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venerdì 26 settembre 2014
On the other side of the fence
On the other side of the fence. 2008 – 2014. Perché gli anni passano, ma le emozioni rimangono. E quelle sì che sono indelebili. Più provi a cancellarle, più ti restano dentro.
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontarvi quello che mi è successo la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Uno degli incarichi che i medici del 118 devono ricoprire è quello di fare assistenza medica alle gare sportive di ogni qualsiasi tipo. L’ultimo weekend mi è dunque capitato di essere assegnata come medico per la 7^ edizione del Rally di R. Questo è stato per me un incarico strano ed emozionante allo stesso tempo, dal momento che, prima di passare “dall’altra parte” e di prendere parte a questa gara in qualità di medico d’emergenza, vi avevo preso parte come pilota.
Il potente mezzo – Giugno 2008
(Questa foto è c/o i fotografi di IdeaImmagine (e potete trovarla anche sul loro sito), fotografi ufficiali del Rally di R., che realizzarono questa bellissima foto della “mia”* altrettanto bellissima auto durante la corsa.)
*[“mia” tra le dovute virgolette, poiché in realtà l’auto era di proprietà del mio navigatore, io ne ero solo la pilota.]
Il potente mezzo – Settembre 2014
E mi è venuto da pensare che questo mio “stare dall’altra parte” non vale solo per il Rally, ma anche per l’anoressia. Mentre stavo sull’ambulanza a guardare le automobili sfrecciare su strada, dicevo a me stessa: “Quest’anno sto dall’altra parte”, ed immediatamente il pensiero dell’anoressia mi si è piantato in testa. Ognuna di noi si sveglia ogni mattina e ce la mette tutta per affrontare la giornata che la attende e andare avanti, un giorno alla volta, un passo dopo l’altro… e questa successione di giorni si trasforma in una vita. Gli eventi accadono, le interazioni con gli altri si realizzano, si incontrano persone, si fanno esperienze, e il mondo continua a ruotare intorno al proprio asse. Poi un giorno ci si guarda indietro, e si capiscono tutte quelle cose che era impossibile comprendere nel momento in cui sono accadute.
“Adesso gira a sinistra!”
“Quale delle due sinistre?”
La bega di fare da navigatore ad una pilota ambidestra.
Io sono sempre stata una fautrice dell’idea “se potessi tornare indietro cambierei”. Non sono una stoica, e non vedo perché dovrei esserlo. Io ho sempre detto che, se potessi tornare indietro nel tempo mantenendo però le consapevolezze attuali, non risceglierei mai la restrizione alimentare, per come mi ha devastato la vita. C’è chi dice invece che comunque rifarebbe anche l’esperienza del DCA perché, nonostante tutto il dolore arrecatole, se è diventata quella che è, è anche merito del fatto che ha vissuto questo tipo di esperienza, che ha contribuito a farla maturare sotto ogni punto di vista, e a renderla sotto certi aspetti una persona migliore, più empatica. Bene, tutto il rispetto per chi la pensa così, ma io sono sempre appartenuta all’altra fazione, ed ho sempre in fondo creduto che chi la pensava altrimenti volesse solo giustificare (ed autogiustificarsi) un proprio errore. Eppure, quest’esperienza del Rally vissuto sotto 2 differenti punti di vista, mi ha fatto capire che anche nell’altra posizione qualcosa di sottilmente vero c’è.
Rabbia. Tranquillità. Terrore. Coraggio. Dolore. Indifferenza. Vuoto. Ribellione. Felicità. Tristezza. Completezza. Lacerazione. Realtà. Simulazione. Forza. Volitività. Amicizia. Odio. Dietro una porta sbarrata ai ricordi che s’insinuano tra le fessure… si ritrovano tutti i sentimenti.
Ho imparato a guidare quando avevo poco più di 15 anni. Sono andata avanti, a 18 anni ho preso ufficialmente la patente, ed ho scoperto la possibilità di fare la pilota nei rally. Non me la sono mai cavata male, ma non sono neanche mai salita sul gradino più alto del podio. Però mi piaceva quello che facevo, era bello correre. Neanche tanto arrivare: era proprio bello il correre in sé. Poi gli impegni col karate e con l’Università mi hanno portato a smettere di partecipare ai rally, ed io mi sono sentita come un uccellino cui avevano tarpato le ali. Eppure sono andata avanti.
Ho fatto per la prima volta il medico in una gara sportiva per un piccolo campionato di ciclismo locale. È stata la prima di tutta una serie di gare sportive di diverso tipo. Adesso ogni tanto vengo chiamata quando ce n’è bisogno, come al Rally di R. E guardo da spettatrice quelle corse cui avevo preso parte. Magari un po’ di rammarico c’è, a fronte di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Eppure, sto andando avanti.
