venerdì 22 novembre 2013
Lasciar andare l'idea della perfetta guarigione
Se avete mai sentito in qualche programma televisivo qualcuno che ha un DCA parlare di come immagina possa essere una sua futura guarigione, siete perdonate per aver pensato che quel qualcuno stesse cercando di convincervi ad acquistare uno stock di pentole in una telepromozione.
A volte in TV o su Internet capita di vedere video (o di leggere post) di persone che dicono come pensano che sarà la loro vita una volta che saranno guarite dal DCA. Sono persone che dicono cose come: “Si guarisce dall’anoressia quando si riesce ad amare se stesse. Quando si riesce ad amare il proprio corpo e ad accettare tutte le proprie imperfezioni. Quando si arriva a questo, ci si rende conto che la vita è bellissima, è meravigliosa. Si riescono a raggiungere le radici del proprio DCA. E non ci si ricade mai, mai, mai, MAI più. Si guarisce del tutto, e questo è per sempre.”
Ecco, quando sento cose del genere, mi sembra un po’ di stare a sentire una telepromozione che ti vuol vendere qualche cosa. O l’inno di una setta segreta con una parola d’ordine e una divisa contraddistintiva.
Okay, credo che la maggior parte delle persone che hanno vissuto/vivono un DCA, abbiano la consapevolezza che non esiste una guarigione perfetta. Ma stando a quello che dicono alcune persone quando parlano di come immaginano la loro vita post-DCA, a me sembra che tendano a dipingere la cosiddetta guarigione come una forma idealizzata di Come-La-Vita-Sarà-Da-Ora-In-Poi-Sempre-Nel-Persempre-Amen. Non è in questo che consiste la strada del ricovero, secondo me. Se decidete d’iniziare a combattere contro il vostro DCA, e vi rendete conto che la dura realtà consta nel doversi opporre all’anoressia giorno dopo giorno, con fatica, con difficoltà, i discorsi sull’utopica perfetta guarigione non cominciano a sembravi un pochino fake?
Certo, a chi non piace pensare che dall’anoressia si possa guarire in toto, senza alcun residuato psicofisico, e che la vita senza il DCA possa essere perfetta? Ritrovare un’alimentazione completamente spontanea, amare il cibo, amare la propria fisicità. E poi svegliarsi ogni mattina, alzarsi da letto, guardarsi allo specchio e vedere quant’è sexy il riflesso che rimanda. Niente più giornatacce passate in preda a manie di controllo, niente più ansie. Soltanto autonomia, sicurezza di sé, e felicità. Penso che chiunque di noi possa aver immaginato, anche solo per un momento, qualcosa del genere pensando ad un futuro senza più anoressia.
Per quel che mi riguarda, percorrendo la strada del ricovero mi sono accorta che le cose non stavano così. E quindi, ho regolato il tiro. Ma non abbassandolo. Non mi sono detta: “No, non è così che andranno le cose, non ci sperare neanche”, bensì mi sono detta: “Non guardare al risultato, focalizzati sul processo.”. Se infatti mi fossi concentrata su un’utopica prospettiva di perfetta guarigione, e poi mi fossi accorta che la necessità di controllo permaneva, e che la vita presentava comunque tutte le sue difficoltà, mi sarei buttata giù ed avrei mollato, perché mi sarei sentita incapace di raggiungere quell’obiettivo, e dunque una fallita. Invece, concentrandomi su quello che potevo fare concretamente, giorno dopo giorno, per migliorare la qualità della mia vita, mi sono accorta che potevo muovere dei piccoli passi avanti per cercare di fare in modo che pian piano la mia situazione fosse migliore rispetto a prima. Tuttora, se guardo oggettivamente al punto in cui mi trovo (da qualche parte lungo la strada del ricovero), mi rendo conto che la mia vita non è rose e fiori, e non somiglia a quella che dicono di voler avere le persone che immaginano una completa guarigione dal proprio DCA, però sono comunque riuscita a ripristinare una elevata qualità della mia vita e continuerò ad impegnarmi per ottenere ulteriori miglioramenti in futuro.
Anche leggendo su Internet narrazioni di ragazze che raccontano la propria vita con il DCA, mi rendo conto che queste storie si ripartiscono per la maggior parte in 2 grani filoni: quelle che concludono “Penso che il DCA rimarrà comunque un vissuto che mi segnerà e mi condizionerà per il resto della mia vita, sia nel mio rapporto nei confronti del cibo, che di me stessa, che degli altri”, e quelle che concludono con le telepromozioni succitate. Il problema è che, a mio avviso, ambo le mentalità conducono al fallimento. Nel primo caso, perché una persona si abitua al DCA a tal punto da rassegnarsi ad una sorta di convivenza più o meno passiva, e perde così la reattività che serve per riconquistare giorno dopo giorno una vita migliore; nel secondo caso, perché viene idealizzata a tal punto l’idea della guarigione, che non potrà mai concretizzarsi con quelle modalità, che la delusione che ne consegue porterà inevitabilmente ad avere delle ricadute.
Spesso ricevo e-mail da parte di ragazze che mi chiedono cosa mi ha fatto decidere di combattere contro l’anoressia, qual è stato il mio punto di svolta, cosa mi ha convinto a cercare di stare meglio e tornare a mangiare normalmente. Mi dispiace sempre rispondere loro che non è così che per me sono andate le cose. È vero, c’è stato un live delle t.A.T.u. che mi ha dato una bella spinta nella giusta direzione, ma questo è stato un input: sarebbe rimasto passivo e fine a se stesso se io non lo avessi agito. Non c’è stato nella mia vita un epocale cambiamento, una qualche epifania, un qualche evento che dall’oggi al domani mi ha fatto cambiare completamente idea e combattere fervidamente contro l’anoressia. Il mio è stato un percorso lento, costellato di ricadute. Però mi sono rialzata ogni volta, ho stretto i denti, ho tenuto duro, ho ricominciato a combattere. È possibile che ci siano persone alle quali succede una qualche cosa, un qualche epico evento, e da lì in poi sfrecciano sulla strada del ricovero senza mai deragliare… ma questo non è l’unico modo, secondo me, per percorrere questa strada.
E, tra l’altro, percorrere la strada del ricovero non è una passeggiata. Talvolta su certi Tumblr leggo frasi come: “The worst day in recovery is still better than the best day in relapse” (“Il giorno peggiore mentre percorri la strada del ricovero è comunque meglio del giorno migliore di una ricaduta”). Onestamente? Se mi è concesso di dirlo, talvolta non è così. Talvolta la vita quotidiana è così difficile da affrontare, con tutti i suoi millemila imprevisti e difficoltà, che la sensazione di controllo che fa (illusoriamente) provare l’anoressia ti fa sentire molto meglio che il combattere l’anoressia stessa. Non è nel mio interesse né nei miei progetti un’ulteriore ricaduta nell’anoressia, ma sono consapevole che essendo stata l’anoressia una strategia di coping estremamente funzionale, è possibile che in futuro le difficoltà della vita mi porteranno ad un punto tale da mettermi nella necessità di riadottarla. Del resto, non ho scelto la restrizione alimentare perché volevo essere magra. Ho scelto la restrizione alimentare perché mi permetteva di provare quella sensazione di controllo che tanto anelavo poiché la vita – incontrollabile per antonomasia – mi sembrava così più facile da gestire.
