venerdì 19 aprile 2013
Ritornando sulla prevenzione dei DCA
Prevenzione dei DCA. Ne ho già parlato in passato, in effetti, ma in questo post voglio focalizzarmi soprattutto su quello che credo tutti dovrebbero conoscere a proposito degli interventi di prevenzione per quanto, si sa, essendo i DCA delle malattie mentali, la copertura preventiva non può per forza di cose essere efficace come quella che si può mettere in atto nei confronti di una malattia fisica.
Per chi non avesse tempo di leggersi tutto questo post che, ve lo anticipo, sarà piuttosto lungo perchè ho in mente un sacco di cose, lasciate che riassuma quello che ad oggi sappiamo in merito alla prevenzione dei DCA in due parole: non molto.
Per chi vuole invece addentrarsi nel tema della prevenzione, parlando come un’epidemiologa, potrei innanzitutto dire che utilizzare il termine “prevenzione” senza alcuna specifica mi sembra quantomeno improprio. Esistono, in effetti, 3 principali tipologie di prevenzione, ovvero:
• Prevenzione Primaria: è la forma classica e principale di prevenzione, focalizzata sull'adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre l'insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole.
> Le campagne messe in atto da “Love Your Body” sono un buon esempio di prevenzione primaria.
• Prevenzione Secondaria: si tratta di una definizione tecnica che si riferisce alla diagnosi precoce di una patologia, permettendo così di intervenire precocemente sulla stessa, ma non evitando o riducendone la comparsa. La precocità di intervento aumenta le opportunità terapeutiche, migliorandone la progressione e riducendo gli effetti negativi.
> Trattare i disturbi alimentari subclinici o alle prime avvisaglie è un buon esempio di prevenzione secondaria.
• Prevenzione Terziaria: è un termine tecnico relativo non tanto alla prevenzione della malattia in sé, quanto dei suoi esiti più complessi. La prevenzione in questo caso è quella delle complicanze, delle probabilità di recidive e della morte.
> Tutti gli sforzi mirati ad incoraggiare parenti e pazienti a trattare il DCA quanto più rapidamente possibile è un buon esempio di prevenzione terziaria.
(Grazie mille a Wikipedia, dalla quale ho preso queste definizioni!)
La maggior parte della prevenzione che si può fare su anoressia/bulimia è prevenzione primaria. La campagna attuata da “Love Your Body” ne è un fantastico esempio. Il problema che secondo me però nasce quando si cerca di attuare una prevenzione primaria sui DCA, è che esiste un solo metodo basato sull’evidenza di prevenzione primaria (del quale parlerò dopo più approfonditamente) e non affronta tutti i fattori di rischio per lo sviluppo di un DCA di cui siamo ad oggi a conoscenza. L’altro problema è che, semplicemente, non se ne sa ancora abbastanza di quali siano le vere cause che portano all’insorgenza di un DCA, per poter estendere e generalizzare la prevenzione a livello di popolazione.
Se ne sa certamente di più rispetto all’importanza di affrontare e trattare i DCA quanto più precocemente possibile, e dal momento che la data odierna mi permette di rimanere in tema, do sfogo alla mia vena nerd di epidemiologia e approfondisco un po’ l’argomento.
Prevenzione Primaria
Quando ho dato un’occhiata alla letteratura in merito alla prevenzione dei DCA per poter scrivere questo post, ho scoperto che il 95% di essa è basata sulla prevenzione dell’adozione di stili alimentari scorretti, nonché sulla valorizzazione della propria immagine corporea. Ora, chi legge questo blog da un po’ di tempo, saprà benissimo che io credo che condotte alimentari erronee e distorsione dell’immagine corporea NON sono DCA. Per di più, il 100% della letteratura si focalizza su cose come l’influenza dei mass-media e l’importanza di amare il proprio corpo.
Prima di andare avanti, una precisazione: non ho niente in contrario al dare un limitato spazio all’influenza dei mass-media. Di certo questi fomentano un “mercato” dei DCA, poiché il mercato dell’'anoressia/bulimia rende moltissimo: sulle sue tragedie ingrassano enormi settori economici, da quello alimentare a quello degli integratori, a quello dei cibi ipocalorici, delle chewing-gum senza zucchero e delle Coca Cola Light, a quello delle riviste di moda e di stile e dell'inarrestabile dilagare di bisogni falsi che ne derivano, e relative pubblicità ossessive - con gli immani movimenti di denaro che tutto questo muove senza sosta. Ritengo che sarebbe certamente opportuno spiegare alle bambine (e anche a quelle che sono un po’ cresciute…) che un corpo in salute più avere taglie e forme differenti, e che l’importante è prendersi cura di sé nutrendosi propriamente e facendo cose che fanno stare bene. Tuttavia, resto dell’idea che questo tipo di messaggi non serva ad un granché nella prevenzione dell’anoressia.
Nel 2008, Eric Stice ha pubblicato i primi risultati di uno studio (Stice et al., 2008) relativo ad un programma di prevenzione dei disturbi alimentari. In breve, in questo studio sono state prese 481 ragazze adolescenti con problemi relativi alla propria immagine corporea, che sono state divise in 3 gruppi: il primo prendeva in esame rischi, costi e realtà dell’ideale di magrezza, il secondo era un gruppo sulla promozione di un peso corporeo sano, e il terzo (gruppo di controllo) un gruppo di scrittura espressiva. Le ragazze appartenenti ai 3 gruppi avevano 3 ore di tempo per svolgere l’incarico che era stato loro assegnato. In un follow-up eseguito negli anni successivi, gli autori dello studio hanno identificato 3 nuovi casi di anoressia sottosoglia, un nuovo caso di bulimia conclamata, 23 nuovi casi di bulimia sottosoglia, 1 nuovo caso di binge e 12 nuovi casi di binge sublinico. (Le ragazze che avevano già un DCA erano state escluse dallo studio). Rispetto alle ragazze inserite nel gruppo di controllo, le persone nel gruppo di decostruzione dell’ideale di magrezza hanno mostrato una riduzione del 60% della comparsa di “patologie dell’alimentazione” (6% VS 15%).
