domenica 7 febbraio 2010
Definizioni...
Che cos’è l’anoressia?
Il DSM-IV la definisce come una perdita dell’appetito e un incapacità di alimentarsi, con tanto di criteri clinici correlati per la diagnosi.
Ma chi ha vissuto (e sta vivendo) sulla propria belle l’anoressia, sa che questa è ben altro e va molto oltre la sua definizione tecnica.
L’anoressia è dolore.
L’anoressia è solitudine.
L’anoressia è delirio d’onnipotenza che si trasforma in impotenza.
L’anoressia è ossessione.
L’anoressia è sfida.
L’anoressia è vuoto.
L’anoressia è morte. In tutti i sensi.
Ma noi possiamo scegliere di percorrere la strada del ricovero, ed è quello che dobbiamo fare. Tener duro anche quando ci sentiamo perse. L’anoressia è una notte scura, una strada senza uscita. La scelta del ricovero è l’alba di un nuovo giorno, una strada lunga, ripida ed accidentata, che porta alla sommità di una montagna dalla quale potremmo ammirare uno splendido panorama.
Percorrere la strada del ricovero è la cosa più difficile che ci ritroveremo mai a dover fare in tutta la nostra vita, e ci saranno tanti momenti in cui ci verrà voglia di arrenderci perché sembra molto più semplice ricominciare a restringere l’alimentazione, molto più estemporaneamente gratificante. Ma, alla lunga, non l’ho è. Perché l’esaltazione della restrizione non vale l’inferno che ci predispone ineluttabilmente davanti.
Nella vita, quella vera, intendo, quella oltre l’anoressia, c’è molto più di quel che immaginiamo. Dobbiamo solo aprire gli occhi ed iniziare a cercare di vederlo.
L’anoressia ha cercato di strappare alla nostra vita tutto quello che aveva un significato, tutto quello che era importante: famiglia, amicizia, hobby, sport, studio, lavoro… tutto quello che rendeva la nostra vita degna di essere vissuta. Abbiamo lasciato che questo demone ci controllasse perchè eravamo troppo spaventate da come avrebbe potuto essere la nostra vita senza di lei. Perciò ci siamo auto-ingannate dicendoci che senza l’anoressia non avremmo avuto alcuna possibilità, senza renderci conto che era l’anoressia stessa a toglierci ogni qualsiasi opportunità. E le abbiamo creduto, abbiamo creduto a tutte le sue bugie. Le abbiamo creduto quando ci ha detto che dovevamo andare ancora avanti in questa strada distruttiva, perché sarebbe andato tutto bene, e non abbiamo saputo vedere la nostra vera bellezza, quella interiore. L’anoressia non potrà mai darci quello che promette, con lei possiamo solo distruggerci cercando di raggiungere l’impossibile. Ma voi, ragazze, TUTTE VOI siete bellissime, meravigliose, speciali, uniche, e molto, MOLTO più di quel che l’anoressia vi ha fatte diventare.
Nella mia vita non ho mai fatto niente di più difficile che cercare di continuare a precorrere giorno dopo giorno la strada del ricovero. Talvolta inciampo, barcollo, cado, ma cerco sempre di rialzarmi quanto più rapidamente possibile. Ricordatevi sempre che non è importante quante ricadute avrete, ma quante volte sarete capaci di rialzarvi. Le ricadute sono parte naturale del percorso di ricovero, ci ricordano dov’eravamo prima e dove non vogliamo tornare di nuovo. Quando restringevamo l’alimentazione non eravamo noi stesse, non stavamo dando il meglio di noi. Certo, magari andavamo a scuola o a lavoro, facevamo sport, ma eravamo funzionanti solo in parte, perché la nostra mente era per lo più dominata da pensieri anoressici. Ma noi siamo molto più e molto meglio dell’anoressia, perciò non dobbiamo più essere schiave di un mostro che c’inchioda a pensieri relativi a corpo/peso/cibo. Noi non dobbiamo più credere alle bugie dell’anoressia, siamo ben più intelligenti.
Probabilmente dovremmo lottare con l’anoressia per il resto della nostra vita, ma fintanto che non molliamo, saremo noi a mettere l’anoressia in catene.
Non mollate mai, anche quando tutto vi sembra perso. Vi prometto che la strada del ricovero vale tutte le sue avversità. Da qui in poi le cose non potranno che andare meglio.
Il DSM-IV la definisce come una perdita dell’appetito e un incapacità di alimentarsi, con tanto di criteri clinici correlati per la diagnosi.
Ma chi ha vissuto (e sta vivendo) sulla propria belle l’anoressia, sa che questa è ben altro e va molto oltre la sua definizione tecnica.
L’anoressia è dolore.
L’anoressia è solitudine.
L’anoressia è delirio d’onnipotenza che si trasforma in impotenza.
L’anoressia è ossessione.
L’anoressia è sfida.
L’anoressia è vuoto.
L’anoressia è morte. In tutti i sensi.
Ma noi possiamo scegliere di percorrere la strada del ricovero, ed è quello che dobbiamo fare. Tener duro anche quando ci sentiamo perse. L’anoressia è una notte scura, una strada senza uscita. La scelta del ricovero è l’alba di un nuovo giorno, una strada lunga, ripida ed accidentata, che porta alla sommità di una montagna dalla quale potremmo ammirare uno splendido panorama.
Percorrere la strada del ricovero è la cosa più difficile che ci ritroveremo mai a dover fare in tutta la nostra vita, e ci saranno tanti momenti in cui ci verrà voglia di arrenderci perché sembra molto più semplice ricominciare a restringere l’alimentazione, molto più estemporaneamente gratificante. Ma, alla lunga, non l’ho è. Perché l’esaltazione della restrizione non vale l’inferno che ci predispone ineluttabilmente davanti.
Nella vita, quella vera, intendo, quella oltre l’anoressia, c’è molto più di quel che immaginiamo. Dobbiamo solo aprire gli occhi ed iniziare a cercare di vederlo.
L’anoressia ha cercato di strappare alla nostra vita tutto quello che aveva un significato, tutto quello che era importante: famiglia, amicizia, hobby, sport, studio, lavoro… tutto quello che rendeva la nostra vita degna di essere vissuta. Abbiamo lasciato che questo demone ci controllasse perchè eravamo troppo spaventate da come avrebbe potuto essere la nostra vita senza di lei. Perciò ci siamo auto-ingannate dicendoci che senza l’anoressia non avremmo avuto alcuna possibilità, senza renderci conto che era l’anoressia stessa a toglierci ogni qualsiasi opportunità. E le abbiamo creduto, abbiamo creduto a tutte le sue bugie. Le abbiamo creduto quando ci ha detto che dovevamo andare ancora avanti in questa strada distruttiva, perché sarebbe andato tutto bene, e non abbiamo saputo vedere la nostra vera bellezza, quella interiore. L’anoressia non potrà mai darci quello che promette, con lei possiamo solo distruggerci cercando di raggiungere l’impossibile. Ma voi, ragazze, TUTTE VOI siete bellissime, meravigliose, speciali, uniche, e molto, MOLTO più di quel che l’anoressia vi ha fatte diventare.
Nella mia vita non ho mai fatto niente di più difficile che cercare di continuare a precorrere giorno dopo giorno la strada del ricovero. Talvolta inciampo, barcollo, cado, ma cerco sempre di rialzarmi quanto più rapidamente possibile. Ricordatevi sempre che non è importante quante ricadute avrete, ma quante volte sarete capaci di rialzarvi. Le ricadute sono parte naturale del percorso di ricovero, ci ricordano dov’eravamo prima e dove non vogliamo tornare di nuovo. Quando restringevamo l’alimentazione non eravamo noi stesse, non stavamo dando il meglio di noi. Certo, magari andavamo a scuola o a lavoro, facevamo sport, ma eravamo funzionanti solo in parte, perché la nostra mente era per lo più dominata da pensieri anoressici. Ma noi siamo molto più e molto meglio dell’anoressia, perciò non dobbiamo più essere schiave di un mostro che c’inchioda a pensieri relativi a corpo/peso/cibo. Noi non dobbiamo più credere alle bugie dell’anoressia, siamo ben più intelligenti.
Probabilmente dovremmo lottare con l’anoressia per il resto della nostra vita, ma fintanto che non molliamo, saremo noi a mettere l’anoressia in catene.
Non mollate mai, anche quando tutto vi sembra perso. Vi prometto che la strada del ricovero vale tutte le sue avversità. Da qui in poi le cose non potranno che andare meglio.
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giovedì 4 febbraio 2010
Ricovero & Autostima - Rimediare agli errori
Penso che migliorare la propria autostima sia una parte importante del processo di ricovero da un DCA. Questo perchè noi ragazze con un passato-presente di DCA tendiamo molto spesso a svalutarci, nonché a rimproverare noi stesse per gli errori che abbiamo commesso in passato. E così finiamo in balia del DCA che tenta di farci pagare, espiare tutti gli errori che abbiamo commesso.
Bene, ragazze, è giunto il momento di puntualizzare 6 cose fondamentali riguardo gli errori:
1 – Gli errori sono maestri di vita. Se si “fallisce” in qualcosa, e si continua ad auto-accusarci per l’errore commesso, senza riuscire a fare nient’altro, non stiamo imparando la lezione che l’errore cercava d’insegnarci.
2 – Gli errori possono essere segnali. Per esempio, se avete un piccolo incidente in auto, un qualcosa come il prendere una curva troppo stretta all’angolo di una casa, rompendo così uno specchietto, quest’errore dovrebbe servirvi NON per deprimervi dicendovi che non siete capaci neanche a guidare ma, viceversa, per mettervi in allerta la prossima volta che tornerete a guidare.
3 – Gli errori sono parte dell’essere spontanee… e quindi, in definitiva, vive. Se si ha troppa paura di “fallire” e di fare errori, e si cerca di controllare assolutamente tutto ciò che ci circonda affinché ciò non accada, perderemo tutta la nostra spontaneità ed innalzeremo un muro tra noi e le persone che ci stanno intorno, impedendoci sempre e comunque di essere semplicemente noi stesse, e quindi apprezzate ed amate unicamente per quello che siamo.
4 – Ogni qualsiasi essere vivente ha una certa “ratio” di errori. Sicuramente, ogni 10 decisioni che si prendono, 3 saranno completamente sbagliate, e su 2 rimarrà sempre un certo margine di dubbio. È assolutamente normale, e non fa di noi delle persone sbagliate.
5 – In un mondo ideale, gli errori commessi non avrebbero alcuna relazione con la nostra autostima. Tutti commettono errori. Fare un errore non significa affatto essere “deboli” o “patetiche” o “stupide”… significa essere semplicemente umane. Gli errori ci forniscono informazioni su ciò che va e ciò che non va. Non hanno niente a che vedere con quanto noi valiamo, con quanto siamo intelligenti, con quanto siamo forti. Sono unicamente parte di un processo.
6 – Spesso, quando facciamo qualcosa di cui successivamente ci rimproveriamo, in realtà stiamo solo cercando di fare qualcosa per soddisfare i nostri bisogni nell’unico modo che in quel momento ci sembra possibile. E quello che si fa per amore di noi stesse, è al di là di ogni giudizio di valore… figuriamoci d’errore!
Ragazze, non è facile guardarsi indietro ed amarsi per tutte le cose fatte, e non arrabbiarci per tutte le cose mai dette… Perciò, l’unica cosa che dovremmo provare a fare, semplicemente, è perdonarci. Anche perché, a errore fatto, non si può tornare indietro nel tempo e cambiare le cose, quindi tanto vale cercare il modo di vedere quest’errore in chiave positiva, riuscendo a trarne il meglio, no?!! Farsi venire i sensi di colpa non aiuta. Aiuta invece cercare di capire cosa e dove si è sbagliato, in maniera tale da non ricommettere lo stesso errore in futuro.
