venerdì 24 maggio 2013
"Quando tutto il resto fallisce, è colpa della paziente"
Oggi vorrei riportarvi un articolo che ho trovato su Internet, che mi ha lasciata piuttosto perplessa, e decisamente discorde.
Si tratta del risultato di un’inchiesta qui riportata, relativa ai casi di morte in giovani donne affette da anoressia, che fa sì che il medico esaminatore concluda:
In conseguenza di ciò che è successo, Mr Hinchliff afferma: “Lei [la paziente in questione affetta da anoressia - nda] non era mai stata completamente compliante alla terapia di rialimentazione, e questo ha causato ripercussioni negative sulla sua salute fisica, che l’hanno condotta alla morte.”
(mia traduzione)
Perchè, certo, è tutta e solo colpa della paziente se è morta, vero?!
Chi ha steso tali conclusioni non ha pensato che se la paziente non è stata compliante, è perchè non riusciva ad essere compliante. Quando sei sottopeso, malnutrita e con una mentalità che è ancora completamente in balia dell’anoressia, affrontare una cosa ansiogena come un regime alimentare regolare scandito da 5 pasti quotidiani è un qualcosa che più di una persona non sarebbe in grado di tollerare. Nella stragrande maggioranza dei casi, le ragazze affette da un DCA vorrebbero veramente stare meglio, solo che non riescono a tollerare l’ansia che il distaccarsi dall’anoressia comporta inevitabilmente. Il DCA, perciò, continua ad apparire preferibile di fronte dall’ansia innescata dall’idea di dover affrontare la vita senza mettere in atto questa strategia di coping.
Il problema è che purtroppo è ancora molto diffuso, “grazie” anche a quest’informazione a mio avviso scorretta derivante dai mass-media, il preconcetto che recuperare il peso perso significhi “guarire” dall’anoressia. Certamente la riabilitazione nutrizionale è fondamentale per fare passi avanti sulla strada del ricovero, ma il fatto che una paziente abbia recuperato il peso perso non significa che il DCA è svanito dalla sua mente, anzi, tutt’altro. È per questo che poi si hanno le ricadute, tante ricadute, e la gente che guarda dall’esterno pronta a dire che se non c’è compliance terapeutica non è possibile avere un aiuto. Mah.
Nella stragrande maggioranza dei casi, rimanere vincolate a un DCA anche dopo averne scoperti i lati negativi, non è una scelta. È una necessità di coping. Per cui la gente dovrebbe smetterla di aspettarsi che una paziente affetta da un DCA possa essere completamente compliante a seguire un regime alimentare equilibrato in ogni qualsiasi momento. L’abilità dei terapeuti che si relazionano con persone che hanno un DCA, secondo me, dovrebbe stare nella capacità di capire in quale particolare momento del percorso di ricovero si trova la ragazza, ed agire di conseguenza: giusto per fare un esempio, inutile dare una dieta ipercalorica a una ragazza che fino al giorno prima restringeva l’alimentazione da far paura, e pretendere che la segua per filo e per segno (etichettandola poi come “non compliante” se non lo fa). Meglio provvedere a graduali incrementi calorici, affinché la paziente possa abituarsi poco a poco, e non opporre eccessiva resistenza. È solo così che si possono avere pazienti complianti.
Non è – e non deve essere – un lavoro (e men che mai una colpa!) della paziente.
Voi cosa ne pensate?
Si tratta del risultato di un’inchiesta qui riportata, relativa ai casi di morte in giovani donne affette da anoressia, che fa sì che il medico esaminatore concluda:
In conseguenza di ciò che è successo, Mr Hinchliff afferma: “Lei [la paziente in questione affetta da anoressia - nda] non era mai stata completamente compliante alla terapia di rialimentazione, e questo ha causato ripercussioni negative sulla sua salute fisica, che l’hanno condotta alla morte.”
(mia traduzione)
Perchè, certo, è tutta e solo colpa della paziente se è morta, vero?!
Chi ha steso tali conclusioni non ha pensato che se la paziente non è stata compliante, è perchè non riusciva ad essere compliante. Quando sei sottopeso, malnutrita e con una mentalità che è ancora completamente in balia dell’anoressia, affrontare una cosa ansiogena come un regime alimentare regolare scandito da 5 pasti quotidiani è un qualcosa che più di una persona non sarebbe in grado di tollerare. Nella stragrande maggioranza dei casi, le ragazze affette da un DCA vorrebbero veramente stare meglio, solo che non riescono a tollerare l’ansia che il distaccarsi dall’anoressia comporta inevitabilmente. Il DCA, perciò, continua ad apparire preferibile di fronte dall’ansia innescata dall’idea di dover affrontare la vita senza mettere in atto questa strategia di coping.
