venerdì 2 maggio 2014
Come affrontare la strada del ricovero da un DCA
Fermo restando che psicoterapia e riabilitazione nutrizionale sono due pietre miliari per combattere contro il DCA, oggi vorrei condividere con voi qualche piccolo suggerimento, qualche strategia di auto-aiuto che io ho trovato utile, su come poter affrontare la strada del ricovero dall’anoressia/dalla bulimia nella quotidianità.
1. Riconoscere le vere problematiche. Il problema di un DCA non è in realtà il cibo in sé per sé: l’alimentazione rappresenta un comodo capro espiatorio che utilizziamo per coprire altri problemi sottostanti. Un importante primo passo, dunque, può essere rappresentato proprio dal cercare di capire qual è il vero problema che tamponiamo con sintomo anoressico o bulimico. Non è certo un passo facile, anche perché il sintomo esiste proprio per la necessità di nascondere a noi stesse in primis questi problemi (problemi che ovviamente sono assolutamente variabili da persona a persona), è la bugia che ci auto-raccontiamo per cercare d’ignorare questi problemi e fingere che non esistano. Ma esistono, e ci sono. E ci condizionano. Perciò, cercare di capire quali sono i veri problemi, in maniera tale da poterli affrontare direttamente, rappresenta un ottimo modo per allontanarsi dal DCA.
2. Nero su bianco. Qual è il vero problema che vi spinge a restringere l’alimentazione?/Qual è l’evento che vi è successo e che ha innescato un’abbuffata? Anziché seguire l’istinto che vi porta verso l’adozione di un comportamento alimentare erroneo, cercate di scavare a fondo, di rispondere a questa domanda, e di mettere la risposta nero su bianco, scrivendola su un foglio. Il tempo che impiegherete a scrivere ridurrà l’impulso all’abbuffata/vi farà ragionare sull’irrazionalità della restrizione alimentare. Inoltre, il mettere a fuoco la vera natura del problema che innesca il comportamento alimentare anomalo, rinforza la consapevolezza di quelle che possono essere situazioni “triggering”, affinché possiate in un secondo momento prepararvi psicologicamente qualora le doveste riaffrontare, o fare in modo di evitarle. E, magari, mentre scrivete vi viene in mente anche un’altra strategia di coping che non passi attraverso la restrizione alimentare/l’abbuffata.
3. Lavoro di squadra. Quando sorge una difficoltà a causa del DCA, può essere utile ed importante pensare che nessuna è sola. Che ci sono tante altre ragazze che stanno affrontando le stesse difficoltà e combattendo la stessa battaglia. Non c’è niente di male né niente di sbagliato nell’avere delle difficoltà: siamo umane, e la battaglia contro un DCA è dura e difficile, è normale attraversare dei momenti particolarmente complicati. Non pretendete che il vostro percorso di ricovero sia ineccepibile, le ricadute ne sono parte integrante. Ma ricordatevi sempre che potete ricadere e rialzarvi, nella consapevolezza che si possono sempre fare passi avanti, è che nessuna è sola in questa battaglia.
4. "Qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?". Quando durante il vostro percorso di ricovero vi trovate di fronte ad una difficoltà, ad una situazione ardua da affrontare, chiedetevi sempre: “Qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?”. Spesso è volentieri ci si fascia la testa prima d’averla battuta. Le cose che immaginiamo nella nostra mente le ingigantiamo, con il che frequentemente quando poi accadono davvero sono molto meno peggio di come le avevamo pensate. Figuratevi la peggiore delle ipotesi, e vedrete che non andrà mai così male. Magari non andrà a meraviglia, ma avrete comunque tutta la forza e la capacità di andare avanti e continuare a vivere.
5. Agite adesso. Per combattere contro l’anoressia/la bulimia… bisogna combatterci contro. Non rimandate a un domani che non arriverà mai, datevi da fare ORA. Perché combattere è l’unico modo possibile per cambiare le cose e non essere più preda del DCA.
6. Qui ed ora. La paura di combattere contro un DCA rappresenta in realtà una paura del futuro. Ancor prima d’iniziare a fare qualcosa, si cade preda della preoccupazione di cosa potrebbe succedere, e della difficoltà di immaginare una vita ove il DCA sia sempre meno presente. Per cui, quando vi ritrovate a rimuginare sul passato o sul futuro, concentratevi sul presente: vedete cosa potete fare in questo momento per cercare di stare meglio.