Sì, dobbiamo imparare a perdonarci.
Imparare dagli errori e poi lasciarli andare.
E andare avanti.
Bene, ragazze, è giunto il momento di puntualizzare 6 cose fondamentali riguardo gli errori:
1 – Gli errori sono maestri di vita. Se si “fallisce” in qualcosa, e si continua ad auto-accusarci per l’errore commesso, senza riuscire a fare nient’altro, non stiamo imparando la lezione che l’errore cercava d’insegnarci.
2 – Gli errori possono essere segnali. Per esempio, se avete un piccolo incidente in auto, un qualcosa come il prendere una curva troppo stretta all’angolo di una casa, rompendo così uno specchietto, quest’errore dovrebbe servirvi NON per deprimervi dicendovi che non siete capaci neanche a guidare ma, viceversa, per mettervi in allerta la prossima volta che tornerete a guidare.
3 – Gli errori sono parte dell’essere spontanee… e quindi, in definitiva, vive. Se si ha troppa paura di “fallire” e di fare errori, e si cerca di controllare assolutamente tutto ciò che ci circonda affinché ciò non accada, perderemo tutta la nostra spontaneità ed innalzeremo un muro tra noi e le persone che ci stanno intorno, impedendoci sempre e comunque di essere semplicemente noi stesse, e quindi apprezzate ed amate unicamente per quello che siamo.
4 – Ogni qualsiasi essere vivente ha una certa “ratio” di errori. Sicuramente, ogni 10 decisioni che si prendono, 3 saranno completamente sbagliate, e su 2 rimarrà sempre un certo margine di dubbio. È assolutamente normale, e non fa di noi delle persone sbagliate.
5 – In un mondo ideale, gli errori commessi non avrebbero alcuna relazione con la nostra autostima. Tutti commettono errori. Fare un errore non significa affatto essere “deboli” o “patetiche” o “stupide”… significa essere semplicemente umane. Gli errori ci forniscono informazioni su ciò che va e ciò che non va. Non hanno niente a che vedere con quanto noi valiamo, con quanto siamo intelligenti, con quanto siamo forti. Sono unicamente parte di un processo.
6 – Spesso, quando facciamo qualcosa di cui successivamente ci rimproveriamo, in realtà stiamo solo cercando di fare qualcosa per soddisfare i nostri bisogni nell’unico modo che in quel momento ci sembra possibile. E quello che si fa per amore di noi stesse, è al di là di ogni giudizio di valore… figuriamoci d’errore!
Ragazze, non è facile guardarsi indietro ed amarsi per tutte le cose fatte, e non arrabbiarci per tutte le cose mai dette… Perciò, l’unica cosa che dovremmo provare a fare, semplicemente, è perdonarci. Anche perché, a errore fatto, non si può tornare indietro nel tempo e cambiare le cose, quindi tanto vale cercare il modo di vedere quest’errore in chiave positiva, riuscendo a trarne il meglio, no?!! Farsi venire i sensi di colpa non aiuta. Aiuta invece cercare di capire cosa e dove si è sbagliato, in maniera tale da non ricommettere lo stesso errore in futuro.
Sì, dobbiamo imparare a perdonarci.
Imparare dagli errori e poi lasciarli andare.
E andare avanti.
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lunedì 1 febbraio 2010
Il cuore del problema
Perché il corpo che abbiamo non può essere giusto? Perché sentiamo che il nostro corpo non è giusto?
Si potrebbe rispondere:
Perché è troppo grasso.
O
Perché è troppo brutto.
Si potrebbe rispondere:
Perché è troppo basso.
O
Perché è troppo sproporzionato.
Si potrebbe rispondere:
Perché è troppo flaccido.
O
Perché è troppo scarno.
Ma quello che in realtà s’intende veramente è:
Perché è il MIO corpo.
È questo il vero problema, no? Pensateci anche solo per un minuto. La vera ragione per cui odiamo il nostro corpo non è perché esso è troppo quello o troppo quell’altro, o non abbastanza così o non abbastanza cosà. Perché, DCAmoci la verità: se quelle stesse caratteristiche che diciamo di odiare del nostro corpo, le vedessimo su qualcun’altra, non saremo altrettanto severe e critiche nei suoi confronti.
Odiamo il nostro corpo semplicemente perché è il nostro. Semplicemente perché siamo NOI. È questo il cuore del problema. Quel che dovremmo imparare a fare, perciò, è guardarci veramente dentro e provare a canalizzare l’odio verso il nostro corpo in qualcosa di positivo. In fin dei conti, l’esperienza dell’anoressia insegna che non è cambiando quello che non ci piace esteriormente del nostro corpo che si risolve il problema. Perché se davvero il problema fosse quello del peso, persi un tot di chili smetteremmo di restringere. E invece andiamo avanti fino all’estremo. Perché non è il nostro corpo, in realtà, che non va, che non ci piace. È qualcosa che abbiamo dentro che non va, che non ci piace. Ed è qui che bisogna lavorare: sull’interiorità.
Chiedetevelo. Rispondetevi.
Perché il mio corpo non può essere giusto?
Perché sento che il mio corpo non è giusto?
Qual è il problema interiore che scarico sul corpo non vedendolo giusto?
Questo corpo che è MIO.
Perciò, cosa possiamo fare per cambiare le cose?
Si potrebbe rispondere:
Perché è troppo grasso.
O
Perché è troppo brutto.
Si potrebbe rispondere:
Perché è troppo basso.
O
Perché è troppo sproporzionato.
Si potrebbe rispondere:
Perché è troppo flaccido.
O
Perché è troppo scarno.
Ma quello che in realtà s’intende veramente è:
Perché è il MIO corpo.
È questo il vero problema, no? Pensateci anche solo per un minuto. La vera ragione per cui odiamo il nostro corpo non è perché esso è troppo quello o troppo quell’altro, o non abbastanza così o non abbastanza cosà. Perché, DCAmoci la verità: se quelle stesse caratteristiche che diciamo di odiare del nostro corpo, le vedessimo su qualcun’altra, non saremo altrettanto severe e critiche nei suoi confronti.
Odiamo il nostro corpo semplicemente perché è il nostro. Semplicemente perché siamo NOI. È questo il cuore del problema. Quel che dovremmo imparare a fare, perciò, è guardarci veramente dentro e provare a canalizzare l’odio verso il nostro corpo in qualcosa di positivo. In fin dei conti, l’esperienza dell’anoressia insegna che non è cambiando quello che non ci piace esteriormente del nostro corpo che si risolve il problema. Perché se davvero il problema fosse quello del peso, persi un tot di chili smetteremmo di restringere. E invece andiamo avanti fino all’estremo. Perché non è il nostro corpo, in realtà, che non va, che non ci piace. È qualcosa che abbiamo dentro che non va, che non ci piace. Ed è qui che bisogna lavorare: sull’interiorità.
Chiedetevelo. Rispondetevi.
Perché il mio corpo non può essere giusto?
Perché sento che il mio corpo non è giusto?
Qual è il problema interiore che scarico sul corpo non vedendolo giusto?
Questo corpo che è MIO.
Perciò, cosa possiamo fare per cambiare le cose?
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venerdì 29 gennaio 2010
Una e-mail per Ilaria
Questa è una vera e-mail – per una ragazza che lascia spesso i suoi commenti su questo blog: Ilaria.
Ma potrebbe essere anche una e-mail per ognuna di voi, se cambiassi qualche piccolo dettaglio.
Ilaria sta combattendo contro il suo demone. E io sto combattendo per trovare le parole giuste per afferrare le sue mani e tirarla con me sulla strada della luce.
Carissima Ilaria,
senti che ci stai ricadendo. Che non stai bene con te stessa. Che sei confusa. Questo traspare chiaramente dalle tue parole. Ma la tua luce non si è spenta, perchè continuo ad avvertirne il riverbero. Sono preoccupata per te? Sì. Ti voglio bene, non potrei non esserlo. Ho fiducia nelle tue capacità di rialzarti? Sì. Sempre. Perchè? Perchè so che ce la puoi fare. So che puoi farcela perchè l’hai già fatto. Se non lo pensassi, non starei ancora qui a cercare di afferrare la tua mano.
So che sei molto più forte di quel che credi. E so che sei MOLTO più forte dell’anoressia. So che sei una guerriera della luce. Accipicchia, penso che chiunque ti conosca lo sappia! Te ne stai forse dimenticando?
Non posso lasciartelo dimenticare. Non posso lasciarti mandare a puttane tutti i progressi che hai fatto negli ultimi mesi. Tu meriti il meglio, e percorrere la strada del ricovero è l’unico “meglio” che esiste. Credimi. Per favore, credimi. So che c’è una parte di te che vorrebbe semplicemente arrendersi all’anoressia e lasciarla avere la meglio perchè non combattere è più facile, costa meno impegno assecondare l’ossessione che respingerla. Ma tu non sei una che molla. L’anoressia potrà pure urlarti “Devi tornare a perdere peso!” e sputare numeri su numeri nella bilancia mentale che opera anche quando tenti di costruire qualcosa di diverso, ma è tutto un bluff. Se l’anoressia urla, è perché è debole. Cercare di sovrastare la voce dell’avversario è la risorsa dei perdenti.
So che tu puoi rialzarti ancora una volta – in parte da sola, in parte grazie all’aiuto delle persone che ti stanno vicine, in parte grazie all’aiuto di specialisti. Il punto è che tu puoi avere la meglio contro l’anoressia, non arrendendoti alle sue lusinghe, ma con la tua determinazione, la tua vera bellezza (la tua bellezza interiore, il tuo sorriso e, sì – un corpo che è delizioso, che tu te ne renda conto o meno), la tua intelligenza, la tua passione, la tua creatività, la tua capacità d’ironizzare e di ragionare sulle cose, di vederle per come sono realmente senza raccontarti bugie.
Tu hai veramente una grande capacità di vedere e cose per come sono realmente senza raccontarti bugie.
E, indovina un po’?! E’ una delle prime cose che l’anoressia ti potrerà via. Lo so che una parte di te pensa che le cose potrebbero pure andare meglio se tu continuassi a rimanere nell’anoressia lasciando che le ossessioni e la sua visione distorta abbiano la meglio… ma è un errore. E’ una delle tante bugie che l’anoressia racconta. E io non voglio che tu ci creda. Non di nuovo.
Sembra sempre che per quanti sforzi si faccia, si cammini in tondo e quindi si finisca sempre e comunque per tornare al punto di partenza. Lo so. Lo so che la strada del ricovero sembra così dura, così difficile, così invasiva, così opprimente, così impossibile. E so che c’è una vocina dentro di te che sta gridando: “Ma non è quello che voglio! Io voglio dimagrire di nuovo! Io voglio stare male perché così la gente mi presterà di nuovo attenzione!”. Ma ogni volta che crederai in ciò che dice questa vocina, perderai una parte di te. E non intendo i chili.
Non voglio che ti arrendi.
Vorrei che tu fossi qui accanto a me, adesso. Vorrei che tu venissi in palestra con me per fare karate insieme, e darci una mano a combattere contro un’avversaria comune. Vorrei farti capire quanto profondamente ti voglio bene. E vorrei anche accogliere il tuo sfogo e la tua rabbia e le tue lacrime e il tuo sclero. Ogni volta. Ogni volta che non darai ascolto a quella vocina.
E, un’ultima cosa: L’anoressia è una gran rottura di coglioni.
Lo so che è una gran rottura di coglioni. E lo so che è un inferno della peggio specie: un inferno senza morte. Ma io sono qui per te. E il momento giusto per rialzarti ed andare avanti è ADESSO.
Puoi farlo.
Puoi farcela.
No, puoi farcela.
No, PUOI FARCELA.
No, PUOI FARCELA!!!!!!
Okay?!
Ti voglio bene. Tanto tanto.
