venerdì 1 giugno 2012
"Come se non avessi altre alternative"
Mi sono imbattuta in questa storia leggendo su Internet un articolo tratto dall’ “UK’s Daily Mail”, quando ho notato un pezzo intitolato: “Ashley’s mother told her she wasn’t welcome at home while she was anorexic” (“La madre di Ashley le ha detto che non sarebbe stata la benvenuta a casa fintanto che fosse rimasta anoressica”), e questo mi ha dato veramente di che pensare. Il nocciolo dell’articolo è che la madre di Ashley le dice che la sua anoressia non accettata nella sua casa. La madre di Ashley dice che non ne può più, e che le ha provate tutte e non sa più che fare con la figlia. La maggior parte dei commenti lasciati da altri lettori in merito a quest’articolo sono per lo più accuse nei confronti di questa madre che viene etichettata come un “mostro”, come una che non si cura del fatto che sia figlia abbia una malattia mentale, e così via. Ma non è questo che personalmente m’interessa. Quello che mi ha colpita è stata sopratto la risposta di Ashley all’ultimatum postole dalla madre.
Sebbene con le parole della madre che le rimbombavano in testa, sebbene circondata da amici preoccupati per la sua eccessiva magrezza, e sebbene abbia deciso di ricoverarsi in una clinica specializzata in DCA, Ashley afferma comunque:
“Non riesco a capire come sia possibile vivere altrimenti, senza l’anoressia. Mi sento come se non avessi altre alternative”.
Ed è stata proprio quell’ultima frase, “Mi sento come se non avessi altre alternative”, che mi ha particolarmente colpita. Questo perché penso che sentirsi alle strette, avere la sensazione di non avere altre alternative all’anoressia, sia proprio ciò che spinge ad intraprendere un percorso di ricovero: io ho iniziato a combattere seriamente solo quando mi sono accorta che non avevo più nulla da perdere, proprio perché si era presa tutto l’anoressia. Studio, lavoro, sport, hobby… tutto risucchiato nel vortice dell’ossessione. L’anoressia non aveva mantenuto le sue promesse: non mi aveva dato tutto quello che cercavo e che mi sembrava con lei avrei potuto ottenere. Soprattutto, sapevo che veramente non c’era più niente da perdere, ma proprio più niente. Negli anni precedenti, fintanto che mi sembrava di avere comunque qualcosa, fintanto che m’illudevo che l’anoressia mi fornisse ancora uno spiraglio per respirare, non riuscivo a combattere davvero. In certi momenti riuscivo più o meno a seguire l’ “equilibrio alimentare”, ma dopo poco avevo inevitabili ricadute verso la restrizione alimentare, e conseguenti perdite di peso. Sono stata ricoverata, ho fatto day-hospital, psicoterapia su psicoterapia, incontri con la dietista ogni settimana, strategie di auto-aiuto reperite sui libri o su Internet… ma niente era duraturo. Prima o poi finivo sempre per ricadere nell’anoressia. Perché pensavo comunque, dentro di me, di averci qualcosa da guadagnare. Ci sono stati momenti in cui ero stufa di tutto il tran-tran medico, momenti in cui mi sono chiesta se non fosse meglio abbracciare l’anoressia e mandare a puttane tutto il resto, momenti in cui l’ho fatto. Ma alla fine, la realizzazione che ha fermato la mia rovinosa caduta e che mi ha permesso di virare verso la strada del ricovero è stato il fatto che mi sono resa conto che non potevo avere sia la vita che avrei voluto, sia l’anoressia. Che non avevo più nulla da perdere. Che ormai l’anoressia l’avevo vissuta fino in fondo, e che non mi avrebbe mai dato la vita che avrei voluto.
Nel Maggio del 2008, le mie possibilità erano veramente limitate: continuare la strada dell’anoressia fino a morirne, o intraprendere seriamente la strada del ricovero e provare a metterci una pezza.
Il coraggio di fare una scelta. Il coraggio di scegliere fra le alternative.
