Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

venerdì 10 agosto 2012

Lotta tra mente e corpo

Molto del materiale che si trova scritto a proposito dell’anoressia è espresso in termini di mente VS corpo. Forse questo è parte della natura intrinseca dei DCA, forse è il nostro concetto di ciò che può essere un DCA. Se il corpo manda segnali di appetito, la testa ribatte che non è importante, e comunque si può resistere. Restringere l’alimentazione, è una guerra in campo aperto contro il corpo, e la mente è determinata a vincere.

Questo è uno dei motive per cui è difficile intraprendere la strada del ricovero: esso viene percepito come una capitolazione. Come un arrendersi. Okay, stupido corpo, hai vinto. Sventolo bandiera bianca. Non posso vincere contro il mio corpo, quindi tanto vale che cominci a rialimentarmi normalmente.

Sappiamo che il nostro corpo ha bisogno di questo per guarire. Basti pensare ai danni che l’anoressia determina a carico del cuore, del fegato, dei reni, delle ossa e così via.

Ma poi l’anoressia c’inganna, ed ecco che si comincia a preoccuparci della nostra testa: come posso stare mentalmente ed emotivamente bene se non restringo l’alimentazione? È questo il demone che deve essere esorcizzato, perché anche se si è consapevoli del danno cui il nostro corpo va incontro con la restrizione alimentare, lo stesso reiterare la restrizione alimentare riduce le preoccupazioni e le ossessioni.

Per cui, arrivate a questo punto, pare proprio che la restrizione alimentare sia buona per la nostra testa e dannosa per il nostro corpo. Il che ci riporta dritte al punto di partenza. In realtà, la restrizione alimentare, se protratta molto a lungo, è dannosa anche per la nostra testa, ma l’ansia istantanea non contempla traguardi a lungo termine. Certo, in un certo senso il pensiero è costantemente rivolto al futuro, ma quando si è nel bel mezzo dell’ansia, tutto quello che la testa pensa è a come farla cessare ADESSO. Il lungo termine può andare a farsi fottere, per il momento. Perché l’anoressia ci fa pensare che non arriveremo al lungo termine se non riusiamo a placare l’ansia attuale – o, comunque non ci arriveremo mentalmente sane.

Per questo è importante trovare qualcosa che riesca a lenire l’ansia che non sia la restrizione alimentare (o l’esercizio fisico eccessivo, o l’abbuffata, o il vomito auto-indotto). Per esempio, Mercoledì qui è stata una giornata particolarmente soleggiata. “L’ideale”, ho pensato, “per andare a fare una corsa in bicicletta”. Eccetto il fatto che, avendo l’allenamento di karate, non era il caso che io facessi ulteriore esercizio fisico. Perciò sono rimasta a casa e, per scollarmi il pensiero della bici dalla testa, ho ascoltato le mie canzoni preferite mentre disegnavo, ed ho giocato all’Xbox, e look at me working on this motherf*cking project like a good little girl. Woo woo (da dire con la voce di Ih-Oh).

Curare il nostro corpo cercando di tornare a mangiare normalmente significa curare la nostra mente. Se diciamo ad un mucchio di neuroni stremati dall’anoressia che restringere l’alimentazione è la cosa giusta da fare, saremo le prime a crederci. Ma nel momento in cui ricominciamo ad alimentarci normalmente e si ristabiliscono le corrette interconnessioni neuronali, balle del genere verranno riconosciute sempre più rapidamente in quanto tali, false e non credibili. I nostri neuroni cominceranno a bersi sempre di meno le bugie che l’anoressia ci racconta. Per questo è importante combattere non più contro noi stesse, ma PER noi stesse. Perché mente e corpo non devono essere più avversari, ma possono lavorare in perfetta sinergia per farci stare bene.

14 commenti:

Anonimo ha detto...

M.M.
Anche questo post calza a pennello con la situazione che sto vivendo.