Tutto il mio amore,
Veggie
Ragazze, potreste dire anche voi qualcosa ad Ilaria? Il vostro supporto è sempre così tanto efficace…
Ma potrebbe essere anche una e-mail per ognuna di voi, se cambiassi qualche piccolo dettaglio.
Ilaria sta combattendo contro il suo demone. E io sto combattendo per trovare le parole giuste per afferrare le sue mani e tirarla con me sulla strada della luce.
Carissima Ilaria,
senti che ci stai ricadendo. Che non stai bene con te stessa. Che sei confusa. Questo traspare chiaramente dalle tue parole. Ma la tua luce non si è spenta, perchè continuo ad avvertirne il riverbero. Sono preoccupata per te? Sì. Ti voglio bene, non potrei non esserlo. Ho fiducia nelle tue capacità di rialzarti? Sì. Sempre. Perchè? Perchè so che ce la puoi fare. So che puoi farcela perchè l’hai già fatto. Se non lo pensassi, non starei ancora qui a cercare di afferrare la tua mano.
So che sei molto più forte di quel che credi. E so che sei MOLTO più forte dell’anoressia. So che sei una guerriera della luce. Accipicchia, penso che chiunque ti conosca lo sappia! Te ne stai forse dimenticando?
Non posso lasciartelo dimenticare. Non posso lasciarti mandare a puttane tutti i progressi che hai fatto negli ultimi mesi. Tu meriti il meglio, e percorrere la strada del ricovero è l’unico “meglio” che esiste. Credimi. Per favore, credimi. So che c’è una parte di te che vorrebbe semplicemente arrendersi all’anoressia e lasciarla avere la meglio perchè non combattere è più facile, costa meno impegno assecondare l’ossessione che respingerla. Ma tu non sei una che molla. L’anoressia potrà pure urlarti “Devi tornare a perdere peso!” e sputare numeri su numeri nella bilancia mentale che opera anche quando tenti di costruire qualcosa di diverso, ma è tutto un bluff. Se l’anoressia urla, è perché è debole. Cercare di sovrastare la voce dell’avversario è la risorsa dei perdenti.
So che tu puoi rialzarti ancora una volta – in parte da sola, in parte grazie all’aiuto delle persone che ti stanno vicine, in parte grazie all’aiuto di specialisti. Il punto è che tu puoi avere la meglio contro l’anoressia, non arrendendoti alle sue lusinghe, ma con la tua determinazione, la tua vera bellezza (la tua bellezza interiore, il tuo sorriso e, sì – un corpo che è delizioso, che tu te ne renda conto o meno), la tua intelligenza, la tua passione, la tua creatività, la tua capacità d’ironizzare e di ragionare sulle cose, di vederle per come sono realmente senza raccontarti bugie.
Tu hai veramente una grande capacità di vedere e cose per come sono realmente senza raccontarti bugie.
E, indovina un po’?! E’ una delle prime cose che l’anoressia ti potrerà via. Lo so che una parte di te pensa che le cose potrebbero pure andare meglio se tu continuassi a rimanere nell’anoressia lasciando che le ossessioni e la sua visione distorta abbiano la meglio… ma è un errore. E’ una delle tante bugie che l’anoressia racconta. E io non voglio che tu ci creda. Non di nuovo.
Sembra sempre che per quanti sforzi si faccia, si cammini in tondo e quindi si finisca sempre e comunque per tornare al punto di partenza. Lo so. Lo so che la strada del ricovero sembra così dura, così difficile, così invasiva, così opprimente, così impossibile. E so che c’è una vocina dentro di te che sta gridando: “Ma non è quello che voglio! Io voglio dimagrire di nuovo! Io voglio stare male perché così la gente mi presterà di nuovo attenzione!”. Ma ogni volta che crederai in ciò che dice questa vocina, perderai una parte di te. E non intendo i chili.
Non voglio che ti arrendi.
Vorrei che tu fossi qui accanto a me, adesso. Vorrei che tu venissi in palestra con me per fare karate insieme, e darci una mano a combattere contro un’avversaria comune. Vorrei farti capire quanto profondamente ti voglio bene. E vorrei anche accogliere il tuo sfogo e la tua rabbia e le tue lacrime e il tuo sclero. Ogni volta. Ogni volta che non darai ascolto a quella vocina.
E, un’ultima cosa: L’anoressia è una gran rottura di coglioni.
Lo so che è una gran rottura di coglioni. E lo so che è un inferno della peggio specie: un inferno senza morte. Ma io sono qui per te. E il momento giusto per rialzarti ed andare avanti è ADESSO.
Puoi farlo.
Puoi farcela.
No, puoi farcela.
No, PUOI FARCELA.
No, PUOI FARCELA!!!!!!
Okay?!
Ti voglio bene. Tanto tanto.
Tutto il mio amore,
Veggie
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martedì 26 gennaio 2010
Supporto: dare e ricevere
Supporto. È così importante, nel momento in cui ci troviamo tutte a percorrere questa strada…
Cerchiamo di non dimenticarci mai della grande importanza del supporto. Non dimentichiamo la forza che deriva dal combattere insieme. Ma, soprattutto, non dimentichiamo che possiamo sostenerci a vicenda, che possiamo essere qui l’una per l’altra, mentre percorriamo questa strada – la strada del ricovero. Combattere insieme può fare un’enorme differenza.
Credetemi, sulla base della mia esperienza posso dire che il supporto delle persone che hanno passato e stanno passando l’anoressia, è estremamente importante.
E questo supporto esiste. È qui. Basta che allunghiate la mano, e io l’afferrerò.
Non smettete mai di combattere. Non siete sole.
Il cuore dell’anoressia è il silenzio. Cerchiamo quindi di rompere insieme questo silenzio.
E non dimenticate che un piccolo rinforzo positivo può aiutare ad andare molto avanti su questa difficile strada. Perciò, non abbiate mai paura a condividere quello che sentite dentro. Ciascuna delle altre può trarre dalle vostre parole qualcosa di molto importante. E la condivisione potrà aiutare anche noi stesse a stare meglio.
Con questo blog, io cerco di dare il mio supporto, per quello che mi è possibile. Vorrei che questo supporto si espandesse come una rete in grado di acchiappare tutte coloro che stanno cadendo.
E cercare di farvi vedere quello che c’è oltre all’anoressia. Perché la bellezza non è quella che si vede, è quella che si sente. E perciò tutto voi siete bellissime semplicemente perché siete voi stesse, e in quanto tali uniche e speciali. Non mollate mai. Cercate sempre di raggiungere i vostri obiettivi. Lavorate ai vostri sogni. Voi potete afferrarli. E se cadete, rialzatevi. Rialzatevi sempre, e il più in fretta possibile, perché più si giace a terra, più diventa poi difficile rialzarsi. Siete meravigliose esattamente per quello che siete… non lo dimenticate.
Leggete e rileggete queste parole, e ripetetevele senza paura. Man mano che ve le ripeterete, le interiorizzerete sempre di più, e vi renderete conto della loro veridicità. E la negatività si allontanerà a poco a poco. Perciò gridate forte queste parole e siatene orgogliose. E ricordate… ogni parte di voi è come un pezzo di un puzzle. Quando tutti i pezzi del puzzle si uniscono… non c’è più un puzzle, ma solo una stupenda figura. Perché tutto è completo, e tutto è al posto giusto.
Perciò, lasciate che ve lo ripeta: siete bellissime. Bellissime dentro. Dovete solo trovare il coraggio di mostrare al mondo la vostra bellezza interiore.
E ricordate che se un domani avrete bisogno di supporto, io sarò sempre qui, sempre qui per voi. Pronta a darvi una mano in qualsiasi momento decidiate di tendermi la vostra. Perché basta un sorriso per farne nascere un altro, che ne fa nascere un altro ancora… e così via, a lungo dopo che voi sarete parte di questa catena. È questa la bellezza del supporto reciproco. Della condivisione. Del ricovero.
Siamo tutte risorse, l’una per l’altra. E la strada del ricovero possiamo percorrerla INSIEME.
Ed è vero… il passato è alle spalle. Il passato è andato, amiche mie. Perciò, non continuate a rimanere voltate indietro. Guardate dritto davanti a voi. Guardate avanti. Guardate verso una vita che vale veramente la pena di essere vissuta. Che è qui. Vi sta aspettando. Siete pronte per esserne parte?
Cerchiamo di non dimenticarci mai della grande importanza del supporto. Non dimentichiamo la forza che deriva dal combattere insieme. Ma, soprattutto, non dimentichiamo che possiamo sostenerci a vicenda, che possiamo essere qui l’una per l’altra, mentre percorriamo questa strada – la strada del ricovero. Combattere insieme può fare un’enorme differenza.
Credetemi, sulla base della mia esperienza posso dire che il supporto delle persone che hanno passato e stanno passando l’anoressia, è estremamente importante.
E questo supporto esiste. È qui. Basta che allunghiate la mano, e io l’afferrerò.
Non smettete mai di combattere. Non siete sole.
Il cuore dell’anoressia è il silenzio. Cerchiamo quindi di rompere insieme questo silenzio.
E non dimenticate che un piccolo rinforzo positivo può aiutare ad andare molto avanti su questa difficile strada. Perciò, non abbiate mai paura a condividere quello che sentite dentro. Ciascuna delle altre può trarre dalle vostre parole qualcosa di molto importante. E la condivisione potrà aiutare anche noi stesse a stare meglio.
Con questo blog, io cerco di dare il mio supporto, per quello che mi è possibile. Vorrei che questo supporto si espandesse come una rete in grado di acchiappare tutte coloro che stanno cadendo.
E cercare di farvi vedere quello che c’è oltre all’anoressia. Perché la bellezza non è quella che si vede, è quella che si sente. E perciò tutto voi siete bellissime semplicemente perché siete voi stesse, e in quanto tali uniche e speciali. Non mollate mai. Cercate sempre di raggiungere i vostri obiettivi. Lavorate ai vostri sogni. Voi potete afferrarli. E se cadete, rialzatevi. Rialzatevi sempre, e il più in fretta possibile, perché più si giace a terra, più diventa poi difficile rialzarsi. Siete meravigliose esattamente per quello che siete… non lo dimenticate.
Leggete e rileggete queste parole, e ripetetevele senza paura. Man mano che ve le ripeterete, le interiorizzerete sempre di più, e vi renderete conto della loro veridicità. E la negatività si allontanerà a poco a poco. Perciò gridate forte queste parole e siatene orgogliose. E ricordate… ogni parte di voi è come un pezzo di un puzzle. Quando tutti i pezzi del puzzle si uniscono… non c’è più un puzzle, ma solo una stupenda figura. Perché tutto è completo, e tutto è al posto giusto.
Perciò, lasciate che ve lo ripeta: siete bellissime. Bellissime dentro. Dovete solo trovare il coraggio di mostrare al mondo la vostra bellezza interiore.
E ricordate che se un domani avrete bisogno di supporto, io sarò sempre qui, sempre qui per voi. Pronta a darvi una mano in qualsiasi momento decidiate di tendermi la vostra. Perché basta un sorriso per farne nascere un altro, che ne fa nascere un altro ancora… e così via, a lungo dopo che voi sarete parte di questa catena. È questa la bellezza del supporto reciproco. Della condivisione. Del ricovero.
Siamo tutte risorse, l’una per l’altra. E la strada del ricovero possiamo percorrerla INSIEME.
Ed è vero… il passato è alle spalle. Il passato è andato, amiche mie. Perciò, non continuate a rimanere voltate indietro. Guardate dritto davanti a voi. Guardate avanti. Guardate verso una vita che vale veramente la pena di essere vissuta. Che è qui. Vi sta aspettando. Siete pronte per esserne parte?
