Visualizzazione post con etichetta modelle. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta modelle. Mostra tutti i post
venerdì 30 gennaio 2015
L'esposizione alle foto di modelle eccessivamente magre può causare DCA? - Anoressia e Bulimia in donne cieche
Come molte di voi sicuramente sapranno, la rivista Vouge conduce da tempo una campagna contro le modelle “troppo magre” (e “troppo giovani”). Questo potrebbe sembrare un passo nella giusta direzione, no, un grande passo nella giusta direzione, uno di quelli che merita un applauso, uno strenuo tentativo di ridurre la prevalenza dell'anoressia, giusto? La logica della stragrande maggioranza degli articoli di Vouge, implicita od esplicita che sia, sembra essere: niente più modelle magrissime = niente più ragazzine che aspirano a diventare come quelle modelle magrissime = niente più anoressia.
La salute delle modelle e dei modelli è salita alla ribalta dei Mass Media da quando, negli anni passati, nel mondo della moda ci sono stati alcuni decessi di modelle che sono stati attribuiti all'anoressia. Precisato che, in realtà, non si muore propriamente di anoressia, ma semmai delle conseguenze dell'anoressia, occorre notare che Vouge ha bersagliato non solo le modelle eccessivamente magre, ma anche l'impatto che queste avrebbero potuto avere sulle giovani menti di ragazzine poste di fronte ad immagini di fisici che erano ben lontani dall'essere in salute.
I 19 editori di Vouge sparsi per tutto il mondo si sono allora organizzati per mettere in piedi un progetto mirante a proteggere l'immagine di modelle sane. Si sono trovati tutti quanti d'accordo nel “non far lavorare modelle di età inferiore ai 16 anni o che sembrano visivamente malate di DCA. […] Vouge crede che la salute sia bellezza. Gli editori di Vouge vogliono che la loro rivista rifletta la loro dedizione verso la salute delle modelle che appaiono nelle loro pagine. […] Gli organizzatori delle sfilate di moda in Italia e in Spagna proibiranno di fare passerelle alle modelle che scenderanno sotto un certo valore di B.M.I.” (mia traduzione)
Non so voi, ma a me queste parole sembrano tanto quelle di quei predicatori di strada che incitano a gran voce la gente ad unirsi al proprio movimento religioso... ma vabbè. Però ho quantomeno alcune domande e alcune riflessioni.
Cosa significa esattamente “sembrare visivamente malate di DCA”? Le persone affette da bulimia, per definizione del DSM, sono tendenzialmente normopeso o sovrappeso: il che non significa che non abbiano comunque un DCA. Per converso, essere fisicamente magre non significa necessariamente avere un DCA.
Avere un B.M.I. sopra o sotto un certo valore, non è un marker di “buona salute”. E questo non lo dico io, ma è dimostrato in questo studio. Per chi non avesse voglia di leggerlo, in breve, l'indice B.M.I. non ha una derivazione prettamente scientifica, e non ha alcun valore se applicato su base individuale: serve solo come misura di massima collettiva, per il singolo è opportuno considerare il Set-Point di peso corporeo individuale.
Infine, il discorso fatto da Vouge perpetua il falso luogo comune che guardare le immagini di modelle eccessivamente magre per molto tempo possa portare a sviluppare un DCA. Non è vero. Okay, gli articoli di Vouge non lo dicono esplicitamente, però mettono sempre in relazione la comparsa di DCA nelle ragazzine particolarmente sensibili ed influenzabili con le modelle eccessivamente magre. Io non credo che guardare quelle immagini, per quanto a lungo, possa causare un DCA, altrimenti visto che quelle immagini sono sotto gli occhi di tutti, se ci fosse effettivamente una relazione di causa-effetto, chiunque avrebbe un DCA. Vedere immagini del genere può influenzate l'idea sul proprio corpo di una qualsiasi donna? È possibile. Ma da qui allo scatenare un DCA, ne corre di acqua sotto i ponti! Ergo, ribadisco che io sono dell'idea che le immagini di modelle eccessivamente magre non influenzi l'insorgenza dell'anoressia.
Okay, adesso qualcuna di voi mi potrà dire: va bene, Veggie, ma queste sono solo tue riflessioni e supposizioni, che non hanno alcuna validità scientifica. Vero. Ed è per questo che oggi voglio portarvi la scientifica dimostrazione che il postulato “l'anoressia è causata dalla società odierna, con la sua ossessione per la magrezza, e con la promozione di immagini di modelle eccessivamente magre” è FALSO.
Premessa su cui mi baso: se fosse vero che il vedere le immagini di modelle eccessivamente magre causa l'anoressia, allora le donne cieche, soprattutto quelle cieche dalla nascita, sono immuni all'anoressia.
Per dimostrare la mia teoria ho raccolto alcuni case report che parlano di DCA in pazienti cieche. Sfortunatamente diversi di questi non solo molto recenti, perchè penso sarebbe stato interessante avere anche della letteratura più aggiornata. Inoltre, peso che i Mass Media non abbiano mai parlato di queste cose (sebbene non lo possa dire con assoluta certezza, poichè non ho seguito ogni qualsiasi programma televisivo relativo ai DCA). Io citerò solo alcuni di questi case report, ma considerate che ce ne sono molti altri.
***Attenzione: Come d'abitudine nel mio blog, ho tolto dai case report di cui vi sto per parlare ogni qualsiasi dato numerico, MA alcuni dei contenuti di questi case report potrebbero comunque rappresentare un trigger, soprattutto per chi ha problemi di autolesionismo.***
Case Report 1: Una donna 27enne cieca affetta da Anoressia Nervosa (Yager, 1986)
Background
"Divenuta completamente cieca all'età di 2 anni, ha attraversato un'infanzia molto travagliata: è stata vittima di bullismo in ambiente scolastico, ed i suoi genitori, entrambi alcoolisti, avevano una relazione difficile. Avevano divorziato quando lei aveva 6 anni, risposati dopo 4 anni, divorziato di nuovo dopo altri 10 anni. Quando ha scoperto che il padre era infedele nei confronti della madre, ha sviluppato la convinzione che “non c'era nessuno di cui potersi fidare, neanche chi dice di volerti bene”. Uno dei suoi nonni si è suicidato, e uno zio è morto per problemi di cirrosi alcool-correlati. Sua sorella maggiore aveva periodici episodi di binge. L'altra sua sorella si era allontanata dalla famiglia appena maggiorenne, ed aveva avuto dei problemi di tossicodipendenza.
A 13 anni ha avuto il menarca e si è sviluppata fisicamente. Ha vissuto molto male lo sviluppo, ed è andata rapidamente in amenorrea per una combinazione di perdita di peso e rifiuto psicologico.
A 18 anni si è iscritta al Conservatorio allontanandosi dall'insalubre ambiente domestico, ma dopo essere stata allontanata dal Conservatorio stesso senza una ragionevole spiegazione (“a causa della sua cecità gli insegnanti non riuscivano a relazionarsi a lei”), ha avuto un crollo nervoso e sviluppato una severa depressione. Ha cominciato ad avere episodi di autolesionismo molto severi, per cui si tagliava ripetutamente, sempre nelle stesse sedi, perchè aveva maturato l'idea che le ferite dovevano rimanere sempre aperte altrimenti lei sarebbe stata “una cattiva persona”.
Durante il periodo più acuto della depressione, ha iniziato anche a perdere peso (sebbene fosse sempre stata una ragazza perfettamente normopeso, e non ne avesse dunque alcun reale bisogno), ed è stata ricoverata in ospedale quando ha raggiuto i XX chili. Negli anni successivi ha avuto altri occasionali ricoveri per tentativi di suicidio.
Allo stesso tempo, le è stata diagnosticata l'anoressia: aveva un peso molto basso e non aveva alcun interesse nel recuperare i chili persi, faceva attività fisica per diverse ore quotidianamente, la sua alimentazione era molto scarsa e costituita per lo più da frutta e verdura.
Faceva frequentemente checking, e la sua percezione di se stessa era incostante: “A volte mi sentivo magra, altre no, ed era una qualcosa che cambiava da un giorno all'altro”. Era consapevole che le sue variazioni di peso erano più che altro dovute a ritenzione/perdita di liquidi, ciò nonostante non si sentiva a suo agio con se stessa. Durante il periodo acuto dell'anoressia la depressione si era attenuata, ma persistevano episodi di autolesionismo seppure più sporadici.
È stata trattata con diversi tipi di farmaci (antidepressivi, litio, etc...) e anche con 12 sessioni di ECT, senza sortire alcun effetto concreto: era rimasta ad un peso basso, e con una forma mentis caratteristica dell'anoressia." (mia traduzione)
La discussione di questo case report l'ho trovata piuttosto interessante. C'è infatti un altro luogo comune secondo il quale cattivi rapporti con la propria madre, o famiglie incasinate, siano importanti fattori che possono portare allo sviluppo di un DCA (il che può essere vero in questo caso di specie, ma certamente NON in tutti i casi di anoressia). Nessuna discussione sui Mass media sembra tuttavia mettere in primo piano questi tipi di fattori, che implicherebbero che la continua esposizione visiva all' “ideale di magrezza” non è affatto necessaria per sviluppare l'anoressia.
“[...] La meticolosità con cui gestiva la sua alimentazione, l'episodio di depressione, le continue discussioni dei genitori, l'autolesionismo hanno rappresentato un background di vulnerabilità per questa ragazza. La consequenziale anoressia è emersa in un periodo in cui si sentiva completamente priva di direzione e di obiettivi – nel momento in cui la sua considerazione di sè ha raggiunto il minimo dopo essere stata espulsa dal Conservatorio; l'anoressia le ha dato un'identità nel momento in cui, persa quella di musicista in erba, ne cercava disperatamente un'altra.” (mia traduzione)
Il perfezionismo che questa ragazza aveva in quanto studentessa del Conservatorio, la presenza di binge in una delle sorelle, e il clima in cui è cresciuta possono essere stati inoltre fattori contribuenti allo sviluppo dell'anoressia.
Case Report 2: Rita (Vandereycken, 1986)
Background
"Rita aveva dei severi problemi di vista sin dalla nascita (miopia e nistagmo congenito con una visione a distanza di 1/20 anche dopo correzione). I suoi genitori avevano il loro bel da fare a causa del padre in trattamento psicofarmacologico continuativo per depressione cronica. Rita aveva degli ottimi risultati scolastici e veniva descritta dagli insegnanti come “una ragazza molto precisa con una grande paura di fallire”. Il suo primo ricovero ospedaliero per anoressia si è realizzato all'età di 17 anni (nel 1978).
Aveva iniziato a perdere peso durante l'anno precedente, e i genitori avevano ascritto questa perdita di peso allo stress dovuto all'ingente studio cui la ragazza si sottoponeva per conseguire i suoi ottimi voti, e sul momento non vi avevano prestato particolare attenzione. Durante le vacanze estive, l'intervento del medico di famiglia aveva permesso a Rita di recuperare il peso perso... ma, apparentemente, più che altro a causa di ripetuti episodi di binge. Con l'inizio del nuovo anno scolastico, tuttavia, aveva ricominciato a perdere peso, associandovi anche alcuni episodi di vomito autoindotto. Era diventata iperattiva, ed aveva difficoltà a dormire e a studiare. La perdita di peso l'aveva costretta ad un ricovero ospedaliero." (mia traduzione)
Gli autori del case report si limitano a concludere dicendo che: “In questo caso, sembra che l'anoressia sia stata l'espressione di un perfezionismo nato in ambito scolastico e successivamente generalizzato e portato all'estremo.” (mia traduzione)
Sebbene questa conclusione mi sembri un po' misera, perchè non tiene conto di tutto il background della ragazza in questione, questo case report mette comunque in luce il fatto che dietro all'anoressia c'è ben di più del voler essere magra come le modelle. In effetti, nella pressochè totalità dei casi, non ha niente a che vedere col voler fare la modella, a differenza di ciò che il luogo comune vuol far credere.
Case Report 3: Claire (Vandereyhen, 1986)
Background
"Claire era nata cieca. Era stata una bambina tranquilla, intelligente e determinata. Tuttavia, all'età di 14 anni, senza cause apparenti, aveva iniziato a restringere l'alimentazione riportando, come in tutte le iniziative che intraprendeva, un discreto successo. Era sottopeso già in partenza, per cui la perdita di peso l'aveva portata a valori estremamente bassi.
Nel momento in cui era comparsa l'amenorrea, i suoi genitori preoccupati si erano rivolti al medico di famiglia, che aveva girato la ragazza ad uno psichiatra. Claire era stata ricoverata in una clinica specializzata, ma il ricovero non aveva sortito l'effetto desiderato perchè la ragazza non era collaborativa (si definiva “sana e a suo agio con se stessa”). La perdita di peso perciò era andata avanti fino a raggiungere XX chili, e solo in quel momento Claire aveva cominciato ad aver paura che qualcosa sarebbe potuto andare storto con quel suo corpo esilissimo. A quel punto, era stata la ragazza stessa a richiedere un ricovero. Inizialmente aveva cercato di essere quanto più autonoma possibile, ma la sua cecità non facilitava le cose, per cui durante quel ricovero non vi furono particolari miglioramenti.
