Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 18 novembre 2011

Paura del fallimento

L’altro giorno stavo parlando al telefono con una ragazza che ho conosciuto durante uno dei miei ricoveri in clinica specializzata per DCA, e si discuteva di alcuni aspetti del percorso di ricovero che entrambe ci siamo ritrovate a dover fronteggiare. Uno degli argomenti che abbiamo messo in campo è stata la possibilità di fallire nel momento in cui si sceglie d’intraprendere la strada del ricovero.

Una delle cose che c’intrappola nell’anoressia, infatti, è la sensazione che questa sia un qualcosa in cui riusciamo molto bene, che la restrizione alimentare sia un qualcosa che ci viene davvero bene. Certo, magari gli altri ci dicono che siamo brave anche in molte altre cose, ma la differenza sta nel fatto che, con l’anoressia, siamo noi le prime a dirci che siamo brave, e non temiamo, come succede per tutte le altre cose, che gli altri stiano solo facendo complimenti senza pensare davvero quello che dicono. Non abbiamo bisogno di nessuno che ci dica quanto siamo brave nel restringere l’alimentazione: è una certezza che abbiamo. Sappiamo che possiamo continuare a restringere l’alimentazione anche qualora ogni altro aspetto della nostra vita dovesse andare a puttane.

La strada del ricovero, d’altro canto, è un qualcosa di totalmente diverso. Sappiamo perfettamente come perdere peso, è molto semplice: basta mangiare di meno e fare più attività fisica. Così facendo, non si può certamente fallire. Il ricovero non è così semplice. Restringere l’alimentazione è molto più facile che mangiare seguendo l’ “equilibrio alimentare” che ci dà la dietista. Parafrasando: percorrere la strada dell’anoressia è come buttarsi giù da un dirupo. E’ facile, perché ci aiuta la forza di gravità. Percorrere la strada del ricovero, invece, è come risalire da quel dirupo. È difficile, perché bisogna contrastare la forza di gravità.

Questo è il punto: tutte abbiamo paura del fallimento. Molta, molta paura. E intraprendere la strada del ricovero mette in campo la possibilità di poter fallire. E il fare qualcosa sulle cui possibilità di successo non siamo del tutto sicure, mette addosso sempre certo una grande ansia. È lo stesso motivo per cui a volte rifiutiamo delle sfide – in ambito scolastico, lavorativo, o sportivo. Perché si ha paura del fallimento.

È anche per questo che è più facile rimanere nell’anoressia: è una cosa nella quale, indubbiamente, abbiamo dimostrato di essere estremamente abili nell’avere successo. E a causa di ciò, non siamo abituate al fallimento. Per questo è così difficile relazionarsi con un qualcosa che apre la possibilità al fallimento stesso. E poiché il fallimento non ci piace, preferiamo evitare le situazioni che potrebbero determinarlo. Ecco un altro motivo per cui è così dura intraprendere la strada del ricovero.

Ecco perchè si è così caute, ecco perchè si esita così tanto prima d’intraprendere la strada del ricovero. Perché non si sa come la cosa potrà evolvere. Perchè non siamo sicure che potremo farcela. Perchè, in fin dei conti, spesso all’inizio non siamo neanche sicure che vorremo farcela.

Questo è uno scoglio che bisogna superare per fare progressi. La paura del fallimento, in realtà, ci frena soltanto dal tentare di fare nuove esperienze, dal lasciare la strada vecchia per la nuova. Ci intrappola. Ovviamente, ci vuole la consapevolezza che se si decide d’intraprendere la strada del ricovero non ci saranno solo rose e fiori, anzi, sarà estremamente probabile andare incontro a delle ricadute. Non tutti i tentativi che faremo avranno successo. Ma se ci rifiutiamo di fare tentativi fino a che non siamo sicure al 100% che questi andranno a segno, allora non faremo mai niente. Del resto, non c’è modo di capire veramente se un tentativo possa avere successo o meno, fino a che non ci decidiamo a metterlo in pratica.

