Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.
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mercoledì 20 maggio 2009

Nulla da perdere

Rileggendo ciò che ho scritto nel post precedente, anche a un anno di distanza da quel 17 Maggio, mi rendo conto che, inizialmente in maniera inconsapevole, quello è stato davvero il giorno in cui tutto è ricominciato – o forse, più semplicemente, il giorno in cui tutto è cominciato.

Quella serata è stata senza dubbio come un’oasi in mezzo al deserto dell’anoressia. E lo è tuttora, nei miei ricordi.

Ogni volta che riguardo la mia fotografia insieme alle t.A.T.u., fotografia che insieme a tante altre di queste cantanti è appesa su una parete della mia camera, mi si apre il cuore di fronte al ricordo della determinazione che in quel momento ho mostrato. Una volta tanto, nella mia vita, ho raggiunto quello che volevo: mi sono aggrappata a un impermeabile e mi sono fatta avanti senza pensarci due volte in mezzo a una folla che solitamente mi sembrava (e spesso tuttora mi sembra) pericolosa ed ostile.

Ho fatto un qualcosa che, al solo ripensarci adesso, mi sembra davvero impossibile. E allora non posso fare a meno di chiedermi: che differenza c’è tra “disperazione” e “speranza”? Spesso è dalla disperazione più profonda che hanno origine gli atti meno ponderati e più inusuali, che sono quelli che successivamente, non si sa bene come mai, ci salvano per qualche minuto o per una vita.

Io che mi aggrappo all’impermeabile di Lena… mi rivedo, mi rivedo con gli occhi della mente mentre lo faccio, con in testa la frase tipica della disperazione-speranza: “tanto non ho niente da perdere”.

È quella frase lì che ogni volta mi colpisce, mi scuote e mi muove. Se ho qualcosa da perdere allora no, allora ci penso troppo, e poi sto immobile nel tentativo di proteggere le mie briciole. Ma se sento di non avere niente, di aver perso tutto e forse di non avere mai avuto veramente nulla… allora mi aggrappo agli impermeabili, la calca non mi fa paura, fuck it fuck it fuck it, arrestatemi, picchiatemi, uccidetemi, rinchiudetemi, tanto non me ne frega un cazzo, l’importante è aver toccato quell’impermeabile che rappresenta un attimo (quell’attimo che neanche ricordavo fosse mai esistito) di vita senza ossessioni, senza anoressia. E dunque probabilmente di vita. Punto. Non ho altre parole.

Certo, in un secondo momento poi si sente sempre quanto sia tosto il contraccolpo. Ma in quell’occasione io ho dimostrato a me stessa di avere i coglioni ed i controcoglioni. Ed è così che, all’alba di quella serata, mi sono detta: “Se posso farlo per questo, forse un giorno riuscirò a farlo anche per altre cose. Forse un giorno riuscirò a farlo anche per l’anoressia”.

Ma quel giorno era già arrivato, anche se io non me ne rendevo ancora conto. Avevo già fatto il primo passo.

In quell’occasione mi sono resa conto che l’ostinazione metodica che avevo messo nel distruggermi si poteva capovolgere, si poteva indirizzare in maniera diversa. Ciò che ho fatto in quella notte me l’ha dimostrato.

Sì, sono una personcina ostinata. Pochissime volte, come al concerto, determinata, il che è ben diverso. Nel primo caso si batte forte la testa sullo stesso muro con i pugni chiusi, cercando di rompere o il muro o la testa. Nel secondo si corre, si corre senza guardare indietro, si corre urlando vaffanculo a tutto perché dobbiamo raggiungere qualcosa – qualcosa di piccolo e di insensato per tutti ma non per noi – e quello che ho raggiunto un anno fa rappresenta qualcosa di enorme per me…

Dream comes true… even if just for a moment…





(Io con un po' dei miei CD delle t.A.T.u. ... ^__^ )

lunedì 3 novembre 2008

Sola

Questa l’ho scritta prima del mio ultimo ricovero… prima di capire che non ero sola.

Crazy little voices
Tricky little words
Something in my corners
That looks to me absurd
I travel in a triumph
I whither in the rain
Cold white bone beneath
The tightening skin and pain
The somethings all around
Blare up like heinous horns
I hold my ears in horror
While my little sore heart mourns
The trees are standing watch—yes
The eyes are all on me
And are they coming closer
To see what they can see?
My face looks like a child’s
My mind feels like a stone
My body is a battlefield
And here I stand alone.