Tuttavia, nel follow-up svolto nel 2011 la discrepanza si era significativamente ridotta. Le ragazze del gruppo della decostruzione dell’ideale di magrezza mostravano una riduzione dei livelli di sintomi di DCA, ma non una riduzione della comparsa di nuovi casi di DCA. Evidentemente, dunque, l’insoddisfazione per la propria immagine corporea, a lungo termine, non è il vero motore che sostiene l’anoressia.
Il problema degli interventi di prevenzione primaria, a mio avviso, è che essi danno per scontato che i DCA siano primariamente una “malattia sociale”, senza tener conto del fatto che invece sono essenzialmente malattie psichiche. L’anoressia non è il tentativo di raggiungere un’ideale di magrezza, e il pensare che invece essa sia semplicemente legata alla voglia di dimagrire eccessivamente per aderire ad un’ideale di magrezza proposto dalla società rivela una completa ignoranza in materia. Ma se questa è l’idea che viene fatta passare dai mass-media, non posso fare a meno di pensare che non c’è da meravigliarsi che la maggior parte della gente (che non ha vissuto questa malattia sulla propria pelle) percepisca l’anoressia come una malattia legata solo al cibo e al peso, nonché come un capriccio di ragazzine vanitose, e che tenti di prevenirla al più con la settimana “Love Your Body”.
Allo stesso tempo, tralasciando la vera natura dell’anoressia, ovvero quella psicologica, non si va a mirare la prevenzione su quelle che sono le condizioni caratteriali e i backgrounds che potrebbero portare una persona a sviluppare un DCA, interventi che invece penso potrebbero essere utili ad alcuni sottoinsiemi di persone potenzialmente a rischio di sviluppare un DCA. Penso quindi che concentrarsi troppo sulla prevenzione mirata unicamente sulla fisicità, sia un qualcosa di sostanzialmente inutile.
Prevenzione Secondaria
Malgrado quanto ultimamente i mass-media abbiano detto a proposito delle bambine che cominciano a stare a dieta già dall’età di 9 – 10 anni, non tutte queste bambine hanno il medesimo rischio di ammalarsi di anoressia. In effetti, la stragrande maggioranza di queste bambine che fanno la dieta non svilupperà un DCA. Allo stesso tempo, credo che individuare tra queste bambine quelle che sono effettivamente a rischio di sviluppare un DCA, sia pressoché impossibile. Ci sono certamente dei “fattori di rischio” più generali, ma dato che poi ogni persona ha il suo carattere e il suo modo di rapportarsi agli eventi, è di fatto impossibile prevedere la possibile evoluzione di un DCA.
Alcuni anni fa, dei ricercatori dell’Università di Stanford randomizzarono 480 studentesse universitarie sovrappeso e con problemi relativi alla propria immagine corporea, con un gruppo di controllo per 8 settimane, durante le quali queste ragazze seguirono un corso CBT (Cognitive Behavioural Therapy – Terapia Cognitivo-Comportamentale) on-line con un gruppo di discussione ovviamente monitorato dai ricercatori (Taylor et al., 2006).
Queste donne vennero seguite per 2 anni, e venne data loro la possibilità di continuare a partecipare alla CBT anche al termine del periodo di follow-up. In sintesi, i ricercatori non rilevarono alcuna significativa differenza tra gruppo di controllo e gruppo di trattamento. Tuttavia, guardando ai sottogruppi di partecipanti, i ricercatori notarono che le ragazze con un BMI > 25 e quelle che mettevano in atto comportamenti di compenso, avevano tratto notevoli benefici dal seguire il programma di CBT. Mentre l’11,9% delle donne con BMI > 25 nel gruppo di controllo aveva sviluppato un DCA subclinico durante i 2 anni di follow-up, non lo aveva fatto nessuna del gruppo CBT.
Certo, i numeri su cui si basa questo studio sono piccoli, e non credo proprio che i ricercatori abbiano pensato di fare delle analisi dei sottogruppi primo e/o dopo aver testato i 2 grandi gruppi in toto. Fare statistiche è certamente complicato, ma costruire a posteriori dei sottogruppi perché i risultati ottenuti non dicono quello che si vuole sentir dire, è fin troppo semplice e matematicamente non significativo. In effetti, i ricercatori hanno iniziato a parlare di sottogruppi solo dopo aver considerato i 2 grandi gruppi in toto, ed aver visto che c’erano delle differenze tra le componenti dei singoli gruppi.
Per quanto ne so, uno studio del genere non è mai stato ripetuto, il che costituisce il maggior punto debole dello studio succitato, e anche di quello di Stice. Mi piacerebbe molto che i ricercatori (che sicuramente staranno tutti leggendo il mio blog… ^__^”) improntassero i loro prossimi studi focalizzandosi su un gruppo costituito da “adolescenti medie”, ovvero ragazze che, al momento dello studio, non hanno niente a che vedere con problemi relativi alla propria immagine corporea, e non abbiamo problemi psichici rilevanti di sorta.
Prevenzione Terziaria
La prevenzione terziaria è inerente il sospetto diagnostico precoce, la diagnosi precoce, e il trattamento precoce. A tal proposito, è stato creato un programma on-line rivolto ai genitori/familiari di quelle ragazze che aderiscono ai “criteri di rischio” per l’anoressia (Jones et al., 2012): i genitori ricevono per 6 settimane informazioni, la possibilità di chattare con gli altri genitori che consultano il programma, video, quiz, notazioni comportamentali, e sono seguiti per un anno. Delle 19 famiglie che hanno partecipato, il follow-up mostra che molte di esse hanno avuto una riduzione dei “criteri di rischio” per anoressia dopo un anno. Al solito, però, i piccoli numeri tradiscono lo studio: sui piccoli numeri non si può fare statistica.
