venerdì 13 dicembre 2013
L'ABC del ricovero dall'anoressia
A come Amicizia. Molto semplicemente perché credo che l’Amicizia sia un elemento fondamentale mentre stiamo percorrendo la strada del ricovero. Avere accanto dei veri amici che ci supportano e che sappiamo saranno lì per noi anche se li chiameremo alle 3 di notte, credo possa rappresentare un bell’incentivo a tenere duro.
B come Basta al controllo. La necessità di percepire la sensazione (illusoria) di avere un controllo totalizzante è stato l’elemento più marcatamente caratterizzante della mia anoressia, e credo che comunque, in generale, gran parte dell’anoressia si fondi sul bisogno di controllo. Perciò, per poter combattere contro l’anoressia, occorre cercare di dire “Basta” al controllo, poiché la vita è incontrollabile per antonomasia. Per quanto la sensazione di controllo trasmessa dall’anoressia possa apparire come infinitamente più rassicurante, per provare a vivere veramente occorre staccarsi dal bisogno di controllare tutto, rendendoci così conto che, se anche non programmiamo tutto al dettaglio, non succede alcuna catastrofe e, anzi, in maniera del tutto casuale possono succedere anche cose pazzescamente belle.
C come Chiedere aiuto. Che sia difficilissimo il farlo, è un indiscutibile dato di fatto. Eppure, questo è il primo passo che può veramente cambiare la vita, permettendoci di allontanarci dall’anoressia per avvicinarci a noi stesse. Chiedere aiuto significa rompere il silenzio di cui si nutre il DCA ed iniziare a combattere non più contro noi stesse, ma per noi stesse. Il non sentirsi “abbastanza malate” può rappresentare un freno al Chiedere aiuto, ma pensate a questo: cosa significa davvero essere “abbastanza malata”? Significa scendere sotto ad un certo peso? (O, nel caso della bulimia, indursi il vomito più di un certo numero di volte al giorno?) Significa mangiare meno di un certo tot? Significa fare un certo quantitativo di attività fisica compulsivamente? No, non è niente di tutto questo. Si è “abbastanza malate” ogni qualvolta si sta male con noi stesse, a prescindere dal peso perso, da cibo (non) mangiato, dall’attività fisica fatta. Perché non esistono scale di valore sulla sofferenza, che non può certo essere pesata sulla bilancia. Perciò, è sempre il momento giusto per Chiedere aiuto. È un modo per Cominciare a Combattere. Per poter così Costruire, con Coraggio, il nostro futuro.
D come Darsi da fare. Per quanto bello possa essere il sognare, non esiste nessuna bacchetta magica che ci permetterà di fare progressi come se niente fosse. Nessun incantesimo manderà in frantumi l’anoressia. E l'autocompiangimento servirà solo a rimanere ancora più impantanate. Per combattere contro l’anoressia occorre rinnovare quotidianamente il nostro impegno a stringere i denti, e seguire giorno dopo giorno l’ “equilibrio alimentare” e fare psicoterapia e non mollare anche quanto tutto sembra farsi tremendamente difficile. Darsi da fare per capire ciò che si vuole veramente dalla vita, e farlo. Perché lottare quotidianamente non sarà facile, ma è la nostra sola possibilità per non permettere al DCA di avere la meglio. Perché se si vuole veramente una cosa, nella fattispecie una vita senza l’assillo dell’anoressia, bisogna Darsi da fare e prendersela.
E come Emozioni. L’anoressia rappresenta anche, a suo modo, una sorta di armatura che ci mette al riparo dal provare Emozioni: una sorta di maschera che ci permette di rapportarci al resto del mondo. Una maschera è, in un certo senso, comoda, perché ci permette di guardare senza essere viste per quello che siamo veramente, ma solo per il personaggio che interpretiamo, cosicché se qualcuno ci critica, non ne siamo realmente ferite perché a venire disprezzata è la nostra maschera, non le Vere Noi Stesse. Però, se è pur vero che una maschera ci protegge, è altrettanto vero che, alla lunga, quella stessa maschera finisce per isolarci dal resto del mondo. Nessuno potrà odiarci per quello che siamo, ma allo stesso tempo nessuno potrà neanche volerci bene per quello che siamo. Per la paura del primo 50% negativo, ci perdiamo pire il restante 50% positivo. “They can’t love me, they can’t love what I don’t show”, come dice la canzone. E allora, ecco che la maschera finisce per soffocarci. Per questo credo che togliere la maschera e lasciare libero spazio a quelle Emozioni che ci affanniamo tanto a controllare possa rappresentare un ulteriore passo avanti sulla strada del ricovero.
F come Fare sport. Fare sport in maniera equilibrata credo possa essere di grande aiuto nel momento in cui si sta percorrendo la strada del ricovero. Ovviamente per poter fare sport occorre essere ritornate ad un certo standard fisico, altresì può essere deleterio il praticarlo, però nel momento in cui si sta meglio, e ci si svincola da quella che è l’attività fisica eccessiva legata al DCA, si può fare sport in maniera tranquilla, corretta, salutare, magari anche insieme ad altre persone, il che può rappresentare un toccasana sia per il fisico che per l’umore.