Paradossalmente, è proprio sbagliando che s’impara. E questo vale anche per la strada del ricovero. E per l’anoressia.

17 commenti:

Anonimo ha detto...

Se non fosse che ho studiato tutto il giorno forse troverei qualcosa in più da dire...ma al momento leggendo questo post vedo solo molta chiarezza..è già completo. La volpe con l'uva...purtroppo!
Un bacione!
Ellie.

Ilaria ha detto...

...Sto passando dei giorni che mettono a dura prova tutta la strada fatta finora.
Forse per la prima volta in vita mia, sono arrabbiata con me stessa per aver dedicato troppe energie e troppa forza al D.C.A da non averne più adesso che ho davvero bisogno di essere forte..
i tuoi post sono sempre "illuminanti", ti adoro.

kjk ha detto...

é verissimo.. infatti il motivo principale per cui ce l'ho con me stessa è proprio perchè piuttosto che fallire non ciprovo nemmeno. resto ferma. immobile. non mi sopporto per questo. anche perchè lo estendo alla maggior parte dei campi della mia vita. faccio davvero fatica a buttarmi nelle situazioni nuove, perfino nelle mie passioni!ma piano piano sto cambiando :) e quando riesco a concedermi la possibilità di provare, con fiducia in me stessa, è sempre un'emozione bellissima.per ora non sono episodi frequenti, ma sono sicura che impegnandomi diventerà la normalità! :) è sempre bello leggerti! ma quando metti in reste il nuovo filmato con la canzone di pink come colonna sonora? ^_^
ti abbraccio!

Malice92 ha detto...

bello leggerti..ricambio l'abbraccio forte <3

Wolfie ha detto...

Io sono rimasta per tanto tempo bloccata prima d’intraprendere la strada del ricovero, incapace d’iniziare questo percorso perché mi terrorizzava. In realtà mi terrorizzava anche l’idea di poter passare una vita in balìa della bulimia, però almeno quello della bulimia era un terrore che conoscevo, che avevo nel tempo in qualche modo “fatto mio”, che mi era familiare, mentre lo spezzare il circolo vizioso era un qualcosa che non conoscevo, e che mi faceva paura in quanto tale, perché non sapevo dove poi sarei andata a parare, cosa mi avrebbe aspettata. Sono rimasta a lungo ferma proprio perché ero circondata da timori, il timore di cambiare soprattutto, perché tutte le cose nuove mettono sempre ansia. Però poi mi sono resa conto che davvero se non mi muovevo la bulimia avrebbe avuto la meglio su di me. Non si trattava di scegliere tra due forme di terrore, in definitiva, si trattava di scegliere tra la vita e la non-vita del dca. Con tutto il timore di questo mondo, mi sono data una possibilità, ho scelto di chiedere aiuto. E ringrazio ancora il giorno in cui l’ho fatto, perché altrimenti non so come sarebbe andata a finire. Il dca è una cosa che ci paralizza nella sua dinamica distruttiva eppure rassicurante per la sua ossessività, però per quanto la strada del ricovero possa fare paura, è l’unica cosa che ci potrà rendere libere dalla schiavitù del dca. Per quanto possa fare male, per quanto possa mettere ansia, per quanto possa essere ricaduta e ricadrò in futuro, voglio continuare a percorrerla fino alla fine.
Un bacione a tutte!!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

Bel post! Io purtroppo... appena riesco a mettere su un chilo... mi sento malissimo finché non lo perdo :(
Come posso fare a gioire del peso che prendo, o perlomeno ad accettarlo?
Sto seguendo una dieta della dietista per riprendere chili, e non mi sembra di mangiare tantissimo, eppure continuo a ingrassare se la seguo.
Siete tutte così brave... spero di riuscirci anche io, un giorno.

Clara

Lucy May ha detto...