Soprattutto, il problema con la prevenzione terziaria sta nel fatto che, ad oggi, non si sa cosa effettivamente funzioni, sia utile. È per questo che non viene sostanzialmente fatto niente al riguardo, e i DCA vengono per lo più riconosciuti quando sono conclamati. Anche i medici spesso inizialmente non riconoscono un DCA e dicono: “Non stai poi così male” o “Le cose non vanno poi così male” o “Bè, in fondo non sei [inserire qui i luoghi comuni che vi siete sentite dire millemila volte]". Ho peraltro saputo che ci sono alcune cliniche in cui viene accettato il ricovero solo se la persona ha perso un certo TOT di peso, o vomita un TOT di volte al giorno (AAAAARGH!!!!). E i genitori tendono a negare la malattia fino a che non è conclamata. Tutto questo dovrebbe essere diverso, ovviamente, perché tutto questo riduce la possibilità che una persona malata di DCA possa ricevere l’aiuto di cui necessita e incrementa la mortalità legata a queste malattie… ma tutto questo rimane così perché alla fine nessuno sa veramente come agire.
Eppure, l’importanza del trattamento quanto più precoce possibile nei DCA è sottolineato in un articolo pubblicato già nel 2003:
“[…] C’è una forte evidenza del fatto che più a lungo dura un disturbo alimentare, più è difficile uscirne. I DCA necessitano di una diagnosi precoce al fine di renderne il trattamento più efficace possibile. Tuttavia, ad oggi, nel tempo che occorre per formulare la diagnosi, la persona malata incorre in problemi biopsicosociali rilevanti. L’intervento terapeutico dovrebbe essere messo in atto alle prime avvisaglie, ai primi sintomi di anomalie nell’alimentazione. Dovrebbe essere posta più attenzione su questo punto. Un riconoscimento precoce della malattia da parte di genitori, familiari, amici, insegnanti, allenatori potrebbe facilitare e sveltire l’inizio dei trattamenti terapeutici. La popolazione dovrebbe essere sensibilizzata in merito alla problematica dei disturbi alimentari, e dovrebbe essere impartita un’educazione atta a permettere di riconoscere i sintomi dei DCA quanto più precocemente possibile. Se s’interviene precocemente, s’impedisce la consolidazione di pattern mentali caratteristici di queste malattie, che sono quelli che portano al perpetrarsi del disturbo. […]”
(mia traduzione)
Per chi non avesse tempo di leggersi tutto questo post che, ve lo anticipo, sarà piuttosto lungo perchè ho in mente un sacco di cose, lasciate che riassuma quello che ad oggi sappiamo in merito alla prevenzione dei DCA in due parole: non molto.
Per chi vuole invece addentrarsi nel tema della prevenzione, parlando come un’epidemiologa, potrei innanzitutto dire che utilizzare il termine “prevenzione” senza alcuna specifica mi sembra quantomeno improprio. Esistono, in effetti, 3 principali tipologie di prevenzione, ovvero:
• Prevenzione Primaria: è la forma classica e principale di prevenzione, focalizzata sull'adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre l'insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole.
> Le campagne messe in atto da “Love Your Body” sono un buon esempio di prevenzione primaria.
• Prevenzione Secondaria: si tratta di una definizione tecnica che si riferisce alla diagnosi precoce di una patologia, permettendo così di intervenire precocemente sulla stessa, ma non evitando o riducendone la comparsa. La precocità di intervento aumenta le opportunità terapeutiche, migliorandone la progressione e riducendo gli effetti negativi.
> Trattare i disturbi alimentari subclinici o alle prime avvisaglie è un buon esempio di prevenzione secondaria.
• Prevenzione Terziaria: è un termine tecnico relativo non tanto alla prevenzione della malattia in sé, quanto dei suoi esiti più complessi. La prevenzione in questo caso è quella delle complicanze, delle probabilità di recidive e della morte.
> Tutti gli sforzi mirati ad incoraggiare parenti e pazienti a trattare il DCA quanto più rapidamente possibile è un buon esempio di prevenzione terziaria.
(Grazie mille a Wikipedia, dalla quale ho preso queste definizioni!)
La maggior parte della prevenzione che si può fare su anoressia/bulimia è prevenzione primaria. La campagna attuata da “Love Your Body” ne è un fantastico esempio. Il problema che secondo me però nasce quando si cerca di attuare una prevenzione primaria sui DCA, è che esiste un solo metodo basato sull’evidenza di prevenzione primaria (del quale parlerò dopo più approfonditamente) e non affronta tutti i fattori di rischio per lo sviluppo di un DCA di cui siamo ad oggi a conoscenza. L’altro problema è che, semplicemente, non se ne sa ancora abbastanza di quali siano le vere cause che portano all’insorgenza di un DCA, per poter estendere e generalizzare la prevenzione a livello di popolazione.
Se ne sa certamente di più rispetto all’importanza di affrontare e trattare i DCA quanto più precocemente possibile, e dal momento che la data odierna mi permette di rimanere in tema, do sfogo alla mia vena nerd di epidemiologia e approfondisco un po’ l’argomento.
Prevenzione Primaria
Quando ho dato un’occhiata alla letteratura in merito alla prevenzione dei DCA per poter scrivere questo post, ho scoperto che il 95% di essa è basata sulla prevenzione dell’adozione di stili alimentari scorretti, nonché sulla valorizzazione della propria immagine corporea. Ora, chi legge questo blog da un po’ di tempo, saprà benissimo che io credo che condotte alimentari erronee e distorsione dell’immagine corporea NON sono DCA. Per di più, il 100% della letteratura si focalizza su cose come l’influenza dei mass-media e l’importanza di amare il proprio corpo.