Tuttavia, grazie alla costante presenza di una psicoterapeuta che la seguiva ambulatorialmente, venne fuori che la ragazza viveva malissimo il suo handicap, per cui Claire iniziò a lavorare su come poter convivere più serenamente con la propria cecità. Man mano che faceva progressi su questo fronte, anche il quadro alimentare cominciò a migliorare. Attualmente Claire ha 19 anni, e sta continuando il suo percorso di ricovero. Sta affrontando la problematica della cecità in maniera quanto più realistica possibile, ma poichè è ancora incerta in merito all'anoressia, preferisce essere ancora seguita regolarmente dalla psicoterapeuta." (mia traduzione)
Quello che mi piace della discussione di questo caso clinico è che Vandereycken afferma che:
“L'idea che la distorsione dell'immagine corporea e che il valore sociale della magrezza siano fattori molto importanti nella comparsa dell'anoressia, parte da premesse del tutto ingiustificate.
Innanzitutto, il fatto che il vedersi più grasse di quello che si è realmente sia un tipico e patognomonico [caratteristico di una malattia] segno dell'anoressia non è mai stato dimostrato. La dismorfofobia può essere presente in alcune ragazze affette da anoressia, ma anche in persone che non hanno alcun DCA. Inoltre ci sono donne affette da anoressia che non presentano dismorfofobia. Poichè la presenza di dismorfofobia non è costante nelle malate di anoressia, e può esserci anche in chi non ha un DCA, la distorsione dell'immagine corporea dovrebbe essere tolta dai criteri diagnostici dell'anoressia nervosa.
Inoltre c'è un altro errore che viene fatto: il considerare equiparate immagine corporea ed estimazione corporea. Tutti gli studi sperimentali che sono stat finora condotti sull'anoressia nervosa, fanno per lo più riferimento ad una percezione esterna o visiva (eserocezione) del proprio corpo o della propria fisicità, ma non tengono conto d altri importantissimi fattori quali interocezione, propriocezione e cognizione. Quando una ragazza affetta da anoressia dice di “sentirsi non abbastanza magra” anche se è emaciata, stiamo parlando di un qualcosa che è molto più complesso del semplice malgiudicare la propria fisicità.
Un'altra falsa premessa è relativa al fatto che si considerano le alterazioni della percezione dell'immagine corporea come un fattore eziologico dell'anoressia: in realtà, questi fenomeni sono più che altro secondari, come conseguenza dell'ipoalimentazione.
E' ugualmente semplicistico l'assunto che l'influenza della società odierna, con la sopravvalutazione della magrezza, causa l'anoressia e la bulimia: la società e la sua influenza sul singolo individuo non sono un assoluto, bensì sono ampiamente mediate dal carattere dell'individuo, dalla sua psicologia, dalle sue esperienza di vita, dal contesto in cui vive. Per cui è impossibile affermare che un determinato fattore ha lo stesso effetto su ogni qualsiasi persona, ed è di fatto impossibile predire quale sarà la sua reale incidenza sul singolo.
L'anoressia è una malattia che può essere compresa solo mediante un approccio multidisciplinare e multidimensionale. La malattia in sè è solo l'espressione finale di numerosissime strade diverse da loro, che si compongono di individuali fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti.” (mia traduzione)
Io non posso che quotare in pieno tutto quanto affermato dall'autore dello studio. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che l'eventuale dismorfofobia non è una causa bensì una possibile conseguenza dell'anoressia.
Personalmente, fortunatamente non ho mai sofferto di dismorfofobia. Non mi sono mai vista grassa, e non ho mai voluto perdere peso semplicemente perchè volevo dimagrire. Però inizialmente, quando ho iniziato il mio primo percorso di ricovero, volevo conservare quella magrezza patologica semplicemente perchè mi sembrava la dimostrazione tangibile del mio controllo. Tuttavia, continuando il mio percorso, mi appariva chiaro che io non volevo stare male, volevo tornare al mio set-point di peso corporeo. Volevo poter vivere tranquillamente la mia vita. Ma per arrivare a questo dovevo lasciare che fosse la dietista a dirmi cosa e quanto mangiare, e io questo inizialmente ho faticato ad accettarlo non tanto per l'aumento di peso in sè, bensì fondamentalmente perchè questo per me indicava che non avevo più io il controllo.
Tuttavia la mia percezione della mia fisicità (come sentivo il mio corpo, come mi vedevo allo specchio, l'accuratezza della mia auto-percezione) è sempre stata attendibile e fedele alla realtà. Non mi sono mai “sentita grassa”, e non ho mai voluto peculiarmente perdere peso.
Case Report 4: Cecità e Bulimia (Fernandez-Aranda, 2006)
Questo case report è relativo a diagnosi e trattamento di un caso di bulimia nervosa in una donna spagnola 47enne cieca. Questo caso presenta come caratteristiche fondamentali l'esordio in tarda età del DCA, l'alternanza di episodi di restrizione alimentare, episodi di binge, e conseguente vomito aiuto-indotto, e gravi difficoltà ad arginare i momenti di stress. Fin dall'inizio si evince che l'immagine corporea per questa donna non era essenziale.
"Sin dall'età di 43 anni (età d'esordio del DCA) la paziente descriveva la presenza di episodi di abbuffate seguite da vomito auto-indotto, scatenanti ed incrementati da fattori di stress psicosociali. Inoltre la donna riferisca la costante presenza di sintomi ansiosi e depressivi. Durante gli ultimi 4 anni, a causa del DCA la paziente aveva preso più di XX chili. Prima del DCA il peso della paziente si collocava nella fascia più bassa del normopeso, e la donna non aveva mai mostrato alterazioni dell'immagine corporea nè la voglia di perdere peso.” (mia traduzione)
Cosa concludono Fernandez-Aranda e i suoi colleghi?
“In questo caso, la bulimia sembra essere una conseguenza dell'attuazione di un'inappropriata strategia di coping nei confronti dello stress, e non ha niente a che vedere con l'insoddisfazione nei confronti del proprio corpo. In effetti, nella maggior parte dei casi un DCA non è dovuto ad un problema di fisicità, ma alle difficoltà che una persona ha nel rapportarsi ai problemi della sua vita.” (mia traduzione)
Anche in questo, mi trovo pienamente d'accordo. Vi ricordo inoltre che, tornando a quello che dicevo di voler dimostrare ad inizio post, in tutti i casi stiamo parlando di donne cieche, che dunque non hanno la possibilità di guardarsi allo specchio e di avere quindi una percezione visiva della propria fisicità. Non potevano neanche vedere immagini di modelle particolarmente magre, o confrontarsi col fisico delle loro coetanee... eppure, hanno ugualmente sviluppato un DCA.
E voi cosa ne pensate di questi Case Report? Se vi va, fatemi sapere come la pensate nei commenti!
La salute delle modelle e dei modelli è salita alla ribalta dei Mass Media da quando, negli anni passati, nel mondo della moda ci sono stati alcuni decessi di modelle che sono stati attribuiti all'anoressia. Precisato che, in realtà, non si muore propriamente di anoressia, ma semmai delle conseguenze dell'anoressia, occorre notare che Vouge ha bersagliato non solo le modelle eccessivamente magre, ma anche l'impatto che queste avrebbero potuto avere sulle giovani menti di ragazzine poste di fronte ad immagini di fisici che erano ben lontani dall'essere in salute.
I 19 editori di Vouge sparsi per tutto il mondo si sono allora organizzati per mettere in piedi un progetto mirante a proteggere l'immagine di modelle sane. Si sono trovati tutti quanti d'accordo nel “non far lavorare modelle di età inferiore ai 16 anni o che sembrano visivamente malate di DCA. […] Vouge crede che la salute sia bellezza. Gli editori di Vouge vogliono che la loro rivista rifletta la loro dedizione verso la salute delle modelle che appaiono nelle loro pagine. […] Gli organizzatori delle sfilate di moda in Italia e in Spagna proibiranno di fare passerelle alle modelle che scenderanno sotto un certo valore di B.M.I.” (mia traduzione)
Non so voi, ma a me queste parole sembrano tanto quelle di quei predicatori di strada che incitano a gran voce la gente ad unirsi al proprio movimento religioso... ma vabbè. Però ho quantomeno alcune domande e alcune riflessioni.
Cosa significa esattamente “sembrare visivamente malate di DCA”? Le persone affette da bulimia, per definizione del DSM, sono tendenzialmente normopeso o sovrappeso: il che non significa che non abbiano comunque un DCA. Per converso, essere fisicamente magre non significa necessariamente avere un DCA.
Avere un B.M.I. sopra o sotto un certo valore, non è un marker di “buona salute”. E questo non lo dico io, ma è dimostrato in questo studio. Per chi non avesse voglia di leggerlo, in breve, l'indice B.M.I. non ha una derivazione prettamente scientifica, e non ha alcun valore se applicato su base individuale: serve solo come misura di massima collettiva, per il singolo è opportuno considerare il Set-Point di peso corporeo individuale.
Infine, il discorso fatto da Vouge perpetua il falso luogo comune che guardare le immagini di modelle eccessivamente magre per molto tempo possa portare a sviluppare un DCA. Non è vero. Okay, gli articoli di Vouge non lo dicono esplicitamente, però mettono sempre in relazione la comparsa di DCA nelle ragazzine particolarmente sensibili ed influenzabili con le modelle eccessivamente magre. Io non credo che guardare quelle immagini, per quanto a lungo, possa causare un DCA, altrimenti visto che quelle immagini sono sotto gli occhi di tutti, se ci fosse effettivamente una relazione di causa-effetto, chiunque avrebbe un DCA. Vedere immagini del genere può influenzate l'idea sul proprio corpo di una qualsiasi donna? È possibile. Ma da qui allo scatenare un DCA, ne corre di acqua sotto i ponti! Ergo, ribadisco che io sono dell'idea che le immagini di modelle eccessivamente magre non influenzi l'insorgenza dell'anoressia.
Okay, adesso qualcuna di voi mi potrà dire: va bene, Veggie, ma queste sono solo tue riflessioni e supposizioni, che non hanno alcuna validità scientifica. Vero. Ed è per questo che oggi voglio portarvi la scientifica dimostrazione che il postulato “l'anoressia è causata dalla società odierna, con la sua ossessione per la magrezza, e con la promozione di immagini di modelle eccessivamente magre” è FALSO.
Premessa su cui mi baso: se fosse vero che il vedere le immagini di modelle eccessivamente magre causa l'anoressia, allora le donne cieche, soprattutto quelle cieche dalla nascita, sono immuni all'anoressia.
Per dimostrare la mia teoria ho raccolto alcuni case report che parlano di DCA in pazienti cieche. Sfortunatamente diversi di questi non solo molto recenti, perchè penso sarebbe stato interessante avere anche della letteratura più aggiornata. Inoltre, peso che i Mass Media non abbiano mai parlato di queste cose (sebbene non lo possa dire con assoluta certezza, poichè non ho seguito ogni qualsiasi programma televisivo relativo ai DCA). Io citerò solo alcuni di questi case report, ma considerate che ce ne sono molti altri.
***Attenzione: Come d'abitudine nel mio blog, ho tolto dai case report di cui vi sto per parlare ogni qualsiasi dato numerico, MA alcuni dei contenuti di questi case report potrebbero comunque rappresentare un trigger, soprattutto per chi ha problemi di autolesionismo.***
Case Report 1: Una donna 27enne cieca affetta da Anoressia Nervosa (Yager, 1986)
Background
"Divenuta completamente cieca all'età di 2 anni, ha attraversato un'infanzia molto travagliata: è stata vittima di bullismo in ambiente scolastico, ed i suoi genitori, entrambi alcoolisti, avevano una relazione difficile. Avevano divorziato quando lei aveva 6 anni, risposati dopo 4 anni, divorziato di nuovo dopo altri 10 anni. Quando ha scoperto che il padre era infedele nei confronti della madre, ha sviluppato la convinzione che “non c'era nessuno di cui potersi fidare, neanche chi dice di volerti bene”. Uno dei suoi nonni si è suicidato, e uno zio è morto per problemi di cirrosi alcool-correlati. Sua sorella maggiore aveva periodici episodi di binge. L'altra sua sorella si era allontanata dalla famiglia appena maggiorenne, ed aveva avuto dei problemi di tossicodipendenza.
A 13 anni ha avuto il menarca e si è sviluppata fisicamente. Ha vissuto molto male lo sviluppo, ed è andata rapidamente in amenorrea per una combinazione di perdita di peso e rifiuto psicologico.
A 18 anni si è iscritta al Conservatorio allontanandosi dall'insalubre ambiente domestico, ma dopo essere stata allontanata dal Conservatorio stesso senza una ragionevole spiegazione (“a causa della sua cecità gli insegnanti non riuscivano a relazionarsi a lei”), ha avuto un crollo nervoso e sviluppato una severa depressione. Ha cominciato ad avere episodi di autolesionismo molto severi, per cui si tagliava ripetutamente, sempre nelle stesse sedi, perchè aveva maturato l'idea che le ferite dovevano rimanere sempre aperte altrimenti lei sarebbe stata “una cattiva persona”.
Durante il periodo più acuto della depressione, ha iniziato anche a perdere peso (sebbene fosse sempre stata una ragazza perfettamente normopeso, e non ne avesse dunque alcun reale bisogno), ed è stata ricoverata in ospedale quando ha raggiuto i XX chili. Negli anni successivi ha avuto altri occasionali ricoveri per tentativi di suicidio.