Il problema è che purtroppo è ancora molto diffuso, “grazie” anche a quest’informazione a mio avviso scorretta derivante dai mass-media, il preconcetto che recuperare il peso perso significhi “guarire” dall’anoressia. Certamente la riabilitazione nutrizionale è fondamentale per fare passi avanti sulla strada del ricovero, ma il fatto che una paziente abbia recuperato il peso perso non significa che il DCA è svanito dalla sua mente, anzi, tutt’altro. È per questo che poi si hanno le ricadute, tante ricadute, e la gente che guarda dall’esterno pronta a dire che se non c’è compliance terapeutica non è possibile avere un aiuto. Mah.
Nella stragrande maggioranza dei casi, rimanere vincolate a un DCA anche dopo averne scoperti i lati negativi, non è una scelta. È una necessità di coping. Per cui la gente dovrebbe smetterla di aspettarsi che una paziente affetta da un DCA possa essere completamente compliante a seguire un regime alimentare equilibrato in ogni qualsiasi momento. L’abilità dei terapeuti che si relazionano con persone che hanno un DCA, secondo me, dovrebbe stare nella capacità di capire in quale particolare momento del percorso di ricovero si trova la ragazza, ed agire di conseguenza: giusto per fare un esempio, inutile dare una dieta ipercalorica a una ragazza che fino al giorno prima restringeva l’alimentazione da far paura, e pretendere che la segua per filo e per segno (etichettandola poi come “non compliante” se non lo fa). Meglio provvedere a graduali incrementi calorici, affinché la paziente possa abituarsi poco a poco, e non opporre eccessiva resistenza. È solo così che si possono avere pazienti complianti.
Non è – e non deve essere – un lavoro (e men che mai una colpa!) della paziente.
Voi cosa ne pensate?
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25 commenti:
guarda, a volte mi chiedo se i dottori ci vedono come dei robot, pronti a eseguire ogni ordine, che si relazionano per causa/effetto e che quindi i medici agiscono secondo il protocollo.
Un medico ci ha risposto così di fronte a una cosa andata male (E'il protocollo)
Peccato per loro che siamo esseri viventi
Purtroppo questo tipo di atteggiamento da parte di tanti dottori si nota anche in trattamenti di altre malattie.
Tanti hanno sbagliato lavoro..ci sono medici e medici..ovvio non possono essere troppo sensibili ma in questo ramo con i DCA devi assolutamente avere tatto e capacità di comprendere..
e sì, la compliance non è una cosa che si ha così su due piedi, come se x uscire dai Dca bastasse la volontà no?! bisogna guadagnarsela la compliance, far vedere alla paziente un'esistenza libera dall'anoressia come qualcosa di bello, e accettare i suoi tempi. purtroppo questo è difficile da capire x che non ci è passato
purtroppo quando uno decide di morire non è colpa di nessuno se non di se stesso.. ciò non toglie che il medico abbia passato la proverbiale palla in mano alla paziente che, essendo morta, non può certo dire la sua per difendersi.,. spesso i medici usano i pazienti come cavie e gli psichiatri sono la peggior razza: ti danno pillole da "provare", ma si rendono conto che non sono caramelle? Poi è sempre comodo dire che la paziente "non era cooperativa al 100%", loro però non dicono che non sono stati "bravi al 100%"...
È un post troppo interessante. È vero, a volte i medici trattano i pazienti affetti da dca tutti nello stesso modo, con la stessa terapia, senza differenziare lo stato in cui si trova il paziente nel suo percorso. A me è successo in ricovero, che il dietista mi aumentasse i pasti ogni tre giorni, senza che io però riuscissi a raggiungere lo step precedente. E mi diceva di applicarmi...
Però io ero terrorizzata dal passare a mangiare solo verdura lessa ad un pasto composto da primo secondo contorno tutti conditi più la frutta...per me era troppo...
Comunque ognuno ha il suo percorso e i suoi tempi, bisogna capirlo...e ognuno ha un percorso di cura diverso, personalizzato.
