venerdì 6 aprile 2012
Pazienti "non complianti"
“Si definisce “non compliante” un paziente che non partecipi attivamente al proprio trattamento terapeutico. La "non-compliance" costituisce, in frequenti occasioni, uno dei più rilevanti problemi terapeutici poiché ha ricadute sull'efficacia del trattamento, sui costi terapeutici, sul rapporto medico-paziente e sul rapporto dei pazienti con la loro malattia. La sua incidenza è sorprendentemente elevata soprattutto nelle patologie croniche e in psichiatria.” (Dott. Vittorio Ghetti)
Conversando tramite e-mail con molte di voi che hanno un DCA, una delle cose che mi è balzata all’attenzione recentemente è il fatto che molte persone anoressiche/bulimiche vengono frequentemente etichettate come “non complianti” dai medici e dagli psichiatri che le seguono, e quindi abbandonate a se stesse, e questa rappresenta una delle principali motivazioni all’interruzione del trattamento psicoterapeutico.
Il mio primo pensiero, quando ho letto cose del genere, è stato: ma dove diamine stanno le pazienti con un DCA che siano complianti??...
Ho discusso per la prima volta della compliance durante il corso di Farmacologia, al 4° anno di università. Parte del problema, diceva un professore, è che la maggior parte dei dottori pensa al paziente come a una persona che ha un singolo problema, ovvero quello per cui si reca da lui, e ritiene perciò che i pazienti debbano fare automaticamente quello che gli viene detto di fare, senza valutare il più ampio contesto della persona.
Per fare un esempio banale, io ho un’ipercolesterolemia familiare ereditaria. Dunque, secondo un medico da cui mi ero recata qualche anno fa, io avrei dovuto eliminare alcuni cibi dalla mia alimentazione e fare più esercizio fisico per cercare di tenere per quanto possibile un po’ più basso il mio colesterolo. Ovviamente, dato il mio passato/presente di anoressica, questa non era certo la cosa più giusta da fare. Perciò, no, non sempre i medici hanno ragione. La compliance ad una determinata terapia non può prescindere dal quadro globale del paziente.
Con il professore di Farmacologia non abbiamo ovviamente discusso della questione della compliance relativa al contesto dei disturbi alimentari o, più in generale, delle malattie mentali, ma penso che il discorso della compliance alla terapia sia un qualcosa di molto sentito nel contesto della psichiatria. Non dovrebbero le persone essere libere di scegliere se vogliono o meno essere curate? Scegliere un particolare tipo di percorso terapeutico? Scegliere di non seguire nessun tipo di percorso terapeutico?
Sì. Tecnicamente, assolutamente sì. Il problema (e il contenzioso) sta nella capacità delle persone di prendere decisioni senzienti e di essere capaci di seguirle fino in fondo. Perciò, la risposta alle mie domande, in effetti, è: dipende.
((Quel che intendo dire è: quante di noi, magari al lavoro o a scuola, si sono dette con convinzione che una volta tornate a casa avrebbero fatto quella tal cosa, ma poi non l’hanno effettivamente svolta? Eh. Si chiama “parking lot motivation”: l’essere motivate finché non si arriva a salire in macchina al parcheggio, dopodichè la suddetta motivazione è sommersa dall’ansia o da qualsiasi altra cosa che la fa scomparire.))
Non sono certo la persona più qualificata per poter parlare di malattie mentali, ma per quella che è la mia personale esperienza, posso asserire questo: dire che una paziente è “non compliante” è comune in molte diagnosi del DSM-IV. Oltre ad essere stata clinicamente classificata come “anoressica”, io mi porto dietro anche altri problemi, altre potenziali diagnosi, ma non sono mai stata farmacologicamente trattata per questi, perché ho sempre ritenuto di essere in grado di gestirli autonomamente (a differenza dell’anoressia) quindi in effetti anch’io sono stata considerata una paziente “non compilante” dagli psichiatri che mi hanno fatto queste diagnosi, visto che avevo detto loro che non intendevo assumere psicofarmaci. Dire che una paziente non è compilante, in effetti, assolve il medico dalla responsabilità di trattarla: “Non è che io non la curi, è lei che si rifiuta di farsi curare!”. Quando tutto il resto fallisce, è colpa del paziente. A prova di scemo!
Anche i disturbi alimentari sono oggetto di questo tipo di trattamento. Conosco diverse persone che sono state estromesse dai programmi ospedalieri di riabilitazione alimentare perché non riuscivano ad evitare di nascondere il cibo, perché continuavano a perdere peso, o perché avevano problemi ad attenersi al protocollo terapeutico (cose più che normali all’inizio di un percorso di ricovero). Essere estromesse da una struttura terapeutica suona più come una punizione inflitta ad una bambina disobbediente che non come il modo in cui dovrebbe essere trattata una ragazza che ha un DCA. Certo, avere a che fare con una paziente ancora indecisa che ha appena iniziato a lottare contro il suo DCA e che pertanto tende ancora ad auto-sabotarsi è tutt’altro che semplice, ma credo sarebbe dovere del medico cercare di stare ancor più vicino ad una paziente di questo tipo, piuttosto che lavarsene le mani etichettandola come “non compliante”.
Io credo che determinati comportamenti non siano, nella maggior parte dei casi, risultato di una non-volontà di migliorare della paziente, ma siano dovuti solo al fatto che, soprattutto all’inizio, è più facile che l’anoressia e i suoi comportamenti malati abbiano il sopravvento sulla volontà non ancora perfettamente delineata al miglioramento della paziente. La paziente tenta, tenta eccome, solo che la malattia è ancora più forte di lei, perché da tempo radicata. Voglio dire, nessuno si aspetta che un tumore smetta di crescere solo perché un oncologo ha visitato il paziente affetto, così come non è colpa del paziente se il cancro non risponde alle terapie di prima linea. Nessuno penalizza un paziente oncologico se non reagisce adeguatamente alla terapia, se il suo tumore non regredisce o se ha manifestazioni patologiche associate alla chemio. I dottori non smettono di fare la chemioterapia ad un bambino perché quello piange, o fa una bizza, o si nasconde sotto al letto perché ha paura dell’iniezione. Un comportamento del genere non significa che il bambino non è compliante, ma semplicemente che è un essere umano. La comparsa di un tumore non è colpa del soggetto che lo contrae, e se non riesce a liberarsene non è che lo faccia intenzionalmente. E lo stesso vale per chi ha un DCA.