Mi ricordo che inizialmente il mio “equilibrio alimentare” prevedeva, per lo spuntino di metà mattina, succo di frutta alla pera, all'albicocca o alla pesca. Potevo scegliere. Se non facevo nessuna scelta, dovevo chiudere gli occhi, afferrarne a caso uno dal frigorifero e berlo, qualsiasi fosse stato il suo gusto. Così, ho cominciato a fare delle scelte. Il mio percorso di ricovero è stato, ed è tuttora, in un certo senso, estremamente simile: una scelta tra le alternative. Cosa mi era rimasto? Niente. Perchè l’anoressia si era già portata via tutto. Non era rimasto niente, tranne la possibilità di rialzarmi e riprendere in mano la mia vita. Non era rimasto niente, tranne il coraggio di fare una scelta. Per me stessa, e non più contro me stessa.
Questa non è stata la lampadina che si accende, la rivelazione, l’epifania, il momento “Eureka!”. In effetti, non me ne sono resa conto per molto tempo. Dopo la spinta iniziale, ho comunque dovuto affrontare momenti difficili durante il mio percorso di ricovero, e a tutt’oggi parte delle difficoltà permangono. Ci sono stati periodi in cui mi sentivo scoraggiata e demoralizzata: mi sembrava di aver fallito su entrambi i fronti, tanto quello della vita quanto quello dell’anoressia. Non ero stata capace di morire, ma adesso non ero nemmeno capace di vivere. Eppure, la sensazione di non avere più niente da perdere è quella che mi ha sempre spinto a fare un passo in avanti.
La cosa ironica è che la scarsità di alternative cui sono stata posta a fronte, mi ha successivamente aperto tante nuove alternative. Ho deciso di aprire questo blog, ho deciso di mettere video su YouTube, di condividere pensieri positivi su Twitter, di tornare a studiare, a lavorare, a fare sport, a coltivare i miei hobby ed i miei interessi. E, soprattutto, mi ha permesso di vedere che è possibile vivere anche senza la costante presenza dell’anoressia. Anzi, è possibile vivere SOLO senza la costante presenza dell’anoressia.
Sebbene con le parole della madre che le rimbombavano in testa, sebbene circondata da amici preoccupati per la sua eccessiva magrezza, e sebbene abbia deciso di ricoverarsi in una clinica specializzata in DCA, Ashley afferma comunque:
“Non riesco a capire come sia possibile vivere altrimenti, senza l’anoressia. Mi sento come se non avessi altre alternative”.
Ed è stata proprio quell’ultima frase, “Mi sento come se non avessi altre alternative”, che mi ha particolarmente colpita. Questo perché penso che sentirsi alle strette, avere la sensazione di non avere altre alternative all’anoressia, sia proprio ciò che spinge ad intraprendere un percorso di ricovero: io ho iniziato a combattere seriamente solo quando mi sono accorta che non avevo più nulla da perdere, proprio perché si era presa tutto l’anoressia. Studio, lavoro, sport, hobby… tutto risucchiato nel vortice dell’ossessione. L’anoressia non aveva mantenuto le sue promesse: non mi aveva dato tutto quello che cercavo e che mi sembrava con lei avrei potuto ottenere. Soprattutto, sapevo che veramente non c’era più niente da perdere, ma proprio più niente. Negli anni precedenti, fintanto che mi sembrava di avere comunque qualcosa, fintanto che m’illudevo che l’anoressia mi fornisse ancora uno spiraglio per respirare, non riuscivo a combattere davvero. In certi momenti riuscivo più o meno a seguire l’ “equilibrio alimentare”, ma dopo poco avevo inevitabili ricadute verso la restrizione alimentare, e conseguenti perdite di peso. Sono stata ricoverata, ho fatto day-hospital, psicoterapia su psicoterapia, incontri con la dietista ogni settimana, strategie di auto-aiuto reperite sui libri o su Internet… ma niente era duraturo. Prima o poi finivo sempre per ricadere nell’anoressia. Perché pensavo comunque, dentro di me, di averci qualcosa da guadagnare. Ci sono stati momenti in cui ero stufa di tutto il tran-tran medico, momenti in cui mi sono chiesta se non fosse meglio abbracciare l’anoressia e mandare a puttane tutto il resto, momenti in cui l’ho fatto. Ma alla fine, la realizzazione che ha fermato la mia rovinosa caduta e che mi ha permesso di virare verso la strada del ricovero è stato il fatto che mi sono resa conto che non potevo avere sia la vita che avrei voluto, sia l’anoressia. Che non avevo più nulla da perdere. Che ormai l’anoressia l’avevo vissuta fino in fondo, e che non mi avrebbe mai dato la vita che avrei voluto.