G come Gioco di squadra. La guerra contro l’anoressia non può essere vinta se combattiamo completamente da sole. Semplicemente perché senza alcun tipo di supporto tenere duro diventa estremamente difficile, e si è più alla mercé dei pensieri deviati messi in testa dall’anoressia, che non ha contraddittorio se non la parte razionale della nostra mente, che però non sempre riesce ad opporsi. Viceversa, l’avere vicino un team di persone supportive – che siano familiari, amici, terapeuti, persone che hanno vissuto la stessa malattia and so on – può rendere la battaglia contro l’anoressia decisamente più gestibile. Del resto, da che mondo è mondo, l’unione fa la forza.
H come “Ho toppato!”. Le ricadute credo siano praticamente inevitabili durante un percorso di ricovero dall’anoressia. Direi anzi che ne sono parte integrante. Perciò, non vivetele con frustrazione e non vedetele come dei fallimenti: provate viceversa ad analizzare la ricaduta per valutare cosa vi ha spinto verso di essa, al fine di non ripetere il medesimo pattern in futuro. Ricordatevi inoltre che la vittoria in una partita di calcio si basa su quanti goal la squadra riesce a segnare al termine dei 90 minuti di gioco, non su quanti ne ha segnati nei primi 20 minuti di partita. La vostra vittoria contro l’anoressia la si vede nel lungo termine, non nell’immediato di una ricaduta. Perdere una singola battaglia non significa affatto perdere la guerra. Avrete fallito solo se dopo una ricaduta deciderete di non rialzarvi: in questo caso, sì, avrete tutte le ragioni per considerarvi un fallimento. Ma fino a che vi rialzate e ricominciate a combattere con più grinta e determinazione di prima, sarà 1 a zero per voi contro l’anoressia: finché vi date una nuova possibilità, avrete almeno una possibilità. Per dirla con le parole di Nelson Mandela: "Do not judge me by failures, judge me by how many times I fell down and got back up again."
I come Imparare nuove strategie di coping. La restrizione alimentare nell’anoressia rappresenta indubbiamente una strategia di coping, ovvero un comportamento messo in atto per far fronte ad una qualsiasi situazione stressante che si teme di non essere capaci di gestire altrimenti. Il controllo (illusorio) che si percepisce con la restrizione alimentare si estende così anche all’altro ambito della vita che si teme di non essere in grado di riuscire a controllare, in maniera tale per cui riusciamo a gestire la situazione… ma a spese della nostra salute. Perciò, per poter andare avanti sulla strada del ricovero occorre comprendere che alle medesime situazione stressanti si può far fronte anche con altre modalità che non hanno niente a che vedere con la restrizione alimentare, che non sono lesive nei confronti di noi stesse, e che ci permettono di gestire emotivamente e praticamente la situazione senza più bisogno di ricorrere al DCA.
L come Lavorare sui veri problemi. Penso sia palese che la restrizione alimentare e il peso perso rappresentano la punta di un ice-berg ben più profondo ed estremamente complesso. L’anoressia è una malattia multifattoriale, ergo alla sua insorgenza concorrono millemila concause diverse per ciascuna di noi. La perdita di peso e la restrizione alimentare costituiscono l’estrinsecazione clinica della patologia, che però in realtà è una malattia mentale che affonda le sue radici in tutt’altri problemi individuali. Sono quelle le vere problematiche che sostengono l’anoressia, l’erroneo comportamento alimentare è solo un comodo capro espiatorio che poco e niente ha a che vedere con i veri problemi che ci stanno dietro. Ed è proprio questi problemi che devono essere individuati e sui quali occorre Lavorare (ovviamente anche con l’aiuto della psicoterapia), perché è solo mettendoci face-to-face con essi, per quanto sia duro e difficile, che potremo darci la possibilità di risolverli.
M come Migliorare la propria qualità della vita. Sebbene parlare di “guarigione” possa essere, a mio parere, utopico per una malattia come l’anoressia, si può senz’ombra di dubbio parlare di remissione. Avere una remissione dell’anoressia significa che la sua vocina sta sempre da qualche parte nella nostra testa e cerca di fregarci, ma che noi siamo più forti di lei, e scegliamo scientemente di ignorare la sua voce per seguire un stile alimentare sano e fare quello che ci va, senza più assecondarla. In questo modo è possibile studiare, lavorare, fare sport, avere hobby, stare bene, uscire con gli amici e, insomma, avere una vita di qualità veramente elevata.
N come Ne vale la pena. Percorrere la strada del ricovero significa intraprendere una battaglia tosta e complessa. Significa sentirsi crollare il mondo addosso, dover stringere i denti continuamente, ed essere stanche, ed aver voglia di mollare riabbandonandoci al DCA, dove tutto sembrava più semplice. Eppure, se si tiene duro, più si va avanti e più ci si rende conto di quanto l’anoressia ci aveva tolto, e di quanto si può stare meglio se lottiamo per riconquistarcelo. I progressi non si vedono dall’oggi al domani, e sul momento può sembrare una lotta dura ed inconcludente, ma sul lungo termine, se vi guardate indietro, vi accorgerete che pian piano di progressi ne avete fatti eccome. Che vi siete poco a poco allontanate dalle ossessioni dell’anoressia, per riprendere in mano la vostra vita e riempirla di tutto ciò che vi piace davvero. E, sì, Ne vale la pena.
