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venerdì 11 luglio 2014
Il vuoto
Per molto tempo la restrizione alimentare ha rappresentato per me una sorta di “ancora di salvezza”. Rappresentava la mia forma di immunità ad ogni qualsiasi problema e difficoltà della vita. Era un po’ come se pensassi: finché riesco a restringere l’alimentazione ho la manifestazione tangibile che ho il controllo, e se ho il controllo su tutto, niente può andare storto. Non importava quanto le cose potessero andare effettivamente storte, quanto la mia vita potesse essere un completo casino, l’idea che sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo, era un mantra, una lampadina costantemente accesa nella mia testa.
Ho perso il treno e arriverò all’Università con un’ora di ritardo, e mi perderò una lezione importante ai fini dell’esame? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Quel colloquio di lavoro non è andato granché bene? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Ho avuto da ridire con quel professore che un domani mi farà l’esame di Cardiologia? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Mi sento la più inetta tra tutti i miei colleghi? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Ho litigato con il mio migliore amico? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Non mi sono classificata prima in quella gara di karate? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Non ho raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissa? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
… e così via.
E poi sono arrivata a constatare un ineluttabile dato di fatto.
In nessun modo la mia restrizione alimentare e la mia sensazione di avere il controllo su tutto potevano attenuare le conseguenze dei miei errori e le cavolate che facevo nella mia vita, essi funzionavano soltanto come una sorta di auto-affermazione – una specie di salvaguardia contro il crollo della mia autostima.
E l’errore che compiamo tutte noi quando ragioniamo in questo modo (perché sono del tutto certa di non essere l’unica a ragionare così) è che attribuiamo la nostra identità e il nostro valore ad una para mentale, anziché concentrarci su quelle che sono le nostre vere abilità, delle quali potremo essere, a ragione, orgogliose, come per esempio la nostra bravura in Matematica, nel lavoro, nello sport, nel cantare, nel disegnare, o in qualsiasi altra cosa.
Ed è proprio in questo che risiede il problema: perdonate il francesismo, ma A NESSUNO FREGA UN CAZZO DEL FATTO CHE RESTRINGIAMO L’ALIMENTAZIONE E QUINDI ABBIAMO IL CONTROLLO.
Il restringere l’alimentazione ergo l’avere la sensazione di essere in controllo non ci rende in alcun modo persone migliori né tantomeno persone speciali o più interessanti. Ciò non arricchisce in alcun modo la nostra vita. In effetti, paradossalmente, il restringere l’alimentazione, pur facendoci sul momento percepire un’illusoria sensazione di controllo, alla lunga dà così tanti problemi che non mi basterebbero i prossimi 50 post per elencarli tutti.
Perché, alla fine della fiera, tutto quello che l’anoressia lascia dentro è il vuoto. Quel senso di vuoto che si pianta in testa e rimane sempre lì, preciso identico.
Perché il vuoto che deriva dall’anoressia è vuoto vero, ed è una cosa tremenda.
Il vuoto vero non è il niente. Il niente è troppo poco.
Per dirvi, ecco due scene.
Uno: Vai in gita scolastica, arrivi in una camera d’albergo e apri un cassetto di un armadio per metterci la tua roba. Il cassetto è vuoto, e cominci ad infilarci mutande, magliette, calzini.
Due: Torni a casa tua, nel cassetto più basso dell’armadio tieni tutti i soldi che hai, nascosti in una scatola da scarpe. Ti pieghi, lo apri, il cassetto è vuoto.
Ecco, questi sono due cassetti, e tutti e due sono vuoti.
Ma sono la stessa cosa?
Non penso proprio.
Perché il vuoto vero non è il niente, ma il niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa. Qualcosa di importante, che c’è sempre stato, poi a un certo punto guardi e ti accorgi che quella cosa non c’è più.
Ecco, questo è il vuoto. Non l'assenza, la mancanza.
E questa è l’anoressia.
Ho perso il treno e arriverò all’Università con un’ora di ritardo, e mi perderò una lezione importante ai fini dell’esame? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Quel colloquio di lavoro non è andato granché bene? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Ho avuto da ridire con quel professore che un domani mi farà l’esame di Cardiologia? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Mi sento la più inetta tra tutti i miei colleghi? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Ho litigato con il mio migliore amico? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Non mi sono classificata prima in quella gara di karate? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
Non ho raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissa? sì, ma tanto sto restringendo l’alimentazione quindi ho il controllo
… e così via.
E poi sono arrivata a constatare un ineluttabile dato di fatto.
In nessun modo la mia restrizione alimentare e la mia sensazione di avere il controllo su tutto potevano attenuare le conseguenze dei miei errori e le cavolate che facevo nella mia vita, essi funzionavano soltanto come una sorta di auto-affermazione – una specie di salvaguardia contro il crollo della mia autostima.
E l’errore che compiamo tutte noi quando ragioniamo in questo modo (perché sono del tutto certa di non essere l’unica a ragionare così) è che attribuiamo la nostra identità e il nostro valore ad una para mentale, anziché concentrarci su quelle che sono le nostre vere abilità, delle quali potremo essere, a ragione, orgogliose, come per esempio la nostra bravura in Matematica, nel lavoro, nello sport, nel cantare, nel disegnare, o in qualsiasi altra cosa.
Ed è proprio in questo che risiede il problema: perdonate il francesismo, ma A NESSUNO FREGA UN CAZZO DEL FATTO CHE RESTRINGIAMO L’ALIMENTAZIONE E QUINDI ABBIAMO IL CONTROLLO.
Il restringere l’alimentazione ergo l’avere la sensazione di essere in controllo non ci rende in alcun modo persone migliori né tantomeno persone speciali o più interessanti. Ciò non arricchisce in alcun modo la nostra vita. In effetti, paradossalmente, il restringere l’alimentazione, pur facendoci sul momento percepire un’illusoria sensazione di controllo, alla lunga dà così tanti problemi che non mi basterebbero i prossimi 50 post per elencarli tutti.
Perché, alla fine della fiera, tutto quello che l’anoressia lascia dentro è il vuoto. Quel senso di vuoto che si pianta in testa e rimane sempre lì, preciso identico.
Perché il vuoto che deriva dall’anoressia è vuoto vero, ed è una cosa tremenda.
Il vuoto vero non è il niente. Il niente è troppo poco.
Per dirvi, ecco due scene.
Uno: Vai in gita scolastica, arrivi in una camera d’albergo e apri un cassetto di un armadio per metterci la tua roba. Il cassetto è vuoto, e cominci ad infilarci mutande, magliette, calzini.
Due: Torni a casa tua, nel cassetto più basso dell’armadio tieni tutti i soldi che hai, nascosti in una scatola da scarpe. Ti pieghi, lo apri, il cassetto è vuoto.
Ecco, questi sono due cassetti, e tutti e due sono vuoti.
Ma sono la stessa cosa?
Non penso proprio.
Perché il vuoto vero non è il niente, ma il niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa. Qualcosa di importante, che c’è sempre stato, poi a un certo punto guardi e ti accorgi che quella cosa non c’è più.
Ecco, questo è il vuoto. Non l'assenza, la mancanza.
E questa è l’anoressia.
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