7. Piccoli passi. Da qualche parte ho letto che “even the longest journey starts witn a small single step”. Penso che sia assolutamente vero. Non pretendente l’impossibile da voi stesse, il “tutto & subito”. Fate un piccolo passo alla volta. Magari impiegherete più tempo, ma arriverete comunque a meta. Fate un piccolo passo, stabilizzatevi su quello, e poi andate avanti. Un po’ alla volta, prendendovi tutto il tempo che ritenete necessario per voi stesse, senza mettervi fretta.
8. Festeggiate ogni successo. Annotatevi ogni progresso che fate, per quanto piccolo esso possa essere. La consapevolezza che avete raggiunto dei risultati nella vostra lotta contro l’anoressia/la bulimia può essere utilizzata come propellente nelle ricadute o anche semplicemente nei momenti in cui percorrere la strada del ricovero pare farsi più difficile. Siate consapevoli che tante cose avete fatto, e tante ne potrete fare: non fermatevi. Mentre sto scrivendo questo sono le 15: il pomeriggio è giovane. La strada del ricovero che state percorrendo, anche.
1. Riconoscere le vere problematiche. Il problema di un DCA non è in realtà il cibo in sé per sé: l’alimentazione rappresenta un comodo capro espiatorio che utilizziamo per coprire altri problemi sottostanti. Un importante primo passo, dunque, può essere rappresentato proprio dal cercare di capire qual è il vero problema che tamponiamo con sintomo anoressico o bulimico. Non è certo un passo facile, anche perché il sintomo esiste proprio per la necessità di nascondere a noi stesse in primis questi problemi (problemi che ovviamente sono assolutamente variabili da persona a persona), è la bugia che ci auto-raccontiamo per cercare d’ignorare questi problemi e fingere che non esistano. Ma esistono, e ci sono. E ci condizionano. Perciò, cercare di capire quali sono i veri problemi, in maniera tale da poterli affrontare direttamente, rappresenta un ottimo modo per allontanarsi dal DCA.
2. Nero su bianco. Qual è il vero problema che vi spinge a restringere l’alimentazione?/Qual è l’evento che vi è successo e che ha innescato un’abbuffata? Anziché seguire l’istinto che vi porta verso l’adozione di un comportamento alimentare erroneo, cercate di scavare a fondo, di rispondere a questa domanda, e di mettere la risposta nero su bianco, scrivendola su un foglio. Il tempo che impiegherete a scrivere ridurrà l’impulso all’abbuffata/vi farà ragionare sull’irrazionalità della restrizione alimentare. Inoltre, il mettere a fuoco la vera natura del problema che innesca il comportamento alimentare anomalo, rinforza la consapevolezza di quelle che possono essere situazioni “triggering”, affinché possiate in un secondo momento prepararvi psicologicamente qualora le doveste riaffrontare, o fare in modo di evitarle. E, magari, mentre scrivete vi viene in mente anche un’altra strategia di coping che non passi attraverso la restrizione alimentare/l’abbuffata.
3. Lavoro di squadra. Quando sorge una difficoltà a causa del DCA, può essere utile ed importante pensare che nessuna è sola. Che ci sono tante altre ragazze che stanno affrontando le stesse difficoltà e combattendo la stessa battaglia. Non c’è niente di male né niente di sbagliato nell’avere delle difficoltà: siamo umane, e la battaglia contro un DCA è dura e difficile, è normale attraversare dei momenti particolarmente complicati. Non pretendete che il vostro percorso di ricovero sia ineccepibile, le ricadute ne sono parte integrante. Ma ricordatevi sempre che potete ricadere e rialzarvi, nella consapevolezza che si possono sempre fare passi avanti, è che nessuna è sola in questa battaglia.
4. "Qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?". Quando durante il vostro percorso di ricovero vi trovate di fronte ad una difficoltà, ad una situazione ardua da affrontare, chiedetevi sempre: “Qual è la cosa peggiore che potrebbe succedere?”. Spesso è volentieri ci si fascia la testa prima d’averla battuta. Le cose che immaginiamo nella nostra mente le ingigantiamo, con il che frequentemente quando poi accadono davvero sono molto meno peggio di come le avevamo pensate. Figuratevi la peggiore delle ipotesi, e vedrete che non andrà mai così male. Magari non andrà a meraviglia, ma avrete comunque tutta la forza e la capacità di andare avanti e continuare a vivere.