Prima di andare avanti, una precisazione: non ho niente in contrario al dare un limitato spazio all’influenza dei mass-media. Di certo questi fomentano un “mercato” dei DCA, poiché il mercato dell’'anoressia/bulimia rende moltissimo: sulle sue tragedie ingrassano enormi settori economici, da quello alimentare a quello degli integratori, a quello dei cibi ipocalorici, delle chewing-gum senza zucchero e delle Coca Cola Light, a quello delle riviste di moda e di stile e dell'inarrestabile dilagare di bisogni falsi che ne derivano, e relative pubblicità ossessive - con gli immani movimenti di denaro che tutto questo muove senza sosta. Ritengo che sarebbe certamente opportuno spiegare alle bambine (e anche a quelle che sono un po’ cresciute…) che un corpo in salute più avere taglie e forme differenti, e che l’importante è prendersi cura di sé nutrendosi propriamente e facendo cose che fanno stare bene. Tuttavia, resto dell’idea che questo tipo di messaggi non serva ad un granché nella prevenzione dell’anoressia.
Nel 2008, Eric Stice ha pubblicato i primi risultati di uno studio (Stice et al., 2008) relativo ad un programma di prevenzione dei disturbi alimentari. In breve, in questo studio sono state prese 481 ragazze adolescenti con problemi relativi alla propria immagine corporea, che sono state divise in 3 gruppi: il primo prendeva in esame rischi, costi e realtà dell’ideale di magrezza, il secondo era un gruppo sulla promozione di un peso corporeo sano, e il terzo (gruppo di controllo) un gruppo di scrittura espressiva. Le ragazze appartenenti ai 3 gruppi avevano 3 ore di tempo per svolgere l’incarico che era stato loro assegnato. In un follow-up eseguito negli anni successivi, gli autori dello studio hanno identificato 3 nuovi casi di anoressia sottosoglia, un nuovo caso di bulimia conclamata, 23 nuovi casi di bulimia sottosoglia, 1 nuovo caso di binge e 12 nuovi casi di binge sublinico. (Le ragazze che avevano già un DCA erano state escluse dallo studio). Rispetto alle ragazze inserite nel gruppo di controllo, le persone nel gruppo di decostruzione dell’ideale di magrezza hanno mostrato una riduzione del 60% della comparsa di “patologie dell’alimentazione” (6% VS 15%).
Tuttavia, nel follow-up svolto nel 2011 la discrepanza si era significativamente ridotta. Le ragazze del gruppo della decostruzione dell’ideale di magrezza mostravano una riduzione dei livelli di sintomi di DCA, ma non una riduzione della comparsa di nuovi casi di DCA. Evidentemente, dunque, l’insoddisfazione per la propria immagine corporea, a lungo termine, non è il vero motore che sostiene l’anoressia.
Il problema degli interventi di prevenzione primaria, a mio avviso, è che essi danno per scontato che i DCA siano primariamente una “malattia sociale”, senza tener conto del fatto che invece sono essenzialmente malattie psichiche. L’anoressia non è il tentativo di raggiungere un’ideale di magrezza, e il pensare che invece essa sia semplicemente legata alla voglia di dimagrire eccessivamente per aderire ad un’ideale di magrezza proposto dalla società rivela una completa ignoranza in materia. Ma se questa è l’idea che viene fatta passare dai mass-media, non posso fare a meno di pensare che non c’è da meravigliarsi che la maggior parte della gente (che non ha vissuto questa malattia sulla propria pelle) percepisca l’anoressia come una malattia legata solo al cibo e al peso, nonché come un capriccio di ragazzine vanitose, e che tenti di prevenirla al più con la settimana “Love Your Body”.
Allo stesso tempo, tralasciando la vera natura dell’anoressia, ovvero quella psicologica, non si va a mirare la prevenzione su quelle che sono le condizioni caratteriali e i backgrounds che potrebbero portare una persona a sviluppare un DCA, interventi che invece penso potrebbero essere utili ad alcuni sottoinsiemi di persone potenzialmente a rischio di sviluppare un DCA. Penso quindi che concentrarsi troppo sulla prevenzione mirata unicamente sulla fisicità, sia un qualcosa di sostanzialmente inutile.
Prevenzione Secondaria
Malgrado quanto ultimamente i mass-media abbiano detto a proposito delle bambine che cominciano a stare a dieta già dall’età di 9 – 10 anni, non tutte queste bambine hanno il medesimo rischio di ammalarsi di anoressia. In effetti, la stragrande maggioranza di queste bambine che fanno la dieta non svilupperà un DCA. Allo stesso tempo, credo che individuare tra queste bambine quelle che sono effettivamente a rischio di sviluppare un DCA, sia pressoché impossibile. Ci sono certamente dei “fattori di rischio” più generali, ma dato che poi ogni persona ha il suo carattere e il suo modo di rapportarsi agli eventi, è di fatto impossibile prevedere la possibile evoluzione di un DCA.
Alcuni anni fa, dei ricercatori dell’Università di Stanford randomizzarono 480 studentesse universitarie sovrappeso e con problemi relativi alla propria immagine corporea, con un gruppo di controllo per 8 settimane, durante le quali queste ragazze seguirono un corso CBT (Cognitive Behavioural Therapy – Terapia Cognitivo-Comportamentale) on-line con un gruppo di discussione ovviamente monitorato dai ricercatori (Taylor et al., 2006).
Queste donne vennero seguite per 2 anni, e venne data loro la possibilità di continuare a partecipare alla CBT anche al termine del periodo di follow-up. In sintesi, i ricercatori non rilevarono alcuna significativa differenza tra gruppo di controllo e gruppo di trattamento. Tuttavia, guardando ai sottogruppi di partecipanti, i ricercatori notarono che le ragazze con un BMI > 25 e quelle che mettevano in atto comportamenti di compenso, avevano tratto notevoli benefici dal seguire il programma di CBT. Mentre l’11,9% delle donne con BMI > 25 nel gruppo di controllo aveva sviluppato un DCA subclinico durante i 2 anni di follow-up, non lo aveva fatto nessuna del gruppo CBT.