O come Obiettivi. Penso che, nel momento in cui si decide di intraprendere la lotta contro l’anoressia, possa essere importante fissare degli Obiettivi. Non degli Obiettivi a breve termine, che secondo me sono assolutamente deleteri perché fanno montare l’ansia da prestazione per cui non si combina nulla di buono e ci si sente da schifo per questo, bensì degli Obiettivi a lungo termine, senza scadenze temporali rigide, che rappresentano quello che vorreste ottenere dalla vostra battaglia contro l’anoressia. Possono essere Obiettivi complessi, come per esempio il ridurre le manie di controllo, o anche Obiettivi più semplici, come per esempio il riuscire a mangiare insieme a vostri amici. In ogni caso, abbiate chiari i vostri Obiettivi, ed elaborate delle strategie per raggiungerli in tutto il tempo che vi sarà necessario: l’essere riuscite a raggiungere un Obiettivo vi darà più forza, determinazione e fiducia in voi stesse.
P come Provare ad accettarsi. Io non penso che necessariamente occorra arrivare ad amarsi. Tanto meglio se una ci riesce, è evidente, ma non lo vedo come un qualcosa di necessario allo svincolarsi dall’anoressia. Penso che sia più che sufficiente riuscire ad accettarsi: ovvero riuscire ad acquisire l’oggettiva consapevolezza dei nostri limiti e delle nostre potenzialità, e il focalizzarci, più che sulla nostra fisicità, su quelle che sono le cose che facciamo nella vita (lo studio, il lavoro, i rapporti con gli altri, etc…) in maniera tale da avere dei buoni risultati in questi campi, che ci consentano di vivere bene con noi stesse anche senza bisogno della stampella dell’anoressia.
Q come Quel che è altro dall’anoressia. Lo so che è come scoprire l’acqua calda, ma una delle cose che credo possa aiutare di più nella lotta quotidiana contro l’anoressia, è il trovare qualcosa che sia per noi interessante e coinvolgente come lo è stata a lungo l’anoressia stessa. In sostanza: occorre cercare di dare più importanza ad altre cose, quali che siano, e cercare poco a poco di costruirsi una vita autonoma al di là dell'anoressia, poiché nel momento in cui si arriva ad avere una vita che compendia numerosi interessi “sani” e positivi, ci si rende conto che l’anoressia non ci serve più poi così tanto.
R come Riabilitazione nutrizionale. Credo che in un percorso di Ricovero sia imprescindibile essere affiancata da una figura professionale quale un dietologo/dietista/nutrizionista che ci permetta, grazie all’elaborazione di un “equilibrio alimentare” individualizzato, di rientrare progressivamente nel nostro set-point fisiologico di peso corporeo. Banalmente, questo è di fondamentale importanza per riacquistare salute fisica… e mentale. Ma su questo argomento ci torno tra un paio di lettere.
S come Scegliere la vita. Non essere più malata e ricominciare a vivere a pieno. Affrontare quelli che sono i veri problemi che si nascondono dietro il capro espiatorio del cibo e della fisicità, e tener loro testa, uscendone vincitori. Stringere i denti tutti i giorni nella consapevolezza che le cose possono cambiare in meglio se ce la si mette tutta per. Smetterla di sopravvivere e ricominciare a vivere una vita che sia degna d’essere chiamata tale.
T come Terapia. E qui mi ricollego alla lettera “R”. Penso che la Terapia psicologica, affiancata alla riabilitazione nutrizionale, rappresenti il binomio essenziale in un percorso di ricovero dal DCA. Penso che le 2 cose debbano coesistere e procedere di pari passo nel momento in cui una persona trova il coraggio di chiedere aiuto. La riabilitazione nutrizionale è necessaria perché un corpo fortemente debilitato dalla carenza di cibo, oltre a essere ovviamente a rischio per ogni qualsiasi malattia fisica, non permette di pensare lucidamente. Anche se a noi sembra di essere lucide, quando siamo fortemente sottopeso non possiamo biologicamente esserlo: perché la carenza di alimenti non permette la sintesi di numerosi neurotrasmettitori che sono quelli che, appunto, in condizioni normali ci permettono di pensare lucidamente. Per cui, fare psicoterapia senza supporto nutrizionale serve a ben poco, perché non si ha la lucidità mentale per concretizzare a pieno e mettere in pratica i suggerimenti dello psicoterapeuta, non si è neanche realmente in grado di rifletterci. Allo stesso modo, è altrettanto inutile la riabilitazione alimentare da sola, non affiancata da psicoterapia, perché comunque essa comporta delle variazioni di peso che verranno mal tollerate se la persona non fa contemporaneamente un percorso psicologico di accettazione e di lavoro su di sé, e sarà molto più rapida e frequente la ricaduta nel DCA, perché la persona non ci ha lavorato su. Ci vogliono ambo le cose. Giusto per dirla con un esempio semplificato (colleghi medici, non me ne vogliate!), se io ho un’infezione che mi dà febbre, per guarire devo prendere la Tachipirina ed un antibiotico contemporaneamente: se prendo solo la Tachipirina, sparirà la febbre e mi sembrerà di stare bene, ma il batterio continuerà a proliferare nel mio organismo e la malattia riaffiorerà. Se prendo solo l’antibiotico, il batterio scomparirà, ma sarò sempre fiaccata dalla persistente febbre. Per guarire, c’è bisogno di assumere entrambi i farmaci. E lo stesso vale per la Terapia psicologica e per la riabilitazione nutrizionale quando si ha l’anoressia: come le due parti inscindibili di un’equazione, non possono esistere l’una senza l’altra perché si completano e si embricano vicendevolmente.
