Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 17 ottobre 2014

Diagnosi di DCA nelle giovanissime: è davvero così terribile?

È difficile ignorare la nuova moda ultimamente lanciata dai Mass Media: i DCA che colpiscono le giovanissime, bambine che frequentano ancora le scuole elementari. Le storie che vengono raccontante s’incentrano spesso sul crescente numero di bambine (generalmente pre-adolescenti) che si presentano all’osservazione medica con un disturbo alimentare. Questi articoli/servizi televisivi consistono per lo più in asserzioni strappalacrime di quanto la situazione sia terribile, senza ovviamente trascurare il classico cliché dell’incolpare il mondo della moda e dello spettacolo per la crescente esposizione delle bambine ad immagini di modelle/attrici/cantanti magrissime.

Prendete, per esempio, QUESTO.

Alcune delle affermazioni ivi contenute recitano:

“Solo nell’ultimo anno, 42 bambine sotto i 10 anni sono state portate in ospedale e ricoverate.” 

“Sconvolgentemente nuove statistiche rivelano che la “diagnosi primaria” era DCA.” 

“Molti enti ritengono che i social media siano una delle maggiori cause, con molte giovani vittime della malattia che pubblicano selfie dei loro corpi emaciati su Twitter.” 
(mia traduzione) 

Bene, prima di rabbrividire di fronte a queste frasi roboanti, facciamo innanzitutto un attimo mente locale su quella che è la fonte di tali affermazioni: un giornale on-line in cerca di lettori. Secondariamente: dov’è la ricerca scientifica su cui si basano le affermazioni fatte dall’articolo in questione? In terzo luogo: cosa succederebbe se una maggiore attenzione nel diagnosticare i DCA anche nelle bambine non fosse una notizia così terribile come i Mass Media vorrebbero far credere?

Okay, non fraintendetemi: per me è orribile quando vengo a sapere che una qualsiasi persona si è ammalata di DCA. Proprio perché, avendolo vissuto sulla mia pelle, so quanto un DCA sia devastante. Per cui, non sto assolutamente dicendo che un DCA a qualsiasi età, inclusa l’infanzia, sia una cosa positiva. Proprio per niente. Detto questo, ciò che sappiamo è che:

Tanto più precoce è la diagnosi di DCA, tanto minore è la durata della fase acuta della malattia, e tanto più precoce è l’intervento sia sul piano psichico che su quello alimentare, tanto più facile è allontanarsi dal DCA stesso. [Fonte]

Per molti anni i medici hanno ritenuto che i DCA fossero “roba da adolescenti”. Se ci pensate, è anche un luogo comune piuttosto diffuso quello dell’adolescente malata di anoressia: sei non sei un’adolescente, non puoi avere un DCA. Quest’asserzione è, ovviamente, del tutto sbagliata. È sbagliata perchè non prende in considerazione il fatto che chi si ammala di DCA durante l’adolescenza può trascinarsi dietro brandelli più o meno ampi di malattia anche crescendo, e questo fa sì che le donne adulte malate abbiano maggiori difficoltà a veder riconosciuta la loro patologia e a chiedere e a ricevere aiuto, e allo stesso tempo incide negativamente sulle bambine e sulle pre-adolescenti che vengono considerate “troppo giovani per avere una malattia del genere”.

Pertanto, bambine malate di anoressia/bulimia possono non ricevere un’opportuna diagnosi, e non essere trattate adeguatamente. Se questo succede, quando diventano delle adolescenti, il loro DCA è ancora presente. Per cui, se anche poteva esserci, una diagnosi precoce è venuta meno. E questo fa sì che queste persone abbiano poi maggiori difficoltà nel percorrere la strada del ricovero. Per cui, se ad oggi i DCA vengono riconosciuti, diagnosticati e rapidamente trattati anche nelle giovanissime, non è forse una buona cosa?