Nel Maggio del 2008, le mie possibilità erano veramente limitate: continuare la strada dell’anoressia fino a morirne, o intraprendere seriamente la strada del ricovero e provare a metterci una pezza.
Il coraggio di fare una scelta. Il coraggio di scegliere fra le alternative.
Mi ricordo che inizialmente il mio “equilibrio alimentare” prevedeva, per lo spuntino di metà mattina, succo di frutta alla pera, all'albicocca o alla pesca. Potevo scegliere. Se non facevo nessuna scelta, dovevo chiudere gli occhi, afferrarne a caso uno dal frigorifero e berlo, qualsiasi fosse stato il suo gusto. Così, ho cominciato a fare delle scelte. Il mio percorso di ricovero è stato, ed è tuttora, in un certo senso, estremamente simile: una scelta tra le alternative. Cosa mi era rimasto? Niente. Perchè l’anoressia si era già portata via tutto. Non era rimasto niente, tranne la possibilità di rialzarmi e riprendere in mano la mia vita. Non era rimasto niente, tranne il coraggio di fare una scelta. Per me stessa, e non più contro me stessa.
Questa non è stata la lampadina che si accende, la rivelazione, l’epifania, il momento “Eureka!”. In effetti, non me ne sono resa conto per molto tempo. Dopo la spinta iniziale, ho comunque dovuto affrontare momenti difficili durante il mio percorso di ricovero, e a tutt’oggi parte delle difficoltà permangono. Ci sono stati periodi in cui mi sentivo scoraggiata e demoralizzata: mi sembrava di aver fallito su entrambi i fronti, tanto quello della vita quanto quello dell’anoressia. Non ero stata capace di morire, ma adesso non ero nemmeno capace di vivere. Eppure, la sensazione di non avere più niente da perdere è quella che mi ha sempre spinto a fare un passo in avanti.
La cosa ironica è che la scarsità di alternative cui sono stata posta a fronte, mi ha successivamente aperto tante nuove alternative. Ho deciso di aprire questo blog, ho deciso di mettere video su YouTube, di condividere pensieri positivi su Twitter, di tornare a studiare, a lavorare, a fare sport, a coltivare i miei hobby ed i miei interessi. E, soprattutto, mi ha permesso di vedere che è possibile vivere anche senza la costante presenza dell’anoressia. Anzi, è possibile vivere SOLO senza la costante presenza dell’anoressia.
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21 commenti:
Ashley sono io, e sua madre è la mia.
Cazzo, uguale identica spiccicata. Se non fosse che io sono italiana, avrei detto che quell’articolo era stato scritto sulla sottoscritta.
Solo che, dalle mie parti, tutti han dato ragione a mia mamma, e io mi sono tolta di culo.
Vabbè, acqua passata, chi se ne fotte.
Anche nella risposta di Ashley mi vedo. E penso che sia, sì, effettivamente in gran parte dovuto al fatto che, in fin dei conti, sento che avrei ancora qualcosa da perdere se mollassi del tutto questa cazzo di anoressia. Quantomeno, una giustificazione. Poiché altresì non poter far altro che ammettere che ho mandato a puttane tutta la mia vita dai 14 anni in poi, prima con le altre stronzate, poi con la cazzutissima anoressia. E, no, questo non sono disposta ancora ad ammetterlo del tutto.
Altra cosa: il filling. Che cazzo ci metto dentro, se tolgo del tutto l’anoressia? Perché dopo così tanti anni in cui mi sono persa un fottio di cose, non ci riesco a riannodare il filo e a ritrovarmi in un età che non mi sento con un enorme fottutissimo gap in mezzo. Non me lo ricordo nemmeno come diamine era, prima che tutta questa follia avesse inizio. E figuriamoci se so come cazzo dovrebbe essere adesso.
