Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.

mercoledì 2 febbraio 2011

Scegliere uno psicoterapeuta

Noi tutte siamo persone diverse perciò, necessariamente, nel momento in cui ci si trova ad affrontare un percorso di ricovero, si ha bisogno di strategie differenti: ciò che può essere funzionale per qualcuna, infatti, può non esserlo per altre.

Tuttavia, ritengo che una buona psicoterapia sia un passo d’importanza fondamentale per combattere contro l’anoressia. Il fatto è che la bontà di una psicoterapia dipende inevitabilmente dallo psicoterapeuta che ci si trova di fronte: ognuna di noi ha bisogno di uno psicoterapeuta diverso che sia quello “giusto per se stessa”.

Perciò, come fare a trovare uno psicoterapeuta che possa essere effettivamente in grado di sostenerci nel nostro percorso di ricovero? Come capire se la persona di cui abbiamo il recapito e alla quale vogliamo telefonare, o la persona con cui si è appena iniziato un trattamento, potrebbe essere davvero quella giusta per noi, anziché una perdita di tempo e di soldi?

Voglio provare a dare qualche suggerimento…

1 – Chiedete informazioni sullo psicoterapeuta a persone che vi hanno avuto a che fare, persone che conoscete e di cui vi fidate. Potete chiedere informazioni al vostro medico di base. A qualche vostra amica che vi ha già fatto psicoterapia. A una persona che è stata in trattamento per DCA da quello psicoterapeuta. A un qualche collega di quello psicoterapeuta. Cercate di saperne di più: così già avrete un idea del tipo di persona con cui avrete a che fare, dei metodi che usa, dell’approccio che ha al DCA, e così via.

2 – Non badate alle “chiacchiere di corridoio”. Le opinioni sono opinioni, e non tutti vedono le stesse cose in uno stesso psicoterapeuta. Ciò che qualcuna può trovare rassicurante, qualcun’altra può ritenerlo terrorizzante. È importante, quando ricevete info sul terapeuta, separare i dati di fatto dalle opinioni personali. L’utilizzo da parte del terapeuta di un modello cognitivo-comportamentale è un dato di fatto. Il fatto che una persona dica che quel terapeuta è un emerito incompetente è un’opinione.

3 – La gentilezza non è la cosa più importante. Certo, credo che chiunque preferirebbe uno psicoterapeuta gentile piuttosto che uno che sbraita e fa la predica ogni volta che si ha una piccola ricaduta. E, certo, ci sono momenti in cui è proprio la gentilezza quella che aiuta ad intraprendere un determinato percorso di ricovero. Ma ci sono anche altri momenti, soprattutto quando siamo in una ricaduta di quelle pesanti, in cui la fermezza e la decisione devono avere la precedenza sulla dolcezza. Percorrere la strada del ricovero è un lavoro sporco e duro, e per andare avanti a volte aiuta più una spinta di una carezza.

4 – Scoprite quale modalità di trattamento lo psicoterapeuta utilizza. Io non sono granché esperta al riguardo, però so che esistono molti modelli su cui si può impostare una psicoterapia: il modello cognitivo-comportamentale, quello costruttivista, quello transazionale, e così via. Tutti i modelli sono molto diversi tra loro, e ognuna di noi, spesso, risponde particolarmente bene ad uno di essi. Perciò, ecco il vostro compito per casa: ricercate info sui vari modelli di psicoterapia, cercate di capire quale vi potrebbe essere più utile per come siete fatte caratterialmente, e cercate uno psicoterapeuta che possa impostare quel modello di terapia.

5 – Chiedetegli la sua opinione a proposito dell’origine di un DCA. Ogni volta che mi sono trovata di fronte a una psicoterapeuta, questa è sempre stata la primissima domanda che le ho rivolto. È la mia “domanda di screening”. Se di fronte alla domanda “Da cosa sorge l’anoressia?” sento che mi rispondono: “il rapporto con i genitori soprattutto durante l’infanzia” o “la società moderna, che propone modelli sbagliati” scappo via di corsa. Una risposta così, secondo me, è sinonimo del fatto che quello psicoterapeuta non ha affatto esperienza in campo di DCA, e non credo sia una buona idea lavorare un qualcuno che di anoressia ne sa meno di me, seppur da esterno. Ora, questo è solo un esempio, ovviamente, ma secondo me ci sono delle domande-chiave da porre a un terapeuta per capire di che pasta è fatto, e se può essere la persona giusta per noi. Trovo sia importante rivolgergli queste domande durante la prima seduta, di modo che non abbia imparato a conoscerci e, quindi, non dia la risposta che vogliamo sentirci dare anziché ciò che pensa lui veramente. (Una cosa del genere sarebbe peraltro ampiamente disonesta – ma anche uno psicoterapeuta è un essere umano...)