Inoltre, sebbene certi articoli vogliano dare a credere che i DCA compaiono nelle bambine prima di quanto non sia mai successo sinora, in realtà non sono stati condotti dei veri e propri studi scientifici al riguardo, per cui non lo sappiamo per certo. Sappiamo solo che a più bambine viene diagnosticato un DCA, ma questo non significa che, in assoluto, ci siano più bambine malate di DCA, significa solo che i DCA vengono diagnosticati con più frequenza.

Invece di considerare l’incremento delle diagnosi di DCA nelle bambine universalmente come una Cosa Negativa, guardiamo al fatto che non è una cosa negativa come potrebbe sembrare a primo acchito, perché significa che più bambine ricevono aiuto psichico ed alimentare proprio nel momento in cui in DCA esordisce, e dunque nel momento più opportuno per avere maggiori possibilità di successo terapeutico. Questo non lo dico solo io, ma viene affermato anche da alcuni ricercatori, Dominique Meilleur ed i suoi colleghi. che hanno recentemente presentato il progetto della loro ricerca ad una conferenza che si è tenuta a Vancouver (Canada).

Nella loro ricerca, hanno creato dei dettagliati profili biologici, psicologici e sociali di 215 bambine/i di età compresa tra gli 8 e i 12 anni (campione piccolo, è vero, ma per lo meno è un inizio...) che hanno presentato dei “problemi alimentari” senza una specifica malattia fisica che li inducesse. I ricercatori hanno trovato che:

• Il 95% di queste/i bambine/i avevano dei comportamenti alimentari restrittivi
• Il 69,4% era a disagio con il proprio corpo
• Il 46,6% riteneva di essere sovrappeso
• Il 15,5% si induceva il vomito occasionalmente
• Il 13,3% metteva in atto dei veri e propri comportamenti bulimici

Nello studio in questione Meilleur afferma:

“Questi risultati sono molto sconcertanti, ma possono aiutare i medici a fare diagnosi precoce nel momento in cui prendano in considerazione questi aspetti. […] Molti medici ritengono che la bulimia sia una malattia che compare solo durante l’adolescenza, ma il nostro studio indica che il problema può comparire anche prima. […] E’ perciò possibile che i DCA siano attualmente sotto-diagnosticati per carenza di consapevolezze e di competenze.”
(mia traduzione) 

Non solo, lo studio in questione mostra anche che i DCA non sono una prerogativa femminile. Sostiene Meilleur:

“Le profonde similitudini tra bambini e bambine nell’infanzia supporta, a nostro avviso, l’ipotesi che fattori comuni sia fisici che psichici presenti, insieme ovviamente a molte altre concause, nel periodo dello sviluppo, possano favorire la comparsa di DCA in ambo i sessi.” 
(mia traduzione)

Io ritengo, molto semplicemente, che ricevere aiuto iniziando un percorso di ricovero sia millemila volte meglio che soffrire in silenzio. Certo, il considerare che anche i giovanissimi possano soffrire di DCA può inizialmente scombinare statistiche e conoscenze, e può far sembrare la situazione più complicata e tragica di prima. Ma se la consapevolezza che anche le bambine si ammalano di DCA significa diagnosi precoce e dunque trattamento più precoce, allora io la ritengo una cosa positiva.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

If you look in the face of evil, evil's going to look right back at you.
(da American Horror Story: Asylum)

Trovo la questione che proponi molto interessante, pregna di implicazioni psico-sociali.

