lunedì 28 settembre 2009
A voi la parola / 11
Le parole di oggi sono quelle di Prudence. Riprendendo l’eterno tema della bellezza e le mille dissertazioni che su di essa possono essere fatte, queste le meravigliose riflessioni di Prudence al riguardo, che ci accompagnano nel mensile appuntamento con “A voi la parola”.
Che cos’è la bellezza?
Illustri menti prima della mia,si sono posti questa domanda.
C’è chi la ritrova in uno squarcio di cielo… chi nel rombo di un tuono… chi nella lacrima di una giovane creola… chi nel polveroso canto di una vecchia nelle filande.
Io, fino a poco tempo fa non avevo ancora una risposta.
Forse perché concordavo con quanti, prima di me, avevano descritto il loro concetto di bellezza e, al contempo, non sentivo la loro descrizione esattamente completa.
Il problema forse allora, mi sono detta, non è la risposta, quanto la domanda stessa. Forse formulata in una tale maniera, si può intendere che il concetto di bellezza sia inteso come unico ed indivisibile.
Ed è qui, dunque, che si cade in errore.
La bellezza, quel concetto puro che aleggia nella mente degli uomini fin dalla notte dei tempi, così rapido ed inafferrabile quanto una pura vestale sui monti di Efeso… ebbene, essa non è UNICA. Non è INSCINDIBILE.
La vera bellezza della “bellezza” (mi si perdoni il gioco di parole) sta proprio in questo… nell’essere adattabile ad ogni percorso… ad ogni esperienza umana e, proprio per questo, a rinnovarsi sempre. Ad essere un ideale sempre ricco e tutto da scoprire.
Ciò che può essere bello per uno, può non esserlo affatto per l’altro… ed ecco un'altra magia, questa volta più insidiosa, di questo grande interrogativo che è la bellezza.
Spesso questa ci trae in inganno… con specchietti per le allodole che,ad una più attenta riflessione,tutti sapremmo smascherare.
Ma la bellezza conosce i nostri punti deboli… sa che noi, in quanto esseri umani, non siamo poi così INSCINDIBILI come lei. Ci accomuna infatti un unico comune denominatore… la fragilità.
E chi più, chi meno, soccombe al tristo canto della sirena bellezza… la insegue, la caccia, cerca di afferrarla, talvolta spingendosi fino all’orlo di un baratro nel quale spesso si cade senza più trovare una via di uscita.
Il cacciatore diventa la preda… il carnefice, nella volontà di afferrare e sezionare un concetto di questa portata come è il “bello”, diventa vittima dello stesso.
Eppure… se solo si ritornasse all’inizio della pagina… a quella domanda posta in maniera bislacca e certamente inesatta… se solo si prestasse più attenzione alle implicazioni nascoste della stessa… ecco che il giogo crudele della bellezza cadrebbe.
Chi pone interrogativi sulla bellezza è, difatti, l’uomo. L’uomo che, agli albori della sua venuta sulla terra, ha cominciato a coltivare un concetto, che, piano piano, è mutato in un’idea astratta, condivisibile ed affascinante come questa.
Ed eccola allora la soluzione… è l’uomo che ha creato il bello, poiché parte integrante del suo essere.
La bellezza è questa… è il suo essere comune a tutti gli uomini.
In forma diversa… in maniere differenti… in vari ambiti… ma essa, comunque, è sempre presente.
Ho deciso di mettere nero su bianco questo piccolo flusso di pensieri, poiché la mia storia è tanto diversa e tanto simile alla vostra… che forse non vale la pena di essere citata. Io cerco di lasciarmela alle spalle, con dolore, faticosamente… ma ci sto provando.
Un ragionamento del genere invece… è una di quelle cose che non vorrei scordare mai… per capire quanto in realtà, ognuno è la propria bellezza. Quanto questa sia insita in ognuno di noi. Non necessariamente bellezza fisica… ma bellezza nel suo più ampio spettro. C’è chi eccelle nel campo della musica… chi in quello della pittura… chi in quello della scrittura. Tutte queste, sono forme di bellezza invidiabili.
E’ questo quindi, che voglio condividere con voi tutte… è questo che vorrei non scordaste mai.
La bellezza,è racchiusa in ognuna di noi… magari nascosta, burlona… che, come una fatina, tende a nascondersi negli anfratti più disparati. Dobbiamo solo pazientare e tendergli una mano… ha bisogno solo di un piccolo incoraggiamento. E vedrete che essa sboccerà rendendovi fiori meravigliosi, ognuno con una propria particolarità… ognuno traboccante di un’incontenibile bellezza.
Cara Prudence, ti ringrazio per aver voluto condividere qui queste tue parole, queste tue riflessioni. Le nostre storie sono tanto simili quanto diverse proprio perché accompagnate dal minimo comune denominatore della sofferenza… quella stessa sofferenza da cui tu adesso, con coraggio e determinazione, stai cercando di distaccarti. E penso che queste riflessioni sulla bellezza possano essere un ottimo punto di partenza. Perché le conclusioni cui giungi sono esattamente quelle giuste: la bellezza è dappertutto, basta volerla scovare, basta non chiudere gli occhi.
E non dimenticare che questa stessa bellezza è anche la tua, perché una ragazza che scrive tale parole, che è capace di competere ragionamenti che rivelano una tale intelligenza e sensibilità, non può che essere una persona bellissima. E tu lo sei. Molto più di quel che credi.
Continua a combattere per lasciarti alle spalle quello che ti fa soffrire adesso, continua a lottare contro l’anoressia. E non sarà oggi, non sarà domani, e forse neanche tra un mese o tra un anno… ma sicuramente arriverà un giorno in cui sarai tu ad avere la meglio, perché combattere è già una vittoria. E in quel giorno, la tua bellezza sarà davvero tangibile sotto ogni punto di vista. Perché non c’è niente di più bello nel riuscire finalmente a darsi il diritto di combattere PER noi stesse.
Ti abbraccio forte,
Veggie
Che cos’è la bellezza?
Illustri menti prima della mia,si sono posti questa domanda.
C’è chi la ritrova in uno squarcio di cielo… chi nel rombo di un tuono… chi nella lacrima di una giovane creola… chi nel polveroso canto di una vecchia nelle filande.
Io, fino a poco tempo fa non avevo ancora una risposta.
Forse perché concordavo con quanti, prima di me, avevano descritto il loro concetto di bellezza e, al contempo, non sentivo la loro descrizione esattamente completa.
Il problema forse allora, mi sono detta, non è la risposta, quanto la domanda stessa. Forse formulata in una tale maniera, si può intendere che il concetto di bellezza sia inteso come unico ed indivisibile.
Ed è qui, dunque, che si cade in errore.
La bellezza, quel concetto puro che aleggia nella mente degli uomini fin dalla notte dei tempi, così rapido ed inafferrabile quanto una pura vestale sui monti di Efeso… ebbene, essa non è UNICA. Non è INSCINDIBILE.
La vera bellezza della “bellezza” (mi si perdoni il gioco di parole) sta proprio in questo… nell’essere adattabile ad ogni percorso… ad ogni esperienza umana e, proprio per questo, a rinnovarsi sempre. Ad essere un ideale sempre ricco e tutto da scoprire.
Ciò che può essere bello per uno, può non esserlo affatto per l’altro… ed ecco un'altra magia, questa volta più insidiosa, di questo grande interrogativo che è la bellezza.
Spesso questa ci trae in inganno… con specchietti per le allodole che,ad una più attenta riflessione,tutti sapremmo smascherare.
Ma la bellezza conosce i nostri punti deboli… sa che noi, in quanto esseri umani, non siamo poi così INSCINDIBILI come lei. Ci accomuna infatti un unico comune denominatore… la fragilità.