Certo, i numeri su cui si basa questo studio sono piccoli, e non credo proprio che i ricercatori abbiano pensato di fare delle analisi dei sottogruppi primo e/o dopo aver testato i 2 grandi gruppi in toto. Fare statistiche è certamente complicato, ma costruire a posteriori dei sottogruppi perché i risultati ottenuti non dicono quello che si vuole sentir dire, è fin troppo semplice e matematicamente non significativo. In effetti, i ricercatori hanno iniziato a parlare di sottogruppi solo dopo aver considerato i 2 grandi gruppi in toto, ed aver visto che c’erano delle differenze tra le componenti dei singoli gruppi.
Per quanto ne so, uno studio del genere non è mai stato ripetuto, il che costituisce il maggior punto debole dello studio succitato, e anche di quello di Stice. Mi piacerebbe molto che i ricercatori (che sicuramente staranno tutti leggendo il mio blog… ^__^”) improntassero i loro prossimi studi focalizzandosi su un gruppo costituito da “adolescenti medie”, ovvero ragazze che, al momento dello studio, non hanno niente a che vedere con problemi relativi alla propria immagine corporea, e non abbiamo problemi psichici rilevanti di sorta.
Prevenzione Terziaria
La prevenzione terziaria è inerente il sospetto diagnostico precoce, la diagnosi precoce, e il trattamento precoce. A tal proposito, è stato creato un programma on-line rivolto ai genitori/familiari di quelle ragazze che aderiscono ai “criteri di rischio” per l’anoressia (Jones et al., 2012): i genitori ricevono per 6 settimane informazioni, la possibilità di chattare con gli altri genitori che consultano il programma, video, quiz, notazioni comportamentali, e sono seguiti per un anno. Delle 19 famiglie che hanno partecipato, il follow-up mostra che molte di esse hanno avuto una riduzione dei “criteri di rischio” per anoressia dopo un anno. Al solito, però, i piccoli numeri tradiscono lo studio: sui piccoli numeri non si può fare statistica.
Soprattutto, il problema con la prevenzione terziaria sta nel fatto che, ad oggi, non si sa cosa effettivamente funzioni, sia utile. È per questo che non viene sostanzialmente fatto niente al riguardo, e i DCA vengono per lo più riconosciuti quando sono conclamati. Anche i medici spesso inizialmente non riconoscono un DCA e dicono: “Non stai poi così male” o “Le cose non vanno poi così male” o “Bè, in fondo non sei [inserire qui i luoghi comuni che vi siete sentite dire millemila volte]". Ho peraltro saputo che ci sono alcune cliniche in cui viene accettato il ricovero solo se la persona ha perso un certo TOT di peso, o vomita un TOT di volte al giorno (AAAAARGH!!!!). E i genitori tendono a negare la malattia fino a che non è conclamata. Tutto questo dovrebbe essere diverso, ovviamente, perché tutto questo riduce la possibilità che una persona malata di DCA possa ricevere l’aiuto di cui necessita e incrementa la mortalità legata a queste malattie… ma tutto questo rimane così perché alla fine nessuno sa veramente come agire.
Eppure, l’importanza del trattamento quanto più precoce possibile nei DCA è sottolineato in un articolo pubblicato già nel 2003:
“[…] C’è una forte evidenza del fatto che più a lungo dura un disturbo alimentare, più è difficile uscirne. I DCA necessitano di una diagnosi precoce al fine di renderne il trattamento più efficace possibile. Tuttavia, ad oggi, nel tempo che occorre per formulare la diagnosi, la persona malata incorre in problemi biopsicosociali rilevanti. L’intervento terapeutico dovrebbe essere messo in atto alle prime avvisaglie, ai primi sintomi di anomalie nell’alimentazione. Dovrebbe essere posta più attenzione su questo punto. Un riconoscimento precoce della malattia da parte di genitori, familiari, amici, insegnanti, allenatori potrebbe facilitare e sveltire l’inizio dei trattamenti terapeutici. La popolazione dovrebbe essere sensibilizzata in merito alla problematica dei disturbi alimentari, e dovrebbe essere impartita un’educazione atta a permettere di riconoscere i sintomi dei DCA quanto più precocemente possibile. Se s’interviene precocemente, s’impedisce la consolidazione di pattern mentali caratteristici di queste malattie, che sono quelli che portano al perpetrarsi del disturbo. […]”
(mia traduzione)
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17 commenti:
ovviamente un articolo come questo è molto interessante, e ovviamente lascia anche molto sconsolati. sembra che non si possa fare molto finché non è troppo tardi.
io credo, nel mio caso specifico, che avrei potuto prevenire la bulimia. da bravo caso tipico dei dca, io sono passata alla bulimia dopo una fase anoressica: e sono convinta che, se mi fossi davvero curata dall'anoressia, magari non sarei caduta nell'altro estremo.
comunque, a parte ciance personali, prevenire i disturbi alimentari credo sia un po' come prevenire la depressione. cosa fai, rendi tutti felici su larga scala?
ultimo commento: la cosa delle cliniche che non ti accettano se non vomiti tot o non pesi tot. che odio. capisco che hanno i posti limitati, ma porca miseria, un dca non si valuta in base alle statistiche.
Io penso che ci sia un errore di fondo. Non in questo post, ma nell'idea di fare la prevenzione ai dca. Secondo me, questo è un approccio sbagliato.
Se ho ben capito come funziona la cosa, per fare la prevenzione di ogni malattia occorre conoscerne le cause che la determinano, e agire in maniera mirata nei confronti delle stesse (sto facendo riferimento alla prevenzione primaria).
Il problema allora qui sta nel fatto che le cause dei dca di fatto non si conoscono ancora. E come si fa a prevenire una malattia di cui non si conoscono le cause? Come si fa, se non si sa neanche veramente su che cosa agire?
Anche perchè comunque io penso che non ci siano cause "generali" di dca, ogni persona nello specifico ha le sue cause, i suoi problemi, le sue cose specifiche che alla fine sboccano nel dca, quindi se proprio si volesse fare prevenzione dovrebbe essere una cosa individualizzata, mirata sulla singola persona, e ovviamente una cosa di questo tipo è sostanzialmente impossibile.
