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venerdì 27 giugno 2014

Il problema della "pseudo anoressia"

Squillino le trombe e rullino i tamburi, gente: ecco a voi un nuovo disturbo alimentare. Si chiama “pseudo anoressia”.

Un momento… cosacosacosa?? Avevamo veramente bisogno di un altro nomignolo per un DCA come le tante drunkoressia, ortoressia, vigoressia che, a mio parere, negano l’estrema sofferenza che accompagna ogni qualsiasi disturbo alimentare? Inoltre, secondo me, dare nomi specifici ai DCA fa accendere una competitività che è insita in questo tipo di patologie. Se io dico “pseudo anoressia”, sembra che il prefisso implichi che se solo ti impegni un po’ di più, o se solo perdi qualche altro chilo, allora anche tu potrai avere una vera e propria anoressia nervosa! Già che ho letto di persone che hanno un DCAnas, e che per questo non si sentono “abbastanza malate”… ecco, la “pseudo anoressia” a mio avviso suscita lo stesso effetto. In ogni caso, adesso si parla di “pseudo anoressia” quando una persona presenta queste caratteristiche:

• Si alimenta di nascosto
• Non mangia mai in pubblico
• Il suo peso corporeo aumenta e diminuisce continuamente alternativamente
• È ossessionata da corpo, peso, alimentazione

Il problema è che personalmente classificherei la maggior parte di questi comportamenti come alimentazione disordinata, piuttosto che come un vero e proprio disordine alimentare. I criteri sopraelencati possono infatti tranquillamente descrivere una qualsiasi persona che mangia scorrettamente, ma non ha un DCA. Il problema è che ancora non siamo molto bravi a discernere tra alimentazione disordinata e disordini alimentari. Persino le associazioni più famose che si occupano specificatamente di DCA non hanno ancora trovato un criterio per splittare le due cose. Può un disordine alimentare essere un caso estremo di alimentazione disordinata? Non lo sappiamo ancora. Secondo me NO, però questa è solo la mia opinione, e la verità è che non lo sappiamo.

Se ci pensate, i golden standard per la dagnosi di DCA sono ancora oggi dei test psicologici (per esempio il Test EAT-26, il Questionario SCOFF, il Test EDE, etc…) che per lo più vanno a valutare fattori relativi alla dieta e all’immagine corporea. In questo modo, viene dato per implicito il fatto che tanto maggiori sono le alterazioni della dieta e della percezione dell’immagine corporea, tanto più è probabile che la persona in questione abbia un DCA, e che sia grave. Tuttavia, se ci si concentra solo su queste cose, risulteranno positive al test anche persone che non hanno un DCA, ma solo un’alimentazione disordinata. E, viceversa, risulteranno negative ai test persone che invece hanno un vero e proprio DCA, ma che non sono particolarmente centrate sulla dieta o sull’immagine corporea. Il margine d’imprecisione di questi test dunque è in realtà ENORME.

Personalmente ritengo che un modo migliore per discernere tra disordine alimentare ed alimentazione disordinata potrebbe essere rappresentato dalla determinazione dell’intrusività dei pensieri indotti dal (presunto) disturbo alimentare. A prescindere dal peso, dal B.M.I., dalla frequenza con cui una si abbuffa e/o vomita, bisognerebbe vedere quanto i comportamenti ed i pensieri dettati dal (presunto) DCA incidono negativamente sulla qualità della vita. Questo secondo me sarebbe il vero e corretto criterio per valutare la presenza nonché la “gravità” (virgolette d’obbligo!) di un DCA (quale che sia). Quando si parla di “qualità della vita”, infatti, si fa contemporaneamente riferimento sia al campo fisico che a quello psicologico: è indubbio che non si possa avere una buona qualità della vita con un corpo fisicamente non in salute (vuoi per il sottopeso eccessivo in chi è affetta da anoressia, vuoi per i danni prodotti dalle condotte di compensazione in chi è affetta da bulimia, vuoi per le abbuffate in chi soffre di binge, etc…), e allo stesso tempo è indubbio che non si possa avere una buona qualità della vita con una mentalità pervasa dal DCA... perché tanto più esso è presente nella nostra testa, tanto più si perde in vita sociale, lavoro, studio, sport, e tutte quelle cose che rendono la nostra vita appunto una vita di qualità. Ergo, secondo me la qualità della vita (e l’entità della sua compromissione) sarebbe il parametro ottimale nella valutazione della presenza e della “gravità” di un DCA, compendiando tutti gli aspetti suddetti, fisici e mentali.