Se la possibilità di riscontrare in età così precoce i germi del DCA, se non già il disturbo conclamato, rappresenta un palese vantaggio in termini di intervento e di outcomes psico-fisici, penso che la ricezione di tale apparentemente ovvia verità da parte del vasto pubblico e, forse, persino da parte della classe medica non sarà priva di resistenze.
Mi spiego meglio.
Da un punto di vista squisitamente cognitivo, come tu noti, simili dati scardinano ulteriormente la rassicurante equazione euristica "DCA = ragazza adolescente/giovane donna"; la messa in discussione di tale assioma, ancora molto radicato, costringe - o almeno dovrebbe - a una seria revisione dei metodi diagnostici (ad es., la controversa questione dell'amenorrea) e terapeutici (da un p.d.v. somatico e psichiatrico / psicologico).
In secondo luogo, la discrepanza fra il caro vecchio stereotipo e i dati reali ci pone di fronte a un'amara verità: potenzialmente, siamo tutti a rischio di DCA - fenomeno analogo a quanto avvenuto in merito all'HIV, ancora oggi associato a specifici gruppi (omosessuali, tossicodipendenti).
Paradossalmente, ciò può indurre le persone, anziché a una maggiore attenzione, a volgere lo sguardo, ad aggrapparsi ancora di più allo stereotipo ("ma secondo il BMI io sono sovrappeso!"), proprio in modo da rifiutare, in modo più o meno conscio, il timore che il DCA possa manifestarsi in sé o nei propri cari.
Infine, c'è l'effetto "bambino". Anche una volta ammesso che i DCA non siano un triste appannaggio delle teenagers, anche per la persona meno superficiale in merito al tema, è difficile accettare che una malattia mentale così devastante possa colpire anche i più piccoli.
C'è questa intaccabile credenza nell'infanzia come età felice; il fatto che persino un bambino possa esserne toccato fa scattare una volontà di protezione, un latente senso di colpa - come fare per evitarlo?
Anche qui, temo, per placare l'angoscia si preferirà calzare i paraocchi.
E dire che la diagnosi precoce, anche in età infantile, è quanto di più prossimo alla prevenzione dei DCA possiamo invocare.

In risposta alla tua domanda, quindi, rispondo: no, non è terribile. E' una possibilità di vincere.
Ma, da citazione in apertura, per affrontare il male bisogna essere in grado di sostenerne lo sguardo.
Occorrono volonta, capacità, coraggio.
Siamo certi di averne a sufficienza?

Anonimo ha detto...

Vorrei presentarvi il mio caso sapere cosa ne pensate, se secondo voi è stata fatta la cosa giusta o semplicemente l'unica che si potesse fare. Nel lontano 1997 a seguito di una restrizione alimentare degenerata in digiuno totale sono stata ricoverata in neuropsichiatria infantile e nutrita esclusivamente per via endovenosa per circa 40 giorni. Data la giovane età è stato concesso a mia madre di restare con me durante la lunga degenza ma non di essere informata circa il mio stato di salute psico-fisica o del percorso terapeutico che avrei dovuto seguire. In realtà un percorso terapeutico non era stato pianificato per me, nessuna visita psichiatrica, nessuna psicoterapia, nessuna rieducazione alimentare. Ero trattata dal personale infermieristico e medico come una quindicenne impertinente ma poiché anagraficamente non lo ero il percorso terapeutico che le mie "colleghe" seguivano mi era precluso così come la loro frequentazione. Le mie dimissioni sono state sollecitate dall'incombere delle vacanze pasquali e concesse per via del fatto che a suon di flebo erano riusciti a farmi recuperare alcuni chili. La prima volta che ho sentito la parola anoressia è stata durante la "sentenza" che il medico ha letto congedandomi insieme ai miei genitori: anoressia nervosa, la paziente al momento della dimissione pesa x chili.
Questi i fatti. Sono passati quasi vent'anni, io sto ancora male, ma quella diagnosi oltre ad essersi rivelata purtroppo superficiale e incompleta, è stata data in modo inopportuno e distruttivo.
La diagnosi non dovrebbe essere l'"inizio"? Soprattutto quando si tratta di un bambino?

Euridice ha detto...