6 – Farsi direzionare da persone competenti. Se non avete la benché minima idea di dove trovare uno psicoterapeuta, rivolgetevi al personale di centri specializzati in disturbi alimentari. Altrimenti correrete il rischio di essere indirizzate su psicoterapeuti che, per quanto in gamba, non sono specializzati nel trattamento dell’anoressia/bulimia, e quindi possono non essere in grado di darvi l’aiuto specifico di cui avete bisogno.

7 – Fate domande ipotetiche. No, non del tipo: “Se una farfalla sbattesse le ali a Pechino, ci sarebbe un tornado a New York?”, ma qualcosa come: “Se i miei familiari ti contattassero per chiederti di questa psicoterapia, cosa diresti loro?”, o anche: “Se avessi bisogno di un diverso tipo di supporto, cosa faresti?”, oppure: “Se dovessi peggiorare od avere una ricaduta grave, come ti comporteresti?”. Penso sia positivo conoscere la risposta a certe domande prima di andare incontro al fatto concreto, in modo da avere un’idea di come lo psicoterapeuta possa aiutare ad affrontare certe situazioni difficili.

8 – Non lasciate che una mela marcia rovini la raccolta. Inutile negarlo: i "cattivi" psicoterapeuti esistono. O, quanto meno, esistono gli psicoterapeuti che adottano strategie incompatibili al nostro modo di essere e che, quindi, non ci sono utili nel percorso di ricovero. Bene, se vi trovate di fronte ad una psicoterapia che non fa per voi, mollatela. Ma mettetevi poi subito alla ricerca di un nuovo psicoterapeuta! Quel terapeuta che vi ha fatto più male che bene, era solo UNO. Ce ne sono TANTI al mondo. Il fatto che abbiate trovato una mela marcia non significa assolutamente che tutto il raccolto è da buttare: significa solo che una delle mele era marcita. Dovete solo buttare quella mela – o quelle mele, se sono più di una – e non scoraggiarvi mai nel continuare la vostra raccolta.

C’è qualcosa che avete trovato utile da fare, nella ricerca di uno psicoterapeuta? Se vi va, scrivetelo nei commenti qua sotto!

15 commenti:

withoutexit(?) ha detto...

bella idea per un post,non avevo mai pensato a possibili modi ragionati di affrontare questa scelta.
io,per fortuna,almeno su questo non ho mai fatto passi indietro. fin da quando ho ammesso la prima volta di aver bisogno di aiuto,ho continuato a cercarlo. e le volte che non mi è stato dato o mi è stato dato in modo non adeguato,ho girato i tacchi e ho continuato a cercare altrove. mi ci sono voluti 5 psicologi diversi ed uno psichiatra,tutti "sbagliati" per arrivare alla psicologa da cui sono in cura ora. io,poi,sono una che cerca di creare meno problemi possibile,quindi avevo addirittura la tendenza ad adattarmi io allo psicologo,pur di non creare attriti o problemi. mi sentivo in colpa a rifiutarli. niente di più sbagliato,non si va da nessuna parte in quel modo. se non va,se ne trova un altro, pian piano l'ho imparato. questa psicologa,molto competente per fortuna,l'ho trovata grazie ad una psichiatra cui ho chiesto consiglio. è stata lei a cercare,tra gli specialisti che conosceva,la persona che riteneva più competente in materia. e mi ha indirizzata bene.
oltre a tutto quello che hai detto tu,ai consigli più pratici,quello su cui mi sono sempre basata io erano anche le sensazioni che mi lasciava la seduta di terapia,come mi sentivo dopo insomma. sollevata,più abbacchiata,c'era una che addirittura mi faceva sentire senza speranza. in genere la terapia,almeno per come la vivo io,è traumatica e fa davvero male. ma ho imparato a distingure tra il dolore positivo,derivante da un buon lavoro,quello su cui poi puoi lavorare anche da sola durante la settimana ed il semplice dolore per il colloquio con qualcuno che non sa dove mettere le mani o che non ci sa fare. anche le sensazioni sono importanti secondo me,senza prendersi in giro da sole però,altrimenti è inutile!

Musidora ha detto...

Molto interessante...