5. Agite adesso. Per combattere contro l’anoressia/la bulimia… bisogna combatterci contro. Non rimandate a un domani che non arriverà mai, datevi da fare ORA. Perché combattere è l’unico modo possibile per cambiare le cose e non essere più preda del DCA.
6. Qui ed ora. La paura di combattere contro un DCA rappresenta in realtà una paura del futuro. Ancor prima d’iniziare a fare qualcosa, si cade preda della preoccupazione di cosa potrebbe succedere, e della difficoltà di immaginare una vita ove il DCA sia sempre meno presente. Per cui, quando vi ritrovate a rimuginare sul passato o sul futuro, concentratevi sul presente: vedete cosa potete fare in questo momento per cercare di stare meglio.
7. Piccoli passi. Da qualche parte ho letto che “even the longest journey starts witn a small single step”. Penso che sia assolutamente vero. Non pretendente l’impossibile da voi stesse, il “tutto & subito”. Fate un piccolo passo alla volta. Magari impiegherete più tempo, ma arriverete comunque a meta. Fate un piccolo passo, stabilizzatevi su quello, e poi andate avanti. Un po’ alla volta, prendendovi tutto il tempo che ritenete necessario per voi stesse, senza mettervi fretta.
8. Festeggiate ogni successo. Annotatevi ogni progresso che fate, per quanto piccolo esso possa essere. La consapevolezza che avete raggiunto dei risultati nella vostra lotta contro l’anoressia/la bulimia può essere utilizzata come propellente nelle ricadute o anche semplicemente nei momenti in cui percorrere la strada del ricovero pare farsi più difficile. Siate consapevoli che tante cose avete fatto, e tante ne potrete fare: non fermatevi. Mentre sto scrivendo questo sono le 15: il pomeriggio è giovane. La strada del ricovero che state percorrendo, anche.
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17 commenti:
come sempre ciò che scrivi sul tuo blog sono ottimi consigli..
Comunque è vero è molto complicato scavare fino in fondo per capire da cosa deriva un DCA per questo bisogna metterci molto impegno e molta determinazione ...inoltre anche io ho provato a scrivere ,non soltanto per evitare delle abbuffate ,ma anche quando stavo molto male con me stessa: che so per esempio scrivevo come mi sentivo i miei stati d'animo ,come mi sentivo fisicamente , quanto avevo mangiato, i sensi di colpa ect
per quanto riguarda il lavoro di squadra è molto utile e ne sto avendo la conferma da quando sono su questi blog che mi aiutano a rendermi conto che non sono l ' unica che ha queste difficoltà con il cibo con se stessa ...ciò mi fa sentire meno sola ma soprattutto un po' più accettata ...
Concordo anche sul fatto che bisogna agire subito ,forse però questa è la cosa più complicata perché cercare aiuto significherebbe accettare che si è malati che si ha bisogno di aiuto e che quindi bisogna cercare di uscirne...e ciò fa paura perché essere anoressiche o bulimiche sembra dare un senso di protezione dal quale non si vuole uscire per paura di affrontare la realtà ma soprattutto per la paura di crescere di dover decidere qualcosa per il futuro
Grazie per questi suggerimenti, Veggie!!!!!!!!!!!!!!!!!
Forse saranno cose semplici, perché è sempre bene che ci sia qualcuno che le ricorda, di tanto in tanto, perché il dca tende a far uscire di testa anche le cose apparentemente più banali.
Sono tra l’altro molto d’accordo con gli otto punti che hai riportato in questo post, perché penso veramente che possano essere delle dritte efficaci per cercare di stare meglio. Poi l’importanza della psicoterapia e della nutrizionista è ovvia, non la si sta neanche a discutere, però se accanto all’aiuto degli esperti ci può essere anche un aiuto che possiamo dare noi a noi stesse, allora è tanto di guadagnato: come si suol dire, “aiutati che Dio t’aiuta”!!!!!!!
No, Wolfie, la verità è: aiutati che dio non ti s’incula proprio.
Prima o poi... prima o poi. Sento di essere ancora molto lontana anche solo dal voler tentare di abbandonare tutto questo, ma prima o poi...
Sempre molto pratica e positiva, brava! E' l'atteggiamento migliore per spronare gli altri a essere altrettanto pragmatici e lottare contro l'anoressia.