Cionnonostante, non sono più dov’ero prima. Di certo ho fatto passi avanti. Ma c’è questo schifosissimo cordone ombelicale che mi lega alla maledetta anoressia e che non riesco, cazzo, non riesco ancora a tagliare. (Ma forse solo perché ancora non voglio del tutto farlo. Perché ho passato una vita a cercare di trovare uno strafottuto modo per uscire dalla mia cazzo di mediocrità. E non sono ancora disposta ad ammettere che, invece, l’unico modo per non essere una malattia ambulante è proprio questa mediocrità che tanto detesto.)
Comunque, non riesco ancora.
“Ancora” non è “mai”.
Jonny
Mi associo a Jonny ed ammetto che anche quando non avevo più niente da perdere ho tentennato parecchio. Mi sono bruciata ben 15 anni della mia vita dietro la malattia, non ricordo nulla, ho un buco grande 15 anni, e quando la mia psicologa diceva che si può colmare non ci credevo, ma un po' lo speravo. E per una volta, per la prima volta nella mia vita, mi sono data un'opportunità, mi sono concessa l'opportunità di provare a vivere senza malattia.
Non è stato facile, e non lo è ancora oggi dopo 5 anni da quel giorno, ma quel buco si è un po' colmato e sicuramente non potrò mai recuperare il tempo perso, non potrò mai più fare le cose che fanno le 18enni, ma posso fare le cose che fanno le 35enni, posso vivre la mia età ed io non voglio sprecare più neanche un giorno di vita.
Mai più.
''Anzi, è possibile vivere SOLO senza la costante presenza dell’anoressia.''
e come sempre scambia la parola ''anoressia'' con ''depressione''.
è assolutamente vero.
possiamo vivere solo senza i nostri mostri che ci divorano e privano di linfa, indipendentemente che essi siano anoressia, depressione o altro.
"Non ero stata capace di morire, ma adesso neanche di vivere".
Ecco come mi sento!
Giorni (o meglio periodi) in cui vorrei solo mollare tutto e in cui mi pento di aver iniziato questo percorso senza ribellarmi a nulla, altri periodi migliori.
Ma l'anoressia è lì, pronta a dirmi che non è vero che si perde tutto, che la soluzione è lei.
Ma cazzo, l'anoressia ha preso la mia vita, l'ha fatta a brandelli e l'ha gettata nella corrente, prendendo il suo posto.
Ed è logico che non vediamo altra alternativa che restare in questo tunnel che all'apparenza è accogliente ma in realtà è solo un tunnel di vetri e spilli che ti pungono addosso costantemente.
è una gabbia d'oro finto.
Non abbiamo più niente e rinneghiamo ciò che avevamo, nessun'altra scelta al di fuori dell'ossessione.
Ma è questo ciò che vogliamo e meritiamo??!!
Io per fortuna vengo da una situazione decisamente differente, nel senso che i miei genitori, dopo l’ovvio ed inevitabile shock iniziale di quando hanno scoperto della mia bulimia e non volevano crederci, si sono comportati in maniera molto positiva nei miei confronti: mi hanno sostenuta ed incoraggiata, ed hanno cercato di darmi una mano, magari non sempre nel modo in cui io avrei voluto, ma sicuramente cercando di fare del loro meglio.
Quindi, per me, leggere cose come quelle che ha detto la madre di Ashley, o anche il commento di Jonny, mi sembra un qualcosa di abbastanza fuori dal mondo. Non voglio risultare offensiva per nessuno, non fraintendetemi, quel che voglio dire è soltanto che mi sembra davvero allucinante che dei genitori, delle madri, possano dire alla propria figlia che non è accetta se ha un dca. Dire una cosa del genere è come dire che l’identità di quella persona è definita dal dca, cosa che non è assolutamente vera, e quindi rifiutare il dca è come rifiutare la persona. Secondo me è bruttissimo. Fa stare male in una situazione in cui già stiamo male di nostro, e non è per niente d’aiuto. Bisognerebbe che i genitori (come chiunque, del resto) acquisissero più consapevolezza su ciò che un dca è e comporta.