Il principale problema comunque, secondo me, sta in quelli che sono gli attuali criteri diagnostici di anoressia e bulimia. Per dirla terra-terra, sono abbastanza assurdi. Anche perché sono estremamente limitativi: per cui, se si vuole valutare l’aderenza a questi criteri, viene fuori che in realtà circa il 50 – 70% delle persone con un DCA, ha in effetti un DCAnas (Walsh & Sysko, 2009). Anche se molti, persino medici, si riferiscono ai DCAnas considerandoli una sorta di “DCA subclinici”, io credo che questo sia totalmente, completamente ed assolutamente sbagliato. Perché la penso così? Perché i tassi di mortalità nelle persone affette da DCAnas (la cosiddetta “anoressia subclinica nella fattiscpecie”) e “pseudo anoressia” sono attualmente uguali identici a quelli di chi è affetta da anoressia o bulimia (Crow et al., 2009)

Visto che a molte persone viene diagnosticato un DCAnas, mi viene da pensare che non si stia facendo un granché di lavoro per definire cosa sia veramente un DCA. Nello studio di Walsh & Sysko che vi ho linkato prima, i ricercatori configurano quelle che chiamano “Grandi Categorie per la Diagnosi di DCA”, al fine di ridurre il numero di diagnosi di DCAnas e classificare più accuratamente le varie tipologie di disturbi alimentari ed i loro sintomi. In questo studio vengono dunque create 4 Grandi Categorie: “Anoressia Nervosa e disordini alimentari comportamentalmente simili”, “Bulimia Nervosa e disordini alimentari comportamentalmente simili”, “Binge Eating Disorder e disordini alimentari comportamentalmente simili” e “DCAnas”. In questo modo si potrebbe farla finita con i requisiti di peso e di presunta distorsione dell’immagine corporea tuttora presenti nella diagnosi di anoressia, così come con il numero di abbuffate che una persona dovrebbe fare ogni settimana per poter rientrare nella diagnosi di bulimia.

Uno studio restrospettivo ha dimostrato che utilizzando questo schema calssificativo, tra le persone che si rivolgevano al “Columbia Centre for Eating Disorders”, la prevalenza dei DCAnas poteva essere ridotta dal 39,3% al 2,4% (Sysko & Walsh, 2011). Ovviamente, ci sono un sacco di difficoltà nel passare a questo tipo di schema perché non sappiamo quanto possano essere effettivamente simili tra loro le persone che rientrano in una medesima categoria diagnostica. Tuttavia io credo che smetterla di considerare i numeri sarebbe un’ottima cosa da fare, perché ora come ora, basandoci così tanto sui numeri per fare diagnosi, un sacco di ragazze vengono trattate come se i loro DCA non fossero seri solo perché non rispondono a pieno a criteri diagnostici numerici di anoressia e bulimia. In realtà, non è affatto vero che i DCA di quelle ragazze non sono seri, è che i criteri diagnostici attuali sono UNA STRONZATA. (Sì, penso che questo sia il termine tecnico più adatto da usare in questo contesto…)

In conclusione, quello che vorrei dire semplicemente è: non abbiamo alcun bisogno di un “nuovo” DCA. Abbiamo già parole su parole per definirli. Perciò, anziché perdere tempo a coniare neologismi, sarebbe il caso di concentrarsi sul miglioramento dei criteri per diagnosticare i DCA. Le persone cui viene appiccicata l’etichetta di “pseudo anoressia” non hanno necessariamente un “disturbo alimentare subclinico”: possono essere anche persone che hanno un vero e proprio DCA conclamato. Quell’anoressia che viene definita “subclinica” è in effetti virtualmente indistinguibile dall’anoressia clinicamente conclamata. C’è bisogno di aumentare la consapevolezza in merito a queste patologie, e abbiamo anche bisogno di un metodo efficace per descrivere e considerare in toto i disturbi alimentari, in qualsiasi forma essi si presentino, senza perdere tempo ad inventare nuovi nomi che veramente lasciano solo il tempo che trovano.

9 commenti:

AlmaCattleya ha detto...