Grazie cara Veggie, questo post mi è di stimolo... attualmente il mio problema è che non mi sento più motivata. Non mi ci sento proprio... la strada del ricovero? Non ci riesco e non voglio. Non ci riesco perché non voglio e non voglio perché non ci riesco.
Anche io ho lo stesso problema di Clara... se metto su un chilo, mi sento malissimo finché non lo perdo...
Un abbraccio grande Veggie, sei una luce calda che rischiara il nostro buio!!

Vele Ivy ha detto...

E' bello che tu sia partita da una riflessione fatta con un'amica che ha intrapreso la strada del ricovero. Sono le sensazioni vissute dalle persone che ci sono "state dentro" a essere le più autentiche e utili per aiutare gli altri.

Rose ha detto...

Sbagliando s'impara, non ci sono altri modi e paradossalmente è proprio nel momento in cui ci permettiamo di credere in questa verità che impariamo a vivere, ad accettarci, a crescere, a combattere.
A causa dell'educazione rigida ricevuta non mi sono mai potuta permettere di prendere scelte da sola, senza incorere nella dsaprovazione dei miei, nel loro giudizio, nel loro scoraggiamento...e la paura di non farcela ha cominciato a poco a poco a prendere il sopravvento in me, dando forti mazzate alla mia autostima. Ora so, certo è difficile attuarlo, ma SO, ne ho la chiara consapevolezza che non posso evitare di fare cose che mi sento di fare solo per la paura di sbagliare, di fallire ...so che anch'io, come tutti, ho il diritto di seguire me stessa nella libertà e di concedermi anche degli sbagli, senza condannarmi...

Ti abbraccio Veggie
Grazie per il commento :)

Triste ha detto...

Ciao a tutte.
anche io condivido le ansie e i timori di Clara e Lucy may....cm fare?
e poi penso che la vera paura di fallire nn sia nel non riuscire a mantenere la strada del ricovero e liberarsi della malattia,ma piuttosto la puara che il "dopo",senza malattia ci deluda e nn sia così bello come volevamo e pensavamo.soprattutto che sia diffcile quanto la malttia e nn ci dia la stessa sensazione di benessere e forza e specialità della malattia.la mia è una provocazione,ma "chi me lo fa fare di lasciare la mia copertae ed espermi inerme al freddo e alle intemperie della vita?"...per quanto anche nella malattia nn ci sia molto sole:-( e se il dopo mi delude e mi sopraffa? e se scoporo tragicamente che sn una fallita e una perdente incapace anche senza malattia' a chi darò la colpa dei miei famllimenti e solitudine dopo?SOLO A ME STESSA E SARà MOLTO PIù DOLOROSO CHE ORA!NO?
ditemi la vostra,vi prego,questi pensieri mi bloccano molto e rimandorimando rimando e il tempo passa:-(
Grazie a tutte,abbraccioni e grazie a te Veggie, di tutto cuore.

Sonia ha detto...

Lascio solamente questa traccia del mio passaggio... dato che qualunque cosa io scriva subito dopo la cancello... >.<

Anonimo ha detto...

Paura del fallimento?
No, quella bastarda di anoressia c'intorta in maniera ben peggiore: ci mette addosso una maledetta paura di riuscire.
E senza la cazzo di anoressia, che diamine di meccanismo di coping ci resta?

Jonny

La Ely ha detto...

Che strani meccanismi entrano in atto.
Siamo tanto sicure di noi mentre siamo nel buio totale, consapevoli che la malattia, per sua stessa definizione, è una devianza dalla normalità, dal BENEssere, da non riuscire a rischiare il duro lavoro, il freddo del ricovero, del PERCORSO tortuoso verso la guarigione.
E' un percorso mentale tortuoso, eppure in questi meandri ci si sente sicuri, protetti. Perchè è difficile lasciare ciò che si conosce per l'ignoto, è difficile spezzare i circoli viziosi.
So bene quanto sia facile mettere un piede in fallo e lasciarsi scivolare.
Il punto è che, mannaggia, so anche quanto sia faticosamente piacevole la serenità. Non dico la felicità, che è un attimo appena, ma la serenità di un equilibrio precario da difendere e costruire giorno per giorno.
Io ho costantemente paura di fallire e gioco spesso al ribasso, eppure c'è qualcosa che, ogni tanto, mi fa anche rischiare. E solo rischiando si torna a salire in vetta, verso la luce.