U come Un passo alla volta. La fretta è cattiva consigliera, si sa, e questo è tanto più vero quando si sta combattendo contro l’anoressia. Iniziando la terapia, credo sia spontaneo il desiderare di vedere risultati tangibili a stretto raggio, ma in questo caso le cose non vanno rapidamente. Anzi, più si cerca di spingere sull’acceleratore, più è facile inciampare in una ricaduta. Per cui, prendetevi tutto il tempo di cui sentite di avere bisogno per fare Un passo alla volta. Non mettetevi fretta. Arriverete a meta, ma ci vorrà tempo, ad ognuna il suo. Prendetevi sempre tutto il tempo di cui sentite di aver bisogno. Le cose buone arrivano per chi sa aspettare (e, nel frattempo, si impegna e ce la mette tutta per ottenerle!).
V come Volontà. Penso che la forza di Volontà rappresenti la chiave di volta nel combattere contro l’anoressia. Possiamo anche avere la disposizione la migliore equipe medica del mondo, e possiamo anche essere circondati dalle persone più comprensive e supportive del mondo, ma non servirà se noi per prime non abbiamo in noi la voglia di combattere contro l’anoressia. Certo, l’aiuto di specialisti e il supporto di chi ci vuole bene sono fondamentali per poter sostenere la battaglia contro un DCA, ma il primus movens può essere solo e soltanto la nostra forza di Volontà di combattere, di opporci alla malattia, di cambiare le cose, con tutta la determinazione di cui disponiamo. Perché Volere è potere – mai vero come quando si tratta di dar battaglia all’anoressia!
Z come Zero. Che è quello che auguro a tutte voi (a tutte NOI). Di fare piazza pulita dell’anoressia, e ricominciare da Zero. Di allontanarsi quanto più possibile dalla malattia, per poter riprendere le redini della propria vita. Perché lo so che l’anoressia più sembrare (illusoriamente) incredibilmente rassicurante, con la sua parvenza di controllo totale, a fronte di una vita che spesso e volentieri risulta essere del tutto random. Effettivamente la vita è un qualcosa che sfugge, che vuole essere inseguita, è un qualcosa di leggero e fragile, solo sfiorarle un’ala può comportare la fine del suo volo. Eppure la morte non riempie mai. Lascia un vuoto simile al buco allo stomaco. Credo che sia la vita ciò di cui si ha fame.
B come Basta al controllo. La necessità di percepire la sensazione (illusoria) di avere un controllo totalizzante è stato l’elemento più marcatamente caratterizzante della mia anoressia, e credo che comunque, in generale, gran parte dell’anoressia si fondi sul bisogno di controllo. Perciò, per poter combattere contro l’anoressia, occorre cercare di dire “Basta” al controllo, poiché la vita è incontrollabile per antonomasia. Per quanto la sensazione di controllo trasmessa dall’anoressia possa apparire come infinitamente più rassicurante, per provare a vivere veramente occorre staccarsi dal bisogno di controllare tutto, rendendoci così conto che, se anche non programmiamo tutto al dettaglio, non succede alcuna catastrofe e, anzi, in maniera del tutto casuale possono succedere anche cose pazzescamente belle.
C come Chiedere aiuto. Che sia difficilissimo il farlo, è un indiscutibile dato di fatto. Eppure, questo è il primo passo che può veramente cambiare la vita, permettendoci di allontanarci dall’anoressia per avvicinarci a noi stesse. Chiedere aiuto significa rompere il silenzio di cui si nutre il DCA ed iniziare a combattere non più contro noi stesse, ma per noi stesse. Il non sentirsi “abbastanza malate” può rappresentare un freno al Chiedere aiuto, ma pensate a questo: cosa significa davvero essere “abbastanza malata”? Significa scendere sotto ad un certo peso? (O, nel caso della bulimia, indursi il vomito più di un certo numero di volte al giorno?) Significa mangiare meno di un certo tot? Significa fare un certo quantitativo di attività fisica compulsivamente? No, non è niente di tutto questo. Si è “abbastanza malate” ogni qualvolta si sta male con noi stesse, a prescindere dal peso perso, da cibo (non) mangiato, dall’attività fisica fatta. Perché non esistono scale di valore sulla sofferenza, che non può certo essere pesata sulla bilancia. Perciò, è sempre il momento giusto per Chiedere aiuto. È un modo per Cominciare a Combattere. Per poter così Costruire, con Coraggio, il nostro futuro.
