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venerdì 10 agosto 2012
Lotta tra mente e corpo
Molto del materiale che si trova scritto a proposito dell’anoressia è espresso in termini di mente VS corpo. Forse questo è parte della natura intrinseca dei DCA, forse è il nostro concetto di ciò che può essere un DCA. Se il corpo manda segnali di appetito, la testa ribatte che non è importante, e comunque si può resistere. Restringere l’alimentazione, è una guerra in campo aperto contro il corpo, e la mente è determinata a vincere.
Questo è uno dei motive per cui è difficile intraprendere la strada del ricovero: esso viene percepito come una capitolazione. Come un arrendersi. Okay, stupido corpo, hai vinto. Sventolo bandiera bianca. Non posso vincere contro il mio corpo, quindi tanto vale che cominci a rialimentarmi normalmente.
Sappiamo che il nostro corpo ha bisogno di questo per guarire. Basti pensare ai danni che l’anoressia determina a carico del cuore, del fegato, dei reni, delle ossa e così via.
Ma poi l’anoressia c’inganna, ed ecco che si comincia a preoccuparci della nostra testa: come posso stare mentalmente ed emotivamente bene se non restringo l’alimentazione? È questo il demone che deve essere esorcizzato, perché anche se si è consapevoli del danno cui il nostro corpo va incontro con la restrizione alimentare, lo stesso reiterare la restrizione alimentare riduce le preoccupazioni e le ossessioni.
Per cui, arrivate a questo punto, pare proprio che la restrizione alimentare sia buona per la nostra testa e dannosa per il nostro corpo. Il che ci riporta dritte al punto di partenza. In realtà, la restrizione alimentare, se protratta molto a lungo, è dannosa anche per la nostra testa, ma l’ansia istantanea non contempla traguardi a lungo termine. Certo, in un certo senso il pensiero è costantemente rivolto al futuro, ma quando si è nel bel mezzo dell’ansia, tutto quello che la testa pensa è a come farla cessare ADESSO. Il lungo termine può andare a farsi fottere, per il momento. Perché l’anoressia ci fa pensare che non arriveremo al lungo termine se non riusiamo a placare l’ansia attuale – o, comunque non ci arriveremo mentalmente sane.
Per questo è importante trovare qualcosa che riesca a lenire l’ansia che non sia la restrizione alimentare (o l’esercizio fisico eccessivo, o l’abbuffata, o il vomito auto-indotto). Per esempio, Mercoledì qui è stata una giornata particolarmente soleggiata. “L’ideale”, ho pensato, “per andare a fare una corsa in bicicletta”. Eccetto il fatto che, avendo l’allenamento di karate, non era il caso che io facessi ulteriore esercizio fisico. Perciò sono rimasta a casa e, per scollarmi il pensiero della bici dalla testa, ho ascoltato le mie canzoni preferite mentre disegnavo, ed ho giocato all’Xbox, e look at me working on this motherf*cking project like a good little girl. Woo woo (da dire con la voce di Ih-Oh).
Curare il nostro corpo cercando di tornare a mangiare normalmente significa curare la nostra mente. Se diciamo ad un mucchio di neuroni stremati dall’anoressia che restringere l’alimentazione è la cosa giusta da fare, saremo le prime a crederci. Ma nel momento in cui ricominciamo ad alimentarci normalmente e si ristabiliscono le corrette interconnessioni neuronali, balle del genere verranno riconosciute sempre più rapidamente in quanto tali, false e non credibili. I nostri neuroni cominceranno a bersi sempre di meno le bugie che l’anoressia ci racconta. Per questo è importante combattere non più contro noi stesse, ma PER noi stesse. Perché mente e corpo non devono essere più avversari, ma possono lavorare in perfetta sinergia per farci stare bene.
Questo è uno dei motive per cui è difficile intraprendere la strada del ricovero: esso viene percepito come una capitolazione. Come un arrendersi. Okay, stupido corpo, hai vinto. Sventolo bandiera bianca. Non posso vincere contro il mio corpo, quindi tanto vale che cominci a rialimentarmi normalmente.
Sappiamo che il nostro corpo ha bisogno di questo per guarire. Basti pensare ai danni che l’anoressia determina a carico del cuore, del fegato, dei reni, delle ossa e così via.
Ma poi l’anoressia c’inganna, ed ecco che si comincia a preoccuparci della nostra testa: come posso stare mentalmente ed emotivamente bene se non restringo l’alimentazione? È questo il demone che deve essere esorcizzato, perché anche se si è consapevoli del danno cui il nostro corpo va incontro con la restrizione alimentare, lo stesso reiterare la restrizione alimentare riduce le preoccupazioni e le ossessioni.