Per Jonny: Il mio era solo un modo di dire, riportavo soltanto un proverbio abbastanza in uso. La mia non voleva essere un'invocazione, lo so bene proprio per esperienza personale che siamo noi che bisogna lavorare per noi stesse, per cercare di stare meglio, e che (per quanto le persone che ci circondano possano cercare di darci una mano) alla fine siamo noi che dobbiamo agire per noi stesse, perchè siamo le uniche che possiamo decidere se e come cambiare in meglio la nostra vita.
A Wolfie:
Anche il mio era solo un modo di dire, riportavo un proverbio che ho inventato.
Ovvio che dio non ti s'incula, visto che non esiste proprio nessun dio, se non nelle fantasie dei cagasotto che hanno troppa strizza per riuscire ad accettare la responsabilità dell'avere pieno arbitrio sulla propria vita.
Beh, lasciamo pure ai beoti le loro illusioni, e intanto noi diamoci da fare per mandare a fanculo 'sti stronzi di disturbi alimentari, poichè se le cose cambieranno sarà solo ed esclusivamente perchè le avremo fatte cambiare NOI.
Ciao cara volevo chiederti se in un post futuro riuscissi a discutere riguardo l'ortoressia perché come ben puoi sapere spesso chi riesce ad uscire dall'anoressia incappa in questo altro disturbo.. Io stessa ne sono la prova ahahah cioè non sono ortoressica ma mi accorgo che la sto diventando, perché ho cercato di lasciar andare la mia tendenza irrazionale restrittiva nei confronti del cibo nell'unico modo che mi riusciva possibile: vedere quello stesso cibo come alleato del mio corpo. E quindi inevitabilmente ho sostenuto questa convinzione informandomi un sacco sui vari nutrienti essenziali, sulle proprietà benefiche dei cibi, sono riuscita per la maggior parte dei casi a staccarmi dal concetto di alimento=caloria perché c è molto di più, e anche a prediligere e scegliere cibi più calorici ma indubbiamente essenziali per il nostro corpo (es frutta secca, carboidrati, olio e condimenti vari ecc) cose tutte positive assolutamente, ma dall'altra mi è risultato impossibile non scontrarmi con il cosiddetto "cibo spazzatura" di cui facevo uso anche durante il mio ricovero quando ancora lottavo con l'anoressia.. Non so bene come uscire da questa situazione, perché su internet come nella realtà i pareri dei nutrizionisti e dei medici sono tutti discordanti, ed è difficile trovare una via di mezzo senza essere assaliti dal dubbio che l'alimentazione del proprio ricovero non sia del tutto "sana".. Riusciresti ad aiutarmi? :(
Mi è piaciuta la parte in cui parli della tendenza ad ingigantire i problemi! Io ho notato che spesso sono così grandi che non li individui nemmeno, ma si traducono in una sensazione corporea ingiustificata (esempio:tendenza a sentirsi gonfi, enormi anche se hai mangiato come avevi deciso). E anche se ci si chiede cosa non vada, continui a non saperlo. Ma forse succede solo a me, non so.
@ Mara – Grazie mille, Mara!... Io penso che tu abbia fatto benissimo a scrivere quando stavi male con te stessa, perché credo che comunque scrivere rappresenti un’ottima valvola di sfogo… che ci aiuta a tirare fuori quello che ci fa stare male dentro, per evitare che sedimenti e ci faccia sentire ancora peggio… Vorrei comunque soltanto ricordarti che NON SI E’ anoressiche o bulimiche, bensì SI HA l’anoressia o la bulimia… perché sono malattia, e dunque possiamo averle, ma non dobbiamo mai permettergli di “essere” niente di noi.
Grazie ancora per le tue parole e, no, non sei sola. Io sono sempre qui quando hai bisogno.
@ Wolfie – Grazie per il tuo feedback!... Ovvio che quello che scrivo non è in alcun modo sostitutivo di un percorso psicoterapeutico e di riabilitazione nutrizionale… è un semplice affiancamento, un tentativo di auto-aiuto…
@ Jonny - ^__^”
@ Madama Farfalla – Il fatto che tu dica “prima o poi”, in realtà, fa già capire che sei più vicina di quanto non vuoi ammettere… Se fossi davvero lontana, non contempleresti neanche la possibilità… non avresti considerato manco di striscio il mio blog, in effetti. Quindi, in realtà, il tuo “prima o poi” mi fa davvero ben sperare… Ti auguro che sia “prima” piuttosto che “poi”, naturalmente, perché è ovvio che essendo i DCA malattie che tendono alla cronicizzazione, prima s’interviene e maggiori sono le possibilità di una remissione più “facile” (si fa per dire, ma insomma…), più duratura, e con meno ricadute… Ti abbraccio forte e ti ringrazio per il tuo commento: ripassa pure quando vuoi, sarai sempre la benvenuta!... ^__^
@ Vele/Ivy – Grazie mille per il tuo feedback, carissima!...