D come Darsi da fare. Per quanto bello possa essere il sognare, non esiste nessuna bacchetta magica che ci permetterà di fare progressi come se niente fosse. Nessun incantesimo manderà in frantumi l’anoressia. E l'autocompiangimento servirà solo a rimanere ancora più impantanate. Per combattere contro l’anoressia occorre rinnovare quotidianamente il nostro impegno a stringere i denti, e seguire giorno dopo giorno l’ “equilibrio alimentare” e fare psicoterapia e non mollare anche quanto tutto sembra farsi tremendamente difficile. Darsi da fare per capire ciò che si vuole veramente dalla vita, e farlo. Perché lottare quotidianamente non sarà facile, ma è la nostra sola possibilità per non permettere al DCA di avere la meglio. Perché se si vuole veramente una cosa, nella fattispecie una vita senza l’assillo dell’anoressia, bisogna Darsi da fare e prendersela.
E come Emozioni. L’anoressia rappresenta anche, a suo modo, una sorta di armatura che ci mette al riparo dal provare Emozioni: una sorta di maschera che ci permette di rapportarci al resto del mondo. Una maschera è, in un certo senso, comoda, perché ci permette di guardare senza essere viste per quello che siamo veramente, ma solo per il personaggio che interpretiamo, cosicché se qualcuno ci critica, non ne siamo realmente ferite perché a venire disprezzata è la nostra maschera, non le Vere Noi Stesse. Però, se è pur vero che una maschera ci protegge, è altrettanto vero che, alla lunga, quella stessa maschera finisce per isolarci dal resto del mondo. Nessuno potrà odiarci per quello che siamo, ma allo stesso tempo nessuno potrà neanche volerci bene per quello che siamo. Per la paura del primo 50% negativo, ci perdiamo pire il restante 50% positivo. “They can’t love me, they can’t love what I don’t show”, come dice la canzone. E allora, ecco che la maschera finisce per soffocarci. Per questo credo che togliere la maschera e lasciare libero spazio a quelle Emozioni che ci affanniamo tanto a controllare possa rappresentare un ulteriore passo avanti sulla strada del ricovero.
F come Fare sport. Fare sport in maniera equilibrata credo possa essere di grande aiuto nel momento in cui si sta percorrendo la strada del ricovero. Ovviamente per poter fare sport occorre essere ritornate ad un certo standard fisico, altresì può essere deleterio il praticarlo, però nel momento in cui si sta meglio, e ci si svincola da quella che è l’attività fisica eccessiva legata al DCA, si può fare sport in maniera tranquilla, corretta, salutare, magari anche insieme ad altre persone, il che può rappresentare un toccasana sia per il fisico che per l’umore.
G come Gioco di squadra. La guerra contro l’anoressia non può essere vinta se combattiamo completamente da sole. Semplicemente perché senza alcun tipo di supporto tenere duro diventa estremamente difficile, e si è più alla mercé dei pensieri deviati messi in testa dall’anoressia, che non ha contraddittorio se non la parte razionale della nostra mente, che però non sempre riesce ad opporsi. Viceversa, l’avere vicino un team di persone supportive – che siano familiari, amici, terapeuti, persone che hanno vissuto la stessa malattia and so on – può rendere la battaglia contro l’anoressia decisamente più gestibile. Del resto, da che mondo è mondo, l’unione fa la forza.
H come “Ho toppato!”. Le ricadute credo siano praticamente inevitabili durante un percorso di ricovero dall’anoressia. Direi anzi che ne sono parte integrante. Perciò, non vivetele con frustrazione e non vedetele come dei fallimenti: provate viceversa ad analizzare la ricaduta per valutare cosa vi ha spinto verso di essa, al fine di non ripetere il medesimo pattern in futuro. Ricordatevi inoltre che la vittoria in una partita di calcio si basa su quanti goal la squadra riesce a segnare al termine dei 90 minuti di gioco, non su quanti ne ha segnati nei primi 20 minuti di partita. La vostra vittoria contro l’anoressia la si vede nel lungo termine, non nell’immediato di una ricaduta. Perdere una singola battaglia non significa affatto perdere la guerra. Avrete fallito solo se dopo una ricaduta deciderete di non rialzarvi: in questo caso, sì, avrete tutte le ragioni per considerarvi un fallimento. Ma fino a che vi rialzate e ricominciate a combattere con più grinta e determinazione di prima, sarà 1 a zero per voi contro l’anoressia: finché vi date una nuova possibilità, avrete almeno una possibilità. Per dirla con le parole di Nelson Mandela: "Do not judge me by failures, judge me by how many times I fell down and got back up again."
