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venerdì 10 ottobre 2014
Le nostre infographic (1)
Chiedo venia per l’attesa, ragazze, ma finalmente sono riuscita a rimettere insieme tutti i frammenti che mi avete inviato e chiesto di realizzare… E dunque ecco a voi quello che spero possa essere solo il primo di una (lunga) serie di post costituito dalle infographic da noi realizzate. (click su ogni immagine per ingrandirla)
Apriamo le danze con l’infographic di Raffa, che illustra cosa veramente significa vivere prima-durante-dopo un DCA.
Quindi Wolfie, che parla di psicoterapia… sotto 2 diversi punti di vista.
È il turno di Vale, che contrappone le bugie che il DCA ci racconta alle nostre verità.
Il testimone passa poi alle bellissime infographic realizzate da Christiane.
A questo punto arriva Charlie, che ci fa vedere un confronto diretto tra vita con e senza DCA, ad ogni età.
E ora la simpaticissima infographic di Stella, che ci mostra la verità sul percorrere la strada del ricovero.
Ovviamente anch’io mi sono data da fare per realizzare le infographic che mi avevate richiesto, e dunque ecco la prima, che mi è stata richiesta sia da Connie che da Raffa, relativa alle attività alternative, ovvero alle strategie di coping che possiamo mettere in atto quando si combatte contro un DCA. Ho voluto illustrare, per ogni strategia, i suoi pro e i suoi contro affinché ognuna di noi possa scegliere l’attività più giusta per il momento che sta vivendo, soppesandone pregi e difetti. (Scontato a dirsi, ma comunque: queste sono solo strategie di auto-aiuto… NON sostituiscono in alcun modo la psicoterapia!)
Quest’altra mi è stata invece richiesta da Lexie, che mi aveva proposto di realizzare un’infographic per “chi non si sente abbastanza malata per chiedere aiuto”.
Infine, chiude questa prima serie l’infographic che mi è stata suggerita da Jonny, che ha come destinatarie le ragazze che tengono blog pro ana/mia. (L’ho dovuta spezzare in 3 per ragioni di spazio, ma le tre colonnine sono da considerarsi come se fossero tutt’uno, e da leggersi una in fina all’altra.) Jonny, forse non è esattamente quel che tu avevi in mente, ma spero che il risultato possa essere ugualmente efficace!
Bè, ragazze, spero che queste infographic vi piacciano e vi sembrino efficaci. Cosa ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti, se vi va!
P.S.= Continuate ad inviarmi le vostre infographic o a suggerirmi idee per realizzarne di nuove: non appena ne avrò raccolte altre, realizzerò un nuovo post condividendole!
P.P.S.= Dalla seconda infographic di Christiane vorrei trarne un video, ma ho bisogno della vostra collaborazione. Vi chiedo pertanto di rispondere (nei commenti o via email – veggie.any@gmail.com – come preferite) a questa domanda: qual è la cosa che più vi aiuta nella vostra quotidianità a combattere contro l’anoressa/la bulimia/il DCAnas? Niente risposte filosofiche, solo cose semplici e concrete, che io possa inserire nel video. Esempio banale: la cosa che più mi aiuta è giocare a calcio. Se poi trovate un’immagine che rappresenta la vostra risposta (nell’esempio citato, un pallone da calcio), inviatemela tramite email, affinché io possa raccoglierle tutte ed inserirle nel video, che conterrà tutto ciò che ci aiuta quotidianamente a combattere contro l’anoressia e a ricostruire una vita fuori dall’ombra della malattia.
Apriamo le danze con l’infographic di Raffa, che illustra cosa veramente significa vivere prima-durante-dopo un DCA.
Quindi Wolfie, che parla di psicoterapia… sotto 2 diversi punti di vista.
È il turno di Vale, che contrappone le bugie che il DCA ci racconta alle nostre verità.
Il testimone passa poi alle bellissime infographic realizzate da Christiane.
A questo punto arriva Charlie, che ci fa vedere un confronto diretto tra vita con e senza DCA, ad ogni età.
E ora la simpaticissima infographic di Stella, che ci mostra la verità sul percorrere la strada del ricovero.
Ovviamente anch’io mi sono data da fare per realizzare le infographic che mi avevate richiesto, e dunque ecco la prima, che mi è stata richiesta sia da Connie che da Raffa, relativa alle attività alternative, ovvero alle strategie di coping che possiamo mettere in atto quando si combatte contro un DCA. Ho voluto illustrare, per ogni strategia, i suoi pro e i suoi contro affinché ognuna di noi possa scegliere l’attività più giusta per il momento che sta vivendo, soppesandone pregi e difetti. (Scontato a dirsi, ma comunque: queste sono solo strategie di auto-aiuto… NON sostituiscono in alcun modo la psicoterapia!)
Quest’altra mi è stata invece richiesta da Lexie, che mi aveva proposto di realizzare un’infographic per “chi non si sente abbastanza malata per chiedere aiuto”.
Infine, chiude questa prima serie l’infographic che mi è stata suggerita da Jonny, che ha come destinatarie le ragazze che tengono blog pro ana/mia. (L’ho dovuta spezzare in 3 per ragioni di spazio, ma le tre colonnine sono da considerarsi come se fossero tutt’uno, e da leggersi una in fina all’altra.) Jonny, forse non è esattamente quel che tu avevi in mente, ma spero che il risultato possa essere ugualmente efficace!
Bè, ragazze, spero che queste infographic vi piacciano e vi sembrino efficaci. Cosa ne pensate? Fatemelo sapere nei commenti, se vi va!
P.S.= Continuate ad inviarmi le vostre infographic o a suggerirmi idee per realizzarne di nuove: non appena ne avrò raccolte altre, realizzerò un nuovo post condividendole!