Wolfie ha detto...

Messaggio per Clara, Lucy May, Triste... e, insomma, ragazze, per tutte:

Anch'io ho avuto e in certi momenti tuttora ho il vostro stesso problema: difficoltà nel piacermi e nell'accettarmi. Io credo che arrivare a questo sia un cammino lungo e faticoso. C'è stato un periodo, quando ero nel pieno della bulimia, in cui non avevo più fiducia in niente, men che meno in me stessa, e riuscire a guardarmi allo specchio era difficile. Mi chiedevo come facessero gli altri ad essere così sicuri, splendidi e brillanti.
Un giorno però mi sono guardata allo specchio più a lungo che ho potuto. Osservando i lineamenti del mio volto, ho notato che non ero poi così tremendamente orribile, anzi, dentro di me c'era una persona bellissima che dovevo solo trovare il coraggio di far nascere.
Poi osservai gli altri più a lungo che potevo, e mi sono accorta che in realtà non erano (nè sono) più brillanti di me, ma portano una maschera che nasconde le loro insicurezze.
Per questo, per cambiare la situazione di disamore verso noi stesse, penso sia importante guardarci dentro senza aver paura di trovare dei mostri. Bisogna avere più fiducia in noi stesse e non arrenderci di fronte alle inevitabili difficoltà.
Io sto ancora combattendo contro la bulimia che mi dà una visione distorta di me stessa per far nascere quella persona così bella che tempo fa ho visto allo specchio. A volte cado nello sconforto e mi sembra che abbandonarmi al dca sarebbe la scelta più facile (ma anche più codarda!), però sono consapevole che se non mollo troverò me stessa!
Osservate anche voi chi vi circonda, e vi accorgerete che non siete affatto peggio di loro: perciò, se accettate gli altri, non c'è alcun motivo per cui non dobbiate accettare voi stesse!!!!!!
Sono certa che ce la possiamo fare!!!!!!!!!!
Un abbraccio a tutte!!!!!!!!!!!

Veggie ha detto...

@ Ellie – La volpe con l’uva?... E allora smettila di saltare. E vai avanti… c’è sempre qualcosa di meglio della finta illusione di uva matura che dà l’anoressia…

@ Ilaria – La tua constatazione può essere anche un trampolino di lancio, se ci pensi… la constatazione che hai dedicato sin troppe forze ed energie al DCA, è la palese dimostrazione che tu quelle forze e quell’energia ce l’hai… e sono un carico per cui non c’è riempimento. La forza interiore non si consuma… bisogna solo imparare a canalizzarla. Hai fatto qualcosa di enormemente distruttivo… adesso devi imparare a direzionare la tua energia per fare qualcosa di estremamente positivo. Incazzati, Ilaria, fa bene. Incazzati quanto vuoi. Era l’ora che t’incazzassi con questo maledetto DCA. Incazzati e odialo con tutta la forza della dicotomia che ti riesce mettere insieme, una volta tanto privilegiamo gli assolutismi… e poi abbandona l’odio e corri al suo opposto: l’amore. Per te stessa.

@ kjk – Focalizzati su quell’emozione bellissima che provi quando ti dai lì opportunità di provare e pian piano, estendila a tutti i campi della tua vita… perché provare è l’unico modo per cambiare qualcosa… Ci vuole tempo per cambiare, tempo e coraggio, perché affrontare l’ignoto non è mai facile… ma io sono assolutamente sicura che ce la puoi fare… Tieni sempre duro, eh!...
P.S.= Lo caricherò su YouTube quanto prima, promesso!...