Ogni medico, ogni psicoterapeuta, nel momento in cui prende in cura una paziente anoressica/bulimica, dovrebbe aspettarsi che questa possa essere (o diventare) non compliante. Dovrebbe aspettarsi un’enorme ansia, il fatto che il cibo possa essere nascosto, il fatto che la paziente faccia attività fisica extra di nascosto, il fatto che la paziente vada a vomitare di nascosto, e così via, in una lista diversa eppure simile per ognuna di noi. Sono tutti sintomi del disturbo alimentare, semplicemente. I DCA sono molto, molto difficili da trattare, questo è il messaggio che vorrei trasmettere a medici e pazienti. So di essere stata piacevole quanto un gatto appeso con le unghie ai coglioni per gli psicoterapeuti che mi hanno avuta in cura. Sono stata arrogante, sfrontata, ho fatto resistenza, ci ho litigato, li ho mandati a fanculo più e più volte, e ho fatto tutto il possibile per rimanere aggrappata all’anoressia. Ma non perché fossi “non compliante”. Bensì perché ero malata. Molto più di adesso. Quando sono stata meglio e quindi sono stata in grado di pensare più lucidamente, mi sono resa conto che già in quei momenti volevo davvero stare meglio, ma dopo anni di malattia l’anoressia era così egosintonica con la mia persona, che non ero in grado di discernerne i sintomi dalla mia personalità.
I medici e gli psichiatri dovrebbero rivedere quest’etichetta di “non compliante”. Molte ragazze che hanno un DCA si aggravano e in alcuni casi addirittura muoiono perché certi medici se ne sono lavati le mani, quando quelle persone avevano disperatamente bisogno del loro aiuto, anche se magari non lo riconoscevano o addirittura lo negavano. È certamente conveniente per il medico semplicemente ignorare le pazienti con disordini alimentari particolarmente difficili da trattare, ma il punto è che, cari medici, noi siamo malate. Noi necessitiamo e meritiamo il vostro aiuto, non importa quanto tentiamo, allo stesso tempo, di combattervi, di opporci a voi. Questa, anche, è parte della malattia. Perciò, non ce ne vogliate. Non la prendete sul personale. Non è per un qualcosa contro di voi. E’ solo un altro sintomo dell’anoressia.
Conversando tramite e-mail con molte di voi che hanno un DCA, una delle cose che mi è balzata all’attenzione recentemente è il fatto che molte persone anoressiche/bulimiche vengono frequentemente etichettate come “non complianti” dai medici e dagli psichiatri che le seguono, e quindi abbandonate a se stesse, e questa rappresenta una delle principali motivazioni all’interruzione del trattamento psicoterapeutico.
Il mio primo pensiero, quando ho letto cose del genere, è stato: ma dove diamine stanno le pazienti con un DCA che siano complianti??...
Ho discusso per la prima volta della compliance durante il corso di Farmacologia, al 4° anno di università. Parte del problema, diceva un professore, è che la maggior parte dei dottori pensa al paziente come a una persona che ha un singolo problema, ovvero quello per cui si reca da lui, e ritiene perciò che i pazienti debbano fare automaticamente quello che gli viene detto di fare, senza valutare il più ampio contesto della persona.
Per fare un esempio banale, io ho un’ipercolesterolemia familiare ereditaria. Dunque, secondo un medico da cui mi ero recata qualche anno fa, io avrei dovuto eliminare alcuni cibi dalla mia alimentazione e fare più esercizio fisico per cercare di tenere per quanto possibile un po’ più basso il mio colesterolo. Ovviamente, dato il mio passato/presente di anoressica, questa non era certo la cosa più giusta da fare. Perciò, no, non sempre i medici hanno ragione. La compliance ad una determinata terapia non può prescindere dal quadro globale del paziente.
Con il professore di Farmacologia non abbiamo ovviamente discusso della questione della compliance relativa al contesto dei disturbi alimentari o, più in generale, delle malattie mentali, ma penso che il discorso della compliance alla terapia sia un qualcosa di molto sentito nel contesto della psichiatria. Non dovrebbero le persone essere libere di scegliere se vogliono o meno essere curate? Scegliere un particolare tipo di percorso terapeutico? Scegliere di non seguire nessun tipo di percorso terapeutico?
Sì. Tecnicamente, assolutamente sì. Il problema (e il contenzioso) sta nella capacità delle persone di prendere decisioni senzienti e di essere capaci di seguirle fino in fondo. Perciò, la risposta alle mie domande, in effetti, è: dipende.
((Quel che intendo dire è: quante di noi, magari al lavoro o a scuola, si sono dette con convinzione che una volta tornate a casa avrebbero fatto quella tal cosa, ma poi non l’hanno effettivamente svolta? Eh. Si chiama “parking lot motivation”: l’essere motivate finché non si arriva a salire in macchina al parcheggio, dopodichè la suddetta motivazione è sommersa dall’ansia o da qualsiasi altra cosa che la fa scomparire.))
Non sono certo la persona più qualificata per poter parlare di malattie mentali, ma per quella che è la mia personale esperienza, posso asserire questo: dire che una paziente è “non compliante” è comune in molte diagnosi del DSM-IV. Oltre ad essere stata clinicamente classificata come “anoressica”, io mi porto dietro anche altri problemi, altre potenziali diagnosi, ma non sono mai stata farmacologicamente trattata per questi, perché ho sempre ritenuto di essere in grado di gestirli autonomamente (a differenza dell’anoressia) quindi in effetti anch’io sono stata considerata una paziente “non compilante” dagli psichiatri che mi hanno fatto queste diagnosi, visto che avevo detto loro che non intendevo assumere psicofarmaci. Dire che una paziente non è compilante, in effetti, assolve il medico dalla responsabilità di trattarla: “Non è che io non la curi, è lei che si rifiuta di farsi curare!”. Quando tutto il resto fallisce, è colpa del paziente. A prova di scemo!