P.P.S.= Dalla seconda infographic di Christiane vorrei trarne un video, ma ho bisogno della vostra collaborazione. Vi chiedo pertanto di rispondere (nei commenti o via email – veggie.any@gmail.com – come preferite) a questa domanda: qual è la cosa che più vi aiuta nella vostra quotidianità a combattere contro l’anoressa/la bulimia/il DCAnas? Niente risposte filosofiche, solo cose semplici e concrete, che io possa inserire nel video. Esempio banale: la cosa che più mi aiuta è giocare a calcio. Se poi trovate un’immagine che rappresenta la vostra risposta (nell’esempio citato, un pallone da calcio), inviatemela tramite email, affinché io possa raccoglierle tutte ed inserirle nel video, che conterrà tutto ciò che ci aiuta quotidianamente a combattere contro l’anoressia e a ricostruire una vita fuori dall’ombra della malattia.
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venerdì 30 dicembre 2011
Per Lucy May - Buon 2012...
Per finire in bellezza questo 2011, ed iniziare il 2012 in positività, ho incontrato Lucy May.
E perciò, Lucy May, questo post è per te.
Perché si arriva ad un punto in cui capisci che altro non puoi fare. Nient’altro, tranne continuare a combattere contro l’anoressia. Quello che dovevi dire l'hai detto. Veramente, anche quello che non dovevi dire. Ma, Lucy May, sbagliare è umano. E anche aver paura, sentirsi in ansia, pensare di non farcela… tutto questo fa parte del nostro percorso. Sono stata così felice di poter passare un po’ di tempo con te, anche se temo che tu abbia visto in me molto più di quella che io sento di essere. Ma forse è normale che sia così.
Non è mai facile avere a che fare con una persona che ha un DCA, e questo lo sai bene anche tu. Non è facile per gli “esterni”, e a volte neanche per chi l’ha vissuta sulla propria pelle. Ma volevo solo dirti che per me il tuo abbraccio e il tuo sorriso valevano più di quanto si possa esprimere a parole.
Ti penso. Ti scrivo. Condividiamo. Combattiamo insieme. A volte va meglio, altre va peggio, e ci sentiamo come se fosse tutto come prima. Ma in realtà qualcosa cambia sempre.
Sono stata davvero felice di poterti parlare faccia a faccia, di poterti tenere per mano. Sei veramente unica e meravigliosa per me. Ti svaluti un sacco, eppure sei sempre te, quella speciale. Impulsiva, sorridente, silenziosa, dolce, forte, fragile, semplice, sensibile, diretta, viva e coraggiosa. Sai vivere. Tu pensi di no, ma io ti dico di sì, sai vivere. Non so da chi l'hai imparato. Che non si decide di essere così. Hai quella capacità d'incantare con le tue parole e il tuo alone di mistero tipica delle persone speciali. Dovresti vederti quando parli, quando gesticoli. Sei fatta per attirare l'attenzione. Brilli. Credo che, in fondo in fondo, sia uno dei tuoi scopi, temuti ed agognati.
Mi hai detto che hai avuto la sensazione di poter imparare tante cose da me. Ma arrivate a questo punto, sono io quella che ha imparato di più da te. Sono felicissima ed orgogliosa di averti come amica. Non vedo l’ora di poterti riabbracciare. Ti voglio un bene dell'anima.
E per questo nuovo anno che sta per cominciare, ti auguro (e auguro a tutte voi, ragazze) sogni a non finire, e la voglia di mettercela tutta per realizzarne qualcuno. Auguro di amare ciò che si deve amare, e di dimenticare ciò che si deve dimenticare. Auguro forza, coraggio, passioni, silenzi, un raggio di sole al risveglio e un sorriso sincero sulle labbra. Auguro di resistere alle mille e poi mille difficoltà quotidiane, e di rialzarsi dopo ogni caduta. Auguro soprattutto di essere sempre e solo noi stesse…
P.S.= Se vi va, date un’occhiata a QUESTO POST che ho trovato su un blog… Credo che troverete il post e la mia risposta alquanto interessanti… E se qualcuna vuole aggiungere al mio il proprio commento… ^__^”
E perciò, Lucy May, questo post è per te.
Perché si arriva ad un punto in cui capisci che altro non puoi fare. Nient’altro, tranne continuare a combattere contro l’anoressia. Quello che dovevi dire l'hai detto. Veramente, anche quello che non dovevi dire. Ma, Lucy May, sbagliare è umano. E anche aver paura, sentirsi in ansia, pensare di non farcela… tutto questo fa parte del nostro percorso. Sono stata così felice di poter passare un po’ di tempo con te, anche se temo che tu abbia visto in me molto più di quella che io sento di essere. Ma forse è normale che sia così.
Non è mai facile avere a che fare con una persona che ha un DCA, e questo lo sai bene anche tu. Non è facile per gli “esterni”, e a volte neanche per chi l’ha vissuta sulla propria pelle. Ma volevo solo dirti che per me il tuo abbraccio e il tuo sorriso valevano più di quanto si possa esprimere a parole.
Ti penso. Ti scrivo. Condividiamo. Combattiamo insieme. A volte va meglio, altre va peggio, e ci sentiamo come se fosse tutto come prima. Ma in realtà qualcosa cambia sempre.