Per cui, arrivate a questo punto, pare proprio che la restrizione alimentare sia buona per la nostra testa e dannosa per il nostro corpo. Il che ci riporta dritte al punto di partenza. In realtà, la restrizione alimentare, se protratta molto a lungo, è dannosa anche per la nostra testa, ma l’ansia istantanea non contempla traguardi a lungo termine. Certo, in un certo senso il pensiero è costantemente rivolto al futuro, ma quando si è nel bel mezzo dell’ansia, tutto quello che la testa pensa è a come farla cessare ADESSO. Il lungo termine può andare a farsi fottere, per il momento. Perché l’anoressia ci fa pensare che non arriveremo al lungo termine se non riusiamo a placare l’ansia attuale – o, comunque non ci arriveremo mentalmente sane.
Per questo è importante trovare qualcosa che riesca a lenire l’ansia che non sia la restrizione alimentare (o l’esercizio fisico eccessivo, o l’abbuffata, o il vomito auto-indotto). Per esempio, Mercoledì qui è stata una giornata particolarmente soleggiata. “L’ideale”, ho pensato, “per andare a fare una corsa in bicicletta”. Eccetto il fatto che, avendo l’allenamento di karate, non era il caso che io facessi ulteriore esercizio fisico. Perciò sono rimasta a casa e, per scollarmi il pensiero della bici dalla testa, ho ascoltato le mie canzoni preferite mentre disegnavo, ed ho giocato all’Xbox, e look at me working on this motherf*cking project like a good little girl. Woo woo (da dire con la voce di Ih-Oh).
Curare il nostro corpo cercando di tornare a mangiare normalmente significa curare la nostra mente. Se diciamo ad un mucchio di neuroni stremati dall’anoressia che restringere l’alimentazione è la cosa giusta da fare, saremo le prime a crederci. Ma nel momento in cui ricominciamo ad alimentarci normalmente e si ristabiliscono le corrette interconnessioni neuronali, balle del genere verranno riconosciute sempre più rapidamente in quanto tali, false e non credibili. I nostri neuroni cominceranno a bersi sempre di meno le bugie che l’anoressia ci racconta. Per questo è importante combattere non più contro noi stesse, ma PER noi stesse. Perché mente e corpo non devono essere più avversari, ma possono lavorare in perfetta sinergia per farci stare bene.
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venerdì 4 settembre 2009
Psicoterapia
Nel momento in cui si è nel pieno di un DCA, è estremamente difficile riuscire a formulare la richiesta di una psicoterapia. Questo perché non ci si sente ancora pronte a domandarci dov’è che vogliamo veramente andare, ma soprattutto fino a che punto siamo disposte a fare introspezione per cercare di sviscerare le vere cause che hanno portato all’anoressia raggiungendo così consapevolezza e desiderio.
Iniziare una psicoterapia è difficile anche perché si teme che il terapeuta possa non essere altro che l’ennesima persona che vede unicamente l’aspetto fisico, i tratti materiali, tangibili della sofferenza anoressica. Inoltre, si ha paura che il terapeuta possa portarci via tutto il mondo, tutta la realtà che con il DCA abbiamo faticosamente costruito, riportandoci alla condizione primigenia che ha determinato l’innesco dell’anoressia stessa.
In fin dei conti, l’anoressia non è che il tentativo di diventare invisibili per essere viste, perciò, se qualcuno ci portasse via questa possibilità allontanando il sintomo e ripristinando la “normalità”, che cosa ci resterebbe? È per questo che la psicoterapia è un passo così difficile da affrontare.
Nel momento in cui siamo nel pieno di un DCA, è solo la rabbia che ci tiene in vita, una vita colma di rancore e di paura. Abbiamo paura della nostra rabbia, ed abbiamo paura della nostra paura. Ci sentiamo in dovere di cercare sempre di nascondere a tutti e in qualsiasi modo i sentimenti contraddittori che in certi momenti invadono la nostra mente, spingendoci a cercare aiuto e a rifiutarlo al tempo stesso. Molto spesso cerchiamo di nasconderli persino a noi stesse.
Man mano che ci si abitua a convivere con l’anoressia, si perde il ricordo di come sia possibile vivere senza. Sopravviviamo da così tanto tempo con questo sintomo da aver dimenticato com’era quando non c’era. E così non si riesce a vedere veramente il nostro corpo fino in fondo, non riusciamo a credere fino in fondo che possa essere davvero danneggiato: questo corpo che non amiamo guardare, che spesso tocchiamo come se fosse unicamente uno strumento di cui dobbiamo accertare la funzione. Perché ci sembra di dover dimostrare – agli altri, ma soprattutto a noi stesse – quanto siamo capaci di non cedere al desiderio di cedere. Di farsi aiutare. Di parlarne con qualcuno.