[Pazze piccole voci/Ingannevoli piccole parole veloci/Qualcosa nella mia testa/Mi fa sentire assurda/Viaggio in un trionfo/La pioggia non mi turba/Fredde ossa in trasparenza/Pelle tirata e dolore/Tutto ciò che mi sta intorno/Non voglio il loro amore/Mi sono tappate le orecchie/Non voglio sentire neanche il battito del mio cuore/I loro occhi sono puntati su di me – sì/E vi leggo incomprensione ed orrore/E si stanno avvicinando/Per vedere quel che possono vedere?/La mia faccia è quella di una bambina/La mia mente è di ghiaccio ora/Il mio corpo è un campo di battaglia/E qui io sono sola]

Penso che talvolta la cosa peggiore sia il sentirsi intrappolate e completamente sole. Ma la verità è che la via d’uscita esiste, c’è solo bisogno di prendersi tutto il tempo necessario per trovarla. E ci sono un sacco di persone che sanno cosa significa questo dolore, questa rabbia, questa voglia di piangere e di gridare, queste ossessioni, questa felicità effimera, questa vita… perché tutte noi lo sappiamo… e possiamo aiutarci l’un’l’altra. Dovete semplicemente cercare di usare quello che avete dentro, quello contro cui lottate da tanto tempo e contro cui continuate a lottare giorno dopo giorno, e tentare di utilizzarlo come un’arma che gioca per voi, non contro di voi. Non lasciatevi mettere sotto, tutto ciò che vi serve è già in voi. Siete meravigliose esattamente per come siete, semplicemente perché siete voi stesse. Dateci dentro.
Un abbraccio forte forte a tutte quante…

domenica 19 ottobre 2008

V'invito a vivere

Il mondo sta aspettando nient’altro che voi. Vi aspetta a braccia aperte e con un sorriso. Tutto ciò che dovete fare è vivere.

Anche se vivere può essere la più semplice e meravigliosa cosa che possiate fare, è anche molto probabilmente la cosa più difficile che vi capiterà mai di fare. Okay, potrete pensare di stare vivendo, adesso. E forse lo state facendo davvero. Insomma, avete le pulsazioni… come mi hanno ripetuto un’infinità di volte durante i più disparati corsi universitari, è questo il criterio basilare che identifica la vita. Ma posso dirvi che se non vi sentite “vive davvero” allora non state vivendo. Se non state nutrendo le vostre emozioni, la vostra immaginazione, la vostra essenza, non state vivendo. Se non siete oggettivamente oneste con voi stesse, non state vivendo. Se vi odiate, non state vivendo. Se non respirate riuscendo a sentire voi stesse nel profondo, non state vivendo. Se tutto quello che vi circonda è nero, non state vivendo. Forse vi state costruendo una favola, o forse state sguazzando nella depressione, ma non state vivendo.

Certo, non voglio dire che “vivere” significa essere felici al 100% ed in ogni qualsiasi momento di ogni giorno. Penso che questo sia impossibile per chiunque. Le vite perfette ci sono solo nelle favole. Vivere la vita, perciò, significa piuttosto alternare i momenti facili a quelli difficili, le esperienze positive a quelle negative, il sorriso alle lacrime… ma con la costante sensazione che il futuro c’è e che le cose possono andare esattamente come voi volete, e che c’è sempre tempo per far volgere la vita al meglio. Se così non è, allora non state vivendo. Forse state provando a vivere, forse vi state raccontando balle per tirare avanti un altro giorno, ma non state vivendo.

Non confondete l’esistere con il vivere. Sono due cose completamente diverse.
È vero, talvolta tutti ci dimentichiamo di vivere. Di vivere davvero. È difficile spiegare come questo succeda, ma a volte inevitabilmente accade. Per quanto mi riguarda, mi accade fin troppo spesso. E prima di rendermene conto, mi sono già fregata da sola, persa nella folla, nei dubbi, nei pensieri negativi, nell’anoressia, nell’autolesionismo… persa in quella vita che si pensa sia vita solo perché è realtà. Forse non ve l’ha mai detto nessuno, ma… se le cose non stanno andando come vorreste, voi avete la forza di cambiare la vostra realtà.

V’invito a vivere.

venerdì 3 ottobre 2008

Aiutami a vivere

Questa l’ho scritta cinque anni fa – è passato un bel po’ di tempo… Eppure, in un certo qualmodo, la trovo sempre attuale. All’epoca, credo, era un qualcosa dedicato a una qualsiasi persona che avrebbe potuto tirarmi fuori dall’abisso in cui ero precipitata. Rileggendola adesso, tuttavia, mi rendo conto che stavo semplicemente scrivendo a me stessa. A quella parte di me che avrebbe potuto tirarmi fuori dall’abisso in cui ero precipitata, l’unica in grado di fare una cosa del genere. Stavo chiedendo a me stessa di aiutarmi a vivere.