@ Padme – Grazie… Anch’io ti stringo forte forte…

@ Wolfie – Il primo passo è sempre il più difficile… una volta fatto quello, tutti gli altri lo seguono più agevolmente… sarà sempre una strada in salita, ma questo non ci impedirà di arrivare in vetta… Tieni duro, Wolfie, e vedrai che un giorno, quando sarai arrivata alla tanto agognata fine, ti accorgerai che tutti i tuoi sforzi, le lacrime, il dolore, le ricadute, ma soprattutto le rialzate avranno avuto assolutamente un senso…
P.S.= Grazie mille per il tuo secondo commento!...

@ Clara – E tu che vai da una dietista dici di non essere brava?... Ma lo sai quanto coraggio ci vuole per fare un passo del genere?... Altroché se sei brava, Clara!... In quanto all’approccio con la tua dieta, comunque, io credo che dovresti proprio parlarne con la dietista che ti segue: dille come ti senti quando riprendi peso, e valutate insieme se la ripresa di peso è effettivamente troppo rapida e c’è modo di modulare la dieta in maniera tale da farti riprendere peso più gradualmente… perché credo che se le cose avvengono in maniera più graduale siano più facili da accettare… In fin dei conti, sono certa che una professionista sia perfettamente in grado di calibrare una dieta in funzione della necessita di riprendere peso in maniera più o meno rapida… In quanto al gioire del peso che riprendi… bè, io chredo che “gioire” sia una parola grossa, però… “accettare”, ecco, quella va benissimo. Parti da un presupposto, Clara: riprendere peso è indispensabile. Bada: ho scritto “riprendere peso”, non “ingrassare”. Che sono 2 cose diverse. È indispensabile semplicemente per la tua salute. Perché per studiare, lavorare, fare sport, o, più in generale, essere in grado di sostenere una vita “normale” con tutti i suoi ritmi, è necessario avere almeno un certo peso. Se no, ne va della tua salute, fisica e mentale. Pensa che il cibo con cui ti nutri è come una medicina: ti serve per poter arrivare a stare meglio. Questa credo sia la chiave dell’accettazione: sapere che, sì, è vero, quei chili in più non ci faranno stare a meraviglia emotivamente, ma sono necessari per poter stare fisicamente bene.

Veggie ha detto...

@ Lucy May – Dato che dici d’identificarti un po’ in lei, ti rimando alla risposta che ho dato a Clara, allora… In fin dei conti, credo che possa rispecchiarti anche nella risposta, che è come se fosse diretta anche a te… Inoltre, voglio aggiungerti una cosa… Non dire che non ci riesci. Se una cosa non la provi fino in fondo, non puoi dire di non esserci riuscita. Non puoi prima tagliarti le ali e poi dire: “Non volo”. Eh, grazie, per forza, ti sei tagliata le ali, e certo che ora non voli. Ma tu le ali non te le sei ancora tagliate… per cui come puoi dire che non voli, se non provi a fare un saltello fuori dal nido?... E se anche cadi, è molto probabilmente perché quelle ali che possiedi non hai ancora imparato a dispiegarle…

@ Vele/Ivy – E’ vero, 2 teste pensano sempre meglio di una… ed è anche così che si può partire per darci una mano…

@ Rose – Io credo che tutta la vita sia un apprendimento per prove ed errori… perché non ci sono manuali delle istruzioni… So perfettamente quanto possa essere pesante il fardello delle aspettative altrui che ci sembra in ogni modo di dover riuscire a soddisfare onde non incorrere nell’odio universale… ma forse dovremo prima imparare a comprendere e a soddisfare le nostre stesse aspettative… dandoci la possibilità e la libertà di pensare con la nostra testa… quello che vorremmo veramente per noi stesse… e accettando il fatto che siamo umane e che, perciò, si può tranquillamente sbagliare… ma ciò non significa che siamo delle fallite e che non riusciremo mai a farcela, anzi…