Anche i disturbi alimentari sono oggetto di questo tipo di trattamento. Conosco diverse persone che sono state estromesse dai programmi ospedalieri di riabilitazione alimentare perché non riuscivano ad evitare di nascondere il cibo, perché continuavano a perdere peso, o perché avevano problemi ad attenersi al protocollo terapeutico (cose più che normali all’inizio di un percorso di ricovero). Essere estromesse da una struttura terapeutica suona più come una punizione inflitta ad una bambina disobbediente che non come il modo in cui dovrebbe essere trattata una ragazza che ha un DCA. Certo, avere a che fare con una paziente ancora indecisa che ha appena iniziato a lottare contro il suo DCA e che pertanto tende ancora ad auto-sabotarsi è tutt’altro che semplice, ma credo sarebbe dovere del medico cercare di stare ancor più vicino ad una paziente di questo tipo, piuttosto che lavarsene le mani etichettandola come “non compliante”.
Io credo che determinati comportamenti non siano, nella maggior parte dei casi, risultato di una non-volontà di migliorare della paziente, ma siano dovuti solo al fatto che, soprattutto all’inizio, è più facile che l’anoressia e i suoi comportamenti malati abbiano il sopravvento sulla volontà non ancora perfettamente delineata al miglioramento della paziente. La paziente tenta, tenta eccome, solo che la malattia è ancora più forte di lei, perché da tempo radicata. Voglio dire, nessuno si aspetta che un tumore smetta di crescere solo perché un oncologo ha visitato il paziente affetto, così come non è colpa del paziente se il cancro non risponde alle terapie di prima linea. Nessuno penalizza un paziente oncologico se non reagisce adeguatamente alla terapia, se il suo tumore non regredisce o se ha manifestazioni patologiche associate alla chemio. I dottori non smettono di fare la chemioterapia ad un bambino perché quello piange, o fa una bizza, o si nasconde sotto al letto perché ha paura dell’iniezione. Un comportamento del genere non significa che il bambino non è compliante, ma semplicemente che è un essere umano. La comparsa di un tumore non è colpa del soggetto che lo contrae, e se non riesce a liberarsene non è che lo faccia intenzionalmente. E lo stesso vale per chi ha un DCA.
Ogni medico, ogni psicoterapeuta, nel momento in cui prende in cura una paziente anoressica/bulimica, dovrebbe aspettarsi che questa possa essere (o diventare) non compliante. Dovrebbe aspettarsi un’enorme ansia, il fatto che il cibo possa essere nascosto, il fatto che la paziente faccia attività fisica extra di nascosto, il fatto che la paziente vada a vomitare di nascosto, e così via, in una lista diversa eppure simile per ognuna di noi. Sono tutti sintomi del disturbo alimentare, semplicemente. I DCA sono molto, molto difficili da trattare, questo è il messaggio che vorrei trasmettere a medici e pazienti. So di essere stata piacevole quanto un gatto appeso con le unghie ai coglioni per gli psicoterapeuti che mi hanno avuta in cura. Sono stata arrogante, sfrontata, ho fatto resistenza, ci ho litigato, li ho mandati a fanculo più e più volte, e ho fatto tutto il possibile per rimanere aggrappata all’anoressia. Ma non perché fossi “non compliante”. Bensì perché ero malata. Molto più di adesso. Quando sono stata meglio e quindi sono stata in grado di pensare più lucidamente, mi sono resa conto che già in quei momenti volevo davvero stare meglio, ma dopo anni di malattia l’anoressia era così egosintonica con la mia persona, che non ero in grado di discernerne i sintomi dalla mia personalità.
I medici e gli psichiatri dovrebbero rivedere quest’etichetta di “non compliante”. Molte ragazze che hanno un DCA si aggravano e in alcuni casi addirittura muoiono perché certi medici se ne sono lavati le mani, quando quelle persone avevano disperatamente bisogno del loro aiuto, anche se magari non lo riconoscevano o addirittura lo negavano. È certamente conveniente per il medico semplicemente ignorare le pazienti con disordini alimentari particolarmente difficili da trattare, ma il punto è che, cari medici, noi siamo malate. Noi necessitiamo e meritiamo il vostro aiuto, non importa quanto tentiamo, allo stesso tempo, di combattervi, di opporci a voi. Questa, anche, è parte della malattia. Perciò, non ce ne vogliate. Non la prendete sul personale. Non è per un qualcosa contro di voi. E’ solo un altro sintomo dell’anoressia.
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18 commenti:
Ehilà, allora io sono una cazzo di regina delle pazienti non complianti.
Il numero di stronzi in camice bianco che ho mandato a cagare credo sia pari a un esponenziale elevato all’n-esima. Tutti che dicono le stesse cose, che cagano quella merda che hanno imparato a mente per prendersi una pezza da culo chiamata laurea, e che con quel foglietto in mano pensano di essere in grado di salvare il mondo, e quelle tre menate che hanno imparato te le fanno cadere dall’alto come se tu fossi un’idiota malcagata che non capisce una sega. A farsi fottere, tutti quanti.