Al momento, però, mi sembra di lottare contro me stessa, piuttosto che per me stessa.

La tentazione di restringere e di fare eccessiva attività fisica(sono questi i miei problemi principali)sono sempre dietro l'angolo.
So perfettamente che la restrizione è dannosa per il mio corpo ma importante per la mia testa, perchè mi dà quella "apparente" sicurezza che mi sembra mi abbia sempre dato.
Ed invece, rispettare perfettamente lo schema alimentare, quando sono a casa, mi genera panico.

Bisogna essere capaci di interrompere questi meccanismi malati, che a lungo andare, sono proprio i responsabili del panico e dell' ansia.
Io li sto sperimentando, come sempre, con molta fatica.
Ancora mi viene difficile "domare" del tutto la brutta bestia.

Vorrei raggiungere l'equilibrio che tu hai raggiunto, riuscendo a non dar seguito ai suggerimenti malati e deviati.

E spero, al più presto, di cominciare a combattere PER ME stessa e non contro di me... perchè è una lotta impari.

Scusa se sono stata un po' confusionaria con questi pensieri.

Grazie sempre per questa opportunità di confronto che dai.

Anonimo ha detto...

Più sento brontolare il mio stomaco e più sono contenta..... Ma come è possibile??? Eppure è così .

justvicky ha detto...

"Curare il nostro corpo cercando di tornare a mangiare normalmente significa curare la nostra mente. " è vero , teoricamente.è vero a lungo termine perchè dopo un po' ti si "friggono i neuroni" e devi leggere una riga 3 volte prima di riuscire a concentrarti abbastanza per ricordartela. Oppure devi uscire immediatamente dalla classe perchè non puoi sopportare di rimanere lì ferma un secondo di più. (A me) la restrizione alimentare porta ansia, impazienza, irritabilità alle stelle tanto da non farmi più seguire un andamento di vita "normale". Eppure c'è il grande (mio) controsenso: quando restringo duramente senza inceppare in sgarri o abbuffate riesco a fare TUTTO. Studiare per ore, ad esempio, cosa che a stomaco pieno non mi è possibile perchè penserei più a quello che ho in pancia o a trovare un modo per smaltirlo. Curare il corpo-alias mangiare normale- è impensabile in prospettiva di qualsiasi cosa richieda concentrazione.Perchè automaticamente sarei con la testa altrove. Uno può curarsi e può, detto brutalemtne, ingrassare e raggiungere il famoso bmi 18. Ma quei neuroni , gli stessi che tempo prima stavano "friggendosi" ,rimangono bloccati indietro, inceppati nel calcolo continuo, nel maledirsi per ogni grammo e spazio in più che occupano. Io sono così, faccio così ogni giorno.La mia grande domanda che lascio scritta qui ma vrrei fare a tutte le persone che hanno intrappreso un ricovero è: si smette mai di contare?Ci si assapora veramente un cibo senza associarlo a un numero?o sarà sempre e solo un accontentarsi di seguire un regime di mantenimento ?
Probabilmente c'è chi la sua strada l'ha trovata , ma a me sembra così assurdo dimenticare , che lo trovo quasi impossibile.
Non volevo essere disfattista o altro è solo che me lo sto continuando a chiedere ultimamente.


un abbraccio Veggie, ti ho pensata molto in questi giorni <3

Wolfie ha detto...

