Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.
Visualizzazione post con etichetta Carnevale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Carnevale. Mostra tutti i post

lunedì 22 febbraio 2010

Maschere

Ieri ero a lavoro nella città dove abita Fighter, così abbiamo colto l’occasione per incontrarci di nuovo. Lei è venuta a trovarmi in palestra, ed avevamo progettato di andare a vedere la sfilata del Carnevale, dopo, ma purtroppo il lavoro si è protratto fino a tarsi e non è stato possibile.

Purtroppo abbiamo avuto poco modo di parlarci, Fighter, ma sappi che io ti ho sentita. Ti ho sentita e ti ho pensata molto anche quando te ne sei andata.
E mi è venuto da pensare che a tanti ho rinfacciato che non hanno il coraggio di soffrire. Subito dopo mi è venuto in mente che non ho mai avuto il coraggio di non soffrire. Forse è questo ciò che ci tiene in sospeso – né di qua e né di là – sai?! Tutta la paura che fa la serenità. Capisco, Fighter, capisco quando mi dici che sorridi a tutti. Capisco quando mi parli di maschere. Come quelle che dovevamo andare a vedere insieme ieri. Le conosco fin troppo bene, le maschere.

Da qando sono entrata nell’anoressia, ho continuato a vestire maschere su maschere per ogni persona che incontro. Bugie. Per giustificare il mio corpo ho raccontato di avere problemi di assimilazione, per giustificare un “no” a qualsiasi torta ho inventato fantasiose intolleranze alimentari. Però non l’ho fatto solo per gli altri come spesso credo, e forse anche tu non l’hai fatto solo per gli altri. A casa mia, dopo 5 ricoveri infiniti a Villa Dei Pini, non c’era modo di essere guardata con una briciola di rispetto e comprensione. Mi arrivava tanta pietà, mi arrivavano occhi attenti, troppo attenti ad ogni mio passo, percepivo un’attesa da parte dei miei dell’ennesimo passo falso, quasi ci rimanevano male se questo passo tardava un po’. Purtroppo sono vissuta molti anni in una situazione al limite. Ma non volevo che, oltre i miei familiari, anche l’altra gente sapesse qualcosa della mia situazione. E così è cominciato il carnevale.

Non ne vado affatto fiera, mi maledico tutti i giorni, ma mi rendo anche conto che per adesso è l’unico modo che ho per custodire uno spazio segreto, inviolabile, e coltivarlo. Mi rendo conto che solo in questo modo riesco ad avvicinare le persone: mettendo una barriera semipermeabile tra me e loro, un volto che lascia passare qualcosa di mio ma non troppo. Però il numero delle maschere non è proporzionale affatto a quello che c’è dietro. E qualcosa dietro c’è, altrimenti non avrebbe senso coprirlo.

Mi hai detto che non ti senti a tuo agio con il tuo corpo, adesso. Tu hai un corpo che non senti, ma ce l’hai. Questa è una constatazione dolorosa ma contemporaneamente può essere un trampolino di lancio. Mi hai parlato di fasi: nelle fasi è implicito un percorso. Anche io avrei voglia di dirti di lottare, di non mollare… ma lo vedi come siamo? Perché non riusciamo mai a dircelo? Perché ci reputiamo così poco credibili? Perché dentro di noi crediamo fermamente che ci sia una ragione per essere qui, per parlarci, e poi fatichiamo così tanto per darle importanza, per renderla il motore di noi stesse? Adesso vorrei tanto avere un corpo che mi faccia respirare in pace. Tutto il dolore fisico che si sente, la debolezza, la stanchezza, dovrebbero essere sufficienti per rendere quell’ “esaltazione nel restringere” qualcosa di estremamente meno potente. Ci sto provando. Ogni chilo è una vittoria da una parte, una sconfitta dall’altra…

Proviamoci insieme, eh, Figher?! (Proviamoci insieme, eh, ragazze?!). Possiamo davvero essere più forti se combattiamo insieme. Combattiamo.

Ti voglio bene, amore. Ma tanto tanto. Spero di riabbracciarti prestissimo.

 
Clicky Web Analytics Licenza Creative Commons
Anoressia: after dark by Veggie is licensed under a Creative Commons Attribution-NoDerivs 3.0 Unported License.