Quando avevo circa 14 – 15 anni, ho sviluppato un disturbo alimentare che i medici hanno definito come “Anoressia Nervosa – Sottotipo 1”. Sono andata avanti, sono passati anni, ho vissuto diversi ricoveri in clinica, ho perso anni di scuola, mi sono alimentata seguendo un “equilibrio alimentare”, ho fatto tanta psicoterapia, a tratti sono stata meglio e poi ho avuto delle ricadute e poi mi sono rialzata, e adesso sono arrivata fin qua. In remissione da circa 6 anni, tengo un blog di lotta contro l’anoressia, realizzo video su YouTube, scrivo frasi positive su Twitter, mi sono laureata, lavoro come arbitro ed istruttrice di karate nonché come medico, e cerco nel mio piccolo di supportare chiunque stia lottando contro il proprio DCA. Insomma, sono passata da una parte all’altra. E sto andando avanti.
“Tutti quelli che corrono in macchina sotto sotto cercano quella cosa lì.”
“Quale cosa lì?”
“Morire.”
“Se pensassi al peggio dovrei smettere di correre.”
(Eppure ho sempre corso come se non ci dovesse essere un domani.)
Se tento di comprendere la mia vita a ritroso, non posso che sorridere di fronte alle realizzazioni che si sono presentate. Se penso ai momenti difficili, a quelli dolosi, a tutti i disagi, mi rendo conto che stavo percorrendo una strada che mi ha portata dritta fino ad oggi. Adesso riesco a vedere le opportunità che brillavano attraverso le avversità.
Se non avessi imparato a guidare in anticipo sui tempi, forse una volta 18enne non sarei mai stata capace di fare la pilota. Se non avessi studiato Medicina, forse non averi avuto la possibilità di lavorare per il 118. Se non mi fossi ammalata di anoressia – con tutto che mi ha devastato la vita, e che desidererei non ci fosse mai stata, e che se per assurdo potessi tornare indietro nel tempo la cancellerei dalla mia vita – forse il mio carattere non si sarebbe forgiato come ha fatto. Sono sempre andata avanti… e adesso, a ritroso, mi accorgo di ciò che sul momento mi era impossibile vedere.
Forse tutto quello che mi è successo, nel bene e nel male, ha il suo senso. E io devo solo viverlo per scoprirlo ed attribuirgli il mio significato. Forse c’è qualcosa che deve ancora succedere. Un giorno. In qualche modo. Dopo anni trascorsi da pilota, adesso ho un futuro da medico. Dopo anni di anoressia, adesso ho un futuro di remissione. Perché è possibile fondere passato e futuro. Dunque, magari arriverà ancora qualcosa di positivo. Suppongo che lo saprò solo vivendo.
P.S.= Chiedo scusa a tutti i miei amici, quelli attuali e quelli che avevo quando ero pilota: in un modo o nell’altro, vuoi correndo vuoi come medico, ho sottratto alle nostre vite un sacco di weekend per colpa dei rally. Ma ho sempre pensato di vincerlo insieme a voi, ragazzi, il rally della vita.
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontarvi quello che mi è successo la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Uno degli incarichi che i medici del 118 devono ricoprire è quello di fare assistenza medica alle gare sportive di ogni qualsiasi tipo. L’ultimo weekend mi è dunque capitato di essere assegnata come medico per la 7^ edizione del Rally di R. Questo è stato per me un incarico strano ed emozionante allo stesso tempo, dal momento che, prima di passare “dall’altra parte” e di prendere parte a questa gara in qualità di medico d’emergenza, vi avevo preso parte come pilota.
Il potente mezzo – Giugno 2008
(Questa foto è c/o i fotografi di IdeaImmagine (e potete trovarla anche sul loro sito), fotografi ufficiali del Rally di R., che realizzarono questa bellissima foto della “mia”* altrettanto bellissima auto durante la corsa.)
*[“mia” tra le dovute virgolette, poiché in realtà l’auto era di proprietà del mio navigatore, io ne ero solo la pilota.]
Il potente mezzo – Settembre 2014
E mi è venuto da pensare che questo mio “stare dall’altra parte” non vale solo per il Rally, ma anche per l’anoressia. Mentre stavo sull’ambulanza a guardare le automobili sfrecciare su strada, dicevo a me stessa: “Quest’anno sto dall’altra parte”, ed immediatamente il pensiero dell’anoressia mi si è piantato in testa. Ognuna di noi si sveglia ogni mattina e ce la mette tutta per affrontare la giornata che la attende e andare avanti, un giorno alla volta, un passo dopo l’altro… e questa successione di giorni si trasforma in una vita. Gli eventi accadono, le interazioni con gli altri si realizzano, si incontrano persone, si fanno esperienze, e il mondo continua a ruotare intorno al proprio asse. Poi un giorno ci si guarda indietro, e si capiscono tutte quelle cose che era impossibile comprendere nel momento in cui sono accadute.
“Adesso gira a sinistra!”