Fin da quando facevo le scuole medie ci venivano in classe dei cosiddetti "esperti" a farci la prevenzione del fumo, della droga, dei dca, quindi non si può dire che mi sia mancata la prevenzione, eppure mi sono ammalata lo stesso di bulimia. Quindi forse quello che spinge a un dca va più in là di quello che gli altri possono dirti come prevenzione.
Per questo io credo che l'approccio più corretto ai dca non dovrebbe essere particolarmente basato sulla prevenzione, ma piuttosto sul riconoscimento precoce dei segnali di malattia da parte di chi ci sta intorno, e soprattutto dovrebbero essere fatte più campagne in cui viene spiegato a genitori e amici cosa fare e come comportarsi con una persona che ha un dca, gli dovrebbero essere dati dei consigli: questo penso potrebbe essere davvero utile.
Sono d'accordo con trappolapertopi2 sul discorso delle cliniche che non ti accettano se non pesi tot. Anche perchè, scusate, ma se una persona ha un bmi di 18 e un'altra ha un bmi di 17,9 che si fa? Si ricovera solo la seconda perchè è matematicamente sottopeso? E poi come si fa a stabilire "quanto sta male" una persona sulla base del suo peso?????????
M.M.
Ovviamente molto interessante.
Penso che se nel mio caso ci fosse stata "prevenzione" nel senso di un intervento prima che la situazione si radicasse così ( ne soffro da ben 20 anni) forse sarebbe stato più facile uscirne.
Ora è tutto più complicato...
Ma mi domando ... che tipo di prevenzione ... più che altro un intevento a livello psicologico immediato ed efficace.
Sono d'accordo con te.. quanto più si sta nel dca, tanto più è difficile uscirne o quanto meno imparare a conviverci.
Grazie.
M.
In effetti se fosse davvero una malattia scatenata da cause sociali sarebbe più facile la prevenzione. Basterebbe eliminare dai media tutti quei fattori disturbanti per la potenziale ammalata. Ma non è così facile, come tutte le malattie di origine psicologica è davvero complicata da prevenire. nonostante tutto, spero che la ricerca possa portare a dei miglioramenti anche su questo fronte.
Non mi dilungo... Non smetterò mai di dire ke è tutta questione di testa!! Si può essere anoressiche anche a 70kili!! Va curata la mente! Cliniche che accettano solo chi ha un certo peso? Ma stiamo scherzando?? In quel modo le ragazze saranno portate ad un normopeso si, ma nella mente resteranno anoressiche, continueranno a stare male!!
Mah...di tutto questo io mi chiedo:Perchè questa malattia è un tabù?perchè i familiari nascondono sempre la testa sotto la sabbia,fanno finta di non vedere,sdrammatizzano?perchè anche nel mondo della medicina è una malattia quasi snobbata,messa da parte?ricordo ancora quando mia madre mi portò dal medico di base perchè preoccupata per la mia "dieta".Mi pesò,vestita,disse "il peso va bene ora basta dimagrire,quelle in tv sono tutte pelle e ossa,non sono belle...interrompi la dieta" ed io"Ma è una cosa tra me e me,non posso interrompere la dieta prima che siano passati i giorni prestabiliti,non posso''.Francamente non ricordo la sua risposta,mi hanno mandata da un'altra dottoressa,a mio parere,palesemente sottopeso che mi guardò come a dire "eh ti capisco"....potrei continuare.Mi tengo i miei perchè,i familiari non capiscono che sottovalutare equivale a condannare...almeno io sto sicura che se mia figlia un giorno dovesse avere qualche problema io sono certa che me ne accorgerò IMMEDIATAMENTE,forse anche prima di lei.
Sono d'accordissimo con te.. Dovessi avere una figlia farei di tutto per tenerla lontana da possibili appigli come autolesionismo e anoressia (parlo a seconda della mia esperienza, ognuno ha un proprio passato)
L accettazione in un centri per dura di dca non va in base al peso o a certi comportamenti disfunzionali. Dovrebbe essere così, ma non lo si è. Molto spesso, raggiunto un normopeso, le persone affette da dca sono dimesse perché si pensa siano guarite...ma è davvero così? No. Anzi, al contrario conosco ragazze sottopeso che mentalmente sono più guarite di altre normopeso. Trovo che sia ingiusta questa cosa.
Per quanto riguarda la prevenzione, è complicata da attuare. Mi ricordo alle medie, quando una dottoressa dell asl era venuta a parlarci dell anoressia, e io mi sono detta " che paura. Non ci cadrò mai" . E dopo un anno e mezzo...ho incontrato la malattia. Quindi penso sia difficile prevenire. Ovvio che parlo in base a esperienze personali...
QUALE PREVENZIONE IN ITALIA? UN COMMENTO DALLA PARTE DEI GENITORI Da circa un anno è stata diagnosticata a nostra figlia una anoressia nervosa, dopo anni di giri inutili presso medici evidentemente inadeguati. In questo terribile frangente noi genitori abbiamo vissuto mesi, anni, di enorme disagio, scoprendo che in una città come Roma è difficilissimo trovare assistenza sanitaria adeguata, poiché i medici e le strutture pubbliche e private via via contattati sono risultati spesso incompetenti, impreparati sulle specificità di tale malattia, comunque non adeguati, facendoci sprecare tempo prezioso, vitale per nostra figlia.
Nel momento in cui la malattia è stata finalmente e tardivamente diagnosticata, ci siamo resi conto che i pochi centri specializzati residenziali esistenti in Italia, nessuno nella Regione Lazio, la gran parte ubicati prevalentemente al centro-nord, hanno lunghe liste di attesa. Abbiamo dovuto pertanto far ricoverare nostra figlia in un Centro in Val d’Aosta, fortunatamente rivelatosi molto valido, l’unico centro disponibile ad accoglierla con urgenza, dopo mesi (anni) in cui nessun medico aveva diagnosticato la sua reale malattia.