A volte i medici , forse per comodità, non vogliono valutare questo aspetto e trattarci tutti come robot...
personalmente penso che quando hai un dca, ce l'hai punto. si nasconde ma resta. Se sei una dietista, psicologa, neuropsichiatra, psichiatra devi fare i conti con questo. Tornerà l'anoressia, quando la tua vita ti farà schifo. Si nasconderà quando il sole entrerà dalla finestra. Quando dici ad una paziente con un dca che è quasi pronta ad essere "dimessa" e, "improvvisamente", cala di peso lasciate stare l'argomento non mettete davanti questo obbiettivo forse non è tempo.
"Quando tutto il resto fallisce, è colpa della paziente!" ??
Ce lo vedo proprio, uno di quegli stronzi rotti in culo in camice bianco a dire una puttanata del genere, lavandosene le mani.
Ma andatevene tutti a fanculo, psicoterapeuti di 'sta minchia.
Questo è solo l'ennesimo classico esempio di scaricabarile all'italiana.
Sono pienamente d'accordo,però vorrei aggiungere che forse,quando il paziente è proprio alla deriva,o gli si prescrive una dieta decente o è totalmente inutile.Cioè non si può "accontentarlo",bisogna prendere il torno per le corna.In tutti gli altri casi invece è stupido e controproducente pretendere la luna o insistere in strategie che non danno risultati.Ora,io andavo da delle psicologhe per dei miei problemi..ci ho buttato un sacco di soldi,come da copione non avevano capito un cavolo e non mi sono servite a nulla.Detto questo loro mi davano dei programmi da seguire.E io puntualmente non li seguivo.Ora dico,forse, non vi è venuto in mente che quel tipo di approccio non era adatto a me?che se il programma non riuscivo a seguirlo c'era qualcosa che di più oltre alla pigrizia?in fondo con tutti i soldi che gli ho dato mi sare potuta traferire negli stati uniti per qualche mese.Ma no,la colpa è tutta mia.Ok,d'accordo,arrivederci.Però non vi ringrazio.
Scusa gli errori,sono con il cellulare!
Veggie!! scusa, non ti avevo più risp. Cmq..prova ad entrare nel mio blog da qui! fammi sapere se ci riesci...anche se ormai nn aggiorno più molto ^^'
Penso che sia inammissibile che un dottore dia una diagnosi simile. Come se fosse facile uscire da certi schemi. Forse non comprendono la cosa fino in fondo.
Già a volte funziona proprio così...x esperienza personale!!!Ero seguita presso la mia asl per anoressia con condotte di eliminazione, non avevo un peso bassissimo e secondo loro non ero motivata, così dopo un anno di terapia mi hanno "lasciata a casa"...così... da un giorno all'altro...salvo poi riprendermi in terapia due mesi fa perchè adesso ho u BMI intorno a 15!!! Mi sono sentita un po' una cavia...cos'è adesso che peso meno sono più interessante???Ho più bisogno d'aiuto??? Questo mi ha fatto capire quanto poco ne capiscano...mi dispiace ma se uno nn c'è passato non può capire cosa vuol dire
giusto, giustissimo, il fatto che la dieta ipercalorica ed il conseguente incremento di peso non portino alla sparizione del DCA.
Assolutamente, quando quest'ultimo si è radicato, niente lo toglie
- se non
la volontà della paziente.
Parlare di colpa è sempre difficile.
Ma è il termine più semplice che la comunità (?) ha per parlare di qualcosa a cui non riesce a porre rimedio.
Non vedo nulla di strano ed immorale nel dire che "è colpa delle pazienti" se non riescono a guarire dal DCA.
Perchè, di fatto, è vero.
E', credo, un traslare il significato.
E' la volontà che passa ad essere colpa.
Perchè non c'è nulla di involontario nel tenersi il DCA.
Lo si "tiene" (anche se si, sembra di parlare di un'oggetto materiale) perchè è qualcosa che è parte di te.
Alla società, al medico e casi simili sembra che si sia malate per la colpa, quando forse, alla fin fine, è solo volontà.
Volontà di non distaccarsi da qualcosa.
Il problema è difficile.
Io so di avere un problema, ma non posso farne a meno.
E' colpa?
Per gli altri si, perchè sembra che io non ne voglia uscire.
Per me si e no, perchè me ne voglio staccare e allo stesso tempo è un bisogno.
Bisogno è colpa?
Per loro si, in questo caso.
Per me no.
Sembra che il discorso cada nel relativismo.