“Quale delle due sinistre?”
La bega di fare da navigatore ad una pilota ambidestra.
Io sono sempre stata una fautrice dell’idea “se potessi tornare indietro cambierei”. Non sono una stoica, e non vedo perché dovrei esserlo. Io ho sempre detto che, se potessi tornare indietro nel tempo mantenendo però le consapevolezze attuali, non risceglierei mai la restrizione alimentare, per come mi ha devastato la vita. C’è chi dice invece che comunque rifarebbe anche l’esperienza del DCA perché, nonostante tutto il dolore arrecatole, se è diventata quella che è, è anche merito del fatto che ha vissuto questo tipo di esperienza, che ha contribuito a farla maturare sotto ogni punto di vista, e a renderla sotto certi aspetti una persona migliore, più empatica. Bene, tutto il rispetto per chi la pensa così, ma io sono sempre appartenuta all’altra fazione, ed ho sempre in fondo creduto che chi la pensava altrimenti volesse solo giustificare (ed autogiustificarsi) un proprio errore. Eppure, quest’esperienza del Rally vissuto sotto 2 differenti punti di vista, mi ha fatto capire che anche nell’altra posizione qualcosa di sottilmente vero c’è.
Rabbia. Tranquillità. Terrore. Coraggio. Dolore. Indifferenza. Vuoto. Ribellione. Felicità. Tristezza. Completezza. Lacerazione. Realtà. Simulazione. Forza. Volitività. Amicizia. Odio. Dietro una porta sbarrata ai ricordi che s’insinuano tra le fessure… si ritrovano tutti i sentimenti.
Ho imparato a guidare quando avevo poco più di 15 anni. Sono andata avanti, a 18 anni ho preso ufficialmente la patente, ed ho scoperto la possibilità di fare la pilota nei rally. Non me la sono mai cavata male, ma non sono neanche mai salita sul gradino più alto del podio. Però mi piaceva quello che facevo, era bello correre. Neanche tanto arrivare: era proprio bello il correre in sé. Poi gli impegni col karate e con l’Università mi hanno portato a smettere di partecipare ai rally, ed io mi sono sentita come un uccellino cui avevano tarpato le ali. Eppure sono andata avanti.
Ho fatto per la prima volta il medico in una gara sportiva per un piccolo campionato di ciclismo locale. È stata la prima di tutta una serie di gare sportive di diverso tipo. Adesso ogni tanto vengo chiamata quando ce n’è bisogno, come al Rally di R. E guardo da spettatrice quelle corse cui avevo preso parte. Magari un po’ di rammarico c’è, a fronte di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Eppure, sto andando avanti.
Quando avevo circa 14 – 15 anni, ho sviluppato un disturbo alimentare che i medici hanno definito come “Anoressia Nervosa – Sottotipo 1”. Sono andata avanti, sono passati anni, ho vissuto diversi ricoveri in clinica, ho perso anni di scuola, mi sono alimentata seguendo un “equilibrio alimentare”, ho fatto tanta psicoterapia, a tratti sono stata meglio e poi ho avuto delle ricadute e poi mi sono rialzata, e adesso sono arrivata fin qua. In remissione da circa 6 anni, tengo un blog di lotta contro l’anoressia, realizzo video su YouTube, scrivo frasi positive su Twitter, mi sono laureata, lavoro come arbitro ed istruttrice di karate nonché come medico, e cerco nel mio piccolo di supportare chiunque stia lottando contro il proprio DCA. Insomma, sono passata da una parte all’altra. E sto andando avanti.
“Tutti quelli che corrono in macchina sotto sotto cercano quella cosa lì.”
“Quale cosa lì?”
“Morire.”
“Se pensassi al peggio dovrei smettere di correre.”
(Eppure ho sempre corso come se non ci dovesse essere un domani.)
Se tento di comprendere la mia vita a ritroso, non posso che sorridere di fronte alle realizzazioni che si sono presentate. Se penso ai momenti difficili, a quelli dolosi, a tutti i disagi, mi rendo conto che stavo percorrendo una strada che mi ha portata dritta fino ad oggi. Adesso riesco a vedere le opportunità che brillavano attraverso le avversità.
Se non avessi imparato a guidare in anticipo sui tempi, forse una volta 18enne non sarei mai stata capace di fare la pilota. Se non avessi studiato Medicina, forse non averi avuto la possibilità di lavorare per il 118. Se non mi fossi ammalata di anoressia – con tutto che mi ha devastato la vita, e che desidererei non ci fosse mai stata, e che se per assurdo potessi tornare indietro nel tempo la cancellerei dalla mia vita – forse il mio carattere non si sarebbe forgiato come ha fatto. Sono sempre andata avanti… e adesso, a ritroso, mi accorgo di ciò che sul momento mi era impossibile vedere.