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sabato 23 gennaio 2010
Le bugie che l'anoressia ci racconta
Se avete vissuto e state vivendo l’esperienza di un DCA, credo sappiate perfettamente cosa significa dover quotidianamente convivere con la vocina dell’anoressia che parla dentro la nostra testa. Parla, parla e parla, riempie tutti i nostri pensieri, dice un sacco di cose… ma quante di queste sono corrette?
In un percorso di ricovero, perciò, bisogna innanzitutto imparare a tracciare un distinguo tra quelle che sono le bugie che l’anoressia ci racconta, e quella che invece è la realtà. Perciò, cerchiamo adesso di tracciare insieme questa linea di confine.
Bugia – L’anoressia è un vantaggio perché ci fa sentire forti, sicure, in controllo, soddisfatte, protette, speciali.
Verità – L’anoressia non dà potere, se non in maniera essenzialmente effimera. Alla lunga, somiglia più che altro ad una sorta di schiavitù. Alla fine, i nostri pensieri si focalizzano unicamente su peso/forme/cibo, e non resta spazio per nient’altro. Davvero questo è un vantaggio?
Bugia – Perdere peso ci farà sentire meglio con noi stesse. Le cose andranno meglio se si riesce a dimagrire ancora un po’. Se siamo in grado di controllare il nostro peso, allora siamo in grado di controllare ogni aspetto della nostra vita.
Verità – La restrizione non risolve i problemi, ma diventa IL PROBLEMA. Tutti i problemi di basi, anche se momentaneamente celati, dato che non affrontati direttamente, rimangono comunque, e a questi si aggiungono anche quelli portati dall’anoressia. L’anoressia non ci farà mai sentire veramente bene con noi stesse. Quando raggiungeremo il nostro “peso ideale”, ci sarà comunque qualcosa che non andrà. Perché questa è la vita, e nella vita non si può controllare tutto.
Bugia – Se la nostra magrezza diventa eccessiva, allora gli altri si accorgeranno di quanto stiamo male, e si prenderanno cura di noi.
Verità – La gente che non ha vissuto l’anoressia in prima persona non capisce, quindi ragiona per stereotipi e interpreta la perdita di peso come un melodrammatico tentativo patetico per attirare l’attenzione.
Bugia – Restringere, riuscire a fare per tanto tempo qualcosa che la maggior parte delle persone non è in grado di fare, dimostra che siamo diverse, che siamo migliori. Abbiamo stabilito le nostre regole e le rispettiamo, e nessuno potrà fermarci. Abbiamo il controllo assoluto.
Verità – Non siamo noi che siamo controllando, ma è l’anoressia che controlla noi. Perché non siamo più noi stesse. Non siamo altro che le menzogne che raccontiamo agli altri e che, soprattutto, ci raccontiamo.
Bugia – Essere magre, indossare un taglia inferiore, sono simboli di vera forza e autocontrollo, che porteranno le persone ad ammirarci, a guardarci con rispetto, a trattarci con riguardo.
Verità – Le persone rimangono piuttosto sconvolte dal nostro aspetto fisico, e se ci guardano da lontano è solo perché non sanno come comportarsi con noi, né cosa dire.
Bugia – Guadagnare peso è una cosa terribile, perché è impossibile sopportare l’ansia conseguente all’aumento di peso.
Verità – Ma se abbiamo affrontato un sacco di difficoltà nella nostra vita, superandole! Ovvio che riusciremo a sopportare anche l’aumento di peso… Se non ci focalizziamo su di esso e lo riprendiamo gradualmente, staremo semplicemente meglio.
Percorrere la strada del ricovero è come andare sulle montagne russe. Ma ci sono alcune cose che dovete sapere, perché sono la verità:
- Non potete vivere tutta la vostra vita portando avanti la restrizione, anche se l’anoressia vi dà la sensazione che questo sia possibile. Poiché questo poterà o a morire, o a mettere in atto condotte compensatorie.
- La denutrizione alimenta pensieri ossessivi e porta all’isolamento.
- Non è mai troppo tardi per scegliere la strada del ricovero e riappropriarsi della vita. Anche se ci saranno ricadute, anche se sarà difficile rimettersi in piedi, questa strada è l’unica che possiamo percorrere.
- Man mano che andate avanti sulla strada del ricovero, le cose diventeranno più facili.
- Anche nei momenti peggiori, c’è sempre una via d’uscita che non sia l’anoressia: COMBATTERE.
- Più si crede di stare male, e più si sta male. Piangersi addosso è una delle peggiori cose che si possano fare, una di quelle che tira più in basso. Cerchiamo di vedere sempre gli aspetti positivi di una situazione, per quanto piccoli possano essere, e per quanto questo possa essere difficile.
- Talvolta la strada del ricovero sembra troppo impervia per poterla percorrere… ma voi ce la potete fare! Siete passate attraverso il fuoco dell’anoressia… e il fuoco tempera ciò che non distrugge.
- La vita, quella vera, è molto, MOLTO più dell’anoressia. Abbiamo la forza per cambiare l’intero mondo… abbiamo la forza per cambiare la nostra vita.
- Il ricovero è possibile per TUTTE. Non importa quanto a lungo siate andate a 200 Km/h contromano… fate inversione a U e ripartite.
In un percorso di ricovero, perciò, bisogna innanzitutto imparare a tracciare un distinguo tra quelle che sono le bugie che l’anoressia ci racconta, e quella che invece è la realtà. Perciò, cerchiamo adesso di tracciare insieme questa linea di confine.
Bugia – L’anoressia è un vantaggio perché ci fa sentire forti, sicure, in controllo, soddisfatte, protette, speciali.
Verità – L’anoressia non dà potere, se non in maniera essenzialmente effimera. Alla lunga, somiglia più che altro ad una sorta di schiavitù. Alla fine, i nostri pensieri si focalizzano unicamente su peso/forme/cibo, e non resta spazio per nient’altro. Davvero questo è un vantaggio?
Bugia – Perdere peso ci farà sentire meglio con noi stesse. Le cose andranno meglio se si riesce a dimagrire ancora un po’. Se siamo in grado di controllare il nostro peso, allora siamo in grado di controllare ogni aspetto della nostra vita.
Verità – La restrizione non risolve i problemi, ma diventa IL PROBLEMA. Tutti i problemi di basi, anche se momentaneamente celati, dato che non affrontati direttamente, rimangono comunque, e a questi si aggiungono anche quelli portati dall’anoressia. L’anoressia non ci farà mai sentire veramente bene con noi stesse. Quando raggiungeremo il nostro “peso ideale”, ci sarà comunque qualcosa che non andrà. Perché questa è la vita, e nella vita non si può controllare tutto.
Bugia – Se la nostra magrezza diventa eccessiva, allora gli altri si accorgeranno di quanto stiamo male, e si prenderanno cura di noi.
Verità – La gente che non ha vissuto l’anoressia in prima persona non capisce, quindi ragiona per stereotipi e interpreta la perdita di peso come un melodrammatico tentativo patetico per attirare l’attenzione.
Bugia – Restringere, riuscire a fare per tanto tempo qualcosa che la maggior parte delle persone non è in grado di fare, dimostra che siamo diverse, che siamo migliori. Abbiamo stabilito le nostre regole e le rispettiamo, e nessuno potrà fermarci. Abbiamo il controllo assoluto.
Verità – Non siamo noi che siamo controllando, ma è l’anoressia che controlla noi. Perché non siamo più noi stesse. Non siamo altro che le menzogne che raccontiamo agli altri e che, soprattutto, ci raccontiamo.
Bugia – Essere magre, indossare un taglia inferiore, sono simboli di vera forza e autocontrollo, che porteranno le persone ad ammirarci, a guardarci con rispetto, a trattarci con riguardo.
Verità – Le persone rimangono piuttosto sconvolte dal nostro aspetto fisico, e se ci guardano da lontano è solo perché non sanno come comportarsi con noi, né cosa dire.
Bugia – Guadagnare peso è una cosa terribile, perché è impossibile sopportare l’ansia conseguente all’aumento di peso.
Verità – Ma se abbiamo affrontato un sacco di difficoltà nella nostra vita, superandole! Ovvio che riusciremo a sopportare anche l’aumento di peso… Se non ci focalizziamo su di esso e lo riprendiamo gradualmente, staremo semplicemente meglio.
Percorrere la strada del ricovero è come andare sulle montagne russe. Ma ci sono alcune cose che dovete sapere, perché sono la verità:
- Non potete vivere tutta la vostra vita portando avanti la restrizione, anche se l’anoressia vi dà la sensazione che questo sia possibile. Poiché questo poterà o a morire, o a mettere in atto condotte compensatorie.
- La denutrizione alimenta pensieri ossessivi e porta all’isolamento.
- Non è mai troppo tardi per scegliere la strada del ricovero e riappropriarsi della vita. Anche se ci saranno ricadute, anche se sarà difficile rimettersi in piedi, questa strada è l’unica che possiamo percorrere.
- Man mano che andate avanti sulla strada del ricovero, le cose diventeranno più facili.
- Anche nei momenti peggiori, c’è sempre una via d’uscita che non sia l’anoressia: COMBATTERE.
- Più si crede di stare male, e più si sta male. Piangersi addosso è una delle peggiori cose che si possano fare, una di quelle che tira più in basso. Cerchiamo di vedere sempre gli aspetti positivi di una situazione, per quanto piccoli possano essere, e per quanto questo possa essere difficile.
- Talvolta la strada del ricovero sembra troppo impervia per poterla percorrere… ma voi ce la potete fare! Siete passate attraverso il fuoco dell’anoressia… e il fuoco tempera ciò che non distrugge.
- La vita, quella vera, è molto, MOLTO più dell’anoressia. Abbiamo la forza per cambiare l’intero mondo… abbiamo la forza per cambiare la nostra vita.
- Il ricovero è possibile per TUTTE. Non importa quanto a lungo siate andate a 200 Km/h contromano… fate inversione a U e ripartite.
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mercoledì 20 gennaio 2010
A voi la parola / 14
Questo mese, lo spazio di “A voi la parola” è occupato dalla testimonianza di una mamma che ha deciso di condividere, anche nel mio blog, la sua esperienza, nella speranza che possa dare da pensare a qualcuno.
Sono una madre di 51 anni, con tre figli.
Ho vissuto sulla mia pelle le angosce dovute al fatto di ritrovarsi catapultata in una situazione che credevi non ti dovesse mai appartenere. Mia figlia ha sofferto di DCA per un paio di anni, e mi ritengo fortunatissima che la cosa sia stata così veloce, anche per la comparsa sulla scena di una persona, il suo ragazzo, che equilibrando la sua sete di affetto, le ha permesso di riprendere il controllo di se stessa, e del suo pensare. Non per merito mio quindi, ma per forza di carattere sua e di chi la stava intorno, e solo tra questi io.
So che la cosa non è così facile e che la ricaduta è dietro l'angolo, ma ora anche lei è più consapevole della realtà, e di ciò che invece spesso viene distorto dai media e dai presunti esperti ed amici che circondano le future "vittime". E qui veniamo al dunque.