Quello che ho mandato a cagare. Quello cui ho sputato in faccia. Quella che ho fatto piangere. Me li ricordo tutti, tutti come se fosse ieri, che giocavano a fare dio e poi mi appiccicavano una diagnosi e mi spedivano da qualcun altro perché non mi sopportavano più, perché ero io che li facevo sclerare. È stato quasi divertente, in fondo. Una di quelle cose tragicomiche, sì. Ma tanto tutti quegli imbecilli alla fine dicevano che ero troppo ribelle per i loro protocolli terapeutici. Che ero troppo difficile, un caso senza speranza – queste precise parole. Che mi sarei fatta comunque i cazzi miei. Ed avevano ragione, è quello che ho fatto. Perché stare dietro a loro?, erano solo dei cretini. Gli ho voltato le spalle, è quello che hanno fatto loro con me. È quello che volevano, poi: essere lasciati in pace. Perciò vado avanti da sola. E se vedo un coglione in camice bianco, adesso, lo mando a fanculo e basta.
Sì, avete ragione voi, cari dottorini, io sono una paziente non compliante.
E degli stronzi di medici che scappano dalle pazienti che sono “casi senza speranza”, allora, che diciamo? Che sono non complianti anche loro rispetto alla sinergia terapeutica che dovrebbe esserci con la paziente?
Jonny
Veggie, spero vivamente che prima o poi tu possa pubblicare un libro, o per lo meno degli articoli su riviste scientifiche (se non l'hai già fatto!) perché le tue riflessioni sono preziose, per nulla ovvie, innovative.
Grazie,
una paziente non compliante, ovvero, una paziente-e-basta (:
Questo post capita a caso mio...avevo scritto giusto l'altro giorno che sarei andata dalla psic a mandare a fanculo tutti. E l'ho fatto...e mi sono stupita perchè lei ha voluto tenermi lostesso. e non sono uno zuccherino quando mi prende il matto. le ho riversato tutta la rabbia delle abbuffate del vomito dell'ansia dei digiuni dei tagli. TUTTO. e lei ha detto che non poteva lasciarmi stare e se l'avessi costretta avrebbe agito di conseguenza. era un ricatto, ma un ricatto di un dottore che ci tiene...almeno secondo me. Quello che hai scritto è vero e io sono dell'idea che i medici che estromettono un paziente perchè cerca a tutti i costi di rifugiarsi nella sua malattia non sono dottori che hanno piena coscenza della vita che hanno in mano. Io non sono un medico, ma medicina è la cosa che più di tutte mi realizzerebbe nella vita. E come dottore l'idea di lasciare delle vite così a se stesse mi farebbe rivoltare lo stomaco. Prendi la laurea, fai un giuramento. Come puoi non tenerne conto?
volevo scusarmi con te, perchè non ti ho risposto alla mail. la verità è che mi sento un idiota perchè ho fatto tanto la coraggiosa a dire che ne saltavo fuori e adesso me ne sto pentendo. erano bugie, e mi vergognavo a farmi risentire.
scusa.
Caspita se cade a fagiolo questo post!
"So di essere stata piacevole quanto un gatto appeso con le unghie ai coglioni per gli psicoterapeuti che mi hanno avuta in cura."
:)
Una bella gatta da pelare insomma! O meglio: da curare.
Perché complianti o no siamo esseri umani con un problema, un problema bello complicato per cui la nostra capacità di prendere decisioni è del tutto sballata dal sintomo.
E io sono la regina del “parking lot motivation” , adesso so come chiamarla almeno quella cosa per cui tutte le buone intenzioni svaniscono.
Spero anch'io che tutte queste belle riflessioni che hai scritto qui possano trovare la visibilità che meritano, in un libro magari, sarebbe molto interessante!
Ciao, un abbraccio e buona Pasqua :)
Oh, eccomi all'appello.
Direi che sono anche io una paziente non compliante, anche se non sono mai andata a riversare sui medici...agisco direttamente, tanto il fastidio c'è lo stesso.
Anzi, per il nutrizionista c'è eccome il fastidio, forse preferirebbe che lo mandassi affanculo.
Credo che se non fosse per la psicologa e la dietista lui mi avrebbe già lasciata a marcire nell'anoressia.
O almeno, questo è quello che percepisco...
La cosa che non capisco è se lo faccio apposta o no ad essere compliante.
Cioè, più penso che lui mi vuole vedere prendere peso più mi viene la brillante idea di fare di testa mia.
Forse utilizza un metodo sbagliato con me, perchè lui cura solo la parte fisica; ma non prova nemmeno a pensare alla parte psicologica... e io me ne frego del fisico, non mi interessa se avrò le smagliature a furia di perdere peso quando faccio tutto di testa mia e poi riprenderlo per ristabilire l'equilibrio, per rispettare il patto.
Rispetto alla tua risposta nel post precedente (un po' forse ho già accennato nel commento!):
Si, dal punto fisico c'è la sicurezza di arrivare con molte problematiche... ma la parte anressica se ne frega.
Psicologicamente sono sicura che vedo tutto nero, senza sfumatoure. Ed è certamente brutto, ma perlomeno non vengo travolta.
Ok, chiudo qui perchè in questo periodo sto ragionando un po' troppo all'anoressica...
Per il fatto di andarmene di casa... è assolutamente quello che voglio fare. E' il mio obiettivo primario, dopo il liceo.
Non ho disponibilità economica, ma anche se l'avessi non me ne andrei, per ora ovviamente.
Ti spiego perchè:
1) Se avessi soldi sarebbero dei miei genitori, e non troverei giusto dire ''i loro soldi sì ma loro no'', insomma non mi piace l'incoerenza.
2) Se anche fossi in buoni rapporti con i miei, non userei comunque i loro soldi perchè se voglio essere indipendente, me la devo cavare da sola. Forse sono troppo rigida nel pensarla così, e ovviamente ognuno è libero di avere la propria visione dei fatti, ma per come la vedo io, nel momento in cui una persona decide di esplicitare la propria condizione di adulto nel trasferimento in una casa propria, allora credo sia necessaria come prima condizione la completa autonomia, e in essa è compresa quella economica. Poi ripeto, questo è quello che penso io; ovviamente chi si comporta diversamente ha comunque tutto il mio rispetto, ci mancherebbe.
Perciò, in qualsiasi caso possibile me la devo cavare/me la caverei con le mie forze.