Ciao!!!!! Prima di commentare questo post, vorrei rispondere al commento di justvicky!!! E quindi, quello che sto per scrivere è

Per justvicky:

Sì, è possibile. Anzi, ti dirò che smettere di contare è la cosa più semplice, perché contare è un comportamento, e sui comportamenti è più facile lavorare che non sulle idee. Quello che è più difficile è modificare l’idea di fondo. Quella, almeno per me, resta. Però non mi ossessiona più, non è più in prima linea, non è più un blocco completo alla mia vita. Adesso dico questo, ma per dirlo mi ci sono voluti degli anni, anni di duro lavoro e di tante difficoltà attraversate, anni che ho potuto sopportare e superare solo grazie all’appoggio di tutte le persone che mi sono state vicine e hanno fatto di tutto per aiutarmi, e soprattutto grazie all’indispensabile e preziosissimo aiuto della mia psicologa e della mia nutrizionista, due grandi donne che mi hanno dato un aiuto incredibile, e che tutt’ora mi seguono e mi supportano quando vacillo. Adesso va decisamente meglio, ma c’è stato un periodo in cui dovevo andare a farmi controllare dalla nutrizionista una volta la settimana, e facevo psicoterapia tre volte la settimana, durissimo, ma davvero necessario per farmi “sbloccare” dalla bulimia che m’incatenava. Non ce l’avrei fatta, altrimenti. Non ti dico che adesso quando mangio è come se non fosse mai successo niente, perché è ovvio che non è così, ho sempre delle difficoltà, ma sicuramente minori rispetto a prima. Anch’io come te penso che sia impossibile dimenticare, però è possibilissimo non essere completamente condizionate dal dca. Ci vogliono anni di psicoterapia e di duro lavoro, però è possibile. All’inizio è più difficile, poi più lo fai, più le cose riducono il loro livello di difficoltà. All’inizio anch’io avevo grosse difficoltà a staccarmi dai pensieri tipici del dca quando mangiavo normalmente e non potevo chiudermi in bagno subito dopo, però, a forza d’impormi di resistere, l’insistenza di quei pensieri è progressivamente diminuita, e adesso è molto più facile scacciare quei pensieri. Ci sono sempre in latenza, ma non condizionano più pesantemente la mia vita quotidiana. Quindi, volendo tornare a monte, ti dico che, sì, è possibile, a patto che sei disposta a lavorarci sopra seriamente e duramente, con l’aiuto delle persone giuste, non pretendi da te stessa l’impossibile, ti metti in discussione, e soprattutto ne sei convinta e determinata, poiché niente come questa esperienza mi ha insegnato che la forza di volontà è la chiave di volta per affrontare vittoriose i nostri demoni.
In bocca al lupo, justvicky!!!!!!!!!!! Ce la puoi fare!!!!!!!!!!!!!

Wolfie ha detto...

Ecco, in questo commento, invece, commento il post. :-)

Il dca è sempre una lotta tra corpo e mente, perché è la mente che si rifiuta di ascoltare i segnali che gli manda il corpo. Noi siamo fin troppo abituate ad ascoltare quello che ci dice la mente, tanto che non lo mettiamo in dubbio, ma bisognerebbe invece iniziare proprio da qui: a mettere in dubbio ciò che dice la nostra mente, perché tante delle cose che ci passano per la testa non sono i nostri veri pensieri, ma i pensieri del dca. Bisognerebbe (anche se è difficilissimo!!!!!!) cercare d’imparare ad ascoltare di più i segnali che ci manda il nostro corpo!!!!!!!
Dopo tanti anni passati col dca, è normale avere dei pensieri deviati dal dca e non valutarli come tali ma pensare che siano normali, ma non lo sono!!!!!! E bisogna stare molto attente, perché sennò questi pensieri possono fregarci e farci riprecipitare nel solito circolo vizioso.
E’ ovvio che i comportamenti tipici del dca siano una potente arma contro l’ansia (ultimamente riflettevo proprio che forse tutto il dca nasce come comportamento per tamponare l’ansia che abbiamo addosso in tante cose della nostra vita) però grazie alla psicoterapia che ho fatto e che sto tutt’ora facendo, mi rendo sempre più conto ci some ci siano tanti modi per far fronte a quest’ansia, modi che non passano necessariamente per la mia distruzione fisica e mentale. E’ difficile, ma sto cercando di mettere in atto queste strategie concertate insieme alla mia psicologa. A volte ci riesco, altre no, ma anche quando non ce la faccio cerco di non scoraggiarmi troppo e di ricordarmi che posso sempre riprovare all’occasione successiva.
È vero anche che il corpo e la mente guariscono insieme: se il mio corpo fosse sempre stato così tanto devastato (e ho rischiato di brutto, davvero) anche la mia mente lo sarebbe stata. E invece fortunatamente quando stavo per toccare il fondo sono riuscita a fare la scelta che mi ha (letteralmente) salvato la vita, accettando una psicoterapia e una terapia nutrizionale, accettando di mettere da parte la mia presunzione di sapere cosa fosse giusto per me, e iniziando a curarmi. Ce n’è voluto del bello e del buono, ma pian pianino sono riuscita a fare in modo che il corpo e la mente si riavvicinassero. Non si amano ancora, probabilmente non si ameranno mai, però neanche si odiano del tutto, si accettano, e sono comunque consapevoli che “lavorando insieme” possono essere in grado di fare molte più cose (e molte più cose belle!!!!!!!) di quante ne facevano quando erano completamente dissociati!!!!!!!!