Sono stata davvero felice di poterti parlare faccia a faccia, di poterti tenere per mano. Sei veramente unica e meravigliosa per me. Ti svaluti un sacco, eppure sei sempre te, quella speciale. Impulsiva, sorridente, silenziosa, dolce, forte, fragile, semplice, sensibile, diretta, viva e coraggiosa. Sai vivere. Tu pensi di no, ma io ti dico di sì, sai vivere. Non so da chi l'hai imparato. Che non si decide di essere così. Hai quella capacità d'incantare con le tue parole e il tuo alone di mistero tipica delle persone speciali. Dovresti vederti quando parli, quando gesticoli. Sei fatta per attirare l'attenzione. Brilli. Credo che, in fondo in fondo, sia uno dei tuoi scopi, temuti ed agognati.
Mi hai detto che hai avuto la sensazione di poter imparare tante cose da me. Ma arrivate a questo punto, sono io quella che ha imparato di più da te. Sono felicissima ed orgogliosa di averti come amica. Non vedo l’ora di poterti riabbracciare. Ti voglio un bene dell'anima.
E per questo nuovo anno che sta per cominciare, ti auguro (e auguro a tutte voi, ragazze) sogni a non finire, e la voglia di mettercela tutta per realizzarne qualcuno. Auguro di amare ciò che si deve amare, e di dimenticare ciò che si deve dimenticare. Auguro forza, coraggio, passioni, silenzi, un raggio di sole al risveglio e un sorriso sincero sulle labbra. Auguro di resistere alle mille e poi mille difficoltà quotidiane, e di rialzarsi dopo ogni caduta. Auguro soprattutto di essere sempre e solo noi stesse…
P.S.= Se vi va, date un’occhiata a QUESTO POST che ho trovato su un blog… Credo che troverete il post e la mia risposta alquanto interessanti… E se qualcuna vuole aggiungere al mio il proprio commento… ^__^”
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venerdì 18 febbraio 2011
Una lezione in dati di fatto
Dato di fatto numero 1: L’anoressia combatterà per sconfiggervi.
Dato di fatto numero 2: L’anoressia avrà la meglio, se le lascerete avere la meglio.
Dato di fatto numero 3: L’anoressia renderà la vostra vita miserabile…
Dato di fatto numero 4: ... e renderà miserabile anche la vita delle persone cui volete bene.
Dato di fatto numero 5: L’anoressia non vi renderà felici…
Dato di fatto numero 6: …ma vi distruggerà, un pezzo dopo l’altro, fisicamente e mentalmente.
Dato di fatto numero 7: L’anoressia fingerà di essere vostra amica…
Dato di fatto numero 8: … e non esiterà a togliervi terreno da sotto i piedi facendovi cadere.
Dato di fatto numero 9: L’anoressia vi mentirà.
Dato di fatto numero 10: L’anoressia cercherà di farvi credere che è più forte di voi.
Questi sono dati di fatto. Non esattamente un meraviglioso quadretto, eh?!...
Ma...
Dato di fatto numero 1: Potete combattere contro l’anoressia, e vincere.
Dato di fatto numero 2: L’anoressia avrà la meglio, se le lascerete avere la meglio. Ma voi non dovete lasciarle avere la meglio.
Dato di fatto numero 3: Voi avete tutte le capacità di cambiare la vostra vita…
Dato di fatto numero 4: … e di combattere insieme a tutte le persone che vi vogliono bene e credono in voi.
Dato di fatto numero 5: L’anoressia non vi renderà felici. Ma avrete un sacco di altre cose che potranno rendervi felici...
Dato di fatto numero 6: … e potrete ricostruire voi stesse, un pezzo dopo l’altro, fisicamente e mentalmente.
Dato di fatto numero 7: L’anoressia fingerà di essere vostra amica, ma voi potete essere le migliori amiche di voi stesse. Prendendovi cura di voi stesse.
Dato di fatto numero 8: … e non esiterà a togliervi terreno da sotto i piedi facendovi cadere. Ma voi potete sempre rialzarvi.
Dato di fatto numero 9: L’anoressia vi mentirà. Ma voi sapete qual è la verità.
Dato di fatto numero 10: L’anoressia cercherà di farvi credere che è più forte di voi. Ma VOI siete LE PIU’ FORTI. E sempre lo sarete, se continuerete a combattere.
E anche questi sono dati di fatto.
Dato di fatto numero 2: L’anoressia avrà la meglio, se le lascerete avere la meglio.
Dato di fatto numero 3: L’anoressia renderà la vostra vita miserabile…
Dato di fatto numero 4: ... e renderà miserabile anche la vita delle persone cui volete bene.
Dato di fatto numero 5: L’anoressia non vi renderà felici…
Dato di fatto numero 6: …ma vi distruggerà, un pezzo dopo l’altro, fisicamente e mentalmente.
Dato di fatto numero 7: L’anoressia fingerà di essere vostra amica…
Dato di fatto numero 8: … e non esiterà a togliervi terreno da sotto i piedi facendovi cadere.
Dato di fatto numero 9: L’anoressia vi mentirà.
Dato di fatto numero 10: L’anoressia cercherà di farvi credere che è più forte di voi.
Questi sono dati di fatto. Non esattamente un meraviglioso quadretto, eh?!...
Ma...
Dato di fatto numero 1: Potete combattere contro l’anoressia, e vincere.
Dato di fatto numero 2: L’anoressia avrà la meglio, se le lascerete avere la meglio. Ma voi non dovete lasciarle avere la meglio.
Dato di fatto numero 3: Voi avete tutte le capacità di cambiare la vostra vita…
Dato di fatto numero 4: … e di combattere insieme a tutte le persone che vi vogliono bene e credono in voi.
Dato di fatto numero 5: L’anoressia non vi renderà felici. Ma avrete un sacco di altre cose che potranno rendervi felici...
Dato di fatto numero 6: … e potrete ricostruire voi stesse, un pezzo dopo l’altro, fisicamente e mentalmente.