E chi più, chi meno, soccombe al tristo canto della sirena bellezza… la insegue, la caccia, cerca di afferrarla, talvolta spingendosi fino all’orlo di un baratro nel quale spesso si cade senza più trovare una via di uscita.
Il cacciatore diventa la preda… il carnefice, nella volontà di afferrare e sezionare un concetto di questa portata come è il “bello”, diventa vittima dello stesso.
Eppure… se solo si ritornasse all’inizio della pagina… a quella domanda posta in maniera bislacca e certamente inesatta… se solo si prestasse più attenzione alle implicazioni nascoste della stessa… ecco che il giogo crudele della bellezza cadrebbe.
Chi pone interrogativi sulla bellezza è, difatti, l’uomo. L’uomo che, agli albori della sua venuta sulla terra, ha cominciato a coltivare un concetto, che, piano piano, è mutato in un’idea astratta, condivisibile ed affascinante come questa.
Ed eccola allora la soluzione… è l’uomo che ha creato il bello, poiché parte integrante del suo essere.
La bellezza è questa… è il suo essere comune a tutti gli uomini.
In forma diversa… in maniere differenti… in vari ambiti… ma essa, comunque, è sempre presente.
Ho deciso di mettere nero su bianco questo piccolo flusso di pensieri, poiché la mia storia è tanto diversa e tanto simile alla vostra… che forse non vale la pena di essere citata. Io cerco di lasciarmela alle spalle, con dolore, faticosamente… ma ci sto provando.
Un ragionamento del genere invece… è una di quelle cose che non vorrei scordare mai… per capire quanto in realtà, ognuno è la propria bellezza. Quanto questa sia insita in ognuno di noi. Non necessariamente bellezza fisica… ma bellezza nel suo più ampio spettro. C’è chi eccelle nel campo della musica… chi in quello della pittura… chi in quello della scrittura. Tutte queste, sono forme di bellezza invidiabili.
E’ questo quindi, che voglio condividere con voi tutte… è questo che vorrei non scordaste mai.
La bellezza,è racchiusa in ognuna di noi… magari nascosta, burlona… che, come una fatina, tende a nascondersi negli anfratti più disparati. Dobbiamo solo pazientare e tendergli una mano… ha bisogno solo di un piccolo incoraggiamento. E vedrete che essa sboccerà rendendovi fiori meravigliosi, ognuno con una propria particolarità… ognuno traboccante di un’incontenibile bellezza.
Cara Prudence, ti ringrazio per aver voluto condividere qui queste tue parole, queste tue riflessioni. Le nostre storie sono tanto simili quanto diverse proprio perché accompagnate dal minimo comune denominatore della sofferenza… quella stessa sofferenza da cui tu adesso, con coraggio e determinazione, stai cercando di distaccarti. E penso che queste riflessioni sulla bellezza possano essere un ottimo punto di partenza. Perché le conclusioni cui giungi sono esattamente quelle giuste: la bellezza è dappertutto, basta volerla scovare, basta non chiudere gli occhi.
E non dimenticare che questa stessa bellezza è anche la tua, perché una ragazza che scrive tale parole, che è capace di competere ragionamenti che rivelano una tale intelligenza e sensibilità, non può che essere una persona bellissima. E tu lo sei. Molto più di quel che credi.
Continua a combattere per lasciarti alle spalle quello che ti fa soffrire adesso, continua a lottare contro l’anoressia. E non sarà oggi, non sarà domani, e forse neanche tra un mese o tra un anno… ma sicuramente arriverà un giorno in cui sarai tu ad avere la meglio, perché combattere è già una vittoria. E in quel giorno, la tua bellezza sarà davvero tangibile sotto ogni punto di vista. Perché non c’è niente di più bello nel riuscire finalmente a darsi il diritto di combattere PER noi stesse.
Ti abbraccio forte,
Veggie
Etichette:
a voi la parola,
anoressia,
bellezza,
bulimia,
condivisione,
dca,
disordini alimentari,
Prudence,
riflessioni,
supporto
venerdì 25 settembre 2009
Combattere i pensieri del DCA
Combattere contro l’anoressia significa soprattutto combattere contro i pensieri distorti che questa ci mette in testa, con le bugie che ci racconta. Pertanto, una parte molto importante del percorso di ricovero consiste nel combattere i pensieri derivanti dal DCA. Riconoscere quelle che sono le menzogne che l’anoressia ci sussurra, ricercando invece quella che è la verità.
Ad esempio, l’anoressia ci fa pensare:
“La restrizione è l’unico modo in cui io riesco ad affrontare [inserire qui il problema]”
Ma la verità è:
“Se la restrizione fosse davvero l’unico modo in cui possiamo affrontare lo stress, le situazioni ansiogene, le emozioni difficili da gestire, allora tutte le persone del mondo sarebbero anoressiche. In realtà, però, la stragrande maggioranza della gente riesce a far fronte a questi problemi giorno dopo giorno anche senza farsi del male… e se loro ci riescono, allora ce la posso fare anch’io!”
Oppure, l’anoressia ci mette in testa:
“Ma tanto restringo solo questa volta e poi non lo faccio più… Non mi faccio davvero del male continuando per chissà quanto…”
Ma la realtà è che:
“Dire “Lo faccio solo questa volta” è una frase che si finisce poi per ripetere 20, 30, 100, 1000 volte. Perché una volta iniziato a restringere, una volta iniziate a provare tutte le sensazioni di controllo, forza, soddisfazione e sicurezza connesse alla restrizione, è praticamente impossibile dire basta. E così si precipita nella spirale discendente dell’ossessione ancor prima di rendercene conto”.
L’anoressia ci fa dire:
“Se riesco a barcamenarmi tra scuola/lavoro, famiglia, sport, vita sociale, senza che nessuno si accorga di niente, ciò significa che sono veramente forte e che posso cavarmela benissimo. Altro che ricoverarmi, sto andando alla grande!”
Ma questa è la verità:
“Potrebbe pure essere vero che se riesco a fare tutte queste cose allora è tutto okay. Ma a pensarci, bene, nessuna di queste cose mi dà veramente soddisfazione o mi fa veramente essere felice. L’unica cosa che mi fa sentire veramente appagata è il senso di forza, di potenza e di controllo che provo quando restringo. Perciò, in realtà io non sto vivendo. Sto solo sopravvivendo”.
(E davvero i giorni più brutti nella vita sono quelli in cui lasciamo sorridere la maschera e non il nostro vero sorriso…)
Ancora, l’anoressia fa pensare:
“Ma io non sono malata! Io non sto così male come le altre! Non sono ridotta in quel modo! Finché non ci arriverò – e non ci arriverò!! – non ho alcun bisogno del ricovero!”
Ma in realtà:
“Ma, contemporaneamente, sto perdendo tempo. Scivolerò verso il basso senza neanche rendermene conto. Non sono abbastanza oggettiva per valutare il danno che mi sto infliggendo. Non so esattamente quello a cui sto andando incontro. Perciò sarebbe meglio fermarsi, prima che mi fermi l’anoressia”.
Altro pensiero che l’anoressia può metterci in testa è:
“E’ la mia vita, è la mia scelta. Ho il libero arbitrio, o no?! Qual è il problema?”
Ma la verità è che:
“Il mio comportamento ferisce i miei familiari e i miei amici. Causa un sacco di preoccupazioni e di risentimento. Rovina momenti belli che potrei trascorrere accanto alle persone cui voglio bene. La mia famiglia ed i miei amici ne sarebbero devastati, se qualcosa dovesse andare per il verso sbagliato. E lo sarei anch’io”.
Il pensiero sottostante che, anche se è difficile ammetterlo persino a noi stesse, spinge all’anoressia, poi, è:
“Sono una fallita. Non sono abbastanza. Sono una perdente”.
