Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.
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mercoledì 13 aprile 2011

"Dea"

In Settembre 2010 partecipai – più per gioco che per altro – ad un concorso letterario che avevo trovato per caso su Internet. Non avendo risaputo niente al riguardo in questi mesi, mi ero completamente scordata di avervi partecipato, ed invece ecco che proprio qualche giorno fa mi è arrivata un’e-mail che mi annunciava di esserne la vincitrice! ^__^

Il racconto con cui ho partecipato a questo concorso, che s’intitola “Dea”, in realtà, è un racconto che avevo scritto nel 2006, proprio durante uno dei miei ricoveri in clinica causa anoressia, e voglio adesso proporvelo: è un racconto un po’ “forte”, credo, ma spero che sappiate prenderlo alla giusta maniera, tenendo conto del fatto che, quando l’ho scritto, ero molto più dentro al sintomo di adesso, sebbene già fossi aperta alla possibilità di qualcosa di diverso, come credo traspaia anche dal paragrafo finale del racconto stesso.

Peraltro, alla luce della mia posizione attuale, rileggendo questo racconto mi è venuto da pensare ad un post che avevo scritto, in cui parlavo delle differenze tra “anoressia” e “pro-ana” (probabilmente molte di voi l’avranno già letto, in ogni caso, per quelle che non l’avessero fatto, potete trovarlo QUI)

Ecco, considerato il contenuto del mio racconto, mi è venuto da aggiungere un altro aspetto: per le ragazze “pro-ana/mia” “Ana” è la personificazione dell’anoressia, un sintomo che viene visto come una dea potente, cui rivolgere invocazioni d’amicizia e preghiere, ci sono blog con i Ten-Thin Commandments. Per le ragazze anoressiche questo dualismo non esiste. Non hanno bisogno di divinità cui relazionarsi: tramite il sintomo, cercano di diventare esse stesse dee. Un qualcosa che viene dall’esterno, e un qualcosa che viene dall’interno. Ci ho scritto un post sopra, ma forse la differenza è tutta qui.

A parte questa riflessione, comunque…

Dedico questa vittoria a: my best BEST friends, Duccia ed Alex.

A Duccia, con tutto l’affetto che c’è stato, c’è, e sempre ci sarà. Perché tu, nonostante tutte le difficoltà di questi anni, non hai mai lasciato la mia mano.

Ad Alex, e tu sai il perché. Anzi, The Reason.
(Forse semplicemente perché sei tu. Sei sempre tu. Grazie. Sarei persa senza di te.)

E dedico questo racconto a: tutte voi, ragazze.

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