Ad agosto parto, andrò a fare l'educatrice in un centro estivo in Emilia; è ufficialmente il mio primo lavoro, e grazie ad esso spero di mettere qualcosa da parte.
Per pagarmi gli studi idem, devo lavorare, per cui pian piano cercherò di guadagnare abbastanza per prendere un monolocale o una stanza in affitto.
Dato i prezzi alti della mia città (dalla quale comunque non voglio separarmi, AMO Genova), sto prendendo anche in considerazione l'idea di dedicare tutto il 2013 a lavoro puro, e poi affiancare ad esso l'università. Per quest'ultima non c'è fretta, per il trasferimento sì.
Tu non solo hai detto una cosa corretta, ossia che mi farebbe bene, ma assolutamente necessaria. Sia psichiatra che psicologa continuano a ripetermi che migliorerebbe la mia condizione in maniera esponenziale.
Spero proprio di farcela. Ma no, onestamente SONO CERTA di farcela. Lo SO. Del resto non è niente di impossibile, e già ora mi sto dando da fare scartabellando giornali e siti internet di agenzie immobiliari, così da vedere di cosa si tratta chiaramente.
Un abbraccio!!!!!! <3
Ps: circa i miei... credimi, non è così. Non è stata la paura a fermarli, ma semplicemente sottovalutano tutto, NON CAPISCONO. E quello che ho riportato non è il solo esempio che potrei fare. Non capiscono, purtroppo. Nemmeno di fronte ad eventi del genere. Per quello è come se io una famiglia non l'avessi, c'è un muro tra di noi.
E in quel frangente se ne sono sbattuti le palle, perchè non comprendevano nulla. Non dico che non mi vogliano bene, perchè è ovvio che sia così, ma non capiscono, e non riusciranno mai a capire. E' come se avessero una patina sugli occhi, che distorce le cose. Per loro io, che me ne sto chiusa tutto il giorno in camera mia, lo faccio perchè sono egoista e menefreghista, non perchè passo il tempo a piangere e a cercare di non essere inghiottita dalle loro urla e tutto il resto. Ho sprecato fiato e lacrime e urla, letteralmente, per far capire loro come stanno le cose. Ma non ci arrivano...
:') ma ora ti ammiro ancora di più. Senza contare che mi fai davvero avere fiducia che posso sbrigarmela in breve tempo, se riesco a trovare un lavoro.
Sei splendida :)
dovrei venire il 9 e il 10 maggio tesoro!
Appena ci danno il programma, ci organizziamo.
<3 <3
i tuoi post sono veri da capo a piede, non c'è nulla da obbiettare.
cavolo, anche questo mi fa arrabbiare, sei inattaccabile, analizzi tutto dettagliatamente, tesi, antitesi, conclusione, sei una forza.
io non sono ancora andata in terapia, nè da uno psicologo nè da un nutrizionista o persone specializzate. sono consapevole di doverlo fare. ma faccio la sorniona con me stessa: finchè nessuno ci fa caso, finchè nessuno comincia a preoccuparsi, finchè nessuno si accorge di nulla, non faccio niente. perchè in fin dei conti mi va bene cosi. mi va bene saltare i pasti ogni volta che ne ho l'occasione. mi va bene mangiare contando le calorie e continuare a dimagrire. prendo in giro me stessa ripetendomi che è "uno stile di vita", ma so benissimo che con questo stile di vita non ci campo. e un giorno dovrò fare qualcosa. perchè tra meno di sei mesi probabilmente me ne andrò di casa, e poi cosa farò? roba che non mangio per settimane senza nemmeno farci caso. è un bel problema. forse se qualcuno mi ci portasse di peso, ora come ora, mi farei curare. ma qualcuno mi ci deve portare per forza, perchè di mia iniziativa, ora, non ci vado, perchè non mi sento ancora in pericolo letteralmente.
prevedo una situazione tragica ma non ci sono ancora arrivata.
"prevenire è meglio che curare" non mi calza a pennello, perchè mi accorgo veramente delle cose solo quando ci sono dentro fino al collo.
sono una persona alquanto stupida.
Quant’è vero ciò che c’è scritto in questo post!!!!!!
Il fatto è che secondo me molto spesso noi veniamo considerate come pazienti “non-complianti”, non perché non si voglia stare meglio o non si voglia impegnarci nella terapia, ma perché è difficile farlo, la bulimia (nel mio caso) non me lo permetteva, soprattutto all’inizio, infatti anche il solo chiedere aiuto è stato difficilissimo. La volontà è contraddittoria nei dca, e perciò è contraddittorio anche il nostro comportamento, che può essere ambivalente, ma questo non significa comunque che dentro di noi non vogliamo migliorare!
I terapeuti non si dovrebbe arrendere al primo tentativo, dovrebbero perseverare, soprattutto quando siamo nelle peggiori difficoltà, perché se ci lasciano lì, allora sì che non ci si riprenderà mai!
Io ho avuto la fortuna di incontrare una psicologa e una nutrizionista (dalle quali sono in cura tutt’ora) che sono state ESTREMAMENTE pazienti nei miei confronti, anche quando io piangevo e dicevo che era tutto inutile e che non ce la potevo fare, loro hanno avuto la costanza di starmi vicine e non mi hanno ulteriormente scoraggiato. Se non fosse stato così, non credo proprio che ce l’avrei fatta, invece se adesso sto meglio è grazie all’aiuto che hanno saputo darmi, non solo come professioniste, ma anche da un punto di vista proprio umano.
Non avrei mai pensato che esistesse una parola per definire un paziente che non partecipa alla terapia. Analizzare il problema con tanta specificità di sicuro aiuta a conoscerlo e ad affrontalo con più cognizione di causa.