Ma la verità è che:
“Tutti commettono errori e defaillances, talvolta. Questo non significa essere una fallita o una perdente. Questo significa essere umana. Ho fatto comunque del mio meglio, anche se non è andata come avrei voluto. Ho fatto tutto il possibile”.
L’anoressia ci fa dire:
“Tutto quanto è un tale casino! Non vedo proprio come le cose potrebbero andare meglio…”.
Ma in realtà:
“Ci sono persone che possono aiutarmi a risolvere questi casini, se trovo il coraggio di ammettere che non ce la faccio da sola e che ho bisogno d’aiuto. Il primo passo è sempre il più difficile, ma poi tutti gli altri verranno di conseguenza. Io posso cambiare. Io posso fare progressi. Io posso costruirmi una nuova vita e far affiorare la vera me stessa. Dipende tutto solo da me”.
E poi, l’anoressia ci fa pensare:
“Ah, oggi ho avuto proprio una giornataccia… Quindi è okay se oggi restringo”.
Ma, ragazze, la verità è:
“Non devo trovarmi scusanti per fare qualcosa di sbagliato. Se riesco ad essere abbastanza forte da passare questo momentaccio senza cedere all’anoressia, sarò più forte domani agli urti della vita”.
Ancora più pericoloso, l’anoressia fa pensare:
“Se non riesco ad essere come voglio, se non riesco a modellare il mio corpo come voglio, se non riesco a restringere, allora significa che sono mediocre”.
Ma non è vero. E la realtà è che:
“L’anoressia mi priva della mia vera forza. Forza che è l’unica cosa che, con l’anoressia, si va veramente a restringere. L’anoressia mi priva di tutto il mio potenziale. Perciò, se spezzo il circolo vizioso potrò lasciare spazio alla vera Me Stessa di diventare la persona meravigliosa che è”.
Ed essere libere…
Credete a voi stesse, non alle parole che vi dice l’anoressia. Perché solo voi avete ragione e sapete qual è la cosa giusta… per voi stesse.
Ad esempio, l’anoressia ci fa pensare:
“La restrizione è l’unico modo in cui io riesco ad affrontare [inserire qui il problema]”
Ma la verità è:
“Se la restrizione fosse davvero l’unico modo in cui possiamo affrontare lo stress, le situazioni ansiogene, le emozioni difficili da gestire, allora tutte le persone del mondo sarebbero anoressiche. In realtà, però, la stragrande maggioranza della gente riesce a far fronte a questi problemi giorno dopo giorno anche senza farsi del male… e se loro ci riescono, allora ce la posso fare anch’io!”
Oppure, l’anoressia ci mette in testa:
“Ma tanto restringo solo questa volta e poi non lo faccio più… Non mi faccio davvero del male continuando per chissà quanto…”
Ma la realtà è che:
“Dire “Lo faccio solo questa volta” è una frase che si finisce poi per ripetere 20, 30, 100, 1000 volte. Perché una volta iniziato a restringere, una volta iniziate a provare tutte le sensazioni di controllo, forza, soddisfazione e sicurezza connesse alla restrizione, è praticamente impossibile dire basta. E così si precipita nella spirale discendente dell’ossessione ancor prima di rendercene conto”.
L’anoressia ci fa dire:
“Se riesco a barcamenarmi tra scuola/lavoro, famiglia, sport, vita sociale, senza che nessuno si accorga di niente, ciò significa che sono veramente forte e che posso cavarmela benissimo. Altro che ricoverarmi, sto andando alla grande!”
Ma questa è la verità:
“Potrebbe pure essere vero che se riesco a fare tutte queste cose allora è tutto okay. Ma a pensarci, bene, nessuna di queste cose mi dà veramente soddisfazione o mi fa veramente essere felice. L’unica cosa che mi fa sentire veramente appagata è il senso di forza, di potenza e di controllo che provo quando restringo. Perciò, in realtà io non sto vivendo. Sto solo sopravvivendo”.
(E davvero i giorni più brutti nella vita sono quelli in cui lasciamo sorridere la maschera e non il nostro vero sorriso…)
Ancora, l’anoressia fa pensare:
“Ma io non sono malata! Io non sto così male come le altre! Non sono ridotta in quel modo! Finché non ci arriverò – e non ci arriverò!! – non ho alcun bisogno del ricovero!”
Ma in realtà:
“Ma, contemporaneamente, sto perdendo tempo. Scivolerò verso il basso senza neanche rendermene conto. Non sono abbastanza oggettiva per valutare il danno che mi sto infliggendo. Non so esattamente quello a cui sto andando incontro. Perciò sarebbe meglio fermarsi, prima che mi fermi l’anoressia”.
Altro pensiero che l’anoressia può metterci in testa è:
“E’ la mia vita, è la mia scelta. Ho il libero arbitrio, o no?! Qual è il problema?”
Ma la verità è che:
“Il mio comportamento ferisce i miei familiari e i miei amici. Causa un sacco di preoccupazioni e di risentimento. Rovina momenti belli che potrei trascorrere accanto alle persone cui voglio bene. La mia famiglia ed i miei amici ne sarebbero devastati, se qualcosa dovesse andare per il verso sbagliato. E lo sarei anch’io”.
Il pensiero sottostante che, anche se è difficile ammetterlo persino a noi stesse, spinge all’anoressia, poi, è:
“Sono una fallita. Non sono abbastanza. Sono una perdente”.
Ma la verità è che:
“Tutti commettono errori e defaillances, talvolta. Questo non significa essere una fallita o una perdente. Questo significa essere umana. Ho fatto comunque del mio meglio, anche se non è andata come avrei voluto. Ho fatto tutto il possibile”.
L’anoressia ci fa dire:
“Tutto quanto è un tale casino! Non vedo proprio come le cose potrebbero andare meglio…”.
Ma in realtà:
“Ci sono persone che possono aiutarmi a risolvere questi casini, se trovo il coraggio di ammettere che non ce la faccio da sola e che ho bisogno d’aiuto. Il primo passo è sempre il più difficile, ma poi tutti gli altri verranno di conseguenza. Io posso cambiare. Io posso fare progressi. Io posso costruirmi una nuova vita e far affiorare la vera me stessa. Dipende tutto solo da me”.
E poi, l’anoressia ci fa pensare:
“Ah, oggi ho avuto proprio una giornataccia… Quindi è okay se oggi restringo”.
Ma, ragazze, la verità è:
“Non devo trovarmi scusanti per fare qualcosa di sbagliato. Se riesco ad essere abbastanza forte da passare questo momentaccio senza cedere all’anoressia, sarò più forte domani agli urti della vita”.
Ancora più pericoloso, l’anoressia fa pensare:
“Se non riesco ad essere come voglio, se non riesco a modellare il mio corpo come voglio, se non riesco a restringere, allora significa che sono mediocre”.
Ma non è vero. E la realtà è che:
“L’anoressia mi priva della mia vera forza. Forza che è l’unica cosa che, con l’anoressia, si va veramente a restringere. L’anoressia mi priva di tutto il mio potenziale. Perciò, se spezzo il circolo vizioso potrò lasciare spazio alla vera Me Stessa di diventare la persona meravigliosa che è”.
Ed essere libere…
Credete a voi stesse, non alle parole che vi dice l’anoressia. Perché solo voi avete ragione e sapete qual è la cosa giusta… per voi stesse.
Etichette:
anoressia,
auto-aiuto,
bugie,
bulimia,
combattere,
dca,
disordini alimentari,
no pro-ana,
pensieri,
ricovero,
supporto,
verità
martedì 22 settembre 2009
Lies that anorexia tells - 2
A completamento del post precedente, un altro disegno che ho realizzato a proposito delle bugie che ci racconta l’anoressia.