Allo stesso tempo, le è stata diagnosticata l'anoressia: aveva un peso molto basso e non aveva alcun interesse nel recuperare i chili persi, faceva attività fisica per diverse ore quotidianamente, la sua alimentazione era molto scarsa e costituita per lo più da frutta e verdura.
Faceva frequentemente checking, e la sua percezione di se stessa era incostante: “A volte mi sentivo magra, altre no, ed era una qualcosa che cambiava da un giorno all'altro”. Era consapevole che le sue variazioni di peso erano più che altro dovute a ritenzione/perdita di liquidi, ciò nonostante non si sentiva a suo agio con se stessa. Durante il periodo acuto dell'anoressia la depressione si era attenuata, ma persistevano episodi di autolesionismo seppure più sporadici.
È stata trattata con diversi tipi di farmaci (antidepressivi, litio, etc...) e anche con 12 sessioni di ECT, senza sortire alcun effetto concreto: era rimasta ad un peso basso, e con una forma mentis caratteristica dell'anoressia." (mia traduzione)
La discussione di questo case report l'ho trovata piuttosto interessante. C'è infatti un altro luogo comune secondo il quale cattivi rapporti con la propria madre, o famiglie incasinate, siano importanti fattori che possono portare allo sviluppo di un DCA (il che può essere vero in questo caso di specie, ma certamente NON in tutti i casi di anoressia). Nessuna discussione sui Mass media sembra tuttavia mettere in primo piano questi tipi di fattori, che implicherebbero che la continua esposizione visiva all' “ideale di magrezza” non è affatto necessaria per sviluppare l'anoressia.
“[...] La meticolosità con cui gestiva la sua alimentazione, l'episodio di depressione, le continue discussioni dei genitori, l'autolesionismo hanno rappresentato un background di vulnerabilità per questa ragazza. La consequenziale anoressia è emersa in un periodo in cui si sentiva completamente priva di direzione e di obiettivi – nel momento in cui la sua considerazione di sè ha raggiunto il minimo dopo essere stata espulsa dal Conservatorio; l'anoressia le ha dato un'identità nel momento in cui, persa quella di musicista in erba, ne cercava disperatamente un'altra.” (mia traduzione)
Il perfezionismo che questa ragazza aveva in quanto studentessa del Conservatorio, la presenza di binge in una delle sorelle, e il clima in cui è cresciuta possono essere stati inoltre fattori contribuenti allo sviluppo dell'anoressia.
Case Report 2: Rita (Vandereycken, 1986)
Background
"Rita aveva dei severi problemi di vista sin dalla nascita (miopia e nistagmo congenito con una visione a distanza di 1/20 anche dopo correzione). I suoi genitori avevano il loro bel da fare a causa del padre in trattamento psicofarmacologico continuativo per depressione cronica. Rita aveva degli ottimi risultati scolastici e veniva descritta dagli insegnanti come “una ragazza molto precisa con una grande paura di fallire”. Il suo primo ricovero ospedaliero per anoressia si è realizzato all'età di 17 anni (nel 1978).
Aveva iniziato a perdere peso durante l'anno precedente, e i genitori avevano ascritto questa perdita di peso allo stress dovuto all'ingente studio cui la ragazza si sottoponeva per conseguire i suoi ottimi voti, e sul momento non vi avevano prestato particolare attenzione. Durante le vacanze estive, l'intervento del medico di famiglia aveva permesso a Rita di recuperare il peso perso... ma, apparentemente, più che altro a causa di ripetuti episodi di binge. Con l'inizio del nuovo anno scolastico, tuttavia, aveva ricominciato a perdere peso, associandovi anche alcuni episodi di vomito autoindotto. Era diventata iperattiva, ed aveva difficoltà a dormire e a studiare. La perdita di peso l'aveva costretta ad un ricovero ospedaliero." (mia traduzione)
Gli autori del case report si limitano a concludere dicendo che: “In questo caso, sembra che l'anoressia sia stata l'espressione di un perfezionismo nato in ambito scolastico e successivamente generalizzato e portato all'estremo.” (mia traduzione)
Sebbene questa conclusione mi sembri un po' misera, perchè non tiene conto di tutto il background della ragazza in questione, questo case report mette comunque in luce il fatto che dietro all'anoressia c'è ben di più del voler essere magra come le modelle. In effetti, nella pressochè totalità dei casi, non ha niente a che vedere col voler fare la modella, a differenza di ciò che il luogo comune vuol far credere.
Case Report 3: Claire (Vandereyhen, 1986)
Background
"Claire era nata cieca. Era stata una bambina tranquilla, intelligente e determinata. Tuttavia, all'età di 14 anni, senza cause apparenti, aveva iniziato a restringere l'alimentazione riportando, come in tutte le iniziative che intraprendeva, un discreto successo. Era sottopeso già in partenza, per cui la perdita di peso l'aveva portata a valori estremamente bassi.
Nel momento in cui era comparsa l'amenorrea, i suoi genitori preoccupati si erano rivolti al medico di famiglia, che aveva girato la ragazza ad uno psichiatra. Claire era stata ricoverata in una clinica specializzata, ma il ricovero non aveva sortito l'effetto desiderato perchè la ragazza non era collaborativa (si definiva “sana e a suo agio con se stessa”). La perdita di peso perciò era andata avanti fino a raggiungere XX chili, e solo in quel momento Claire aveva cominciato ad aver paura che qualcosa sarebbe potuto andare storto con quel suo corpo esilissimo. A quel punto, era stata la ragazza stessa a richiedere un ricovero. Inizialmente aveva cercato di essere quanto più autonoma possibile, ma la sua cecità non facilitava le cose, per cui durante quel ricovero non vi furono particolari miglioramenti.
Tuttavia, grazie alla costante presenza di una psicoterapeuta che la seguiva ambulatorialmente, venne fuori che la ragazza viveva malissimo il suo handicap, per cui Claire iniziò a lavorare su come poter convivere più serenamente con la propria cecità. Man mano che faceva progressi su questo fronte, anche il quadro alimentare cominciò a migliorare. Attualmente Claire ha 19 anni, e sta continuando il suo percorso di ricovero. Sta affrontando la problematica della cecità in maniera quanto più realistica possibile, ma poichè è ancora incerta in merito all'anoressia, preferisce essere ancora seguita regolarmente dalla psicoterapeuta." (mia traduzione)
Quello che mi piace della discussione di questo caso clinico è che Vandereycken afferma che:
“L'idea che la distorsione dell'immagine corporea e che il valore sociale della magrezza siano fattori molto importanti nella comparsa dell'anoressia, parte da premesse del tutto ingiustificate.
Innanzitutto, il fatto che il vedersi più grasse di quello che si è realmente sia un tipico e patognomonico [caratteristico di una malattia] segno dell'anoressia non è mai stato dimostrato. La dismorfofobia può essere presente in alcune ragazze affette da anoressia, ma anche in persone che non hanno alcun DCA. Inoltre ci sono donne affette da anoressia che non presentano dismorfofobia. Poichè la presenza di dismorfofobia non è costante nelle malate di anoressia, e può esserci anche in chi non ha un DCA, la distorsione dell'immagine corporea dovrebbe essere tolta dai criteri diagnostici dell'anoressia nervosa.
Inoltre c'è un altro errore che viene fatto: il considerare equiparate immagine corporea ed estimazione corporea. Tutti gli studi sperimentali che sono stat finora condotti sull'anoressia nervosa, fanno per lo più riferimento ad una percezione esterna o visiva (eserocezione) del proprio corpo o della propria fisicità, ma non tengono conto d altri importantissimi fattori quali interocezione, propriocezione e cognizione. Quando una ragazza affetta da anoressia dice di “sentirsi non abbastanza magra” anche se è emaciata, stiamo parlando di un qualcosa che è molto più complesso del semplice malgiudicare la propria fisicità.
Un'altra falsa premessa è relativa al fatto che si considerano le alterazioni della percezione dell'immagine corporea come un fattore eziologico dell'anoressia: in realtà, questi fenomeni sono più che altro secondari, come conseguenza dell'ipoalimentazione.
E' ugualmente semplicistico l'assunto che l'influenza della società odierna, con la sopravvalutazione della magrezza, causa l'anoressia e la bulimia: la società e la sua influenza sul singolo individuo non sono un assoluto, bensì sono ampiamente mediate dal carattere dell'individuo, dalla sua psicologia, dalle sue esperienza di vita, dal contesto in cui vive. Per cui è impossibile affermare che un determinato fattore ha lo stesso effetto su ogni qualsiasi persona, ed è di fatto impossibile predire quale sarà la sua reale incidenza sul singolo.
L'anoressia è una malattia che può essere compresa solo mediante un approccio multidisciplinare e multidimensionale. La malattia in sè è solo l'espressione finale di numerosissime strade diverse da loro, che si compongono di individuali fattori predisponenti, precipitanti e perpetuanti.” (mia traduzione)
Io non posso che quotare in pieno tutto quanto affermato dall'autore dello studio. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che l'eventuale dismorfofobia non è una causa bensì una possibile conseguenza dell'anoressia.
Personalmente, fortunatamente non ho mai sofferto di dismorfofobia. Non mi sono mai vista grassa, e non ho mai voluto perdere peso semplicemente perchè volevo dimagrire. Però inizialmente, quando ho iniziato il mio primo percorso di ricovero, volevo conservare quella magrezza patologica semplicemente perchè mi sembrava la dimostrazione tangibile del mio controllo. Tuttavia, continuando il mio percorso, mi appariva chiaro che io non volevo stare male, volevo tornare al mio set-point di peso corporeo. Volevo poter vivere tranquillamente la mia vita. Ma per arrivare a questo dovevo lasciare che fosse la dietista a dirmi cosa e quanto mangiare, e io questo inizialmente ho faticato ad accettarlo non tanto per l'aumento di peso in sè, bensì fondamentalmente perchè questo per me indicava che non avevo più io il controllo.
Tuttavia la mia percezione della mia fisicità (come sentivo il mio corpo, come mi vedevo allo specchio, l'accuratezza della mia auto-percezione) è sempre stata attendibile e fedele alla realtà. Non mi sono mai “sentita grassa”, e non ho mai voluto peculiarmente perdere peso.
Case Report 4: Cecità e Bulimia (Fernandez-Aranda, 2006)
Questo case report è relativo a diagnosi e trattamento di un caso di bulimia nervosa in una donna spagnola 47enne cieca. Questo caso presenta come caratteristiche fondamentali l'esordio in tarda età del DCA, l'alternanza di episodi di restrizione alimentare, episodi di binge, e conseguente vomito aiuto-indotto, e gravi difficoltà ad arginare i momenti di stress. Fin dall'inizio si evince che l'immagine corporea per questa donna non era essenziale.
"Sin dall'età di 43 anni (età d'esordio del DCA) la paziente descriveva la presenza di episodi di abbuffate seguite da vomito auto-indotto, scatenanti ed incrementati da fattori di stress psicosociali. Inoltre la donna riferisca la costante presenza di sintomi ansiosi e depressivi. Durante gli ultimi 4 anni, a causa del DCA la paziente aveva preso più di XX chili. Prima del DCA il peso della paziente si collocava nella fascia più bassa del normopeso, e la donna non aveva mai mostrato alterazioni dell'immagine corporea nè la voglia di perdere peso.” (mia traduzione)
Cosa concludono Fernandez-Aranda e i suoi colleghi?
“In questo caso, la bulimia sembra essere una conseguenza dell'attuazione di un'inappropriata strategia di coping nei confronti dello stress, e non ha niente a che vedere con l'insoddisfazione nei confronti del proprio corpo. In effetti, nella maggior parte dei casi un DCA non è dovuto ad un problema di fisicità, ma alle difficoltà che una persona ha nel rapportarsi ai problemi della sua vita.” (mia traduzione)
Anche in questo, mi trovo pienamente d'accordo. Vi ricordo inoltre che, tornando a quello che dicevo di voler dimostrare ad inizio post, in tutti i casi stiamo parlando di donne cieche, che dunque non hanno la possibilità di guardarsi allo specchio e di avere quindi una percezione visiva della propria fisicità. Non potevano neanche vedere immagini di modelle particolarmente magre, o confrontarsi col fisico delle loro coetanee... eppure, hanno ugualmente sviluppato un DCA.
E voi cosa ne pensate di questi Case Report? Se vi va, fatemi sapere come la pensate nei commenti!
Etichette:
anoressia,
binge,
bulimia,
case report,
cecità,
dca,
luoghi comuni,
modelle,
no pro ana,
ricovero,
società
venerdì 4 aprile 2014
Non è oro tutto quel che luccica
Il post odierno nasce da un commento anonimo lasciato al mio post della settimana scorsa. Mi riferisco a questo:
"Non è affatto vero che le immagini delle modelle magre o cose così sono sempre dovute a del fotoritocco! Se andate su google immagini e cercate “real girl thinspo” trovate delle foto di ragazze magrissime con un fisico perfetto che sono vere, non ritoccate, sono foto reali! Se le fanno allo specchio! In alcuni casi ci sono proprio i confronti delle foto prima e dopo essere dimagrite, che dimostrano quanto la persona è riuscita a perdere peso! Se delle ragazze ci riescono a perdere così tanti chili e a diventare così magre, è normale desiderare di poterci riuscire e di diventare come loro, perché non sono fotoritocchi, sono reali!"