A parte questo, anch’io penso che sia importante, quando la sola alternativa di vita ci sembra essere il dca, provare a darsi nuove possibilità e a cercare di riempire il tempo prima dedicato a pensieri ossessivi con attività più positive, che ci possano piacere ed interessare. Fino a che si rimane fissate sul solito circolino di pensieri malati, non si riescono veramente a fare passi avanti: per farli è necessario “distrarsi”, ovvero lasciare che la vita, quella che c’è al difuori del dca fluisca in noi, dedicandoci a cosa diverse, magari all’inizio sforzandoci e forzandoci, ma a forza di fare così le cose diventano sempre più naturali e sempre meno forzate, e ci accorgiamo che ci piacciono davvero, e molto più del dca. Questa almeno è stata la mia esperienza.
Non è per nulla facile, ma col tempo e con la volontà è possibile. Scegliere è sempre difficile, perché pone di fronte alla possibilità che, come si fa una scelta, si può commettere anche un errore nel fare quella scelta stessa. Però si può anche fare la scelta giusta, quella che ci aiuta veramente. È per questo che non dobbiamo mai tirarci indietro di fronte alla possibilità di scegliere, ma fare sempre un tentativo: è il solo modo che abbiamo per costruire la nostra vita al dilà del dca.
esattamente veggie! e io oggi volevo proprio prendere una mega pausa in autogrill! :) anche perchè di sfoghi non ne ho, quindi o mi abbuffo o mi taglio... ed è sicuramente meglio la prima! un abbraccio forte <3
no tesoro guarda che intendevo proprio quello, x me l'amore è l'accettarsi. la guarigione so che è un qualcosa che devi guadagnarti è difficile...(almeno x me in questo momento)
l'amore è l'avere finalmente rispetto di sè stesse perché in generale in tutti i dca che rispetto hai di te stessa se ti ammazzi ??
nell'anoressia + che negli altri disturbi, te ne accorgi meno.
perché con QUEL tuo corpo ti senti forte(nel nostro modo contorto intendo), ti piacciono le "tue ossa", i tuoi giri mentali e molte volte come tu scrivi cerchiamo soluzioni x tamponare la situazione ma non risolve...
io lo sto facendo da un pò xché ho l'ultimo anno di liceo nn volevo essere respinta dinuovo e spero di finire il meglio che mi riesce=(
quella mamma non dico che la giustifico però a volte mi chiedo(e MI COSTA DIRLO !!) cosa farei io con una come me?=( sono tre anni e passa che sono un entra esci dalle visite, le cliniche e tutto=(
non è facile nemmeno x loro...
in ospedale ho visto famiglie invidiabili altro che la mia... eppure le loro figlie erano le mie compagne di stanza!!=(
non dipende solo dalla famiglia e comunque la malattia anche i tuoi affetti li rovina. non solo il resto...
grazie di essere passata <3
A volte non si vedono alternative perché non si hanno gli occhi per guardarle. A volte è necessario un percorso, a volte occorre una "sveglia" però quando ci si accorge che lo sguardo si sta ampliando, che va oltre l'anoressia e la bulimia (paragonabili a dei paraocchi) allora si possono vedere o anche intuire le alternative.
Come non condividere ogni singola parola del tuo post? E capisco anche la disperazione di una mamma che, vedendo una figlia che non combatte contro la sua malattia, mette alla prova l'amore della figlia nei suoi confronti, dandole una sorta di ultimatum "o la malattia o me". Ma non basta. La forza la si deve trovare dentro se stessi, sempre.
Anche io avrei detto quelle parole un tempo. Ora, come te, riesco a dire che potrò VIVERE solo quando uscirò dall'anoressia. Perchè, anche a me, lei ha tolto tutto e mi ha lasciato solo vuoto.
Grazie del post, è una bella botta di carica!E grazie anche dei tuoi commenti...=)
Mi ha colpito ciò che hai scritto,riguardo alle alternative.