Bugie talmente grandi che finiscono per passare come verità perché riempiono tutta la nostra mente tenendola ossessivamente occupata, interessata alle prestazioni che ci auto-imponiamo, correndo dietro a mille impegni di cui forse solo uno è autentico: nascondere a noi stesse e agli altri l’insostenibile tormento che ci divora.
Le bugie che l’anoressia ci racconta, perché noi stesse abbiamo deciso di raccontarcene, sembrano metterci al riparo dalle sofferenze inflitte dalle menzogne degli altri. Ma poi ci si accorge che non funziona così, perché non si può scappare all’infinito da noi stesse: gli auto-inganni si svelano, le promesse dell’anoressia vengono meno, e si tocca il fondo dell’abisso.
Non resta perciò altro da fare che provare a risalire: perché a questo punto è ovvio che le bugie che ci racconta l’anoressia sono una ben MAGRA consolazione.
(click sull’immagine per ingrandire)
Bugie talmente grandi che finiscono per passare come verità perché riempiono tutta la nostra mente tenendola ossessivamente occupata, interessata alle prestazioni che ci auto-imponiamo, correndo dietro a mille impegni di cui forse solo uno è autentico: nascondere a noi stesse e agli altri l’insostenibile tormento che ci divora.
Le bugie che l’anoressia ci racconta, perché noi stesse abbiamo deciso di raccontarcene, sembrano metterci al riparo dalle sofferenze inflitte dalle menzogne degli altri. Ma poi ci si accorge che non funziona così, perché non si può scappare all’infinito da noi stesse: gli auto-inganni si svelano, le promesse dell’anoressia vengono meno, e si tocca il fondo dell’abisso.
Non resta perciò altro da fare che provare a risalire: perché a questo punto è ovvio che le bugie che ci racconta l’anoressia sono una ben MAGRA consolazione.
(click sull’immagine per ingrandire)
sabato 19 settembre 2009
Lies that anorexia tells - 1
Quante di tutte le promesse che aveva fatto l’anoressia nel momento in cui avevamo compiuto questa scelta, si sono poi, sul lungo termine, effettivamente avverate?
Nessuna.
Eppure, nonostante questa consapevolezza, molto spesso è difficile staccarsi dall’anoressia perché è più facile vivere nella menzogna.
Perciò, con questo disegno che ho fatto, ho provato a mettere nero su bianco alcune delle più comuni bugie che l’anoressia ci racconta. Perché concretizzarle è il primo passo per capire e per accettare. E solo capendo ed accettando si può decidere veramente d’iniziare a combattere.
(click sull’immagine per ingrandire)
Nessuna.
Eppure, nonostante questa consapevolezza, molto spesso è difficile staccarsi dall’anoressia perché è più facile vivere nella menzogna.
Perciò, con questo disegno che ho fatto, ho provato a mettere nero su bianco alcune delle più comuni bugie che l’anoressia ci racconta. Perché concretizzarle è il primo passo per capire e per accettare. E solo capendo ed accettando si può decidere veramente d’iniziare a combattere.
(click sull’immagine per ingrandire)
mercoledì 16 settembre 2009
Un percorso che dura una vita
L’anoressia sembra dare tanto, ma poi si riprende indietro tutto e non restituisce niente.
Tutto quello che resta, sono giorni fatti d’ossessione e di vuoto. Corpo e mente devastati. Strade chiuse. Pensieri distorti. Felicità impossibile. Una vita fatta soltanto da un insieme di regole che noi stesse ci siamo auto-imposte e nelle quali abbiamo finito per restare intrappolate. Nient’altro spazio in testa se non quello per l’ossessione.
Ma la vita è molto, molto più che una vuota ossessione. Possiamo perciò darci una seconda possibilità. Possiamo aprire gli occhi. Possiamo iniziare a percorrere la strada della luce. Possiamo iniziare a percorrere la strada del ricovero e scoprire che è possibile vivere. Vivere non una vita dominata dall’anoressia, ma una vita in cui siamo noi a tenere sotto controllo l’anoressia. Un vita in cui possiamo quotidianamente combattere.
Il ricovero è un lungo processo. Un percorso che dura una vita. Un processo che non è facile iniziare. E si sa che poi non conta la distanza, ma tutto sta nel riuscire a fare il primo passo. Cercate di metterci tutte voi stesse per farlo. Anche se avete un sacco di dubbi e vi sentite incerte, perse, e avete paura… fate il primo passo e poi continuate a camminare. Non fermatevi. Continuate ad andare avanti.
Potrete sentirvi fragili… ma non siete mai così forti come quando combattete contro l’anoressia. E parlo della forza quella vera, non quella illusoria ed effimera che l’anoressia fa provare.
Ogni volta che combatterete i pensieri derivanti dall’anoressia, farete un passo avanti sulla strada del ricovero.
Non riavrete le cose che l’anoressia vi ha rubato… ma imparerete, a poco a poco, a costruirvene delle nuove che possano comunque farvi stare meglio. E vi accorgerete che l’anoressia non è l’unico modo per vivere… ma che ce n’è un altro che è molto più giusto ed importante. Magari non sarete felici, anche perché credo che raggiungere la felicità nel senso proprio del termine sia più che altro un qualcosa di utopico, ma sicuramente sarete serene.
E, allora, vi accorgerete che il mondo è spesso crudele, cattivo e schifoso… ma che, qualche volta, la vita può essere anche inaspettatamente meravigliosa. E, alla fine, vi accorgerete che combattere l’anoressia vale la pena. Che vivere vale la pena.
Tutto quello che resta, sono giorni fatti d’ossessione e di vuoto. Corpo e mente devastati. Strade chiuse. Pensieri distorti. Felicità impossibile. Una vita fatta soltanto da un insieme di regole che noi stesse ci siamo auto-imposte e nelle quali abbiamo finito per restare intrappolate. Nient’altro spazio in testa se non quello per l’ossessione.
Ma la vita è molto, molto più che una vuota ossessione. Possiamo perciò darci una seconda possibilità. Possiamo aprire gli occhi. Possiamo iniziare a percorrere la strada della luce. Possiamo iniziare a percorrere la strada del ricovero e scoprire che è possibile vivere. Vivere non una vita dominata dall’anoressia, ma una vita in cui siamo noi a tenere sotto controllo l’anoressia. Un vita in cui possiamo quotidianamente combattere.
Il ricovero è un lungo processo. Un percorso che dura una vita. Un processo che non è facile iniziare. E si sa che poi non conta la distanza, ma tutto sta nel riuscire a fare il primo passo. Cercate di metterci tutte voi stesse per farlo. Anche se avete un sacco di dubbi e vi sentite incerte, perse, e avete paura… fate il primo passo e poi continuate a camminare. Non fermatevi. Continuate ad andare avanti.
Potrete sentirvi fragili… ma non siete mai così forti come quando combattete contro l’anoressia. E parlo della forza quella vera, non quella illusoria ed effimera che l’anoressia fa provare.
Ogni volta che combatterete i pensieri derivanti dall’anoressia, farete un passo avanti sulla strada del ricovero.
Non riavrete le cose che l’anoressia vi ha rubato… ma imparerete, a poco a poco, a costruirvene delle nuove che possano comunque farvi stare meglio. E vi accorgerete che l’anoressia non è l’unico modo per vivere… ma che ce n’è un altro che è molto più giusto ed importante. Magari non sarete felici, anche perché credo che raggiungere la felicità nel senso proprio del termine sia più che altro un qualcosa di utopico, ma sicuramente sarete serene.
E, allora, vi accorgerete che il mondo è spesso crudele, cattivo e schifoso… ma che, qualche volta, la vita può essere anche inaspettatamente meravigliosa. E, alla fine, vi accorgerete che combattere l’anoressia vale la pena. Che vivere vale la pena.