Le difficoltà non cessano all’istante quando s’intraprende la strada del ricovero. I problemi che prima nascondevamo dietro al DCA restano, e ci si trova di fronte al difficile compito di affrontarli. E spesso sono schiaccianti. È dura. È veramente dura. Bisogna lavorarci su con la psicoterapia, perchè affrontare quei problemi è pure l’unico modo che abbiamo a disposizione per andare avanti.
Niente arcobaleni ed unicorni, qui. La strada del ricovero che sto percorrendo non è l’utopia della perfetta guarigione. Ma è un qualcosa che lentamente e gradualmente mi permette di stare meglio, e ce la metterò tutta per mantenere la rotta. Sì, ci sono state ricadute in passato, e non posso escludere l’eventualità che ce ne saranno in futuro. Sì, dovrò lavorare ancora tanto sulla mia necessità di controllo. Sì, molto probabilmente rimarrò vulnerabile all’anoressia per il resto della mia vita. Ma sapete cosa? Mi va bene così. Perchè potrò comunque arrivare ad avere un’ottima qualità della vita, anche se la vocina dell’anoressia rimarrà da qualche parte. Ma posso non agirla. E così le cose andranno meglio.
In conclusione: io non credo che si possa “guarire” dall’anoressia nel senso proprio del termine, e credo che qualcosa del DCA nella nostra mente rimarrà sempre. Ma credo anche che possa rimanerci in maniera passiva, senza più influenzare i nostri comportamenti, in maniera tale da permetterci di avere un’ottima qualità della vita. Credo fermamente infatti che sia possibile avere una remissione dell’anoressia, e che questa remissione possa protrarsi vita natural durante. Un po’ come l’acoolista, che avrà sempre la tentazione di bere, ma che razionalmente riuscirà sempre ad impedirsi di farlo, e nonostante la vocina nella sua testa riuscirà dunque comunque a vivere una vita di qualità elevata. Ecco, credo che lo stesso valga per l’anoressia.
Perciò, siate contente della grinta con cui ogni giorno riuscite ad affrontare la strada del ricovero, anche se non va tutto alla perfezione, anche se avete ancora l’impulso di restringere l’alimentazione, anche se avete ancora voglia di controllare tutto. I giorni di merda ci saranno comunque, ci saranno periodi che potranno comunque andare da schifo, perché così è la vita. Ma al di là di tutto questo, di tutte le follie, di tutti i casini, se continuiamo a combattere contro il DCA potremo trovare altre strategie di coping che non passino per la distruzione fisica e mentale, e potremo tornare ad avere una qualità della vita veramente elevata.
Ma questo succederà solo quando lasceremo andare l’idea della perfetta guarigione, la telepromozione della vita perfetta senza anoressia, e cominceremo a concentrarci sui nostri piccoli-grandi progressi quotidiani, cominciando ad abbracciare le piccole-grandi conquiste per le quali abbiamo lavorato così duramente.
A volte in TV o su Internet capita di vedere video (o di leggere post) di persone che dicono come pensano che sarà la loro vita una volta che saranno guarite dal DCA. Sono persone che dicono cose come: “Si guarisce dall’anoressia quando si riesce ad amare se stesse. Quando si riesce ad amare il proprio corpo e ad accettare tutte le proprie imperfezioni. Quando si arriva a questo, ci si rende conto che la vita è bellissima, è meravigliosa. Si riescono a raggiungere le radici del proprio DCA. E non ci si ricade mai, mai, mai, MAI più. Si guarisce del tutto, e questo è per sempre.”
Ecco, quando sento cose del genere, mi sembra un po’ di stare a sentire una telepromozione che ti vuol vendere qualche cosa. O l’inno di una setta segreta con una parola d’ordine e una divisa contraddistintiva.
Okay, credo che la maggior parte delle persone che hanno vissuto/vivono un DCA, abbiano la consapevolezza che non esiste una guarigione perfetta. Ma stando a quello che dicono alcune persone quando parlano di come immaginano la loro vita post-DCA, a me sembra che tendano a dipingere la cosiddetta guarigione come una forma idealizzata di Come-La-Vita-Sarà-Da-Ora-In-Poi-Sempre-Nel-Persempre-Amen. Non è in questo che consiste la strada del ricovero, secondo me. Se decidete d’iniziare a combattere contro il vostro DCA, e vi rendete conto che la dura realtà consta nel doversi opporre all’anoressia giorno dopo giorno, con fatica, con difficoltà, i discorsi sull’utopica perfetta guarigione non cominciano a sembravi un pochino fake?
Certo, a chi non piace pensare che dall’anoressia si possa guarire in toto, senza alcun residuato psicofisico, e che la vita senza il DCA possa essere perfetta? Ritrovare un’alimentazione completamente spontanea, amare il cibo, amare la propria fisicità. E poi svegliarsi ogni mattina, alzarsi da letto, guardarsi allo specchio e vedere quant’è sexy il riflesso che rimanda. Niente più giornatacce passate in preda a manie di controllo, niente più ansie. Soltanto autonomia, sicurezza di sé, e felicità. Penso che chiunque di noi possa aver immaginato, anche solo per un momento, qualcosa del genere pensando ad un futuro senza più anoressia.
Per quel che mi riguarda, percorrendo la strada del ricovero mi sono accorta che le cose non stavano così. E quindi, ho regolato il tiro. Ma non abbassandolo. Non mi sono detta: “No, non è così che andranno le cose, non ci sperare neanche”, bensì mi sono detta: “Non guardare al risultato, focalizzati sul processo.”. Se infatti mi fossi concentrata su un’utopica prospettiva di perfetta guarigione, e poi mi fossi accorta che la necessità di controllo permaneva, e che la vita presentava comunque tutte le sue difficoltà, mi sarei buttata giù ed avrei mollato, perché mi sarei sentita incapace di raggiungere quell’obiettivo, e dunque una fallita. Invece, concentrandomi su quello che potevo fare concretamente, giorno dopo giorno, per migliorare la qualità della mia vita, mi sono accorta che potevo muovere dei piccoli passi avanti per cercare di fare in modo che pian piano la mia situazione fosse migliore rispetto a prima. Tuttora, se guardo oggettivamente al punto in cui mi trovo (da qualche parte lungo la strada del ricovero), mi rendo conto che la mia vita non è rose e fiori, e non somiglia a quella che dicono di voler avere le persone che immaginano una completa guarigione dal proprio DCA, però sono comunque riuscita a ripristinare una elevata qualità della mia vita e continuerò ad impegnarmi per ottenere ulteriori miglioramenti in futuro.
Anche leggendo su Internet narrazioni di ragazze che raccontano la propria vita con il DCA, mi rendo conto che queste storie si ripartiscono per la maggior parte in 2 grani filoni: quelle che concludono “Penso che il DCA rimarrà comunque un vissuto che mi segnerà e mi condizionerà per il resto della mia vita, sia nel mio rapporto nei confronti del cibo, che di me stessa, che degli altri”, e quelle che concludono con le telepromozioni succitate. Il problema è che, a mio avviso, ambo le mentalità conducono al fallimento. Nel primo caso, perché una persona si abitua al DCA a tal punto da rassegnarsi ad una sorta di convivenza più o meno passiva, e perde così la reattività che serve per riconquistare giorno dopo giorno una vita migliore; nel secondo caso, perché viene idealizzata a tal punto l’idea della guarigione, che non potrà mai concretizzarsi con quelle modalità, che la delusione che ne consegue porterà inevitabilmente ad avere delle ricadute.