Credo che il grande pubblico, quello che conosce l'anoressia dalla sommaria descrizione che ne danno i media - spesso anche quelli che vorrebbero sembrare più informati e scevri di pregiudizi, vedi il servizio delle Iene di cui parlavi anche tu qualche tempo fa - colga ben prima il lato sconvolgente della faccenda, "ma come? Una bambina che ha un disturbo alimentare? È uno scandalo, segno della corruzione dei tempi etc etc", di quello potenzialmente positivo che hai messo in luce tu.
Anche io la penso come te ma il nostro è un punto di vista viziato, il punto di vista di chi sa cosa significhi trascinare per le lunghe una malattia che ti divora dall'interno. Come un po' in tutte le malattie una diagnosi precoce è sicuramente auspicabile, ma credo che le resistenze della società siano ancora troppe per accettare un ragionamento di questo tipo. Ricordo che alla sorella di un mio amico, a soli nove anni, era stata diagnosticata una forma di anoressia nervosa ma sua madre non aveva dato minimamente peso alla cosa sostenendo che i medici (intervenuti a causa dei suoi continui svenimenti) erano dei mitomani. Quante madri sarebbero pronte ad accettare che le proprie bambine siano malate? Si ricollega tutto al problema di fondo: la grande disinformazione che esiste sui dca, sui quali l'opinione comune non ha che una serie di stereotipi, un po' come toccava ai malati di aids!
Comunque agire tempestivamente e sradicare in fretta il seme della malattia è, secondo me, l'unico modo per evitare che stralci di essa rimangano nell'organismo per sempre.
Un bacio!

Onion ha detto...

Temo sia come quando mia madre osserva amaramente come siano aumentati gli stupri ultimamente... quando, verosimilmente, gli stupri ci son sempre stati, solo che una volta li si denunciava ancora meno di oggi.
Certo, anch'io trovo positivo il fatto che si riconosca un DCA in un bambino, e che si inizi una terapia prontamente... e d'altronde sono tra quella schiera di persone che pensa, "di pancia", senza prove e dati alla mano, che potrebbe davvero essere aumentato il numero di persone che manifesta sempre più precocemente un dca. Più che altro perché vedo bambini sempre più trattati come piccoli adulti... dalla famiglia e dal mondo che li circonda. Quando ero bambina io, indossavo per lo più vestiti di mio fratello, o pantaloni cuciti da mia mamma, senza mai ricevere pressione sociale di alcun tipo... mentre i bambini di oggi mi sembrano, per forza di cose, molto più consapevoli di come appaiono. L'ultima volta che sono entrata in un famoso negozio di abbigliamento, mi sono stupita di quanto fossero audaci e adolescenziali gli abiti riservati alle bambine, anche piccole. Magliette con "SWAG", "KISS ME", "I'M PRETTY", sono all'ordine del giorno.
Il sito Girlsgogames.it, indirizzato a ragazzine tra i 7 e i 12 anni, straborda letteralmente di giochi dedicati al trucco, ai capelli, alla moda e alla bellezza in genere. Certamente anch'io vestivo e tagliavo i capelli alle mie Barbie, ma mi sembra che il messaggio "vali solo se sei bella" si sia incredibilmente intensificato da allora. E dal momento in cui insegni a una bambina che il suo valore dipende da quello che dice lo specchio... non trovo strano che cerchino maggiormente controllo nel proprio aspetto esteriore.
Sento di avere una visione molto sommaria e parziale dei dca, direi semplicistica... ma so che è stato nel momento in cui i miei coetanei mi hanno insegnato a guardarmi criticamente allo specchio, che ho iniziato a percepire il mio corpo come qualcosa di imperfetto e modellabile, verso cui sfogare i miei turbamenti.
Questo post è stato un ottimo spunto di riflessione. Un abbraccio.

Wolfie ha detto...