Un bacione grande a tutte e a Veggie in particolare!!!!!!!!!!!!

Anonimo ha detto...

Scusa wolfie volevo sapere di che scuola era la tua psicoterapeuta e quanto prendeva l ora? Volevo capire cosa devo trovare visto che ho problemi simili.

Niente Scuola Lunedì ha detto...

Anche io ho sempre detto e pensato che trovare delle valvole di sfogo diverse da cibo ( e tutto quello che è connesso ad esso ) è il primo modo per iniziare a stare meglio. Io non sono anoressica, ma in ogni caso non ho un approccio normale al cibo: o esagero davvero o digiuno, un giorno una cosa un giorno un'altra. Se non avessi la lettura, la scrittura, i videogiochi (Xbox tutta la vita <3 ) ed il mio cane impazzirei completamente. Non appena lascio che il cervello vada a ruota libera ricado in qualche brutta abitudine e poi ci vogliono settimane o mesi per recuperare la tranquillità mentale.
Tutto là, tutto nella testa. È proprio così.
Grazie del tuo commento!
Un bacio e ti seguo,
B.

Anonimo ha detto...

Corpo e mente che collaborano.. É molto... Yoga!:) ho fatto solo poche lezioni perché con l'estate hanno chiuso le iscrizioni,ma nn vedo l'ora di tornarci. Ho avuto la sensazione che mi aiutasse proprio in questo senso: presenza mentale. Veggie ... Ti abbraccio stretta<3

Wolfie ha detto...

Per la commentatrice anonima:

Non ne sono del tutto sicura, comunque credo che la mia psicologa abbia frequentato la facoltà di psicologia all’università di Trento. Per quanto riguarda il costo delle sedute, attualmente prende quarantadue euro l’ora. Ciao!!!!!!!!!!!!

FrammentoDiCristallo ha detto...

Riusciremo mai ad "esorcizzare" questi nostri demoni? del tutto, intendo.
Quando penso di aver accettato finalmente di far vincere il corpo, mi accorgo invece che la mente è già pronta alla controffensiva. e io non ho fatto nulla per evitarlo, nonostante le "buone intenzioni".
assurdo.


P.s. ti ho risposto al tuo commento del 3 Agosto. non so se hai visto.

ciao

Anonimo ha detto...