Questo ricovero ha salvato la vita di nostra figlia: altri ragazzi, purtroppo, non ce l’hanno fatta.
I disagi psicologici, il distacco della ragazza dai parenti e dagli amici, l'interruzione degli studi, le difficoltà di contatto con l’equipe curante, le spese e le difficoltà di viaggio che abbiamo dovuto affrontare nel corso dei 7 lunghi mesi di ricovero, l'interruzione della continuità terapeutica quando la ragazza è stata dimessa ed è tornata a Roma, fortunatamente presa in carico immediatamente dall’ottimo centro UOSD DCA della ASL RME, sono solo alcuni degli aspetti gravissimi che si sono aggiunti ad una condizione già pesante dovuta alla malattia. Il Centro della ASL RM E che attualmente segue nostra figlia offre solo assistenza ambulatoriale e in caso di necessità di ricovero è costretto ad inviare i pazienti fuori Regione.
L’associazione dei genitori Fenice Lazio Onlus (www.fenicelazionlus.org), che affianca e collabora con l’ UOSD DCA della ASL RM E, chiede da anni che venga istituita una struttura residenziale nella Regione Lazio, come peraltro sancito dalla Mozione 78 il 12 Dicembre 2011 da parte del Consiglio Regione Lazio.
Dopo innumerevoli incontri con i dirigenti responsabili, e richieste formali anche da parte di noi genitori, la nostra richiesta si è finalmente concretizzata nel Progetto per la Residenza DCA presso il S.Maria della Pietà (RSA S.Maria della Pietà – PAD.3) di cui alla lettera Prot. 0033396 ASL RM.E 1.27072012.
Recentemente, con nota del 14 gennaio 2013 , la Regione Lazio ha tuttavia risposto negativamente.
I mesi dunque passano e la burocrazia ha tempi incompatibili con la guarigione dei nostri figli. Perché l’anoressia è una grave malattia che va prevenuta e curata quanto prima e in maniera integrata ed incisiva. A tale scopo chiediamo anche l’istituzione di una giornata nazionale dei disturbi del comportamento alimentare, il 15 marzo, la giornata del fiocchetto lillà, in cui si possano discutere e condividere problemi, cure e progressi nella prevenzione e cura di questa malattia.
(si veda la petizione pubblica su : http://www.petizionepubblica.it/?pi=DCA)
“Una comunità può dirsi etica solo se si rende responsabile del dolore che c’è nelle proprie famiglie e se si assume il compito di educare e curare i propri figli”.
Lanciamo quindi un appello affinché le strutture competenti si attivino, subito, perché termini questa situazione terribile e di enorme disagio, affinché i nostri figli malati abbiamo una possibilità concreta di guarigione. Anche a Roma. Anche nel Lazio. Anche in Italia.
Si dovrebbe prevenire...solo che è difficile comprendere quanto una persona soffra dall'interno.
Quanto senta suo il disturbo dell'alimentazione.
Io l'ho sempre sentito mio,nella testa,dall'età di cinque anni...qando mia madre e le mie amichette mi deridevano per il peso esagerato e per i vestitini che non mi entravano.
a 13 anni mi sono ammalata di anoressia,poi di bulimia...ma ero già malata dentro.
In ogni caso...il peso è il fattore che forse conta meno in un disturbo alimentare,perchè è così variabile e ingannevole...e anche il fattore vomito...una persona può anche non vomitare e magari digiunare o sfinirsi di attività fisica,per compensare cibo o abbuffate...insomma,si potrebbe essere sani fisicamente e assai malati dentro...io,ad esempio...anche se ora sono malata anche fuori,a causa dell'alto sovrappeso prossimo all'obesità.
un abbraccio,
fra
C'è una linea sottile tra il voler dimagrire in maniera sana e la malattia. A volte si mischiano per bene. La malattia diventa quello che si pensa di mangiare in maniera sana. E intervenire diventa impossibile quando non si sa cosa sta succedendo...
trattamento precoce... faccio parte di quelle persone i cui genitori hanno ignorato il problema. Si preoccupano magari di aiutare i figli degli altri, ma quelli dei loro figli non vengono contemplati. Così, diventata adulta, cerco di combattere e di riprendermi la vita, anche se spesso mi sento il mondo contro. Ci sono dentro da più di vent'anni, con alti e bassi.
p.s.: ti ho scritto in pvt,un mondo di baci!