Magari sbaglio, ma prima di dare una diagnosi credo sia meglio fare attenzione che sia quella esatta.
Se magari prendiamo una ragazza che ha un'alimentazione disordinata e il medico le dice che è anoressica, in alcuni casi la ragazza potrebbe crederci e agire di conseguenza quando invece non è così.
Capita molte volte nella depressione. Magari la persona non è proprio depressa però si convince (o viene convinta) che lo sia.

AlmaCattleya ha detto...

P.S.: Ho letto la tua risposta al commento del post precedente.
Mi chiedo se hai pensato a quello scrivendo il post di oggi.
Comunque sì.
Ogni tanto mi capitava di leggerlo e mi sono chiesta se davvero era quella la sua intenzione.
Pensavo da un po' di proportelo.
Comunque mi chiedo una cosa: se una ragazza che soffre di anoressia vede quel sito e pensa: "Ah okay, allora mi faccio più sensuale ecc..." davvero le può bastare?
Non credo.

GaiaCincia ha detto...

Beh, in effetti ci sono già abbastanza categorie, non abbiamo bisogno di una ulteriore classificazione, soprattutto di una "pseudo anoressia". Mi immagino già una persona che davanti a questa diagnosi cerchi di aggravare le sue condizioni per non essere considerata "pseudo". Sei sempre ricca di spunti di riflessione ;)

Unknown ha detto...

Lo studi che hai postato è parecchio interessante. E sono contenta che i medici vogliano "evolvere" i criteri diagnostici, poiché hanno capito che anche la malattia si "evolve" e quindi anche i medici e studiosi devono tenersi al passo.
Per quanto riguarda le pseudo anoressiche, che dire a parte: WOW! I medici hanno idea di quante ragazze abbiano un'alimentazione disordinata? Quali criteri hanno intenzione di applicare per distinguere una pseudo anoressica da un'anoressica e un'alimentazione disordinata da una pseudo anoressia? A loro la risposta!

PrettyLittleGirl ha detto...

Non so, a me tutti questi nomi lasciano sempre piú perplessa..come fai a distinguere una persona con un'alimentazione "disordinata" (termine che giá di per se mi confonde..per me una persona con alimentazione "disordinata"- per lo meno nel linguaggio comune non clinico -vuol dire che ogni tanto mangia un pacchetto di patatine in piú o ogni tanto mangia un po meno perché magari quel giorno gira cosi, ben diverso é una persona che lo fa x motivazioni specifiche e a lungo termine..)da un DCA sublinico o alle prime fasi?
C'é molta gente che ai primi stadi di un dca diminuisce solo i dolci: uno direbbe "va beh, molte persone lo fanno, é normalissimo".
Personalmente odio i nomi perché credo che non rappresentino quello che uno ha dentro.
Io sono la meno qualificata per dare nomi per cui non ho la piú pallida idea se alcuni comportamenti rientrino in una "categoria" piuttosto che in un'altra.
Forse, l'unica cosa che ho potuto vedere vedendo chi mi sta intorno e ha un rapporto per cosi dire "sano e salutare" con l'alimentazione e ha una buona immagine corporea é che certe cose non si sognerebbe mai di farle: le mie amiche mai si sognerebbero di andare a mangiare di nascosto qualcosa, perché non ne avrebbero motivo, non si preoccupano della forma dei loro fianchi o della pancetta per caso ad un aperitivo mangiano "3 cose" invece di "2", e non hanno un peso che fluttua, semplicemente perché se mangi in una maniera normale il peso si mantiene da se in maniera piú o meno stabile, e comunque se anche fluttua di un paio di kg, la persona non gli da importanza.
Per cui secondo me chiamare "Anoressia" o "pseudo- Anoressia" la preoccupazione di una persona per il cibo e/o il peso e la sua forma corporea non ha molto senso, dal momento che "pseudo" a me da l'idea di un fac-simile, uno scopiazzamento di un'"originale" mentre nella sofferenza altrui non c'é un finto e un vero al massimo ci sono tante diverse modalitá di esprimere come si sta.
Per non pensare appunto al rischio che una possa pensare appunto "se mi impegno un po di piú a non mangiare o a mangiare troppo posso anche io vedere il mio dolore riconosciuto!".
Credo che si debbano sfatare un po di stereotipi, per cui hai fatto bene a sollevare la questione!
Ti abbraccio forte e Grazie per la condivisione!

mara ha detto...

la penso esattamente come te. ..in fondo non abbiamo bisogno di altre categorie abbiamo bisogno che si soffermino su altro...e che non si basino troppo su numeri e percentuali ma su altri fattori ....