Alcune di voi hanno replicato a questo commento, e anch’io ho provato a dare la mia risposta. Nel frattempo ho ricevuto l’e-mail di Jonny. Che voglio oggi riproporvi pari-pari, senza cambiare una virgola.
Hola girls, voglio proprio farvi vedere questo collage di mie fotografie. Penso che siano particolarmente significative tra tutte quelle che ho nel mio album fotografico sparso per l’etere del Web, perciò ho deciso di montarle insieme organizzandole in stile “prima e dopo la dieta”, nella mia personale versione “prima e dopo l’anoressia” (click sulla foto per ingrandire).
Come potete vedere nelle varie fasi di dimagrimento illustrate da queste 4 foto, dopo mesi, mesi e mesi di restrizione alimentare senza il benché minimo sgarro, ho perso più di 10 chili e mi sono trasformata da ragazza qualsiasi normopeso senza alcuna caratteristica di rilievo, a ragazza magrissima e presumibilmente aspirante “real girl thinspo”. Avete visto a cosa può portare la restrizione alimentare conseguente all’anoressia? Tanta roba, eh?!
Okay, vi sto prendendo per il culo. Cioè, è vero che sono malata di anoressia, ma per quel che riguarda le fotografie… beh, come la prendereste se vi dicessi che quelle 4 foto sono state scattate tutte nell’arco di una sola giornata? Ebbene sì. E vi assicuro che, per quanto in passato possa averci dato dentro con la restrizione alimentare, è impossibile perdere più di 10 chili nell’arco di 24 ore – don’t try it at home, girls.
Che trasformazione, eh?!, nel mero lasso di tempo di una giornata. Volete sapere dove sta il trucco? Okay, allora, con ordine.
Partiamo dalla prima foto, quella sulla sinistra (foto che, cronologicamente parlando, è stata in realtà scattata per ultima, nel tardo pomeriggio). Innanzitutto, la posizione. Sono seduta, raccolta, il che già di per sé fa effetto massa. Con i gomiti e con le punte dei piedi faccio forza contro i gradini delle scale, mettendo così in contrazione la muscolatura: è dato di fatto che se si contrae un muscolo le sue dimensioni aumentano rispetto a quando tale muscolo è rilassato. Inoltre le gambe sono schiacciate l’una all’altra, e le braccia sono schiacciate contro il busto, appiattendosi e slargandosi. Da qui, a colpo d’occhio, le mie gambe e le mie braccia sembrano ben tornite. Inoltre ho il volto girato a ¾ verso l’obiettivo della macchina fotografica: in questo modo si espone la massima superficie faciale possibile, per cui il mio viso dà l’impressione di essere più “largo”. Peraltro in quella foto indosso un vestitino bianco piuttosto ampio, con una gonna che nasconde gran parte delle mie curve, e poiché la stoffa disegna delle curve molto morbide, il messaggio subliminale che trasmette – e cui il nostro cervello l’associa – è che anche al disotto di essa ci siano curve morbide. È un meccanismo inconscio, ma potentissimo: se vediamo l’immagine di un cubetto di ghiaccio, l’associamo spontaneamente a “freddo”. Allo stesso modo, se vediamo una persona che indossa una capo d’abbigliamento ampio, penseremo di default che quella persona abbia qualche chilo di troppo da celare. Anche i miei capelli sono sciolti e “morbidi”, naturali, il che contribuisce ulteriormente all’idea di “morbidezza” generale che la mia immagine trasmette. Aiuta infine la luce: una penombra omogenea che non mette nessun particolare del mio corpo in risalto.
Nella seconda fotografia (scattata nel primo pomeriggio) sembro già un po’ più magra. Ma è tutta un’illusione dovuta ad una serie di accorgimenti che falsano la percezione: innanzitutto, sono in piedi e porto dei sandali con i tacchi, il che contribuisce già di per sé a slanciare la mia figura. Il mio volto è quasi in profilo completo, il che rende le linee più dure, e i capelli, più spioventi, accentuano questa sensazione. Indosso un paio di shorts neri che mettono ben in mostra le gambe, volutamente divaricate per far sembrare più distanziate le cosce. La mia gamba sinistra e leggermente ruotata verso l’esterno, e un sapiente gioco di luci mette in evidenza una tenue ombra sulla coscia che fa sembrare la coscia stessa un po’ incavata. Le braccia sono seminascoste dalle bottiglie e dal busto, per cui è impossibile capirne le vere dimensioni. Il push-up sembra dare l’idea che io abbia un discreto seno (in realtà porto a malapena una prima misura) ancora, nonostante il “dimagrimento”.
Nella terza fotografia (scattata di prima mattina) sembro ancora più magra: di nuovo in piedi, stivaletti coi tacchi, e un look total black – perché è vero che il nero snellisce – sono gli elementi che accentuano la mia figura slanciata. I capelli sono raccolti, per permettere di vedere meglio un viso che è a mezzo profilo ed investito da una luce fredda che mette in risalto tutti gli spigoli e crea un gioco d’ombre che mette in evidenza i tendini tesi del collo e le dita delle mani che paiono particolarmente affusolate. Tengo una mano sul fianco per far risaltare il braccio bello sottile, e le spalle ben dritte. Inoltre indosso gli occhiali da sole che mi fanno sembrare particolarmente sicura di me stessa nella mia “magrezza conquistata con taaaaanti sacrifici”. Sullo sfondo le scale contro cui poggio il braccio destro producono delle ombre oblique che contribuiscono a far sembrare il mio fisico particolarmente longilineo.
Nell’ultima fotografia sulla destra (scattata all’ora di pranzo) sembro aver raggiunto l’apice del dimagrimento. Le mie braccia sono allargate e sollevate verso l’alto, una posizione antigravitaria che le fa sembrare particolarmente lunghe e magre, cosa cui contribuisce anche la luce che crea un’ombra netta che sembra quasi mettere in risalto le ossa delle braccia. La postura è ottima, con le spalle ben dritte, la testa alta per mettere in risalto il collo con i tendini tesi bene in vista, e le gambe ben divaricate, il che dà la sensazione che siano particolarmente magre quando in realtà sono solo più distanti l’una dall’altra. Indosso una vestina bianca aderente, e tutto quello che è aderente già di per sé profila il corpo e quindi accentua l’idea di magrezza, per gli stessi motivi per cui i vestiti larghi fanno pensare ad un fisico robusto. Data l’aderenza della vestina, si notano bene le costole in rilievo, e la pressoché sostanziale assenza di seno, che fanno molto “thinspo”, no?! I capelli sono tirati indietro e il mio volto è frontale, poiché così offre la minor superficie possibile alla macchina fotografica, truccato in maniera tale da far risaltare gli zigomi, che sembrano particolarmente affilati e pronunciati, come se non fosse rimasto nient’altro che ossa a definirli. Anche il trucco degli occhi li fa sembrare più incavati e ravvicinati, cosa che contribuisce all’idea di magrezza. Infine un’espressione decisa e dura stile “sono una vera ganza e sono così orgogliosa dei miei risultati! Guardate come si fa, coglione”. Zoomato indietro e con l’aggiunta di un bel filtro fotografico, visto che i filtri rendono tutto più bello.
Cosa intendo dire con tutto questo? Per prima cosa, che la mente umana può essere facilmente ingannata da giochi di luci, posture, abbigliamento, trucco e parrucco. Basta davvero poco perché il nostro cervello creda a cosa assolutamente non vere. Penso che le mie 4 foto ne siano la più lampante dimostrazione. Quante di voi, guardandole, a primo acchito hanno pensato che fossero realmente la rappresentazione di un graduale dimagrimento, prima di leggere le dovute spiegazioni? La maggior parte se non tutte, immagino. Come volevasi dimostrare.
Secondariamente, non fatevi ingannare da ciò che trovate sulle riviste o su Internet: non solo le immagini proposte sono il risultato di un pesante fotoritocco, ma a monte ci sta una selezione tale per cui su centinaia di foto scattate, ne vengono scelte soltanto alcune, le migliori ovviamente, che vengono comunque sottoposte ad un accurato lavoro di Photoshop prima di procedere alla pubblicazione. Non vedrete mai le centinaia di immagini che non erano altrettanto ben riuscite. Photoshop può rendere una vacca più sexy di Kesha.
Non lasciatevi ingannare dalle etichette né dalle apparenze: chiunque ha dei difetti. Fatevelo dire da una che lavora come modella/fotomodella da quando aveva 15 anni, e che dunque sa quanto le modelle/fotomodelle possano sembrare meravigliose e perfette se truccate, acconciate, vestite e fotografate (e poi magari anche ritoccate!) nel modo giusto. Ma io conosco anche l’altra faccia della medaglia. Brufoli, denti storti, peli superflui, occhiaie, cellulite… ce li abbiamo anche noi! L’unica differenza è che un team di esperti sa come presentarci al meglio, camuffando le nostre imperfezioni ed esaltando i nostri tratti migliori. E quando natura non arriva… arriva in soccorso la grafica computer!
Svegliatevi ragazze, ché non è oro tutto quel che luccica!
Voi che ne pensate? Io trovo che Jonny abbia avuto un’idea semplicemente geniale, che passa un messaggio più che positivo. Tutte noi abbiamo i nostri pregi e i nostri difetti, solo che noi che non lavoriamo come modelle o fotomodelle spesso e volentieri non abbiamo il tempo, i mezzi, o la voglia per trasformarci nella “versione esteticamente più bella” di noi stesse.
Perciò, ragazze, il messaggio mi sembra forte e chiaro: cerchiamo di non farci fregare da quello che vediamo sulle riviste o su Internet, siamo consapevoli dei nostri difetti, e cerchiamo di lavorarci su se si tratta di cose che veramente c’infastidiscono e che possiamo in qualche modo cambiare, e non dimentichiamoci di mettere in risalto i nostri punti di forza. E ricordiamo sempre una cosa tanto banale quanto vera, e cioè che, al di là dell’apparenza, ciò che conta davvero è la nostra interiorità, che definisce le persone che siamo, e quanto valiamo.
P.S.= A proposito delle prodezze di Photoshop e del fotoritocco, vi lascio questo video che ho trovato su YouTube:
http://www.youtube.com/watch?v=Hnvoz91k8hc
"Non è affatto vero che le immagini delle modelle magre o cose così sono sempre dovute a del fotoritocco! Se andate su google immagini e cercate “real girl thinspo” trovate delle foto di ragazze magrissime con un fisico perfetto che sono vere, non ritoccate, sono foto reali! Se le fanno allo specchio! In alcuni casi ci sono proprio i confronti delle foto prima e dopo essere dimagrite, che dimostrano quanto la persona è riuscita a perdere peso! Se delle ragazze ci riescono a perdere così tanti chili e a diventare così magre, è normale desiderare di poterci riuscire e di diventare come loro, perché non sono fotoritocchi, sono reali!"
Alcune di voi hanno replicato a questo commento, e anch’io ho provato a dare la mia risposta. Nel frattempo ho ricevuto l’e-mail di Jonny. Che voglio oggi riproporvi pari-pari, senza cambiare una virgola.
Hola girls, voglio proprio farvi vedere questo collage di mie fotografie. Penso che siano particolarmente significative tra tutte quelle che ho nel mio album fotografico sparso per l’etere del Web, perciò ho deciso di montarle insieme organizzandole in stile “prima e dopo la dieta”, nella mia personale versione “prima e dopo l’anoressia” (click sulla foto per ingrandire).
Come potete vedere nelle varie fasi di dimagrimento illustrate da queste 4 foto, dopo mesi, mesi e mesi di restrizione alimentare senza il benché minimo sgarro, ho perso più di 10 chili e mi sono trasformata da ragazza qualsiasi normopeso senza alcuna caratteristica di rilievo, a ragazza magrissima e presumibilmente aspirante “real girl thinspo”. Avete visto a cosa può portare la restrizione alimentare conseguente all’anoressia? Tanta roba, eh?!
Okay, vi sto prendendo per il culo. Cioè, è vero che sono malata di anoressia, ma per quel che riguarda le fotografie… beh, come la prendereste se vi dicessi che quelle 4 foto sono state scattate tutte nell’arco di una sola giornata? Ebbene sì. E vi assicuro che, per quanto in passato possa averci dato dentro con la restrizione alimentare, è impossibile perdere più di 10 chili nell’arco di 24 ore – don’t try it at home, girls.
Che trasformazione, eh?!, nel mero lasso di tempo di una giornata. Volete sapere dove sta il trucco? Okay, allora, con ordine.