Forse tutto quello che mi è successo, nel bene e nel male, ha il suo senso. E io devo solo viverlo per scoprirlo ed attribuirgli il mio significato. Forse c’è qualcosa che deve ancora succedere. Un giorno. In qualche modo. Dopo anni trascorsi da pilota, adesso ho un futuro da medico. Dopo anni di anoressia, adesso ho un futuro di remissione. Perché è possibile fondere passato e futuro. Dunque, magari arriverà ancora qualcosa di positivo. Suppongo che lo saprò solo vivendo.
P.S.= Chiedo scusa a tutti i miei amici, quelli attuali e quelli che avevo quando ero pilota: in un modo o nell’altro, vuoi correndo vuoi come medico, ho sottratto alle nostre vite un sacco di weekend per colpa dei rally. Ma ho sempre pensato di vincerlo insieme a voi, ragazzi, il rally della vita.
sabato 12 gennaio 2013
"Future Me"
Nel 2002 è stato aperto un sito chiamato “Future Me”. Questo sito permette di auto-scriversi una e-mail, che verrà poi letta in un futuro più o meno lontano, una mail che viene memorizzata dal sito e recapitata al proprio indirizzo e-mail dopo mesi od anni. Con questo sito è possibile scrivere a se stesse e ricevere quello che ci siamo scritte in un futuro imprecisato che possiamo decidere.
Proprio poco dopo la sua nascita, vi sono incappata in maniera del tutto casuale. Era il 12 Gennaio del 2003, ero in procinto di affrontare il mio primo ricovero in una clinica specializzata per il trattamento dei DCA, causa anoressia, ed ho deciso di scrivermi una e-mail da rileggere dopo 10 anni. Una e-mail che mi sarebbe stata recapitata il 12 Gennaio 2013. Una e-mail che avevo completamente dimenticato e che mi è arrivata oggi.
È una e-mail relativamente breve ed anche piuttosto semplice eppure, nel suo piccolo, mi ha fatta rabbrividire. Mi ha fatta rabbrividire al ricordo di quello che ero nel momento in cui l’ho scritta, e nella consapevolezza di quello che sono adesso.
Che poi, per la cronaca, no, ad oggi le cose non sono come le avevo speranzosamente pronosticate quando mi ero scritta questa e-mail 10 anni fa. Non proprio, per lo meno. Perciò, mi sono ri-spedita questa stessa e-mail. La riceverò un giorno in cui mi sarò nuovamente dimenticata di tutto, il 12 Gennaio 2023, e spero che mi potrà strappare lo stesso brivido.
Ma anche lo stesso sorriso.
"Cara Me Stessa del Futuro,
come va?...
Spero che adesso questa domanda non ti dia più così tanto fastidio da volerla convertire nell’attualmente perenne “Ti disturbo?”… e spero che la tua risposta possa essere “Bene”, ma non quel “bene” che dici oggi a chiunque come pro-forma ostentando un sorriso di circostanza… Soprattutto, a prescindere da quel che rispondi, spero che tu stia bene davvero. Bene dentro, intendo.
Spero che tu abbia sciolto i nodi ad oggi ancora irrisolti, e che tu abbia ancora voglia di lavorare su te stessa per sciogliere quello che è rimasto ingarbugliato. Spero che tu abbia buttato quello che c’era da gettare, e tenuto quello che c’era da salvare – e non viceversa.
A cos’è che pensi quando ti svegli ogni mattina? Spero che sia un qualcosa come: “Chissà cosa mi aspetta oggi?!”, o: “Ma che bel sole che c’è!”, oppure: “Non vedo l’ora di vivermi anche questa giornata”, anziché il solito: “Quanto manca per tornare a dormire?”.
Ce l’hai adesso una macchina tutta tua su cui correre a tutta velocità per non andare da nessuna parte, solo per il gusto di sentire il fascino del pedale dell'acceleratore spinto a tavoletta? Spero di sì. Se poi hai anche un posto dove andare, forse è pure meglio.
Spero che tu legga sempre i manga e ascolti sempre le canzoni delle t.A.T.u., e che tu abbia un lavoro che non ti schifa e anche il tempo per continuare a fare sport. Spero che tu non ti senta sempre in colpa per tutto, e immeritevole se le cose vanno bene, e scontata se le cose vanno male. Spero che le cose storte facciano pari con quelle giuste, e che tutto sommato senti che è okay.
Ma soprattutto, comunque tu sia, ovunque tu sia e qualsiasi cosa tu faccia, e qualsiasi bivio della strada della vita tu imbocchi, soprattutto spero che tu adesso sia serena. Tutto qui, ecco. Spero semplicemente che tu sia serena. Qualsiasi cosa ciò possa significare ora per te. Le sere fuori in giro solo perché ti va di fare una passeggiata, la doccia perché hai da lavarti e non lacrime da nascondere, niente più storie mentali da immaginare perché tutto sommato la realtà che stai vivendo è una storia non malaccio.