Devo dire che fin ora il modello di terapia che ho visto sempre applicare in tutti i centri in cui mi sono informata per i DCA è quello cognitivo-comportamentale, ma sento che è quello con cui mi sono trovata meno in sintonia... La risposta è continuare a cercare dici, hai ragione, ma c'è qualcosa che dentro di me mi dice che posso farcela da sola, che non è semplicemente parlandone con un dottore che risolverò i miei problemi, di cui per altro mi sembra sempre di sentirmi ripetere le stesse identiche cose, rifare gli stessi test... Vedo la terapia come una grande noia insomma che al momento ho messo in stand bye, cercando nella vita quotidiana altri appigli di auto aiuto. Più avanti mi metterò "in caccia", ma per adesso preferisco lucidare le armi...

Vele Ivy ha detto...

Mi è piaciuto molto il punto 7, perché spesso di forte agli psicoterapeuti (e ai medici in generale) si ha una specie di timore reverenziale, che impedisce di fare tutte le domande di cui abbiamo bisogno. E invece è un loro dovere rispondere ai nostri dubbi, soprattutto se sono persone che devono essere d'aiuto per migliorare il nostro comportamento.

Wolfie ha detto...

Io ho alle spalle una storia di psicoterapie molto smile a quella narrata da withoutexit, quindi potrei semplicemente citare il suo commento in cui mi rispecchio molto: anch’io, nel momento in cui ho preso coscienza di avere un dca, nel momento in cui ne ho parlato, ho iniziato a ricercare quell’aiuto che solo persone competenti nel campo dei dca avrebbero potuto darmi. Purtroppo ho avuto la sfortuna di imbattermi anche in psicologi con cui non mi sono trovata bene, e all’inizio questa cosa l’ho vissuta particolarmente male perché mi sembrava di essere io quella che faceva le cose sbagliate. Poi però mi sono resa conto che un rapporto si costruisce in due e quindi, se c’è qualcosa che non va, la colpa non viene mai da una parte sola, ma c’è comunque un certo grado di incompatibilità che vanifica l’efficacia della terapia. Fortunatamente tendo ad essere una persona abbastanza positiva e quindi, dopo i momenti d’iniziale sconforto, mi sono sempre “rimboccata le maniche” e sono andata alla ricerca (guidata dal mio medico di famiglia) di nuovi psicologi che facessero al caso mio. Adesso ho avuto la fortuna d’incontrare una psicologa veramente brava, che mi segue da tre anni e con la quale sto lavorando molto bene; se non avessi avuto lei molto probabilmente non sarei riuscita ad arrivare ai traguardi che ho raggiunto: abbiamo fatto un buon lavoro insieme!!!!!!!!
Consigli per la scelta dello psicologo? Concordo anche qui con withoutexit che dice di vedere come ci si sente quando si esce dal suo studio, e aggiungo che magari può essere d’aiuto anche, di tanto in tanto, cercare di valutare i passi avanti che si sono fatti rispetto alla situazione da cui partivamo: se ci siamo smosse ben poco, vuol dire che probabilmente la persona con cui facciamo psicoterapia non ci aiuta nel modo giusto…

»Juno. ha detto...

Sono passata per diversi punti di questo post. All'inizio mi sono rivolta al medico di famiglia, idea rivelatasi in seguito pessima. Non solo mi è stato risposto che non avevo alcun problema, ma il dottore ha pensato bene di calcare la mano asserendo che con la mia intelligenza e la mia maturità mi sarebbe stato impossibile cadere in disturbi simili. Seh, vabbè. Beato a lui.
Inizio a cercare in Internet notizie su centri specializzati incappando nel nome di una dottoressa che decido di contattare. Pessima idea anche questa. Non c'era sintonia, la trovavo poco stabile (il che è tutto dire, eh), mi sentivo a disagio, non avevo alcun riscontro positivo ed ero molto infastidita dal fatto che dopo sole tre sedute lei avesse già trovato la causa scatenante del disturbo. Dopo tre sedute tu capisci tutto questo? E chi sei, Superman? Impossibile. Soprattutto perché in quegli incontri le avevo tracciato a grandi linee il quadro della mia famiglia e della mia vita universitaria, per non parlare del fatto che sentivo chiaramente quanto le sue deduzioni fossero errate.