Dato di fatto numero 7: L’anoressia fingerà di essere vostra amica, ma voi potete essere le migliori amiche di voi stesse. Prendendovi cura di voi stesse.
Dato di fatto numero 8: … e non esiterà a togliervi terreno da sotto i piedi facendovi cadere. Ma voi potete sempre rialzarvi.
Dato di fatto numero 9: L’anoressia vi mentirà. Ma voi sapete qual è la verità.
Dato di fatto numero 10: L’anoressia cercherà di farvi credere che è più forte di voi. Ma VOI siete LE PIU’ FORTI. E sempre lo sarete, se continuerete a combattere.
E anche questi sono dati di fatto.
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giovedì 13 gennaio 2011
Completamente diverse, profondamente uguali

(click sopra per ingrandire)
Bionda e bruna. Capelli corti e capelli lunghi. Occhi marroni chiari e occhi marroni scuri. Vestiti variopinti e total black. Bulimia e anoressia. Tu ed io. Completamente diverse. Profondamente uguali.
Ieri è stata una giornata speciale, una giornata magica. Ieri è stata la giornata in cui mi sono incontrata con Wolfie.
Per la prima volta dopo anni, ieri mi sono sentita serena. Mi sono sentita libera. Libera di essere me stessa senza timore di essere giudicata, libera di mostrare le mie cicatrici senza incontrare sguardi chiusi, libera di parlare senza dover pesare le parole o inventare bugie, libera di respirare senza soffocare.
Cara Wolfie, grazie tutto quello che mi hai detto, e tutto quello che non mi hai detto ma che ho letto comunque nei tuoi occhi. Ti stimo perché hai avuto il coraggio di ribellarti alla bulimia, di provare la vita, di affrontare la vita, accettando l’inevitabile rischio a ciò connesso, il rischio di essere ferita a fondo.
Il fondo dell’abisso lo abbiamo visto tutte e due. Lo abbiamo sentito sulla pelle. Non lasciarlo rinchiuso dentro al tuo cuore. Gridalo, buttalo fuori, non aver timore perché io posso sostenerlo. Perché il tuo demone è stato anche il mio. In fondo a quell’abisso ci sono precipitata anch’io. Possiamo ancora continuare a scavare. Oppure possiamo prenderci per mano e, se non iniziare un’arrampicata, per lo meno alzare la testa e guardare verso l’altro. Che, forse, a suo modo, è un po’ quello che abbiamo fatto ieri. Abbiamo alzato la testa e abbiamo visto che c’è sempre il cielo. E che è azzurro. E che è sereno. Anche se piove, oltre quelle nuvole c’è sempre un raggio di sole.
Io non me lo potrò mai dimenticare. Anche se dovessi vivere cent’anni, anche se dovessi morire domani, la giornata di ieri la porterò sempre in posto speciale dentro al mio cuore, dove nessuno sarà in grado di raggiungerla, dove nessuno sarà in grado di contaminarla. Sono contenta che tu non abbia fermato le tue lacrime nel momento in cui, alla stazione, ci siamo dovuto salutare. Perché non importa quanto bene si può fingere, quanto perfettamente si riesca a simulare la felicità, quanto si resista tendendo i muscoli per mostrare un simulacro di sorriso… ci sarà sempre bisogno di qualcuno che riesca a vedere oltre. E noi ci siamo viste oltre. Abbiamo visto quello che nessuno, nemmeno quelli con le lauree appese nei loro uffici, intenti a cavare parole di bocca e a guardare con aria comprensiva sono mai riusciti ad arrivare. Un DCA porta ad erigere un muro contro il mondo, un muro che nessuno riesce mai ad abbattere, pur provandoci in tutti i modi, nessuno riesce a scalfirlo. Le parole altrui si riflettono sugli specchi degli occhi e scivolano via. Ma ieri abbiamo appoggiato un dito sui nostri reciproci muri, ed è bastato quello per farli crollare. O forse non sono crollati… però noi stiamo dalla stessa parte di quel muro.
Quando ti ho guardata, mi è sembrato di vedermi allo specchio. Uno specchio che rimandava un’immagine totalmente differente, eppure uguale a me. Uno specchio più veritiero di quel pezzo di vetro che ho in casa. Il tuo riflesso è il mio riflesso. Nel momento in cui ho un riflesso, il mio riflesso è uguale a te. Mi guardo allo specchio e ti vedo. Sei accanto a me. Sei dentro di me. Le nostre anime si sono sfiorate.
Guardo le foto che ci siamo scattate, e poi quelle che non ci siamo scattate ma che si sono ugualmente impresse, indelebili, nella mia mente. Mi piacciono le foto, nonostante tutto, perché permettono di ricordare. E io, quando ripenserò alla giornata di ieri guardando queste foto, voglio ricordarmela così… con i nostri discorsi, le risate, le idee, le nostre parole, le cose non dette, gli alti e i bassi del nostro volare pericolosamente. I momenti divertenti, i sorrisi per una volta sinceri, e i silenzi, i mille volti del coraggio e della paura. Urlare contro i venti sbagliati, lasciarci andare e poi ritrarci, non dire. Voglio ricordarmi di questa giornata meravigliosa così, quando il cielo non avrà più colori, quando non ci sarà più tempo per parlare… sarà uno scrigno la nostra memoria… e questa meravigliosa pagina sarà sempre lì dentro.
Ti voglio bene.
Veggie
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domenica 1 agosto 2010
Four For Fighting
(…con buona pace dell’ultimo membro del noto gruppo musicale. Del resto, neanche noi siamo Superman, ma ce la mettiamo tutta per!)