La sostanza è che secondo me c'è un uso dei vocaboli scorretto da parte loro, ossia un errore "analitico", parlando filosoficamente, ed un uso troppo sulla difensiva nei confronti delle anoressiche.
Le anoressiche, le bulimiche e chiunque per l'amor del cielo ha un DCA ha un problema, ma non per questo va in tutto e per tutto giustificato.
È proprio vero...non è facile guarire dai disturbi alimentari...non è facile affatto accettare le terapie proposte...nè dal punto di vista fisico nè da quello psicologico.
È difficile...
Io a quindici anni son stata ricoverata in un centro per bulimia nervosa,e non sono guarita perché avevo paura...ma ti assicuro che nessuno ha cercato di aiutarmi quando vedeva che stavo male,nessuno degli educatori che mi chiedesse "hai voglia di parlare con me?" o semplicemente "come stai?" o "ti va di fumare una sigaretta insieme così ci distraiamo?"
Quindi non è solo colpa mia se non sono guarita a suo tempo.
Non mi piace per niente la parola “colpa”, perché sottende delle responsabilità che una persona in quanto malata non può avere, perché ci sono certi momenti della malattia in cui è lei a pensare al nostro posto, e quindi non siamo in grado di essere lucide e razionali. Sarebbe quello il momento in cui ci sarebbe più bisogno di un aiuto mirato, che però non sempre arriva, ed ecco che allora per alcune le cose possono andare a finire male. Ma se una non trova il supporto terapeutico adeguato, è impossibile che, se pure con tutta la volontà del mondo, riesca ad eliminare completamente il dca, anche perché se funzionasse così i dca non sarebbero veramente un problema né una malattia. Avendo letto l’articolo del link, io penso che quel medico che ha detto che era “colpa” della paziente, volesse solo deresponsabilizzare se stesso per un insuccesso terapeutico: piuttosto che ammettere di non essere riuscito a fare adeguatamente il proprio lavoro, ha rigirato la cosa e ha detto che era stata la paziente a non essere compliante. Troppo facile, così! Forse la paziente non sarà neanche stata compliante, ma forse è stato anche il medico che non ha saputo costruire una relazione terapeutica costruttiva e positiva con lei. Anch’io, quando ho iniziato a combattere contro la bulimia, non è che fossi tanto compliante, veramente, e all’inizio ho trovato delle psicologhe che mi hanno fatto esserlo ancor meno. Poi ho avuto fortuna ed ho trovato la psicologa giusta, e ho fatto passi avanti. Quindi, secondo le prime due psicologhe io sarei stata non compliante, e secondo la terza invece si. Evidentemente, dato che non posso essere due cose opposte allo stesso tempo, forse era anche un po’ “colpa” loro se non ero compliante, non dipendeva tutto solo ed esclusivamente da me, no?????!!!!!!
Detto questo, ti lascio un saluto perchè domattina parto: vado a Parigi per una settimana col mio fidanzato per festeggiare il fatto che mi sono finalmente (meglio tardi che mai!!!!!!) laureata!!!!!!!!!
Ripasserò di qui a Giugno, dunque!!!!!!!!!!!! Buona settimana a tutte!!!!!!!!!!!
a quanto ne sapevo le malattie venivano considerate una colpa nel Medioevo...fantastica 'sta banda di laureati che vive arretrata di secoli,in fondo perché stupirsi? è capitata una cosa simile anche a me...
...forse l'errore sta nel parlare di "colpa", no? Nessuno sceglie consapevolmente di ammalarsi di DCA!! Mi auguro che l'autore abbia solo trattato la tematica con troppa leggerezza e usato un lessico inappropriato per questo...
D'altra parte, nelle situazioni problematiche è abbastanza normale cercare di dare la colpa (o meglio, di scaricare la colpa) su qualcuno...
Bisogna dire comunque però, che per un medico/psicologo/dietista/nutrizionista/ecc che la pensa in questo modo, ce ne sono altri 1000 che trattano la paziente e il suo problema con il massimo rispetto e la giusta professionalità... L'importante è quello di non fare di un'erba un fascio!