Si pensa che il nostro corpo serva solo a sostenere la nostra mente, ma non le appartenga. E così, con l’anoressia, ci siamo costruite un corpo esile, un corpo quasi invisibile, per poter essere viste. Il nostro comportamento è contraddittorio, confonde e ci confonde. Una parte di noi stesse si aspetta che qualcuno riesca a scoprire l’inganno che noi stesse abbiamo costruito, e così ce ne liberi; che qualcuno ci accompagni nel percorso che ci porterà a spezzare le dinamiche che controllano ogni aspetto della nostra vita senza toglierci il sintomo sul quale ci appoggiamo; che comprenda quello che non possiamo esprimere e, accedendo al nostro segreto, ci garantisca il sostegno di cui sentiamo di aver bisogno, ma che ci rifiutiamo di chiedere.
Penso che sia per questo che è importante riuscire a legittimarsi la possibilità di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta. Non accontentandoci al primo tentativo, o scoraggiandoci se i feedback che riceviamo sono differenti da quelli che vorremo: ogni persona ha bisogno di un’altra persona particolare per potersi aprire, non vanno bene tutti per tutti, ed è perciò importante fare tentativi, e continuare a cercare finché non si trova il terapeuta adatto, che sarà la persona che riuscirà a fermarci con determinazione e con dolcezza. E allora sarà un sollievo essere smascherate e forzate ad interrompere la nostra recita distruttiva, il nostro suicidio cronico.
La finzione dell’anoressia è probabilmente così perfetta da ingannare anche le persone più attente, il personale medico più preparato.
Ma in realtà siamo noi stesse a tenderci le insidie più grandi.
Se sentite di aver bisogno d’aiuto, non abbiate timore di chiederlo. Non temete di non trovarlo, perché anche se non ve ne rendete conto, ci sarebbero sempre tante mani tese verso di voi, nel momento in cui trovaste il coraggio di afferrarle. Ma soprattutto, non temete di trovarlo. Perché poter contare su un supporto psicoterapeutico è importantissimo, ma non dimenticate che siete solo voi a poter salvare voi stesse.
Iniziare una psicoterapia è difficile anche perché si teme che il terapeuta possa non essere altro che l’ennesima persona che vede unicamente l’aspetto fisico, i tratti materiali, tangibili della sofferenza anoressica. Inoltre, si ha paura che il terapeuta possa portarci via tutto il mondo, tutta la realtà che con il DCA abbiamo faticosamente costruito, riportandoci alla condizione primigenia che ha determinato l’innesco dell’anoressia stessa.
In fin dei conti, l’anoressia non è che il tentativo di diventare invisibili per essere viste, perciò, se qualcuno ci portasse via questa possibilità allontanando il sintomo e ripristinando la “normalità”, che cosa ci resterebbe? È per questo che la psicoterapia è un passo così difficile da affrontare.
Nel momento in cui siamo nel pieno di un DCA, è solo la rabbia che ci tiene in vita, una vita colma di rancore e di paura. Abbiamo paura della nostra rabbia, ed abbiamo paura della nostra paura. Ci sentiamo in dovere di cercare sempre di nascondere a tutti e in qualsiasi modo i sentimenti contraddittori che in certi momenti invadono la nostra mente, spingendoci a cercare aiuto e a rifiutarlo al tempo stesso. Molto spesso cerchiamo di nasconderli persino a noi stesse.
Man mano che ci si abitua a convivere con l’anoressia, si perde il ricordo di come sia possibile vivere senza. Sopravviviamo da così tanto tempo con questo sintomo da aver dimenticato com’era quando non c’era. E così non si riesce a vedere veramente il nostro corpo fino in fondo, non riusciamo a credere fino in fondo che possa essere davvero danneggiato: questo corpo che non amiamo guardare, che spesso tocchiamo come se fosse unicamente uno strumento di cui dobbiamo accertare la funzione. Perché ci sembra di dover dimostrare – agli altri, ma soprattutto a noi stesse – quanto siamo capaci di non cedere al desiderio di cedere. Di farsi aiutare. Di parlarne con qualcuno.