Partiamo dalla prima foto, quella sulla sinistra (foto che, cronologicamente parlando, è stata in realtà scattata per ultima, nel tardo pomeriggio). Innanzitutto, la posizione. Sono seduta, raccolta, il che già di per sé fa effetto massa. Con i gomiti e con le punte dei piedi faccio forza contro i gradini delle scale, mettendo così in contrazione la muscolatura: è dato di fatto che se si contrae un muscolo le sue dimensioni aumentano rispetto a quando tale muscolo è rilassato. Inoltre le gambe sono schiacciate l’una all’altra, e le braccia sono schiacciate contro il busto, appiattendosi e slargandosi. Da qui, a colpo d’occhio, le mie gambe e le mie braccia sembrano ben tornite. Inoltre ho il volto girato a ¾ verso l’obiettivo della macchina fotografica: in questo modo si espone la massima superficie faciale possibile, per cui il mio viso dà l’impressione di essere più “largo”. Peraltro in quella foto indosso un vestitino bianco piuttosto ampio, con una gonna che nasconde gran parte delle mie curve, e poiché la stoffa disegna delle curve molto morbide, il messaggio subliminale che trasmette – e cui il nostro cervello l’associa – è che anche al disotto di essa ci siano curve morbide. È un meccanismo inconscio, ma potentissimo: se vediamo l’immagine di un cubetto di ghiaccio, l’associamo spontaneamente a “freddo”. Allo stesso modo, se vediamo una persona che indossa una capo d’abbigliamento ampio, penseremo di default che quella persona abbia qualche chilo di troppo da celare. Anche i miei capelli sono sciolti e “morbidi”, naturali, il che contribuisce ulteriormente all’idea di “morbidezza” generale che la mia immagine trasmette. Aiuta infine la luce: una penombra omogenea che non mette nessun particolare del mio corpo in risalto.
Nella seconda fotografia (scattata nel primo pomeriggio) sembro già un po’ più magra. Ma è tutta un’illusione dovuta ad una serie di accorgimenti che falsano la percezione: innanzitutto, sono in piedi e porto dei sandali con i tacchi, il che contribuisce già di per sé a slanciare la mia figura. Il mio volto è quasi in profilo completo, il che rende le linee più dure, e i capelli, più spioventi, accentuano questa sensazione. Indosso un paio di shorts neri che mettono ben in mostra le gambe, volutamente divaricate per far sembrare più distanziate le cosce. La mia gamba sinistra e leggermente ruotata verso l’esterno, e un sapiente gioco di luci mette in evidenza una tenue ombra sulla coscia che fa sembrare la coscia stessa un po’ incavata. Le braccia sono seminascoste dalle bottiglie e dal busto, per cui è impossibile capirne le vere dimensioni. Il push-up sembra dare l’idea che io abbia un discreto seno (in realtà porto a malapena una prima misura) ancora, nonostante il “dimagrimento”.
Nella terza fotografia (scattata di prima mattina) sembro ancora più magra: di nuovo in piedi, stivaletti coi tacchi, e un look total black – perché è vero che il nero snellisce – sono gli elementi che accentuano la mia figura slanciata. I capelli sono raccolti, per permettere di vedere meglio un viso che è a mezzo profilo ed investito da una luce fredda che mette in risalto tutti gli spigoli e crea un gioco d’ombre che mette in evidenza i tendini tesi del collo e le dita delle mani che paiono particolarmente affusolate. Tengo una mano sul fianco per far risaltare il braccio bello sottile, e le spalle ben dritte. Inoltre indosso gli occhiali da sole che mi fanno sembrare particolarmente sicura di me stessa nella mia “magrezza conquistata con taaaaanti sacrifici”. Sullo sfondo le scale contro cui poggio il braccio destro producono delle ombre oblique che contribuiscono a far sembrare il mio fisico particolarmente longilineo.
Nell’ultima fotografia sulla destra (scattata all’ora di pranzo) sembro aver raggiunto l’apice del dimagrimento. Le mie braccia sono allargate e sollevate verso l’alto, una posizione antigravitaria che le fa sembrare particolarmente lunghe e magre, cosa cui contribuisce anche la luce che crea un’ombra netta che sembra quasi mettere in risalto le ossa delle braccia. La postura è ottima, con le spalle ben dritte, la testa alta per mettere in risalto il collo con i tendini tesi bene in vista, e le gambe ben divaricate, il che dà la sensazione che siano particolarmente magre quando in realtà sono solo più distanti l’una dall’altra. Indosso una vestina bianca aderente, e tutto quello che è aderente già di per sé profila il corpo e quindi accentua l’idea di magrezza, per gli stessi motivi per cui i vestiti larghi fanno pensare ad un fisico robusto. Data l’aderenza della vestina, si notano bene le costole in rilievo, e la pressoché sostanziale assenza di seno, che fanno molto “thinspo”, no?! I capelli sono tirati indietro e il mio volto è frontale, poiché così offre la minor superficie possibile alla macchina fotografica, truccato in maniera tale da far risaltare gli zigomi, che sembrano particolarmente affilati e pronunciati, come se non fosse rimasto nient’altro che ossa a definirli. Anche il trucco degli occhi li fa sembrare più incavati e ravvicinati, cosa che contribuisce all’idea di magrezza. Infine un’espressione decisa e dura stile “sono una vera ganza e sono così orgogliosa dei miei risultati! Guardate come si fa, coglione”. Zoomato indietro e con l’aggiunta di un bel filtro fotografico, visto che i filtri rendono tutto più bello.
Cosa intendo dire con tutto questo? Per prima cosa, che la mente umana può essere facilmente ingannata da giochi di luci, posture, abbigliamento, trucco e parrucco. Basta davvero poco perché il nostro cervello creda a cosa assolutamente non vere. Penso che le mie 4 foto ne siano la più lampante dimostrazione. Quante di voi, guardandole, a primo acchito hanno pensato che fossero realmente la rappresentazione di un graduale dimagrimento, prima di leggere le dovute spiegazioni? La maggior parte se non tutte, immagino. Come volevasi dimostrare.
Secondariamente, non fatevi ingannare da ciò che trovate sulle riviste o su Internet: non solo le immagini proposte sono il risultato di un pesante fotoritocco, ma a monte ci sta una selezione tale per cui su centinaia di foto scattate, ne vengono scelte soltanto alcune, le migliori ovviamente, che vengono comunque sottoposte ad un accurato lavoro di Photoshop prima di procedere alla pubblicazione. Non vedrete mai le centinaia di immagini che non erano altrettanto ben riuscite. Photoshop può rendere una vacca più sexy di Kesha.
Non lasciatevi ingannare dalle etichette né dalle apparenze: chiunque ha dei difetti. Fatevelo dire da una che lavora come modella/fotomodella da quando aveva 15 anni, e che dunque sa quanto le modelle/fotomodelle possano sembrare meravigliose e perfette se truccate, acconciate, vestite e fotografate (e poi magari anche ritoccate!) nel modo giusto. Ma io conosco anche l’altra faccia della medaglia. Brufoli, denti storti, peli superflui, occhiaie, cellulite… ce li abbiamo anche noi! L’unica differenza è che un team di esperti sa come presentarci al meglio, camuffando le nostre imperfezioni ed esaltando i nostri tratti migliori. E quando natura non arriva… arriva in soccorso la grafica computer!
Svegliatevi ragazze, ché non è oro tutto quel che luccica!
Voi che ne pensate? Io trovo che Jonny abbia avuto un’idea semplicemente geniale, che passa un messaggio più che positivo. Tutte noi abbiamo i nostri pregi e i nostri difetti, solo che noi che non lavoriamo come modelle o fotomodelle spesso e volentieri non abbiamo il tempo, i mezzi, o la voglia per trasformarci nella “versione esteticamente più bella” di noi stesse.
Perciò, ragazze, il messaggio mi sembra forte e chiaro: cerchiamo di non farci fregare da quello che vediamo sulle riviste o su Internet, siamo consapevoli dei nostri difetti, e cerchiamo di lavorarci su se si tratta di cose che veramente c’infastidiscono e che possiamo in qualche modo cambiare, e non dimentichiamoci di mettere in risalto i nostri punti di forza. E ricordiamo sempre una cosa tanto banale quanto vera, e cioè che, al di là dell’apparenza, ciò che conta davvero è la nostra interiorità, che definisce le persone che siamo, e quanto valiamo.
P.S.= A proposito delle prodezze di Photoshop e del fotoritocco, vi lascio questo video che ho trovato su YouTube:
http://www.youtube.com/watch?v=Hnvoz91k8hc
Etichette:
anoressia,
binge,
bulimia,
dca,
dimagrimento,
fotografie,
fotoritocco,
Jonny,
modelle,
no pro ana,
no thinspo,
Photoshop,
prima e dopo la dieta,
ricovero
venerdì 28 marzo 2014
Quest'immagine potrebbe essere dannosa per la tua salute
Come ho già scritto più e più volte, NON credo che i mass-media siano responsabili dell’anoressia. NON credo che vedere le immagini di modelle particolarmente magre possa causare un DCA. È pur vero che, se queste cose non sono determinanti nella comparsa dell’anoressia, di certo non sono comunque utili né positive per chi ha un disturbo alimentare (ma anche per che non ce l’ha, se è per questo). E certe immagini non le possiamo evitare, per quanto si tenti: riviste, TV, cartelloni pubblicitari ci stanno sotto gli occhi tutti i giorni. E non è infrequente – soprattutto nelle riviste più modaiole e molto lette per lo più da un pubblico giovane di sesso femminile – trovare fotografie di modelle opportunamente ritoccate con qualche programma di elaborazione digitale.
Personalmente, non ho nulla in contrario ad un moderato uso di Photoshop per cancellare qualche imperfezione cutanea o per far risaltare determinati colori o cose del genere. La fotografia è una forma di arte, dopotutto.
Ma quando questi software vengono utilizzati per ritoccare pesantemente l’immagine delle modelle, quando queste diventano più digitali che umane, quando non c’è alcun modo che certi capi d’abbigliamento presenti in un’immagine possano riflettere ciò che effettivamente succede quando un reale essere umano li indossa, ecco, questo secondo me è scorretto (per non usare una parola più offensiva, che inizia sempre per “S”…). E’ nient’altro che pubblicità ingannevole. E il vedere delle immagini del genere incasina non poco le nostre sinapsi neuronali.
L’immagine di una modella esageratamente magra ci dice, indirettamente, che è possibile arrivare in tranquillità ad avere un peso del genere. Perché il nostro cervello non è programmato per pensare al fotoritocco, ma solo per esaminare le immagini che gli vengono poste di fronte: se vede una ragazza sorridente ad un peso improbabile, il pensiero di fondo sarà quello che è possibile essere felici quando si è estremamente sottopeso. È un’enorme cavolata, ovviamente, ma è così che rudimentalmente funziona la nostra mente. Pochi esseri umani hanno un sottopeso fisiologico, e neanche coloro che sono fisiologicamente magri si avvicinano alla magrezza di certe modelle che si vedono nei giornali o nei cartelloni pubblicitari.
Scrivono la ricercatrice Marika Tiggemann e i suoi colleghi in un articolo sulla rivista “Body Image”:
“[…] Anche sfogliando distrattamente una qualsiasi rivista modaiola, sarà possibile notare una vasta pletora di ragazze giovani, alte, con gambe lunghissime, occhi grandi da cerbiatto, pelle liscia come una pesca, tratti somatici tipicamente caucasici. Queste stesse immagini mostrano modelle estremamente magre. Non sono semplicemente donne naturalmente magre, ma le moderne tecniche di modificazione digitale sono ad oggi utilizzate di routine per allungare le gambe, togliere peso e centimetri dalla vita, dai fianchi, dalle cosce, ed eliminare ogni qualsiasi difetto. (Bennet, 2008). Così presentati, gli standard fisici proposti dai mass-media diventano ancor più irrealistici ed irraggiungibili per la donna media. […]”
(mia traduzione)
È luogo comune diffuso che questi modelli di eccessiva magrezza proposti dai mass-media giochino una parte importante nella genesi dei DCA. Come sapete, io la penso diversamente. Io non credo che cose del genere abbiamo il potere di far nascere un disturbo alimentare in un soggetto che non ha alcun altro fattore predisponente per questo tipo di malattia. Non credo che possano essere una significativa causa nemmeno in chi ha fattori predisponenti. Però credo che senz’altro il vedere immagini di questo tipo non faccia bene a nessuno, non sia in alcun modo d’aiuto, soprattutto per chi sta combattendo contro il proprio DCA.
Alcuni Paesi hanno proposto di varare una legge che imponga a chiunque pubblichi foto di modelle, di segnalare con apposita etichetta quelle che sono state alterate con programmi di fotoritocco. L’idea di base è che, se si è consapevoli che quelle immagini sono fake, se ci viene sbattuto sotto gli occhi il fatto che sono fake, allora verrà ascritta loro meno importanza e credibilità. A naso, ho subito concordato con quest’idea. Ma poi ho scoperto un recentissimo studio scientifico elaborato da Tiggemann e colleghi, che viceversa mostra come etichette di questo genere non sono utili come potrebbe sembrare a istinto. Anzi, non sono utili affatto.
Cos'hanno scoperto i ricercatori:
I ricercatori hanno reclutato per il loro studio 120 studentesse universitarie di età compresa tra i 18 e i 35 anni, facendo vedere loro 15 pagine di una rivista piene di foto di modelle eccessivamente magre. Alcune di queste immagini erano prive di ogni qualsiasi etichetta, alcune erano accompagnate da un’etichetta generica (“Attenzione: Quest’immagine è frutto di fotoritocco”), alcune erano accompagnate da un’etichetta specifica (“Attenzione: Quest’immagine è frutto di fotoritocco utilizzato per rendere la pelle più liscia, i muscoli più tonici, le braccia, le gambe ed i fianchi più magri”). Laddove presenti, le etichette erano piazzate alla destra o alla sinistra dell’immagine della modella, in maniera tale che fossero ben visibili (Font: Calibri, Dimensione carattere: 11). I ricercatori hanno anche organizzato un gruppo di controllo, costituito da donne con le medesime caratteristiche, cui venivano fatte vedere fotografie di accessori, o di automobili, o comunque di oggetti inanimati. Dopo aver visualizzato le immagini, a tutte le donne era richiesto di rispondere ad una serie di domande relative al loro umore e all’insoddisfazione per la propria fisicità, nonché relative alla loro considerazione in generale relativamente al proprio corpo.