@ Arilù – Ciao Arilù, onestamente non ho conoscenze né competenze specifiche per poter relazionare sull’ortoressia… In effetti, se ci fai caso, in questo blog non parlo neanche mai dell’anoressia o della bulimia o di qualsiasi altro DCA come malattia in sé, ma solo di consigli per tenergli testa, o riflessioni personali, o studi scientifici… perché, in fin dei conti, credo che i DCA siano tutti le diverse facce di una stessa medaglia, e dunque al di là del sintomo meramente alimentare in sé, quello che ci accomuna a tutte credo sia il sentire… sentire che va ben al di là di una mera descrizione sintomatologica dei vari sottotipi di DCA, che credo sia banalmente fine a sé stessa, e che comunque si trova nel DSM-V, al quale certo da un punto di vista clinico io non potrei aggiungere niente… A parte questo… io credo sia già molto positivo il fatto che tu sei riuscita ad uscire dalla fase propriamente restrittiva in sé… se poi l’hai fatto appoggiandoti ad un’alimentazione particolarmente salutare, ben venga per il tuo organismo… io penso che sia però più che altro una fase di transizione: come tu stessa hai scritto, il percepire il cibo come alleato del tuo corpo, è la modalità che hai trovato per riuscire a non restringere più. Okay, magari questa modalità contiene ancora dei germi di DCA, ma è di certo comunque molto più utile e funzionale della restrizione. Per cui, se oggi come oggi la tua alternativa al restringere è il curare particolarmente la tua tipologia di alimentazione, per il momento va bene così. Poi, tramite la psicoterapia, hai tutto il tempo per lavorare su questo shift, e per provare a reinserire anche altri tipi di cibi nel tuo regime alimentare… Adesso, pensa solo a quello che è più funzionale, ovvero il riuscire ad alimentarti regolarmente senza restringere… Lavora su una cosa alla volta. Non puoi pretendere che tutto svanisca come se niente fosse mai stato, anche per quanto riguarda il sintomo prettamente alimentare… Poi, continuando a lavorare su te stessa, e trovando alternative al DCA, l’alimentazione passerà in secondo piano spontaneamente…
@ Laura C. – Ti rimando alla risposta che ho lasciato per Arilù, allora!... Ed aggiungo semplicemente che personalmente non mi è capitato questo shift dall’anoressia all’ortoressia, per cui non ho un’esperienza personale da cui attingere per ricavarne opinioni… e non mi piace parlare per sentito dire… Però, se qualcuna di voi ha avuto quest’esperienza e le va di condividerla, potrei pubblicarla su un post della serie “A Voi La Parola”!... A parte questo… sono d’accordo con il fatto che, in generale, ossessione chiama ossessione. Citando parte della frase che Jonny aveva scelto per la sua pagina nel calendario dei 2011, “abyssus abyssum invocat” – su questo sono pienamente d’accordo, per esperienza personale. Io non ho avuto altro disturbo alimentare che l’anoressia, però a mio modo ho avuto un’altra ossessione trainante, ovvero l’autolesionismo… per cui, capsico bene cosa intendi quando dici che le ossessioni si tirano un po’ vicendevolmente, e concordo con questa tua asserzione. E il punto dell’ossessione credo sia proprio quello che tu sottolinei: che sei scientemente consapevole che è tale, sai razionalmente che quello che fai non ha logica (anche quelle che definisci “convinzioni intransigenti”, io credo tu in fondo sappia benissimo che non hanno niente di logicamente fondato…), eppure hai la necessità di farlo parimenti perché risponde ad un qualche altro tipo di bisogno, perché va a parare un qualche altro tipo di problema. Perché è proprio questo che regge i DCA: il fatto che sono potentissimi come strategia di coping, così potenti che rendono ben difficile anche solo uno shift verso altre forme di coping che sarebbero razionalmente non deleterie, ma che in fondo temiamo non sarebbero altrettanto efficienti. La solita paura di abbandonare la strada vecchia per la nuova, perché si sa quel che si lascia ma non si sa quel che… appunto. Io credo che tu sappia benissimo, razionalmente parlando, che non è cosa/quanto mangi che farà di te una persona speciale… ma penso anche che tu abbia bisogno di credere questo, perché va a tappare un buco lasciato da qualche altra cosa. Io non so se sia vero o meno il dualismo tra anoressia ed ortoressia di cui hai letto, mi pare