Visualizzazione post con etichetta Mindfulness. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Mindfulness. Mostra tutti i post
venerdì 12 luglio 2013
A proposito del Mindfulness nel trattamento dei DCA
Sapete cos’è il “Mindfulness”? Wikipedia lo definisce come: “modalità di prestare attenzione, momento per momento, nell’hic et nunc, intenzionalmente e in modo non giudicante, al fine di risolvere (o prevenire) la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza che comprende: sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni.” È una modalità terapeutica di cui ho sentito molto parlare, ultimamente. Sta prendendo sempre più campo, e ci sono molteplici ricerche che cercano di dimostrare quanto questa sia utile nel trattamento di disturbi d’ansia, depressione, DOC, somatizzazioni e patologie correlate. Nessuna sorpresa dunque che il Mindfulness sia diventato popolare anche nel campo dei disturbi alimentari. Secondo questa tecnica terapeutica dovremmo cercare di imparare a “vivere il momento” e cercare di essere delle osservatrici neutre della nostra stessa vita. Personalmente (mia opinione, e dunque opinabile per antonomasia) su di me NON ho trovato utile l’applicare questa metodica terapeutica. C’è chi dice che invece sia utile eccome, sicuramente è molto utilizzata, ma gli studi scientifici che cercando di dimostrare l’efficacia di questa terapia nel trattamento dei DCA, soprattutto anoressia, sono numericamente molto limitati, condotti su piccoli campioni, e comunque parziali. Cionnonostante, sono a conoscenza del fatto (riferitomi da alcune lettrici di questo blog) che alcune cliniche utilizzano il Mindfulness come un qualcosa di perfettamente integrato al loro protocollo terapeutico. Nell’ambito dei DCA, infatti, questa tecnica consiste nel cercare di non “fuggire” mentalmente dal cibo, ma concentrarsi su quello che si ha nel piatto, senza pensare ad altro, e cercando di tenere bassi i livelli di ansia nella consapevolezza che quello che si mangia è quanto previsto dal proprio “equilibrio alimentare”.
La domanda da porsi, dunque, è: il Mindfulness funziona? E, se sì, chi può trarne beneficio?
Alcuni ricercatori si sono posti questa domanda, ed hanno impostato uno studio cercando di valutare l’efficacia delle tecniche del Mindfulness attuate sia prima che durante i pasti, su un gruppo di pazienti affette da DCA ricoverate in una clinica. In breve, hanno scoperto che il Mindfulness non è sempre una modalità efficace (né tantomeno la migliore) per aiutare le persone con un DCA durante la fase di ri-alimentazione. (Marek et al., 2013)
Spesso il termine Mindfulness viene utilizzato come se fosse un qualcosa che tutti conoscono, un qualcosa di ovvio. Non lo è, naturalmente. L’utilizzo colloquiale del termine Mindfulness non rispecchia esattamente quello che gli psicologi intendono quando utilizzano questo termine. In una non recentissima dichiarazione consensuale (Bishop et al., 2004), gli psicologi scrivono che il Mindfulness è:
“un processo che permette di regolare la propria attenzione, al fine di ottenere una consapevolezza non elaborativa dell’evento corrente, e la capacità di relazionarsi all’evento in questione con un orientamento di curiosità, apertura mentale, e accettazione. Il Mindfulness è inoltre un processo di approfondimento della conoscenza sulla natura della propria mente, e l’adozione di una prospettiva decentrata sui pensieri e sui sentimenti, in maniera tale che possano essere vissuti per quella che è la loro soggettività (VS la loro necessaria validazione) e la loro natura transitoria (VS la loro permanenza).”
(mia traduzione)
Considerato che la maggior parte delle persone con un DCA tendono fortemente a giudicare se stesse (penso di essere il CEO di questo club!) nonché tentano disperatamente di controllare i propri sentimenti e il modo in cui gli eventi esterni le influenzano (perché c’è quella sensazione che se si riesce a controllare allora non succederà niente di male, o di ansiogeno... di questo club sono il CEO dei CEO!!), il Mindfulness teoricamente potrebbe essere visto come un ottimo modo per arginare questi sintomi. Finora, la maggior parte del lavoro che è stato fatto col Mindfulness si è concentrato sulla bulimia e sul binge. Immagino che questo sia successo perché credo che (ma vado a naso, perché non mi è mai successo, quindi se a qualcuna è successo ed è diverso da quello che sto per scrivere, mi smentisca pure!) durante un’abbuffata la persona bulimica/con binge non è concentrata e lucidamente consapevole di quello che sta mangiando e delle sensazioni che sta provando (giusto??). E immagino che questo sia un punto molto importante per chi ha questo tipo di DCA.