Spesso non vediamo altre strade da percorrere,ci indirizziamo verso l'unica via che ci sembra percorribile.Solo alla fine,ci rendiamo conto,che non ha sbocchi,che non porta da nessuna parte.
"E' incredibile quanto diventi sicura di te stessa se non hai più niente da perdere".
- C. Palahniuk.
ciao veggie ti ho lasciato sul mio blog il premio delle 7 cose:)
consiste nello scrivere 7 cose che riteniamo importanti di noi...
passa da me!
ti stringo <3
Mi ha colpito moltissimo questa storia. Certo che essere madre di una ragazza anoressica dev'essere estremamente difficile, perchè penso che sia, a volte, quasi impossibile penetrare il "guscio" che la ragazza si è formata.
Hai ragione da vendere, cara Veggie. Nella vita, anche quando pare impossibile, anche quando la strada pare già segnata, c'è sempre una scelta. A volte ci impegniamo così tanto a scavare, una volta giunti sul fondo, da non renderci nemmeno conto che basterebbe buttare la pala, riposarci e guardare su. Per iniziare a risalire.
Come si può decidere il peggio e lasciarsi morire, si può anche scegliere invece di vivere...il che è molto più faticoso e tutt'altro che immediato.
E riguardo a quella madre non saprei cosa pensare perchè ci sono dolori troppo grandi, troppo ingestibili. Ci sono debolezze che strangolano. Io non giudico, ma mi spiace immensamente per queste due donne.
Non riesco a non comprendere un po' quella madre, esasperata a tal punto da non riuscire ad aiutare la propria figlia. Forse era un tentativo estremo di portarla a scegliere la vita, di darle quella alternativa che lei non riesce più a vedere.
Mi chiedo se ci sia riuscita poi.
@ Jonny – E’ normale provare un senso di vuoto nel momento in cui ci si comincia a distaccare dall’anoressia… Ma non è un vuoto negativo, perché è qui che entra il gioco quello che tu chiami “filling”: cercare di guardare dentro noi stesse per capire cosa, al di là dell’anoressia, ci piacerebbe fare… e si comincia proprio dalle piccole cose… Senza aver timore di essere mediocri… io penso questa sia una parola che andrebbe cancellata dal vocabolario… perché se siamo semplicemente noi stesse, saremo sempre uniche…
@ Claudia – Io credo che se hai tentennato è stato perché ti sembrava – con quelle idee strane che la malattia mette in testa, che pure sembrano così vere – che qual cosina da perdere forse ancora ci fosse… Però, l’importante credo sia il fatto che 5 anni fa ti sei data modo di trovare un punto di svolta… ti sei data una possibilità… Ed è ovvio che quello che si è perso ormai niente ce lo potrà ridare indietro… è andato e basta… Ma abbiamo ancora tempo davanti: almeno questo, dobbiamo cercare di viverlo al meglio…
@ Mary Jane – Certo, ognuna di noi ha il suo, come dire, “main problem” cui si associano poi le varie manifestazioni collaterali… però, penso che la sofferenza sottesa sia per tutte la stessa… Con l’anoressia, la bulimia, il binge, la depressione, etc, possiamo tutt’al più sopravvivere… ma è solo un simulacro la vita che ci fanno vivere… e bisogna combattere per limitarle quanto più possibile al fine di ritrovare cosa significa vivere davvero…
P.S.= Altroché se è meglio la prima!... E, comunque, prenditi tutte le pause all’autogrill che vuoi… giù di sotto, l’autostrada è sempre lì che ti aspetta…
@ Sonia – Il percorso di ricovero, per sua natura, è necessariamente un percorso contraddittorio e pieno di tentennamenti… perché non è facile, certo, ci sono momenti migliori, ma anche momenti proprio duri… e allora è davvero difficile stringere i denti ed andare avanti. Eppure, anche in quei momenti così difficili, bisogna tenere salda in noi la consapevolezza che stiamo facendo la cosa giusta… e che, come tutte le cose giuste, non è mai facile e divertente… Ma io non credo affatto che sia l’anoressia ciò che tu vuoi, meriti e desideri… perché, se così fosse, non staresti qui a leggere e a commentare. Non staresti qui a far sentire la tua voce, a gridare la tua rabbia contro una malattia che ti ha promesso tutto e ti ha lasciato con niente. E invece sei qui e stai combattendo… segno del fatto che è ben altro dall’anoressia che tu vuoi veramente… perché tu ce l’hai sempre la possibilità di fare una scelta. La scelta giusta per aiutare te stessa.