Si pensa che il nostro corpo serva solo a sostenere la nostra mente, ma non le appartenga. E così, con l’anoressia, ci siamo costruite un corpo esile, un corpo quasi invisibile, per poter essere viste. Il nostro comportamento è contraddittorio, confonde e ci confonde. Una parte di noi stesse si aspetta che qualcuno riesca a scoprire l’inganno che noi stesse abbiamo costruito, e così ce ne liberi; che qualcuno ci accompagni nel percorso che ci porterà a spezzare le dinamiche che controllano ogni aspetto della nostra vita senza toglierci il sintomo sul quale ci appoggiamo; che comprenda quello che non possiamo esprimere e, accedendo al nostro segreto, ci garantisca il sostegno di cui sentiamo di aver bisogno, ma che ci rifiutiamo di chiedere.
Penso che sia per questo che è importante riuscire a legittimarsi la possibilità di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta. Non accontentandoci al primo tentativo, o scoraggiandoci se i feedback che riceviamo sono differenti da quelli che vorremo: ogni persona ha bisogno di un’altra persona particolare per potersi aprire, non vanno bene tutti per tutti, ed è perciò importante fare tentativi, e continuare a cercare finché non si trova il terapeuta adatto, che sarà la persona che riuscirà a fermarci con determinazione e con dolcezza. E allora sarà un sollievo essere smascherate e forzate ad interrompere la nostra recita distruttiva, il nostro suicidio cronico.
La finzione dell’anoressia è probabilmente così perfetta da ingannare anche le persone più attente, il personale medico più preparato.
Ma in realtà siamo noi stesse a tenderci le insidie più grandi.
Se sentite di aver bisogno d’aiuto, non abbiate timore di chiederlo. Non temete di non trovarlo, perché anche se non ve ne rendete conto, ci sarebbero sempre tante mani tese verso di voi, nel momento in cui trovaste il coraggio di afferrarle. Ma soprattutto, non temete di trovarlo. Perché poter contare su un supporto psicoterapeutico è importantissimo, ma non dimenticate che siete solo voi a poter salvare voi stesse.
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giovedì 4 giugno 2009
Mente VS Corpo
Come potete sapere quello che state facendo? La vita può essere a volte così caotica… Perciò è estremamente difficile concentrarsi sul proprio disturbo alimentare.
Specialmente se vi accompagna da molto tempo, finisce per diventare come un’etichetta, un appiglio, un meccanismo per sopravvivere, dentro il quale la vostra mente finisce per restare intrappolata. Dentro questa prigione che non ha sbarre, non ha mura, non ha odore. Questa prigione per la mente.
Mi piacerebbe tanto avere le parole magiche per poter cambiare tutto questo. Mi piacerebbe tanto riuscire a dire cose che vi farebbero sentire meglio distaccandovi dal sintomo. Ma purtroppo, non ho questo potere. Le mie parole sono imperfette… ma sono tutto quello che posso darvi. Non me ne volete.
Se in questo momento state veramente combattendo contro il vostro disturbo alimentare, sicuramente avete un obiettivo in lontananza che vi pare estremamente difficile da raggiungere in questo momento. Ma se volete raggiungerlo, dovete mangiare per sostenervi. Non è una soluzione a lungo termine, ma è l’inizio di una possibile soluzione. Sostenetevi. Potrete preoccuparvi di come mangiare correttamente senza più bisogno di “stampelle” come l’ “equilibrio alimentare” quando avrete mangiato a sufficienza da poter sopravvivere e da poter far funzionare correttamente la vostra testa. Capite cosa intendo? Alla fine, dovete dare al vostro corpo quello di cui necessita per funzionare. Forse la parola “riempire” fa paura… ma in realtà anche la parola “privare” può diventare un’arma a doppio taglio estremamente terribile. Perciò, usiamo la parola “sostenere”. E quando il vostro corpo inizierà a ringraziarvi perché lo state nutrendo, la vostra mente comincerà a poco a poco a rilavorare nella maniera corretta per permettervi di affrontare il vostro passato e proiettarvi nel futuro.
Non pretendete di scalare una montagna tutta d’un balzo. Contentatevi di arrampicarvi innanzitutto su delle colline.
Quando non ci si nutre in maniera adeguata, la nostra mente lavora contro di noi. Distorce la realtà. Me ne sono accorta solo venendone fuori di quanto erano bacate le cose che pensavo quando ci stavo dentro, e che pure sul momento mi parevano perfettamente normali. È stato perciò sorprendente vedere quanto la mia mente si sia schiarita.