Come afferma chi ha commentato prima di me, anch’io ritengo che il problema più grosso stia nella disinformazione, o meglio, nelle informazioni erronee che i mass media fanno passare in merito ai dca. Le persone che non hanno vissuto i dca sulla propria pelle, però, conoscono solo quelle, e dunque le considerano come se fossero la verità sui dca: da qui quella che può essere la grossa difficoltà ad accettare, e dunque a vedere come “terribile”, la presenza di un dca in una bambina.
Per chi abbia vissuto queste malattie, penso sia scontato il pensare che la diagnosi precoce sia una metodica del tutto importante ed efficace quando si voglia iniziare a trattare una persona che ha un dca, perché è scontato che più ce lo teniamo dentro, più ce lo trasciniamo, più danneggiamo tanto il nostro corpo quanto la nostra mente.
Io penso che se oggi come oggi si riescono a diagnosticare dca all’esordio anche nelle bambine più giovani, ben venga!!!!!!!!!! Io so quanto sono stata male da adolescente con un dca, quindi non posso che pensare che bambine più piccole, ancor più “fragili” dunque psicologicamente parlando, possano stare anche ancor più male. Pertanto, se si riesce a dar loro un aiuto fin dall’inizio, tanto di guadagnato!!!!!!!!!!! Inoltre credo che da piccoli, proprio perché abbiamo meno esperienza di vita, sia anche più facile lavorare sotto il profilo psicologico, perché il bambino è più “malleabile” rispetto ad un adolescente/adulto che abbia già una personalità più strutturata. Per cui, io valuto positivamente queste diagnosi precoci di malattia.
Mi pare scontato che le testate giornalistiche la buttino sul tragico, perché devono comunque attirare l’attenzione; e se le persone che leggono preferiscono credere a quello e tapparsi orecchie ed occhi di fronte alla verità, credo sia soltanto perché è più facile pensare ai dca come a malattie che rispondono a dei precetti ben precisi, piuttosto che considerali come malattie variabili da persona a persona, perché questo porta a un margine di incertezza su queste malattie che le persone non tollerano bene (o non tollerano affatto).
Pensandoci, però, si contraddicono da sole: se venisse scoperto un modo per fare diagnosi precoce di un tumore, anche nei bambini, credo che tutti accoglierebbero la cosa positivamente. E allora perché per i dca dovrebbe essere diverso???????????

Veggie ha detto...

@ Christiane – In quanto medico, sono un po’ cresciuta col culto dell’importanza della diagnosi precoce… ergo, non posso che ritenerla un qualcosa di positivo, per quanto appunto pensare ad una bambina con un DCA sia lacerante in sé. Sono senz’altro d’accordo con te in merito all’asserzione relativa alla difficoltà di scardinare gli stereotipi… pensa soltanto a quanti luoghi comuni esistano tuttora sull’anoressia, anche nelle adolescenti, e pensa a quanto poco gli altri siano recettivi ad ascoltare come stanno veramente le cose… però, io sono dell’idea che valga per lo meno la pena di fare un tentativo. Se ci si limita a dar credito ai titoli sensazionalistici delle testate giornalistiche, credo si vada ben poco lontano, e ci si areni ai nuovi stereotipi che i Mass Media hanno premura di creare, perché possiedono quel fascino morboso che è ciò che fa aumentare l’audience… In contrapposizione a questo, credo dovremmo cercare quanto più possibile di far sentire la nostra voce, di spiegare come stanno veramente le cose… e di provare a dire perché una diagnosi precoce di DCA, anche in tenera età, possa avere i suoi risvolti positivi. Poi, certo, ci saranno sempre individui che preferiranno voltarsi dall’altra parte e far finta di niente, semplicemente perché fare così è più facile… ma, forse, ci sarà anche qualcuno che deciderà di stare ad ascoltare. Qualcuno che sarà in grado di sostenere il peso di queste verità tutt’altro che agili o scenografiche… e se questo qualcuno magari sarà impiegato in ambito medico, forse ne verrà un significativo aiuto anche in termini specialistici… perché, sì, è indubbio che tanto i criteri diagnostici quanto le strategie terapeutiche debbano essere differenziate in funzione dell’età (per inciso, io ritengo che dovrebbero essere modificate da persona a persona, perché siamo tutte diverse, e pertanto ognuna di noi risponde bene ad uno specifico approccio terapeutico…), ma io credo che il riuscire a fare questo, forse inizialmente faticoso, difficile, alla lunga sarebbe ciò che potrebbe garantire i migliori risultati…