Dopo questa esperienza decisi di lasciar perdere fino a quando, diversi mesi dopo, chiesi a mia madre di aiutarmi... Sentivo che stava per abbattersi una fortissima ricaduta dopo un periodo di calma apparente. Mamma chiese consiglio alla sua ginecologa la quale la indirizzò presso un centro di "medicina generale" (dove operano all'interno diversi medici specializzati non solo nel campo dei DCA, non so se mi spiego) nel quale operava lo psicologo che ad oggi mi segue ancora. Non è stato però così semplice, ahimè. Il dottore mi piacque all'istante, già dalla prima seduta, ma mollai subito la presa non so nemmeno io perché... Arriva l'estate e tutto cambia: discesa allarmante di peso, problemi fisici, solitudine ancora più marcata, attacchi di panico, crisi di pianto; ancora una volta chiesi a mamma di contattare lo psicologo. Tutto ciò accadeva ad agosto 2010. Il 6 settembre iniziò la terapia con queste testuali parole da parte del medico: "Mi hai fregato una volta, due non mi ci freghi". Ho deciso di fidarmi di questo signore barbuto e tra alti bassi sento di aver fatto la cosa più giusta in 21 anni di vita. E’ gentile, ma di polso e le cose non me le manda a dire. Mi ha spiegato come il rapporto sia tra lui e me, motivo per cui non riferirà nulla a mia madre di quanto viene affrontato e confidato nelle nostre sedute: “Sono fedele a te, non a tua madre”. Più volte mi ha fatto presente che nel momento in cui dovessi scendere a 40 kg mi prenderebbe di peso per portarmi in clinica. Mi ha spiegato che c’è sempre pronta una dottoressa in grado di seguirmi dal punto di vista fisico: analisi del sangue, dieta etc etc. E, cosa per me più fondamentale, ha ammesso di aver avvertito anche lui un forte senso di empatia nei miei confronti. Come With, mi baso molto sulle sensazioni post-incontro: magari ho ricevuto un mega cazziatone, ma mi sento comunque serena e per niente demotivata.

Ad oggi sento di aver scelto la direzione giusta aprendomi con mia madre e seguendo la terapia dello psicologo. Ora non mi rimane altro che aprire quella parte di testolina verso la dieta, le analisi e le cure che il mio corpo necessita.

Anonimo ha detto...

Dagli stronzi in camice bianco meglio girare alla larga, buoni solo a spillare quattrini e a imbottirti di pasticchine nella speranza di renderti inoffensiva affinchè non tu gli rompa più i coglioni, visto che in fondo di te a loro non gliene frega una sega.
Ne ho incontrati fin troppi per non saperlo, quando ero in comunità, quando ero in ospedale, quando ero in clinica.
E me li ricordo bene quei figli di puttana di medici che si avvicendavano intorno al mio letto cercando di fare inutilmente breccia nel mio mutismo. Intendo, cercando di farmi dire qualcosa di diverso da: - Perché non vi fate un mazzetto di cazzi vostri e la smettete di rompere i coglioni? -. È andata avanti così per troppo tempo. Le stesse facce, le stesse domande, le stesse risposte. Ovvero nessuna risposta. La cosa buffa è che scrivevano sulla cartella clinica anche quando io non dicevo niente. Chissà se erano telepatici o cosa. Ma forse no, perché se fossero stati telepatici, si sarebbero offesi. Non pensavo mica cose tanto carine su di loro. Ho provato a sbirciare tra i fogli, ma non sono mai riuscita a leggere senza farmi accorgere. Non che questo importi. Tanto lo so ugualmente cosa ci avevano scritto, anche se non sono riuscita a leggerlo, posso facilmente immaginarlo. Un qualcosa tipo “bambolina psicotica da rottamare”, suppongo.
Emerite teste di cazzo.

Jonny

Anonimo ha detto...