I come Imparare nuove strategie di coping. La restrizione alimentare nell’anoressia rappresenta indubbiamente una strategia di coping, ovvero un comportamento messo in atto per far fronte ad una qualsiasi situazione stressante che si teme di non essere capaci di gestire altrimenti. Il controllo (illusorio) che si percepisce con la restrizione alimentare si estende così anche all’altro ambito della vita che si teme di non essere in grado di riuscire a controllare, in maniera tale per cui riusciamo a gestire la situazione… ma a spese della nostra salute. Perciò, per poter andare avanti sulla strada del ricovero occorre comprendere che alle medesime situazione stressanti si può far fronte anche con altre modalità che non hanno niente a che vedere con la restrizione alimentare, che non sono lesive nei confronti di noi stesse, e che ci permettono di gestire emotivamente e praticamente la situazione senza più bisogno di ricorrere al DCA.
L come Lavorare sui veri problemi. Penso sia palese che la restrizione alimentare e il peso perso rappresentano la punta di un ice-berg ben più profondo ed estremamente complesso. L’anoressia è una malattia multifattoriale, ergo alla sua insorgenza concorrono millemila concause diverse per ciascuna di noi. La perdita di peso e la restrizione alimentare costituiscono l’estrinsecazione clinica della patologia, che però in realtà è una malattia mentale che affonda le sue radici in tutt’altri problemi individuali. Sono quelle le vere problematiche che sostengono l’anoressia, l’erroneo comportamento alimentare è solo un comodo capro espiatorio che poco e niente ha a che vedere con i veri problemi che ci stanno dietro. Ed è proprio questi problemi che devono essere individuati e sui quali occorre Lavorare (ovviamente anche con l’aiuto della psicoterapia), perché è solo mettendoci face-to-face con essi, per quanto sia duro e difficile, che potremo darci la possibilità di risolverli.
M come Migliorare la propria qualità della vita. Sebbene parlare di “guarigione” possa essere, a mio parere, utopico per una malattia come l’anoressia, si può senz’ombra di dubbio parlare di remissione. Avere una remissione dell’anoressia significa che la sua vocina sta sempre da qualche parte nella nostra testa e cerca di fregarci, ma che noi siamo più forti di lei, e scegliamo scientemente di ignorare la sua voce per seguire un stile alimentare sano e fare quello che ci va, senza più assecondarla. In questo modo è possibile studiare, lavorare, fare sport, avere hobby, stare bene, uscire con gli amici e, insomma, avere una vita di qualità veramente elevata.
N come Ne vale la pena. Percorrere la strada del ricovero significa intraprendere una battaglia tosta e complessa. Significa sentirsi crollare il mondo addosso, dover stringere i denti continuamente, ed essere stanche, ed aver voglia di mollare riabbandonandoci al DCA, dove tutto sembrava più semplice. Eppure, se si tiene duro, più si va avanti e più ci si rende conto di quanto l’anoressia ci aveva tolto, e di quanto si può stare meglio se lottiamo per riconquistarcelo. I progressi non si vedono dall’oggi al domani, e sul momento può sembrare una lotta dura ed inconcludente, ma sul lungo termine, se vi guardate indietro, vi accorgerete che pian piano di progressi ne avete fatti eccome. Che vi siete poco a poco allontanate dalle ossessioni dell’anoressia, per riprendere in mano la vostra vita e riempirla di tutto ciò che vi piace davvero. E, sì, Ne vale la pena.
O come Obiettivi. Penso che, nel momento in cui si decide di intraprendere la lotta contro l’anoressia, possa essere importante fissare degli Obiettivi. Non degli Obiettivi a breve termine, che secondo me sono assolutamente deleteri perché fanno montare l’ansia da prestazione per cui non si combina nulla di buono e ci si sente da schifo per questo, bensì degli Obiettivi a lungo termine, senza scadenze temporali rigide, che rappresentano quello che vorreste ottenere dalla vostra battaglia contro l’anoressia. Possono essere Obiettivi complessi, come per esempio il ridurre le manie di controllo, o anche Obiettivi più semplici, come per esempio il riuscire a mangiare insieme a vostri amici. In ogni caso, abbiate chiari i vostri Obiettivi, ed elaborate delle strategie per raggiungerli in tutto il tempo che vi sarà necessario: l’essere riuscite a raggiungere un Obiettivo vi darà più forza, determinazione e fiducia in voi stesse.
P come Provare ad accettarsi. Io non penso che necessariamente occorra arrivare ad amarsi. Tanto meglio se una ci riesce, è evidente, ma non lo vedo come un qualcosa di necessario allo svincolarsi dall’anoressia. Penso che sia più che sufficiente riuscire ad accettarsi: ovvero riuscire ad acquisire l’oggettiva consapevolezza dei nostri limiti e delle nostre potenzialità, e il focalizzarci, più che sulla nostra fisicità, su quelle che sono le cose che facciamo nella vita (lo studio, il lavoro, i rapporti con gli altri, etc…) in maniera tale da avere dei buoni risultati in questi campi, che ci consentano di vivere bene con noi stesse anche senza bisogno della stampella dell’anoressia.