Enigma - Fighter - MyNameIs - Veggie


Non ho parole. Non ho parole perché sono rimaste tutte intrappolate nella giornata di ieri. Una giornata in cui le maschere del teatrino quotidiano che poniamo in essere quando ci rapportiamo al resto del mondo cadono, e va in onda la realtà.
E mi viene da pensare che c’era un gioco che facevo da bambina: mettevo l’indice davanti al mio viso, e dicevo a chiunque mi capitasse a tiro in quel momento: “Cosa vedi?”. E la persona che mi stava davanti, immancabilmente, rispondeva: “Un dito!”; ed io replicavo: “Vedi come sono brava a nascondermi dietro un dito?!”. Questo gioco, in effetti, lo facevo spesso qualche anno fa. Dicevo: “Cosa vedo?”. “L’anoressia”. “Vedi come sono brava a nascondermi dietro l’anoressia?!”… bravissima. Ma tutto quello che c’è dietro? E tutto quello che c’è davanti? Vorrei scrivervi con calma, ragazze, senza avere mille pensieri che mi sfrecciano in testa. Enigma, Fighter, MtNameIs, vorrei vedervi, almeno io, sorelline. Vorrei che, per lo meno tra di noi, riuscissimo a vederci dietro le nostre dita.
Io penso davvero che voi siate delle artiste. Scrivete sui vostri blog in un modo diretto e tagliente, vero, e i disegni e le foto che pubblicate comunicano di tutto. Mi fa rabbia che il vostro peggio dell’orrore resti fine a se stesso come il mio. Mi fa rabbia che voi, belle come siete, dobbiate soffrire in questo modo. Mi fa rabbia l’aureola infernale che avete intorno, quel senso di barriere da tutte le parti. Avrei voglia di urlarvi di non mollare, di continuare a combattere, anche di farvi aiutare da qualcuno di specializzato in DCA… Non per imposizione altrui, ma per scelta, per voi stesse, perché non tutti i centri e non tutti gli psicoterapeuti sono uguali. Io a questo non c’ho creduto per tanto tempo, eppure col senno di poi mi accorgo che non è tutto e tutti da buttare, che non siamo noi il “marcio nella pasta Barilla”, che c’è del buono ancora in noi e tanto marcio che abbiamo avuto ed abbiamo tuttora intorno.
Lo so che combattere ogni giorno è difficile… e quanto è difficile! Mammamia quanto. Però non ci dovrebbe mai mancare la consapevolezza che non siamo noi le uniche sbagliate e che quello che sentiamo fa parte di una storia, e che questa storia non siamo solo noi che l’abbiamo scritta, dal momento che nella vita la fantasia di un’artista ha poco peso rispetto alla crudezza dei dettami e delle necessità della casa editrice.
Spero di rivedervi presto. Ogni volta che m’incontro anche solo con una di voi, per me è un regalo immenso. Magari non riesco neanche a farvi capire quanto lo sia. Magari a volte posso sembrare distante. Ma malgrado questo… voglio dirvi che vi penso sempre. Che siete il pensiero che mi accompagna in ogni giornata. Costantemente. Vi penso, siete parte della mia vita come se foste sempre al mio fianco. Continuiamo a combattere insieme.
Enigma - Fighter - MyNameIs - Veggie


Non ho parole. Non ho parole perché sono rimaste tutte intrappolate nella giornata di ieri. Una giornata in cui le maschere del teatrino quotidiano che poniamo in essere quando ci rapportiamo al resto del mondo cadono, e va in onda la realtà.
E mi viene da pensare che c’era un gioco che facevo da bambina: mettevo l’indice davanti al mio viso, e dicevo a chiunque mi capitasse a tiro in quel momento: “Cosa vedi?”. E la persona che mi stava davanti, immancabilmente, rispondeva: “Un dito!”; ed io replicavo: “Vedi come sono brava a nascondermi dietro un dito?!”. Questo gioco, in effetti, lo facevo spesso qualche anno fa. Dicevo: “Cosa vedo?”. “L’anoressia”. “Vedi come sono brava a nascondermi dietro l’anoressia?!”… bravissima. Ma tutto quello che c’è dietro? E tutto quello che c’è davanti? Vorrei scrivervi con calma, ragazze, senza avere mille pensieri che mi sfrecciano in testa. Enigma, Fighter, MtNameIs, vorrei vedervi, almeno io, sorelline. Vorrei che, per lo meno tra di noi, riuscissimo a vederci dietro le nostre dita.
Io penso davvero che voi siate delle artiste. Scrivete sui vostri blog in un modo diretto e tagliente, vero, e i disegni e le foto che pubblicate comunicano di tutto. Mi fa rabbia che il vostro peggio dell’orrore resti fine a se stesso come il mio. Mi fa rabbia che voi, belle come siete, dobbiate soffrire in questo modo. Mi fa rabbia l’aureola infernale che avete intorno, quel senso di barriere da tutte le parti. Avrei voglia di urlarvi di non mollare, di continuare a combattere, anche di farvi aiutare da qualcuno di specializzato in DCA… Non per imposizione altrui, ma per scelta, per voi stesse, perché non tutti i centri e non tutti gli psicoterapeuti sono uguali. Io a questo non c’ho creduto per tanto tempo, eppure col senno di poi mi accorgo che non è tutto e tutti da buttare, che non siamo noi il “marcio nella pasta Barilla”, che c’è del buono ancora in noi e tanto marcio che abbiamo avuto ed abbiamo tuttora intorno.