Ho un'altra figlia, tredicenne. Iperattiva, estroversa, fisico del tutto normale. Fa molto sport: ha il patentino di primo livello di equitazione e ha fatto quattro anni di nuoto arrivando a praticare perfettamente tutti e quattro gli stili. Ora del nuoto si è stancata ed abbiamo provato a contattare una piscina del capoluogo dove si praticano tuffi. Dopo una lezione di prova (per me poco convincente) sono stata avvicinata dall'allenatore che mi ha detto senza mezzi termini che mia figlia " ha la pancia, fa vita troppo sedentaria, mangia troppo". Gli ho esposto i miei dubbi e mi sono sentita rispondere con arroganza che io "posso continuare a vivere nel mio mondo di fantasia". MIA FIGLIA RIPETO HA 13 ANNI, E' ALTA 1,53 E PESA 42 CHILI. Come può avere la pancia? Io mi sono limitata a sperare dentro di me che non fosse uscito con certi termini anche con lei, visto che so quanto siano fragili a questa età, e lo so per le mie esperienze precedenti. Come può aver emesso un simile giudizio non sapendo nulla di lei, dopo una mezzora di osservazione, e con tale sicurezza? Inutile dire che io mia figlia a quel tipo non la affiderei neppure se fosse lui a pagare me per farle da allenatore, ma mi chiedo.... quando si parla di anoressia si finisce sempre a fare riferimento alla moda...alle modelle longilinee.... la verità è che i nostri ragazzi fanno molto sport, io dico per fortuna, ma proprio per questo spesso finiscono in mano ad allenatori o presunti esperti che in nome della prestanza fisica li portano a vivere situazioni che poi si riflettono in maniera negativa sul loro equilibrio psicologico. Sono persone che hanno molta influenza su di loro mentre invece i genitori, soprattutto nell'adolescenza, hanno poca "presa" di fronte a tali esperti.... Chi controlla e verifica la reale capacità di interagire con ragazzi così facilmente influenzabili di simili persone?
V.T.
Cara V.T., ti ringrazio per aver voluto condividere anche in questo spazio le tue parole. Quello che lanci è un monito importante, che spero molte persone abbiano modo di ascoltare e di accogliere. Purtroppo chi non ha vissuto un DCA sulla propria pelle e chi non è mai stato vicino a persone con un DCA, non è consapevole dell’eco enorme che anche una piccola osservazione può riverberare.
Fondamentale è tentare di distaccarsi dalle osservazioni altrui, cercando di capire quello che è veramente giusto per noi stesse, perché in fin dei conti è la nostra opinione di noi stesse quella che conta di più, la cosa più importante.
Ti sono veramente grata per questo spunto di riflessione, perché credo che anche a me possa essere molto utile, nel momento in cui mi ritroverò di fronte a ragazze che mi potrà venir spontaneo di commentare… perciò, grazie per il tuo monito che aiuta a mantenere sempre la giusta prospettiva.
Sono una madre di 51 anni, con tre figli.
Ho vissuto sulla mia pelle le angosce dovute al fatto di ritrovarsi catapultata in una situazione che credevi non ti dovesse mai appartenere. Mia figlia ha sofferto di DCA per un paio di anni, e mi ritengo fortunatissima che la cosa sia stata così veloce, anche per la comparsa sulla scena di una persona, il suo ragazzo, che equilibrando la sua sete di affetto, le ha permesso di riprendere il controllo di se stessa, e del suo pensare. Non per merito mio quindi, ma per forza di carattere sua e di chi la stava intorno, e solo tra questi io.
So che la cosa non è così facile e che la ricaduta è dietro l'angolo, ma ora anche lei è più consapevole della realtà, e di ciò che invece spesso viene distorto dai media e dai presunti esperti ed amici che circondano le future "vittime". E qui veniamo al dunque.
Ho un'altra figlia, tredicenne. Iperattiva, estroversa, fisico del tutto normale. Fa molto sport: ha il patentino di primo livello di equitazione e ha fatto quattro anni di nuoto arrivando a praticare perfettamente tutti e quattro gli stili. Ora del nuoto si è stancata ed abbiamo provato a contattare una piscina del capoluogo dove si praticano tuffi. Dopo una lezione di prova (per me poco convincente) sono stata avvicinata dall'allenatore che mi ha detto senza mezzi termini che mia figlia " ha la pancia, fa vita troppo sedentaria, mangia troppo". Gli ho esposto i miei dubbi e mi sono sentita rispondere con arroganza che io "posso continuare a vivere nel mio mondo di fantasia". MIA FIGLIA RIPETO HA 13 ANNI, E' ALTA 1,53 E PESA 42 CHILI. Come può avere la pancia? Io mi sono limitata a sperare dentro di me che non fosse uscito con certi termini anche con lei, visto che so quanto siano fragili a questa età, e lo so per le mie esperienze precedenti. Come può aver emesso un simile giudizio non sapendo nulla di lei, dopo una mezzora di osservazione, e con tale sicurezza? Inutile dire che io mia figlia a quel tipo non la affiderei neppure se fosse lui a pagare me per farle da allenatore, ma mi chiedo.... quando si parla di anoressia si finisce sempre a fare riferimento alla moda...alle modelle longilinee.... la verità è che i nostri ragazzi fanno molto sport, io dico per fortuna, ma proprio per questo spesso finiscono in mano ad allenatori o presunti esperti che in nome della prestanza fisica li portano a vivere situazioni che poi si riflettono in maniera negativa sul loro equilibrio psicologico. Sono persone che hanno molta influenza su di loro mentre invece i genitori, soprattutto nell'adolescenza, hanno poca "presa" di fronte a tali esperti.... Chi controlla e verifica la reale capacità di interagire con ragazzi così facilmente influenzabili di simili persone?
V.T.
Cara V.T., ti ringrazio per aver voluto condividere anche in questo spazio le tue parole. Quello che lanci è un monito importante, che spero molte persone abbiano modo di ascoltare e di accogliere. Purtroppo chi non ha vissuto un DCA sulla propria pelle e chi non è mai stato vicino a persone con un DCA, non è consapevole dell’eco enorme che anche una piccola osservazione può riverberare.
Fondamentale è tentare di distaccarsi dalle osservazioni altrui, cercando di capire quello che è veramente giusto per noi stesse, perché in fin dei conti è la nostra opinione di noi stesse quella che conta di più, la cosa più importante.
Ti sono veramente grata per questo spunto di riflessione, perché credo che anche a me possa essere molto utile, nel momento in cui mi ritroverò di fronte a ragazze che mi potrà venir spontaneo di commentare… perciò, grazie per il tuo monito che aiuta a mantenere sempre la giusta prospettiva.
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domenica 17 gennaio 2010
Memories of a special day...

Perché ho guardato nei tuoi occhi, e c’era lo stesso riflesso presente nei miei.
Carissima Fighter, la prima cosa che vorrei dirti, che vorrei gridare se potessi, è che sono qui. Che ci sono. Che sono pronta per ogni tuo sfogo. Che sono felice che ieri, in una giornata dove ti sei guardata dall’interno e poi dall’esterno, dove ti sei cercata e respinta, dove hai cercato un filo e l’hai trovato di acciaio e forse ti ha stretto il collo, hai voluto condividerlo con me. Mi hai mostrato un pezzo del tuo dolore, un pezzo tutto tuo che forse hai sempre reputato incondivisibile. Mi è arrivato tutto. E ti ringrazio, ti ringrazio perché so quanto sia vergognoso farlo, quanto ci si possa sentire stupide. Sono contenta che ti sia sentita libera di parlare con me. Non potrei mai reputarti stupida per ciò che mi hai detto. Non mi fai paura. Mi fanno paura tutti quelli che affermano di non avere mai paura, tristezza, rabbia, noia. Mi fanno paura perché non riconoscono di essere umani.
Mente parlavamo, ieri pomeriggio, mi hai detto che razionalmente capisci le cose ma poi non riesci ad applicarle, e ti chiedi dov’è che sbagli. Io non ho una risposta, però quello che vedo in me come l’errore più clamoroso è stato il sentirmi perennemente sbagliata. L’errore più grosso.
Cerchi di definirti, di capire chi sei e cosa vuoi dal futuro. Però credimi, Fighter, nessuna etichetta ti basterà. Anoressica, bulimica, borderline, depressa, autolesionista, essere umano, maggiorenne, donna, bambina, figlia, compagna, controllata, malata, disperata, morta, viva… non ti basterà. Non ti basterà perché ogni giorno si saltella tra le mille etichette che ci diamo, perché ogni giorno ci mettiamo sulla fronte Post-It diversi sui quali scriviamo una parola che chi ci guarda non sa leggere, che noi stesse non riusciamo a leggere, che la pioggia cancella, che il vento lascia volare via. E allora ce ne marchiamo a fuoco un’altra, ma anche quella si cicatrizza, viene coperta dai capelli, occhi distratti se ne dimenticano… per qualche istante ce ne dimentichiamo. Non ci basterà definirci perché il nostro muoverci non ce lo permette. Ma questa è una ricchezza. È una ricchezza che rischia di farci sembrare povere, derelitte: è la ricchezza di sapere di non sapere, di avere chiaro quanto sia ciò che ci manchi. Però dovresti faticosamente tentare di gettare uno sguardo su quello che hai, perché non esiste il niente. Dimmi dolore, dimmi senso di vuoto, dimmi rabbia, disperazione, dimmi voglia di morire, dimmi voglia di cambiare, dimmi incapacità di rispondere attivamente a questa voglia, ma non dirmi niente. Mi prendi in giro. Ti prendi in giro. Non rispetti il dolore che hai dentro. Almeno quello consideralo. Perché anche se ci fosse solo lui come mi è sembrato tante volte, non è neanche paragonabile al niente.
Riconosco la difficoltà nel seguire il “regime alimentare” di cui mi hai parlato, soprattutto nei primi momenti. Però credo che sia importante. È importante perché se tramite questo “regime alimentare” riusciamo a metterci d’accordo con il DCA in qualche modo vuol dire che ci interagiamo e che non lasciamo che ci divori interamente. Non ci saremmo potute abbracciare ieri. Io avrei perso tanto se non avessi vissuto ieri pomeriggio.
Anni ed anni spesi in compagnia di un DCA sono tanti. Sembrano una vita intera. Forse lo sono. Dunque, l’equazione che viene in mente immediatamente è: “è stato così sempre = sarà così sempre”. Non è detto che non sia vero. Quello che è vero è che non possiamo pretendere che la vita segua un linguaggio matematico. Essa segue un linguaggio che non conosciamo, o che conosciamo solo in parte. Ma lei segue una logica imprevedibile, improvvisata certe volte. Con questo, quell’equazione maledetta ogni tanto mi salta in mente e sento che mi schiaccia. Ma è un’equazione mia. La vita può fregarsene. Se poi non se ne frega, forse sono io a suggerirgliela.
Eppure, nonostante i quintali di buio che sembrano permeare una vita in compagnia dell’anoressia, ieri pomeriggio ho visto da una fessurina uno spiraglio di luce. Un’opportunità. Perché, volendo, ogni giorno lo è. Se solo avessimo la forza di coglierla. Se non ci fosse tutta questa presunzione, questa convinzione, questa ostinazione, questa paura.
In ogni caso, Fighter, per qualsiasi cosa, io ci sono. Ci sono. Mi sembra strano dirlo, ma ci sono. Voglio rivederti ancora, riabbracciarti ancora, ascoltare le tue parole. Perchè c’è una vita intera dentro. C’è dolore, ci sono tanti scuotimenti del capo. Ma non è affatto vero che non c’è niente. Ogni tua parola, ieri, per me è stata un regalo immenso. Magari non riesco neanche a farti capire quanto lo sia stata.
Vorrei solo dirti che ti penso. Che sei in ogni passo che faccio. Costantemente nei miei pensieri. Ti penso, ti intrecci con me e con tutto quello che ho (dalla speranza alla fatica al dolore).
Perché ho guardato nei tuoi occhi, e c’era la stessa luce presente nei miei.
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giovedì 14 gennaio 2010
Restituiamo il morso
Dei DCA si sente dire di tutto e di più, dai manuali psichiatrici che cercano di definirli, ai blog "pro-ana/mia" che addirittura in un certo qual modo li esaltano. Bè, certo se state combattendo contro un DCA, concorderete con me che, passata la fase “luna di miele” iniziale, poi non c’è proprio nulla di esaltante... Comunque, se vogliamo cercare di spezzare la catena, se vogliamo cercare di rompere questo circolo vizioso, se vogliamo provare ad introdurre un cambiamento, almeno una volta nella nostra vita, bisogna cercare di imparare ad accettarsi per quello che siamo. Che è una delle cose più difficili che dovremmo mai fare in tutta la nostra vita.