E spero che adesso che rileggi questa lettera che forse non ricordavi neanche più di avere scritto, ti venga da sorridere nel ripensare alla persona incasinatissima che eri, e che tu abbia l’indulgenza di abbracciare la bambina che non hai mai saputo essere.
Scriverai una lettera alla Te Stessa del Passato? Cosa mi dirai? Mi manderai a fanculo? Spero proprio di sì… ^_^” A tra 10 anni, allora!...
E, tra l’altro, ti voglio bene.
Qualsiasi cosa tu sia, tu sia diventata, anche se non sei orgogliosa di te o ti fa ancora schifo tutto, sappi che ti voglio bene ugualmente.
Puoi sempre contare su di me. Cioè, su di te. E quindi, su di me.
Tua
Me Stessa del Presente"
Proprio poco dopo la sua nascita, vi sono incappata in maniera del tutto casuale. Era il 12 Gennaio del 2003, ero in procinto di affrontare il mio primo ricovero in una clinica specializzata per il trattamento dei DCA, causa anoressia, ed ho deciso di scrivermi una e-mail da rileggere dopo 10 anni. Una e-mail che mi sarebbe stata recapitata il 12 Gennaio 2013. Una e-mail che avevo completamente dimenticato e che mi è arrivata oggi.
È una e-mail relativamente breve ed anche piuttosto semplice eppure, nel suo piccolo, mi ha fatta rabbrividire. Mi ha fatta rabbrividire al ricordo di quello che ero nel momento in cui l’ho scritta, e nella consapevolezza di quello che sono adesso.
Che poi, per la cronaca, no, ad oggi le cose non sono come le avevo speranzosamente pronosticate quando mi ero scritta questa e-mail 10 anni fa. Non proprio, per lo meno. Perciò, mi sono ri-spedita questa stessa e-mail. La riceverò un giorno in cui mi sarò nuovamente dimenticata di tutto, il 12 Gennaio 2023, e spero che mi potrà strappare lo stesso brivido.
Ma anche lo stesso sorriso.
"Cara Me Stessa del Futuro,
come va?...
Spero che adesso questa domanda non ti dia più così tanto fastidio da volerla convertire nell’attualmente perenne “Ti disturbo?”… e spero che la tua risposta possa essere “Bene”, ma non quel “bene” che dici oggi a chiunque come pro-forma ostentando un sorriso di circostanza… Soprattutto, a prescindere da quel che rispondi, spero che tu stia bene davvero. Bene dentro, intendo.
Spero che tu abbia sciolto i nodi ad oggi ancora irrisolti, e che tu abbia ancora voglia di lavorare su te stessa per sciogliere quello che è rimasto ingarbugliato. Spero che tu abbia buttato quello che c’era da gettare, e tenuto quello che c’era da salvare – e non viceversa.
A cos’è che pensi quando ti svegli ogni mattina? Spero che sia un qualcosa come: “Chissà cosa mi aspetta oggi?!”, o: “Ma che bel sole che c’è!”, oppure: “Non vedo l’ora di vivermi anche questa giornata”, anziché il solito: “Quanto manca per tornare a dormire?”.
Ce l’hai adesso una macchina tutta tua su cui correre a tutta velocità per non andare da nessuna parte, solo per il gusto di sentire il fascino del pedale dell'acceleratore spinto a tavoletta? Spero di sì. Se poi hai anche un posto dove andare, forse è pure meglio.
Spero che tu legga sempre i manga e ascolti sempre le canzoni delle t.A.T.u., e che tu abbia un lavoro che non ti schifa e anche il tempo per continuare a fare sport. Spero che tu non ti senta sempre in colpa per tutto, e immeritevole se le cose vanno bene, e scontata se le cose vanno male. Spero che le cose storte facciano pari con quelle giuste, e che tutto sommato senti che è okay.
Ma soprattutto, comunque tu sia, ovunque tu sia e qualsiasi cosa tu faccia, e qualsiasi bivio della strada della vita tu imbocchi, soprattutto spero che tu adesso sia serena. Tutto qui, ecco. Spero semplicemente che tu sia serena. Qualsiasi cosa ciò possa significare ora per te. Le sere fuori in giro solo perché ti va di fare una passeggiata, la doccia perché hai da lavarti e non lacrime da nascondere, niente più storie mentali da immaginare perché tutto sommato la realtà che stai vivendo è una storia non malaccio.
E spero che adesso che rileggi questa lettera che forse non ricordavi neanche più di avere scritto, ti venga da sorridere nel ripensare alla persona incasinatissima che eri, e che tu abbia l’indulgenza di abbracciare la bambina che non hai mai saputo essere.
Scriverai una lettera alla Te Stessa del Passato? Cosa mi dirai? Mi manderai a fanculo? Spero proprio di sì… ^_^” A tra 10 anni, allora!...
E, tra l’altro, ti voglio bene.