Spesso ricevo e-mail da parte di ragazze che mi chiedono cosa mi ha fatto decidere di combattere contro l’anoressia, qual è stato il mio punto di svolta, cosa mi ha convinto a cercare di stare meglio e tornare a mangiare normalmente. Mi dispiace sempre rispondere loro che non è così che per me sono andate le cose. È vero, c’è stato un live delle t.A.T.u. che mi ha dato una bella spinta nella giusta direzione, ma questo è stato un input: sarebbe rimasto passivo e fine a se stesso se io non lo avessi agito. Non c’è stato nella mia vita un epocale cambiamento, una qualche epifania, un qualche evento che dall’oggi al domani mi ha fatto cambiare completamente idea e combattere fervidamente contro l’anoressia. Il mio è stato un percorso lento, costellato di ricadute. Però mi sono rialzata ogni volta, ho stretto i denti, ho tenuto duro, ho ricominciato a combattere. È possibile che ci siano persone alle quali succede una qualche cosa, un qualche epico evento, e da lì in poi sfrecciano sulla strada del ricovero senza mai deragliare… ma questo non è l’unico modo, secondo me, per percorrere questa strada.
E, tra l’altro, percorrere la strada del ricovero non è una passeggiata. Talvolta su certi Tumblr leggo frasi come: “The worst day in recovery is still better than the best day in relapse” (“Il giorno peggiore mentre percorri la strada del ricovero è comunque meglio del giorno migliore di una ricaduta”). Onestamente? Se mi è concesso di dirlo, talvolta non è così. Talvolta la vita quotidiana è così difficile da affrontare, con tutti i suoi millemila imprevisti e difficoltà, che la sensazione di controllo che fa (illusoriamente) provare l’anoressia ti fa sentire molto meglio che il combattere l’anoressia stessa. Non è nel mio interesse né nei miei progetti un’ulteriore ricaduta nell’anoressia, ma sono consapevole che essendo stata l’anoressia una strategia di coping estremamente funzionale, è possibile che in futuro le difficoltà della vita mi porteranno ad un punto tale da mettermi nella necessità di riadottarla. Del resto, non ho scelto la restrizione alimentare perché volevo essere magra. Ho scelto la restrizione alimentare perché mi permetteva di provare quella sensazione di controllo che tanto anelavo poiché la vita – incontrollabile per antonomasia – mi sembrava così più facile da gestire.
Le difficoltà non cessano all’istante quando s’intraprende la strada del ricovero. I problemi che prima nascondevamo dietro al DCA restano, e ci si trova di fronte al difficile compito di affrontarli. E spesso sono schiaccianti. È dura. È veramente dura. Bisogna lavorarci su con la psicoterapia, perchè affrontare quei problemi è pure l’unico modo che abbiamo a disposizione per andare avanti.
Niente arcobaleni ed unicorni, qui. La strada del ricovero che sto percorrendo non è l’utopia della perfetta guarigione. Ma è un qualcosa che lentamente e gradualmente mi permette di stare meglio, e ce la metterò tutta per mantenere la rotta. Sì, ci sono state ricadute in passato, e non posso escludere l’eventualità che ce ne saranno in futuro. Sì, dovrò lavorare ancora tanto sulla mia necessità di controllo. Sì, molto probabilmente rimarrò vulnerabile all’anoressia per il resto della mia vita. Ma sapete cosa? Mi va bene così. Perchè potrò comunque arrivare ad avere un’ottima qualità della vita, anche se la vocina dell’anoressia rimarrà da qualche parte. Ma posso non agirla. E così le cose andranno meglio.
In conclusione: io non credo che si possa “guarire” dall’anoressia nel senso proprio del termine, e credo che qualcosa del DCA nella nostra mente rimarrà sempre. Ma credo anche che possa rimanerci in maniera passiva, senza più influenzare i nostri comportamenti, in maniera tale da permetterci di avere un’ottima qualità della vita. Credo fermamente infatti che sia possibile avere una remissione dell’anoressia, e che questa remissione possa protrarsi vita natural durante. Un po’ come l’acoolista, che avrà sempre la tentazione di bere, ma che razionalmente riuscirà sempre ad impedirsi di farlo, e nonostante la vocina nella sua testa riuscirà dunque comunque a vivere una vita di qualità elevata. Ecco, credo che lo stesso valga per l’anoressia.
Perciò, siate contente della grinta con cui ogni giorno riuscite ad affrontare la strada del ricovero, anche se non va tutto alla perfezione, anche se avete ancora l’impulso di restringere l’alimentazione, anche se avete ancora voglia di controllare tutto. I giorni di merda ci saranno comunque, ci saranno periodi che potranno comunque andare da schifo, perché così è la vita. Ma al di là di tutto questo, di tutte le follie, di tutti i casini, se continuiamo a combattere contro il DCA potremo trovare altre strategie di coping che non passino per la distruzione fisica e mentale, e potremo tornare ad avere una qualità della vita veramente elevata.
Ma questo succederà solo quando lasceremo andare l’idea della perfetta guarigione, la telepromozione della vita perfetta senza anoressia, e cominceremo a concentrarci sui nostri piccoli-grandi progressi quotidiani, cominciando ad abbracciare le piccole-grandi conquiste per le quali abbiamo lavorato così duramente.
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26 commenti:
Concordo con ciò che hai scritto.
Secondo me si può guarire nel senso che si può arrivare alla remissione dei sintomi ma non si può cambiare personalità. Una personalità anoressica manterrà sempre alcuni tratti caratteristici. Con ciò non intendo dire che bisogna rassegnarsi ad una triste convivenza con un DCA, ma semplicemente che un DCA non è un raffreddore bensì una malattia che ti segna nel profondo e che non sparisce senza lasciar traccia.
La guarigione, secondo me, consiste nel riuscire a gestire la parte malata, a tenerla a bada anziché farsi sopraffare da essa. Significa arrivare ad avere una lucidità ed una consapevolezza tale da riuscire a contrastare i pensieri mali, a zittirli, riuscendo così ad evadere dalla gabbia dell'anoressia e a vivere un'esistenza felice. Recuperare una vita sociale, stare meglio fisicamente, riuscire a trovare gioia e soddisfazione da cose che non sono correlate all'iper-controllo o al peso sono tutte cose che associo alla guarigione.
Dire che la vita post "guarigione" sia perfetta è una gran cazzata, per in semplice fatto che nessuno ha un'esistenza perfetta ;) le difficoltà ci saranno sempre, solo che arrivati ad un certo punto si è capaci di affrontarle senza ricadere in vecchie strategie di coping!
Ho googlato "guarire ai DCA" ed è uscito fuori il tuo post.
E'difficile non essere d'accordo con ciò che scrivi.
La penso come te, come Viellina.
Quando ascolto o leggo storie ragazze che son guarite, mi dico sempre che è impossibile mettere da parte una cosa così grande e che ci ha fatto stare tanto male.
Chi guarisce da un tumore poi "dimentica tutto"
Ok, ci sono dinamiche psicologiche diverse.
Ma la memoria resta.
La mia resta.
Seppure io ora sia normopeso, seppure non sia del tutto guarita perchè ancora controllo ciò che mangio o ancora vomito, i miei mostri mentali restano.