@ Triste – Per quanto riguarda la parte del tuo commento in cui dici di sentirti come Clara… bè, ti rimando alla risposta che ho dato a Clara!… Per quanto riguarda la seconda parte del tuo commento, ti rigiro la provocazione: è vero, nessuno ti garantisce che il “dopo” sia meglio del “prima”… ma allora, chi ti garantisce che il “dopo” sia peggio del “prima”?... Certo, non hai nessuna garanzia del fatto che dopo le cose andranno meglio… ma, allo stesso modo, non hai neanche alcuna certezza che dopo le cose peggioreranno. Forse il dopo potrebbe non essere bello come vorresti (e qui aggiungo che la vita in sé non è mai bella come si vorrebbe… sennò si vivrebbe nel mondo delle favole e non nella realtà…)… ma potrebbe anche esserlo, come puoi dirlo prima di aver provato?... Il “dopo” potrebbe deluderti e sopraffarti… e, allo stesso modo, potrebbe sorprenderti e farti sorridere… La verità è che non lo sai. Non lo puoi sapere. Perché fino a che le cose non si provano, fino a che non si vivono, non si possono sapere. In definitiva, quindi, è una scommessa. Un 50-50. Nel 50% dei casi le cose potrebbero andare peggio, nel 50% dei casi le cose potrebbero andare meglio. Sta a te decidere se fare o meno il tentativo di vedere quale parte del 50 è quella vera. In fin dei conti, non hai niente da perdere. Male che vada, starai male come stai male ora con l’anoressia, e non cambierà niente. In caso contrario, potresti aver fatto una scelta capace di cambiare in meglio la tua vita. Io dico che vale la pena di fare un tentativo. Oh, nella peggiore delle ipotesi, se il “dopo” ti facesse proprio così tremendamente schifo da invidiare l’anoressia, puoi sempre ricominciare a restringere… ma intanto, prima di fare ipotesi, prova a vedere com’è per davvero questo “dopo”. Lo sai cosa si fa in reparto quando ci s’ha un paziente che ha un qualche tumore operabile e sappiamo che, post-intervento chirurgico, la probabilità di sopravvivenza è del 50%?... Si opera immediatamente. Vedi un po’ te se questo ti suggerisce qualcosa…

Veggie ha detto...

@ Sonia – Io son qui che aspetto… quando avrai voglia di scrivere, non farti problemi… Sai bene che puoi scrivere di tutto, e non verrai mai giudicata… siamo qui solo per darci una mano a vicenda…

@ Jonny – Hai centrato un punto cruciale… è vero, la paura di riuscire è spesso più forte del timore di fallire… Però, io credo che il punto sia quello che hai espresso nella tua seconda domanda: l’anoressia è una strategia di coping che, pur nel suo discutibilissimo modo, è estremamente efficace… ma non deve necessariamente restare un meccanismo di coping al suo posto. Deve restare piuttosto la consapevolezza e la voglia di affrontare di petto i problemi e risolverli… perché solo così si può andare avanti senza bisogno di strategie di coping di sorta…

@ La Ely – Necessariamente sono meccanismi “strani”… non si parlerebbe di malattia, altrimenti. La sicurezza deriva dal fatto che il cervello è reiterativo, quando si ripete tante volte un certo pattern mentale, per quanto anomalo e deviante, si rinforzano quelle connessioni neuronali che stanno alla base del pattern stesso, e così gli si dà forza e sicurezza… Per questo è così difficile staccarsi… Ma anche così importante, perché quando s’imparano e si ripetono “comportamenti da ricovero”, il cervello si trova nuove piste e comincia a percorrere quelle, e ciò che all’inizio sembrava estremamente arduo diventa sempre più naturale…

 
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