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venerdì 26 settembre 2014
On the other side of the fence
On the other side of the fence. 2008 – 2014. Perché gli anni passano, ma le emozioni rimangono. E quelle sì che sono indelebili. Più provi a cancellarle, più ti restano dentro.
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontarvi quello che mi è successo la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Uno degli incarichi che i medici del 118 devono ricoprire è quello di fare assistenza medica alle gare sportive di ogni qualsiasi tipo. L’ultimo weekend mi è dunque capitato di essere assegnata come medico per la 7^ edizione del Rally di R. Questo è stato per me un incarico strano ed emozionante allo stesso tempo, dal momento che, prima di passare “dall’altra parte” e di prendere parte a questa gara in qualità di medico d’emergenza, vi avevo preso parte come pilota.
Il potente mezzo – Giugno 2008
(Questa foto è c/o i fotografi di IdeaImmagine (e potete trovarla anche sul loro sito), fotografi ufficiali del Rally di R., che realizzarono questa bellissima foto della “mia”* altrettanto bellissima auto durante la corsa.)
*[“mia” tra le dovute virgolette, poiché in realtà l’auto era di proprietà del mio navigatore, io ne ero solo la pilota.]
Il potente mezzo – Settembre 2014
E mi è venuto da pensare che questo mio “stare dall’altra parte” non vale solo per il Rally, ma anche per l’anoressia. Mentre stavo sull’ambulanza a guardare le automobili sfrecciare su strada, dicevo a me stessa: “Quest’anno sto dall’altra parte”, ed immediatamente il pensiero dell’anoressia mi si è piantato in testa. Ognuna di noi si sveglia ogni mattina e ce la mette tutta per affrontare la giornata che la attende e andare avanti, un giorno alla volta, un passo dopo l’altro… e questa successione di giorni si trasforma in una vita. Gli eventi accadono, le interazioni con gli altri si realizzano, si incontrano persone, si fanno esperienze, e il mondo continua a ruotare intorno al proprio asse. Poi un giorno ci si guarda indietro, e si capiscono tutte quelle cose che era impossibile comprendere nel momento in cui sono accadute.
“Adesso gira a sinistra!”
“Quale delle due sinistre?”
La bega di fare da navigatore ad una pilota ambidestra.
Io sono sempre stata una fautrice dell’idea “se potessi tornare indietro cambierei”. Non sono una stoica, e non vedo perché dovrei esserlo. Io ho sempre detto che, se potessi tornare indietro nel tempo mantenendo però le consapevolezze attuali, non risceglierei mai la restrizione alimentare, per come mi ha devastato la vita. C’è chi dice invece che comunque rifarebbe anche l’esperienza del DCA perché, nonostante tutto il dolore arrecatole, se è diventata quella che è, è anche merito del fatto che ha vissuto questo tipo di esperienza, che ha contribuito a farla maturare sotto ogni punto di vista, e a renderla sotto certi aspetti una persona migliore, più empatica. Bene, tutto il rispetto per chi la pensa così, ma io sono sempre appartenuta all’altra fazione, ed ho sempre in fondo creduto che chi la pensava altrimenti volesse solo giustificare (ed autogiustificarsi) un proprio errore. Eppure, quest’esperienza del Rally vissuto sotto 2 differenti punti di vista, mi ha fatto capire che anche nell’altra posizione qualcosa di sottilmente vero c’è.
Rabbia. Tranquillità. Terrore. Coraggio. Dolore. Indifferenza. Vuoto. Ribellione. Felicità. Tristezza. Completezza. Lacerazione. Realtà. Simulazione. Forza. Volitività. Amicizia. Odio. Dietro una porta sbarrata ai ricordi che s’insinuano tra le fessure… si ritrovano tutti i sentimenti.
Ho imparato a guidare quando avevo poco più di 15 anni. Sono andata avanti, a 18 anni ho preso ufficialmente la patente, ed ho scoperto la possibilità di fare la pilota nei rally. Non me la sono mai cavata male, ma non sono neanche mai salita sul gradino più alto del podio. Però mi piaceva quello che facevo, era bello correre. Neanche tanto arrivare: era proprio bello il correre in sé. Poi gli impegni col karate e con l’Università mi hanno portato a smettere di partecipare ai rally, ed io mi sono sentita come un uccellino cui avevano tarpato le ali. Eppure sono andata avanti.
Ho fatto per la prima volta il medico in una gara sportiva per un piccolo campionato di ciclismo locale. È stata la prima di tutta una serie di gare sportive di diverso tipo. Adesso ogni tanto vengo chiamata quando ce n’è bisogno, come al Rally di R. E guardo da spettatrice quelle corse cui avevo preso parte. Magari un po’ di rammarico c’è, a fronte di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Eppure, sto andando avanti.