Io credo solo che con il passare del tempo si diventa più consapevoli.
Ci si guarda allo specchio con più indifferenza, ma il pensiero malato non andrà mai via.
Anche per me i ricoveri sono stati una fuga dalla realtà. In alcuni mi rilassavo talmente tanto che a casa non volevo tornarci.
Quando si esce da una situazione traumatica qualunque essa sia, ci si rende conto che comunque il ricordo rimane.
Scacciare via per sempre il ricordo, tutto quel vissuto è inutile e sprechi ogni energia.
Con diversi eventi traumatici io convivo.
bisogna anche saper vedere oltre e a volte mi dico che non sono quello, che sono ben altro, che ho le mie passioni.
Questo non impedirà a me di smettere di ricordare come se fossero fantasmi nella mia vita.
E a volte mi dico che vorrei tanto strapparmeli dalla mente, dal mio corpo quei ricordi. Ma non posso farlo.
A volte quando mi succede qualcosa di brutto, sto male e poi mi dico: "Ho affrontato cose ben peggiori."
Sono una sopravvissuta, è ora di vivere e lo faccio giorno per giorno. So bene che la perfezione non ci sarà (anche perché la vita è già imperfetta di suo), so che magari mi dispererò di nuovo e se ricadrò in qualcosa, cercherò di dirmi e soprattutto di ricordarmi, che se c'è stata una ricaduta non vuol dire che ricadrò definitivamente in quello stato. I miei ricordi traumatici rimangono e rimarranno, ma chissà magari col tempo diventeranno più evanescenti questi fantasmi.
C'è una frase che mi ha risollevato ed è "Per natura, le cose cambiano."
Non dico che la guarigione ci sarà al 100%, che si smetterà di ricordare quegli eventi, ma è una cosa che bisogna fare giorno per giorno e, come ti ho detto l'altra volta, di liberarsi degli schemi mentali costruiti negli anni e soprattutto di esserne consapevoli
Concordo pienamente il tuo pensiero.
Concordo perché passataci pienamente! Ricordo ancora che ero nel pieno dell'anoressia e mi ero rassegnata ad essere così per tutta la vita, nonostante sapessi la gravità della mia situazione. Difatti quando ho capito che la mia vita non poteva più continuare così perché se no avrei perso tutto, ho deciso di ponermi l'obbiettivo di guarire una volta per tutte. Per un anno mi sono obbligata a mangiare, ci sono stati alti e bassi, ci sono stati momenti in cui digiunavo e momenti in cui mi abbuffavo, ma ripetevo che sarebbe passato e che io sarei guarita. Ci credevo, veramente. Sono riuscita a metter su 12 chili e per un istante mi sono guardata allo specchio e mi piacevo, forse perché ce l'avevo fatta. In realtà, mentivo a me stessa: il mio riflesso allo specchio lo odiavo comq, grassa o magra che ero. Era l'autoconvinzione di avercela fatta e davanti agli altri ero fiera di me per essere riuscita a sconfiggere l'anoressia da sola.
Questa vittoria è durata un anno, poi sono ricaduta nella bulimia.
Ora ho capito che non si potrà mai tornare ad una vita normale, un po' come dici tu simil televendita, si può zittire quella vocina anche se non se ne andrà mai via. Sarà sempre difficile, anche una volta "guarite". Però sta a noi decidere se rinascere o morire, prendere in mano la propria vita continuando a combattere o lasciarsi completamente andare.
Volevo ringraziarti per quello che hai scritto in questo post e soprattutto per quello che hai scritto sul mio blog come commento. Ci rifletterò. Sono in bilico tra il bianco e il nero, è un classico per l'incoerenza... :(
Un bacione ^^
Così si rischia di dare un'idea sbagliata, e cioè che un bel giorno si "superi" l'anoressia e tutto torni alla normalità. Quindi, se non si raggiunge questo punto, si può arrivare alla frustrazione. Invece certi traumi non possono essere superati all'improvviso, senza più avere strascichi. La parte più importante è continuare sempre la propria battaglia per stare bene.
Anch’io direi che mi colloco piuttosto nel mezzo: da quando ho iniziato a fare psicoterapia e a farmi seguire da una nutrizionista (e ormai sono diversi annetti), le cose sono progressivamente migliorate (non senza quale ricaduta nel mezzo, tuttavia), quindi sicuramente non mi butto giù di morale pensando che tutta la mia vita sarà subordinata alla bulimia; però non sono neanche una super-ottimista che pensa che la malattia sparirà con un colpo di bacchetta magica, e che la mia vita e il mio rapporto col cibo o con me stessa torneranno tali e quali a com’erano prima dell’arrivo del dca, perché è ovvio che non sarà così, quello che ho vissuto mi ha influenzata e trasformata, ed è irreversibile, non posso più cambiare quello che ho vissuto. Però cerco comunque di progettare il mio futuro in maniera positiva: sono stata moooooooooolto peggio di come sto adesso, per cui ho la consapevolezza che le cose possono migliorare, se io m’impegno affinché lo facciano. Non va tutto alla perfezione, e probabilmente non sarà mai così, però posso dire che va meglio, e questo lo considero positivo. E considero positivo anche il fatto che, se io continuo a fare psicoterapia e a cercare di “rigare dritto” con l’alimentazione, ho ancora del margine di miglioramento.
Io penso che sia utopico pensare che da un dca si guarisca come si guarisce dal raffreddore, però penso che sia invece realistico pensare che da un dca si migliora, e molto. Si ritorna a stare bene, a non essere più piene di pensieri ossessivi, a mangiare correttamente, a fare le cose che ci piacciono e frequentare le persone con cui si sta bene. Io non so se questa possa essere considerata una guarigione, (e non escludo la possibilità di future ricadute, comunque), però sicuramente è un miglioramento, ed è quello che mi fa sentire che, per quanto la terapia sia dura e difficile, sto facendo la cosa giusta.
Le persone che vanno in tv a parlare della loro esperienza si appoggiano alle necessità mediatiche, che vogliono un mondo tutto nero o tutto bianco, e tenere la gente in quello stato di illusione della "vita perfetta" pseudo-raggiungibile che tipicamente troviamo nelle telenovele. No, non si guarisce mai da un dca, sono d'accordo. In primo luogo perché il dca nasce da sé: certo, influiscono anche le pressioni sociali, ma se non c'è una base psichica non trova il terreno fertile per mettere radici e successivamente svilupparsi. Se il dca fosse una malattia della stessa entità dell'influenza, o del mal di gola, toh, medicina (ricovero) preso e la vita torna a splendere. Purtroppo il dca è una malattia mentale, può essere più o meno grave e può insorgere prima o dopo, ma riguarda il cervello. Anche i farmaci adeguati possono solo tamponare la situazione. E' una deviazione quella di ricorrere al digiuno o al vomito per perdere peso, è contro natura. E questa tendenza patologica torna anche una volta acquistato un po' di peso ed essendo "clinicamente guariti", tant'è che nei manuali la ricaduta è una delle tappe probabili che attraversa la persona anoressica. L'importante, e il bellissimo messaggio ed esempio che ci dai tu, è rimanere lucidi il più possibile. E forse si riuscirà a vivere il più a lungo possibile, forse per tutta la vita, come persone più o meno sane rispetto all'alimentazione.