Ciao a tutte voi!
volevo chiedervi una cosa a proposito di tentazioni..
per chi sta affrontando un percorso di ricovero anche da poco tempo ma diciamo ha delle fasi di miglioramento..
la restrizione/tentazione a restringere è una cosa che sentite come un meccanismo che si innesca in voi in certi momenti in particolare e poi puo svanire per un po magari nei momenti che siete piu soddisfatte della vostra vita oppure è piu una cosa del tipo "sto meglio, non mi si attiva piu quel meccanismo ma non voglio lasciare la protezione del DCA per cui anche se riesco a mangiare normalmente o quasi normalmente mi impunto perche se no non ho il mio sintomo che mi protegge qualora tutto andasse a rotoli nella mia vita(o qualora tale X paura si avverasse?)"
perche a me sembra quasi di sentire la differenza tra quando "non voglio migliorare"per paura di lasciare qualcosa che comunque, pur nocivo, è rassicurante, e quando invece restringo quasi come un automa, come se fossi un robot che non riesce a smettere..
o quando smette e prova a mangiare si abbuffa..
non so se vi capita..
scusate la confusione è una domanda un po strana..
E.

Veggie ha detto...

@ M.M. – Non sei confusionaria affatto, invece… Io credo che all’inizio di un percorso di ricovero, quella di lottare contro noi stesse sia la sensazione prevalente, perché dopo tanti anni di supremazia dell’anoressia, diventa questa falsa identità la parte predominante di noi, per cui opponendoci ad essa ci sembra di opporci a noi stesse… ma non è così!... Ci stiamo opponendo alla malattia, che è la cosa più giusta che si possa fare… per quanto sia ineluttabilmente difficile. Lo schema che c’impone la malattia ci sembra rassicurante solo perché è diventato l’abitudine… ma questo non vuol dire che sia corretto. Occorre fare uno sforzo di razionalità, a questo punto… la nostra percezione, falsata dalla malattia, non è attendibile, quindi bisogna dare retta solo alla nostra parte razionale… In ogni caso, dato che sei seguita, ti consiglio di parlare agli specialisti che ti seguono di queste tue difficoltà… in maniera tale da rendere meno “traumatica” la parte iniziale di questo tuo percorso… In quanto all’equilibrio, sono certa che col tempo lo raggiungerai… non sarà domani, non sarà dopodomani, ma ci riuscirai sicuramente, su questo non ho alcun dubbio!... Continuiamo a combattere insieme!...

@ Anonima – E’ possibilissimo, invece. Non so quanto sei ferrata in medicina, quindi cerco di spiegartelo con parole semplici… (perdona la forse eccessiva semplificazione…) Nel nostro cervello esiste un’aera chiamata ipotalamo che, tra le sue molteplici funzioni, ha anche quella di controllare il senso di fame/sazietà. L’alimentarsi di meno attiva quest’aera, che fa percepire la sensazione della fame (quello che tu definisci “lo stomaco che brontola”, per intenderci…) e la necessità di andare ad alimentarsi. Quando però la carenza di cibo si protrae, il cervello mette in atto tutta una serie di meccanismi neurobiologici d’adattamento alla fame che, arcaicamente, servivano già all’uomo delle caverne per stimolarlo ad uscire ed andare a caccia: sono le classiche sensazioni di forza, potenza, energia, che tipicamente si associano anche alla restrizione alimentare nell’anoressia. Questa sensazione di apparente benessere era infatti necessaria per far sì che l’individuo continuasse ad avere la “forza nervosa” tale da continuare a cercare di procurarsi il cibo per garantire la sopravvivenza. Dunque, la contentezza che senti quando lo stomaco brontola, deriva proprio da questo: un’eccessiva produzione d’impulsi elettrochimici da parte di alcuni neurotrasmettitori eccitatori, che ti danno sul momento l’illusoria sensazione di stare molto bene. Non è anormale che tu provi questa sensazione, quindi, è semplicemente legata al fatto che nei primi momenti l’affamarsi deregola la neurotrasmissione: per non far percepire la sofferenza fisica e i danni muscolari che il privarsi del cibo comporta, il cervello compensa con un iperproduzione dei neurotrasmettitori che danno sensazioni benevole. Nient’altro che un banale ed atavico gioco del nostro cervello, insomma, niente di nuovo sotto il sole.

