Non so come la pensate voi, ma io vedo sempre il finire di ogni anno come un momento in cui concentrarsi su qualcosa di particolarmente positivo che c’è stato nei 12 mesi appena trascorsi, al fine di portare con sé quella cosa che ci ha fatte stare bene anche nel nuovo anno che si appresta ad iniziare. A ben pensarci, in questo 2013 ci sono state talmente tante cose da salvare e da portare dritte nel 2014, che se mi volessi concentrare su ognuna di esse singolarmente dovrei scrivere almeno una trentina di post. Sceglierne una sola è ben arduo, perché così facendo mi vedo costretta a tagliar fuori un sacco di cose e persone che hanno cambiato la mia vita in meglio durante quest’ultimo anno, un sacco di cose e persone che, ciascuna a loro modo, mi hanno aiutata a continuare a combattere contro l’anoressia.
Lo sport, il lavoro come istruttrice/arbitro di karate, il tirocinio in Pronto Soccorso… tutte cose che arricchiscono la mia vita e che voglio portare con me non solo nel 2014, ma anche in tutti gli anni a venire. Così come tutte le meravigliose persone che hanno incrociato la mia strada durante quest’anno. E se penso alle persone, ce n’è una in particolare che mi fa sorridere. Una persona con cui ho condiviso un sacco di esperienze e di pensieri. Una persona che mi illumina le giornate. La prima persona cui penso quando mi sveglio la mattina, e l’ultima persona cui mando un SMS di buonanotte la sera. La persona che più di ogni altra mi fa venire voglia di continuare a combattere contro l’anoressia senza mollare la presa. La persona più speciale che ci sia. Il mio migliore amico Alex.
Per cui, sì, credo proprio che quest’ultimo post del 2013 debba essere dedicato a lui.
E dunque, Alex, questo è per te.
Il cuore è un muscolo, solo questo. L’ho pensato per un sacco di tempo. Il cuore è un muscolo. Era molto più semplice vederla in questo modo, molto più conveniente. L’unico modo per non correre nessun rischio, in definitiva. Perché succede che a un certo punto i cuori interrotti, quelli le cui ferite sono aperte e sanguinano ancora, si congelano. E’ il loro modo per riprendersi e per difendersi dall’altro male che gli può essere fatto. Avere il cuore congelato ha indubbiamente dei grandi vantaggi, mi dicevo: primo fra tutti il fatto che, non riuscendo a provare niente, si evita di soffrire. Il cuore è un organo strano… in realtà è un organo di copertura, perché poi quello che noi chiamiamo cuore probabilmente lo fa la testa, e comunque sono collegati, un po’ come orecchio, naso e gola… il male che gli fai (o che gli fanno) non passa, si accuccia in un angolino e rimane lì, sempre vivo. Per la maggior parte del tempo dorme, ma poi succede che si risveglia. E quando si risveglia il male che fa è sempre uguale. Non ci sono ferite del cuore che passano. Si forma come un cerotto sopra, ma è talmente sottile che basta poco perché la ferita si riapra e ricominci a sanguinare. Quando il cuore è congelato questo non accade. Tutto tace, nel bene e nel male. Né gioia né dolore. Uno strano equilibrio che, allo stesso tempo, non fa stare bene ma non fa neanche stare male…
Ecco, per tanto tempo il mio cuore è stato questo. Solo un muscolo in definitiva. E mi andava benissimo così. Meglio non provare niente, che correre il rischio di essere ferita. Meglio non avvicinarsi a nessuno, non avere alcuna amicizia, tirare su muri contro chiunque, essere tutt’al più gentile, ma distante, mettere sempre paletti, tirarsi indietro il prima possibile. Avevo l’anoressia, e questo era quanto. E questo era tutto. Meglio seppellire quel vano sentimento dell’amicizia da qualche parte, molto in profondità. E andare avanti, a testa alta, guardando dritta davanti, concentrata sul percorso, solo l’anoressia al mio fianco, e niente più grane.
Io basto a me stessa. Pensavo così.
Tu hai interrotto il mio loop.
Tu sei stato un inciampo, ecco cosa. Ci ho pensato, è proprio così: tu sei stato un inciampo. Hai visto, proprio com’è quando s’inciampa. Ti sei messo in mezzo, così, all’improvviso, e io non ho fatto in tempo a scansarmi. Sono inciampata. Ero così fermamente convinta di avere il cuore congelato, così convinta che l’anoressia e il controllo fossero il fulcro della mia vita, e che niente e nessuno avrebbe potuto cambiare questa situazione, che non avevo proprio messo in conto la possibilità di un disgelo. Il cuore riprende a battere, le ferite si risentono e si trasformano in paura che ciò che ha fatto male possa accadere di nuovo… con altre modalità e con altre forme… ma si riprova una strana sensazione, quella di tornare a vivere. Si sente il muscolo pompare, il sangue scorrere… e rientrare in circolo. Ho preso le distanze dall’anoressia. Mi sono risvegliata. E non ero più abituata. E quando non si è abituati è facile cadere, è facile prendere dei muri a 200 all’ora contromano… Perché senza gelo intorno al cuore e senza la coperta di Linus rappresentata dall’anoressia, mi sono sentita vulnerabile. Così mi sono chiesta cosa fosse meglio: il cuore congelato o il cuore che riprende a vivere? La solitudine dell’anoressia o la possibilità di un’apertura? Prima credevo di conoscere la risposta. Ora non ho neanche più voglia di pormi la domanda.
La verità è che ho sempre avuto una paura incredibile di stare di nuovo male.