Etichette:
anoressia,
auto-aiuto,
bulimia,
camminare,
combattere,
dca,
disordini alimentari,
lottare,
no pro-ana,
ricovero,
viaggio,
vita
domenica 13 settembre 2009
One year later...
“Realizzare questo blog non sarà impresa facile; devi essere pronta ad affrontare l’anoressia, a perseguire questa battaglia giorno dopo giorno, a supportare tutte le ragazze che si trovano nella tua stessa posizione e a rispondere a tutti commenti che le alter lasceranno sui tuoi post, che potranno anche essere difficili da accettare. Se però te la senti di procedere, ti darò il mio appoggio incondizionato”.
Così mi sono detta quando, per la prima volta, ho avuto l’idea di aprire questo spazio virtuale di lotta contro l’anoressia. Sapevo che non sarebbe stata esattamente una passeggiata, e che forse avrei potuto non riuscire a centrare il mio obiettivo. Ma la mia decisione è stata: voglio provarci comunque.
Nel complesso, sono soddisfatta di quello che finora sono riuscita a costruire, anche se ho avuto i miei momenti d’incertezza. Non è facile dare una mano a delle persone che non si conoscono, a chissà quanti chilometri di distanza, e così talvolta ho temuto di non riuscire ad essere sufficientemente supportava. Ma ho sempre cercato di fare del mio meglio e spero che questo, in un modo o nell’altro, vi sia arrivato. Spero, in definitiva, di essere riuscita a trasmettervi qualcosa, per quanto piccolo questo “qualcosa” possa essere.
Ritengo che i blog siano uno strano prodotto, una sorta di “prodotto d’intrattenimento”, perché li si può leggere superficialmente senza dargli alcuna particolare importanza, oppure possono toccarti, possono suscitarti delle emozioni, possono cambiare il tuo modo di pensare ed arricchire la tua vita… dipende tutto da chi li fruisce. Questa è ovviamente una mia opinione personale. Immagino che, per un sacco di persone che non sono mai passate attraverso un DCA, il mio blog non sia affatto utile… per me, invece, è la mia realtà dell’ultimo anno.
La persona che ha scritto questi post esiste davvero, ed è qui per tutte voi… non scordatelo mai. Potete scrivermi (veggie.any@alice.it) in qualsiasi momento, qualsiasi cosa, e state certe che risponderò a tutte.
Sono stata felice dei commenti positivi che ho ricevuto, ed anche delle rimostranze e delle critiche, e chiedo scusa se qualche volta posso aver scritto delle cose che possono essere risultate offensive per qualcuno.
Adesso credo sia arrivato il momento di continuare ad andare avanti su questa strada che ho intrapreso, con questo blog, insieme a tute voi guerriere della luce. Continuare a combattere contro l’anoressia. Perché arriva un momento nella vita in cui anche quell’anoressia che sembrava essere la panacea, la soluzione a tutte le difficoltà, abbassa la maschera e si rivela per quello che veramente è: IL PROBLEMA. E così, si comincia a fare troppa fatica a sopportarla. Ma quando si è stanchi di qualcosa, bisogna allontanarsene: chiamatela pure fuga, se volete. Secondo me richiede anch’essa un certo coraggio. E poi, ciò che conta è la consapevolezza che si tornerà ad affrontare il problema, con l’intenzione di risolverlo. Affrontarlo da un’altra parte, da un altro punto di vista, però. Combattendo.
A un anno dall’apertura di questo spazio, perciò, volevo semplicemente fare un enorme “in bocca al lupo” a tutti quante stanno lottando contro l’anoressia. Lo so che ci sono momenti difficili nella vita, ma voi potete diventare più forti e superarli. Qualunque vostro desiderio si avvererà se siete convinte di poterlo realizzare.
Vorrei trasformarmi in vento, in vento simile ad un sospiro. Un vento che aiuta a combattere le avversità, che asciuga le lacrime, lenisce la stanchezza… ecco, vorrei diventare quel tipo di vento. Vorrei giungere da tutte voi in volo, liberarvi dall’anoressia e dal dolore e donarvi la felicità. Leggete questo blog quando siete tristi, ed io sarò al vostro fianco. Leggete questo blog quando siete felici, ed io sarò al vostro fianco.
Ma poiché sono solo una ragazza, ci sono momenti in cui mi sento stanca… momenti in cui soffro a causa dell’anoressia, e sopporto in silenzio… questa è una realtà che non posso cambiare. Eppure ogni mattina mi sveglio e penso che è bellissimo avere davanti un nuovo giorno che mi aspetta, un giorno in cui rinnovare il mio impegno per lottare contro l’anoressia, un giorno nuovo di zecca e senza errori, da riempire con tutto ciò che io ed io soltanto sarò capace di creare.
Grazie a tutte voi che mi state accompagnando sulla strada del ricovero, continuiamo a stare fianco a fianco e a combattere tutte insieme, se vi va.
Vi voglio bene,
Veggie
Etichette:
alimentazione,
anoressia,
auto-aiuto,
blog,
bulimia,
cibo,
combattere,
compleanno,
dca,
disturbi alimentari,
forza,
insieme,
no pro-ana,
problema,
ricovero,
supporto,
unione
giovedì 10 settembre 2009
Lei
Avevamo preso alla leggera qualcosa su cui è permessa solo la massima serietà, o viceversa?
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontare quello che ho in mente la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Looking back on when we first met… (3 Giugno 2007)
LEI: “Sei la mia nuova compagna di stanza, vero?! Bene, avevo giusto bisogno di qualcuno che mi aiutasse a tirare un paio di calci a questa anoressia! Bisogna darci da fare, perché altrimenti qui ci si tira la buccia!”
IO: “La vita è sopravvalutata.”
Penso che oggi è uno di quei giorni in cui vorrei ritornare piccola. Solo per oggi. Perché i bambini non tacciono volontariamente e non cercano di dimenticare le cose spiacevoli. Semplicemente, le rimuovono. Con quella tranquilla naturalezza della quale solo a 4 o 5 anni siamo capaci. Perciò anch’io vorrei tornare a quell’età, oggi. Vorrei tornarci per far sparire tutto e ricominciare da zero. Vorrei tornarci per comportarmi in maniera diversa, per cambiare le cose, per dare un altro epilogo che non sia quello che è stato. Vorrei tornarci per non averla mai incontrata. Avrebbe cambiato qualcosa? Avrebbe cambiato me, lei? Avrebbe cambiato quello che penso adesso? Se solo potessi ricominciare di nuovo, un milione di miglia lontana da qui, mia cara, avrei cura di me stessa. Troverei un modo. E questa giornata non ci sarebbe. Sarebbe solo un altro ordinario 10 Settembre da dimenticare. E io non sarei qui. E lei non sarebbe là. Il suo volto di bambolina di porcellana. I suoi occhi chiusi. I suoi sogni polvere, per sempre.
Ho realizzato un video per Emma. Emma. La ragazza bionda della foto (tra 4.03’ e 4.09’ nel video) che fa la “V” con le dita. La “V” di evviva, la “V” di Vita… quella vita che ha perso esattamente 2 anni fa, il 10 Settembre 2007, proprio a causa dell’anoressia. Lei è stata la mia compagna di stanza in clinica durante il mio 4° ricovero, il più difficile, il più duro. Ma anche quello che ha segnato il punto di svolta. Insieme abbiamo cercato di combattere l’anoressia, con la promessa di uscirne… In realtà, da quella clinica ci sono uscita solo io… E continuo a lottare contro l’anoressia.
Perciò, Emma, questo è per te. Perché il tuo coraggio e la tua grinta possano essere d’esempio per tutte. Perché tu sei davvero la stella che ha dato un senso al mio cielo.