La strada del ricovero è una strada in salita. Non è facile. Non è divertente. Ma è l’unica cosa che ci resta da fare, se non vogliamo che l’anoressia abbia la meglio su di noi.
In realtà, staccarsi dall’anoressia è così difficile anche perché, più passa il tempo, più questa ci definisce. E nel momento in cui ci troviamo a doverci togliere quell’etichetta, non sappiamo più come considerare noi stesse. E questo fa paura.
Ma noi non siamo l’anoressia. Noi non siamo un’etichetta. Noi siamo molto di più. La strada del ricovero ci è sempre aperta davanti, e sta solo a noi decidere d’iniziare e di continuare a percorrerla. E qui possiamo darci una mano a vicenda. Cerchiamo di aiutarci tutte insieme, tenendoci per mano mentre si percorre questa strada così impervia. Perché noi possiamo farcela, tutte quante, e siamo più forti se combattiamo insieme.
L’anoressia per tanto tempo ci ha mangiate, ci ha divorate, in ogni senso della parola, paradossalmente eppure ineluttabilmente. Ma adesso è arrivato il momento di restituire il morso. Restituiamo il morso, ragazze!
Per l’anoressia è finita. Per noi, il ricovero: una vita.
La strada del ricovero è una strada in salita. Non è facile. Non è divertente. Ma è l’unica cosa che ci resta da fare, se non vogliamo che l’anoressia abbia la meglio su di noi.
In realtà, staccarsi dall’anoressia è così difficile anche perché, più passa il tempo, più questa ci definisce. E nel momento in cui ci troviamo a doverci togliere quell’etichetta, non sappiamo più come considerare noi stesse. E questo fa paura.
Ma noi non siamo l’anoressia. Noi non siamo un’etichetta. Noi siamo molto di più. La strada del ricovero ci è sempre aperta davanti, e sta solo a noi decidere d’iniziare e di continuare a percorrerla. E qui possiamo darci una mano a vicenda. Cerchiamo di aiutarci tutte insieme, tenendoci per mano mentre si percorre questa strada così impervia. Perché noi possiamo farcela, tutte quante, e siamo più forti se combattiamo insieme.
L’anoressia per tanto tempo ci ha mangiate, ci ha divorate, in ogni senso della parola, paradossalmente eppure ineluttabilmente. Ma adesso è arrivato il momento di restituire il morso. Restituiamo il morso, ragazze!
Per l’anoressia è finita. Per noi, il ricovero: una vita.
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lunedì 11 gennaio 2010
Punti di forza
Quali sono i vostri punti di forza?
Nel momento in cui siamo in balia dell’anoressia, questa ci convince a poco a poco che, in realtà, noi non valiamo niente, non siamo capaci di fare niente, eccetto che di restringere l'alimentazione. Parte del nostro percorso di ricovero, perciò, credo dovrebbe essere incentrata sulla ricerca dei nostri talenti e dei nostri punti di forza. TUTTI hanno punti di forza. Assolutamente TUTTI. Sì, anche VOI.
Okay, adesso abbandonate per un attimo il computer, e andate a prendere carta e penna. Perché adesso farò una lista di quelli che potrebbero essere dei punti di forza. Per ogni punto di forza che sentite di avere, scrivetevi il numero corrispondente.
1 – Curiosità, interesse nei confronti del mondo circostante. Sei aperta alle nuove esperienze e hai un approccio flessibile verso la maggior parte delle cose. Guardi il mondo che ti circonda ad occhi aperti, e sei pronta a cercare di capire il perché di ogni cosa.
2 – Amore per il sapere. Ti piace conoscere nuove cose ed utilizzare le tue conoscenze per poter aiutare gli altri.
3 – Pensiero critico, apertura mentale. Ti piace riflettere sulle cose ed esaminarle sotto ogni possibile angolazione. Non balzi rapidamente alle conclusioni, ma soppesi ogni eventualità prima di dire come la pensi.
4 – Originalità. Sei in grado di trovare nuovi modi d’approccio verso quello che ti si presenta di fronte, verso i problemi e verso gli obiettivi che vuoi raggiungere. Non scegli sempre la via più semplice – cerchi di inventarne una nuova su misura per te.
5 – Intelligenza sociale ed emozionale. Sei capaci di leggerti dentro con onestà, ed avete una buona empatia nei confronti degli altri. Sai cosa fare con te stessa quando ti senti in difficoltà. Sei in grado di comprendere gli stati d’animo altrui, e rispondi in maniera adeguata alle loro necessità.
6 – Prospettiva. La forza è una forma di saggezza. Gli altri ti cercano per dargli una mano a risolvere i loro problemi in modo che possano guadagnarne in prospettiva. Hai un modo di guardare alla vita che aiuta te stessa e gli altri.
7 – Coraggio. Sei sempre pronta a combattere e ad affrontare le difficoltà. Hai il coraggio di superare la paura e dare slancio morale a tutti anche nei momenti più duri.
8 – Perseveranza, diligenza. Non lasci mai niente a metà, finisci sempre quello che inizi. Sei pronta a lavorare su progetti anche difficili, e li porti sempre a termine. Fai sempre quello che dici, e talvolta anche di più.
9 – Sincerità, onestà. Non hai peli sulla lingua, dici quello che pensi, ed in maniera estremamente genuina, come genuino è il tuo modo di guardare alla vita.
10 – Gentilezza, generosità. Sei gentile e generosa con gli altri, mai troppo impegnata da negargli un favore. Sei felice quando senti che puoi fare qualcosa per gli altri. Molto spesso le tue azioni sono proprio guidate dal desiderio di ottenere il meglio per le persone cui vuoi bene.
11 – Amare, essere amata. Dai molta importanza ai rapporti con le persone cui sei affezionata. Oltre che il semplice amare e prenderti cura degli altri, gli altri ti vogliono bene e così anche tu ti dai il permesso di amare te stessa.
12 – Lealtà, lavoro di squadra. Sei abile nel lavoro di gruppo. Sei leale ai tuoi amici, e contribuisci sempre facendo del tuo meglio affinché il lavoro di squadra possa avere buon esito.
13 – Imparzialità, equità. Non permetti ai tuoi sentimenti d’influenzare le tue decisioni rispetto alle altre persone. Dai a tutti una possibilità e sai valutare in maniera mirata ed obbiettiva.
14 – Leadership. Sei una buona organizzatrice e riesci a fare in modo che i tuoi piani si realizzino. Sei capace di guidare, motivare, e mantenere unite le persone.
15 – Autocontrollo. Sai regolare i tuoi sentimenti, facendone mostra nelle giuste occasioni. Sapendo quel che è corretto mostrare, sei in grado di mettere in atto questa capacità.
16 – Cautela. Sei una persona cauta. Ci pensi due volte prima di buttarti. In questo modo, raramente fai qualcosa di cui poi ti rimproveri. Cerchi sempre di considerare tutte le opzioni possibili prima di imbarcarti in ogni qualsiasi azione.
17 – Modestia, umiltà. Non senti il bisogno di metterti sotto i riflettori. Sei felice se quello che fai può servire agli altri, ma non desideri attirare l’attenzione.
18 – Apprezzamento della semplicità. Sei una di quelle persone che riesce a vedere il lato positivo in tutto, e a trarre gioia dai piccoli eventi quotidiani.
19 – Gratitudine. Sei consapevole di tutto quello che ti è capitato, e non prendi mai niente come una garanzia. Riesci a ringraziare gli altri e a farti aiutare se senti che ne hai bisogno.
20 – Speranza, ottimismo. Ti aspetti il meglio dal futuro… e lavori duro per ottenerlo. Ti focalizzi sul futuro, e fai di tutto per realizzarlo entro le tue aspettative. Sei consapevole che se ti poni degli obiettivi e ci metti tutta te stessa, li realizzerai.
21 – Propositività. Sei decisa e coerente, e hai delle idee ben precise sul mondo che ti circonda. Conosci la tua posizione, e sai lavorarci per cercare di ottenere ogni giorno qualcosa di migliore.
22 – Capacità di perdonare (e di perdonarti). Anche se subisci un torto, riesci a dare alle persone una seconda possibilità senza meditare vendetta. Se hai sbagliato, riconosci l’errore senza avercela con te stessa e ti dai da fare per non ripeterlo in futuro.
23 – Senso dell’umorismo. Ti piace ridere e far ridere gli altri. Ti piace giocare. Riesci a vedere il lato “soft” della vita. Possiedi la giusta dove d'ironia.
24 – Passione, entusiasmo. Sei energica e appassionata. Hai voglia di vivere ogni giornata che ti si presenta davanti. In tutto quello che fai, ci metti anima e corpo cercando di fare sempre del tuo meglio.
Quali sono i vostri punti di forza?
Valorizzateli!
Nel momento in cui siamo in balia dell’anoressia, questa ci convince a poco a poco che, in realtà, noi non valiamo niente, non siamo capaci di fare niente, eccetto che di restringere l'alimentazione. Parte del nostro percorso di ricovero, perciò, credo dovrebbe essere incentrata sulla ricerca dei nostri talenti e dei nostri punti di forza. TUTTI hanno punti di forza. Assolutamente TUTTI. Sì, anche VOI.
Okay, adesso abbandonate per un attimo il computer, e andate a prendere carta e penna. Perché adesso farò una lista di quelli che potrebbero essere dei punti di forza. Per ogni punto di forza che sentite di avere, scrivetevi il numero corrispondente.
1 – Curiosità, interesse nei confronti del mondo circostante. Sei aperta alle nuove esperienze e hai un approccio flessibile verso la maggior parte delle cose. Guardi il mondo che ti circonda ad occhi aperti, e sei pronta a cercare di capire il perché di ogni cosa.
2 – Amore per il sapere. Ti piace conoscere nuove cose ed utilizzare le tue conoscenze per poter aiutare gli altri.
3 – Pensiero critico, apertura mentale. Ti piace riflettere sulle cose ed esaminarle sotto ogni possibile angolazione. Non balzi rapidamente alle conclusioni, ma soppesi ogni eventualità prima di dire come la pensi.
4 – Originalità. Sei in grado di trovare nuovi modi d’approccio verso quello che ti si presenta di fronte, verso i problemi e verso gli obiettivi che vuoi raggiungere. Non scegli sempre la via più semplice – cerchi di inventarne una nuova su misura per te.
5 – Intelligenza sociale ed emozionale. Sei capaci di leggerti dentro con onestà, ed avete una buona empatia nei confronti degli altri. Sai cosa fare con te stessa quando ti senti in difficoltà. Sei in grado di comprendere gli stati d’animo altrui, e rispondi in maniera adeguata alle loro necessità.
6 – Prospettiva. La forza è una forma di saggezza. Gli altri ti cercano per dargli una mano a risolvere i loro problemi in modo che possano guadagnarne in prospettiva. Hai un modo di guardare alla vita che aiuta te stessa e gli altri.
7 – Coraggio. Sei sempre pronta a combattere e ad affrontare le difficoltà. Hai il coraggio di superare la paura e dare slancio morale a tutti anche nei momenti più duri.
8 – Perseveranza, diligenza. Non lasci mai niente a metà, finisci sempre quello che inizi. Sei pronta a lavorare su progetti anche difficili, e li porti sempre a termine. Fai sempre quello che dici, e talvolta anche di più.
9 – Sincerità, onestà. Non hai peli sulla lingua, dici quello che pensi, ed in maniera estremamente genuina, come genuino è il tuo modo di guardare alla vita.
10 – Gentilezza, generosità. Sei gentile e generosa con gli altri, mai troppo impegnata da negargli un favore. Sei felice quando senti che puoi fare qualcosa per gli altri. Molto spesso le tue azioni sono proprio guidate dal desiderio di ottenere il meglio per le persone cui vuoi bene.