una cosa molto filosofica e macchinosa, il genere di cose su cui tendenzialmente non mi soffermo, essendo io una persona molto terra-terra… mi pare del resto una cosa molto fine a se stessa, immagini evocative tanto per chiacchierare ed incantare, ma ben poco di concreto all’atto pratico. Più semplicemente io non credo che anoressia ed ortoressia (o qualsiasi altro DCA) sia causa/conseguenza l’uno dell’altro… credo che siano semplicemente differenti modalità di comportamento alimentare che sfogano le medesime problematiche sottostanti. Possono alternarsi o convivere, essere anche differenti all’apparenza, non cambia in realtà niente, perché è solo il comportamento esteriore: l’enorme interiorità sottostante è quella che resta invariata. Perché non è l’alimentazione il reale problema.
@ Ever92 – Non so se succeda solo a te o meno… Però è facile intuirne il perché: perché il DCA rappresenta la nostra strategia di coping preferenziale. Ed, in effetti, un DCA all’atto pratico non è altro che una strategia di coping su vasta scala: qualsiasi cosa non vada, in generale, nella vita, viene ributtata sull’alimentazione. Per questo le difficoltà provate nel relazionarsi alle proprie emozioni ed ai propri vissuti magari le riproponi sulla tua alimentazione o sul tuo corpo, perché forse così hai l’illusione che sia più facile gestirli… perché ti illudi pensando che così un problema emotivo intangibile diventa un problema alimentare, pratico, tangibile, e dunque sul quale è possibile fare attivamente qualcosa…
@Veggie
Innanzitutto mi presento, sono una ragazza di 16 anni e sono bulimica da due anni.
Circa sei mesi fa ho confessato tutto a mia madre, poiché ero arrivata ad un punto di rottura e una delle mie migliori amiche aveva minacciato di spifferare tutto se non l'avessi fatto io di mia spontanea volontà. Così è da gennaio che sono in "terapia", se così la vogliamo chiamare (colloqui settimanali con una psicologa -ma che ora sono diventanti quasi mensili; incontri mensili all'ospedale con una neuropsichiatra e una dietista). Dunque, sebbene mi sia stato detto che la gravità della mia malattia non è eccessiva in quanto non vomito troppo spesso e dunque gli organi interni non sono considerati a rischio, prendo da qualche mese lo xanax due volte al giorno. Dopo un primo periodo di straniamento e pseudo-apatia (non ero veramente apatica, ma per una affetta anche dal disturbo bipolare dell'umore era tutt'altro che routine) mi sembrava che tutto stesse andando un po' meglio: meno preoccupazioni, non mi pesavo più dieci volte al giorno, non passavo la mia vita davanti allo specchio, insomma, sembrava migliorare. Peccato che con l'arrivo delle vacanze pasquali l'apparente ordine delle cose è andato proprio a farsi benedire (per non utilizzare espressioni più colorite). Ho riniziato ad essere ossessionata e da dieci giorni sono tornata a seguire una delle mie diete super restrittive (~500 calorie al giorno e almeno 3 ore di tapis roulant quotidianamente. Ad esempio ieri ho camminato a velocità 6 per 5 ore), TUTTAVIA oggi, passando il pomeriggio con le mie due migliori amiche (entrambe affette da DCA) ovviamente abbiamo tirato fuori l'argomento "cibo" e così siamo andate a comprare un barattolo di burro di arachidi (che ovviamente ho mangiato solo io). Non l'avessi mai fatto! Mi sono abbuffata tutto il pomeriggio e ho vomitato (male. Senza nemmeno riuscire a sbarazzarmi di ciò che ho mangiato) tre volte. Immagino tu, e tutte/i voi, abbiate presente la sensazione di delusione, fallimento e umiliazione che si prova dopo una abbuffata. Ben, tutta questa digressione solo per introdurre il fatto che, dall'ultima visita in ospedale, mento su ciò che mangio e sulle varie abbuffate con successivo tentativo di compensazione. Sto effettivamente simulando una alimentazione equilibrata sul mio diario alimentare per paura che le dottoresse possano impedirmi di partire il prossimo anno (ad agosto dovrei andare come exchange student negli USA). Volevo solo chiederti un parere personale: secondo te è più importante che io risolva il problema rischiando anche di mettere a rischio la mia partenza (ovvero l'occasione che io desidero più di ogni altra cosa), oppure è meglio che io continui a nascondere per poi magari intraprendere di nuovo la terapia al mio ritorno?