Cara Emma, forse è vero che la morte è una bilancia che ricerca sempre l’equilibrio. Forse è vero che è stata presa una vita per una vita. E perciò tu hai salvato la mia ed hai pagato con la tua. Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Non doveva andare così. Tu volevi fare la cantante. Tu volevi andare in vacanza negli Stati Uniti. Tu volevi vedere la nuova stagione di “The O.C.”. Tu volevi comprare un PC portatile color rosa confetto. Tu volevi iscriverti alla facoltà di Medicina. Tu volevi diventare medico. Tu volevi mangiare la tua prima ciliegia dell’estate per poter esprimere un desiderio. Perché tu ne avevi tanti di sogni. Avevi tanta vita che volevi vivere davanti, che volevi assaporare fino all’ultimo istante. Perciò non doveva andare così. Doveva prendersi me, non te. Ero io quella che voleva morire. Ero io quella che doveva morire.
C’è però una cosa che volevo dirti. E anche se so che adesso non puoi più sentirmi, voglio dirtela ugualmente. GRAZIE. Grazie perché mi hai liberata. Mi hai liberata dall’incantesimo che avevo fatto a me stessa. Mi hai permesso di ricominciare. Mi hai dato un senso. Mi hai mostrato la via.
Io adesso sto vivendo una vita che non mi appartiene, che è la sua. Come io mi sono presa la sua vita, lei si è presa la mia morte, scambio fatale, il bacio di due coni. Ma se lei mi ha concesso in prestito il suo tempo, io non posso che viverlo per lei: perciò farò quello che sono stata chiamata a fare. E nel momento in cui mi sono iscritta a Medicina, mi sono iscritta per lei. E la mia laurea sarà la sua laurea. E in ogni ragazza che vedrò, vedrò lei. Ed ogni ragazza con cui parlerò, parlerò con lei. Ed ogni ragazza che proverò a curare, proverò a curare lei. Ed ogni anoressia contro la quale combatterò, sarà la sua anoressia.
E se salverò anche una sola vita, lei riavrà la sua.
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontare quello che ho in mente la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Looking back on when we first met… (3 Giugno 2007)
LEI: “Sei la mia nuova compagna di stanza, vero?! Bene, avevo giusto bisogno di qualcuno che mi aiutasse a tirare un paio di calci a questa anoressia! Bisogna darci da fare, perché altrimenti qui ci si tira la buccia!”
IO: “La vita è sopravvalutata.”
Penso che oggi è uno di quei giorni in cui vorrei ritornare piccola. Solo per oggi. Perché i bambini non tacciono volontariamente e non cercano di dimenticare le cose spiacevoli. Semplicemente, le rimuovono. Con quella tranquilla naturalezza della quale solo a 4 o 5 anni siamo capaci. Perciò anch’io vorrei tornare a quell’età, oggi. Vorrei tornarci per far sparire tutto e ricominciare da zero. Vorrei tornarci per comportarmi in maniera diversa, per cambiare le cose, per dare un altro epilogo che non sia quello che è stato. Vorrei tornarci per non averla mai incontrata. Avrebbe cambiato qualcosa? Avrebbe cambiato me, lei? Avrebbe cambiato quello che penso adesso? Se solo potessi ricominciare di nuovo, un milione di miglia lontana da qui, mia cara, avrei cura di me stessa. Troverei un modo. E questa giornata non ci sarebbe. Sarebbe solo un altro ordinario 10 Settembre da dimenticare. E io non sarei qui. E lei non sarebbe là. Il suo volto di bambolina di porcellana. I suoi occhi chiusi. I suoi sogni polvere, per sempre.
Ho realizzato un video per Emma. Emma. La ragazza bionda della foto (tra 4.03’ e 4.09’ nel video) che fa la “V” con le dita. La “V” di evviva, la “V” di Vita… quella vita che ha perso esattamente 2 anni fa, il 10 Settembre 2007, proprio a causa dell’anoressia. Lei è stata la mia compagna di stanza in clinica durante il mio 4° ricovero, il più difficile, il più duro. Ma anche quello che ha segnato il punto di svolta. Insieme abbiamo cercato di combattere l’anoressia, con la promessa di uscirne… In realtà, da quella clinica ci sono uscita solo io… E continuo a lottare contro l’anoressia.
Perciò, Emma, questo è per te. Perché il tuo coraggio e la tua grinta possano essere d’esempio per tutte. Perché tu sei davvero la stella che ha dato un senso al mio cielo.
Cara Emma, forse è vero che la morte è una bilancia che ricerca sempre l’equilibrio. Forse è vero che è stata presa una vita per una vita. E perciò tu hai salvato la mia ed hai pagato con la tua. Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Non doveva andare così. Tu volevi fare la cantante. Tu volevi andare in vacanza negli Stati Uniti. Tu volevi vedere la nuova stagione di “The O.C.”. Tu volevi comprare un PC portatile color rosa confetto. Tu volevi iscriverti alla facoltà di Medicina. Tu volevi diventare medico. Tu volevi mangiare la tua prima ciliegia dell’estate per poter esprimere un desiderio. Perché tu ne avevi tanti di sogni. Avevi tanta vita che volevi vivere davanti, che volevi assaporare fino all’ultimo istante. Perciò non doveva andare così. Doveva prendersi me, non te. Ero io quella che voleva morire. Ero io quella che doveva morire.
C’è però una cosa che volevo dirti. E anche se so che adesso non puoi più sentirmi, voglio dirtela ugualmente. GRAZIE. Grazie perché mi hai liberata. Mi hai liberata dall’incantesimo che avevo fatto a me stessa. Mi hai permesso di ricominciare. Mi hai dato un senso. Mi hai mostrato la via.
Io adesso sto vivendo una vita che non mi appartiene, che è la sua. Come io mi sono presa la sua vita, lei si è presa la mia morte, scambio fatale, il bacio di due coni. Ma se lei mi ha concesso in prestito il suo tempo, io non posso che viverlo per lei: perciò farò quello che sono stata chiamata a fare. E nel momento in cui mi sono iscritta a Medicina, mi sono iscritta per lei. E la mia laurea sarà la sua laurea. E in ogni ragazza che vedrò, vedrò lei. Ed ogni ragazza con cui parlerò, parlerò con lei. Ed ogni ragazza che proverò a curare, proverò a curare lei. Ed ogni anoressia contro la quale combatterò, sarà la sua anoressia.
E se salverò anche una sola vita, lei riavrà la sua.
lunedì 7 settembre 2009
Pensiero del giorno
Per tanto tempo siamo state le nostre peggiori nemiche.
Non c’è niente di più semplice.
Adesso è arrivato il momento di essere le nostre migliori amiche.
Di combattere PER noi stesse, e non più CONTRO noi stesse.
Non c’è niente di più difficile.
Ma ne vale assolutamente la pena.
Non c’è niente di più semplice.
Adesso è arrivato il momento di essere le nostre migliori amiche.
Di combattere PER noi stesse, e non più CONTRO noi stesse.
Non c’è niente di più difficile.
Ma ne vale assolutamente la pena.
Etichette:
amiche,
anoressia,
auto-aiuto,
bulimia,
combattere,
coraggio,
dca,
disordini alimentari,
lottare,
nemiche,
no pro-ana,
pensiero positivo,
ricominciare,
ricovero,
supporto
venerdì 4 settembre 2009
Psicoterapia
Nel momento in cui si è nel pieno di un DCA, è estremamente difficile riuscire a formulare la richiesta di una psicoterapia. Questo perché non ci si sente ancora pronte a domandarci dov’è che vogliamo veramente andare, ma soprattutto fino a che punto siamo disposte a fare introspezione per cercare di sviscerare le vere cause che hanno portato all’anoressia raggiungendo così consapevolezza e desiderio.
