Come gli alchimisti trasformavano il ferro in oro… voi potete trasformare l’oscurità in luce. Siete tutte benvenute.
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sabato 8 gennaio 2011

Favolose

Il nostro più profondo timore non è l’essere inadeguate, sbagliate, incapaci di mantenere la motivazione a combattere contro l’anoressia. Il nostro più profondo timore è l’essere incredibilmente forti. È la nostra luce, non la nostra oscurità quel che ci spaventa di più. Ci chiediamo: “Ma chi sono io per essere così brillante, talentuosa, favolosa?”. E allora io vi chiedo: “Ma chi siete voi per non esserlo?”.

Ragazze mie: siete brillanti. Siete talentuose. E siete tutte favolose.

Lo so che la consapevolezza delle vostre capacità e di tutto di quello che potete portare a termine se vi lasciate essere voi stesse può far paura. Può essere così terrorizzante da farvi desiderare di rinchiudervi nella crisalide dell’anoressia per sempre.

Il vostro potenziale è in effetti sorprendente, stupefacente e terrificante. Ed è un vero crimine non lottare per tirarlo fuori. Perciò, perché non smetterla di restringere anche sulle vostre competenze e capacità? Perché non smetterla di bruciare la luce che irradiate? Perché non smetterla di rinunciare ai vostri sogni solo per paura di fallire (o forse per paura di realizzarli)?

Non imbrogliatevi su quello che desiderate dal vostro futuro solo perché non riuscite a vedere dove possa portarvi, solo perché al momento l’anoressia v’impedisce di vedere quanto lontano possiate arrivare nel momento in cui l’abbandonerete.

Non azzoppatevi prima di esservi date la possibilità di provare a camminare. Non desiderate la morte solo perché la vita vi fa paura. Perché morire è il coraggio di un attimo. Ma vivere è il coraggio di sempre.

Ricordatevi sempre che potete fallire a causa dell’anoressia, o riuscire nonostante l’anoressia.

Per favore, meravigliose creature, datevi la possibilità di vivere. Datevi la possibilità di avere successo. Datevi la possibilità di sognare. Datevi la possibilità di essere tutto ciò che potete essere. Libratevi in volo verso altezze inimmaginabili. Lasciatevi andare.

Siete tutte favolose.

Vi voglio bene,

Veggie

domenica 28 giugno 2009

L'obiettivo finale

È facile perdere di vista l’obiettivo finale quando c’è qualcosa che si vuole raggiungere ma non si è abbastanza sicure su come fare a raggiungerlo. Si viene sopraffatte da ciò che vorremmo ottenere, ciò che vorremmo ESSERE, ciò che vorremmo provare. Questo, inevitabilmente, finisce per generare ansia. Molta ansia. E così, può succedere di perdere il controllo. Può succedere di essere pervase nuovamente dalla voglia di mettere in atto una serie di “tattiche” che ci aiutino a farci stare meglio. Può succedere così di metterle in atto e di tirarle avanti per ridurre il senso di angoscia e riuscire a sbarcare la giornata senza sclerare.

In questo modo, si finisce per riscivolare esattamente al punto di partenza. Per ricadere nelle grinfie di ciò cui giorno dopo giorno stiamo cercando di sfuggire. Per ricadere nelle grinfie dell’anoressia. Eppure, il tentativo che stavate facendo era quello di riuscire a stare bene… Sembra un po’ un controsenso, lo so… Eppure, è questo ciò che succede.

Si ricomincia a restringere.
Si perde peso.
Si torna a fare checking.
Si riadattano condotte disfunzionali.
Ricomincia l’autolesionismo.
Ritornano i pensieri ossessivi.
Si ricomincia a farci del male.
Ci sembra che sia tornato il “controllo”.
Magari ci si racconta pure che stiamo facendo tutto questo per riuscire a vivere – ma cosa farà in realtà tutto questo, a lungo termine?
Ci farà stare male?
Ci ucciderà lentamente?
Annienterà la nostra vita?
Distruggerà la nostra strada del ricovero?

Non dimenticate mai di guardare quello che è l’obiettivo finale del ricovero, ma non abbiate la smania di raggiungerlo. Piuttosto, prendetevi il tempo di cui sentite di aver bisogno, un giorno alla volta… così sarete sicure di poter vivere una vita sana e felice fino a raggiungere il vostro obiettivo finale. Lasciate che questo obiettivo sia la candela che illumina l’oscurità, la bandiera che sventola a distanza, il faro che vi mostra la via da seguire per raggiungere il porto.