Sempre in linea teorica, se una persona con bulimia/binge attuasse il Mindfulness, sarebbe meno propensa ad abbuffarsi, e forse non si sentirebbe troppo in colpa dopo averlo fatto (immagino, poi non so). Anche se gli studi scientifici al riguardo forniscono dati imprecisi, e spesso i campioni utilizzati sono troppo piccoli per poter parlare di statistica efficace, pare che i trattamenti in cui è integrato il Mindfulness siano promettenti soprattutto per la bulimia e il binge. Pare che questa metodica terapeutica sia efficace anche per persone con problemi di obesità. Ma i risultati ottenuti non ci dicono comunque che il Mindfulness sia assolutamente sempre efficace per ogni qualsiasi tipo di DCA, e per ogni qualsiasi persona.
Cos’hanno trovato i ricercatori?
In uno studio coinvolgente 17 donne affette da DCA ricoverate in una clinica, e 23 donne-controllo, ovvero donne senza DCA, Ryan Marek e i suoi colleghi hanno diviso ciascun gruppo circa a metà. Metà delle persone di ciascun gruppo è stata sottoposta a distrazioni durante il pasto. L’altra metà invece è stata sottoposta a Mindfulness. Alle partecipanti allo studio è stato anche chiesto di rispondere ad un questionario relativo al proprio umore (per esempio: tristezza, paura, vergogna, serenità, disgusto, depressione, ansia, rabbia, emozione) e alle proprie sensazioni di fame/sazietà. Inoltre, dovevano scrivere delle annotazioni relativamente a cosa ne pensassero (quanto gradissero o meno) quel tipo di trattamento.
Delle 17 pazienti affette da DCA, una aveva l’anoressia, 8 la bulimia, e 8 dei DCAnas. A tutte le partecipanti allo studio è stata fatta mangiare una fetta di torta ai mirtilli e al caffè, e gli è stato fatto compilare il questionario sull’umore prima e dopo averla mangiata. Questo è stato fatto per due volte.
Per il gruppo di controllo (quello formato da ragazze senza DCA) il Mindfulness riduceva significativamente le eventuali sensazioni negative post-pasto. Per il gruppo delle ragazze con DCA, invece, l’effetto era più scarso: coloro che erano state sottoposte a Mindfulness provavano più ansia, tristezza, depressione e senso di colpa post-pasto rispetto a quelle che erano state sottoposte a distrazioni. Le ragazze con DCA, inoltre, scrivevano di aver gradito il Mindfulness molto meno rispetto a quanto fosse stato gradito dalle ragazze senza DCA.
Gli autori hanno scritto:
“Dato che il Mindfulness è stato applicato su pazienti che hanno una forte ansia a fronte dell’idea di dover mangiare, nonché alterate sensazioni di fame/sazietà, quello che è venuto fuori forse non è sorprendente. Poiché molte delle pazienti affette da DCA sono malnutrite da molto tempo, le loro sensazioni di fame/sazietà non sono più biologiche. Consequenzialmente, esse riferiscono eccessiva pienezza, gonfiore, dolore addominale anche dopo aver consumato piccole quantità di cibo. Per cui, non si può dire che il Mindfulness sia inefficace nelle pazienti che hanno un DCA, ma semplicemente che dovrebbe essere una tecnica applicata più a lungo, affinchè le pazienti possano padroneggiarla, e quindi trovarla funzionale.”
(mia traduzione)
Come la penso io?
Per quello che mi riguarda personalmente, le distrazioni sono sempre state e sono tuttora un toccasana quando devo mangiare. Più mi concentro su quello che sto mangiando e sulle sensazioni che sto provando, più mi si chiude lo stomaco e non riesco più a mangiare. Se mi ci dovessi concentrare ad ogni pasto per prenderci l’abitudine, comincerei immediatamente di nuovo a restringere. Per questo mentre mangio preferisco leggere un libro o guardare la TV.