Come ho visto il titolo del tuo post, mi sono sentita di avertelo ispirato io, pensa a quanto sono scema...
Devo assolutamente documentarmi sui modelli di terapia, di cui hai parlato, perche' navigo nell'ignoranza piu' assoluta.
Unico modello certo provato è quello: parla pure cara, intanto che io ti spillo i soldi...
Questo fu il mio primo psicoterapeuta...se ne stava zitto per un'ora, lasciandomi la parola per tutto quel tempo...ma essendo io un tipo molto silenzioso, ti lascio immaginare quanto fossero interminabili per me quei 60 minuti...
Se non altro qualcosa ho imparato.
A diffidare dei professionisti dalla parcella troppo salata, anche perche' con il passare del tempo la voglia di buttare via centinaia di euro per la malattia è andata affievolendosi sempre piu'.
Poi ci sono state le psicologhe.
La prima è stata una persona eccezionale con me, ma purtroppo questo non compensava il fatto che non fosse esperta in DCA.
La seconda, pur essendo esperta in DCA, ha peccato di superficialita' su molti aspetti, e si è rivelata l'ennesima delusione.
Devo ammettere che qualcosa di buono sono riuscite a trasmettermelo entrambe.
Anche se esclusivamente nell'ambito relazionale.
E su un'ipotetica bilancia, è il piatto con le loro mancanze a pendere verso il basso...
Nonostante tutto, continuo ad attribuire loro una responsabilita' relativa nel fallimento del mio percorso di cura.
Nulla serve a scalfire l'idea di quanto sia dannosa e inutile su di me la terapia, anche con psicologi migliori di quelli che mi sono capitati finora,e pur constatando con i miei stessi occhi gli effetti benefici che invece altre persone hanno ricevuto da essa.
Motivo per cui alzo bandiera bianca.
Spero comunque che il tuo post possa essere d'aiuto a chi abbia voglia di provarci con convinzione.
Un abbraccio Veggie!
Dony

Sonia ha detto...

Niente da dire...il tuo post è perfetto come al solito ^_^
Solo 1 cosa: non bisogna fermarsi all'apparenza, a me inizialmente non mi piaceva molto la psicologa che mi segue ma col tempo ho valutato che era corretta per me, se avessi cambiato psicologa seguendo la 1° impressione avrei commesso un errore!
E così con il nutrizionista (che comunque dai è nella setta, sa come deve trattare ragazze che soffrono di DCA anche perchè collabora con la psicologa)... al primo incontro diffidavo, volevo subito andarmene....al 2° incontro mi sono accorta che forse sia io che lui ragioniamo nello stesso modo ma ancora non sono molto convinta di lui... è da vedere il 3° incontro!!

Willow ha detto...

Interessanre questo post Veggie!Io
ho sempre giudicato a pelle se uno psicoterapeuta faceva al caso mio oppure no, stesso metodo che uso per le persone, sono molto istintiva, però non avevo mai considerato la cosa dal punto di vista più metodologicco... Lunedì inizia la quinta settimana di ricovero,sento che qualcosa dentro di me sta cambiando, mi sono scoperta a fare progetti per il futuro, progetti in cui l'anoressia e la bulimia non sono presenti, mi sento serena come non lo ero da tempo, la psichiatra, la psicologa,le educatrici, la dietologa e le dietiste sono davvero persone competenti, è proprio vero che è fondamentale avere intorno le persone giuste, non bisogna mai smettere di cercare!

Giulin@ ha detto...

Bellissimo post Veggie e penso che possa essere molto di aiuto a chi ancora deve compiere il grande passo...
Hai scritto cose verissime a mio avviso,quindi c'è poco da aggiungere...
In base alla mia esperienza posso dire che la cosa fondamentale innanzitutto è non fermarsi davanti ad un esperienza andata male magari in un percorso con uno psicologo...si tratta della nostra vita,e se anche non abbiamo trovato la via giusta,non è detto che non la troveremo...io stessa se non avessi insistito non sarei qui oggi...
Ho cercato su internet,io Mondosole (il centro di ChiaraSole) lo ho trovato su internet...non conoscevo nessuno che fosse stato li,ma dopo essermi letta attentamente il sito decisi che valeva la pena incontrarla,perchè mi aveva comlpito tanto e in poche righe era riuscita ad infondermi tanta speranza.(nel mio caso mi aveva compito molto il fatto che dopo 14 anni era riuscita a guarire COMPLETAMENTE da questa malattia,senza tutti quegli strascichi di cui si sente tanto parlare in giro come se l'anoressia fosse un'influenza).
Quindi sono andata di persona a parlarci e la prima impressione,i suoi occhi pieni di vita e quel suo caldo abbraccio sono bastati per dire:io provo,che mi costa? a tornare indietro faccio sempre in tempo.
E una volta scelto il terapeuta e il percorso,oltre alla parola PROVO, un altra deve esistere sempre "MI AFFIDO". Già,l'affidarsi è una cosa fondamentale.
Io avevo deciso che per valutare se quello fosse il percorso adatto a me,mi sono detta che mi sarei data un mese. Se poi non mi fossi trovata bene avrei sempre fatto in tempo a tornare indietro .Mi sono data un mese per darmi modo di ambientarmi al nuovo stile di vita,far si che quella che era paura diventasse poco a poco abitudine sana.Ma in quel mese di "prova",chiamiamolo così,io mi sono affidata al 100 %...perchè come fai a capire se un eprcorso è adatto a te se tu stessa sei la prima a non metetrti in gioco a 360gradi?
Per me è stato fondamentale darmi tempo e vi dirò ad oggi non me ne sono mai penatita. Non ho avuto subito fortuna con i terapoeuti. Ma non arrendendomi ci ho solo che guadagnato,perchè sono riuscita a trovare la mia strada,che credetemi c'è per tutti. E soprattutto sono riuscita a salvare e ricostruire la cosa più importante:la mia vita.
FORZA RAGAZZE! Non arrendetevi e soprattutto affidatevi a qualcuno che non sia la vostra mente!!! E' fondamentale!
Sono con voi con tutto il cuore