Q come Quel che è altro dall’anoressia. Lo so che è come scoprire l’acqua calda, ma una delle cose che credo possa aiutare di più nella lotta quotidiana contro l’anoressia, è il trovare qualcosa che sia per noi interessante e coinvolgente come lo è stata a lungo l’anoressia stessa. In sostanza: occorre cercare di dare più importanza ad altre cose, quali che siano, e cercare poco a poco di costruirsi una vita autonoma al di là dell'anoressia, poiché nel momento in cui si arriva ad avere una vita che compendia numerosi interessi “sani” e positivi, ci si rende conto che l’anoressia non ci serve più poi così tanto.
R come Riabilitazione nutrizionale. Credo che in un percorso di Ricovero sia imprescindibile essere affiancata da una figura professionale quale un dietologo/dietista/nutrizionista che ci permetta, grazie all’elaborazione di un “equilibrio alimentare” individualizzato, di rientrare progressivamente nel nostro set-point fisiologico di peso corporeo. Banalmente, questo è di fondamentale importanza per riacquistare salute fisica… e mentale. Ma su questo argomento ci torno tra un paio di lettere.
S come Scegliere la vita. Non essere più malata e ricominciare a vivere a pieno. Affrontare quelli che sono i veri problemi che si nascondono dietro il capro espiatorio del cibo e della fisicità, e tener loro testa, uscendone vincitori. Stringere i denti tutti i giorni nella consapevolezza che le cose possono cambiare in meglio se ce la si mette tutta per. Smetterla di sopravvivere e ricominciare a vivere una vita che sia degna d’essere chiamata tale.
T come Terapia. E qui mi ricollego alla lettera “R”. Penso che la Terapia psicologica, affiancata alla riabilitazione nutrizionale, rappresenti il binomio essenziale in un percorso di ricovero dal DCA. Penso che le 2 cose debbano coesistere e procedere di pari passo nel momento in cui una persona trova il coraggio di chiedere aiuto. La riabilitazione nutrizionale è necessaria perché un corpo fortemente debilitato dalla carenza di cibo, oltre a essere ovviamente a rischio per ogni qualsiasi malattia fisica, non permette di pensare lucidamente. Anche se a noi sembra di essere lucide, quando siamo fortemente sottopeso non possiamo biologicamente esserlo: perché la carenza di alimenti non permette la sintesi di numerosi neurotrasmettitori che sono quelli che, appunto, in condizioni normali ci permettono di pensare lucidamente. Per cui, fare psicoterapia senza supporto nutrizionale serve a ben poco, perché non si ha la lucidità mentale per concretizzare a pieno e mettere in pratica i suggerimenti dello psicoterapeuta, non si è neanche realmente in grado di rifletterci. Allo stesso modo, è altrettanto inutile la riabilitazione alimentare da sola, non affiancata da psicoterapia, perché comunque essa comporta delle variazioni di peso che verranno mal tollerate se la persona non fa contemporaneamente un percorso psicologico di accettazione e di lavoro su di sé, e sarà molto più rapida e frequente la ricaduta nel DCA, perché la persona non ci ha lavorato su. Ci vogliono ambo le cose. Giusto per dirla con un esempio semplificato (colleghi medici, non me ne vogliate!), se io ho un’infezione che mi dà febbre, per guarire devo prendere la Tachipirina ed un antibiotico contemporaneamente: se prendo solo la Tachipirina, sparirà la febbre e mi sembrerà di stare bene, ma il batterio continuerà a proliferare nel mio organismo e la malattia riaffiorerà. Se prendo solo l’antibiotico, il batterio scomparirà, ma sarò sempre fiaccata dalla persistente febbre. Per guarire, c’è bisogno di assumere entrambi i farmaci. E lo stesso vale per la Terapia psicologica e per la riabilitazione nutrizionale quando si ha l’anoressia: come le due parti inscindibili di un’equazione, non possono esistere l’una senza l’altra perché si completano e si embricano vicendevolmente.
U come Un passo alla volta. La fretta è cattiva consigliera, si sa, e questo è tanto più vero quando si sta combattendo contro l’anoressia. Iniziando la terapia, credo sia spontaneo il desiderare di vedere risultati tangibili a stretto raggio, ma in questo caso le cose non vanno rapidamente. Anzi, più si cerca di spingere sull’acceleratore, più è facile inciampare in una ricaduta. Per cui, prendetevi tutto il tempo di cui sentite di avere bisogno per fare Un passo alla volta. Non mettetevi fretta. Arriverete a meta, ma ci vorrà tempo, ad ognuna il suo. Prendetevi sempre tutto il tempo di cui sentite di aver bisogno. Le cose buone arrivano per chi sa aspettare (e, nel frattempo, si impegna e ce la mette tutta per ottenerle!).
V come Volontà. Penso che la forza di Volontà rappresenti la chiave di volta nel combattere contro l’anoressia. Possiamo anche avere la disposizione la migliore equipe medica del mondo, e possiamo anche essere circondati dalle persone più comprensive e supportive del mondo, ma non servirà se noi per prime non abbiamo in noi la voglia di combattere contro l’anoressia. Certo, l’aiuto di specialisti e il supporto di chi ci vuole bene sono fondamentali per poter sostenere la battaglia contro un DCA, ma il primus movens può essere solo e soltanto la nostra forza di Volontà di combattere, di opporci alla malattia, di cambiare le cose, con tutta la determinazione di cui disponiamo. Perché Volere è potere – mai vero come quando si tratta di dar battaglia all’anoressia!