11 – Amare, essere amata. Dai molta importanza ai rapporti con le persone cui sei affezionata. Oltre che il semplice amare e prenderti cura degli altri, gli altri ti vogliono bene e così anche tu ti dai il permesso di amare te stessa.
12 – Lealtà, lavoro di squadra. Sei abile nel lavoro di gruppo. Sei leale ai tuoi amici, e contribuisci sempre facendo del tuo meglio affinché il lavoro di squadra possa avere buon esito.
13 – Imparzialità, equità. Non permetti ai tuoi sentimenti d’influenzare le tue decisioni rispetto alle altre persone. Dai a tutti una possibilità e sai valutare in maniera mirata ed obbiettiva.
14 – Leadership. Sei una buona organizzatrice e riesci a fare in modo che i tuoi piani si realizzino. Sei capace di guidare, motivare, e mantenere unite le persone.
15 – Autocontrollo. Sai regolare i tuoi sentimenti, facendone mostra nelle giuste occasioni. Sapendo quel che è corretto mostrare, sei in grado di mettere in atto questa capacità.
16 – Cautela. Sei una persona cauta. Ci pensi due volte prima di buttarti. In questo modo, raramente fai qualcosa di cui poi ti rimproveri. Cerchi sempre di considerare tutte le opzioni possibili prima di imbarcarti in ogni qualsiasi azione.
17 – Modestia, umiltà. Non senti il bisogno di metterti sotto i riflettori. Sei felice se quello che fai può servire agli altri, ma non desideri attirare l’attenzione.
18 – Apprezzamento della semplicità. Sei una di quelle persone che riesce a vedere il lato positivo in tutto, e a trarre gioia dai piccoli eventi quotidiani.
19 – Gratitudine. Sei consapevole di tutto quello che ti è capitato, e non prendi mai niente come una garanzia. Riesci a ringraziare gli altri e a farti aiutare se senti che ne hai bisogno.
20 – Speranza, ottimismo. Ti aspetti il meglio dal futuro… e lavori duro per ottenerlo. Ti focalizzi sul futuro, e fai di tutto per realizzarlo entro le tue aspettative. Sei consapevole che se ti poni degli obiettivi e ci metti tutta te stessa, li realizzerai.
21 – Propositività. Sei decisa e coerente, e hai delle idee ben precise sul mondo che ti circonda. Conosci la tua posizione, e sai lavorarci per cercare di ottenere ogni giorno qualcosa di migliore.
22 – Capacità di perdonare (e di perdonarti). Anche se subisci un torto, riesci a dare alle persone una seconda possibilità senza meditare vendetta. Se hai sbagliato, riconosci l’errore senza avercela con te stessa e ti dai da fare per non ripeterlo in futuro.
23 – Senso dell’umorismo. Ti piace ridere e far ridere gli altri. Ti piace giocare. Riesci a vedere il lato “soft” della vita. Possiedi la giusta dove d'ironia.
24 – Passione, entusiasmo. Sei energica e appassionata. Hai voglia di vivere ogni giornata che ti si presenta davanti. In tutto quello che fai, ci metti anima e corpo cercando di fare sempre del tuo meglio.
Quali sono i vostri punti di forza?
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venerdì 8 gennaio 2010
La storia infinita: il ricovero
Ciao a tutte, sono Veggie, e sto percorrendo la strada del ricovero da DCA. Anoressia restrittiva, per la precisione, connessa a problemi di autolesionismo. Scrivo che sto percorrendo la strada del ricovero, e so che è un qualcosa che scriverò per tutta la mia vita, perché su questa strada non potrò mai dirmi arrivata a meta. Semplicemente perché si può vivere “normalmente”, in salute, venendo a patti con noi stesse, accettandoci per quello che siamo, ciò non significa che siamo totalmente guarite. Perché l’anoressia è un qualcosa che sta certo ben più nella testa che nel corpo.
Se la strada del ricovero fosse una linea, come questa
------------------------V------------------------
ecco, io mi trovo da qualche parte là in mezzo (“V”). Sto combattendo giorno dopo giorno, certo, ma non penso che sia corretto dire che sono guarita. Ci ho pensato su per un po’. Penso sia normale per tutte avere delle piccole ricadute o delle giornatacce in vari punti del nostro percorso di ricovero. Penso anche che sia abbastanza presuntuoso dire “Sì, sono guarita”, perché è un po’ come dire “Sono arrivata fin qui, ho combattuto tutte le battaglie che c’erano da combattere, ho fatto tutto quello che c’era da fare, e ora sto vebe – e nessun errore è permesso”. Quello che dico io, invece, è: “E’ vero, sono arrivata fin qui, ho combattuto un sacco, ho fatto del mio meglio, ma non penso che sia finito tutto qui, come in uno schiocco di dita. Adesso devo continuare a mantenermi su questa strada e in questa direzione per tutto il resto della mia vita”.
Certo, sicuramente sono riuscita a fare qualcosa e, certo, tante battaglie le ho combattute, ma nonostante tutto mi torna sempre in mente l’analogia dell’alcoolista. Se sei un’alcoolista, puoi rimanere sobria per 15 anni, ma sei sempre un’alcoolista. Sei felice e stai bene, ma sei sempre un’alcoolista. Un solo bicchiere può far colare a picco la situazione. Perciò devi lavorare sul tuo percorso di ricovero giorno dopo giorno cercando di evitare a tutti i costi ogni qualsiasi bevanda alcoolica. Magari, col passare del tempo, frenare l’impulso di bere diventa sempre più facile, ma c’è comunque bisogno di farlo. Ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, anno in cui VOI esercitate il controllo anziché lasciare che l’anoressia controlli VOI, state facendo continui progressi. Non c’è un punto d’arrivo. Non è “tutto finito” se state “meglio” per un certo periodo di tempo. Il ricovero non è un evento, è un processo… un processo che continua per tutta la vita. Si vive, s’impara, e si combatte. Giorno dopo giorno.
Camminare sulla strada del ricovero significa riuscire a controllare giorno dopo giorno l’impulso di restringere. Controllare tutti gli impulsi che ci rimandano all’anoressia. Mangiare quello che si deve mangiare, anche se questo non ci rende felici e non ci fa sentire una meraviglia. Certi pensieri rimarranno per sempre nella nostra mente, lasciando graffi e cicatrici indelebili: la nostra forza dovrà consistere allora nel confinarli lì, senza permettere più che prendano il sopravvento nei nostri atteggiamenti esteriori.
Detto questo – è ovvio che io non possa considerarmi guarita. Sono vulnerabile all’anoressia, come lo ero un anno fa e come lo sarò tra uno, due, dieci anni. Il punto è: io sono una guerriera della luce. Sto combattendo per vivere la MIA vita, e non quella che l’anoressia aveva scelto per me. Sono là, da qualche parte, in mezzo alla strada del ricovero. Ma non sono arrivata. Non arriverò mai alla fine. Questo per me è comunque positivo, perchè significa che avrò sempre qualcosa da imparare. E avrò sempre un obiettivo per cui combattere. Un persona che si definisce “guarita”, secondo me, ammette implicitamente di non avere più nulla da apprendere e più niente per cui vale la pena combattere.
Io, invece, ho ancora tanto da imparare, da tutte voi. E ho anche tanto da condividere.
Continuiamo a percorrere questa strada infinita insieme.
Se la strada del ricovero fosse una linea, come questa
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ecco, io mi trovo da qualche parte là in mezzo (“V”). Sto combattendo giorno dopo giorno, certo, ma non penso che sia corretto dire che sono guarita. Ci ho pensato su per un po’. Penso sia normale per tutte avere delle piccole ricadute o delle giornatacce in vari punti del nostro percorso di ricovero. Penso anche che sia abbastanza presuntuoso dire “Sì, sono guarita”, perché è un po’ come dire “Sono arrivata fin qui, ho combattuto tutte le battaglie che c’erano da combattere, ho fatto tutto quello che c’era da fare, e ora sto vebe – e nessun errore è permesso”. Quello che dico io, invece, è: “E’ vero, sono arrivata fin qui, ho combattuto un sacco, ho fatto del mio meglio, ma non penso che sia finito tutto qui, come in uno schiocco di dita. Adesso devo continuare a mantenermi su questa strada e in questa direzione per tutto il resto della mia vita”.
Certo, sicuramente sono riuscita a fare qualcosa e, certo, tante battaglie le ho combattute, ma nonostante tutto mi torna sempre in mente l’analogia dell’alcoolista. Se sei un’alcoolista, puoi rimanere sobria per 15 anni, ma sei sempre un’alcoolista. Sei felice e stai bene, ma sei sempre un’alcoolista. Un solo bicchiere può far colare a picco la situazione. Perciò devi lavorare sul tuo percorso di ricovero giorno dopo giorno cercando di evitare a tutti i costi ogni qualsiasi bevanda alcoolica. Magari, col passare del tempo, frenare l’impulso di bere diventa sempre più facile, ma c’è comunque bisogno di farlo. Ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, anno in cui VOI esercitate il controllo anziché lasciare che l’anoressia controlli VOI, state facendo continui progressi. Non c’è un punto d’arrivo. Non è “tutto finito” se state “meglio” per un certo periodo di tempo. Il ricovero non è un evento, è un processo… un processo che continua per tutta la vita. Si vive, s’impara, e si combatte. Giorno dopo giorno.
Camminare sulla strada del ricovero significa riuscire a controllare giorno dopo giorno l’impulso di restringere. Controllare tutti gli impulsi che ci rimandano all’anoressia. Mangiare quello che si deve mangiare, anche se questo non ci rende felici e non ci fa sentire una meraviglia. Certi pensieri rimarranno per sempre nella nostra mente, lasciando graffi e cicatrici indelebili: la nostra forza dovrà consistere allora nel confinarli lì, senza permettere più che prendano il sopravvento nei nostri atteggiamenti esteriori.
Detto questo – è ovvio che io non possa considerarmi guarita. Sono vulnerabile all’anoressia, come lo ero un anno fa e come lo sarò tra uno, due, dieci anni. Il punto è: io sono una guerriera della luce. Sto combattendo per vivere la MIA vita, e non quella che l’anoressia aveva scelto per me. Sono là, da qualche parte, in mezzo alla strada del ricovero. Ma non sono arrivata. Non arriverò mai alla fine. Questo per me è comunque positivo, perchè significa che avrò sempre qualcosa da imparare. E avrò sempre un obiettivo per cui combattere. Un persona che si definisce “guarita”, secondo me, ammette implicitamente di non avere più nulla da apprendere e più niente per cui vale la pena combattere.
Io, invece, ho ancora tanto da imparare, da tutte voi. E ho anche tanto da condividere.
Continuiamo a percorrere questa strada infinita insieme.
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martedì 5 gennaio 2010
Il coraggio è il ricovero
Il cuore dell’anoressia è il silenzio.
Tutte quante stiamo gridando in silenzio per cercare di ottenere qualcosa: amore, amicizia, aiuto, autostima, via di fuga o perdono e tante altre cose. Tutto quello che facciamo, è cercare di riempire un vuoto. Anche se utilizziamo parole differenti, non esce mai dalle labbra la voce che esprime i nostri veri bisogni. Perché in fin dei conti ci sembra di non meritare tutto ciò che desideriamo.
Così, utilizziamo il nostro corpo per giocare al gioco “Indovina di che cosa ho bisogno”. E la nostra incapacità di esprimere quello che proviamo, ci fa sentire ancora più incapaci.
Per ogni parola che non siamo riuscite a dire.
Per ogni bugia che abbiamo (ci siamo) raccontato.
Per tutto quello che di male siamo fatte.
Cerchiamo di costruire qualcosa di positivo, adesso.
Continuiamo ad andare avanti sulla strada del ricovero.
Continuiamo a lottare contro l’anoressia.