Veggie ha detto...

@ justvicky – Bentornata, Vicky!... Mi fa davvero piacere rileggerti!... Anch’io ti ho pensata un sacco… Rispondendo alle tue domande (anche se vedo che sono già stata preceduta da Wolfie, ma voglio comunque dire la mia…), quello che tu definisci, a inizio commento, “teoricamente vero”, è assolutamente vero da un punto di vista pratico… E non perché lo dico io, che non sono nessuno, ma perché lo dicono i numerosi studi scientifici che sono stati condotti in merito (il più famoso tra tutti, anche se datato, è il Minnesota Study, forse ne avrai anche sentito parlare…) e che hanno dimostrato la veridicità di quello che io affermo... Dunque, lo dico sia per esperienza personale, sia rifacendomi alla più vasta ed attendibile letteratura scientifica esistente al riguardo… Inoltre, mi permetto di aggiungere che la finalità di “curarsi” non è quella di raggiungere un B.M.I. di 18 (indice che reputo utile tutt’al più da un punto di vista prettamente dietistico, ma nulla più…). La finalità di “curarsi” è quella di trovare un equilibrio. Per questo sono fermamente dell’idea che, dopo aver iniziato la terapia nutrizionale e aver recuperato un po’ del peso perso, sia essenziale affiancare un’adeguata psicoterapia… Per cui è vero, inizialmente il normalizzare l’alimentazione toglie la concentrazione perché l’ansia prevale… ma questo è vero per 1 – 2 mesi. Poi, se una comincia a ri-alimentarsi normalmente per un certo lasso di tempo, la produzione di neurotrasmettitori, scombinata dal DCA, viene ripristinata, e tutte quelle spiacevoli sensazioni di mancanza di concentrazione e simili che si avevano inizialmente, tendono ad attenuarsi… però bisogna aver pazienza, non si può pretendere che se per 2 giorni si mangia correttamente tutte le fisse se ne vanno… Magari fosse così, ci sarebbero tante malate di anoressia e bulimia in meno al mondo… Se non dai tempo, non dai modo al tuo corpo di regolarizzarsi, e più fai sbalzi, più il tuo corpo e la tua mente stessi sbalzano impedendoti di schiarirti… Perciò, se in questo momento la tua alimentazione non è ancora adeguata alle necessità fisiche, è normale che tu non ti senta disposta a riprendere peso: è uno dei classici meccanismi perpetranti della malattia, la carenza di nutrienti e la conseguente carenza di neurotrasmettitori favoriscono il reiterarsi dei pensieri tipici della malattia, in un classico meccanismo di “saving energy”. Paradossalmente, è solo riprendendo peso che, progressivamente, si attenuerà la tua avversione a riprendere peso. Ti sembra strano? Andando avanti, ti stupirai nell’accorgerti che è proprio così. Certo, anche la forza di volontà ci gioca la sua parte non indifferente: se la motivazione non c’è, è ovvio che non ti andrà mai bene niente... ma se non c’è la motivazione, non si pone neanche in essere la possibilità di combattere, quindi è inutile dire. Concludo (perché ho già scritto un altro piccolo post e se sei qui che leggi questa risposta ti sei già smannata i coglioni…) dicendo che, come più volte ho già scritto sul blog e certamente hai letto, io sono dell’idea che non si possa guarire da un DCA nel senso proprio del termine (ove per “guarire” intendo, medicalmente, la completa remissione di segni e sintomi fisici e psichici di malattia), ma che sia altresì possibile convivere con un DCA senza che questo ci soverchi. Io non credo che sia possibile dimenticare (né sarebbe giusto, perché se dimenticassimo i nostri vissuti saremo condannate a ripeterli…), ma credo che sia assolutamente possibile andare avanti.
(continua...)

Veggie ha detto...