Qualsiasi cosa tu sia, tu sia diventata, anche se non sei orgogliosa di te o ti fa ancora schifo tutto, sappi che ti voglio bene ugualmente.
Puoi sempre contare su di me. Cioè, su di te. E quindi, su di me.
Tua
Me Stessa del Presente"
sabato 8 gennaio 2011
Favolose
Il nostro più profondo timore non è l’essere inadeguate, sbagliate, incapaci di mantenere la motivazione a combattere contro l’anoressia. Il nostro più profondo timore è l’essere incredibilmente forti. È la nostra luce, non la nostra oscurità quel che ci spaventa di più. Ci chiediamo: “Ma chi sono io per essere così brillante, talentuosa, favolosa?”. E allora io vi chiedo: “Ma chi siete voi per non esserlo?”.
Ragazze mie: siete brillanti. Siete talentuose. E siete tutte favolose.
Lo so che la consapevolezza delle vostre capacità e di tutto di quello che potete portare a termine se vi lasciate essere voi stesse può far paura. Può essere così terrorizzante da farvi desiderare di rinchiudervi nella crisalide dell’anoressia per sempre.
Il vostro potenziale è in effetti sorprendente, stupefacente e terrificante. Ed è un vero crimine non lottare per tirarlo fuori. Perciò, perché non smetterla di restringere anche sulle vostre competenze e capacità? Perché non smetterla di bruciare la luce che irradiate? Perché non smetterla di rinunciare ai vostri sogni solo per paura di fallire (o forse per paura di realizzarli)?
Non imbrogliatevi su quello che desiderate dal vostro futuro solo perché non riuscite a vedere dove possa portarvi, solo perché al momento l’anoressia v’impedisce di vedere quanto lontano possiate arrivare nel momento in cui l’abbandonerete.
Non azzoppatevi prima di esservi date la possibilità di provare a camminare. Non desiderate la morte solo perché la vita vi fa paura. Perché morire è il coraggio di un attimo. Ma vivere è il coraggio di sempre.
Ricordatevi sempre che potete fallire a causa dell’anoressia, o riuscire nonostante l’anoressia.
Per favore, meravigliose creature, datevi la possibilità di vivere. Datevi la possibilità di avere successo. Datevi la possibilità di sognare. Datevi la possibilità di essere tutto ciò che potete essere. Libratevi in volo verso altezze inimmaginabili. Lasciatevi andare.
Siete tutte favolose.
Vi voglio bene,
Veggie
Ragazze mie: siete brillanti. Siete talentuose. E siete tutte favolose.
Lo so che la consapevolezza delle vostre capacità e di tutto di quello che potete portare a termine se vi lasciate essere voi stesse può far paura. Può essere così terrorizzante da farvi desiderare di rinchiudervi nella crisalide dell’anoressia per sempre.
Il vostro potenziale è in effetti sorprendente, stupefacente e terrificante. Ed è un vero crimine non lottare per tirarlo fuori. Perciò, perché non smetterla di restringere anche sulle vostre competenze e capacità? Perché non smetterla di bruciare la luce che irradiate? Perché non smetterla di rinunciare ai vostri sogni solo per paura di fallire (o forse per paura di realizzarli)?
Non imbrogliatevi su quello che desiderate dal vostro futuro solo perché non riuscite a vedere dove possa portarvi, solo perché al momento l’anoressia v’impedisce di vedere quanto lontano possiate arrivare nel momento in cui l’abbandonerete.
Non azzoppatevi prima di esservi date la possibilità di provare a camminare. Non desiderate la morte solo perché la vita vi fa paura. Perché morire è il coraggio di un attimo. Ma vivere è il coraggio di sempre.
Ricordatevi sempre che potete fallire a causa dell’anoressia, o riuscire nonostante l’anoressia.
Per favore, meravigliose creature, datevi la possibilità di vivere. Datevi la possibilità di avere successo. Datevi la possibilità di sognare. Datevi la possibilità di essere tutto ciò che potete essere. Libratevi in volo verso altezze inimmaginabili. Lasciatevi andare.
Siete tutte favolose.
Vi voglio bene,
Veggie
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sabato 12 dicembre 2009
Fuori il vecchio, dentro il nuovo
Sbarazzatevi di ciò che vi tira indietro, dentro all’anoressia!
Che cosa avete superato (non in senso fisico, ovviamente...)? Pensateci. È assolutamente ovvio e normale SENTIRE LA MANCANZA di quello che si è superato, ma questo non cambia il fatto che l’abbiamo superato. Da qualche parte dentro di noi, sentiremo per sempre la mancanza dell’anoressia, per tutto quello che ci faceva provare. Ma questo non cambia il fatto che adesso stiamo lottando.