Help me live
To face the day
Look around
And be okay.
Help me live
To face the night
Think alone
And be all right.
Help me live
To face the me
In the mirror
That I see.
Help me live
To face the crowd
Beat the battle
Make them proud.
Help me live
To face the day
Look around
And be okay

(Dicembre 2003)


Anche qui, ecco la traduzione in Italiano. È uscita piuttosto diversa, ma altrimenti non mi rispettava il ritmo. È un esperimento interessante, comunque. Dateci un’occhiata, se vi va.

[Aiutami a vivere/a non mollare/a guardarmi intorno/e a non rinunciare./Aiutami a vivere/ad attraversare la notte/a pensare con la mia testa/idee non distorte./Aiutami a vivere/ad affrontare/il mio riflesso nello specchio/senza star male./Aiutami a vivere/ad affrontare la folla/a combattere la giusta battaglia/facendo scattare la molla./Aiutami a vivere/a non mollare/a guardarmi intorno/e a non rinunciare.]

E tuttora sto cercando di aiutare me stessa a vivere… sto facendo proprio quel che mi ero chiesta. Non è semplice. Non è divertente. Non è una strada in discesa. È un qualcosa che mi fa stringere i denti ogni mattina che mi sveglio, quando vorrei rimanere sotto le coperte e invece mi spingo ad aprire le finestre. E guardo il sole penetrare nella stanza. E spero che un giorno il suo calore riuscirà ad entrare anche dentro di me. Intanto continuo a lottare, e continuo a cercare. Continuo a muovere un passo dopo l’altro, movimenti semplici. E cerco di lasciarmi alle spalle il passato, cerco di pensare, cerco di sorridere, cerco di capire, cerco di essere onesta con me stessa, cerco di ascoltarmi e, alla fine, cerco di vivere.

lunedì 29 settembre 2008

A proposito...

… di quello che ho postato ieri mattina.

La ragione per cui l’ho fatto, fondamentalmente, è perché volevo voi sapeste che non siete sole. Che so come ci si sente perché ci sono passata anch’io… e a volte ci passo tuttora. Lo so che ferisce… lo so che fa pensare di essere matte… lo so che fa venir voglia di urlare anche se poi restiamo in silenzio… lo so che fa star male… lo so che fa venire voglia di piangere… ma dentro di voi c’è la forza per uscirne. Se lo volete veramente, c’è sempre una via d’uscita. E spero, anche se in piccolissima parte, di aiutarvi a trovarla con le mie parole. Con le parole del mio post di ieri.

Perché la ragazza che circa tre anni fa scrisse quelle parole, era decisamente sprofondata in un buco nero… e nessuno poteva lanciarle una corda, perché lei era troppo debole per issarsi. E nessuno poteva allungarle una mano, perché loro non erano forti abbastanza da tirarla su. E, soprattutto, in nessun modo poteva essere fatto qualcosa per farla uscire, perché lei per prima non era del tutto sicura di volerne uscire. Paradossalmente, anche se quel buco era nero e scomodo e freddo, era l’unica cosa che conosceva, l’unica cosa che le era familiare, che le dava sicurezza. Perciò, in fin dei conti, uscirne la terrorizzava. Così quella ragazza trascorreva la giornata in quel buco, studiava in quel buco, restringeva in quel buco, faceva sport in quel buco… viveva in quel buco. E in quel buco soffriva quando gli altri la guardavano con aria preoccupata senza sapere cosa fare per lei. E in quel buco si sentiva in colpa per tutto quello che poteva sentirsi in colpa e soprattutto per non avere la forza di cambiare la situazione.

Non sono arrivati angeli. Non ci sono stati miracoli. Tutto solo un lavoro di unghie e di denti. Unghie che si sono spezzate, e conseguenti ricadute verso il fondo, e poi di nuovo verso l’alto, un’arrampicata che sto ancora compiendo. E adesso che non sono più così sul fondo, comincio ad intravedere raggi di luce. Non è rapido, non è facile, non è indolore. Si tratta di fare una scelta e di mettere tutta la propria determinazione per seguirla fino in fondo. Si tratta di trovare i mezzi giusti e di usarli: mezzi che sono dentro ognuna di voi, basta solo cercarli. La rabbia c’è sempre, ma possiamo decidere come usarla: rivolgendola contro noi stesse e proseguendo un’infinita opera di decostruzione-ricostruzione-decostruzione, oppure buttandola all’esterno e trasformandola in determinazione e forza per proseguire l’arrampicata.