Iniziare una psicoterapia è difficile anche perché si teme che il terapeuta possa non essere altro che l’ennesima persona che vede unicamente l’aspetto fisico, i tratti materiali, tangibili della sofferenza anoressica. Inoltre, si ha paura che il terapeuta possa portarci via tutto il mondo, tutta la realtà che con il DCA abbiamo faticosamente costruito, riportandoci alla condizione primigenia che ha determinato l’innesco dell’anoressia stessa.
In fin dei conti, l’anoressia non è che il tentativo di diventare invisibili per essere viste, perciò, se qualcuno ci portasse via questa possibilità allontanando il sintomo e ripristinando la “normalità”, che cosa ci resterebbe? È per questo che la psicoterapia è un passo così difficile da affrontare.
Nel momento in cui siamo nel pieno di un DCA, è solo la rabbia che ci tiene in vita, una vita colma di rancore e di paura. Abbiamo paura della nostra rabbia, ed abbiamo paura della nostra paura. Ci sentiamo in dovere di cercare sempre di nascondere a tutti e in qualsiasi modo i sentimenti contraddittori che in certi momenti invadono la nostra mente, spingendoci a cercare aiuto e a rifiutarlo al tempo stesso. Molto spesso cerchiamo di nasconderli persino a noi stesse.
Man mano che ci si abitua a convivere con l’anoressia, si perde il ricordo di come sia possibile vivere senza. Sopravviviamo da così tanto tempo con questo sintomo da aver dimenticato com’era quando non c’era. E così non si riesce a vedere veramente il nostro corpo fino in fondo, non riusciamo a credere fino in fondo che possa essere davvero danneggiato: questo corpo che non amiamo guardare, che spesso tocchiamo come se fosse unicamente uno strumento di cui dobbiamo accertare la funzione. Perché ci sembra di dover dimostrare – agli altri, ma soprattutto a noi stesse – quanto siamo capaci di non cedere al desiderio di cedere. Di farsi aiutare. Di parlarne con qualcuno.
Si pensa che il nostro corpo serva solo a sostenere la nostra mente, ma non le appartenga. E così, con l’anoressia, ci siamo costruite un corpo esile, un corpo quasi invisibile, per poter essere viste. Il nostro comportamento è contraddittorio, confonde e ci confonde. Una parte di noi stesse si aspetta che qualcuno riesca a scoprire l’inganno che noi stesse abbiamo costruito, e così ce ne liberi; che qualcuno ci accompagni nel percorso che ci porterà a spezzare le dinamiche che controllano ogni aspetto della nostra vita senza toglierci il sintomo sul quale ci appoggiamo; che comprenda quello che non possiamo esprimere e, accedendo al nostro segreto, ci garantisca il sostegno di cui sentiamo di aver bisogno, ma che ci rifiutiamo di chiedere.
Penso che sia per questo che è importante riuscire a legittimarsi la possibilità di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta. Non accontentandoci al primo tentativo, o scoraggiandoci se i feedback che riceviamo sono differenti da quelli che vorremo: ogni persona ha bisogno di un’altra persona particolare per potersi aprire, non vanno bene tutti per tutti, ed è perciò importante fare tentativi, e continuare a cercare finché non si trova il terapeuta adatto, che sarà la persona che riuscirà a fermarci con determinazione e con dolcezza. E allora sarà un sollievo essere smascherate e forzate ad interrompere la nostra recita distruttiva, il nostro suicidio cronico.
La finzione dell’anoressia è probabilmente così perfetta da ingannare anche le persone più attente, il personale medico più preparato.
Ma in realtà siamo noi stesse a tenderci le insidie più grandi.
Se sentite di aver bisogno d’aiuto, non abbiate timore di chiederlo. Non temete di non trovarlo, perché anche se non ve ne rendete conto, ci sarebbero sempre tante mani tese verso di voi, nel momento in cui trovaste il coraggio di afferrarle. Ma soprattutto, non temete di trovarlo. Perché poter contare su un supporto psicoterapeutico è importantissimo, ma non dimenticate che siete solo voi a poter salvare voi stesse.
Iniziare una psicoterapia è difficile anche perché si teme che il terapeuta possa non essere altro che l’ennesima persona che vede unicamente l’aspetto fisico, i tratti materiali, tangibili della sofferenza anoressica. Inoltre, si ha paura che il terapeuta possa portarci via tutto il mondo, tutta la realtà che con il DCA abbiamo faticosamente costruito, riportandoci alla condizione primigenia che ha determinato l’innesco dell’anoressia stessa.
In fin dei conti, l’anoressia non è che il tentativo di diventare invisibili per essere viste, perciò, se qualcuno ci portasse via questa possibilità allontanando il sintomo e ripristinando la “normalità”, che cosa ci resterebbe? È per questo che la psicoterapia è un passo così difficile da affrontare.
Nel momento in cui siamo nel pieno di un DCA, è solo la rabbia che ci tiene in vita, una vita colma di rancore e di paura. Abbiamo paura della nostra rabbia, ed abbiamo paura della nostra paura. Ci sentiamo in dovere di cercare sempre di nascondere a tutti e in qualsiasi modo i sentimenti contraddittori che in certi momenti invadono la nostra mente, spingendoci a cercare aiuto e a rifiutarlo al tempo stesso. Molto spesso cerchiamo di nasconderli persino a noi stesse.
Man mano che ci si abitua a convivere con l’anoressia, si perde il ricordo di come sia possibile vivere senza. Sopravviviamo da così tanto tempo con questo sintomo da aver dimenticato com’era quando non c’era. E così non si riesce a vedere veramente il nostro corpo fino in fondo, non riusciamo a credere fino in fondo che possa essere davvero danneggiato: questo corpo che non amiamo guardare, che spesso tocchiamo come se fosse unicamente uno strumento di cui dobbiamo accertare la funzione. Perché ci sembra di dover dimostrare – agli altri, ma soprattutto a noi stesse – quanto siamo capaci di non cedere al desiderio di cedere. Di farsi aiutare. Di parlarne con qualcuno.
Si pensa che il nostro corpo serva solo a sostenere la nostra mente, ma non le appartenga. E così, con l’anoressia, ci siamo costruite un corpo esile, un corpo quasi invisibile, per poter essere viste. Il nostro comportamento è contraddittorio, confonde e ci confonde. Una parte di noi stesse si aspetta che qualcuno riesca a scoprire l’inganno che noi stesse abbiamo costruito, e così ce ne liberi; che qualcuno ci accompagni nel percorso che ci porterà a spezzare le dinamiche che controllano ogni aspetto della nostra vita senza toglierci il sintomo sul quale ci appoggiamo; che comprenda quello che non possiamo esprimere e, accedendo al nostro segreto, ci garantisca il sostegno di cui sentiamo di aver bisogno, ma che ci rifiutiamo di chiedere.
Penso che sia per questo che è importante riuscire a legittimarsi la possibilità di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta. Non accontentandoci al primo tentativo, o scoraggiandoci se i feedback che riceviamo sono differenti da quelli che vorremo: ogni persona ha bisogno di un’altra persona particolare per potersi aprire, non vanno bene tutti per tutti, ed è perciò importante fare tentativi, e continuare a cercare finché non si trova il terapeuta adatto, che sarà la persona che riuscirà a fermarci con determinazione e con dolcezza. E allora sarà un sollievo essere smascherate e forzate ad interrompere la nostra recita distruttiva, il nostro suicidio cronico.
La finzione dell’anoressia è probabilmente così perfetta da ingannare anche le persone più attente, il personale medico più preparato.
Ma in realtà siamo noi stesse a tenderci le insidie più grandi.
Se sentite di aver bisogno d’aiuto, non abbiate timore di chiederlo. Non temete di non trovarlo, perché anche se non ve ne rendete conto, ci sarebbero sempre tante mani tese verso di voi, nel momento in cui trovaste il coraggio di afferrarle. Ma soprattutto, non temete di trovarlo. Perché poter contare su un supporto psicoterapeutico è importantissimo, ma non dimenticate che siete solo voi a poter salvare voi stesse.