PS: già che ci sono, ti auguro anche Buona Pasquetta!! :-)
Cara Veggie,ti scrivo sotto questo post perchè è il più recente e perchè spero tu possa leggere il mio commento.Ti stimo molto,sembri una ragazza molto determinata e realista,e molte delle cose che hai scritto mi hanno toccato nel profondo.Sono una ragazza di 17 anni con un BMI uguale a 16,19.Soffro di disturbi alimentari da luglio 2011,anche se è negli ultimi 6 mesi che mi é stata diagnosticata e riconosciuta dai miei.la mia non so se è vera e propria anoressia,perchè io mangio,sono obbligata a mangiare piatti stra colmi da mia madre,a tavola il mio piattone è sempre il mio quello a essere fatto e servito al mio posto e devo dire che qst cosa mi mette ansia e sconforto.Il problema è che è da Novembre che mia madre si ostina a farmi mangiare così e io sono costretta a mangiare quello ch lei mi mette nel piatto,a volte rimanendo è vero,a controllare e a nn concedermi mai uno sgarro con i miei amici..che si stanno dissolvendo smp di più...ebbene,in 6 mesi nn ho messo su neanche un kg,la bilancia è ferma a 46 kg.Da dicembre ho iniziato delle sedute di psicoterapia con i miei.A volte sembra faccio passi in avanti, a volte regredisco e torno indietro,anche peggio di prima.il dottore mi ha fatto fare un test sull'ansia e ho come risultato 10/10...a 17 anni...a volte ho attacchi di panico,ansia che mi consumano,come dici tu "la volontà è contraddittoria"...mentre prima volevo solo non mangiare e perdere peso,ora sono in costante lotta tra la mia necessità e speranza di ingrassare, e la paura di abbandonare questo corpo malato che mi appartiene da trpp tempo..il dottore ha detto che devo recuperare 3/4 kg, i kg che necessito x l'arrivo del ciclo mestruale,scomparso da 8 mesi...fino a 48 kg e mezzo l'ho avuto dopodicchè è sparito..anche i miei hanno come unica pretesa che mi ritorni il ciclo,ma io sono tormentata dalla paura che la mia mente distorta percepisca quel corpo come "troppo" e sarei costretta a vivere nella costante ansia di ingrassare.A pasquetta si è verificato un'episodio che mi ha aperto x un pò la speranza di potere uscire da questo tremendo meccanismo..ero sola e ho ceduto a prendere un pezzetto di cioccolata...poi ne ho presi altri 2 o 3 pezzetti di mia spontanea volontà,senza essere osservata dall'occhio critico dei miei...mi sono sentita inizialmente forte e fiduciosa nelle mie capacità,mi ero aperta un piccolo spiraglio..ora temo che mi sto negando la possibilità di guarigione,perchè l'angoscia mi perseguita ancora a tavola,ma sto cercando di scacciare i miei pensieri ossessivi,anche se si ripresentano spesso...è u
n
primo passo?è "normale" x una ragazza nelle mie condizioni?cosa mi consigli di fare? Attendo con ansia una tua risposta e un tuo consiglio mi sarebbe davvero d'aiuto perchè ti reputo una ragazza forte.Grazie in anticipo :)
@ Jonny – Se hai avuto delle esperienze negative, posso capire che tu sia sfiduciata… Ma non si può fare di tutta l’erba un fascio… e questo è vero tanto per le pazienti quanto per i medici… non sono tutti come dici tu. Ce ne sono anche di migliori. Ma bisogna avere la pazienza di cercarli… e non partire con i preconcetti (“ah, tanto sono tutti stronzi uguali!”) o con il piede sbagliato… ma concedere il beneficio del dubbio… E’ vero, anche i medici sbagliano. Sbagliano ad appiccicare etichette, sbagliano a tirarsi indietro quando il gioco si fa duro… è molto umano, certo, ciò non toglie che sia comunque scorretto… ma è umano. E quei medici che ti hanno scaricata io credo avessero tanta paura quanta ne hai avuta tu… forse eravate più vicini di quanto vorresti credere…
@ Bianca – No, non ho mai pubblicato articoli su riviste scientifiche… però ne leggo diverse, ed effettivamente, ammetto che una pubblicazione su una di esse è una cosa che mi piacerebbe fare!... Chissà, magari in futuro avrò miglior fortuna… ^^” Grazie a te per le tue parole, mi fa sempre tanto piacere leggerti… Ti abbraccio forte…
@ justvicky – Faccio una ola alla tua psic, la stimo!... Non importa se è un ricatto (che poi, secondo me, neanche lo è, perché non ti ha obbligata a niente…), quel che importa è che lei ha coscienza del fatto che possiate fare insieme un lavoro su di te… e che c’è bisogno della collaborazione e dell’aiuto di tutte e 2 per fare un lavoretto fatto bene… Tieni duro anche tu, vicky… Poi, lo sai, se tutto va bene io sarò medico tra non più di un anno e mezzo… e anche a me sembrerebbe assurdo l’abbandonare una paziente a se stessa. Ma non perché avrò una laurea, non perché farò un giuramento… bensì perché sono una persona umana.
P.S.= Non ti preoccupare per la mail, prenditi tutto il tempo di cui senti di aver bisogno per rispondermi, non c’è nessuna fretta… Ma soprattutto, una cosa: non ti devi mai vergognare con me, mai. Perché lungi da me il giudicarti. Stiamo combattendo, facciamolo insieme perché ci possiamo dare una mano. Semplicemente questo.