@ Wolfie – Che dire?... Me l’hai scritto tu un post!... Grazie per le tue parole preziose!... Sono assolutamente d’accordo con la seconda parte del tuo commento… Scegliere, per quanto difficile, fa parte del nostro percorso di vita… e anche se c’è la possibilità di sbagliare, anche dagli errori possiamo trarre insegnamento… e costruire una vita migliore oltre l’anoressia e la bulimia…
@ *Free_destruction* - Grazie a te per il tuo commento… Sono d’accordo, sicuramente un DCA è un qualcosa che denota poco rispetto per la propria persona… che, però, secondo me più che il poco rispetto in sé, deriva da quelli che sono molti altri problemi sottostanti e differenti per ciascuna di noi… Poi, è ovvio che l’anoressia sia più che altro un palliativo… un qualcosa che sul momento ci fa sentire bene ma che, alla lunga, ci distrugge… ed è per questo che, per quanto difficile, è importante che continuiamo a combattere.
In quanto alla mamma dell’articolo che ho citato… io credo che per un “esterno”, per una persona che non ha mai vissuto un DCA sulla propria pelle, non sia possibile capire cosa significhi… però, secondo me, ci dovrebbe essere sempre uno sforzo di comprensione. Sicuramente l’anoressia rovina, tra le altre cose, gli affetti, e sicuramente per un genitore è una situazione difficilissima… Ma anche per la figlia, credo sia molto più difficile fare qualcosa sentendosi rifiutato anche il supporto materno…
P.S.= Grazie per il premio, passerò da te il prima possibile…!
@ AlmaCattleya – Vero… Finché guardiamo con gli stessi occhi, ovunque andiamo, il panorama non cambia… E allora siamo noi stesse che dobbiamo diventare le nostre “sveglie interiori”… affinché possiamo ricominciare a vedere oltre queste malattie…
@ sorridente – Vedi, secondo me è proprio quel “mettere alla prova l’amore”, come lo definisci tu, che non è corretto… Voglio dire, la ragazza sta già tribolando nella sua lotta contro l’anoressia, perché metterle sulle spalle un ulteriore problema?... Però poi è ovvio che ogni persona è fatta a modo proprio, e non sta a me giudicare le reazioni altrui di fronte ad una simile situazione…
@ *FREELILIHAM* - Quando sei dentro l’anoressia non vedi le altre alternative, perché sei focalizzata su una sola cosa… E, come sempre, quando ci si concentra su un solo obiettivo, si perde di vista tutto quello che ci potrebbe stare intorno… ma ricominciare a vivere oltre l’anoressia, secondo me significa anche provare a ricontemplare le altre possibilità… Grazie a te per essere passata…
@ Orchidea Spezzata – E’ verissimo quello che hai scritto. Quando ci si fissa troppo su una cosa, si perde di vista tutto il resto… Solo che, se si tratta di una strada senza sbocco, prima o poi si batte inevitabilmente contro il muro… e allora bisogna fare inversione a “U” e ripartire nell’altra direzione… e magari cominciare anche a guardarci intorno…
P.S.= Bellissima la frase che hai citato!...
@ Vele/Ivy – Sicuramente dev’essere molto difficile… ma è proprio nelle maggiori difficoltà che, secondo me, una dovrebbe cercare di fare del proprio meglio e non gettare la spugna…
@ La Ely – Io credo che la possibilità di fare sempre una scelta sia la cosa migliore che abbiamo nella vita… anche quando decidiamo di non fare nessuna scelta, il sapere di avere sempre e comunque questa possibilità a disposizione… Certo, scegliere di fare la cosa giusta per noi stesse non è facile… del resto, quando mai fare la cosa giusta è facile?...
