Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

mercoledì 20 luglio 2011

Freni al ricovero: E' complicato

La vita è incredibilmente complicata. Ci sono le relazioni interpersonali (amici, familiari, colleghi di lavoro, compagni di scuola, etc…), c’è il lavoro, c’è la scuola, c’è lo sport, e ci sono comunque un sacco di variabili sulle quali in realtà non possiamo avere alcun controllo. Sebbene l’anoressia non sia solo ed unicamente sinonimo di “controllo”, trovo che la necessità di avere il controllo sia uno dei leit-motive di ogni DCA.

Molto spesso, quando si percorre la strada del ricovero, sebbene non si provi esattamente la “mancanza dei bei tempi andati” quando eravamo completamente in balia dell’anoressia, quando sentiamo la mancanza del DCA sono proprio i momenti in cui la vita sembra farsi più difficile, ed allora sentiamo la mancanza della semplicità connessa all’anoressia. E questo può essere un ulteriore blocco al ricovero.

L'anoressia semplifica la vita

Quando si è nel pieno dell’anoressia, le cose che c’interessano sono essenzialmente 3: perseguire la restrizione alimentare, continuare a provare il senso di controllo e di soddisfazione che ci dà la restrizione alimentare, cercare di nascondere al resto del mondo quello che stiamo facendo. Possiamo anche avere qualche difficoltà nel lavoro o nella scuola – ma va bene comunque, perchè stiamo restringendo l’alimentazione. Possiamo anche avere difficoltà a preparare una gara sportiva – ma va bene comunque, perchè ci sentiamo soddisfatte di noi stesse, sentiamo di avere il controllo e che, perciò, possiamo controllare qualsiasi ambito della nostra vita. Possiamo anche aver litigato con la nostra migliore amica – ma va bene comunque, perché siamo state brave a raccontare bugie e nessuno ha fatto caso a quanto poco anche oggi abbiamo mangiato. Ta-dah! E’ semplice, no?! Fintanto che continuniamo ad esercitare il nostro ferreo controllo alimentare, la vita diventa tremendamente semplice perchè nient’altro conta.

E poiché più si prosegue la restrizione alimentare, più sono gravi le carenze dell’aminoacido triptofano, minore è la produzione di serotonina, peggiore è la neurotrasmissione, maggiore è l’ossessività dei pensieri inerenti il DCA, la semplicità diventa poco a poco sempre più pronunciata. Perché, letteralmente, l’unica cosa cui si diviene capaci di pensare è la restrizione alimentare. Anche se si volesse, anche se si avesse bisogno di pensare a qualcosa di diverso, non ci si riesce. Tutto va a ruotare intorno alla restrizione e al senso di controllo e di soddisfazione che ne derivano. Ci sembra di avere la nostra vita tanto più in mano quanto più ci sta sfuggendo. Certo, la ginnastica mentale che bisogna fare per perseguire la restrizione alimentare è tutt’altro che semplice. Ci si sforza continuamente d’immaginare quali circostanze potrebbero limitare la possibilità di restringere l’alimentazione, e in quale modo fare la cresta a quel che mangiamo. Nonostante questo, tale ginnastica mentale è comunque più semplice di tutte le altre sfide che la vita ci porrebbe davanti se non avessimo lo schermo dell’anoressia. Così s’impara a negare, a isolarci, a mentire, a nascondere, per preservare l’anoressia e l’apparente semplicità e controllo che questa pare, in un primo momento, apportare.

Quando si è nel pieno dell’anoressia, non si è molto preoccupate relativamente a quello che sarà il futuro lontano – non si pensa neanche, per esempio, che l’anoressia possa ucciderci. Non si pensa minimamente ai danni che l’anoressia lascerà sul nostro corpo anche se dovessimo sopravviverle. Fintanto che l’anoressia rimane il nostro asso nella manica, fintanto che quel poco che mangiamo basta a mantenerci in vita, non si dà grande importanza al futuro. Non gli si dà grande peso.