@ Musidora – “So di essere stata piacevole etc…” – questa è la versione soft per blog letto anche da minorenni… ^^” Scherzi a parte, hai ragione: siamo persone che hanno un problema, un problema complicato, un problema difficile da trattare… e le cose difficile fanno venir voglia di gettare la spugna da parte dei terapeuti, inutile negarlo, è così, perché anche loro sono umani e quello che non son capaci di affrontare gli fa paura… Soprattutto perché anche noi siamo in un momento in cui la malattia ha la meglio sulla nostra capacità di raziocinio… e questo complica ulteriormente le cose. Ma io credo che se si lavora insieme, paziente + terapeuta, sia possibile fare passi avanti… Ti abbraccio forte forte…
@ Sonia – Il riversare o meno sui medici è una questione di carattere… poi quello che conta è quello che teniamo dentro, in fondo. E il modo in cui si rapportano con noi le persone che ci hanno in cura. Io non credo che nessuno lo faccia apposta a essere “non compliante”… nessuno si farebbe del male volontariamente, sapendo che è un male… è la malattia stessa che ti rende “non compliante”. Tu non devi pensare a quello che vuole il nutrizionista. Anche perché, non sei nella sua testa: quindi quello che vuole, quello che pensa veramente, tu non lo sai. Puoi fare supposizioni, puoi farti film mentali, ma in realtà non lo saprai mai… a meno che tu non glielo chieda. Ecco, secondo me, se c’è qualcosa di quest’uomo che non ti va, tu dovresti parlargliene esplicitamente, riferirgli quello che credi lui possa pensare… così, parlandone apertamente, eviterai di cadere in certi trucchetti che ti tende solo la tua mente.
P.S.= Lo so benissimo quanto la parte anoressica se ne freghi delle problematiche fisiche… tant’è che io ora ne ho un sacco e una sporta, di problematiche fisiche, a dimostrazione di quanto me ne sono fregata. Ecco, è questo il messaggio che vorrei passarti (e passare, più in generale): che a prescindere da quello che pensa (che ci fa pensare) la nostra parte anoressica, le problematiche fisiche vengono. E restano. Perciò, non ti far fregare: almeno tu che sei in tempo, gioca d’anticipo…Ti abbraccio stretta…
@ Mary Jane – Sono assolutamente convinta del fatto che tu possa farcela. Appoggio quello che dici: anche secondo me per prendere un appartamento, o comunque una stanza in affitto, ci vuole indipendenza da un punto di vista economico… Anch’io ho fatto così: quando ho cominciato a vivere da sola (dopo aver finito le scuole superiori) è perché lavoravo (e lavoro tuttora) come allenatrice ed arbitro di karate, e questo mi ha permesso di avere la mia indipendenza economica… Io credo davvero che valga la pena di fare un tentativo di cambiare le cose se senti che ora come ora la situazione attuale non va e ti blocca anche nel cercare di apportare dei miglioramenti… se poi non vanno comunque, c’è tutto il modo per tornare indietro… o per fare una scelta di tipo comunque diverso… Se invece vanno meglio… bè, abbiamo trovato una via. Ti stringo forte…
P.S.= Assolutamente sì!... Comincia già da adesso a spulciare le offerte lavorative possibili nella tua zona, e magari offriti (se pensi che faccia per te) di dare ripetizioni o di fare la baby-sitter… secondo me già questo può essere un inizio di indipendenza economica!...
@ Ef – Non vedo l’ora, io ci sono!... Fammi sapere notizie più nello specifico, allora, managi anche tramite e-mail all’indirizzo: veggie.any@gmail.com
@ Marceline – No, Marceline, non sei stupida, non dirlo nemmeno per scherzo, non lo sei affatto… sei malata. E, perciò, i tuoi discorsi sono quelli di una persona malata, ma tutt’altro che stupida… T’invito comunque a leggere questo mio post: http://anoressiabulimiaafterdark.blogspot.it/2011/03/chiedere-aiuto.html
Penso che esso, più di mille parole che potrei scriverti adesso, possa rispondere a pieno a questo tuo commento… Ti abbraccio stretta…
@ Wolfie – Hai avuto fortuna ad incontrare una psicologa e una nutrizionista così… purtroppo non tutte hanno la stessa fortuna (e, come non mi stancherò mai di ripetere, se non vi siete trovate bene, cambiate, cambiate sempre, ma non vi arrendete…), e c’è chi capita da medici non troppo professionali… E’ normale che un DCA sia contraddittorio, credo che l’anoressia e la bulimia siano in sé le malattie della contraddizione… Ma col tempo – se il supporto medico è adeguato – possiamo comunque fare tutte dei passi avanti…
@ Vele/Ivy – Quella parola l’ho conosciuta anch’io relativamente tardi tramite un mio professore di Farmacologia… e trovo che calzi a pennello anche per descrivere questa situazione relativa ai DCA… E penso che affrontare i problemi con cognizione di causa sia il modo più giusto per poterli risolvere…
@ Gio – Ciao Gio, benvenuta!... Grazie per aver lasciato qui il tuo commento!... Penso che tu faccia benissimo a seguire una psicoterapia con i tuoi genitori, e credo che potrebbe esserti utile anche fare (se non la stai già facendo) psicoterapia individuale. In quanto al discorso più prettamente alimentare, penso che faresti bene a consultare un dietista o un nutrizionista: in questo modo, da una parte sarai medicalmente controllata per valutare il tuo metabolismo, la tua funzione tiroidea, e più in generale tutti quei fattori che possono determinare oscillazioni del tuo peso, e dall’altra non dovrai più mangiare quello che ti dicono i tuoi genitori e che, mi sembra di capire, ti mette ansia, ma avrai un piano alimentare personalizzato fatto da un dietista competente ed esperto in materia. In questo modo, potrai riprendere i chili che ti servono in maniera molto graduale, che quasi non te ne accorgerai, e credo che un cosa di questo tipo possa far abbassare l’ansia, piuttosto che l’idea di dover riprendere peso velocemente e in maniera sbagliata. Il mio consiglio, in queste situazioni, è sempre di affidarsi a dei professionisti, sia nel campo dell’alimentazione, sia nel campo della psicoterapia, perché solo in questo modo puoi essere guidata nella giusta direzione… Inoltre, con queste persone potrai parlare delle ansie e delle difficoltà che ti attanagliano, e insieme a loro potrai elaborare delle “strategie” che possano servirti a stare meglio sotto ogni punto di vista. È normale che inizialmente ci siano delle “resistenze interiori” ad intraprendere un percorso di lotta contro un DCA… ed è proprio per questo che, secondo me, è importante agire tempestivamente sia sul versante psicoterapeutico che su quello alimentare… in maniera tale da potersi dare da fare in maniera concreta. Ti faccio un enorme in bocca al lupo per il tuo percorso… Spero di rileggerti presto... Un abbraccio forte…