Se vi focalizzate troppo e fin da subito sul raggiungere in breve tempo l’obiettivo finale, farete una grande ingiustizia a voi stesse e renderete questo già difficile viaggio ancora più complesso. Perciò, fate un passo dopo l’altro. Piccoli obiettivi. Tutto il tempo necessario; un giorno dopo l’altro. L’obiettivo finale non se ne va solo perchè state percorrendo lentamente la strada. È sempre là che aspetta solo voi.

lunedì 9 marzo 2009

Anoressia: C'è un tombino aperto sulla mia strada

Il ricovero dall’anoressia, con i suoi progressi e le sue ricadute, può essere secondo me considerato un qualcosa come un percorso su una strada in cui c’è un tombino aperto.

Capitolo 1
Sto camminando per strada e c’è un tombino aperto.
Non lo vedo, e ci cado dentro.
È freddo, scuro, cancella ogni speranza, e ci vuole un sacco e una sporta di tempo per trovare il modo per uscirne. Non dipende da me!

Capitolo 2
Sto camminando per la solita strada.
C’è un tombino aperto. Un tombino aperto bello grande. Lo vedo, ma ci cado dentro comunque.
È freddo, scuro, cancella ogni speranza, e ci vuole un sacco di tempo per trovare il modo per uscirne. Ancora una volta, non dipende da me!

Capitolo 3
Sto camminando per la stessa strada. C’è un tombino aperto.
Lo vedo, e decido ancora una volta di caderci dentro.
(…Sta diventando un’abitudine…)
Ma stavolta tengo gli occhi aperti, mi lascio guidare dalla luce che vedo provenire dall’altro, e riesco ad uscirne in maniera più rapida e più agevole. Dipende da me.

Capitolo 4
Sto camminando per la medesima strada, c’è un tombino aperto.
Lo vedo, e ci cammino intorno superandolo senza caderci.

Capitolo 5
Sto camminando per un’altra strada.

Spero che l’analogia sia valida per tutte voi… dal primo – ma soprattutto – all’ULTIMO capitolo…

lunedì 27 ottobre 2008

Attraversare il tunnel

È interessante vedere quanto si può crescere come persone – persone a tutto tondo – e apprezzare quello che si ottiene in questo percorso. È una scoperta interessante, talvolta, poiché sembra d’immergersi improvvisamente nell’essenza di una persona che è stata sempre vicino, ma che non si è mai sentita come un’entità completa. Un po’ come quando si attraversa un tunnel in autostrada, e poi dietro la curva si sbuca all’improvviso e si viene investite dalla luce. Spesso ci è facile pensare a noi stesse come ad anoressiche, bulimiche, depresse, preoccupate, ansiose, nevrotiche, matte, o addirittura semplicemente come a un corpo da esibire. Ma pensare a noi stesse esattamente per quello che siamo – nella totalità – ha innegabilmente un suo fascino speciale. Certo, potrete non amare completamente tutto quello che vedete in voi stesse, ma è assolutamente normale avere dei difetti e non apprezzarsi al 100%. È naturale trovarsi imperfette: come si usa dire, “Nessuno è perfetto”. Ma ricordatevi che le cose più belle non sono mai perfette. Ed è forse proprio per questo che sono così meravigliose. Perciò nessuna di noi può essere perfetta. Nessuna di voi può esserlo. Ma potete essere voi stesse. E questo è molto più che perfetto.

Finora ho scritto su questo blog diverse “strategie di auto-aiuto” rispetto ai disturbi alimentari, quelle che ho attuato e che ho trovato utili, ma quando si arriva ad applicarle, allora sta a voi metterci la forza e la volontà necessaria per venirne a capo. Desiderandolo veramente. E fregandovene di tutto ciò che gli altri possono fare o dire. E cercando di tacitare tutte le ansie che il distaccarsi dai disturbi alimentari inevitabilmente comporta. E tentando di staccarsi dall’autocommiserazione. E provando a tacitare i soliti pensieri ossessivi. Perché solo dentro di voi potete trovare la forza, la determinazione, la volontà, il coraggio… la chiave per abbandonare i DCA, per uscire dal tunnel e tornare a vedere la luce.