Ti seguo, ciao.
Oltre alle necessità mediatiche di offrire un punto di vista tutto bianco o nero "anoressica" o "guarita", siamo anche noi a pensarci così, intendo come pensiero dicotomico del "tutto" o "niente".
Comunque, credo che questi messaggi di guarigione e felicità servano più a rassicurare le persone all'esterno di questo problema, che così non perdono la fiducia nella medicina, nella scienza, e nella buona volontà del paziente e della famiglia... Ma sappiamo tutte in fondo che è solo una rappresentazione ad uso e consumo di un pubblico.
Certe cose una volta rotte non si riaggiustano più, e a volerle fare tornare come prima (il prima ideale della malattia) è un po' inutile, se non frustrante, secondo me.
Quindi, bisogna prendere atto dell'esperienza dolorosa che l'anoressia ci ha dato e fare i conti con questa giorno per giorno, perché la lotta è infinita, ma come tu insegni, non impossibile...
un abbraccio xx
p.s. ti ho lasciato un commento al penultimo post, se vuoi rispondermi lì, o qui direttamente... Non so se ti arrivano le notifiche ai nuovi commenti.
tra l'altro andando a rileggere gli ultimi post che avevo scritto trovo questa frase:
"Tutto alla fine si sistemerà, e se non dovesse sistemarsi vuol dire che quella non è la fine ;)"
e mi fa sorridere, di un sorriso amaro...
cara Veggie, dici sempre cose sante, ma questa volta non concordo pienamente, come non concordo con la televendita vita perfetta post Dca! per quanto mi riguarda, i meccanismi del sintomo sono rimasti sì in un angolo della testa come dici tu x un bel po' di tempo: quando qualcosa andava male, delusioni amorose, problemi, difficoltà nello studio, eccetera, l'istinto era di non mangiare...ma crescendo ho appreso altre modalità di coping verso i drammi della vita, non mi salta nemmeno più in mente di restringere l'alimentazione x far fronte a qualcosa di brutto e spiacevole! quindi credo che col tempo si possa davvero dire "pietra sopra", anche se la vita non è perfetta certo, ma ci si può sentire guarite...in fondo chi lo dice che un alcolista avrà x sempre voglia di bere? certo è che ognuno è diverso, quindi ci sono vari futuri possibili!!
Secondo me dipende molto da persona a persona come ha detto Marta. Sono contenta di come lei abbia reagito dopo l'anoressia, ma per quanto mi riguarda penso che sia inutile proiettarsi in un futuro che magari per me arriverà tra 5,10,20 anni o forse mai e nel frattempo frustrarsi perché la vita come io la vorrei non arriva. Anche io sto pensando giorno dopo giorno e sono consapevole che potrei ricaderci, anzi, sto per ricascarci, perché ora che vivo da sola in un'altra città ho già cominciato ad assumere la tendenza di restringere. L'importante è rimanere lucidi, coscienti del fatto che ci si fa del male con le proprie mani e che siamo noi a voler decidere di ricadere o no nel baratro. E ovviamente cosa ancora più importante è rimanere seguiti. Io grazie alla mia nutrizionista riesco a dare un freno alla mia voglia di restringere, perché lei riesce a farmi rendere conto ogni volta che ciò non ha senso, che non mi fa altro che farmi ritornare al punto di partenza, al quale solo pensiero rabbrividisco. Tuttavia se mi guardo indietro sono contenta, perché ho fatto grandi passi avanti, perché la mia vita è qualitativamente migliorata. Ora sono semplicemente in una fase di pseudo-normalità con la quale devo fare i conti ogni giorno e scegliere, sempre ogni giorno, se dare retta a me o alla malattia. Non penso che la mia vita sarà sempre e solo così, ma ritengo che se mi impegno, cambierà sempre in meglio e i miei impulsi diventeranno sempre più deboli. Mi piace pensare a questa condizione paragonandola alla dialettica di Hegel: momento positivo, poi negativo, infine la sintesi, che non è il punto di partenza bensì l'unione tra positivo e negativo. Non tornerò certamente più a ragionare come facevo prima. Non penso proprio che in futuro ritornerò a spalmare burro sulla fetta biscottata in modo così disinvolto da fregarmene di sapere anche solo minimamente quante calorie io stia mangiando, ne tanto meno a non rendermi conto se ho fatto più di una merenda o ho se ho mangiato pasta sia a pranzo che a cena. Queste cose non ricapiteranno più. Semplicemente perché io mi sento un po' come quando Adamo ed Eva hanno mangiato la mela, e scoperto di essere nudi. Ora io so cosa comporta mangiare in un determinato modo, e starò sempre attenta, sempre vigile, sempre e costantemente con un atteggiamento di controllo verso le cose che mangio e il movimento che faccio. Semplicemente ciò non diverrà più una fonte di stress, e nel futuro come obiettivo spero che accanto a ciò non ci siano più (o comunque molto più di rado) momenti in cui cercherò di assecondare i miei pensieri irrazionali.
Cara Veggie, leggo da molto tempo il tuo blog, ma non ho mai commentato finora.
Premettendo che apprezzo moltissimo il “lavoro” che stai facendo su questo blog, vorrei comunque esprimere alcune mie perplessità.
Mi sono laureata in psicologia da alcuni mesi, e proprio in virtù del percorso di studi che ho fatto e del lavoro che andrò a svolgere, leggendo il tuo blog mi sono talvolta sorpresa a pensare a quanto possa essere difficile per te scegliere cosa scrivere nei post, ma soprattutto “cosa” rispondere alle persone che ti commentano quando ti espongono la loro situazione e ti chiedono cosa fare.
Tu hai affermato più volte che non dai giudizi né suggerimenti perché non ti compete in quanto non professionista. Questa affermazione mi sorprende, perché nelle risposte che scrivi ai vari commenti, dai sempre dei consigli, che talvolta sono molto chiare e nette. Mi riferisco, per esempio, a quando scrivi (cito le tue testuali parole copiate da alcune tue risposte a dei commenti): “Non so se sei seguita da una dietista e/o da una psicologa, in ogni caso ti consiglio vivamente di rivolgerti a queste figure professionali”, oppure: “Quando ti assalgono i pensieri propri del DCA, anziché agirli, cerca di fare qualsiasi altra cosa per distrarti”, oppure: “Cerca di mangiare tutto quello che è previsto dal tuo “equilibrio alimentare”, pensando che il cibo adesso è la tua medicina” oppure: “Prima chiedi aiuto, meglio sarà, per cui non esitare a farlo”; giusto per citare alcuni esempi. A me queste sembrano delle indicazioni molto nette. Oppure in un’altra occasione scrivi: “Mi sembra che il tuo problema principale in questo momento sia che stai aggravando la tua patologia di base piangendoti addosso in maniera incredibile”, e questo mi “puzza” molto di giudizio. Allora, quello che mi chiedo è: non è un tantino azzardato da parte tua scrivere su un blog risposte a domande di persone sconosciute sulla base di ciò che affermano?
A me capita di pensare alle storie che ascolto dai pazienti mentre svolgo il mio tirocinio come a un intreccio complicatissimo, non fosse altro che il punto di vista del soggetto narrante, ammesso in buona fede ma deformato da meccanismi inconsapevoli, è solo una fioca luce nella ricerca non certo della “verità”, ma di una interpretazione plausibile e verosimile di ciò che emerge nella relazione di coppia psicoterapeuta-paziente.