Un super abbraccio
Bè...a mio parere la colpa non è mai totalmente nè di uno nè dell'altro...certo che è facile dire "la paziente non era mai stata completamente compliante" ma evidentemente quella non era il tipo di terapia adatta a lei...o lo psicoterapeuta non era quello giusto...
je
riacquistare peso io credo sia fondamentale,al di là della salute, per ottenere una certa libertà mentale. Sotto un certo numero diventa difficile svincolarsi da certe ossessioni, compiere una cernita di quel che si vuole e quel che "si crede di volere".Tuttavia mi pare un controsenso incolpare la apziente delle sua patologia. é come andare da uno con un cancro e fargli la ramanzina perchè nonn ha reagito alla terapia. Okkei che si parla di due tipologie differenti di malattie, ma son della ferma convinzione che nessuno sceglie "il male" nella piena consapevolezza di averlo scelto.
ti string forte =)
@ AlmaCattleya – Penso che, in un certo senso, venga spontaneo per un medico assimilare un paziente ad un “caso clinico”… perché questo permette di seguire delle line guida che possano orientare l’approccio terapeutico. Però, poi, è ovvio che nessuna di noi sia un “caso clinico” e che, anzi, ogni persona sia una storia a sé… e qui sta alla competenza e alla professionalità del medico il riuscire ad approcciarsi ad ogni paziente nella giusta maniera… Il protocollo è una necessità (se qualcosa va male e non hai seguito il protocollo sei passibile di denuncia…), però questo non significa che il medico si deve lobotomizzare e seguire unicamente il protocollo, senza riflettere con la propria testa su ciò che si trova davanti…
@ ela87 – Senz’altro non è una cosa circostritta ai soli DCA… Del resto, l’empatia non è un qualcosa che si acquisisce automaticamente non appena ci si ritrova con una laurea in Medicina in mano… Come giustamente hai detto tu, è impossibile generalizzare, ci sono medici più o meno empatici in base al proprio carattere e alla propria esperienza… io penso che sarebbe importante (per tutti) trovare una via di mezzo tra quel distacco professionale che è necessario quando si svolge una certa professione, e la necessità di venire incontro alle esigenze della paziente…
@ Marta – Per combattere contro un DCA è fondamentale la volontà… ma non è l’unica cosa. Se lo fosse, l’anoressia non sarebbe più un problema, perché una volta nata quella volontà, chiunque guarirebbe rapidamente. Se non succede così, è evidentemente perché combattere contro l’anoressia richiede qualcosa di più, oltre alla fondamentale volontà… Però, dall’altra parte, ci vuole anche il medico che sia in grado di raccogliere adeguatamente lo slancio e la richiesta d’aiuto formulate dalla paziente, per quanto inevitabilmente possa essere difficile mettersi nei panni di chi ha passato l’anoressia, pur non avendola vissuta…
@ Glo in wonderland – Mi è molto piaciuta la conclusione del tuo commento… Hai ragione, bisognerebbe vedere la cosa da ambo le parti: pazienti non complianti… e i medici?... Ce l’hanno davvero messa tutta, hanno fatto davvero tutto il possibile?... Io credo che se in una “relazione terapeutica” le cose non vanno a verso, la colpa (se proprio di “colpa” si vuol parlare, non mi piace granché questa parola) stia da ambo le parti, non sempre è solo da quella della paziente…
@ Pulce – Fare degli schemi e pretendere che tutte le pazienti vi rientrino, credo sia molto comodo… ma il fatto che sia molto comodo non significa comunque che sia giusto, anzi, semmai il contrario… Hai ragione quando dici che ognuna ha i suoi tempi… e il terapeuta dev’essere capace di rispettarli…
@ Anonima (24 Maggio 2013, ore: 21.22) – Anch’io sono dell’idea che un DCA non scompaia mai del tutto… e che sia la strategia di coping cui si tenderà sempre a vertere nei momenti di maggior stress e difficoltà nella nostra vita… Si può avere una remissione, questo sì, ne sono convinta, ed è l’obiettivo che tutte si dovrebbe cercare di raggiungere… però credo di essere semplicemente realistica nel dire che qualcosa del DCA rimarrà sempre. E ognuna ha i propri tempi… sia per quanto riguarda il ricovero, sia per quanto riguarda la dimissione… credo sia importante non forzarli, perché dalle forzature non credo possano nascere cose positive…