(...continua)
Combattere. Essere consapevoli che quella vocina malata da qualche parte della nostra mente ci sarà sempre, ma riuscire a tenerle completamente testa, a non lasciarci più condizionare né ricadere in comportamenti palesemente malati. Questo credo sia assolutamente possibile per tutte, se c’è la volontà che questo abbia ad essere. Tu dici “sarà sempre e solo un accontentarsi di seguire un regime di mantenimento”… io ribatto: anche se fosse?... Perché, essere sempre e solo nelle grinfie di una malattia mentale che ci limita in modo incredibile e ci arreca dei danni fisici talora insanabili ti sembra un’alternativa molto migliore?...
Ti abbraccio stretta stretta…

@ Wolfie – Innanzitutto ti ringrazio ancora una volta per aver voluto condividere qui la tua esperienza… Sono d’accordo con quello che hai scritto a proposito dell’uguaglianza DCA = ansiolitico, perché anch’io sono fermamente convinta di ciò… controllare una cosa banale da tenere sotto controllo come l’alimentazione permette di contrare su di essa la mente, distogliendola così da tutto ciò che darebbe veramente ansia, e riversando sull’ossessione stessa quell’ansia che non riuscivamo altresì a tenere a bada. Ma di strategie di coping contro l’ansia ce ne sono un sacco e una sporta, e non devono passare necessariamente per la nostra distruzione fisica e/o il nostro annientamento mentale… certo, occorre farsi il culo per metterle in atto, reiterare il pattern distorto del DCA è molto più facile… ma forse, provare a dare una svolta può davvero valere la pena… Ti abbraccio…

@ Niente Scuola Lunedì – Xbox tutta la vita… ti quoto, sorella!!... Comunque, io credo che il cibo sia, per noi, a suo modo, una straordinaria strategia di coping… che adottiamo in automatico perché funzionale… ma ciò non la rende automaticamente giusta, anzi… Occorre imparare a trovare alternative, come tutte quelle che tu giustamente elenchi, per stravolgere il nostro quotidiano pattern di pensieri alterati, e trovare un’altra via… Grazie a te per le tue parole, altrochè…

@ loie – Non ho mai fatto yoga… suppongo richieda una pazienza che trascende le mie scarse capacità in tal senso… Però, se tu lo hai provato e senti che ti ha fatto bene, o comunque che in qualche modo t’è stato d’aiuto, tornaci non appena ne avrai modo…

@ FrammentoDiCristallo – Direi che, per certi aspetti, la tua domanda è sovrapponibile a quella che mi ha fatto justvicky, perciò t’invito a leggere la risposta che ho dato a lei… nella parte finale in cui, nella fattispecie, faccio riferimento al concetto di “guarigione da un DCA” secondo la mia opinione…

@ E. – Non hai fatto confusione per niente, invece, si capisce bene quello che chiedi… La mia risposta vale ovviamente per una, e dunque per me stessa, comunque… just my two cents… Rispetto alle 2 possibilità che tu offri nel tuo commento, sebbene le trovi per certi versi distanti dal mio modo di pensare, ma se dovessi proprio fare una scelta, personalmente m’identifico più nella seconda. O meglio, in realtà fortunatamente ora come ora ho fatto qualche passetto avanti anche rispetto a quella fase, però, se ripenso a com’era qualche anno fa, posso appunto dire che mi ritrovo di più nella seconda delle tue 2 ipotesi… A voler essere precisa, in realtà, per me non funziona proprio in nessuna delle 2 maniere, perché dopo anni di psicoterapia mi sono resa conto che a me il sintomo ha la sua funzionalità in termini di esplicazione delle mie manie di controllo… però, se tu mi offri quelle 2 possibilità nel tuo commento, quella che sento un pochino più vicina è la seconda. Comunque, effettivamente, mi sembra che la cosa sia molto soggettiva, e quindi ci sta benissimo che tu avverta lo scarto tra le 2 cose, e che in te alberghino entrambi i meccanismi…

 
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