Giulina

ps:Veggie se capiti a Rimini o da queste parti fammelo sapere che magari mi farebbe piacere farti un saluto :)

IlFioreDelMale ha detto...

Come sempre, i tuoi consigli sono utilissimi.
Personalmente, posso dire di essere molto fortunata: la psicoterapeuta che mi segue da quest'estate è una persona davvero in gamba e mi ha aiutata moltissimo.
Purtroppo so che per molte altre persone non è andata esattamente allo stesso modo, e quindi ti stimo davvero per aver creato un post di questo tipo, sono sicura che ragazze e ragazzi nel pallone ne trarranno beneficio.
Ti mando un abbraccio, e ti consiglio di passare per il mio blog a ricevere un premio che ti ho assegnato.
A presto!
IlFioreDelMale

Allegra ha detto...

Il post mi ha molto colpito...come tutti i tuoi post, del resto.
Anche i commenti...
Esistono tanti modelli di psicoterapia e tanti psicoterapeuti...ma è come scegliere ed indossare il vestito giusto.
Ce ne sono tanti in negozio, anche della nostra taglia, ma magari ce n'è solo uno che ci sta a pennello, che scende bene, che sembra essere stato fatto apposta per noi...per il periodo che stiamo vivendo.
Cognitivo-comportamentale, cognitivo-costruttivista, cognitivo, psicodinamico, strategico, sistemico-familiare...tanti e con diverse tecniche che però si modellano su ognuna.
C'è chi ha bisogno di andare a fondo nella propria storia, chi d'inquadrare il proprio modo di pensare e di comportarsi e rendersi conto che non si adatta alla propria persona, c'è chi ha bisogno di riprendere in mano la propria vita attraverso un aiuto anche alla propria famiglia.
E c'è chi ha bisogno di del "suo" terapeuta, come fosse un vestito disegnato apposta.

Come in tutte le professioni, anche in questa c'è chi la rende non umana e non riesce a non distruggere una speranza.
Ma per uno che sbaglia ce n'è un altro che fa di tutto per "far rientrare il pettirosso nel suo nido".
Vi abbraccio...una per una...

Veggie ha detto...

@ withoutexit(?) – Innanzitutto GRAZIE per il consiglio che hai aggiunto alla mia lista… Io sono una di quelle persone che tende tanto a razionalizzare, quindi mi capita di prendere sottogamba l’aspetto emotivo delle cose… Grazie per averlo messo in luce!, credo che il tuo consiglio sia davvero molto utile come orientamento… Sai, capisco benissimo quello che scrivi, perchè anche io ho un carattere abbastanza difficile, e per trovare psicoterapeute che mi vanno a genio ce ne vogliono di riffe e di raffe, e infatti ho cambiato una marea di volte (ora paio essermi stabilizzata, ma, chissà…) Trovo di fondamentale importanza la capacità di guardarsi dentro con onestà, perché sennò ogni qualsiasi psicoterapia è inutile… Hai ragione, la psicoterapia è estremamente dura e fa un sacco male… ma forse anche questo è necessario per poter stare successivamente bene…

@ Musidora – Vero, quello è un modello talmente usato (e abusato) in campo dei DCA che molte pensano che si tratti dell’unico approccio possibile quando in realtà non è affatto così… E ognuna di noi ha bisogno di qualcosa di diverso… Ovviamente rispetto in pieno la tua scelta di provare a fare da sola basandoti su alte armi rispetto alla psicoterapia… come dicevo, solo noi possiamo sapere ciò che è più giusto per noi stesse… Solo, non ti chiudere nessuna porta alle spalle. Ciò che magari oggi ci sembra inadatto, può rivelarsi utile un domani…

@ Vele/Ivy – Io sono molto sfacciata da questo punto di vista… Penso che un buon approccio condizioni molto tutta la psicoterapia, quindi… perché non testar la persona che ci sta davanti fin dall’inizio?!...