Era tutto nelle mani di quella ragazza. Gli altri potevano farle di contorno, ma solo lei poteva decidere per la sua vita. Doveva usare ogni mezzo, dare fondo a tutta se stessa. Tutta la sua rabbia, la sua determinazione, la sua disperazione, la sua onestà, la sua sopportazione, la sua capacità di reagire, la sua volontà, la sua forza. Dopotutto, quel buco era veramente molto profondo.

Perciò, adesso che riesco a vedere raggi di luce, continuo a mettercela tutta per raggiungere la cima. Fallirò? Cadrò nuovamente verso il basso? O riuscirò ad uscirne una volta per tutte? Sicuramente, continuo la mia battaglia infinita. E, si sa, di questo sono convinta, combattere è già una vittoria.

Un abbraccio forte forte a tutte quante…

domenica 28 settembre 2008

Neverending battle

Ho scritto questo – Neverending Battle – circa tre anni fa. Un momento in cui stavo cercando una via d’uscita… in cui stavo sperando in una via d’uscita. In realtà, tuttora non credo di aver trovato una totale via d’uscita – perciò penso che il titolo di queste mie righe sia stato particolarmente centrato – ma sicuramente questo è stato uno dei primi passi verso un’onesta ed oggettiva comprensione di me stessa e di quello che stavo attraversando… di quello che, immagino, molte di voi stiano adesso attraversando…

La versione originale è quella in Inglese, ma aggiungo una traduzione per chi non lo “mastica”. Preferibilmente omettibile se siete ferrate.

Softly falling like the rain
No one hears or sees my pain…
Will I gain, oh will I gain
As I’m losing?

Echoes in this hollow cave
Don’t allow me to be brave…
I’m a slave, oh I’m a slave
As I’m falling.

In this contest with my mind
I often seek and do not find…
Could it be that I am blind
As I’m losing?

What a sad and lonely tale
Never ever can I fail…
But it is all to no avail
As I’m falling.

I tell myself I will not cry,
Ask and ask why, why, why…
So many must be stronger than I
As I’m losing.

Strange for those who do not know
I try hard not to let it show…
But sometimes days, they are slow
As I’m falling.

Must be pretty, must be smart
Must look like a work of art…
You cannot stop once you start
As I’m losing.

I am empty like a bowl;
It is hard to feel whole…
And it is all about control
As I’m falling.

I know that bowl must be filled
And eaten, yes, never spilled…
I must try; I must build
As I’m losing.

Tell me how I got this way
Counting, nervous every day…
I don’t know, but I can fight again
As I’m falling.

(Luglio 2005)


[Cadendo come la pioggia, morbidamente e senza rumore/nessuno sente o vede il mio dolore…/vincerò, oh, sarò vincente/visto che ora mi ritrovo con niente?/Eco in questa cava vuota/non mi permettono di essere coraggiosa…/sono una schiava, non c’è niente che ottengo/visto che ora sto cadendo./In questa situazione, con la mia mente/spesso nascondo, e non trovo niente…/continuo ad andare avanti ciecamente/visto che ora mi ritrovo con niente?/Che storia triste e solitaria, si può dire/prima o poi potrò fallire/ma non c’è niente di cui dispongo/visto che ora sto cadendo./Mi dico che non piangerò/e mi chiedo perché, perché, perché ma non so…/perché tutti riescano a vivere coraggiosamente/visto che ora mi ritrovo con niente./E’ strano per quelli che non lo sanno/ed io faccio di tutto per non mostrarlo…/Ma qualche volta il giorno trascorre lento/visto che ora sto cadendo./Dovrei essere carina, dovrei essere un tesoro/dovrei sembrare un capolavoro…/Una volta iniziato non ci si ferma veramente/visto che ora mi ritrovo con niente./Sono vuota come un abisso/e intorno a me non c’è un punto fisso…/Volevo il controllo ma non ho neanche quello/visto che ora sto cadendo./So che gli abissi possono essere riempiti/corpi non più odiati ma nutriti…/Devo provarci, costruire veramente/visto che ora mi ritrovo con niente./Dimmi come ho potuto fare tutto questo/contando nervosamente giorno dopo giorno, adesso…/non lo so, ma proverò a resistere lottando/visto che ora sto cadendo.]
 
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