@ Perfettamai – Non conosce l’epilogo della storia, quindi non so come sia andata a finire… Penso però che gli aut-aut non servano per chi ha un DCA, anzi, mettano un ulteriore problema a ragazze che hanno già parecchi problemi… Inoltre, credo che nell’affetto non si possano porre condizioni… Però, diamine, solo la mia opinione, eh!... In fin dei conti, io il DCA l’ho vissuto come figlia, non come madre, quindi…
Io rimango commossa.
Devo ammettere che le emozioni che suscita questo post sono miste e non bene definibili.
Il tuo blog è qualcosa di prezioso, al quale mi aggrapperò ogni volta che mi sembrerà cadere ancora una volta. Senza Ana e Mia a volte la vita sembra vuota, a tal punto da credere che queste si siano mangiate una buona parte della nostra anima.
A volte si desidera essere persone "normali", senza aver voci che sussurrano i comandamenti di Ana e Mia.
Io non so perchè tanto tempo fa i DCA si sono impossessati di me.
Ora so che i siti proAna e proMia sono illusioni e il tuo, invece, parla di pura e cruda realtà, nella quale io, come credo molti altri, mi identifico.
Un caro abbraccio,
Marta
Io rimango commossa.
Devo ammettere che le emozioni che suscita questo post sono miste e non bene definibili.
Il tuo blog è qualcosa di prezioso, al quale mi aggrapperò ogni volta che mi sembrerà cadere ancora una volta. Senza Ana e Mia a volte la vita sembra vuota, a tal punto da credere che queste si siano mangiate una buona parte della nostra anima.
A volte si desidera essere persone "normali", senza aver voci che sussurrano i comandamenti di Ana e Mia.
Io non so perchè tanto tempo fa i DCA si sono impossessati di me.
Ora so che i siti proAna e proMia sono illusioni e il tuo, invece, parla di pura e cruda realtà, nella quale io, come credo molti altri, mi identifico.
Un caro abbraccio,
Marta
Io rimango commossa.
Devo ammettere che le emozioni che suscita questo post sono miste e non bene definibili.
Il tuo blog è qualcosa di prezioso, al quale mi aggrapperò ogni volta che mi sembrerà cadere ancora una volta. Senza Ana e Mia a volte la vita sembra vuota, a tal punto da credere che queste si siano mangiate una buona parte della nostra anima.
A volte si desidera essere persone "normali", senza aver voci che sussurrano i comandamenti di Ana e Mia.
Io non so perchè tanto tempo fa i DCA si sono impossessati di me.
Ora so che i siti proAna e proMia sono illusioni e il tuo, invece, parla di pura e cruda realtà, nella quale io, come credo molti altri, mi identifico.
Un caro abbraccio,
Marta
@ Marta – Ciao Marta, e benvenuta!... Innanzitutto ti ringrazio per le tue parole che hai scritto riguardo al mio blog: mi ha fatto davvero molto piacere leggerle… grazie. Sai, io credo che, dopo tanti anni trascorsi in balia di un DCA, durante i quali le sue ossessioni sono l’unico pensiero costante, è difficile soprattutto inizialmente staccarsi e virare verso qualcosa di diverso… perché è come essere catapultati di netto in un mondo estraneo. Il punto però è che, paradossalmente, sono l’anoressia e la bulimia a rendere vuote le nostre vite, a privarle di senso, di significato, di spessore. E l’apparente vuoto che essere sembrano lasciare nel momento in cui ce ne allontaniamo, è in realtà tutto quello spazio che abbiamo finalmente a disposizione e che non aspetta altro che essere riempito con tutte le cose piacevoli che puoi fare nella vita. Perché noi siamo persone “normali”, e non dobbiamo permettere a un DCA di modificare la nostra concezione di questo… Non è fondamentale al 100% riuscire ad inquadrare tutte le motivazioni per cui siamo cadute in un determinato DCA… l’importante è avere la ferma convinzione e volontà di voler lavorare su noi stesse per uscirne… è in questo che dobbiamo imparare ad identificarci.
Un abbraccio forte anche a te…
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