Restrizione alimentare. Controllo. Attività fisica. Queste cose sono molto più facili rispetto a tutto il resto, rispetto alle relazioni interpersonali, al lavoro, allo studio. La vita richiede che ci mettiamo tutte noi stesse per giocare in ruoli differenti, cavarcela in situazioni diverse, rapportarci a persone differenti. E’ difficile. Quando riceviamo un invito a cena da un’amica, dobbiamo determinare come quest’invito possa essere incastrato con i nostri impegni e le nostre responsabilità: dove queste responsabilità possono venire meno, se c’è bisogno di noi a casa, se possiamo organizzare gli altri impegni in modo da farci rientrare anche la cena. Quando si ha un DCA, tutti questi problemi non esistono: si declina l’invito e basta, in quanto cena = cibo = mangiare di fronte ad altri. Egoista, se vogliamo, ma definitivamente semplice.

Percorrere la strada del ricovero significa accettare la vita con tutti i suoi problemi, difficoltà e “catastrofi”. Significa giocare tutte le parti, e le cose non andranno sempre come vorremmo. Significa relazionarsi con le persone correndo il rischio di essere ferite. Significa accettare le nostre imperfezioni, e assumersi la responsabilità di provare a vivere davvero. Ma io credo che ne valga la pena. Che ne valga la pena comunque. Che valga la pena alzare la campana di vetro dell’anoressia, anche solo per respirare un attimo.

12 commenti:

Wolfie ha detto...

La vita è complicata, niente da dire. Inevitabile che un dca sia infinitamente più semplice. E, dato che siamo umane, è inevitabile anche il fatto che cerchiamo di aggrapparci a quella che è la cosa più semplice.
Vivere significa fare delle scelte, e assumersi delle responsabilità connesse a queste scelte qualora dovessero rivelarsi sbagliate. Vivere significa rapportarsi con delle persone, e sopportare le ferite che queste persone ci possono arrecare nel momento in cui qualcosa nel rapporto dovesse andare storto. Con un dca niente di tutto questo esiste più: nel momento in cui di sceglie il dca, si annulla ogni responsabilità e ogni altra possibilità di scelta, per cui qualsiasi cosa succeda non dipenderà da noi, e così ci si mette al riparo dai sensi di colpa. Inoltre ci si chiude nel circolo vizioso alimentare e si esclude ogni altra persona dalla nostra vita, perché si indossa la maschera del dca, così non si corre più il rischio di essere ferite da nessuno.
Per me è stato proprio così: la bulimia era il mio scudo, la mia forma di protezione. Se stavo male nessuno poteva pretendere niente da me, e se fingevo di essere quella che non ero, nessuno si sarebbe mai affezionato a me, correndo così il rischio di farmi soffrire se si fosse allontanato. Le rinunce che, per questo, dovevo fare, mi sembrava fossero “pagate” dalla fittizia “protezione” che il dca mi sembrava mi fornisse. Indubbiamente, era tutto più semplice: c’ero solo io nel mio mondo, perciò andava tutto bene come io lo costruivo.
In realtà poi mi sono accorta che quello “scudo” non mi proteggeva: mi soffocava. Per paura di sbagliare mi ero paralizzata nella condizione di non poter scegliere niente, non “sceglievo” neanche più la bulimia, perché alla fine ero io ad essere diventata sua schiava. Avevo allontanato tutti, ma questo non mi rendeva più forte… mi rendeva semplicemente più sola, e rendeva ancor più difficile oppormi al dca.
Sto combattendo, adesso, e trovo che la vita sia certo più difficile, mille volte più difficile rispetto al dca, ma almeno ora vivo. Respiro. Non sono chiusa dentro a una prigione. Non voglio più la “semplicità” della bulimia, perché quella semplicità era sinonimo di appiattimento emotivo e mentale. Voglio invece assaporare la vita, per quanto possano esserci difficoltà, perché solo così potrò trovare cose che possano veramente emozionarmi.

Anonimo ha detto...