@ Jonny – Di scaricabarile ce ne sono fin troppi, purtroppo, nella professione medica… menomane che non sono veramente tutti così… (ci sarebbe stato da preoccuparsi, sennò…)
@ Marcella – Non ti preoccupare per gli errori d’ortografia, ci mancherebbe… A parte questo, penso che la riabilitazione nutrizionale sia fondamentale in un percorso di ricovero, perché la restrizione alimentare in sé produce delle carenze neurotrasmettitoriali che alterano le normali funzioni cerebrali, e quindi rendono difficile il riuscire a ragionare lucidamente… Per questo, in qualsiasi percorso di ricovero, la psicoterapia ha senso solo se viene affiancata ad un piano di rialimentazione, altrimenti rimane fine a se stessa, perché la persona non ha la lucidità che serve per affrontare la problematica… Il che però non significa che si possa bombare con una dieta ipercalorica una persona affetta da anoressia sottotipo 1, sia perché proprio non è corretto da un punto di vista nutrizionale, sia perché la ragazza non ci starà e si dissocerà totalmente dalla terapia… Bisognerebbe fare come fece la mia dietista con me a suo tempo, proponendomi delle reintegrazioni alimentari estremamente graduali, che le fecero guadagnare la mia compliance (e la mia fiducia…). Ma purtroppo non tutti lo capiscono… Ed è esattamente il discorso che hai fatto tu rispetto alle psicologhe che ti hanno seguito: hai ragione, non era colpa tua se non seguivi quei programmi, era solo che stavano utilizzando un approccio inadatto alla tua persona… o, forse, ti chiedevano “troppo, tutto & subito”… chissà, forse se anziché darti il programma serrato dall’inizio alla fine, ti avessero proposto un approccio più soft, con tappe intermedie da raggiungere senza stretti limiti di tempo, magari anche tu avresti potuto essere più collaborativa… Cosa che certo non potevi essere nel momento in cui ti mettevano di fronte a degli aut-aut… ma non per colpa tua, semplicemente perché avevano usato un approccio sbagliato… Esattamente come è sbagliato utilizzare “approcci standard” su persone con DCA, considerandole solo alla stregua della loro malattia, senza considerare il fatto che ogni persona è una storia a sé…
@ (Mai più)Enigma – Ciao!... Ho provato ad entrare attraverso il link del tuo nome sul tuo commento, ma mi fa vedere solo il tuo profilo, non mi permette di accedere al tuo blog…
P.S.= Bellissima la tua nuova foto-avatar! ^__^ Sei sempre più stupenda…
@ Reina – Credo che sia un modo molto semplice e semplicistico per lavarsene le mani quando si hanno di fronte casi difficili con cui tutto sommato si preferirebbe non aver nulla a che vedere…
@ Anonima (25 Maggio 2013, ore: 23.11) – Ma lo sai che negli U.S.A. le assicurazioni sanitarie erogano le loro prestazioni alle ragazze malate di anoressia/bulimia solo se il loro B.M.I. è inferiore a 18 o superiore a 25?... E’ una cosa assurda, ovviamente, però il tuo commento mi ci ha fatto ripensare perché quel che fanno queste assicurazioni sanitarie è molto simile a quel che hai scritto tu… Ovviamente è solo uno specchietto per allodole, è ovvio che il peso non dice niente di come la persona si senta dentro… che è invece la cosa più importante per chi ha un DCA… ma basarsi solo sulla fisicità, purtroppo, è più facile…
@ Marceline – C’è senz’altro un uso scorretto dei vocaboli… ma non nel loro mero senso linguistico, bensì nell’impostazione mentale che quest’uso sottende. Io penso che sia completamente inutile parlare di “colpa”. Incolpare una persona di qualcosa non la smuove, e se lo fa, allora lo fa in negativo, perché rappresenta una nota di biasimo. Quindi, piuttosto che perdere tempo a fare attribuzioni di presunte colpe, sarebbe meglio impiegare quel tempo a progettare strategie per riuscire ad interagire più efficacemente con la “paziente non compliante” di turno…
Vorrei solo aggiungere alla tua riflessione che “bisogno” non è “colpa”… ma non è neanche “volontà”. Perché “volontà” fa leva sulla nostra parte razionale, senziente… e “bisogno” fa leva sulla nostra parte irrazionale, emotiva. Siamo proprio su due piani diversi cognitivo VS emotivo. E. no, non credo che ci si tenga il DCA perché è una parte di noi… perché non credo assolutamente che lo sia. Può cercare di diventarlo, e può sembrarlo dopo decenni di malattia, ma non lo è. E lo dimostra il fatto che possiamo vivere accantonandolo, ovvero accettando il fatto che sarà sempre una vocina nella nostra testa, ma che possiamo comunque agire in maniera diversa da quanto essa ci suggerisce di fare. Io credo che ci si tenga il DCA fintanto che niente e nessuno riesce a dimostrarci che ci sono altre strategie di coping altrettanto funzionali, e che non passano necessariamente per la distruzione del nostro corpo…