Cara Veggie,ti ringrazio per la tua risposta.Si sto facendo già sedute di psicoterapia individuale e a detta del mio psicologo un passo per volta,piano piano posso uscirne..Quello che dici,per quanto riguarda il nutrizionista,è un ipotesi che al momento vorrei escludere,più che altro vorrei cercare di "amare" più il cibo.Sicuramente prenderò quest'ipotesi in considerazione se tra un paio di mesi le mestruazioni nn compariranno,ma vedi,per me è già dura quest'obbiettivo da raggiungere (i 49 kg per le mestruazioni) non voglio che un nutrizionista non lo veda come un peso ideale ma veda invece come mio peso forma 54 kg ad esempio...a 49 kg io mi sentivo bene e in forma...sto tentando con tutto il cuore di recuperare questi 3 kg,davvero.sto cercando di controllarmi di meno,ho imparato ad accettare la mia statura(i miei 1.68 cm) e ho una piccola speranza nelle mie capacità di recupero.Ho visto i tuoi video,quelli dove parlavi dell'anoressia "dentro",quel desiderio di essere magrissima che non riusciva ad abbandonarti anche se apparentemente sembravi stare meglio...sapere che sei riuscita a sradicare questa orribile insicurezza dalla tua mente mi conforta non sai quanto,davvero.Spero che la mia mente smetta di essere sempre allerta,di farmi mille paranoie su chi e cosa mi offrirà da mangiare e di come trovare metodi x evitarlo..non dover osservare il fisico delle altre ragazze e giudicarlo nella mia mente..è difficile ma è quello che spero con tutto il cuore.Grazie x le tue parole,per il tuo blog e per la tua risposta.Spero che tutte queste paure e insicurezze che mi hanno rovinato l'adolescenza svaniscano e mi facciano ritornare serena e bella come una volta...lo spero con tutto il cuore...ma ho paura,tanta paura che questo sperare continuerà a lungo senza mai concretizzarsi...io non voglio sfiorire così...perdonami x i miei pensieri senza nessun nesso logico..Ti auguro tutta la felicità di questo mondo,te la meriti..ho tanta voglia di parlare con te..ti abbraccio
@ Gio – Purtroppo ci vuole molto tempo, questo è vero… ma non devi mai, assolutamente abbandonare la speranza… perché è quella che continuerà a guidare la tua forza di volontà e, con essa, la tua possibilità di fare progressi… Leggo che da un punto di vista psicologico sei ben seguita, e questa secondo me è una cosa davvero importante… Cerca di sfruttare a pieno questa psicoterapia, perché secondo me può darti davvero delle chiavi per riuscire ad affrontare meglio la tua malattia e tutte le sensazioni che ne conseguono… In quanto all’essere seguita da un nutrizionista/dietista, ti consiglio semplicemente di parlarne magari con il tuo psicoterapeuta e vedere cosa ne pensa anche lui, cosa crede sia meglio fare nella tua situazione, perché conoscendoti e conoscendo i tuoi problemi, lui è certamente la persona più adatta per darti il giusto indirizzo… Inoltre: dove sta scritto che tu debba essere per forza 54 Kg? Un nutrizionista che si ponte come obiettivo meramente il peso, secondo me è una persona che non sa fare il suo lavoro… l’obiettivo di un nutrizionista, invece, dev’essere quello di ri-educare a mangiare in maniera sana, in modo tale da raggiungere una situazione fisica sana, a prescindere dal numerino in sé… La “mia” dietista ha sempre fatto così, ha sempre mirato più alla salute che al peso… Ovviamente il peso è importante, una non è che può essere in salute se è gravemente sottopeso, ovviamente, ma non devono essere posti secondo me obiettivi fissi in fatto di peso, ma solo valutare, caso per caso, quella che è la condizione fisiologica e di salute della persona nella fattispecie…
Grazie per la risposta..Comunque si è vero il peso in sè è solo un numero opinabile,infatti il mio psicoterapeuta individua come mio peso "forma" il peso in cui posso definirmi in salute,ergo l'avere il ciclo mestruale,poi posso considerarmi "sana" da qst punto di vista...in realtà è vero,queste sedute settimanali mi sono di grande aiuto,perchè ho capito che la vocina che sento nella mia testa che vuole opporsi al mettere peso e escogita piani subdoli per nn mangiare o mangiare meno nn è la mia volontà,non è la vera me,quella che qualche settimana fa credevo mia è una falsa voce che viene fuori dal mio volere e che nn mi appartiene,anzi è comune a molte..devo dire che sto facendo dei piccoli passi in avanti..ieri ero sola a casa ho strafogato mezza vaschetta di gelato alla nocciola perchè ero nervosa e affamata ed era da tanto che nn facevo una cosa del genere,un anno almeno..a volte prendo coscienza di quello che sono diventata,e anche gli altri me lo ricordano..solo oggi,a scuola, un mio compagno mi ha chiamato mazzo di scopa, un altro mi ha detto "ora vai a casa a mangiare vai" la bidella mi ha detto "vuoi un panino con la mortadella?attenzione dovresti ingrassare"...nn so se puoi capirmi ma è angosciante e bruttissimo...ma nn fanno altro che notare quello che sono diventata e sembra assurdo,ma anche questo mi da la forza di provare a cambiarmi...e a svegliarmi...anche se è molto dura abbandonare tt questo , e di punto in bianco darsi una mossa,pensare "io non ci sto",altrimenti nn sarei qui a leggerti e commentarti..spero tutto si aggiusti,che l'ansia e la frustrazione spariscano...voglio vivere,altrimenti mi toccherà morire..nn ce la faccio più a stare in questo stato di transizione,tra scelta e paura di vivere e voglia di morire ..Ti abbraccio fortissimo.
Gio.
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