Ovviamente, la distrazione durante il pasto non dev’essere considerata una stampella perenne e assoluta. Non c’è niente di sbagliato nel pensare a quello che si sta mangiando, magari per qualcuna di voi può essere anche utile per sapere che sta mangiando quanto deve, e non si sta abbuffando. Ma se il pensiero dev’essere puntato su quante calorie contiene l’alimento che si ha nel piatto, su quanta attività fisica dovrebbe essere fatta per smaltirlo, su quanto sarebbe bello poter restringere, allora il rimedio diventa peggiore del male. Meglio allora lasciar perdere il Mindfulness, e invitare a pranzo un amico con cui fare due chiacchiere.
E voi, come la pensate?
La domanda da porsi, dunque, è: il Mindfulness funziona? E, se sì, chi può trarne beneficio?
Alcuni ricercatori si sono posti questa domanda, ed hanno impostato uno studio cercando di valutare l’efficacia delle tecniche del Mindfulness attuate sia prima che durante i pasti, su un gruppo di pazienti affette da DCA ricoverate in una clinica. In breve, hanno scoperto che il Mindfulness non è sempre una modalità efficace (né tantomeno la migliore) per aiutare le persone con un DCA durante la fase di ri-alimentazione. (Marek et al., 2013)
Spesso il termine Mindfulness viene utilizzato come se fosse un qualcosa che tutti conoscono, un qualcosa di ovvio. Non lo è, naturalmente. L’utilizzo colloquiale del termine Mindfulness non rispecchia esattamente quello che gli psicologi intendono quando utilizzano questo termine. In una non recentissima dichiarazione consensuale (Bishop et al., 2004), gli psicologi scrivono che il Mindfulness è:
“un processo che permette di regolare la propria attenzione, al fine di ottenere una consapevolezza non elaborativa dell’evento corrente, e la capacità di relazionarsi all’evento in questione con un orientamento di curiosità, apertura mentale, e accettazione. Il Mindfulness è inoltre un processo di approfondimento della conoscenza sulla natura della propria mente, e l’adozione di una prospettiva decentrata sui pensieri e sui sentimenti, in maniera tale che possano essere vissuti per quella che è la loro soggettività (VS la loro necessaria validazione) e la loro natura transitoria (VS la loro permanenza).”
(mia traduzione)
Considerato che la maggior parte delle persone con un DCA tendono fortemente a giudicare se stesse (penso di essere il CEO di questo club!) nonché tentano disperatamente di controllare i propri sentimenti e il modo in cui gli eventi esterni le influenzano (perché c’è quella sensazione che se si riesce a controllare allora non succederà niente di male, o di ansiogeno... di questo club sono il CEO dei CEO!!), il Mindfulness teoricamente potrebbe essere visto come un ottimo modo per arginare questi sintomi. Finora, la maggior parte del lavoro che è stato fatto col Mindfulness si è concentrato sulla bulimia e sul binge. Immagino che questo sia successo perché credo che (ma vado a naso, perché non mi è mai successo, quindi se a qualcuna è successo ed è diverso da quello che sto per scrivere, mi smentisca pure!) durante un’abbuffata la persona bulimica/con binge non è concentrata e lucidamente consapevole di quello che sta mangiando e delle sensazioni che sta provando (giusto??). E immagino che questo sia un punto molto importante per chi ha questo tipo di DCA.
Sempre in linea teorica, se una persona con bulimia/binge attuasse il Mindfulness, sarebbe meno propensa ad abbuffarsi, e forse non si sentirebbe troppo in colpa dopo averlo fatto (immagino, poi non so). Anche se gli studi scientifici al riguardo forniscono dati imprecisi, e spesso i campioni utilizzati sono troppo piccoli per poter parlare di statistica efficace, pare che i trattamenti in cui è integrato il Mindfulness siano promettenti soprattutto per la bulimia e il binge. Pare che questa metodica terapeutica sia efficace anche per persone con problemi di obesità. Ma i risultati ottenuti non ci dicono comunque che il Mindfulness sia assolutamente sempre efficace per ogni qualsiasi tipo di DCA, e per ogni qualsiasi persona.