@ trappolapertopi2 – Se ti può servire a qualcosa, anch’io avrei potuto prendere più in tempo la mia anoressia, evitando di ridurmi in condizioni estreme e trovarmi, ad oggi, a scontare i danni fisici di questa malattia, senza ancora essere riuscita a liberarmene del tutto… quindi, forse se il DCA va avanti è perché c’è qualcosa sotto che non ci avrebbe permesso comunque di fermarci prima. A parte questo… anch’io sono dell’idea che poter parlare di prevenire i DCA sia azzardato. Sarebbe meglio parlare di trattamento adeguato, piuttosto, credo che sarebbe più produttivo…
P.S.= Anche a me fanno odio le cliniche che accettano o meno i ricoveri facendo riferimento al peso… come se il peso potesse dire quanto veramente sta male una persona… come se i DCA fossero unicamente malattie del peso... e si ritorna ai soliti vecchi luoghi comuni…
@ Wolfie – Hai ragione, una campagna improntata sull’informazione, se condotta in maniera seria, sarebbe molto d’aiuto… speriamo che le cose in futuro possano muoversi in questo senso…
@ M.M. – Hai perfettamente ragione quando dici che sarebbe stato importante un intervento precoce sulla tua anoressia… come ogni qualsiasi malattia, infatti, anche per l’anoressia vale il principio che prima s’interviene migliori sono i risultati che si ottengono sotto ogni punto di vita… perché poi, come tutte le malattie, più si va avanti senza trattarla adeguatamente, più essa diviene radicata… e allora è molto più difficile. Io infatti ti stimo tantissimo per il coraggio e per la forza di volontà che sei riuscita a trovare e ad alimentare per combattere, perché ce ne vuole un sacco e una sporta per fare il percorso che tu adesso stai facendo… e nella cui valenza io credo profondamente. Anch’io non saprei bene come impostare una prevenzione nei confronti dei DCA… certamente più a livello psicologico… però son malattie talmente multifattoriali che anche la prevenzione dovrebbe essere individualizzata…
@ Vele/Ivy – Anch’io spero che la ricerca possa fornirci più utili armi per prevenire i DCA in futuro… fosse anche solo in una piccola fetta della popolazione… sarebbero comunque dei piccoli passi in avanti…
@ SkinnyBitch – Ed hai perfettamente ragione. Il mio ARGH in commento all’approccio che hanno queste cliniche ai DCA era esattamente relativo a ciò che tu hai esplicato nel tuo commento. Oltre ovviamente al fatto che non è certo una soglia di peso che stabilisce la gravità clinica degli aspetti mentali di una persona che ha un DCA…
@ Marcella – Io penso che, all’inizio, i familiari non se ne accorgono proprio… e, quando se ne rendono conto, in un primo momento è così difficile accettare la situazione della propria figlia, così doloroso, che cercano di raccontarsi che non sta succedendo davvero… nella puerile speranza che forse è davvero tutto solo un brutto sogno… ed è per questo che spesso l’intervento da parte della famiglia è tardivo. Certamente, chi come te ha avuto esperienza diretta, magari è più lungimirante su certe cose… naturalmente dipende sempre dalla persona, perché ho conosciuto figlie di donne che avevano avuto problemi di DCA, e che comunque non sono riuscite ugualmente ad arginare la malattia nelle loro figliole… Io penso che il fatto che i DCA siano tabù sia legato al fatto che, in generale, le malattie mentali sono tutte considerate un po’ tabù, perché più difficili da maneggiare, e più logorate da preconcetti…
@ Pulce – Sono perfettamente d’accordo col tuo primo discorso: perché si tende a pensare che l’anoressia sia la malattia del cibo e del peso, quando in realtà è una malattia mentale, ma viene fatto l’errore di valutare esclusivamente la fisicità, purtroppo… Comunque anch’io penso che possa essere veramente difficile prevenire un DCA… sarebbe meglio concentrarsi sul come aiutare più efficacemente persone con DCA e i loro familiari e amici…
@ Anonimo (23 Aprile, ore 12.56) – Grazie per il commento.
@ Francesca – Hai ragione, in linea generale la prevenzione è importantissima e si dovrebbe prevenire… rimane però da capire come, perché mi pare che sinora ogni linea preventiva non ha avuto molto successo in merito ai DCA… E sono assolutamente d’accordo sul fatto che la fisicità è il fattore meno indicativo rispetto all’entità del disagio e del malessere di una persona che non ha un DCA…
@ Elle; - Hai ragione, proprio per questo è così difficile impostare una campagna preventiva efficace nei confronti di malattie subdole come i DCA…
@ Lucy May – Forse perché, semplicemente, è più facile curarsi dei problemi altrui, che pesano di meno, che non dei propri… quelli altrui sono più facili da gestire proprio perché non toccano veramente fino in fondo. Penso che, certamente, se i tuoi genitori ti avessero sostenuto di più fin dall’inizio, per te sarebbe stato benefico… ma penso anche che, alla fine, la cosa dobbiamo comunque sfangarla da sola, perché siamo sempre noi di fronte a noi stesse…
P.S.= Ti rispondo appena possibile!...
@ Laura C. – E io ringrazio i professori di Igiene & Sanità Pubblica, che all’Università a suo tempo mi hanno insegnato queste cose sulle varie tipologie di prevenzione…! ^__^” Io credo che la prevenzione secondaria possa essere la tipologia di prevenzione più efficace quando si parla di DCA... perché può essere mirata sul singolo. E perché i DCA sono malattie che hanno tendenza a cronicizzare, per cui più si riescono a cogliere precocemente, maggiori sono le possibilità di successo terapeutico… più si fa passare tempo, più i meccanismi cognitivi si distorcono, più diventa difficile “fare marcia indietro”... E, mi permetto di aggiungere, poiché un’adolescente non vive chiusa in casa con i genitori, ma va anche a scuola e spesso e volentieri fa pure un qualche sport, sarebbe importante insegnare anche a professori ed allenatori la verità sui DCA, in maniera tale che queste figure possano contribuire ad una diagnosi precoce, laddove i genitori possano “girarsi dall’altra parte” per far finta di non vedere quello che temono, oppure essere ingannati dalle caratteristiche della perdita di peso dei figli (com’è successo nel mio caso)…
P.S.= Non avevo sentito la notizia del telegiornale che mi citi… Oddio, detta così mi sembra un po’ di si stia cercando di fare di tutta l’erba un fascio, e non mi sembra che questo sia corretto… Voglio dire, se i miei genitori si fossero dovuti accorgere della mia anoressia dai morsi, dal giocare col cibo, o dallo sminuzzare… a maggior ragione non si sarebbero accorti di niente, perché io non facevo niente di tutto ciò!... Certo, magari ci sono alcune persone che lo fanno, quindi, per carità, gettiamoci pure un’occhiata… ma da qui a dire che riconoscere questi atteggiamenti verso il cibo basti per sospettare un DCA, o addirittura sia diagnosi sicura di DCA, ce ne corre eccome!!... E’ una generalizzazione, quella che è stata detta, e come per tutte le generalizzazioni, in realtà va bene per una piccola fascia di popolazione di malate di DCA, ma non è assolutamente ascrivibile a chiunque abbia un DCA… questo a maggior ragione andrebbe detto, per non lasciare che i genitori si cullino nell’illusione che se la loro figlia non ha quegli atteggiamenti nei confronti del cibo allora non ha un DCA, o che si preoccupino eccessivamente se vedono quegli atteggiamenti, perché non sono segno diagnostico sicuro al 100% di DCA…
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