Purtroppo, al solito, la via giusta da seguire non è mai la più semplice. Ma vi assicuro che più combatterete, meglio vi sentirete quando a poco a poco vi libererete da ciò che oggi vi soffoca. Tutto ciò che vale merita di essere vissuto. Ed ogni battaglia che vale merita di essere combattuta fino in fondo. E, credetemi, la vostra salute e la vostra felicità costituiscono una battaglia che vale davvero la pena di combattere. So che lasciare i DCA può far paura, può mettere ansia. So che, nonostante tutto, rappresentano un appiglio in quello che pare un mare in tempesta. Ma alla fine di ogni tunnel c’è la luce. Se continuate a stare aggrappate al guardrail non riuscirete mai a vederla. Perciò provate a mollare un po’ la presa e a fare qualche passo avanti. Così vi accorgerete che, non appena inizierete a vedere i primi spiragli di luce, avrete molta più voglia di raggiungerli che non di ricacciarvi nel buio della galleria. Perché il buio può essere rassicurante, ma non permette di vedere niente. Neanche voi stesse.

Al solito, lo so che è più facile a dirsi che a farsi. Molto più facile a dirsi. Ma ogni azione inizia con un pensiero. Perciò, lasciate che questo post sia il vostro pensiero. E iniziate.

lunedì 29 settembre 2008

A proposito...

… di quello che ho postato ieri mattina.

La ragione per cui l’ho fatto, fondamentalmente, è perché volevo voi sapeste che non siete sole. Che so come ci si sente perché ci sono passata anch’io… e a volte ci passo tuttora. Lo so che ferisce… lo so che fa pensare di essere matte… lo so che fa venir voglia di urlare anche se poi restiamo in silenzio… lo so che fa star male… lo so che fa venire voglia di piangere… ma dentro di voi c’è la forza per uscirne. Se lo volete veramente, c’è sempre una via d’uscita. E spero, anche se in piccolissima parte, di aiutarvi a trovarla con le mie parole. Con le parole del mio post di ieri.

Perché la ragazza che circa tre anni fa scrisse quelle parole, era decisamente sprofondata in un buco nero… e nessuno poteva lanciarle una corda, perché lei era troppo debole per issarsi. E nessuno poteva allungarle una mano, perché loro non erano forti abbastanza da tirarla su. E, soprattutto, in nessun modo poteva essere fatto qualcosa per farla uscire, perché lei per prima non era del tutto sicura di volerne uscire. Paradossalmente, anche se quel buco era nero e scomodo e freddo, era l’unica cosa che conosceva, l’unica cosa che le era familiare, che le dava sicurezza. Perciò, in fin dei conti, uscirne la terrorizzava. Così quella ragazza trascorreva la giornata in quel buco, studiava in quel buco, restringeva in quel buco, faceva sport in quel buco… viveva in quel buco. E in quel buco soffriva quando gli altri la guardavano con aria preoccupata senza sapere cosa fare per lei. E in quel buco si sentiva in colpa per tutto quello che poteva sentirsi in colpa e soprattutto per non avere la forza di cambiare la situazione.

Non sono arrivati angeli. Non ci sono stati miracoli. Tutto solo un lavoro di unghie e di denti. Unghie che si sono spezzate, e conseguenti ricadute verso il fondo, e poi di nuovo verso l’alto, un’arrampicata che sto ancora compiendo. E adesso che non sono più così sul fondo, comincio ad intravedere raggi di luce. Non è rapido, non è facile, non è indolore. Si tratta di fare una scelta e di mettere tutta la propria determinazione per seguirla fino in fondo. Si tratta di trovare i mezzi giusti e di usarli: mezzi che sono dentro ognuna di voi, basta solo cercarli. La rabbia c’è sempre, ma possiamo decidere come usarla: rivolgendola contro noi stesse e proseguendo un’infinita opera di decostruzione-ricostruzione-decostruzione, oppure buttandola all’esterno e trasformandola in determinazione e forza per proseguire l’arrampicata.

Era tutto nelle mani di quella ragazza. Gli altri potevano farle di contorno, ma solo lei poteva decidere per la sua vita. Doveva usare ogni mezzo, dare fondo a tutta se stessa. Tutta la sua rabbia, la sua determinazione, la sua disperazione, la sua onestà, la sua sopportazione, la sua capacità di reagire, la sua volontà, la sua forza. Dopotutto, quel buco era veramente molto profondo.

Perciò, adesso che riesco a vedere raggi di luce, continuo a mettercela tutta per raggiungere la cima. Fallirò? Cadrò nuovamente verso il basso? O riuscirò ad uscirne una volta per tutte? Sicuramente, continuo la mia battaglia infinita. E, si sa, di questo sono convinta, combattere è già una vittoria.

Un abbraccio forte forte a tutte quante…
 
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