@ FrancescaAsia – Non è assolutamente colpa tua… forse non era il momento giusto, quello in cui sei stata ricoverata, o forse non era l’ambiente giusto, e accanto a te non c’erano le persone giuste… Sono così tanti i fattori che possono influenzare il successo o meno di una terapia… Perciò, non sentirti in colpa, non serve a niente. Concentra le tue energie sul cercare di ricostruirti un nuovo percorso di ricovero…
@ Wolfie – Innanzitutto… COMPLIMENTI PER LA LAUREA!! Goditi questa settimana a Parigi, te la sei proprio meritata tutta!... A parte questo, sì, anche a me la parola “colpa” non piace affatto… e credo che la relazione terapeutica medico-paziente sia un elemento fondamentale per assicurare la compliance…
@ O.A.S. – Se ti è capitato, spero vivamente che tu abbia mandato a quel paese quegli psicoterapeuti che ti hanno detto una cosa del genere, ed abbia cercato persone veramente in gamba, in grado di guidare un percorso di ricovero, e non buoni solo a lavarsene le mani…
@ Ilaria – Sono perfettamente d’accordo con te sull’importanza di non fare di tutta l’erba un fascio… Purtroppo una laurea non basta per fare di un medico/psicologo/dietista una persona in grado di fare davvero il suo lavoro, soprattutto su aspetti un po’ delicati come quello del DCA… però è vero che per quanti terapeuti pessimi si possano trovare, c’è anche gente in gamba… e che non bisogna mai smettere di cercarli. Come scrivevo anche nella risposta ad un’altra ragazza qua sopra, secondo me la parola “colpa” è proprio sbagliata, decontestualizzata… perché una sceglie il sintomo, ma non la malattia… e quando poi ci si ritrova in mezzo con tutti e 2 i piedi, se non riesce ad uscirne al volo, non è una “colpa”, è perché l’anoressia rappresenta una strategia di coping di cui la persona sente di aver bisogno…
@ je – Premesso che secondo me non si dovrebbe neanche parlare di “colpa”… diciamo che può esserci una condivisione delle responsabilità, questo sì. Ma una condivisione, appunto, non un lavarsene le mani… Inoltre trovo improduttivo al massimo attaccare delle etichette alle persone, perché se dici ad una ragazza che non è compliante, e la fai sentire in colpa, magari quella ci crede, e complichi ancora di più il suo percorso di ricovero…
@ justvicky – D’accordo al 100% relativamente all’importanza del riacquistare peso… Quello che hai scritto è completamente vero. E sono anche concorde con la seconda parte del commento… io credo che se una persona con un DCA non riesce a fare passi avanti sulla strada del ricovero, non è per “colpa” sua, è perché non le vengono dati – e in quel particolare momento dentro di se non trova – i mezzi per poter fare passi avanti… che non fa non perché non voglia, ma perché magari in quel peculiare momento non ci riesce…
A me, purtroppo, é capitato spessissimo di avere a che fare con mentalità simili... di essere addirittura cacciata dal mio "Treatment Team" - dopo soli tre mesi - perché colpevole di non progredire sufficientemente in fretta :( ...!!
P.S.: grazie per quello che fai, Veggie :). Il tuo blog é bellissimo <3!
@ Barbara – La trovo ovviamente una cosa assurda… come se ci fossero dei tempi standardizzati per progredire!... Poiché ogni persona è una storia a sé, e perfettamente normale che persone facciano certi passi avanti più velocemente, e altre più lentamente… il che non conta nulla, perché poi tutto quello che conta è il risultato alla lunga gittata: non ha alcuna importanza che si riesca a fare lo sprint o meno, quello che conta è il riuscire a poco a poco a riappropriarci di una buona qualità della vita… Io immagino che tu non abbia più neanche rivisto nessuno di quel “Treatment Team” (e, se l’hai rivisto, spero che tu gli abbia fatto una cosa adeguata tipo sputo in un occhio…), ma cercati ben altro di diverso, perché da gente del genere bisogna solo girare al largo…
P.S.= Grazie a te per il tuo commento!... Mi fa davvero piacere che il mio blog ti piaccia!! ^__^
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