Ben detto, è complicato.
Ci ho trascorso una buona fetta di vita sotto quella campana di vetro, usando la malattia come scudo per non affrontare di petto le difficolta', il dolore, le delusioni piu' o meno forti...
E' diventata una gabbia così comoda che ad un certo punto ho iniziato ad usarla anche per proteggermi dalla felicita'...
Da poco ho deciso di provare a sollevarla, a cacciare il muso fuori, a vivere davvero...
Ad affrontare ogni situazione accettandone le batoste, ma anche le soddisfazioni, per carita'...
Pero'...mi manca.
Perche' se devo attraversare un periodo di tempesta, quando ne esco fuori con le ossa rotte sono troppo a pezzi per apprezzare gli sforzi e la fatica che comunque a qualcosa hanno portato...mi manca, accidenti se mi manca la semplificazione che dava il DCA.

Grazie per il bellissimo commento che mi hai scritto, ha scatenato in me una miriade di riflessioni.
Se non ti dispiace, nel prossimo post vorrei dare spazio al tuo video girato insieme ad Aisling.
In realta' era da una vita che volevo farlo, ma la mia presenza sul blog è diventata molto incostante ultimamente.
Pero' ci tengo a contribuire al passaparola di un messaggio tanto importante, come altre ragazze hanno gia' fatto.
Un abbraccio.
Dony

Pupottina ha detto...

ciao Veggie
anche se è complicato, bisogna trovare la forza o farsi aiutare... imparare a chiedere anche aiuto agli altri...

Elena Ferruta ha detto...

Veggie,
oggi dopo molto tempo sono riuscita a non abbuffarmi. Ho scelto qualcos'altro. Nella felicità e forza che la mia scelta mi ha dato, mi sono ricordata di te e di quello che con le tue parole avevi fatto per me in passato e mi è venuta voglia di ringraziarti perchè se oggi io ci sono riuscita è anche grazie a te, al tuo incessante impegno per il ricovero e l'aiuto e alla tua profondità.
Quello che stai facendo aiuta moltissime persone.
Come possiamo ricambiare questo aiuto?
Io vorrei ricambiarlo perchè tu lo dai gratuitamente e lo so che ogni volta che tu aiuti noi con le tue parole questo aiuta te a rimanere salda nel tuo ricovero... però vorrei mandarti solo un po' di amore adesso, e di gratitudine... sperando che ti faccia bene.

Anonimo ha detto...

Caspita Veggie, il commento sopra il mio penso sia una delle gratificazioni piu' grandi che tu come persona e questo tuo blog possiate avere!!!
Grazie infinite per il tuo permesso alla pubblicazione del video, ovviamente con link e dovuta presentazione...arrivera' ad inizio settimana perche' questo weekend sono un po' presa con la nuova missione che stiamo preparando, giusto per tornare in tema con il vivere al di fuori della campana di vetro.
Per quanto riguarda quanto mi hai chiesto, la mia mail è doni721@live.it.
A prestissimo, un abbraccio.
Dony

Marcella ha detto...

Sono pienamente d'accordo. Ora non c'entra niente ma credo sia fondamentale dire alle persone ''io credo in te''.Dargli fiducia, non mollare la presa. Brava, complimenti, tu non molli la presa...sei ammirevole,sei tenace. brava, continua così.

Unknown ha detto...

...nella tua conclusione c'è una chiarezza di pensiero disarmante...relazionarsi con il prossimo...non siamo soli a questo mondo..e l'Amica che ti porge l'invito a cena...è un dono che giunge a te e chiede solo di essere accolto..è solo un esempio..un primo piccolo passo...per iniziare è già molto...un abbraccio grande e un raggio di Sole per Te veggie..
Dandelìon

Vele Ivy ha detto...

Giusto!! Spero che le parole del tuo post possano essere da spinta positiva per quelle ragazze che non riescono ancora a prendere questa decisione.

Ilaria ha detto...

...un abbraccio.

Veggie ha detto...

