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giovedì 7 aprile 2011
Tsunami
Credo che tutte voi sappiate del terribile terremoto, tsunami e danni della centrale nucleare che in questo periodo hanno colpito il Giappone. Le tragedie di questo tipo, di solito, spingono tutti a riflettere su quanto i propri problemi quotidiani siano, in confronto, tutto sommato abbastanza insignificanti.
Per noi che abbiamo un DCA, può magari farci sentire abbastanza stupide e superficiali l’idea che il nostro problema sia l’anoressia/la bulimia, a fronte di persone che non hanno neanche più un tetto sopra la testa, o a cui sono morti familiari e amici.
Eppure, nonostante riconosciamo che il problema dei giapponesi è di tutt’altra portata rispetto ad un DCA, non è forse vero che per lo più continuiamo a preoccuparci di noi stesse e delle nostre difficoltà con il cibo e il corpo??!...
Ora, non sto assolutamente cercando di fare un paragone – perché si tratta di due cose tra le quali non si può assolutamente fare un paragone, data la loro completa diversità – e non sto cercando di dire che un DCA sia più grave e più importante di una catastrofe naturale. Però, qualche anno fa, sul mio diario cartaceo, ho definito l’anoressia proprio come il mio tsunami personale.
Entrambi – anoressia e tsunami – sono distruttivi. Entrambi richiedono l’aiuto di un sacco di persone per fare piazza pulita del caos, per dare supporto, e le cose non ritornano normali solo perché c’è stata una pulizia massiva e si può tornare a casa. Entrambi arrecano dolore a chi li subisce.
Penso che questo sia un modo per vedere le cose in prospettiva. Non che una catastrofe naturale non sia terribile, ma lo è anche l’anoressia. È un diverso tipo di orrore, valutabile su una scala molto differente. Ma misurare la sofferenza credo sia impossibile e soprattutto inutile. So che tagliarsi con la carta mentre si sfoglia un libro causa una sofferenza diversa rispetto al perdere un braccio per l’esplosione di una bomba. E’ ovvio. È ovvio che perdere la propria casa e i propri cari sia un inferno ben atroce e completamente differente rispetto al non sentirsi a proprio agio col proprio corpo.
Ma se c’è un apice massimo della sofferenza che l’anoressia può provocare, penso che non si possano fare paragoni o dare giudizi di valore. L’anoressia, per chi non ha mai vissuto sulla propria pelle un DCA, può sembrare un problema da poco, una cosa superficiale, il capriccio di ragazzine che vogliono somigliare alle modelle. Ma c’è molta differenza tra l’occasionale “Pensi che questi jeans mi facciano il culo grosso?” e la vera e propria dismorfofobia che, in certi casi, è associata ai DCA.
È relativamente facile sentirsi in colpa per avere un DCA quando ci sono enormi catastrofi nel mondo. Capita di sentirsi così. Ma non serve a niente. Certamente la nostra sofferenza provocata dall’anoressia non può essere comparata a ciò che adesso stanno provando molti giapponesi. Semplicemente, non si può fare paragone. Ma ciò non significa che noi non si stia comunque soffrendo, o che un DCA sia sinonimo di superficialità o vanità. L’anoressia è una malattia. E fa soffrire. Fa soffrire come una qualsiasi altra cosa. E non si possono porre termini di paragone nella sofferenza.
Per noi che abbiamo un DCA, può magari farci sentire abbastanza stupide e superficiali l’idea che il nostro problema sia l’anoressia/la bulimia, a fronte di persone che non hanno neanche più un tetto sopra la testa, o a cui sono morti familiari e amici.
Eppure, nonostante riconosciamo che il problema dei giapponesi è di tutt’altra portata rispetto ad un DCA, non è forse vero che per lo più continuiamo a preoccuparci di noi stesse e delle nostre difficoltà con il cibo e il corpo??!...
Ora, non sto assolutamente cercando di fare un paragone – perché si tratta di due cose tra le quali non si può assolutamente fare un paragone, data la loro completa diversità – e non sto cercando di dire che un DCA sia più grave e più importante di una catastrofe naturale. Però, qualche anno fa, sul mio diario cartaceo, ho definito l’anoressia proprio come il mio tsunami personale.
Entrambi – anoressia e tsunami – sono distruttivi. Entrambi richiedono l’aiuto di un sacco di persone per fare piazza pulita del caos, per dare supporto, e le cose non ritornano normali solo perché c’è stata una pulizia massiva e si può tornare a casa. Entrambi arrecano dolore a chi li subisce.
Penso che questo sia un modo per vedere le cose in prospettiva. Non che una catastrofe naturale non sia terribile, ma lo è anche l’anoressia. È un diverso tipo di orrore, valutabile su una scala molto differente. Ma misurare la sofferenza credo sia impossibile e soprattutto inutile. So che tagliarsi con la carta mentre si sfoglia un libro causa una sofferenza diversa rispetto al perdere un braccio per l’esplosione di una bomba. E’ ovvio. È ovvio che perdere la propria casa e i propri cari sia un inferno ben atroce e completamente differente rispetto al non sentirsi a proprio agio col proprio corpo.
Ma se c’è un apice massimo della sofferenza che l’anoressia può provocare, penso che non si possano fare paragoni o dare giudizi di valore. L’anoressia, per chi non ha mai vissuto sulla propria pelle un DCA, può sembrare un problema da poco, una cosa superficiale, il capriccio di ragazzine che vogliono somigliare alle modelle. Ma c’è molta differenza tra l’occasionale “Pensi che questi jeans mi facciano il culo grosso?” e la vera e propria dismorfofobia che, in certi casi, è associata ai DCA.
È relativamente facile sentirsi in colpa per avere un DCA quando ci sono enormi catastrofi nel mondo. Capita di sentirsi così. Ma non serve a niente. Certamente la nostra sofferenza provocata dall’anoressia non può essere comparata a ciò che adesso stanno provando molti giapponesi. Semplicemente, non si può fare paragone. Ma ciò non significa che noi non si stia comunque soffrendo, o che un DCA sia sinonimo di superficialità o vanità. L’anoressia è una malattia. E fa soffrire. Fa soffrire come una qualsiasi altra cosa. E non si possono porre termini di paragone nella sofferenza.
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