Etichette:
aiuto,
anoressia,
bugie,
bulimia,
combattere,
coraggio,
corpo,
dca,
disturbi alimentari,
finzione,
mente,
no pro-ana,
psichiatra,
psicologo,
psicoterapeuta,
psicoterapia,
recita,
ricovero,
sostegno
martedì 1 settembre 2009
Take EAT easy!
Sì, torniamo a parlare di CIBO.
Probabilmente molte di voi, in questo momento, stanno cercando di seguire una “dieta” opportunamente prescritta da un dietista/nutrizionista, al fine di cercare di riacquisire con gradualità un peso fisiologico e sano.
Io stessa lo sto facendo, perciò so perfettamente quanto seguire questo regime alimentare, soprattutto in alcuni momenti, possa essere complicato, duro e difficile.
Voglio perciò provare a darvi qualche consiglio su come riuscire ad affrontare con un po’ più di tranquillità il momento del pasto, il momento in cui ci si trova faccia a faccia con il cibo nei quantitativi prescritti dall’ “equilibrio alimentare”. Nessuna pretesa di risolvere ogni qualsiasi difficoltà, ovviamente, anche perchè è ovvio che i problemi di fondo vadano affrontati e risolti con l’aiuto di una persona competente al riguardo, il dietista stesso oppure uno psicoterapeuta; quel che voglio fare è solo condividere qualche “escamotage”, qualche “dritta” che mi sta aiutando nel mio percorso alimentare, nel mio “fronteggiare” il cibo, e che spero possa essere utile anche a voi.
Per prima cosa, mai concentrarsi su quello che si ha nel piatto. Mai focalizzare troppo l’attenzione sul cibo: così facendo, infatti, questo finisce per diventare l’unico elemento presente nei nostri pensieri, e ci sembrerà che le dosi che dobbiamo assumere siano enormi e tendano a dilatarsi a dismisura… il che servirebbe solo a rendere il momento del pasto ancora più difficile, e l’impresa di mangiare tutto peggio delle 12 fatiche di Ercole.
Quindi, quel che bisogna cercare di fare è decentrare la nostra attenzione dal cibo. Come? Per esempio, cercando di svolgere altre attività durante il pasto: guardare un programma che ci piace in TV (oppure un DVD), ascoltare delle musica, oppure leggere (per la cronaca, questa è la mia soluzione preferita, visto che leggere mi piace molto): tutte cose che richiedono una certa attenzione e che, quindi, la svincolano dal pensiero del cibo. Cercate il diversivo che fa per voi! Per chi abita ancora con la propria famiglia, può essere d’aiuto, se c’è la possibilità, mangiare tutti insieme, in maniera tale da interagire con gli altri; oppure mangiare con un’amica. Questo può essere utile in maniera duplice: da una parte, parlare o comunque ascoltare gli altri che discutono e seguire i loro discorsi, catalizza l’attenzione distogliendola dall’alimentazione. Dall’altra, mangiare con persone che si cibano con naturalezza e che non hanno comportamenti “forzati” nei confronti del cibo, può aiutare a riacquisire un certo equilibrio.
Inoltre, è molto importante cercare di pensare al cibo come ad una medicina: una medicina è un qualcosa che non ci piace prendere, che di solito è amara, è difficile da buttare giù. Ma, a lungo termine, una medicina è anche un qualcosa che ci farà stare bene, che ci farà ritornare in salute. Ecco, bisogna provare allora a visualizzare il cibo come se fosse quella medicina: un qualcosa che magari non ci va di mangiare, che facciamo fatica ad inghiottire tutto, ma che, col passare del tempo, aiuterà il nostro corpo – e, quindi, la nostra mente – a stare meglio, a riacquisire uno stato fisiologico di salute.
Quanto mangiate, infine, non pensate che quel cibo vi serve per alimentarvi: pensate piuttosto che vi serve per nutrirvi, ovvero per prendervi cura di voi stesse.
Probabilmente molte di voi, in questo momento, stanno cercando di seguire una “dieta” opportunamente prescritta da un dietista/nutrizionista, al fine di cercare di riacquisire con gradualità un peso fisiologico e sano.
Io stessa lo sto facendo, perciò so perfettamente quanto seguire questo regime alimentare, soprattutto in alcuni momenti, possa essere complicato, duro e difficile.
Voglio perciò provare a darvi qualche consiglio su come riuscire ad affrontare con un po’ più di tranquillità il momento del pasto, il momento in cui ci si trova faccia a faccia con il cibo nei quantitativi prescritti dall’ “equilibrio alimentare”. Nessuna pretesa di risolvere ogni qualsiasi difficoltà, ovviamente, anche perchè è ovvio che i problemi di fondo vadano affrontati e risolti con l’aiuto di una persona competente al riguardo, il dietista stesso oppure uno psicoterapeuta; quel che voglio fare è solo condividere qualche “escamotage”, qualche “dritta” che mi sta aiutando nel mio percorso alimentare, nel mio “fronteggiare” il cibo, e che spero possa essere utile anche a voi.
Per prima cosa, mai concentrarsi su quello che si ha nel piatto. Mai focalizzare troppo l’attenzione sul cibo: così facendo, infatti, questo finisce per diventare l’unico elemento presente nei nostri pensieri, e ci sembrerà che le dosi che dobbiamo assumere siano enormi e tendano a dilatarsi a dismisura… il che servirebbe solo a rendere il momento del pasto ancora più difficile, e l’impresa di mangiare tutto peggio delle 12 fatiche di Ercole.
Quindi, quel che bisogna cercare di fare è decentrare la nostra attenzione dal cibo. Come? Per esempio, cercando di svolgere altre attività durante il pasto: guardare un programma che ci piace in TV (oppure un DVD), ascoltare delle musica, oppure leggere (per la cronaca, questa è la mia soluzione preferita, visto che leggere mi piace molto): tutte cose che richiedono una certa attenzione e che, quindi, la svincolano dal pensiero del cibo. Cercate il diversivo che fa per voi! Per chi abita ancora con la propria famiglia, può essere d’aiuto, se c’è la possibilità, mangiare tutti insieme, in maniera tale da interagire con gli altri; oppure mangiare con un’amica. Questo può essere utile in maniera duplice: da una parte, parlare o comunque ascoltare gli altri che discutono e seguire i loro discorsi, catalizza l’attenzione distogliendola dall’alimentazione. Dall’altra, mangiare con persone che si cibano con naturalezza e che non hanno comportamenti “forzati” nei confronti del cibo, può aiutare a riacquisire un certo equilibrio.
Inoltre, è molto importante cercare di pensare al cibo come ad una medicina: una medicina è un qualcosa che non ci piace prendere, che di solito è amara, è difficile da buttare giù. Ma, a lungo termine, una medicina è anche un qualcosa che ci farà stare bene, che ci farà ritornare in salute. Ecco, bisogna provare allora a visualizzare il cibo come se fosse quella medicina: un qualcosa che magari non ci va di mangiare, che facciamo fatica ad inghiottire tutto, ma che, col passare del tempo, aiuterà il nostro corpo – e, quindi, la nostra mente – a stare meglio, a riacquisire uno stato fisiologico di salute.
Quanto mangiate, infine, non pensate che quel cibo vi serve per alimentarvi: pensate piuttosto che vi serve per nutrirvi, ovvero per prendervi cura di voi stesse.
Etichette:
alimentazione,
anoressia,
bulimia,
cibo,
combattere,
consigli,
corpo,
dca,
dieta,
dietista,
disturbi alimentari,
medicina,
no pro-ana,
nutrire,
nutrizionista,
peso,
ricovero,
strategie,
supporto
Iscriviti a:
Post (Atom)