Cos’hanno trovato i ricercatori?
In uno studio coinvolgente 17 donne affette da DCA ricoverate in una clinica, e 23 donne-controllo, ovvero donne senza DCA, Ryan Marek e i suoi colleghi hanno diviso ciascun gruppo circa a metà. Metà delle persone di ciascun gruppo è stata sottoposta a distrazioni durante il pasto. L’altra metà invece è stata sottoposta a Mindfulness. Alle partecipanti allo studio è stato anche chiesto di rispondere ad un questionario relativo al proprio umore (per esempio: tristezza, paura, vergogna, serenità, disgusto, depressione, ansia, rabbia, emozione) e alle proprie sensazioni di fame/sazietà. Inoltre, dovevano scrivere delle annotazioni relativamente a cosa ne pensassero (quanto gradissero o meno) quel tipo di trattamento.
Delle 17 pazienti affette da DCA, una aveva l’anoressia, 8 la bulimia, e 8 dei DCAnas. A tutte le partecipanti allo studio è stata fatta mangiare una fetta di torta ai mirtilli e al caffè, e gli è stato fatto compilare il questionario sull’umore prima e dopo averla mangiata. Questo è stato fatto per due volte.
Per il gruppo di controllo (quello formato da ragazze senza DCA) il Mindfulness riduceva significativamente le eventuali sensazioni negative post-pasto. Per il gruppo delle ragazze con DCA, invece, l’effetto era più scarso: coloro che erano state sottoposte a Mindfulness provavano più ansia, tristezza, depressione e senso di colpa post-pasto rispetto a quelle che erano state sottoposte a distrazioni. Le ragazze con DCA, inoltre, scrivevano di aver gradito il Mindfulness molto meno rispetto a quanto fosse stato gradito dalle ragazze senza DCA.
Gli autori hanno scritto:
“Dato che il Mindfulness è stato applicato su pazienti che hanno una forte ansia a fronte dell’idea di dover mangiare, nonché alterate sensazioni di fame/sazietà, quello che è venuto fuori forse non è sorprendente. Poiché molte delle pazienti affette da DCA sono malnutrite da molto tempo, le loro sensazioni di fame/sazietà non sono più biologiche. Consequenzialmente, esse riferiscono eccessiva pienezza, gonfiore, dolore addominale anche dopo aver consumato piccole quantità di cibo. Per cui, non si può dire che il Mindfulness sia inefficace nelle pazienti che hanno un DCA, ma semplicemente che dovrebbe essere una tecnica applicata più a lungo, affinchè le pazienti possano padroneggiarla, e quindi trovarla funzionale.”
(mia traduzione)
Come la penso io?
Per quello che mi riguarda personalmente, le distrazioni sono sempre state e sono tuttora un toccasana quando devo mangiare. Più mi concentro su quello che sto mangiando e sulle sensazioni che sto provando, più mi si chiude lo stomaco e non riesco più a mangiare. Se mi ci dovessi concentrare ad ogni pasto per prenderci l’abitudine, comincerei immediatamente di nuovo a restringere. Per questo mentre mangio preferisco leggere un libro o guardare la TV.
Ovviamente, la distrazione durante il pasto non dev’essere considerata una stampella perenne e assoluta. Non c’è niente di sbagliato nel pensare a quello che si sta mangiando, magari per qualcuna di voi può essere anche utile per sapere che sta mangiando quanto deve, e non si sta abbuffando. Ma se il pensiero dev’essere puntato su quante calorie contiene l’alimento che si ha nel piatto, su quanta attività fisica dovrebbe essere fatta per smaltirlo, su quanto sarebbe bello poter restringere, allora il rimedio diventa peggiore del male. Meglio allora lasciar perdere il Mindfulness, e invitare a pranzo un amico con cui fare due chiacchiere.
E voi, come la pensate?
Etichette:
alimentazione,
anoressia,
binge,
bulimia,
dca,
DCAnas,
dieta,
Mindfulness,
no pro ana,
peso,
psicologia,
ricovero,
studi scientifici
Iscriviti a:
Post (Atom)