Grazie, baci!
@ Anonima (17 Maggio 2014, ore: 22.13) – Ciao, benvenuta!... Grazie a te per il tuo commento!... Ehm… In realtà no, non ho presente quello che scrivi (e sarei perciò un’ipocrita a dieti che ti capisco…) perché non ho mai avuto episodi di abbuffate né episodi di vomito autoindotto… Ma comunque, a parte questo… La domanda che mi fa prevede una sola, ovvia risposta: sono assolutamente importanti ambo le cose, tanto che tu risolva il problema alimentare, quanto che tu colga l’opportunità di andare a studiare negli U.S.A. E dato che ad Agosto mancano ancora diversi mesi, mi sembra che hai proprio tutto il tempo per fare ambo le cose. Se non lavori sul tuo DCA, non partirai comunque per l’America, perché i DCA si possono incasinare anche in maniera molto rapida, sfuggendo completamente ad ogni possibilità di controllo e dissimulazione… per cui, se non ti metti sotto con la terapia a partire da OGGI STESSO, il rischio (o meglio, la sostanziale certezza) è che arriverai ad Agosto in condizioni psicofisiche disastrose, che non ti consentiranno comunque di partire, o anche se partissi vivrai un’esperienza – perdona il francesismo – di merda, perché sarai pienamente governata dalle ossessioni alimentari, e il tuo sogno americano diventerà meramente un incubo. Perciò, torna immediatamente da dietista e da psicoterapeuta: comincia a lavorare sodo senza nascondere più niente fin da subito, metticela tutta per ridurre il DCA ai minimi termini nei mesi che ti separano da qui ad Agosto: a quel punto, se avrai veramente lavorato solo e ti sarai fatta un culo come un rosone (perché, non giriamoci intorno: la terapia e la riabilitazione alimentare sono dure, difficili, tutt’altro che divertenti, e riesce a sostenerle solo chi ha coglioni e controcoglioni…), starai significativamente meglio sia fisicamente che psicologicamente, e avrai quindi tutta la possibilità di andare negli U.S.A. e di goderti come meriti il periodo che trascorrerai là. Inoltre, mi permetto un ulteriore consiglio: mi è stato detto (ma non so se sia effettivamente vero, quindi prendilo con le molle ed informati meglio…) che nei college statunitensi mettono a disposizione degli studenti degli sportelli gratuiti di supporto psicologico… Perciò, se questo fosse effettivamente vero, ti consiglio di approfittarne: potrai in questo modo continuare la terapia lavorando su te stessa, e cercando così di tenerti quanto più possibile al riparo da eventuali ricadute… nonché avere pronta una rapida rete di salvataggio qualora si verificasse effettivamente un ricaduta. Non lavorare fin da subito sul tuo DCA è una strategia assolutamente fallimentare, perché i DCA sono patologie che se lasciate a se stesse tendono solo al peggioramento, quindi se non fai qualcosa subito (mi stai ancora leggendo?... Corri dalla tua psicoterapeuta, che ci fai ancora qui?!...) peggiorerai soltanto la situazione, e perderai tutto… Mentre invece, se ti dai da fare subito, potrai cominciare quanto prima a lavorare su te stessa, ed evitare così che ti sfugga di mano l’esperienza statunitense, nonché tutte le altre occasioni che la vita di potrà presentare in futuro. In bocca al lupo!!...
Ragazze vi ammiro tantissimo, ammiro chi ha la voglia e la determinazione di uscire da questo male. Tutte ce la possono fare, bisogna crederci giorno per giorno e coltivare un'intensa vita sociale. Se avete bisogno di QUALSIASI consiglio scrivetemi sul mio blog . Un bacione
http://adidioana.blogspot.it/
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