@ Wolfie – Grazie anche a te per il tuo prezioso suggerimento!... Sì, effettivamente valutare l’entità della strada percorsa può essere un utile indicatore per capire se lo psicoterapeuta da cui siamo seguite ci sta facendo fare un buon lavoro o meno… Comunque, sono contenta di leggere che ti trovi bene con la tua psicologa… un supporto del genere è una delle armi migliori contro il DCA…

@ Juno – Leggendo anche il tuo commento, ho notato quanto la stragrande maggioranza di noi ha avuto un iter simile… diversi tentativi con persone sbagliate, per approdare infine a terapeuti migliori… Forse, in un certo senso, è necessario che sia così… perché si apprezza e si distingue meglio il positivo quando si è vissuto il negativo… La chiarezza con chi ci sta di fronte, poi, la ritengo d’importanza fondamentale per costruire un rapporto di fiducia… Perciò, ti auguro semplicemente di continuare a portare avanti il rapporto col tuo psicologo in maniera costruttiva… ci saranno tante mazzate, e sarà inevitabile perché la psicoterapia è dura… ma ci saranno anche passi avanti, col tempo… e questo gli darà un senso… Ti ringrazio davvero tantissimo per aver condiviso qui la tua esperienza… spero che presto riuscirai a prenderti cura di te a tutto tondo… Ti abbraccio fortissimo…

@ Jonny – Mi dispiace che tu abbia avuto esperienze tanto negative coi medici… perché da quello che scrivi, è ovvio che questo si evince… Potrei rimandarti all’ultimo punto della mia lista, ma mi rendo conto che è difficile cambiare un’opinione maturata dopo anni di esperienze negative… Posso perciò solo dirti di non arrenderti… di provare a trovare alte strade che facciano per te… perché l’unica grande cazzata che si possa fare è arrendersi all’anoressia…

Veggie ha detto...

@ Dony – Scema un corno, è vero, in parte questo post deriva proprio anche da quello che hai scritto tu sul tuo blog… Anche a me è capitato di avere a che fare che psicoterapeuti che tiravano solo al soldo… psicoterapeuti che ovviamente ho lasciato a piedi più o meno dopo la terza seduta… è una cosa veramente indegna, lo riconosco, ma purtroppo sono umani, e anche questo fa parte della natura umana… In quanto a quel che hai scritto, comunque, credo anch’io che i tuoi passati fallimenti nelle psicoterapie possano essere in parte dipesi dal fatto che hai avuto a che fare con persone non adatte sia a trattare il DCA, sia a trattare con te… Quando un qualcosa fallisce, non è mai solo colpa nostra che la facciamo fallire, è anche colpa di chi ci sta di fronte che ci ha spinte verso una tale risoluzione… certo, noi ci mettiamo del nostro, ma non credo che la cosa possa affatto considerarsi unilaterale… In ogni caso, come dicevo a Musidora, l’unica cosa che posso dirti è: non toglierti mai l’opportunità di fare un altro tentativo. Fare un altro tentativo significa avere un’altra opportunità. E una opportunità è sempre più di zero opportunità…

@ Sonia – Innanzitutto… in bocca al lupo per il 3° incontro col nutrizionista!... Spero ti dica che è tutto okay… e, soprattutto, che ti riconfermi la buona impressione del 2° incontro… Ti ringrazio tantissimo per il suggerimento che hai lasciato nel tuo commento… Hai perfettamente ragione col dire che prima di mollare al volo una psicoterapia è magari necessario approfondire per accertarsi se la prima impressione è corretta o errata… Anche perché, c’è una cosa da notare bene: quando s’inizia una psicoterapia, tutte quante facciamo sempre un po’ di resistenza… perché si ha paura… si ha paura che lo psicoterapeuta possa scalfire quelle che per noi erano “certezze”, per quanto sbagliate e malate… e allora si tende sempre a porci negativamente di fronte al terapeuta, all’inizio… Poi, però, quando si comincia a vedere che lo psicoterapeuta non è un nemico ma uno che può darci seriamente una mano a battere l’anoressia… ecco che può nascere un rapporto produttivo, ed è lì che si può valutare se il terapeuta è adatto a noi o meno… l’importante è capire se quello che non riteniamo adatto è lo psicoterapeuta, o la psicoterapia in sé perché l’idea di metterci in discussione ci fa paura…