Le donne che avevano guardato le foto delle modelle rivelavano un’insoddisfazione per il proprio corpo maggiore rispetto a quelle che avevano visto le foto di oggetti inanimati. Allo stesso tempo, il livello d’insoddisfazione era pressoché identico sia in chi aveva guardato foto non contrassegnate, sia in chi aveva guardato foto accompagnate da etichette. In altre parole, quelle donne provavano insoddisfazione per la propria fisicità anche se erano pienamente consapevoli che le immagini guardate erano fake. Il pensiero sottostante di queste donne immagino sia stato: “Se persino le modelle hanno bisogno di un pesante fotoritocco per apparire in questo modo, immagina di quanto “aiuto” ho bisogno io per sembrare anche solo lontanamente simile a loro”.
Una variabile che appare significativa è un fattore chiamato “comparazione sociale”. Consiste sostanzialmente nella frequenza con cui una persona paragona il proprio corpo a tutte coloro che la circondano (e si sentono sempre inferiori alle altre, e sempre colpevoli per questo). Le donne che hanno questo tipo di problema sono quelle più vulnerabili alla visione di certi tipi d’immagini, nonché – secondo lo studio – quelle la cui insoddisfazione per il proprio corpo era più elevata anche dopo aver visto le immagini contrassegnate da etichette.
I ricercatori hanno ripetuto una seconda volta un esperimento del tutto simile, che ha sostanzialmente confermato i risultati del precedente.
Gli autori dello studio hanno quindi concluso:
“Dai risultati di questo studio si evince che, anziché interrompere o prevenire la comparazione sociale come desiderato, il vedere immagini contenenti etichette d’avvertimento implementa la comparazione sociale stessa. Forse perché dette etichette fanno focalizzare ancor di più l’attenzione sul corpo della modella, anziché guardare l’immagine nel suo insieme. Questo è confermato dal fatto che, soprattutto in quelle donne che hanno problemi di spiccata comparazione sociale, la presenza delle etichette accanto alle immagini accresce la loro insoddisfazione nei confronti della propria fisicità. […]”
(mia traduazione)
Io immagino che questo dipenda dal fatto che la maggior parte di noi, in fondo, sa perfettamente che le foto delle modelle che si vedono sono fotoritoccate. A livello cognitivo, razionale, sappiamo bene che sono fake. Ma è nel gap che intercorre tra visualizzazione di un’immagine e sua interpretazione razionale che si cela l’emotività. E l’emotività non può essere cancellata da nessuna etichetta d’avvertimento. Inoltre, queste etichette fanno sì che la concentrazione si focalizzi molto di più sul corpo della modella, cercando di vedere quali parti non sono “reali”, e scrutando ogni singolo dettaglio per individuare possibili segni d’alterazione e rielaborazione digitale.
In poche parole, io credo che ci sarebbe bisogno di una maggiore variabilità nelle immagini che ci vengono propinate dai mass-media: sia in termini di taglia, di dimensioni e forme del corpo, sia in termini di etnia, e molti altri fattori di questo tipo. E questo come considerazione generale, rivolta a qualsiasi donna, non necessariamente a chi ha un DCA, perché credo che i disturbi alimentari affondino le loro radici in tutt’altre problematiche ben più profonde e complesse della mera fisicità. Sarebbe bello poter sfogliare una rivista modaiola, ed avere per lo meno l’idea di come un paio di jeans possano vestire su di noi, non su un’immagine ritoccata per essere quanto più vicina possibile ad un appendiabiti…
Personalmente, non ho nulla in contrario ad un moderato uso di Photoshop per cancellare qualche imperfezione cutanea o per far risaltare determinati colori o cose del genere. La fotografia è una forma di arte, dopotutto.
Ma quando questi software vengono utilizzati per ritoccare pesantemente l’immagine delle modelle, quando queste diventano più digitali che umane, quando non c’è alcun modo che certi capi d’abbigliamento presenti in un’immagine possano riflettere ciò che effettivamente succede quando un reale essere umano li indossa, ecco, questo secondo me è scorretto (per non usare una parola più offensiva, che inizia sempre per “S”…). E’ nient’altro che pubblicità ingannevole. E il vedere delle immagini del genere incasina non poco le nostre sinapsi neuronali.
L’immagine di una modella esageratamente magra ci dice, indirettamente, che è possibile arrivare in tranquillità ad avere un peso del genere. Perché il nostro cervello non è programmato per pensare al fotoritocco, ma solo per esaminare le immagini che gli vengono poste di fronte: se vede una ragazza sorridente ad un peso improbabile, il pensiero di fondo sarà quello che è possibile essere felici quando si è estremamente sottopeso. È un’enorme cavolata, ovviamente, ma è così che rudimentalmente funziona la nostra mente. Pochi esseri umani hanno un sottopeso fisiologico, e neanche coloro che sono fisiologicamente magri si avvicinano alla magrezza di certe modelle che si vedono nei giornali o nei cartelloni pubblicitari.
Scrivono la ricercatrice Marika Tiggemann e i suoi colleghi in un articolo sulla rivista “Body Image”:
“[…] Anche sfogliando distrattamente una qualsiasi rivista modaiola, sarà possibile notare una vasta pletora di ragazze giovani, alte, con gambe lunghissime, occhi grandi da cerbiatto, pelle liscia come una pesca, tratti somatici tipicamente caucasici. Queste stesse immagini mostrano modelle estremamente magre. Non sono semplicemente donne naturalmente magre, ma le moderne tecniche di modificazione digitale sono ad oggi utilizzate di routine per allungare le gambe, togliere peso e centimetri dalla vita, dai fianchi, dalle cosce, ed eliminare ogni qualsiasi difetto. (Bennet, 2008). Così presentati, gli standard fisici proposti dai mass-media diventano ancor più irrealistici ed irraggiungibili per la donna media. […]”
(mia traduzione)
È luogo comune diffuso che questi modelli di eccessiva magrezza proposti dai mass-media giochino una parte importante nella genesi dei DCA. Come sapete, io la penso diversamente. Io non credo che cose del genere abbiamo il potere di far nascere un disturbo alimentare in un soggetto che non ha alcun altro fattore predisponente per questo tipo di malattia. Non credo che possano essere una significativa causa nemmeno in chi ha fattori predisponenti. Però credo che senz’altro il vedere immagini di questo tipo non faccia bene a nessuno, non sia in alcun modo d’aiuto, soprattutto per chi sta combattendo contro il proprio DCA.
Alcuni Paesi hanno proposto di varare una legge che imponga a chiunque pubblichi foto di modelle, di segnalare con apposita etichetta quelle che sono state alterate con programmi di fotoritocco. L’idea di base è che, se si è consapevoli che quelle immagini sono fake, se ci viene sbattuto sotto gli occhi il fatto che sono fake, allora verrà ascritta loro meno importanza e credibilità. A naso, ho subito concordato con quest’idea. Ma poi ho scoperto un recentissimo studio scientifico elaborato da Tiggemann e colleghi, che viceversa mostra come etichette di questo genere non sono utili come potrebbe sembrare a istinto. Anzi, non sono utili affatto.
Cos'hanno scoperto i ricercatori:
I ricercatori hanno reclutato per il loro studio 120 studentesse universitarie di età compresa tra i 18 e i 35 anni, facendo vedere loro 15 pagine di una rivista piene di foto di modelle eccessivamente magre. Alcune di queste immagini erano prive di ogni qualsiasi etichetta, alcune erano accompagnate da un’etichetta generica (“Attenzione: Quest’immagine è frutto di fotoritocco”), alcune erano accompagnate da un’etichetta specifica (“Attenzione: Quest’immagine è frutto di fotoritocco utilizzato per rendere la pelle più liscia, i muscoli più tonici, le braccia, le gambe ed i fianchi più magri”). Laddove presenti, le etichette erano piazzate alla destra o alla sinistra dell’immagine della modella, in maniera tale che fossero ben visibili (Font: Calibri, Dimensione carattere: 11). I ricercatori hanno anche organizzato un gruppo di controllo, costituito da donne con le medesime caratteristiche, cui venivano fatte vedere fotografie di accessori, o di automobili, o comunque di oggetti inanimati. Dopo aver visualizzato le immagini, a tutte le donne era richiesto di rispondere ad una serie di domande relative al loro umore e all’insoddisfazione per la propria fisicità, nonché relative alla loro considerazione in generale relativamente al proprio corpo.
Le donne che avevano guardato le foto delle modelle rivelavano un’insoddisfazione per il proprio corpo maggiore rispetto a quelle che avevano visto le foto di oggetti inanimati. Allo stesso tempo, il livello d’insoddisfazione era pressoché identico sia in chi aveva guardato foto non contrassegnate, sia in chi aveva guardato foto accompagnate da etichette. In altre parole, quelle donne provavano insoddisfazione per la propria fisicità anche se erano pienamente consapevoli che le immagini guardate erano fake. Il pensiero sottostante di queste donne immagino sia stato: “Se persino le modelle hanno bisogno di un pesante fotoritocco per apparire in questo modo, immagina di quanto “aiuto” ho bisogno io per sembrare anche solo lontanamente simile a loro”.
Una variabile che appare significativa è un fattore chiamato “comparazione sociale”. Consiste sostanzialmente nella frequenza con cui una persona paragona il proprio corpo a tutte coloro che la circondano (e si sentono sempre inferiori alle altre, e sempre colpevoli per questo). Le donne che hanno questo tipo di problema sono quelle più vulnerabili alla visione di certi tipi d’immagini, nonché – secondo lo studio – quelle la cui insoddisfazione per il proprio corpo era più elevata anche dopo aver visto le immagini contrassegnate da etichette.
I ricercatori hanno ripetuto una seconda volta un esperimento del tutto simile, che ha sostanzialmente confermato i risultati del precedente.
Gli autori dello studio hanno quindi concluso:
“Dai risultati di questo studio si evince che, anziché interrompere o prevenire la comparazione sociale come desiderato, il vedere immagini contenenti etichette d’avvertimento implementa la comparazione sociale stessa. Forse perché dette etichette fanno focalizzare ancor di più l’attenzione sul corpo della modella, anziché guardare l’immagine nel suo insieme. Questo è confermato dal fatto che, soprattutto in quelle donne che hanno problemi di spiccata comparazione sociale, la presenza delle etichette accanto alle immagini accresce la loro insoddisfazione nei confronti della propria fisicità. […]”
(mia traduazione)
Io immagino che questo dipenda dal fatto che la maggior parte di noi, in fondo, sa perfettamente che le foto delle modelle che si vedono sono fotoritoccate. A livello cognitivo, razionale, sappiamo bene che sono fake. Ma è nel gap che intercorre tra visualizzazione di un’immagine e sua interpretazione razionale che si cela l’emotività. E l’emotività non può essere cancellata da nessuna etichetta d’avvertimento. Inoltre, queste etichette fanno sì che la concentrazione si focalizzi molto di più sul corpo della modella, cercando di vedere quali parti non sono “reali”, e scrutando ogni singolo dettaglio per individuare possibili segni d’alterazione e rielaborazione digitale.
In poche parole, io credo che ci sarebbe bisogno di una maggiore variabilità nelle immagini che ci vengono propinate dai mass-media: sia in termini di taglia, di dimensioni e forme del corpo, sia in termini di etnia, e molti altri fattori di questo tipo. E questo come considerazione generale, rivolta a qualsiasi donna, non necessariamente a chi ha un DCA, perché credo che i disturbi alimentari affondino le loro radici in tutt’altre problematiche ben più profonde e complesse della mera fisicità. Sarebbe bello poter sfogliare una rivista modaiola, ed avere per lo meno l’idea di come un paio di jeans possano vestire su di noi, non su un’immagine ritoccata per essere quanto più vicina possibile ad un appendiabiti…
Etichette:
anoressia,
binge,
bulimia,
dca,
etichette,
fotomodelle,
fotoritocco,
immagine corporea,
insoddisfazione,
magrezza,
mass-media,
modelle,
no pro ana,
peso,
Photoshop,
ricovero,
studio scientifico
domenica 2 gennaio 2011
Complicanze
Come molte di voi ormai già sapranno, alcuni giorni fa è stata annunciata la notizia della morte, causa anoressia, di Isabelle Caro, la ragazza che aveva posato per la campagna pubblicitaria del fotografo Oliviero Toscani nel 2007. Ho letto un fiorire di post al riguardo in questi giorni, e mi sembra che, da parte mia, aggiungere ancora qualcosa a tutto ciò che è stato già scritto sarebbe semplicemente reiterativo.
Tuttavia, c’è un particolare aspetto di questa vicenda su cui vorrei porre l’accento. Si tratta di una riflessione che mi è venuta spontanea quando ho letto il post che Mari aveva scritto sul suo blog al riguardo. "Isabelle non aveva nessuna percezione della gravità del suo stato", ha scritto Mari. E da qui è nato il mio pensiero.
Quando si è nel pieno dell’anoressia, siamo veramente consapevoli di quanto il nostro corpo sta soffrendo e delle complicanze prettamente mediche, fisiche, cui si sta andando incontro?