Talvolta, quando vi trovate sull’orlo dell’abisso, la cosa migliore da fare è NON pensare. Non pensare a niente. Semplicemente agire. Provare a mangiare. Provarci. E iniziare a lavorare sul sintomo e sui vissuti solo quando la vostra mente sarà in grado di farlo con lucidità. È una dura lotta, e non mancheranno i momenti bui e le emozioni negative, ma saranno pur sempre meglio del continuare a percorrere la spirale discendente dell’anoressia… perché continuare a scendere la discesa, non è il giusto modo per arrampicarsi su una collina.
Sarà molto più semplice fare autoanalisi dopo che il vostro corpo si sarà ristabilito. Dovete fare in modo di tacitare la voce dell’anoressia, per lasciare spazio alla vostra vera voce. Ci vuole un sacco di lavoro e di perseveranza, ma potete farlo se lo volete veramente. Avete tutte le potenzialità. All’inizio è sempre difficile, ma una volta fatto il primo passo gli altri seguono con molta più facilità.
State già combattendo la vostra battaglia contro i disturbi alimentari. Non avete nessun bisogno di un’altra battaglia che si svolga dentro di voi. Lasciate che l’unica lotta che ha luogo sia quella di Voi VS DCA, e non quella di mente VS corpo.
Specialmente se vi accompagna da molto tempo, finisce per diventare come un’etichetta, un appiglio, un meccanismo per sopravvivere, dentro il quale la vostra mente finisce per restare intrappolata. Dentro questa prigione che non ha sbarre, non ha mura, non ha odore. Questa prigione per la mente.
Mi piacerebbe tanto avere le parole magiche per poter cambiare tutto questo. Mi piacerebbe tanto riuscire a dire cose che vi farebbero sentire meglio distaccandovi dal sintomo. Ma purtroppo, non ho questo potere. Le mie parole sono imperfette… ma sono tutto quello che posso darvi. Non me ne volete.
Se in questo momento state veramente combattendo contro il vostro disturbo alimentare, sicuramente avete un obiettivo in lontananza che vi pare estremamente difficile da raggiungere in questo momento. Ma se volete raggiungerlo, dovete mangiare per sostenervi. Non è una soluzione a lungo termine, ma è l’inizio di una possibile soluzione. Sostenetevi. Potrete preoccuparvi di come mangiare correttamente senza più bisogno di “stampelle” come l’ “equilibrio alimentare” quando avrete mangiato a sufficienza da poter sopravvivere e da poter far funzionare correttamente la vostra testa. Capite cosa intendo? Alla fine, dovete dare al vostro corpo quello di cui necessita per funzionare. Forse la parola “riempire” fa paura… ma in realtà anche la parola “privare” può diventare un’arma a doppio taglio estremamente terribile. Perciò, usiamo la parola “sostenere”. E quando il vostro corpo inizierà a ringraziarvi perché lo state nutrendo, la vostra mente comincerà a poco a poco a rilavorare nella maniera corretta per permettervi di affrontare il vostro passato e proiettarvi nel futuro.
Non pretendete di scalare una montagna tutta d’un balzo. Contentatevi di arrampicarvi innanzitutto su delle colline.
Quando non ci si nutre in maniera adeguata, la nostra mente lavora contro di noi. Distorce la realtà. Me ne sono accorta solo venendone fuori di quanto erano bacate le cose che pensavo quando ci stavo dentro, e che pure sul momento mi parevano perfettamente normali. È stato perciò sorprendente vedere quanto la mia mente si sia schiarita.
Talvolta, quando vi trovate sull’orlo dell’abisso, la cosa migliore da fare è NON pensare. Non pensare a niente. Semplicemente agire. Provare a mangiare. Provarci. E iniziare a lavorare sul sintomo e sui vissuti solo quando la vostra mente sarà in grado di farlo con lucidità. È una dura lotta, e non mancheranno i momenti bui e le emozioni negative, ma saranno pur sempre meglio del continuare a percorrere la spirale discendente dell’anoressia… perché continuare a scendere la discesa, non è il giusto modo per arrampicarsi su una collina.
Sarà molto più semplice fare autoanalisi dopo che il vostro corpo si sarà ristabilito. Dovete fare in modo di tacitare la voce dell’anoressia, per lasciare spazio alla vostra vera voce. Ci vuole un sacco di lavoro e di perseveranza, ma potete farlo se lo volete veramente. Avete tutte le potenzialità. All’inizio è sempre difficile, ma una volta fatto il primo passo gli altri seguono con molta più facilità.
State già combattendo la vostra battaglia contro i disturbi alimentari. Non avete nessun bisogno di un’altra battaglia che si svolga dentro di voi. Lasciate che l’unica lotta che ha luogo sia quella di Voi VS DCA, e non quella di mente VS corpo.
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