E allora, provando a vedere la cosa dalla parte opposta, di che cosa NON sentite la mancanza? Usate la risposta a questa domanda come un spinta verso una direzione positiva, come una spinta sulla strada del ricovero. Certo noi tutte ricordiamo giorni, mesi, e anche anni che non potremo mai cancellare dalla nostra mente. Magari a volte vi è persino capitato di desiderare di lavare via i ricordi di certi momenti vissuti in pieno DCA. Il punto è che NON è dimenticando queste cose che diventeremo persone più forti. Perciò, anche se certi ricordi fanno male, non cancellateli. Viceversa, provate a ricordare. E chiedetevi: “perché non sento la mancanza di quella cosa, di quel ricordo?”. E usate la risposta come arma per continuare ad andare avanti.
Per che cosa non siete ancora abbastanza pronte? Siate sempre oneste con voi stesse. È la cosa più importante. È assolutamente normale rendersi conto che ci sono certe cose per cui non siamo ancora pronte. Non si può essere pronte ad ogni cosa tutto insieme. È umanamente impossibile. Può essere comunque un risultato tangibile, anche se non siamo abbastanza pronte – perché abbiamo detto a noi stesse: Non sono pronta a questo PER IL MOMENTO.
Infine, quando a queste domande avrete risposto, ri-risposto, ed ancora risposto, fatevi la domanda più importante: Che cosa desiderate dalla vostra vita in futuro?
Che cosa state aspettando?
Domande a cui voi e solo voi potete e dovete rispondere.
Che cosa avete superato (non in senso fisico, ovviamente...)? Pensateci. È assolutamente ovvio e normale SENTIRE LA MANCANZA di quello che si è superato, ma questo non cambia il fatto che l’abbiamo superato. Da qualche parte dentro di noi, sentiremo per sempre la mancanza dell’anoressia, per tutto quello che ci faceva provare. Ma questo non cambia il fatto che adesso stiamo lottando.
E allora, provando a vedere la cosa dalla parte opposta, di che cosa NON sentite la mancanza? Usate la risposta a questa domanda come un spinta verso una direzione positiva, come una spinta sulla strada del ricovero. Certo noi tutte ricordiamo giorni, mesi, e anche anni che non potremo mai cancellare dalla nostra mente. Magari a volte vi è persino capitato di desiderare di lavare via i ricordi di certi momenti vissuti in pieno DCA. Il punto è che NON è dimenticando queste cose che diventeremo persone più forti. Perciò, anche se certi ricordi fanno male, non cancellateli. Viceversa, provate a ricordare. E chiedetevi: “perché non sento la mancanza di quella cosa, di quel ricordo?”. E usate la risposta come arma per continuare ad andare avanti.
Per che cosa non siete ancora abbastanza pronte? Siate sempre oneste con voi stesse. È la cosa più importante. È assolutamente normale rendersi conto che ci sono certe cose per cui non siamo ancora pronte. Non si può essere pronte ad ogni cosa tutto insieme. È umanamente impossibile. Può essere comunque un risultato tangibile, anche se non siamo abbastanza pronte – perché abbiamo detto a noi stesse: Non sono pronta a questo PER IL MOMENTO.
Infine, quando a queste domande avrete risposto, ri-risposto, ed ancora risposto, fatevi la domanda più importante: Che cosa desiderate dalla vostra vita in futuro?
Che cosa state aspettando?
Domande a cui voi e solo voi potete e dovete rispondere.
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vecchio e nuovo
domenica 5 aprile 2009
Il motto di oggi
“Ieri è storia.
Domani è un mistero.
Solo oggi è un dono.
Per questo lo chiamiamo IL PRESENTE”.
(E. Roosevelt)
… e io aggiungo: “…perciò, viviamo per l’OGGI”.
Ripetetelo insieme a me.
E continuate ad andare avanti.
“Ieri è storia.
Domani è un mistero.
Solo oggi è un dono.
Per questo lo chiamiamo IL PRESENTE”.
Perciò, viviamo per l’OGGI.
E avanti così…
Domani è un mistero.
Solo oggi è un dono.
Per questo lo chiamiamo IL PRESENTE”.
(E. Roosevelt)
… e io aggiungo: “…perciò, viviamo per l’OGGI”.
Ripetetelo insieme a me.
E continuate ad andare avanti.
“Ieri è storia.
Domani è un mistero.
Solo oggi è un dono.
Per questo lo chiamiamo IL PRESENTE”.
Perciò, viviamo per l’OGGI.
E avanti così…
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martedì 16 settembre 2008
Combattere la giusta battaglia
In certi momenti è difficile capire quello che si vuole. Si ha paura a lasciarsi il passato alle spalle, anche se doloroso, perché rappresenta comunque un vissuto noto e quindi rassicurante rispetto alle incognite che il futuro ci pone davanti. È questo il momento più critico, il momento in cui rischiamo maggiormente di compiere degli errori, rincorrendo qualcosa di sbagliato che non potrà mai farci ottenere ciò che promette.