Lo so che combattere ogni giorno è difficile… e quanto è difficile! Mammamia quanto. Però non ci dovrebbe mai mancare la consapevolezza che non siamo noi le uniche sbagliate e che quello che sentiamo fa parte di una storia, e che questa storia non siamo solo noi che l’abbiamo scritta, dal momento che nella vita la fantasia di un’artista ha poco peso rispetto alla crudezza dei dettami e delle necessità della casa editrice.
Spero di rivedervi presto. Ogni volta che m’incontro anche solo con una di voi, per me è un regalo immenso. Magari non riesco neanche a farvi capire quanto lo sia. Magari a volte posso sembrare distante. Ma malgrado questo… voglio dirvi che vi penso sempre. Che siete il pensiero che mi accompagna in ogni giornata. Costantemente. Vi penso, siete parte della mia vita come se foste sempre al mio fianco. Continuiamo a combattere insieme.
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lunedì 22 febbraio 2010
Maschere
Ieri ero a lavoro nella città dove abita Fighter, così abbiamo colto l’occasione per incontrarci di nuovo. Lei è venuta a trovarmi in palestra, ed avevamo progettato di andare a vedere la sfilata del Carnevale, dopo, ma purtroppo il lavoro si è protratto fino a tarsi e non è stato possibile.
Purtroppo abbiamo avuto poco modo di parlarci, Fighter, ma sappi che io ti ho sentita. Ti ho sentita e ti ho pensata molto anche quando te ne sei andata.
E mi è venuto da pensare che a tanti ho rinfacciato che non hanno il coraggio di soffrire. Subito dopo mi è venuto in mente che non ho mai avuto il coraggio di non soffrire. Forse è questo ciò che ci tiene in sospeso – né di qua e né di là – sai?! Tutta la paura che fa la serenità. Capisco, Fighter, capisco quando mi dici che sorridi a tutti. Capisco quando mi parli di maschere. Come quelle che dovevamo andare a vedere insieme ieri. Le conosco fin troppo bene, le maschere.
Da qando sono entrata nell’anoressia, ho continuato a vestire maschere su maschere per ogni persona che incontro. Bugie. Per giustificare il mio corpo ho raccontato di avere problemi di assimilazione, per giustificare un “no” a qualsiasi torta ho inventato fantasiose intolleranze alimentari. Però non l’ho fatto solo per gli altri come spesso credo, e forse anche tu non l’hai fatto solo per gli altri. A casa mia, dopo 5 ricoveri infiniti a Villa Dei Pini, non c’era modo di essere guardata con una briciola di rispetto e comprensione. Mi arrivava tanta pietà, mi arrivavano occhi attenti, troppo attenti ad ogni mio passo, percepivo un’attesa da parte dei miei dell’ennesimo passo falso, quasi ci rimanevano male se questo passo tardava un po’. Purtroppo sono vissuta molti anni in una situazione al limite. Ma non volevo che, oltre i miei familiari, anche l’altra gente sapesse qualcosa della mia situazione. E così è cominciato il carnevale.
Non ne vado affatto fiera, mi maledico tutti i giorni, ma mi rendo anche conto che per adesso è l’unico modo che ho per custodire uno spazio segreto, inviolabile, e coltivarlo. Mi rendo conto che solo in questo modo riesco ad avvicinare le persone: mettendo una barriera semipermeabile tra me e loro, un volto che lascia passare qualcosa di mio ma non troppo. Però il numero delle maschere non è proporzionale affatto a quello che c’è dietro. E qualcosa dietro c’è, altrimenti non avrebbe senso coprirlo.
Mi hai detto che non ti senti a tuo agio con il tuo corpo, adesso. Tu hai un corpo che non senti, ma ce l’hai. Questa è una constatazione dolorosa ma contemporaneamente può essere un trampolino di lancio. Mi hai parlato di fasi: nelle fasi è implicito un percorso. Anche io avrei voglia di dirti di lottare, di non mollare… ma lo vedi come siamo? Perché non riusciamo mai a dircelo? Perché ci reputiamo così poco credibili? Perché dentro di noi crediamo fermamente che ci sia una ragione per essere qui, per parlarci, e poi fatichiamo così tanto per darle importanza, per renderla il motore di noi stesse? Adesso vorrei tanto avere un corpo che mi faccia respirare in pace. Tutto il dolore fisico che si sente, la debolezza, la stanchezza, dovrebbero essere sufficienti per rendere quell’ “esaltazione nel restringere” qualcosa di estremamente meno potente. Ci sto provando. Ogni chilo è una vittoria da una parte, una sconfitta dall’altra…
Proviamoci insieme, eh, Figher?! (Proviamoci insieme, eh, ragazze?!). Possiamo davvero essere più forti se combattiamo insieme. Combattiamo.
Ti voglio bene, amore. Ma tanto tanto. Spero di riabbracciarti prestissimo.
Purtroppo abbiamo avuto poco modo di parlarci, Fighter, ma sappi che io ti ho sentita. Ti ho sentita e ti ho pensata molto anche quando te ne sei andata.
E mi è venuto da pensare che a tanti ho rinfacciato che non hanno il coraggio di soffrire. Subito dopo mi è venuto in mente che non ho mai avuto il coraggio di non soffrire. Forse è questo ciò che ci tiene in sospeso – né di qua e né di là – sai?! Tutta la paura che fa la serenità. Capisco, Fighter, capisco quando mi dici che sorridi a tutti. Capisco quando mi parli di maschere. Come quelle che dovevamo andare a vedere insieme ieri. Le conosco fin troppo bene, le maschere.