Quando avevo circa 14 – 15 anni, ho sviluppato un disturbo alimentare che i medici hanno definito come “Anoressia Nervosa – Sottotipo 1”. Sono andata avanti, sono passati anni, ho vissuto diversi ricoveri in clinica, ho perso anni di scuola, mi sono alimentata seguendo un “equilibrio alimentare”, ho fatto tanta psicoterapia, a tratti sono stata meglio e poi ho avuto delle ricadute e poi mi sono rialzata, e adesso sono arrivata fin qua. In remissione da circa 6 anni, tengo un blog di lotta contro l’anoressia, realizzo video su YouTube, scrivo frasi positive su Twitter, mi sono laureata, lavoro come arbitro ed istruttrice di karate nonché come medico, e cerco nel mio piccolo di supportare chiunque stia lottando contro il proprio DCA. Insomma, sono passata da una parte all’altra. E sto andando avanti.
“Tutti quelli che corrono in macchina sotto sotto cercano quella cosa lì.”
“Quale cosa lì?”
“Morire.”
“Se pensassi al peggio dovrei smettere di correre.”
(Eppure ho sempre corso come se non ci dovesse essere un domani.)
Se tento di comprendere la mia vita a ritroso, non posso che sorridere di fronte alle realizzazioni che si sono presentate. Se penso ai momenti difficili, a quelli dolosi, a tutti i disagi, mi rendo conto che stavo percorrendo una strada che mi ha portata dritta fino ad oggi. Adesso riesco a vedere le opportunità che brillavano attraverso le avversità.
Se non avessi imparato a guidare in anticipo sui tempi, forse una volta 18enne non sarei mai stata capace di fare la pilota. Se non avessi studiato Medicina, forse non averi avuto la possibilità di lavorare per il 118. Se non mi fossi ammalata di anoressia – con tutto che mi ha devastato la vita, e che desidererei non ci fosse mai stata, e che se per assurdo potessi tornare indietro nel tempo la cancellerei dalla mia vita – forse il mio carattere non si sarebbe forgiato come ha fatto. Sono sempre andata avanti… e adesso, a ritroso, mi accorgo di ciò che sul momento mi era impossibile vedere.
Forse tutto quello che mi è successo, nel bene e nel male, ha il suo senso. E io devo solo viverlo per scoprirlo ed attribuirgli il mio significato. Forse c’è qualcosa che deve ancora succedere. Un giorno. In qualche modo. Dopo anni trascorsi da pilota, adesso ho un futuro da medico. Dopo anni di anoressia, adesso ho un futuro di remissione. Perché è possibile fondere passato e futuro. Dunque, magari arriverà ancora qualcosa di positivo. Suppongo che lo saprò solo vivendo.
P.S.= Chiedo scusa a tutti i miei amici, quelli attuali e quelli che avevo quando ero pilota: in un modo o nell’altro, vuoi correndo vuoi come medico, ho sottratto alle nostre vite un sacco di weekend per colpa dei rally. Ma ho sempre pensato di vincerlo insieme a voi, ragazzi, il rally della vita.
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontarvi quello che mi è successo la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Uno degli incarichi che i medici del 118 devono ricoprire è quello di fare assistenza medica alle gare sportive di ogni qualsiasi tipo. L’ultimo weekend mi è dunque capitato di essere assegnata come medico per la 7^ edizione del Rally di R. Questo è stato per me un incarico strano ed emozionante allo stesso tempo, dal momento che, prima di passare “dall’altra parte” e di prendere parte a questa gara in qualità di medico d’emergenza, vi avevo preso parte come pilota.
Il potente mezzo – Giugno 2008
(Questa foto è c/o i fotografi di IdeaImmagine (e potete trovarla anche sul loro sito), fotografi ufficiali del Rally di R., che realizzarono questa bellissima foto della “mia”* altrettanto bellissima auto durante la corsa.)
*[“mia” tra le dovute virgolette, poiché in realtà l’auto era di proprietà del mio navigatore, io ne ero solo la pilota.]
Il potente mezzo – Settembre 2014
E mi è venuto da pensare che questo mio “stare dall’altra parte” non vale solo per il Rally, ma anche per l’anoressia. Mentre stavo sull’ambulanza a guardare le automobili sfrecciare su strada, dicevo a me stessa: “Quest’anno sto dall’altra parte”, ed immediatamente il pensiero dell’anoressia mi si è piantato in testa. Ognuna di noi si sveglia ogni mattina e ce la mette tutta per affrontare la giornata che la attende e andare avanti, un giorno alla volta, un passo dopo l’altro… e questa successione di giorni si trasforma in una vita. Gli eventi accadono, le interazioni con gli altri si realizzano, si incontrano persone, si fanno esperienze, e il mondo continua a ruotare intorno al proprio asse. Poi un giorno ci si guarda indietro, e si capiscono tutte quelle cose che era impossibile comprendere nel momento in cui sono accadute.
“Adesso gira a sinistra!”
“Quale delle due sinistre?”
La bega di fare da navigatore ad una pilota ambidestra.