Quindi, quando sul blog ti vengono fatte certe domande o dette certe cose, tu sei chiamata a muoverti sulle sabbie mobili nel momento in cui rispondi. E data la precisione delle domande che talora ti vengono rivolte, come un giudice non puoi esimerti dal prendere una posizione.
In definitiva, mi interrogo sull’opportunità di dare delle risposte a commenti di persone sconosciute, sulla base di una manciata d’indizi, che peraltro chi scrive sceglie accuratamente.
Scusa ma che giudizi da?? Come hai scritto tu lei spesso o quasi sembra dice di rivolgersi a persone competenti del tipo psycologo o dietista o nutrizionista.. Nn capisco proprio che giudizio personale cé in questo. Il blog di veggi é il migliore in assoluto che io trovo nella rete italiane. A me personalmente lei ha sempre dato dei commenti pieni senso. Miriam
@ Viellina – Sono d’accordo con te… nel tuo commento hai condensato esattamente l’essenza del mio post… hai capito perfettamente quello che intendevo dire. Ed è vero, io credo che sia assolutamente così… che la vita non sia perfetta ma perfettibile, e che dunque quello che possiamo fare è cercare di trarne il meglio possibile e di tenere l’anoressia più a bada possibile, cercando di arrivare ad una qualità della vita quanto migliore possibile…
@ TheSilentPrincess – Ciao!... Innanzitutto benvenuta!... Sì, hai ragione in ciò che scrivi sull’acquisizione di consapevolezza senza mai avere una cancellazione totale dell’esperienza… non siamo robot, non abbiamo il pulsante “reset”… Che poi, tra l’altro, io credo questo valga per ogni qualsiasi malattia… Non ce lo vedo proprio un ex-paziente neoplastico che vive il resto della sua vita come se la sua neoplasia non fosse mai esistita… Certe esperienze di vita ti segnano a fondo, perciò non credo siano totalmente eliminabili… però penso che possano diventare gestibili, questo sì. Da quello che mi scrivi, intuisco che hai fatto dei passi avanti e che ne farai ancora, arriverai a stare ancora meglio… qualcosa dentro ti rimarrà sempre, ma ricomincerai comunque a vivere più a pieno… magari, come dici tu, il pensiero malato ci sarà… ma la tua vita sarà così piena di cose importanti che quel pensiero rimarrà accantonato in un angolino e non tangerà la tua quotidianità… ed è quello che ti (ci) auguro. Un abbraccio…
@ AlmaCattleya – Sono perfettamente d’accordo con la tua affermazione di dover imparare a convivere con determinate cose… Convivere che non significa affatto accettarle passivamente e lasciare che ci rovinino la vita, bensì trovare un modo per tenerle a bada, e poter vivere la nostra vita a pieno nonostante la loro presenza… E’ verissimo, potranno esserci ricadute… ma potrà esserci anche abbastanza forza da rimetterci in piedi ogni volta… Ti ringrazio per la frase che hai citato, molto bella, e ti lascio anch’io una citazione che fa da risposta alla tua: “Change is difficult. Not changing is fatal.”
@ Born Or Die – Purtroppo credo sia impossibile sconfiggere l’anoressia da sole… perché è un qualcosa che sta nella nostra mente… e, pertanto, è impossibile opporsi veramente del tutto a un qualcosa che sta dentro di noi. Da qui l’importanza della psicoterapia che, associata alla riabilitazione nutrizionale, vedo come la primaria arma per combattere contro i DCA… Io credo che non ti piacesse comunque il tuo riflesso allo specchio perché il vero problema non è il peso, ma sono tutti gli altri problemi che si celano dietro al peso, che diventa il capro espiatorio… e quando ti guardavi allo specchio non era tanto il peso che vedevi, ma tutte quelle problematiche che ti gravavano sulle spalle e ti facevano stare comunque male… ed era questo ciò che veramente non ti piaceva… Però hai ragionissima quando scrivi che la nostra vita dipende da noi, e solo da noi le scelte che facciamo. Possiamo scegliere di mollare o di combattere. E, delle due scelte, solo una ha un futuro.
P.S.= Grazie a te, piuttosto, per i tuoi commenti… L’incertezza tra bianco e nero pare sia una dicotomia che si riscontra abbastanza di frequente in chi ha un DCA… però, prova a vedere anche quell’ampia gamma di grigi intermedi…
@ Vele/Ivy – Verissimo, le false speranze penso siano una cosa che fa più male che bene… o, comunque, non portano a niente… Forse il realismo non è bello come le speranze ma… alla lunga, credo sia in ogni caso la cosa migliore…
@ Wolfie – Nessun dubbio sul fatto che la terapia sia dura e difficile… ma nessun dubbio neanche sul fatto che tu stia facendo la cosa giusta. Di certo l’impegno paga… e per i miglioramenti che sei riuscita a fare, sono sicura che ne farai molti altri ancora… Anche se dovessero esserci delle ricadute, fino a che ti rialzi e ricominci a combattere, avrai sempre tempo e modo per migliorare ulteriormente la tua qualità della vita…
@ StreetGirl – Ciao StreetGirl, benvenuta e grazie per il tuo commento!... Mi fa davvero piacere che segui il mio blog!... Sono totalmente d’accordo su ciò che hai scritto a proposito della TV: penso che quello che importa a chi sta dietro la macchina mediatica sia fondamentalmente l’audience, ed avere audience significa propinare alla gente quello che vuole sentirsi dire – per quanto sia svilente e riduttivo, così è. Sono d’accordo anche con tutto il resto del tuo commento, in realtà, perché in quello che hai scritto non vedo niente da eccepire. Mi permetto solo una piccola precisazione, dato che tiri in ballo l’argomento farmaci: è vero, nelle psicopatologie in generale, i farmaci sono sempre dei sintomatici, mai dei curativi. E non è un caso che, in realtà, mentre per alcune malattie mentali esistono proprio dei farmaci sintomatici mirati (per esempio, gli stabilizzatori dell’umore nel trattamento del disturbo bipolare), nel caso dei DCA non esiste alcun farmaco specifico… si danno infatti terapie farmacologiche solo a quelle persone che, assieme al DCA, hanno un’evidente comorbidità (per esempio disturbi d’ansia o depressione, etc…), ma quello che il farmaco va a parare è il disturbo associato, non il DCA in sé… Io credo che l’unica “medicina” per tamponare attivamente il DCA sia la psicoterapia… ovviamente associata alla nostra volontà di combattere, che rappresenta la vera chiave di volta per arrivare ad avere una qualità della vita sempre un po’ migliore. Un abbraccio e grazie ancora per le tue parole…
@ Musidora – Verissimo il fatto che l’idea di far tornare le cose com’erano prima dell’anoressia, oltre ad essere ovviamente un’idea ingenua, è anche piuttosto fine a se stessa, perché inevitabilmente le esperienze di vita che facciamo ci cambiano, e dunque inevitabilmente per quanto si possa andare avanti si andrà avanti modificate, diverse da com’eravamo prima, perché reduci da un’esperienza che comunque ci ha segnate e cambiate profondamente… Credo che quello che viene detto alla TV sulla “guarigione perfetta” sia un po’ quello che tutti – malati di DCA e non – si vogliono sentir dire: perché in fin dei conti è quello che tranquillizza, quello che mette gli animi a tacere, quello che regala ottimismo… che è ciò di cui la gente in fondo ha bisogno. Ha bisogno di credere in delle bugie, perché questo rende più facile il sopportare la realtà. Realtà che, ovviamente, è ben diversa da quella che ci propina la TV. In ogni caso, sì, confermo che per quanto tosta la nostra battaglia non è impossibile: poiché penso che (salvo le cose che obbiettivamente trascendono l’umano limite) d’impossibile non ci sia davvero niente… tutto dipende dalla nostra volontà di farcela (a combattere contro l’anoressia, nel caso di specie). Se davvero vogliamo farcela, troveremo un modo. Altrimenti, troveremo una scusa.