Perciò, anche quando è più difficile – proprio quando è più difficile – c’è solo una cosa da fare: cercare di tenere gli occhi aperti e i piedi piantati per terra. Ricordatevi di tener duro e di continuare sempre a combattere la giusta battaglia, nella consapevolezza che tutte possiamo compiere degli errori, ma che anche questo è importante per imparare a non ripeterli.
Provate perciò a riempire il vuoto a scacciare il buio, e a cercare sempre la strada della luce. La vita non è una corsa di 100 metri, ma una lunga maratona, e ogni mattina bisogna alzarsi da letto e partire di nuovo e cercare di capire dov’è che possiamo andare, seguendo il richiamo del proprio desiderio. I disturbi alimentari, in fin dei conti, rappresentano un posto di blocco, un qualcosa in cui si rimane incastrate senza la possibilità di andare né avanti né indietro. Ma, ragazze, ricordatevi che per morire bisogna prima vivere. Perciò non smettete mai di cercare le ragioni per cui vale la pena farlo. E gridate, e arrabbiatevi, e piangete, e ridete, e correte, e fate tutto quello che potete per sentirvi vive. Ma non c’è fretta.
Non si può pretendere che la vita cambi dall’oggi al domani, ci vuole tanto lavoro, tanta fatica, e tanta pazienza. Quindi prendetevi tutto il tempo di cui avete bisogno e non preoccupatevi di niente. Non c’è montagna così alta da non poter essere scalata. E un giorno vi accorgerete di essere arrivate esattamente dove volevate.
Spero che stiate trascorrendo dei giorni tranquilli (e, se non è così, spero che lo saranno i prossimi) e non dimenticate che potete scrivermi ogni qualvolta lo desideriate.
P.S.= Volevo condividere con voi una cosa che mi ha resa molto felice: ieri sera ho ricevuto il premio "Blog vitaminico A.C.E.”, che è una targa, un riconoscimento di stima e apprezzamento per lo stile, la grafica, i contenuti e l'energia che il premiato trasmette con il suo blog. Mi è stato conferito da una meravigliosa blogger che mi ha fatto il più bello ed insapettato regalo che io abbia mai ricevuto... Perciò: GRAZIE MILLE JESSICA!!!
E voglio ricambiare, perchè anche il suo blog merita davvero un'occhiata attenta: questa ragazza scrive davvero benissimo!
Intanto, vi linko il post del premio in questione sul suo blog...
Blog vitaminico A.C.E.
Perciò, anche quando è più difficile – proprio quando è più difficile – c’è solo una cosa da fare: cercare di tenere gli occhi aperti e i piedi piantati per terra. Ricordatevi di tener duro e di continuare sempre a combattere la giusta battaglia, nella consapevolezza che tutte possiamo compiere degli errori, ma che anche questo è importante per imparare a non ripeterli.
Provate perciò a riempire il vuoto a scacciare il buio, e a cercare sempre la strada della luce. La vita non è una corsa di 100 metri, ma una lunga maratona, e ogni mattina bisogna alzarsi da letto e partire di nuovo e cercare di capire dov’è che possiamo andare, seguendo il richiamo del proprio desiderio. I disturbi alimentari, in fin dei conti, rappresentano un posto di blocco, un qualcosa in cui si rimane incastrate senza la possibilità di andare né avanti né indietro. Ma, ragazze, ricordatevi che per morire bisogna prima vivere. Perciò non smettete mai di cercare le ragioni per cui vale la pena farlo. E gridate, e arrabbiatevi, e piangete, e ridete, e correte, e fate tutto quello che potete per sentirvi vive. Ma non c’è fretta.
Non si può pretendere che la vita cambi dall’oggi al domani, ci vuole tanto lavoro, tanta fatica, e tanta pazienza. Quindi prendetevi tutto il tempo di cui avete bisogno e non preoccupatevi di niente. Non c’è montagna così alta da non poter essere scalata. E un giorno vi accorgerete di essere arrivate esattamente dove volevate.
Spero che stiate trascorrendo dei giorni tranquilli (e, se non è così, spero che lo saranno i prossimi) e non dimenticate che potete scrivermi ogni qualvolta lo desideriate.
P.S.= Volevo condividere con voi una cosa che mi ha resa molto felice: ieri sera ho ricevuto il premio "Blog vitaminico A.C.E.”, che è una targa, un riconoscimento di stima e apprezzamento per lo stile, la grafica, i contenuti e l'energia che il premiato trasmette con il suo blog. Mi è stato conferito da una meravigliosa blogger che mi ha fatto il più bello ed insapettato regalo che io abbia mai ricevuto... Perciò: GRAZIE MILLE JESSICA!!!
E voglio ricambiare, perchè anche il suo blog merita davvero un'occhiata attenta: questa ragazza scrive davvero benissimo!
Intanto, vi linko il post del premio in questione sul suo blog...
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