Da qando sono entrata nell’anoressia, ho continuato a vestire maschere su maschere per ogni persona che incontro. Bugie. Per giustificare il mio corpo ho raccontato di avere problemi di assimilazione, per giustificare un “no” a qualsiasi torta ho inventato fantasiose intolleranze alimentari. Però non l’ho fatto solo per gli altri come spesso credo, e forse anche tu non l’hai fatto solo per gli altri. A casa mia, dopo 5 ricoveri infiniti a Villa Dei Pini, non c’era modo di essere guardata con una briciola di rispetto e comprensione. Mi arrivava tanta pietà, mi arrivavano occhi attenti, troppo attenti ad ogni mio passo, percepivo un’attesa da parte dei miei dell’ennesimo passo falso, quasi ci rimanevano male se questo passo tardava un po’. Purtroppo sono vissuta molti anni in una situazione al limite. Ma non volevo che, oltre i miei familiari, anche l’altra gente sapesse qualcosa della mia situazione. E così è cominciato il carnevale.
Non ne vado affatto fiera, mi maledico tutti i giorni, ma mi rendo anche conto che per adesso è l’unico modo che ho per custodire uno spazio segreto, inviolabile, e coltivarlo. Mi rendo conto che solo in questo modo riesco ad avvicinare le persone: mettendo una barriera semipermeabile tra me e loro, un volto che lascia passare qualcosa di mio ma non troppo. Però il numero delle maschere non è proporzionale affatto a quello che c’è dietro. E qualcosa dietro c’è, altrimenti non avrebbe senso coprirlo.
Mi hai detto che non ti senti a tuo agio con il tuo corpo, adesso. Tu hai un corpo che non senti, ma ce l’hai. Questa è una constatazione dolorosa ma contemporaneamente può essere un trampolino di lancio. Mi hai parlato di fasi: nelle fasi è implicito un percorso. Anche io avrei voglia di dirti di lottare, di non mollare… ma lo vedi come siamo? Perché non riusciamo mai a dircelo? Perché ci reputiamo così poco credibili? Perché dentro di noi crediamo fermamente che ci sia una ragione per essere qui, per parlarci, e poi fatichiamo così tanto per darle importanza, per renderla il motore di noi stesse? Adesso vorrei tanto avere un corpo che mi faccia respirare in pace. Tutto il dolore fisico che si sente, la debolezza, la stanchezza, dovrebbero essere sufficienti per rendere quell’ “esaltazione nel restringere” qualcosa di estremamente meno potente. Ci sto provando. Ogni chilo è una vittoria da una parte, una sconfitta dall’altra…
Proviamoci insieme, eh, Figher?! (Proviamoci insieme, eh, ragazze?!). Possiamo davvero essere più forti se combattiamo insieme. Combattiamo.
Ti voglio bene, amore. Ma tanto tanto. Spero di riabbracciarti prestissimo.

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domenica 17 gennaio 2010
Memories of a special day...

Perché ho guardato nei tuoi occhi, e c’era lo stesso riflesso presente nei miei.
Carissima Fighter, la prima cosa che vorrei dirti, che vorrei gridare se potessi, è che sono qui. Che ci sono. Che sono pronta per ogni tuo sfogo. Che sono felice che ieri, in una giornata dove ti sei guardata dall’interno e poi dall’esterno, dove ti sei cercata e respinta, dove hai cercato un filo e l’hai trovato di acciaio e forse ti ha stretto il collo, hai voluto condividerlo con me. Mi hai mostrato un pezzo del tuo dolore, un pezzo tutto tuo che forse hai sempre reputato incondivisibile. Mi è arrivato tutto. E ti ringrazio, ti ringrazio perché so quanto sia vergognoso farlo, quanto ci si possa sentire stupide. Sono contenta che ti sia sentita libera di parlare con me. Non potrei mai reputarti stupida per ciò che mi hai detto. Non mi fai paura. Mi fanno paura tutti quelli che affermano di non avere mai paura, tristezza, rabbia, noia. Mi fanno paura perché non riconoscono di essere umani.
Mente parlavamo, ieri pomeriggio, mi hai detto che razionalmente capisci le cose ma poi non riesci ad applicarle, e ti chiedi dov’è che sbagli. Io non ho una risposta, però quello che vedo in me come l’errore più clamoroso è stato il sentirmi perennemente sbagliata. L’errore più grosso.
Cerchi di definirti, di capire chi sei e cosa vuoi dal futuro. Però credimi, Fighter, nessuna etichetta ti basterà. Anoressica, bulimica, borderline, depressa, autolesionista, essere umano, maggiorenne, donna, bambina, figlia, compagna, controllata, malata, disperata, morta, viva… non ti basterà. Non ti basterà perché ogni giorno si saltella tra le mille etichette che ci diamo, perché ogni giorno ci mettiamo sulla fronte Post-It diversi sui quali scriviamo una parola che chi ci guarda non sa leggere, che noi stesse non riusciamo a leggere, che la pioggia cancella, che il vento lascia volare via. E allora ce ne marchiamo a fuoco un’altra, ma anche quella si cicatrizza, viene coperta dai capelli, occhi distratti se ne dimenticano… per qualche istante ce ne dimentichiamo. Non ci basterà definirci perché il nostro muoverci non ce lo permette. Ma questa è una ricchezza. È una ricchezza che rischia di farci sembrare povere, derelitte: è la ricchezza di sapere di non sapere, di avere chiaro quanto sia ciò che ci manchi. Però dovresti faticosamente tentare di gettare uno sguardo su quello che hai, perché non esiste il niente. Dimmi dolore, dimmi senso di vuoto, dimmi rabbia, disperazione, dimmi voglia di morire, dimmi voglia di cambiare, dimmi incapacità di rispondere attivamente a questa voglia, ma non dirmi niente. Mi prendi in giro. Ti prendi in giro. Non rispetti il dolore che hai dentro. Almeno quello consideralo. Perché anche se ci fosse solo lui come mi è sembrato tante volte, non è neanche paragonabile al niente.