@ Anonima (18 Ottobre 2014, ore 01.34) – Ciao, benvenuta sul blog e grazie per aver lasciato il tuo commento… Rispondo alla tua domanda dicendoti semplicemente quello che penso, senza alcuna presunzione di verità assoluta… è solo la mia opinione (opinabile per antonomasia!), e per lo più data da persona estranea ai fatti, quindi mi rendo conto che possa avere una valenza assolutamente limitata… Perciò, per quel poco e niente che vale, ti dico quello che penso… Se nel momento in cui fosti ricoverata le tue condizioni fisiche erano critiche (come mi pare di capire che lo fossero data la restrizione alimentare + digiuno), la nutrizione enterale credo fosse probabilmente il minimo sindacale per salvarti letteralmente la vita. Questo credo non faccia una piega. Tutto il resto, naturalmente, lo trovo assolutamente discutibile – dico “discutibile” e non “errato”, perché se dei medici hanno intrapreso un determinato tipo di approccio, avranno avuto le loro ragioni, che io non conosco, e che dunque non sta a me sindacare. Io sono dell’idea che, in malattie come i DCA, l’approccio combinato di riabilitazione nutrizionale + psicoterapia sia ciò che garantisce il migliore successo terapeutico a qualsiasi età, per cui, anche se al momento del ricovero tu eri molto giovane, un progetto psicoterapeutico e alimentarmente rieducativo sarebbe stato comunque, a mio parere, appropriato.
(continua...)

Veggie ha detto...

(...continua)
C’è da dire che, se ho capito bene, tu sei stata ricoverata in un ospedale pubblico, e non in una clinica specializzata nel trattamento di DCA… bè, a quanto mi è dato di sapere, negli ospedali pubblici l’approccio è sempre molto più “fisico”, mirato semplicemente ad evitare il decesso e al recupero ponderale, senza particolare attenzione alla sfera psicologica… questo tipo di atteggiamento nei reparti ospedalieri di psichiatria mi è stato fatto presente da molte lettrici di questo blog… quindi, in effetti, mi viene da dire che tu abbia ricevuto il “trattamento standard” che viene riservato a pazienti con DCA in moltissime strutture ospedaliere non specializzate… Ora, io sono d’accordissimo nel dire che la priorità è quella di salvare la vita di una persona, quindi in prima battuta se sono necessarie flebo, terapie, e quant’altro, è giusto procedere a spron battuto… però, una volta scongiurata l’emergenza, ribadisco che io avrei ritenuto opportuno organizzare un percorso psicoterapeutico e di riabilitazione nutrizionale da attivare al momento della dimissione ospedaliera. Detto questo, c’è una cosa che non ho capito dal tuo commento: come sarebbe a dire che tua madre non era stata informata del tuo stato psicofisico di salute?... Cioè, e qui ti parlo da medico quale sono, noi medici abbiamo l’OBBLIGO di informare i pazienti (o i genitori dei paziente, se questi sono minorenni come nel tuo caso all’epoca) in merito a tutto ciò che li concerne. Quindi, mi suona veramente strano che, di fronte alle richieste di tua madre, il personale medico abbia rifiutato di pronunciarsi fino all’ultimo… comportamento passibile quantomeno di denuncia, poiché è lo stesso codice deontologico ad affermare l’obbligo che abbiamo noi medici di informare il paziente su qualunque cose lo concerna. In quanto alla mancanza di tatto che il medico ha avuto leggendovi in maniera asettica la diagnosi di uscita, mi sembra superfluo ogni qualsiasi commento…

