commento, comunque, mi è balzata in testa una domanda (se poi ti andasse di rispondervi, mi farebbe davvero piacere): come può una persona che ha avuto un determinato vissuto distaccarcisi al punto tale che nessun altro possa neanche lontanamente immaginare quel determinato vissuto?... Mi spiego meglio: secondo me ogni esperienza che viviamo in qualche modo ci modifica, ci cambia… ed è un cambiamento che si riflette in tutti i nostri successivi comportamenti. Il che va anche bene… perché se non cambiassimo mai, saremmo persone statiche, senza possibilità di crescita interiore. Perciò, credo sia inevitabile che l’aver vissuto un DCA ci influenzi in qualche modo nella nostra mentalità e nel nostro comportamento… da qui la mia domanda: come si può “fingere” staticità quando un cambiamento bene o mane è avvenuto?...

 
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