Tu sei stato un imprevisto. E, paradossalmente, hai cambiato tutto. Ero così convinta che sarei andata avanti da sola, che il controllo che mi faceva provare l’anoressia fosse l’unica cosa di cui avevo bisogno, che quando la mia strada si è incrociata con la tua, la prima cosa che ho pensato è stata che non potevo permettermi una simile distrazione. Eppure, inconsapevolmente, la mia testa aveva già cominciato a divagare. Senza volerlo, ero già entrata in una nuova misura. Senza volerlo, mi ero già voltata verso di te.
Io scrivo molto, però paradossalmente in realtà non mi piacciono granché le parole. Perché sono misere. Perché quando stanno nella tua testa, le cose sono grandi, enormi, immense… poi ti trovi a doverle mettere giù a parole, e quelle si rimpiccioliscono, si riducono a non più che grandezza naturale. A maggior ragione se si tratta di sentimenti. Come si può pensare di descrivere un sentimento a parole? Pensa all’amicizia, per esempio. Ad un amico si dice “ti voglio bene”. Sono tre parole semplici, brevi per giunta, assolutamente banali. E le si usano per esprimere un qualcosa che è tutt’altro che semplice e banale. E allora? C’è una discrepanza incredibile. Per questo non mi piacciono le parole. Perché non rendono l’idea. Per questo io “ti voglio bene” non l’ho mai detto a nessuno. Perché mi sarebbe sembrato di banalizzare, di svilire questo sentimento racchiudendolo in tre parole. Ma sai che cosa, ben pensandoci? Forse è proprio questo il bello. Che sono state inventate tre parole così semplici che riescono a dire qualcosa di davvero grande. E allora, voglio provarci anch’io.
E quindi ti voglio bene, ti voglio bene anche se non te l’ho mai detto esplicitamente face-to-face perché per me è difficile sciogliere la matassa dei sentimenti, e metterli giù a chiare lettere. Una volta mi hai detto che io sono la prima Vera Amica che hai incontrato da quando hai iniziato a frequentare Medicina. Bè, posso dirti solo che anche tu sei il migliore amico che avrei mai potuto conoscere. Se dovessi mettermi a ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me in questi anni, per come mi hai sempre supportata (e sopportata!) tuo malgrado, non mi basterebbero le prossime 10 vite. Ogni singola volta che mi hai telefonato ho esitato per un attimo a rispondere fissando il tuo nome sul display del cellulare e pensando col sorriso sulle labbra che eri troppo… troppo per me. Troppo, sì… troppo tutto per essere vero. Ma lo eri. Lo sei. E vorrei riuscire a dirti tutto questo a voce, ma lo scrivo perché so che non riuscirei a dirlo guardandoti negli occhi per più di 2 secondi senza sentirmi in difficoltà. Vorrei dirti tante cose, che è meraviglioso il semplice fatto che esisti, ma non ce la farei mai perché sarei sopraffatta dall'emozione, mi tremerebbe la voce, mi tremerebbero le mani, dovrei concentrarmi per mantenere una parvenza di normalità, e farei una fatica bestiale. Quando sono con te mi dimentico del tirocinio, del karate, di cosa devo fare nella settimana, del lavoro, dell’anoressia, del controllo, di respirare. Penso che tu sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. E se mai sono riuscita a fare qualcosa per te, è niente rispetto alla gioia che ho provato nell’esserti stata vicino in questi anni: non sai quanto bene mi hai fatto. Sei stato tu a trasformarmi, Alex. Sei stato il motivo del mio primo vero sorriso dopo tanto tempo. Il solo pensiero che avrei potuto non conoscerti mi è sempre risuonato dentro come la peggiore delle minacce, perciò ringrazio la casualità che ti ha portato nella mia strada. Mi sono sempre sentita privilegiata anche solo per aver ricevuto la tua amicizia, il tuo sguardo, la possibilità di addentrarmi anche solo un po’ nel tuo mondo. Perché io non avrei mai immaginato di poter trovare un amico a cui voler bene quanto ne voglio a te.
Ma queste sono parole, e io sento che le parole adesso non bastano per descrivere la nostra amicizia, e per esprimere il bene che ti voglio. E allora, provo a dirtelo in una forma che mi è più congeniale: con un video. Io come Chloe Sullivan (interpretata da Allison Mack), tu come Clark Kent (interpretato da Tom Welling) nel telefilm “Smallville”. La nostra amicizia raccontata con le loro immagini, perché è come la loro amicizia: più forte di tutti, più forte di tutto.
(QUI per vederlo direttamente su YouTube) In fondo, posso solo dirti grazie. Grazie di tutto. Davvero. Ti voglio un bene dell’anima per la persona stupenda che sei e per tutto quello che mi hai dato da quando ci siamo conosciuti. Mi fai venir voglia di continuare a combattere e a tenere duro ogni volta che ti vedo, o anche solo ogni volta che ti penso. Mi rendi migliore.
(Graduation Day, 25/07/2013) (click sulla foto per ingrandire)
So che adesso abbiamo fatto scelte molto diverse per il nostro futuro, e dunque non potremo più stare side by side come quando andavamo a lezione insieme tutti i giorni, ed ognuno di noi s’incamminerà per la propria strada… Sono però sicura che, nonostante questo, l’amicizia che ci lega non cambierà d’una virgola. So che ci vedremo molto più raramente ma, pur con tutti i nostri rispettivi impegni, spero proprio che continueremo a trovare il modo di ritagliarci un po’ di tempo solo per noi... perché qualsiasi cosa io faccia, è molto più divertente se la faccio insieme a te.

(click sull'immagine per ingrandire)