P.S.= "Tutto alla fine si sistemerà, e se non dovesse sistemarsi vuol dire che quella non è la fine”. L’hai scritto tu. Credici, ora. Perché è vero. Magari non si sistemerà nel modo (più o meno idilliaco) che avresti desiderato (perché, ehe!, la guarigione perfetta non esiste), ma si sistemerà. Anzi, no, pardon, non si sistemerà. Lo sistemerai. Perché dipende tutto solo da te.
P.P.S.= Sì, le notifiche ai nuovi commenti mi arrivano, e difatti ti ho risposto lì!...
@ Marta – Certamente la soggettività è ineliminabile… e, di conseguenza, ci sono tanti futuri possibili, uno per ciascuna di noi. Quello che scrivi è naturalmente stra-positivo, ed è stupendo che tu possa condividere questa tua esperienza di vita che rimanda a un bell’epilogo, però, semplicemente, proprio in virtù della soggettività che caratterizza ogni individuo, penso che il tuo epilogo (perdonami se uso la parola “epilogo”, non mi piace per niente perché mi sa di definitivo, e secondo me nella vita non c’è niente di definitivo perché siamo in continua evoluzione… uso questa parola solo perché in questo momento non mi viene in mente un termine migliore… ma penso tu abbia comunque capito cosa intendo…) possa non essere valido nel 100% dei casi e delle persone… E’ la tua esperienza, e come tale degna del massimo rispetto nonché auspicabile per chiunque altra, ma dato che molto probabilmente non andrà per tutte così, penso semplicemente che sia più importante focalizzarsi su un cammino incentrato allo stare meglio e al migliorare la propria qualità della vita, che non su un futuro anche totalmente ottimistico come il tuo, ma probabilmente in qualche misura utopico per molte persone…
@ arilù – Arilù, non potrei essere più d’accordo con quello che hai scritto!... Hai detto in maniera molto più diretta e migliore quello che io avevo in mente di comunicare quando ho scritto questo post… Perciò, semplicemente grazie per il tuo commento…
@ Katniss-L. – Ti ho risposto col post di oggi!... ^__^
@ Miriam – Ti ringrazio per quello che hai scritto… fa sempre tanto piacere leggere un commento come il tuo. A Katniss-L ho risposto nel post odierno…
Scusatemi, io credo che una guarigione perfetta non esista PER NESSUNO perchè TUTTI siamo in viaggio verso una cura del sè, ogni giorno...
Ma in quanto a quello che dici Elly, io posso assicurarti che dopo 6 anni dall'ultimo episodio sintomatico, sto BENE e non faccio telepromozioni, anzi...dico la verità: la vita continua ad essere dura, e il mio intestino e la pillola di Eutirox che prendo ogni giorno mi ricordano i 18 anni di malattia, ma è VITA SENZA OSSESSIONE e mi piaccio un bel pò :))))) Quindi ti auguro di scoprire che sarà davvero migliore il "giorno peggiore" piuttosto che 5 minuti per il sintomo...perchè per me e tante ragazze è così... L'unica cosa (oltre ai danni succitati) che mi hanno lasciato l'anoressia e la bulimia, è la VOGLIA DI VIVERE
Se voglio essere molto elastica, allora dico: la guarigione non è uguale per tutti...ma esiste, c'è, va cercata (*corre via tra pony e arcobaleni)
@ Francesca Savorelli – Ciao Francesca, grazie per essere passata di qui ed aver lasciato il tuo commento!!… Non ho ben capito chi sia la Elly a cui ti rivolgi… ma, in ogni caso, io penso che quello che scrivi sia perfettamente sensato ed in armonia col contenuto del mio post: come te, come ho scritto nel post anch’io sono dell’idea che la “guarigione perfetta” non esista, e che bisogna continuare a lottare giorno dopo giorno per mantenere una buona qualità della vita… Ed è verissimo anche quando dici che la “guarigione” è un qualcosa di diverso per ciascuna di noi… ma, sicuramente, è sempre possibile combattere per stare meglio, e questo ci rende già delle vincenti… Un abbraccio!...
Ciao Veggie,
ti leggo spesso perché mi piace ciò che scrivi, quindi innanzitutto, ti faccio i miei complimenti per ciò che hai fatto finora. Solitamente mi trovo abbastanza d’accordo con quello che leggo qui e sono d’accordo sul fatto che è stupido pensare che si possa superare l’anoressia senza residui psicofisici, ma ci sono un paio di puntualizzazioni che ci tengo a fare:
Mi sembra che si faccia confusione tra guarigione e percorso di guarigione. Il percorso di cura della malattia non è la guarigione dalla malattia, sono due cose diverse. Se ci si cura vuol dire che si è ancora malati, se si è malati magari non si riesce a vedere oltre la propria malattia, ma ciò non significa che non esista un futuro libero da questa sofferenza.
Senza l’anoressia avresti avuto una vita normale,senza unicorn rosa ma con i dolori e le gioie di tutti. Quindi pensare che non sia possibile raggiungere la “vita spensierata” solo perché si è avuto un DCA, a mio avviso, è un atteggiamento immaturo*** che mostra l’incapacità di immaginare se stesse senza l’anoressia. Invece è proprio questo che si deve riuscire a fare: vivere la propria vita senza che la malattia la condizioni.
*** immaturo nel senso che stai saltando alle conclusioni troppo presto, e non che tu sia una persona immatura :)
Infine dal’anoressia si può guarire, così come si può amare il cibo e mangiare senza pensarci, superare l’ansia quando le cose non vanno come avevamo previsto e gestire le situazioni che ci sfuggono di mano. Come farebbe chiunque di sano ed equilibrato.
Io ho sofferto di anoressia, che è stata il sintomo più evidente di un malessere profondo; nel tempo i miei disturbi sono mutati: c’è stato un lungo periodo, molto buio, in cui non avevo più problemi con il cibo credevo che quelle sensazioni mi avrebbero accompagnato sempre, ma non ero guarita…
Ora sono passato qualche anno e posso vedere le cose con più distacco, vedo dove mi trovo adesso e ripenso al punto in cui ero anni fa e io mi sento diversa, io sono una persona “diversa”. La parte malata non vive in me, questo non significa che io abbia dimenticato il mio percorso ma neanche che io viva in funzione del mio passato!
Il passato resterà per sempre e mentirei se dicessi che non mi piacerebbe poterlo riscrivere, non si può, allora cerco di dargli un senso. Il resto Alma lo dice benissimo ed io ho scritto decisamente troppo per essere un solo commento ^_^
Ti auguro il meglio, sempre!
Fosca.