@ Wolfie – E’ incredibile constatare ancora una volta come ogni DCA sia un’arma a doppio taglio… tutto quello che illusoriamente ti sembra dare da una parte, te lo toglie poi da un’altra…e ti toglie sempre di più… alla fine, ti toglie tutto. E, contrariamente a quanto promette, non lascia indietro e non costruisce niente di nuovo. Tornare a vivere è una sfida… una sfida che credo tu abbia tutto il coraggio e le capacità di affrontare… e per quanto possa essere difficile, io voglio ancora credere che ne valga la pena…

@ Dony – Una gabbia, però, per quanto comoda, resta pur sempre una gabbia… puoi guardare la vita che scorre fuori, ma non parteciparvi… e per rinunciare alle cose che potrebbero (e dico “potrebbero”!...) farti male, rinunci anche a tutto ciò che di positivo potresti avere… Non fasciarti la testa prima d’averla battuta: ovvio che nella vita ci saranno innegabili difficoltà… e ovvio che attraversarle sarà dannatamente faticoso… Ma quello che non ti distrugge sarà in grado di fortificarti… E, forse, anche le cose che ad oggi ti sembrano così terribili, se poi le affronti direttamente, ti accorgerai che non sono così mostruose come parevano prima di attaccarle…
P.S.= Figurati, grazie a te invece per le tue parole, altroché!... E, tra l’altro, ma certo che puoi mettere il video mio e di Aisling sul tuo blog… mi farebbe davvero piacere!... Grazie a te!... Non ti preoccupare per la tempistica… anche io sono sempre una ritardataria…! ^^”

@ Elena Ferruta – Sei tu, Elena. Sei solo tu e nessun’altra… se vuoi ringraziare qualcuno, perciò, ringrazia te stessa… Perché quell’abbuffata che sei riuscita ad evitare, e tutte quelle che eviterai da ora in poi, e tutti i passi avanti che farai sulla strada del ricovero, dipendono e dipenderanno solo ed esclusivamente da te… Verso di noi possono essere tese mille mani… ma non serve a niente, fintanto che ci si rifiuta di afferrarle. E’ quando noi decidiamo di aiutare noi stesse che, allora, qualcosa comincia a cambiare… Per questo sei tu la persona che devi veramente ringraziare… Perché il supporto altrui è indubbiamente utile, ma alla fine quelle che decidiamo della nostra vita siamo noi… e tu hai fatto la scelta giusta per te stessa. Mi chiedi come poter ricambiare il mio aiuto… ma, Elena, lo hai già fatto. Hai aiutato te stessa. Ecco qui.

@ Pupottina – Hai ragione, chiedere aiuto è molto importante… anche se è difficilissimo… Però è davvero un grande passo sulla strada del ricovero…

@ Marcella – Non è vero che non c’entra niente, invece… dare fiducia a qualcuno può certamente servire per far aumentare un po’ l’autostima, e quindi per riuscire ad andare avanti e sentire un po’ meno il peso del ricovero… Il sostegno di qualcuno fa sempre bene proprio perché la strada del ricovero è così complicata…

@ dandelion67 – Iniziare è sempre la cosa più difficile… per questo qualcuno che ci dà una mano può voler dire tantissimo… anche il supporto fa tanto… Poi, ovviamente, tutto dipende da noi, ma… la strada è meno faticosa se non la percorriamo da sole…

@ Vele/Ivy – Lo spero proprio anch’io…

@ Ilaria – A te, tesoro… forte forte…

Anonimo ha detto...

TUTTA LA VITA E' COMPLICATA. Mi ha fatto piacere il tuo commento! Mi reputo fortunato, però, di non essere arrivato a chiudermi in clinica ma ce l'ho fatta con le mie uniche forze con l'aiuto di una sola persona. Ma queste cose non se ne vanno via facilmente. E' una fune, tu sei sopra una fune dove ti devi mantenere in equilibrio in tutti i modi perchè se lo perdi, se arriva una folata di vento e cadi è la fine.

Ti ammiro molto.

Veggie ha detto...

@ Mr. Lacroix – Sì, tutta la vita lo è… Ma siamo sicuri che, se fosse tutto semplice, le cose sarebbero indubbiamente migliori?!... Forse è anche il confrontarci con ciò che è difficile che ci fa crescere come esseri umani, e ci fa diventare quello che siamo… E’ vero, a volte si ha come la sensazione di essere in bilico sopra una fune… perciò, quello che dobbiamo imparare a fare è costruirci una sorta di rete di sicurezza… affinché, quando inevitabilmente si cade, si trovi sempre in noi la forza per rialzarci…
Ti abbraccio forte forte…

 
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