Io sono sempre stata una fautrice dell’idea “se potessi tornare indietro cambierei”. Non sono una stoica, e non vedo perché dovrei esserlo. Io ho sempre detto che, se potessi tornare indietro nel tempo mantenendo però le consapevolezze attuali, non risceglierei mai la restrizione alimentare, per come mi ha devastato la vita. C’è chi dice invece che comunque rifarebbe anche l’esperienza del DCA perché, nonostante tutto il dolore arrecatole, se è diventata quella che è, è anche merito del fatto che ha vissuto questo tipo di esperienza, che ha contribuito a farla maturare sotto ogni punto di vista, e a renderla sotto certi aspetti una persona migliore, più empatica. Bene, tutto il rispetto per chi la pensa così, ma io sono sempre appartenuta all’altra fazione, ed ho sempre in fondo creduto che chi la pensava altrimenti volesse solo giustificare (ed autogiustificarsi) un proprio errore. Eppure, quest’esperienza del Rally vissuto sotto 2 differenti punti di vista, mi ha fatto capire che anche nell’altra posizione qualcosa di sottilmente vero c’è.
Rabbia. Tranquillità. Terrore. Coraggio. Dolore. Indifferenza. Vuoto. Ribellione. Felicità. Tristezza. Completezza. Lacerazione. Realtà. Simulazione. Forza. Volitività. Amicizia. Odio. Dietro una porta sbarrata ai ricordi che s’insinuano tra le fessure… si ritrovano tutti i sentimenti.
Ho imparato a guidare quando avevo poco più di 15 anni. Sono andata avanti, a 18 anni ho preso ufficialmente la patente, ed ho scoperto la possibilità di fare la pilota nei rally. Non me la sono mai cavata male, ma non sono neanche mai salita sul gradino più alto del podio. Però mi piaceva quello che facevo, era bello correre. Neanche tanto arrivare: era proprio bello il correre in sé. Poi gli impegni col karate e con l’Università mi hanno portato a smettere di partecipare ai rally, ed io mi sono sentita come un uccellino cui avevano tarpato le ali. Eppure sono andata avanti.
Ho fatto per la prima volta il medico in una gara sportiva per un piccolo campionato di ciclismo locale. È stata la prima di tutta una serie di gare sportive di diverso tipo. Adesso ogni tanto vengo chiamata quando ce n’è bisogno, come al Rally di R. E guardo da spettatrice quelle corse cui avevo preso parte. Magari un po’ di rammarico c’è, a fronte di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Eppure, sto andando avanti.
Quando avevo circa 14 – 15 anni, ho sviluppato un disturbo alimentare che i medici hanno definito come “Anoressia Nervosa – Sottotipo 1”. Sono andata avanti, sono passati anni, ho vissuto diversi ricoveri in clinica, ho perso anni di scuola, mi sono alimentata seguendo un “equilibrio alimentare”, ho fatto tanta psicoterapia, a tratti sono stata meglio e poi ho avuto delle ricadute e poi mi sono rialzata, e adesso sono arrivata fin qua. In remissione da circa 6 anni, tengo un blog di lotta contro l’anoressia, realizzo video su YouTube, scrivo frasi positive su Twitter, mi sono laureata, lavoro come arbitro ed istruttrice di karate nonché come medico, e cerco nel mio piccolo di supportare chiunque stia lottando contro il proprio DCA. Insomma, sono passata da una parte all’altra. E sto andando avanti.
“Tutti quelli che corrono in macchina sotto sotto cercano quella cosa lì.”
“Quale cosa lì?”
“Morire.”
“Se pensassi al peggio dovrei smettere di correre.”
(Eppure ho sempre corso come se non ci dovesse essere un domani.)
Se tento di comprendere la mia vita a ritroso, non posso che sorridere di fronte alle realizzazioni che si sono presentate. Se penso ai momenti difficili, a quelli dolosi, a tutti i disagi, mi rendo conto che stavo percorrendo una strada che mi ha portata dritta fino ad oggi. Adesso riesco a vedere le opportunità che brillavano attraverso le avversità.
Se non avessi imparato a guidare in anticipo sui tempi, forse una volta 18enne non sarei mai stata capace di fare la pilota. Se non avessi studiato Medicina, forse non averi avuto la possibilità di lavorare per il 118. Se non mi fossi ammalata di anoressia – con tutto che mi ha devastato la vita, e che desidererei non ci fosse mai stata, e che se per assurdo potessi tornare indietro nel tempo la cancellerei dalla mia vita – forse il mio carattere non si sarebbe forgiato come ha fatto. Sono sempre andata avanti… e adesso, a ritroso, mi accorgo di ciò che sul momento mi era impossibile vedere.
Forse tutto quello che mi è successo, nel bene e nel male, ha il suo senso. E io devo solo viverlo per scoprirlo ed attribuirgli il mio significato. Forse c’è qualcosa che deve ancora succedere. Un giorno. In qualche modo. Dopo anni trascorsi da pilota, adesso ho un futuro da medico. Dopo anni di anoressia, adesso ho un futuro di remissione. Perché è possibile fondere passato e futuro. Dunque, magari arriverà ancora qualcosa di positivo. Suppongo che lo saprò solo vivendo.
P.S.= Chiedo scusa a tutti i miei amici, quelli attuali e quelli che avevo quando ero pilota: in un modo o nell’altro, vuoi correndo vuoi come medico, ho sottratto alle nostre vite un sacco di weekend per colpa dei rally. Ma ho sempre pensato di vincerlo insieme a voi, ragazzi, il rally della vita.
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