@ Aisling – Sicuramente l’intuizione, il sentire a pelle le cose, è pure un valido metodo di valutazione… e sei fortunata ad avere questa dote… Il fatto è che io personalmente non sono istintiva affatto, ma proprio per nulla, e immagino che anche alcune delle lettrici di questo blog possano non esserlo, per questo ho pensato di concepire in questa maniera tale post… In bocca al lupo per la tua 5^ settimana di ricovero!... E’ bello leggerti così positiva e propositiva in questo periodo… ti auguro che questi sentimenti possano non abbandonarti mai… e ti auguro il migliore dei futuri possibili… il che, ovviamente, non contempla la presenza di un DCA…!

Veggie ha detto...

@ Giulin@ - Io credo che il tuo commento – di cui come sempre ti ringrazio per la profondità e la condivisione della tua esperienza – tocchi 2 punti d’importanza fondamentale quando si decide d’intraprendere un percorso di ricovero e, conseguentemente, una psicoterapia…
Innanzitutto, l’importanza dell’insistere, del non darsi per vinte mai, anche di fronte all’insuccesso. È chiaro che un insuccesso è un qualcosa che fiacca, che mette male, che fa venir voglia di mandare tutto a quel paese… anche perché, oggettivamente, è molto più facile risprofondare nell’anoressia che continuare a cercare altri psicoterapeuti. Molto spesso, anzi, purtroppo, il fallimento di una psicoterapia viene vissuto come: “Ah bè, io ci ho provato, non è andata, allora vuol dire che la psicoterapia non fa per me”… che, tradotto, diventa: “Allora vuol dire che sono destinata all’anoressia e che le cose non miglioreranno mai”… Ma questa non è altro che una scusa, una giustificazione, una balla che raccontiamo a noi stesse per giustificare il fatto che si smetta di tentare. Sbagliato. Un fallimento è esattamente questo: UN fallimento. Niente impedisce di riprovare ed ottenere risultati più fruttuosi. Niente impedisce di darsi ogni volta un’altra opportunità. Perché, finché ci diamo un’opportunità, abbiamo un’opportunità. Potrebbe andare di nuovo storta, è vero… ma un’opportunità è sempre qualcosa in più di zero opportunità, no?... Se ci diamo un’opportunità, può andare bene o male, fifty-fifty… Se non ci diamo nessuna opportunità, non c’è neanche quel 50% di probabilità che vada bene…
Seconda cosa, l’importanza del fidarsi di chi abbiamo di fronte. Se non ci si fida, si fa resistenza. Se si fa resistenza, la si dà vinta all’anoressia. E le cose non cambiano. Lo dice una che ha speso gran parte della sua vita a fare resistenza a tutto e tutti. Una che di base non si fida. E, lo riconosco, è sbagliato. Perché quando non si ha più nulla da perdere, è allora che bisogna semplicemente chiudere gli occhi e andare… quando si tocca il fondo, anziché continuare a scavare, possiamo decidere di farci aiutare a risalire… perché ci sono persone capaci, competenti e in grado di darci veramente una mano a farlo… E prima si decide di affidarci agli psicoterapeuti giusti, prima é possibile combattere contro l’anoressia e lasciarla alle spalle. Se ci fossimo fidate fin dall’inizio… forse per arrivare a quel controllo che l’anoressia sola sembrava poterci dare sarebbe bastato parlare con qualcuno in grado di aiutarci a recuperare un po’ di fiducia in noi stesse e d’autostima… Invece abbiamo scelto la strada più incasinata, non volendoci fidare, abbiamo perso anni… passando per l’anoressia… senza comunque raggiungere l’obiettivo. Fidati, Giulin@. Fidati, Veggie. Fidatevi, ragazze. Fidiamoci.
P.S.= Sicuramente!... E con molto piacere!... ^__^

@ IlFioreDelMale – Sono contenta che le cose con la psicoterapia ti stiano andando bene… se la persona che ti accompagna in questo difficile percorso è quella giusta per te, allora… non mollare! E metticela sempre tutta come solo tu sai fare, mi raccomando… Ti abbraccio stretta…
P.S.= Grazie, appena ho un po’ di tempo passo!...

@ Allegra – Ti ringrazio per le tue parole che vengono “dall’altra parte”… dalla parte della psicoterapeuta… che vive la cosa in un altro modo eppure, a suo modo, inevitabilmente la vive… e può vedere cose che forse, per chi sta da “questa parte”, sono ancora invisibili...

 
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