La risposta a questa domanda credo possa essere bipartita. Sebbene magari anche a un livello non propriamente del tutto razionalizzato, ritengo che ogni ragazza che ha un DCA sia, basilarmente, consapevole che quello che sta facendo non è salutare. Voglio dire, credo che anche una bambina capirebbe che restringere l’alimentazione, procurarsi il vomito, sfiancarsi con lo sport, assumere diuretici e lassativi non è un qualcosa di positivo per il nostro organismo. A partire da questo punto fisso, però, occorre distinguere. Da una parte c’è l’aspetto “Lo so, ma fingo di non saperlo, perché sennò mi sentirei completamente matta nel fare qualcosa che mi distruggerà o comunque mi darà serie conseguenze fisiche”, dall’altra l’aspetto “Lo so, ma tanto sono tutti allarmisti, stanno esagerando, e poi vuoi che tutte queste cose succedano proprio a me? No, via, a me non mi succedono mica…” (succedono proprio a TE, purtroppo mi vedo costretta dirlo per esperienza, perché anch’io appartenevo a questa fazione, e adesso mi trovo costretta a far fronte alle conseguenze), ed infine l’aspetto dell’effettiva parziale inconsapevolezza: in fin dei conti, molto spesso quando si entra nella spirale discendente dell’anoressia si è ragazzine, ed è perciò normale che non sia abbia un’idea precisa e completa di quali possano essere le conseguenze fisiche di un comportamento alimentare errato. Molto spesso, peraltro, non volendo documentarci al riguardo per paura di leggere quello che, in fondo, già sappiamo, quest’ “ignoranza” rimane.
Ed arriviamo dunque alla ragione di questo post. La scelta del sintomo anoressico, la scelta della restrizione alimentare, è certamente una scelta consapevole. Quello che invece, molto spesso, non è pienamente o affatto consapevole, è tutta la pletora delle complicanze medico-fisiche cui si va necessariamente incontro con un DCA.
Perciò, in qualità di protomedico, ciò che vi propongo è proprio questo: dare un’occhiata a quelle che sono le complicanze mediche derivanti dai DCA. A tal proposito, ho redatto un file che potete scaricare qui sotto
Complicanze Mediche dei D.C.A.
Prima che passiate a leggerlo, qualche precisazione.
Innanzitutto, un ringraziamento. Come potrete vedere non appena aprirete il file, non ne sono la sola autrice, perciò…
GRAZIE MILLE, ALEX! Tutto questo non sarebbe mai venuto alla luce così se tu non mi avessi dato una mano, quindi… GRAZIE! Tra qualche anno tutto lo staff di “Grey’s Anatomy”, “E.R. – Medici in prima linea” e il Dottor House ti faranno un baffo, lo sai, vero?!...
Ci tengo tuttavia a precisare che questo lavoretto non ha assolutamente la pretesa di essere esaustivo, completo, precisissimo, perfetto… io ed Alex studiamo Medicina, non abbiamo ancora la laurea, quindi penso sia ovvio che le nostre conoscenze sono parziali rispetto a quelle di un medico. L’idea è quella di dare un’impostazione e una conoscenza di base su quelle che sono le principali complicazioni fisiche dei DCA, senza alcuna pretesa di eviscerare tutto il sapere medico al riguardo. Anzi, sono consapevole che ci sono molti “punti vuoti” ed imprecisioni, perciò… se ci fosse un medico che sta leggendo tutto questo, e se volesse completare, approfondire, correggere e precisare il file che ho caricato, sarebbe una cosa bellissima! Ogni possibile miglioria è più che benaccetta, anzi, è caldamente desiderata!
Vorrei dire anche che, nello scrivere questo file, si è cercato di integrare il “linguaggio medico” e il “linguaggio profano” in maniera tale da redigere un qualcosa che fosse comprensibile anche per chi è esterno all’ambiente della medicina. Non so quanto ci si possa essere riusciti – è un po’ difficile vedere dal di dentro ciò che vede chi sta al di fuori – in ogni caso, se ci sono cose non ben spiegate, cose troppo tecniche, o qualsiasi cosa che non vi quadra, fatemelo sapere nei commenti o via e-mail, e cercherò di fornire tutte le spiegazioni mancanti tentando di essere più precisa, semplice ed esaustiva.
In ogni caso, al termine del file sono riportate le indicazioni bibliografiche relative ai testi di cui si è fatto uso, quindi potete approfittarne se desiderate approfondire.
Infine sono consapevole del fatto che questa lettura lascerà il tempo che trova se siete nel pieno dell’anoressia. Se siete nel pieno dell’anoressia, magari non scaricherete neppure il file. “Ecco un’altra quasi dottoressa che mette giù tanti paroloni per fare allarmismo sfruttando l’onda della morte di Isabelle Caro… ma figuriamoci!” penserete, e vi farete una risata di fronte a quel file. Lo capisco perfettamente, perché se questo file me l’avessero messo tra le mani anche solo 5 o 6 anni fa, pure io avrei scosso la testa e avrei smesso di leggere dopo le prime tre righe pensando: “E chi se ne frega?!”. Ma frega eccome, poi. Perché questa – per quanto semplificata, per quanto limitata, per quanto imprecisa – è la realtà medica dei DCA. Isabelle Caro potrebbe dirvelo meglio di me.
Tuttavia, c’è un particolare aspetto di questa vicenda su cui vorrei porre l’accento. Si tratta di una riflessione che mi è venuta spontanea quando ho letto il post che Mari aveva scritto sul suo blog al riguardo. "Isabelle non aveva nessuna percezione della gravità del suo stato", ha scritto Mari. E da qui è nato il mio pensiero.
Quando si è nel pieno dell’anoressia, siamo veramente consapevoli di quanto il nostro corpo sta soffrendo e delle complicanze prettamente mediche, fisiche, cui si sta andando incontro?
La risposta a questa domanda credo possa essere bipartita. Sebbene magari anche a un livello non propriamente del tutto razionalizzato, ritengo che ogni ragazza che ha un DCA sia, basilarmente, consapevole che quello che sta facendo non è salutare. Voglio dire, credo che anche una bambina capirebbe che restringere l’alimentazione, procurarsi il vomito, sfiancarsi con lo sport, assumere diuretici e lassativi non è un qualcosa di positivo per il nostro organismo. A partire da questo punto fisso, però, occorre distinguere. Da una parte c’è l’aspetto “Lo so, ma fingo di non saperlo, perché sennò mi sentirei completamente matta nel fare qualcosa che mi distruggerà o comunque mi darà serie conseguenze fisiche”, dall’altra l’aspetto “Lo so, ma tanto sono tutti allarmisti, stanno esagerando, e poi vuoi che tutte queste cose succedano proprio a me? No, via, a me non mi succedono mica…” (succedono proprio a TE, purtroppo mi vedo costretta dirlo per esperienza, perché anch’io appartenevo a questa fazione, e adesso mi trovo costretta a far fronte alle conseguenze), ed infine l’aspetto dell’effettiva parziale inconsapevolezza: in fin dei conti, molto spesso quando si entra nella spirale discendente dell’anoressia si è ragazzine, ed è perciò normale che non sia abbia un’idea precisa e completa di quali possano essere le conseguenze fisiche di un comportamento alimentare errato. Molto spesso, peraltro, non volendo documentarci al riguardo per paura di leggere quello che, in fondo, già sappiamo, quest’ “ignoranza” rimane.
Ed arriviamo dunque alla ragione di questo post. La scelta del sintomo anoressico, la scelta della restrizione alimentare, è certamente una scelta consapevole. Quello che invece, molto spesso, non è pienamente o affatto consapevole, è tutta la pletora delle complicanze medico-fisiche cui si va necessariamente incontro con un DCA.
Perciò, in qualità di protomedico, ciò che vi propongo è proprio questo: dare un’occhiata a quelle che sono le complicanze mediche derivanti dai DCA. A tal proposito, ho redatto un file che potete scaricare qui sotto
Complicanze Mediche dei D.C.A.
Prima che passiate a leggerlo, qualche precisazione.
Innanzitutto, un ringraziamento. Come potrete vedere non appena aprirete il file, non ne sono la sola autrice, perciò…
GRAZIE MILLE, ALEX! Tutto questo non sarebbe mai venuto alla luce così se tu non mi avessi dato una mano, quindi… GRAZIE! Tra qualche anno tutto lo staff di “Grey’s Anatomy”, “E.R. – Medici in prima linea” e il Dottor House ti faranno un baffo, lo sai, vero?!...
Ci tengo tuttavia a precisare che questo lavoretto non ha assolutamente la pretesa di essere esaustivo, completo, precisissimo, perfetto… io ed Alex studiamo Medicina, non abbiamo ancora la laurea, quindi penso sia ovvio che le nostre conoscenze sono parziali rispetto a quelle di un medico. L’idea è quella di dare un’impostazione e una conoscenza di base su quelle che sono le principali complicazioni fisiche dei DCA, senza alcuna pretesa di eviscerare tutto il sapere medico al riguardo. Anzi, sono consapevole che ci sono molti “punti vuoti” ed imprecisioni, perciò… se ci fosse un medico che sta leggendo tutto questo, e se volesse completare, approfondire, correggere e precisare il file che ho caricato, sarebbe una cosa bellissima! Ogni possibile miglioria è più che benaccetta, anzi, è caldamente desiderata!
Vorrei dire anche che, nello scrivere questo file, si è cercato di integrare il “linguaggio medico” e il “linguaggio profano” in maniera tale da redigere un qualcosa che fosse comprensibile anche per chi è esterno all’ambiente della medicina. Non so quanto ci si possa essere riusciti – è un po’ difficile vedere dal di dentro ciò che vede chi sta al di fuori – in ogni caso, se ci sono cose non ben spiegate, cose troppo tecniche, o qualsiasi cosa che non vi quadra, fatemelo sapere nei commenti o via e-mail, e cercherò di fornire tutte le spiegazioni mancanti tentando di essere più precisa, semplice ed esaustiva.
In ogni caso, al termine del file sono riportate le indicazioni bibliografiche relative ai testi di cui si è fatto uso, quindi potete approfittarne se desiderate approfondire.
Infine sono consapevole del fatto che questa lettura lascerà il tempo che trova se siete nel pieno dell’anoressia. Se siete nel pieno dell’anoressia, magari non scaricherete neppure il file. “Ecco un’altra quasi dottoressa che mette giù tanti paroloni per fare allarmismo sfruttando l’onda della morte di Isabelle Caro… ma figuriamoci!” penserete, e vi farete una risata di fronte a quel file. Lo capisco perfettamente, perché se questo file me l’avessero messo tra le mani anche solo 5 o 6 anni fa, pure io avrei scosso la testa e avrei smesso di leggere dopo le prime tre righe pensando: “E chi se ne frega?!”. Ma frega eccome, poi. Perché questa – per quanto semplificata, per quanto limitata, per quanto imprecisa – è la realtà medica dei DCA. Isabelle Caro potrebbe dirvelo meglio di me.
Etichette:
anoressia,
bulimia,
combattere,
complicanze mediche DCA,
dca,
Isabelle Caro,
Mari,
medicina,
modelle,
morte,
no pro-ana,
Oliviero Toscani,
ricovero,
vita
venerdì 6 marzo 2009
Sofferenza universale: celebrità affette da DCA
Una delle ragioni per cui le persone che hanno affrontato l’esperienza di un DCA si riconoscono e si legano tra loro così rapidamente e facilmente, è perché si viene ad instaurare una totale empatia, una totale comprensione, poiché sebbene ognuna di noi sia diversa dall’altra – e quindi più che dire che esiste “l’anoressia” si può più propriamente dire che esistono “le anoressie” – questa sofferenza costituisce comunque un sottofondo comune a tutte.
Il disprezzo verso noi stesse, la scarsa autostima, l’insicurezza di fondo mascherata da falsa sicurezza, il tormento interiore, e le contemporanee sensazioni di forza, controllo, soddisfazione e onnipotenza sono universali tra chiunque abbia attraversato l’anoressia.
Questo mi ha fatto pensare:
Le celebrità affette da DCA… Anche loro devono provare questa stessa sofferenza.
Dietro i loro sorrisi patinati sulle copertine delle riviste e negli scatti fotografici… si sentono ferite come mi sento io? Provano lo stesso dolore che proviamo noi?
Stanno soffrendo come soffrivo io quando ero nel pieno dell’anoressia?
Talvolta osservo le loro immagini sui giornali o su Internet, i loro corpi ridotti al limite, sebbene avvolti in vestiti costosi e di marca, quei falsi sorrisi che ormai saprei riconoscere anche a chilometri di distanza, e provo tanta tristezza. Talvolta leggo nei vari blog di ragazze che vorrebbero diventare come loro e mi chiedo come sia possibile poter arrivare a desiderare quest’inferno senza morte. Mi chiedo come si sentirebbero quelle attrici, modelle, cantanti, se qualcuno dicesse loro che vengono prese come esempio, fisicamente parlando. Credo proprio che soffrirebbero ancora di più di quanto non stiano già facendo. Perché quella dell’anoressia è una sofferenza che non si augura davvero a nessuno.