Z come Zero. Che è quello che auguro a tutte voi (a tutte NOI). Di fare piazza pulita dell’anoressia, e ricominciare da Zero. Di allontanarsi quanto più possibile dalla malattia, per poter riprendere le redini della propria vita. Perché lo so che l’anoressia più sembrare (illusoriamente) incredibilmente rassicurante, con la sua parvenza di controllo totale, a fronte di una vita che spesso e volentieri risulta essere del tutto random. Effettivamente la vita è un qualcosa che sfugge, che vuole essere inseguita, è un qualcosa di leggero e fragile, solo sfiorarle un’ala può comportare la fine del suo volo. Eppure la morte non riempie mai. Lascia un vuoto simile al buco allo stomaco. Credo che sia la vita ciò di cui si ha fame.
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7 commenti:
Credo che la più importante sia E, come Emozioni. Imparare a riconoscerle, ad accettarle, a non soffocarle...tutto gira intorno alle emozioni che proviamo, positive e negative :)
Grazie, :*
gc
Ciao Veggie...
post stupendo. Lo stampo e lo porterò sempre con me, a scuola soprattutto. Lo leggerò ogni volta che avrò voglia di mollare, che mi sentirò schiacciata dai miei pensieri o persa in essi...
fantastico davvero, condivido tutto ciò che hai scritto e mi ritrovo in tutto. Veggie sei una persona d'oro.
Ti abbraccio forte forte
A-D-O-R-O A-S-S-O-L-U-T-A-M-E-N-T-E questo post!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Questo è l’alfabeto più bello che ci sia, l’alfabeto che dovremmo cercare di mettere insieme per stare meglio. Non sempre è facile alcune delle cose che hai scritto sono un po’ dei “macigni” da buttare giù, però so che sono verità, e se mi trovo un po’ in difficoltà di fronte ad esse è solo perché ci sono delle cose con le quali devo ancora imparare a venire a patti.
Anch’io, come ha scritto Pulce, mi trovo molto in sintonia con tante delle cose che hai scritto, e non ho una “lettera preferita” perché sono vere tutte, tutte quante dicono qualcosa che è importante, e si completano a vicenda.
So che ci sono alcuni traguardi che ho raggiunto, come per esempio il fatto che faccio una psicoterapia e sono seguita da una nutrizionista, giusto per fare due esempi, però vedo anche che ci sono cose su cui devo ancora lavorare, per esempio sull’accettazione di me stessa, e anche sulla capacità di stabilire obiettivi, perché io sono un po’ caotica in questo. Ma, infondo, ho tempo per lavorarci, e spero che prima o poi questo lavoro possa dare i suoi frutti: alcuni li vedo, perché sicuramente sto molto meglio se penso a come stavo alcuni anni fa, però so benissimo che devo ancora continuare a lavorare, su me stessa e sulla mia vita, se voglio migliorare ulteriormente le cose ed allontanarmi ulteriormente dalla bulimia. So anche che non sarà facile, ma anch’io mi sto rendendo sempre più conto che ne vale davvero la pena.
E comunque, a proposito della lettera “Z”: è quello che anch’io auguro a te, a me, e a tutte le ragazze che sono su questo blog. Perché ce la stiamo mettendo tutto, e quindi ce lo meritiamo!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Grazie Veggie...è davvero un bellissimo alfabeto e spero che riuscirà a guidarmi nella strada difficile che ho deciso di intraprendere!
Sono alla ricerca di una nuova vita, migliore e senza l'anoressia che è stata per cinque anni la mia migliore e inseparabile migliore amica...
Se ti farà piacere, potrei tenerti aggiornata sull'evolversi del mio percorso ogni settimana.
Questo post é stupendo!!
Mi piace tantissimo questo alfabeto:)
Ecco, ho trovato le lettere per questo mio periodo di pausa!E-L-Q!!
:)
Sai, mi ricorda molto qualche vecchio post pro-recovery, ma con un'aria piú nuova, non so!
Per cui sembrerebbe che anche a te vada abbastanza bene..lo spero tanto Veggie!é difficile capirlo, sei sempre cosi positiva..io ti sento sempre forte ma spero la mia impressione sia giusta..
Un abbracio grande grande
Veggie, grazie davvero per il tuo bel commento, mi ha fatto molto piacere leggerlo.
Mi piace veramente tanto questo post, un alfabeto che ognuna di "noi" dovrebbe leggere almeno una volta. Ho trovato interessanti tutti i passaggi, ma in particolare l'Imparare una nuova strategia di coping. Credo sia fondamentale riuscire a gestire le proprie emozioni in una maniera sana e corretta, senza farsi del male.
Spero davvero che ognuna di noi possa ripartire da Zero :)!
Grande Veggie!
Un altro modo semplice e diretto per combattere l'anoressia con consigli pratici. Continua così!
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