Wolfie ha detto...

Se posso permettermi, inventare nuove definizioni cliniche mi sembra una cosa perfettamente inutile. Con tutto il rispetto per gli scienziati che hanno studiato e lavorato al fine di tirare fuori la definizione di un nuovo dca quale la "pseudo-anoressia", personalmente penso che abbiano perso tempo inutilmente. La definizione clinica della malattia non cambia niente rispetto a come una persona si sente, e io credo che è proprio come una persona si sente ad essere importante. Io penso che non sia importante il nome scientifico che si dà a una malattia, penso invece che sia molto più importante il prendersi in carico la sofferenza di chi è malata e il cercare di darle una mano, non attribuirle chissà quale definizione scientifica che lascia esattamente il tempo che trova.
E poi secondo me una definizione di questo tipo apre una nuova strada alla competitività che può comunque essere già spiccata in chi ha un dca, e quando si compete su una malattia, i risultati finali non possono che essere sfavorevoli.
Io spero che gli studiosi dedichino meno tempo alle definizioni, e più temop ad accogliere il dolore di chi è malata, e a lavorare su possibili nuove terapie.
Un abbraccione!!!!!!!!!!!!!

Fabiana ha detto...

Trovo insensato creare ancora altre "etichette" da dare alle persone che soffrono di distrurbi alimentari. Ce ne sono già molte, ma tolto questo, secondo me bisogna dare più attenzione alla persona che soffre, al dolore che si prova.
Per quanto riguarda la mia esperienza personale, inizialmente sono stata riconosciuta dai medici come anoressica si, ma non abbastanza da essere sottoposta ad una visita psichiatrica. Risultato? Dopo pochi mesi mi hanno ricoverata e ancora in ricovero io pensavo di non essere abbastanza malata per avere delle cure, mi chiedevo perché fossi lì e mi sentivo come se avessi rubato un posto che aspettava ad una ragazza che magari era più anoressica di me.
Che pensieri. Solo dopo ho capito che non c'è una persona più anoressica di un'altra, anzi non vorrei nemmeno dare etichette, perché noi non siamo anoressiche o bulimiche, noi siamo prima di tutto persone

Veggie ha detto...

@ AlmaCattleya – Non sbagli affatto, assolutamente… Il fare una giusta diagnosi, in ogni malattia, è un qualcosa d’importanza fondamentale, perché è sulla diagnosi che si basano tutte le scelte terapeutiche… ergo, scazzare una diagnosi significa avviare un iter terapeutico erroneo, che in molto casi può fare più male che altro…
P.S.= No, assolutamente no… Non solo: una persona malata di anoressia non penserebbe mai una cosa del genere… semplicemente perché il problema non è la fisicità… e quindi un cambiamento prettamente fisico non cambierebbe niente nella patologia…

@ GaiaCincia – Più che altro mi sembra inutile fissarsi sulle definizioni anziché sull’affrontare i veri problemi delle persone…

@ Clarissa – Sì, trovo molto positivo il fatto che si continui a studiare su queste patologie, e che dunque si facciano passi avanti in tal senso… su questo niente da eccepire. Mi sembra però un po’ ridicolo soffermarsi sulle singole sfumature, come se trovare una nuova nomenclatura per i DCA servisse a qualcosa… Meglio impiegare quel tempo a lavorare sulle terapie, piuttosto…

@ PrettyLittleGirl – Concordo: le etichette cliniche servono per dare un indirizzo diagnostico, ma mai potranno esprimere quella che è la complessità dell’interiorità individuale… E quello che fa differenza tra il sano e il fisiologico, è l’entità della cerebralizzazione che si ascrive a fenomenti del tutto fisiologici come il nutrirsi…

@ Mara – Sono d’accordo, quel che conta in un DCA non ha niente a che vedere col singolo numerino…

@ Wolfie – La penso esattamente come te…

@ Pulce – E’ verissimo quello che dici, l’etichetta clinica serve tutt’al più per un miglior inquadramento diagnostico-terapeutico, ma a nient’altro… e poiché i DCA sono patologie centrate sulla persona, è giusto dire che bisognerebbe dare maggior rilievo alla persona… Ed è verissimo che noi siamo persone in primis… Assolutamente NON “anoressiche”/”bulimiche”, tutt’al più “malate di anoressia”/”malate di bulimia”…

 
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