Riconosco la difficoltà nel seguire il “regime alimentare” di cui mi hai parlato, soprattutto nei primi momenti. Però credo che sia importante. È importante perché se tramite questo “regime alimentare” riusciamo a metterci d’accordo con il DCA in qualche modo vuol dire che ci interagiamo e che non lasciamo che ci divori interamente. Non ci saremmo potute abbracciare ieri. Io avrei perso tanto se non avessi vissuto ieri pomeriggio.
Anni ed anni spesi in compagnia di un DCA sono tanti. Sembrano una vita intera. Forse lo sono. Dunque, l’equazione che viene in mente immediatamente è: “è stato così sempre = sarà così sempre”. Non è detto che non sia vero. Quello che è vero è che non possiamo pretendere che la vita segua un linguaggio matematico. Essa segue un linguaggio che non conosciamo, o che conosciamo solo in parte. Ma lei segue una logica imprevedibile, improvvisata certe volte. Con questo, quell’equazione maledetta ogni tanto mi salta in mente e sento che mi schiaccia. Ma è un’equazione mia. La vita può fregarsene. Se poi non se ne frega, forse sono io a suggerirgliela.
Eppure, nonostante i quintali di buio che sembrano permeare una vita in compagnia dell’anoressia, ieri pomeriggio ho visto da una fessurina uno spiraglio di luce. Un’opportunità. Perché, volendo, ogni giorno lo è. Se solo avessimo la forza di coglierla. Se non ci fosse tutta questa presunzione, questa convinzione, questa ostinazione, questa paura.
In ogni caso, Fighter, per qualsiasi cosa, io ci sono. Ci sono. Mi sembra strano dirlo, ma ci sono. Voglio rivederti ancora, riabbracciarti ancora, ascoltare le tue parole. Perchè c’è una vita intera dentro. C’è dolore, ci sono tanti scuotimenti del capo. Ma non è affatto vero che non c’è niente. Ogni tua parola, ieri, per me è stata un regalo immenso. Magari non riesco neanche a farti capire quanto lo sia stata.
Vorrei solo dirti che ti penso. Che sei in ogni passo che faccio. Costantemente nei miei pensieri. Ti penso, ti intrecci con me e con tutto quello che ho (dalla speranza alla fatica al dolore).
Perché ho guardato nei tuoi occhi, e c’era la stessa luce presente nei miei.
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giovedì 14 gennaio 2010
Restituiamo il morso
Dei DCA si sente dire di tutto e di più, dai manuali psichiatrici che cercano di definirli, ai blog "pro-ana/mia" che addirittura in un certo qual modo li esaltano. Bè, certo se state combattendo contro un DCA, concorderete con me che, passata la fase “luna di miele” iniziale, poi non c’è proprio nulla di esaltante... Comunque, se vogliamo cercare di spezzare la catena, se vogliamo cercare di rompere questo circolo vizioso, se vogliamo provare ad introdurre un cambiamento, almeno una volta nella nostra vita, bisogna cercare di imparare ad accettarsi per quello che siamo. Che è una delle cose più difficili che dovremmo mai fare in tutta la nostra vita.
La strada del ricovero è una strada in salita. Non è facile. Non è divertente. Ma è l’unica cosa che ci resta da fare, se non vogliamo che l’anoressia abbia la meglio su di noi.
In realtà, staccarsi dall’anoressia è così difficile anche perché, più passa il tempo, più questa ci definisce. E nel momento in cui ci troviamo a doverci togliere quell’etichetta, non sappiamo più come considerare noi stesse. E questo fa paura.
Ma noi non siamo l’anoressia. Noi non siamo un’etichetta. Noi siamo molto di più. La strada del ricovero ci è sempre aperta davanti, e sta solo a noi decidere d’iniziare e di continuare a percorrerla. E qui possiamo darci una mano a vicenda. Cerchiamo di aiutarci tutte insieme, tenendoci per mano mentre si percorre questa strada così impervia. Perché noi possiamo farcela, tutte quante, e siamo più forti se combattiamo insieme.
L’anoressia per tanto tempo ci ha mangiate, ci ha divorate, in ogni senso della parola, paradossalmente eppure ineluttabilmente. Ma adesso è arrivato il momento di restituire il morso. Restituiamo il morso, ragazze!
Per l’anoressia è finita. Per noi, il ricovero: una vita.
La strada del ricovero è una strada in salita. Non è facile. Non è divertente. Ma è l’unica cosa che ci resta da fare, se non vogliamo che l’anoressia abbia la meglio su di noi.
In realtà, staccarsi dall’anoressia è così difficile anche perché, più passa il tempo, più questa ci definisce. E nel momento in cui ci troviamo a doverci togliere quell’etichetta, non sappiamo più come considerare noi stesse. E questo fa paura.
Ma noi non siamo l’anoressia. Noi non siamo un’etichetta. Noi siamo molto di più. La strada del ricovero ci è sempre aperta davanti, e sta solo a noi decidere d’iniziare e di continuare a percorrerla. E qui possiamo darci una mano a vicenda. Cerchiamo di aiutarci tutte insieme, tenendoci per mano mentre si percorre questa strada così impervia. Perché noi possiamo farcela, tutte quante, e siamo più forti se combattiamo insieme.
L’anoressia per tanto tempo ci ha mangiate, ci ha divorate, in ogni senso della parola, paradossalmente eppure ineluttabilmente. Ma adesso è arrivato il momento di restituire il morso. Restituiamo il morso, ragazze!
Per l’anoressia è finita. Per noi, il ricovero: una vita.
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