Così, guardo le loro fotografie e guardo le mie, le nostre. Celebrità contro ragazze sconosciute. No. Celebrità CON ragazze sconosciute. Perché tolti i tacchi alti, attraversati i tappeti rossi, spente le luci della ribalta, chiuse nella propria stanza… nel momento in cui va giù il sipario ed è in onda la realtà… quello che rimane è esattamente la medesima cosa: una ragazza alle prese con la sua sofferenza e la sua lotta interiore.
Non avevo mai pensato che potessimo tutte quante avere così tanto in comune con delle celebrità… Ma, forse, in effetti siamo molto più simili di quello che pensassi… Unite da questa sofferenza universale.
Il disprezzo verso noi stesse, la scarsa autostima, l’insicurezza di fondo mascherata da falsa sicurezza, il tormento interiore, e le contemporanee sensazioni di forza, controllo, soddisfazione e onnipotenza sono universali tra chiunque abbia attraversato l’anoressia.
Questo mi ha fatto pensare:
Le celebrità affette da DCA… Anche loro devono provare questa stessa sofferenza.
Dietro i loro sorrisi patinati sulle copertine delle riviste e negli scatti fotografici… si sentono ferite come mi sento io? Provano lo stesso dolore che proviamo noi?
Stanno soffrendo come soffrivo io quando ero nel pieno dell’anoressia?
Talvolta osservo le loro immagini sui giornali o su Internet, i loro corpi ridotti al limite, sebbene avvolti in vestiti costosi e di marca, quei falsi sorrisi che ormai saprei riconoscere anche a chilometri di distanza, e provo tanta tristezza. Talvolta leggo nei vari blog di ragazze che vorrebbero diventare come loro e mi chiedo come sia possibile poter arrivare a desiderare quest’inferno senza morte. Mi chiedo come si sentirebbero quelle attrici, modelle, cantanti, se qualcuno dicesse loro che vengono prese come esempio, fisicamente parlando. Credo proprio che soffrirebbero ancora di più di quanto non stiano già facendo. Perché quella dell’anoressia è una sofferenza che non si augura davvero a nessuno.
Così, guardo le loro fotografie e guardo le mie, le nostre. Celebrità contro ragazze sconosciute. No. Celebrità CON ragazze sconosciute. Perché tolti i tacchi alti, attraversati i tappeti rossi, spente le luci della ribalta, chiuse nella propria stanza… nel momento in cui va giù il sipario ed è in onda la realtà… quello che rimane è esattamente la medesima cosa: una ragazza alle prese con la sua sofferenza e la sua lotta interiore.
Non avevo mai pensato che potessimo tutte quante avere così tanto in comune con delle celebrità… Ma, forse, in effetti siamo molto più simili di quello che pensassi… Unite da questa sofferenza universale.
Etichette:
anoressia,
attrici,
autostima,
bulimia,
cantanti,
celebrità,
comparazione,
controllo,
dca,
disordini alimentari,
dolore,
modelle,
no pro-ana,
persone famose,
ricovero,
sofferenza
martedì 13 gennaio 2009
Anatomia "pro-ana" - Parte 3
"THINSPO"
Con il termine “thinspo” (contrazione di “thin inspiration”, le ragazze che si definiscono “pro-ana” indicano tutte le immagini che raffigurano modelle scheletriche, che le suddette ragazze utilizzano come fonte di “ispirazione” per continuare a cercare di dimagrire, nella speranza di riuscire ad essere come loro, che a quanto pare incarnano il loro ideale di “perfezione”.
Ora, la domanda è: la “thinspo” è veramente così terribile?
NOTIZIA PROROMPENTE!!:
Adesso vi dirò una cosa che probabilmente vi stupirà, soprattutto se non avete vissuto l’anoressia: molti si scagliano contro queste immagini, molti criticano le modelle che sfilano in passerella proposte dagli stilisti, molti accusano il mondo della TV di proporre immagini sbagliate che incitano le ragazze a DCA, molti criticano la diffusione di queste figure di modelle scheletriche… Ma in realtà… la “thinspo” NON può causare disturbi alimentari. Del resto, se lo facesse, le ragazze che leggono “Vouge”, “D”, “Elle” e “Glamour” sarebbero TUTTE anoressiche. Comunque, è effettivamente vero che la “thinspo” può:
A) intensificare;
B) prolungare;
C) normalizzare;
un disturbo alimentare.
Cominciando dunque dal principio:
A) Intensificare. Immaginate un disturbo alimentare senza “thinspo”. La bassa autostima e l’odio per se stesse è sempre implicato, ma l’unica comparazione che può essere fatta è quella tra il proprio corpo e il corpo delle persone che ci stanno vicino, alcune delle quali potrebbero essere comunque anche molto magre per costituzione, ma sicuramente per lo più rientranti in un ambito di normopeso. La “thinspo” apre un nuovo mondo di comparazione e porta l’odio verso se stesse ad un altro maggiore livello. Nessuna può comparare fianchi, gambe, pancia, coste con quelle di centinaia di altre ragazze, e flagellarsi quando si fallisce sulla misurazione. Con la “thinspo” invece è possibile torturarsi con immagini di modelle scheletriche, che restano sullo schermo del PC per tutto il tempo in cui si decide di farle rimanere, alimentando ed incentrando l’ossessione sul proprio corpo che non può essere oggettivamente pari a quello delle figure.
B) Prolungare. Idealizzare e cercare di ottenere un corpo super-magro è sintomo di disturbo alimentare (in un già conclamato disturbo alimentare personale). Continui rinforzi nei comportamenti indotti dal disturbo alimentare, non possono che prolungarlo. Come può una ragazza accettare il proprio corpo (passo indispensabile nel processo di ricovero) quando lo compara costantemente con quello delle modelle “thinspo”?
C) Normalizzare. Quando per le prime volte si guardano immagini “thinspo” fanno quasi senso, sembrano scioccanti ed estreme (anche se questo è comunque il loro scopo). Però, dopo che le abbiamo guardate abbastanza a lungo, si comincia a desensibilizzarsi alla radicalità di queste immagini, e s’inizia a considerarle, in un certo qual modo, “normali” e raggiungibili. Questo, di conseguenza, fa sì che l’immagine corporea di una persona effettivamente normopeso (con BMI compreso tra 18 e 25) sembri grassa.
La “thinspo” è effettivamente un’arma per le ragazze che si definiscono “pro-ana”, per carburare ed incrementare l’odio nei confronti del proprio corpo che porta a disperati sentimenti di insoddisfazione e disistima nei confronti di se stesse, incitando a portare avanti i comportamenti errati che possono facilitare l’ingresso in un conclamato disturbo alimentare.
ANNUNCIO DI SERVIZIO PUBBLICO:
La stragrande maggioranza delle più comuni immagini “thinspo” (anche se indicate come immagini di ragazze reali) sono FALSE.
In effetti, fin dalla prima vola che le ho viste, mi hanno fatto strano… sarà che io ho sempre amato disegnare, così ho sempre studiato molto attentamente le immagini, perciò non appena ho visto quelle delle modelle “thinspo” ho subito notato che c’era qualcosa che non quadrava. La prima cosa che mi sono chiesta è stata se molte delle immagini delle “ragazze reali thinspo” (così le definiscono le “pro-ana”) fossero state stirate in verticale… Dopodichè mi sono munita di un adeguato programma di grafica computer, ho scaricato alcune fotografie di modelle costituzionalmente magre ma affatto scheletriche, e mi sono messa all’opera. I risultati potete vederli qua sotto:




E se sono riuscita io a prendere delle immagini di normali modelle costituzionalmente magre, e a trasformarle in scheletrini perfettamente verosimili, può davvero farlo chiunque… Immagino perciò che le ragazze “pro-ana” trascorrano giornate davanti al computer a creare falsi del genere…
Morale della favola: se vedete fotografie di questo genere su siti/blog/forum “pro-ana”, non perdete tempo a chiedervi se le ragazze delle immagini sono realmente così… certo che sono realmente così: realmente così TAROCCATE!!!
Ultima domanda, e questa rivolta ad eventuali ragazze “pro-ana” che hanno appena letto questo post: se avete messo sui vostri blog immagini “thinspo”/”pro-ana”, cosa speravate/cercavate di ottenere??
CONTINUA…
Con il termine “thinspo” (contrazione di “thin inspiration”, le ragazze che si definiscono “pro-ana” indicano tutte le immagini che raffigurano modelle scheletriche, che le suddette ragazze utilizzano come fonte di “ispirazione” per continuare a cercare di dimagrire, nella speranza di riuscire ad essere come loro, che a quanto pare incarnano il loro ideale di “perfezione”.
Ora, la domanda è: la “thinspo” è veramente così terribile?
NOTIZIA PROROMPENTE!!:
Adesso vi dirò una cosa che probabilmente vi stupirà, soprattutto se non avete vissuto l’anoressia: molti si scagliano contro queste immagini, molti criticano le modelle che sfilano in passerella proposte dagli stilisti, molti accusano il mondo della TV di proporre immagini sbagliate che incitano le ragazze a DCA, molti criticano la diffusione di queste figure di modelle scheletriche… Ma in realtà… la “thinspo” NON può causare disturbi alimentari. Del resto, se lo facesse, le ragazze che leggono “Vouge”, “D”, “Elle” e “Glamour” sarebbero TUTTE anoressiche. Comunque, è effettivamente vero che la “thinspo” può:
A) intensificare;
B) prolungare;
C) normalizzare;
un disturbo alimentare.
Cominciando dunque dal principio:
A) Intensificare. Immaginate un disturbo alimentare senza “thinspo”. La bassa autostima e l’odio per se stesse è sempre implicato, ma l’unica comparazione che può essere fatta è quella tra il proprio corpo e il corpo delle persone che ci stanno vicino, alcune delle quali potrebbero essere comunque anche molto magre per costituzione, ma sicuramente per lo più rientranti in un ambito di normopeso. La “thinspo” apre un nuovo mondo di comparazione e porta l’odio verso se stesse ad un altro maggiore livello. Nessuna può comparare fianchi, gambe, pancia, coste con quelle di centinaia di altre ragazze, e flagellarsi quando si fallisce sulla misurazione. Con la “thinspo” invece è possibile torturarsi con immagini di modelle scheletriche, che restano sullo schermo del PC per tutto il tempo in cui si decide di farle rimanere, alimentando ed incentrando l’ossessione sul proprio corpo che non può essere oggettivamente pari a quello delle figure.
B) Prolungare. Idealizzare e cercare di ottenere un corpo super-magro è sintomo di disturbo alimentare (in un già conclamato disturbo alimentare personale). Continui rinforzi nei comportamenti indotti dal disturbo alimentare, non possono che prolungarlo. Come può una ragazza accettare il proprio corpo (passo indispensabile nel processo di ricovero) quando lo compara costantemente con quello delle modelle “thinspo”?
C) Normalizzare. Quando per le prime volte si guardano immagini “thinspo” fanno quasi senso, sembrano scioccanti ed estreme (anche se questo è comunque il loro scopo). Però, dopo che le abbiamo guardate abbastanza a lungo, si comincia a desensibilizzarsi alla radicalità di queste immagini, e s’inizia a considerarle, in un certo qual modo, “normali” e raggiungibili. Questo, di conseguenza, fa sì che l’immagine corporea di una persona effettivamente normopeso (con BMI compreso tra 18 e 25) sembri grassa.
La “thinspo” è effettivamente un’arma per le ragazze che si definiscono “pro-ana”, per carburare ed incrementare l’odio nei confronti del proprio corpo che porta a disperati sentimenti di insoddisfazione e disistima nei confronti di se stesse, incitando a portare avanti i comportamenti errati che possono facilitare l’ingresso in un conclamato disturbo alimentare.
ANNUNCIO DI SERVIZIO PUBBLICO:
La stragrande maggioranza delle più comuni immagini “thinspo” (anche se indicate come immagini di ragazze reali) sono FALSE.
In effetti, fin dalla prima vola che le ho viste, mi hanno fatto strano… sarà che io ho sempre amato disegnare, così ho sempre studiato molto attentamente le immagini, perciò non appena ho visto quelle delle modelle “thinspo” ho subito notato che c’era qualcosa che non quadrava. La prima cosa che mi sono chiesta è stata se molte delle immagini delle “ragazze reali thinspo” (così le definiscono le “pro-ana”) fossero state stirate in verticale… Dopodichè mi sono munita di un adeguato programma di grafica computer, ho scaricato alcune fotografie di modelle costituzionalmente magre ma affatto scheletriche, e mi sono messa all’opera. I risultati potete vederli qua sotto:




E se sono riuscita io a prendere delle immagini di normali modelle costituzionalmente magre, e a trasformarle in scheletrini perfettamente verosimili, può davvero farlo chiunque… Immagino perciò che le ragazze “pro-ana” trascorrano giornate davanti al computer a creare falsi del genere…
Morale della favola: se vedete fotografie di questo genere su siti/blog/forum “pro-ana”, non perdete tempo a chiedervi se le ragazze delle immagini sono realmente così… certo che sono realmente così: realmente così TAROCCATE!!!
Ultima domanda, e questa rivolta ad eventuali ragazze “pro-ana” che hanno appena letto questo post: se avete messo sui vostri blog immagini “thinspo”/”pro-ana”, cosa speravate/cercavate di ottenere??
CONTINUA…
Etichette:
anoressia,
bulimia,
dca,
disosrdini alimentari,
modelle,
pro-ana,
ricovero,
thinspiration,
thinspo
Iscriviti a:
Post (Atom)