@ Euridice – Sì, indubbiamente io credo che l’obiettivo primario dei Mass Media purtroppo sia quello di fare audience. Scrivo “purtroppo”, ma in realtà da un certo punto di vista lo capisco: l’audience è quella che li tiene in piedi, quella che gli paga lo stipendio, è normale che la ricerchino… Il problema nasce in quei casi in cui – come quello dei DCA, appunto – il voler fare audience va a scapito di una corretta informazione. E si sa che quello che fa scandalo, che sensazionalizza, attira la gente sempre molto di più di una verità ben più lineare e senza tanti orpelli… e le cose che colpiscono di più sono quelle che più spingono la gente a crederle vere.
Hai ragione quando scrivi che per un genitore sia difficile accettare la malattia di un figlio, sempre e comunque, e probabilmente a maggior ragione se il figlio è piccolo… però (e qui ti parlo da non-genitore, quindi vado a intuito) tutto sommato, poiché nel momento in cui la malattia c’è, l’unica cosa possibile da fare è curarla, credo sia comunque in fondo preferibile sapere la diagnosi prima, in modo da iniziare a curare tempestivamente, che non saperla in ritardo, quando il percorso terapeutico diventa molto più arduo…

Veggie ha detto...

@ Curvula – Cara Curvula, io sono totalmente d’accordo con tua mamma. Penso che abbia assolutamente ragione quando dice che vale lo stesso per gli stupri… quello che sappiamo per certo che aumenta è il numero di denunce (nel caso degli stupri) o di diagnosi (nel caso dei DCA), ma questo niente ci dice rispetto ad eventuali variazioni nel numero assoluto di persone che vengono stuprate/che si ammalano di DCA… Poi, certo, capisco tutto il tuo discorso in merito agli stimoli ambientali, ma non sono molto d’accordo con te per 2 motivi. Innanzitutto, perché l’anoressia è una malattia multifattoriale, e l’influenza dei messaggi esterni credo sia molto limitata… considerando infatti che TUTTI i bambini sono sottoposti al medesimo bombardamento mediatico, se veramente questo fosse capace di innescare un DCA, allora TUTTI i bambini si ammalerebbero di anoressia/bulimia. Io invece credo che le millemila cause che possono portare ad un DCA siano molto più individualizzate… ergo, se un bambino è predisposto a sviluppare un DCA perché ha determinati problemi, lo farà a prescindere dai messaggi che vengono dall’esterno… così come un bambino che non ha particolari problemi, non darà granché peso ai messaggi esterni, e non svilupperà un DCA… In secondo luogo, tutti i discorsi che tu hai fatto, esattamente come tutti quelli che adesso sto facendo io, del resto, sono discorsi puramente ipotetici. Non è stato condotto alcuno studio scientifico statisticamente significativo (quello che cito nel post, con 215 casi, è ovvio che non possieda granché significatività statistica…) che dimostri l’esistenza o meno di un aumento dell’incidenza dei DCA… ergo, entrambe stiamo parlando sul niente. Per cui, secondo me, prima sarebbe da verificare se c’è davvero un aumento dell’incidenza dei DCA nei bambini, o se c’è soltanto una maggiore attenzione da parte dei pediatri nel riconoscere queste malattie in chi le ha, dopodichè, una volta compreso questo, potremo pensare a come agire…

@ Wolfie – Hai ragione Wolfie… io credo che la differenza stia nel modo in cui ad oggi vengono ancora percepite su 2 piani differenti le malattie fisiche e le malattie mentali… per cui alla malattia fisica viene ascritta una dignità che le malattie psichiche, misconosciute, non hanno… Perché, sì, certo, è ovvio che una diagnosi precoce sia un qualcosa di positivo a prescindere… Ma fare diagnosi, per definizione, implica l’attribuire ad una malattia la dignità di malattia… cosa che, per i DCA, non è sempre vera dal momento che, grazie a quanto viene spesso detto sui Mass Media a proposito dell’anoressia, molti la percepiscono ancora come il capriccio delle ragazzine che vogliono fare le modelle… ed è invitabile che, fintanto che perdurerà questo stereotipo, sarà veramente difficile erigere i DCA al rango di malattia nella mentalità comune, e dunque accettare la necessità della diagnosi precoce…

 
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