@ Fosca – Ciao Fosca, grazie per il tuo commento!... Macchè scrivere troppo, figurati, sentiti sempre libera di scrivere tutto ciò che vuoi in commento a qualsiasi post!… Comunque, ti ringrazio per le tue puntualizzazioni ma mi rendo conto leggendo ciò che scrivi che forse mi sono spiegata male… (chiedo venia…) E’ verissimo il fatto che “percorso di guarigione” e “guarigione” non sono sinonimi… solo che io, come medico, ascrivo alla parola “guarigione” il significato squisitamente tecnico di “completa scomparsa di tutti i sintomi psicofisici relativi ad una determinata malattia”… cosa che, nel caso dell’anoressia, non mi sembra propriamente possibile, per il motivo che tu stessa scrivi nell’ultima parte del tuo commento: che il passato resterà sempre, e quindi a suo modo ci condizionerà sempre, e dunque quello che possiamo fare è dargli un senso… Tu dici “vivere la vita senza che la malattia la condizioni”, io dico “migliorare la propria qualità della vita”, ma il significato che attribuiamo a queste proposizioni, mi sembra d’intuire, è il medesimo: avere una buona/ottima qualità della vita secondo me significa proprio l’avere la consapevolezza che la vocina dell’anoressia sta da qualche parte della nostra testa, ma contemporaneamente il non assecondarla più, fare scelte alimentari e non di tipo salutare… e fare, più in generale, quello che ci va senza essere influenzate dalla malattia. Dato il residuo, secondo me-medico non di può propriamente parlare di “guarigione”… io preferisco utilizzare il termine “remissione”: qualcosa della malattia dentro di noi rimane, ma il sintomo non è più manifesto e presente, e si riesce comunque ad avere una vita di alto livello. Ecco, spero di essermi spiegata meglio adesso, e mi scuso ancora se dal post risultava poco chiaro… Un abbraccio e grazie ancora per il tuo commento!... Auguro tutto il meglio anche a te, perchè sono assolutamente certa che lo meriti!...
P.S.= Comunque sì, è vero, sono una persona immatura… in ogni possibile senso del termine. ^__^” Un abbraccio!...
Cara Veggie,
nel mio percorso di ricovero anche io mi sono soffermata a chiedermi se esista o meno una guarigione completa. Sempre la solita perfezionista...o tutto o niente. La verità è anche che dopo anni e anni in cui il dca ha controllato la mia mente desidererei tanto essere "libera" e non dover faticare tutti i santi giorni per non ricadere nel baratro. Ma forse è normale ed è bello anche così, perché noi a differenza di altre persone continueremo sempre ad osservarci, a porci domande su come ci sentiamo, su ciò che proviamo. Il dca è il campanello che suona quando qualcosa non va, e allora ben venga perché a differenza di altri noi abbiamo delle avvisaglie. Lo so, sembra paradossale, ma io penso sul serio che, NEL MIO CASO, il dca mi abbia dato la possibilità di rivedere completamente la mia vita, se non fosse stato per la malattia avrei continuato a condurre una vita tristissima, insoddisfacente ed in funzione ddi bisogni altrui. In fondo non dici sempre che l'anoressia/bulimia è semplicemente un sintomo? Il sintomo che c'è qualcosa che non va e che dobbiamo intervenire per cambiare la situazione.
Quindi, adesso che sto meglio dico "benedetto dca che sei arrivato a salvarmi!".
@ Elsa S. – Sì, io sono assolutamente convinta dell’idea che i DCA in sè siano dei meri sintomi… e che rappresentino dunque semplicemente il capro espiatorio di altre tipologie di problematiche ben più profonde e radicate in noi, nonché naturalmente estremamente variabili da persona a persona. Ed appunto per questo è importante – per quanto sia estremamente difficile, sono la prima ad ammetterlo – fare introspezione, guardarci dentro, cercando così di individuare quali sono le vere problematiche dalle quali ci facciamo scudo col DCA… al fine di poterle affrontare face-to-face. Come ho scritto altrove, io non credo che potremo mai arrivare ad essere completamente scevre dal DCA… ma questo non significa che, continuando a lavorare su noi stesse, non si possa arrivare ad avere una vita soddisfacente pur permanendo in qualche angolino della nostra testa qualche pensiero proprio del DCA.
Ti abbraccio forte…
io studio medicina ma non vengo mica qui a tirarmela,,!
Ciao veggie�� sono Ilaria e sono caduta nel vortice Dell anoressia nel giugno 2012 poi con vari ricoveri pensavo di avercela fatta e ho riacquistato il mio peso con il ciclo(anche se non era ancora regolare)....poi dopo un po di tempo mi sono iniziata a vedere nuovamente grassa a causa Dell irregolarità mestruale e verso gennaio 2014 sono ricaduta e ho iniziato a mangiare sempre meno...il ciclo mi era sparito un altra volta e nel mentre mi ero iscritta a pallavolo per dimagrire più velocemente. Tutto questo é andato avanti fino a quando nel marzo 2015, dopo un anno circa, sono arrivata nuovamente a 40 kili e mezzo....non ce la facevo più...avevo da affrontare l esame di maturità e mi sentivo sola stanca triste debole su di un filo�� allora mi sono rivolta a una nutrizionista bravissima in collaborazione di una psicologa e grazie a loro da maggio ho iniziato a mangiare un po di più e sono arrivata il 29 ottobre 2015 a pesare 44 kg....ieri ho fatto l ultimo controllo dalla nutrizionista e dopo un mese sono aumentata fino a 45,4 circa...sono spaventata...non voglio più ingrassare...mi sento grassa...lo so che dovrei essere tipo 50-52 per riavere il ciclo ma non ce la faccio....penso di essere ingrassata troppo in fretta...secondo te? Mi puoi dare un consiglio? Mi puoi dire veramente cio che pensi? Ho paura...ho paura di diventare una cicciona...ho paura perché ora si avvicina il Natale e ingrasserò tanto...aiutami....mi sento grassa...la nutrizionista mi ha detto che il processo è lungo e sto andando bene...
@ Ilaria Zappolini - Ciao Ilaria, io non sono una dietista nè una nutrizionista, quindi non sono assolutamente in grado di darti alcuno consiglio "tecnico" sul recupero ponderale... Per questo c'è appunto la professionista che ti sta aiutando, e se lei ti dice che il percorso che stai seguendo è corretto, sicuramente è vero: una nutrizionista è una persona competente in materia, e non ha alcun motivo per mentirti. Non fidarti delle tue sensazioni, perchè sono condizionate dalla malattia, e dunque sono fallaci e fuorvianti... fidati invece della professionalità di chi fa delle scienze dell'alimentazione il proprio lavoro, perchè sa quello che sta facendo: se ti dice che stai andando bene, evidentemente è così. Non ti far tirare a fondo dalle idee distorte che ti mette in testa la malattia, e prosegui il tuo percorso di riabilitazione alimentare che, è vero, è tremendamente lungo... ma è l'unico che ti può portare a stare realmente meglio.
Ti abbraccio forte e ti faccio un enorme in bocca al lupo!...
P.S.= Se non ti è ancora tornato il ciclo, il tuo corpo si trova ancora in una condizione di deprivazione, di deficit, che è tutt'altro che salutare. Ma se continui ad alimentarti regolarmente e correttamente seguendo lo schema che ti ha dato la nutrizionista, vedrai che recupererai anche il ciclo.
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