Chiediamo scusa a noi stesse.
Asciughiamo le nostre lacrime piante e non piante.
Continuiamo a cantare la nostra canzone.
Qual è veramente il nostro carattere? Quello che mostriamo quando nessuno ci sta a guardare.
Non saranno certo tutte rose e fiori, ma dobbiamo continuare a percorrere questa strada. Dobbiamo continuare a vivere. Dobbiamo avere il coraggio di continuare a combattere.
Perché anche se, da una parte, continueremo sempre a sentire la mancanza dell’anoressia, non possiamo rimanere intrappolate nella sua oscurità. E non c’è notte tanto buia da impedir al sole di risorgere il giorno dopo.
Quando sentite di aver perso la bussola, trovate dentro di voi la forza per continuare a combattere. Ammettere di avere paura in momenti come questo, è un atto di grande coraggio.
Il coraggio è fare un scelta. Il coraggio è decidere di fare un cambiamento nella nostra vita.
Continuate a vivere. Continuate a combattere. Siete molto più forti di quel che credete. E non mollate mai. Perché voi MERITATE di avere la meglio sull’anoressia. Lottate. E vi accorgerete che sarete in grado di parlare. Sarete in grado di respirare. Sarete in grado di andare avanti sulla strada del ricovero.
Il ricovero è il coraggio.
Tutte quante stiamo gridando in silenzio per cercare di ottenere qualcosa: amore, amicizia, aiuto, autostima, via di fuga o perdono e tante altre cose. Tutto quello che facciamo, è cercare di riempire un vuoto. Anche se utilizziamo parole differenti, non esce mai dalle labbra la voce che esprime i nostri veri bisogni. Perché in fin dei conti ci sembra di non meritare tutto ciò che desideriamo.
Così, utilizziamo il nostro corpo per giocare al gioco “Indovina di che cosa ho bisogno”. E la nostra incapacità di esprimere quello che proviamo, ci fa sentire ancora più incapaci.
Per ogni parola che non siamo riuscite a dire.
Per ogni bugia che abbiamo (ci siamo) raccontato.
Per tutto quello che di male siamo fatte.
Cerchiamo di costruire qualcosa di positivo, adesso.
Continuiamo ad andare avanti sulla strada del ricovero.
Continuiamo a lottare contro l’anoressia.
Chiediamo scusa a noi stesse.
Asciughiamo le nostre lacrime piante e non piante.
Continuiamo a cantare la nostra canzone.
Qual è veramente il nostro carattere? Quello che mostriamo quando nessuno ci sta a guardare.
Non saranno certo tutte rose e fiori, ma dobbiamo continuare a percorrere questa strada. Dobbiamo continuare a vivere. Dobbiamo avere il coraggio di continuare a combattere.
Perché anche se, da una parte, continueremo sempre a sentire la mancanza dell’anoressia, non possiamo rimanere intrappolate nella sua oscurità. E non c’è notte tanto buia da impedir al sole di risorgere il giorno dopo.
Quando sentite di aver perso la bussola, trovate dentro di voi la forza per continuare a combattere. Ammettere di avere paura in momenti come questo, è un atto di grande coraggio.
Il coraggio è fare un scelta. Il coraggio è decidere di fare un cambiamento nella nostra vita.
Continuate a vivere. Continuate a combattere. Siete molto più forti di quel che credete. E non mollate mai. Perché voi MERITATE di avere la meglio sull’anoressia. Lottate. E vi accorgerete che sarete in grado di parlare. Sarete in grado di respirare. Sarete in grado di andare avanti sulla strada del ricovero.
Il ricovero è il coraggio.
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mercoledì 30 dicembre 2009
La conquista più importante
Ormai siamo giunte alla fine dell’anno, e tirarne le somme credo sia inevitabile.
Spero che, nonostante tutte le difficoltà affrontate, il bilancio dell’anno appena trascorso sia per tutte voi tutto sommato positivo.
Io ho iniziato questo 2009 timorosa di non riuscire a portare avanti la mia battaglia contro l’anoressia per tutto l’anno, timorosa di potermi stancare, di potermi arrendere, di poter mollare… e adesso, nonostante tutto, mi guardo indietro e vedo che non mi sono fermata. Non avrò fatto chissà quanta strada, ma sicuramente ho fatto dei passi avanti, e questa credo sia a cosa più importante.
Provate a chiedervi: qual è la più importante conquista che avete fatto quest’anno nella lotta contro l’anoressia?
Personalmente, potrei rispondere a questa domanda dicendo: il silenzio. Una scoperta veramente catartica. Rimanere in silenzio per cercare di ascoltare la mia vera voce. Ho scoperto quanto il silenzio possa essere terapeutico. Ho cercato di guardare dentro me stessa con onestà, e di non lasciarmi fregare dalle false soluzioni – nient’altro che palliativi – offertemi dall’anoressia. Nel silenzio ho provato a cercare di comprendere cosa desiderassi veramente io per me stessa, per il resto della mia vita. E ho tentato di capire come potessi agire da quel momento in poi per realizzarlo. Non ci sono stati grandi cambiamenti, nessun fuoco d’artificio, però qualcosa ha iniziato a smuoversi. E’ un inizio.
Altra conquista che ho fatto in quest’anno: la gratitudine. Ho provato a mettere sul piatto della bilancia tutte le cose positive che ci sono state, anziché focalizzarmi, com’è più facile fare, su quelle negative. Così, piuttosto che pensare alle mie cicatrici, ho pensato alla gratitudine che ho provato nei confronti delle persone che mi sono state vicine senza temere quelle cicatrici. Anziché deprimermi per le invitabili ricadute e per quello che non sono riuscita a compiere, sono stata grata per i piccoli progressi che ho fatto. Sono stata grata persino alle esperienze negative, alle cadute, alle scivolate, perché mi hanno permesso di testare me stessa trovando la forza di rialzarmi ogni volta.
Quanto all’anoressia, ho fatto del mio meglio per cercare di essere grata anche a questo tipo di vissuto; sebbene ciò non significhi che non mi sia comunque sentita in colpa per quello che ho fatto.
“Perché ho dovuto affrontare questo?” – mi sono chiesta.
“Perché non avrei dovuto affrontarlo?” – ho tuttavia realizzato.
E la risposta è già tutta qui, nella domanda.
Tutte noi affrontiamo battaglie, quotidianamente. C’è chi combatte contro l’anoressia, chi contro la bulimia, chi contro il binge, chi contro l’autolesionismo, chi contro la depressione, chi contro la droga, chi contro le piccole difficoltà quotidiane. La cosa importante è riuscire a trarre qualcosa da ogni tipo di lotta, qualcosa che ci faccia ragionare, che ci permetta di continuare ad andare avanti a testa alta, che ci faccia crescere come persone. Perché anche nel mezzo della peggiore delle tempeste sappiamo che l’acqua prima o poi finirà, le nuvole si diraderanno, e il sole tornerà a brillare.
E siamo solo noi il vento che renderà possibile tutto questo.
Buoni propositi per l’anno nuovo? Nessuno, poiché stilare una lista fa solo venire ansia e fa sentire in colpa nel momento in cui non dovessimo riuscire ad attenervisi. L’unico buon proposito da fare è semplicemente continuare ad andare avanti. Con tutta la grinta che riusciamo a tirare fuori, tutte le armi che possiamo utilizzare, tutto il coraggio che saremo capaci di alimentare. Tutto il resto non conta.
Auguro a tutte voi quanta più serenità possibile nell’imminente 2010, e spero che non dobbiate combattere troppo per ottenerla!
Spero che, nonostante tutte le difficoltà affrontate, il bilancio dell’anno appena trascorso sia per tutte voi tutto sommato positivo.
Io ho iniziato questo 2009 timorosa di non riuscire a portare avanti la mia battaglia contro l’anoressia per tutto l’anno, timorosa di potermi stancare, di potermi arrendere, di poter mollare… e adesso, nonostante tutto, mi guardo indietro e vedo che non mi sono fermata. Non avrò fatto chissà quanta strada, ma sicuramente ho fatto dei passi avanti, e questa credo sia a cosa più importante.
Provate a chiedervi: qual è la più importante conquista che avete fatto quest’anno nella lotta contro l’anoressia?
Personalmente, potrei rispondere a questa domanda dicendo: il silenzio. Una scoperta veramente catartica. Rimanere in silenzio per cercare di ascoltare la mia vera voce. Ho scoperto quanto il silenzio possa essere terapeutico. Ho cercato di guardare dentro me stessa con onestà, e di non lasciarmi fregare dalle false soluzioni – nient’altro che palliativi – offertemi dall’anoressia. Nel silenzio ho provato a cercare di comprendere cosa desiderassi veramente io per me stessa, per il resto della mia vita. E ho tentato di capire come potessi agire da quel momento in poi per realizzarlo. Non ci sono stati grandi cambiamenti, nessun fuoco d’artificio, però qualcosa ha iniziato a smuoversi. E’ un inizio.
Altra conquista che ho fatto in quest’anno: la gratitudine. Ho provato a mettere sul piatto della bilancia tutte le cose positive che ci sono state, anziché focalizzarmi, com’è più facile fare, su quelle negative. Così, piuttosto che pensare alle mie cicatrici, ho pensato alla gratitudine che ho provato nei confronti delle persone che mi sono state vicine senza temere quelle cicatrici. Anziché deprimermi per le invitabili ricadute e per quello che non sono riuscita a compiere, sono stata grata per i piccoli progressi che ho fatto. Sono stata grata persino alle esperienze negative, alle cadute, alle scivolate, perché mi hanno permesso di testare me stessa trovando la forza di rialzarmi ogni volta.
Quanto all’anoressia, ho fatto del mio meglio per cercare di essere grata anche a questo tipo di vissuto; sebbene ciò non significhi che non mi sia comunque sentita in colpa per quello che ho fatto.
“Perché ho dovuto affrontare questo?” – mi sono chiesta.
“Perché non avrei dovuto affrontarlo?” – ho tuttavia realizzato.
E la risposta è già tutta qui, nella domanda.
Tutte noi affrontiamo battaglie, quotidianamente. C’è chi combatte contro l’anoressia, chi contro la bulimia, chi contro il binge, chi contro l’autolesionismo, chi contro la depressione, chi contro la droga, chi contro le piccole difficoltà quotidiane. La cosa importante è riuscire a trarre qualcosa da ogni tipo di lotta, qualcosa che ci faccia ragionare, che ci permetta di continuare ad andare avanti a testa alta, che ci faccia crescere come persone. Perché anche nel mezzo della peggiore delle tempeste sappiamo che l’acqua prima o poi finirà, le nuvole si diraderanno, e il sole tornerà a brillare.
E siamo solo noi il vento che renderà possibile tutto questo.
Buoni propositi per l’anno nuovo? Nessuno, poiché stilare una lista fa solo venire ansia e fa sentire in colpa nel momento in cui non dovessimo riuscire ad attenervisi. L’unico buon proposito da fare è semplicemente continuare ad andare avanti. Con tutta la grinta che riusciamo a tirare fuori, tutte le armi che possiamo utilizzare, tutto il coraggio che saremo capaci di alimentare. Tutto il resto non conta.
Auguro a tutte voi quanta più serenità possibile nell’imminente 2010, e spero che non dobbiate combattere troppo per ottenerla!
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domenica 27 dicembre 2009
Il plateau infinito
Generalmente, percorrere la strada del ricovero è come andare sulle montagne russe: un tragitto pieno di salite e discese, curve e giri della morte. Lo sappiamo. Lo capiamo. Lo sentiamo. Lo viviamo. C’è, tuttavia, una meno nota parte di ogni percorso di ricovero che io chiamo “il plateau”.
Il plateau è quello che mette veramente alla prova la nostra resistenza. Inevitabilmente, durante un percorso di ricovero, arriva un momento in cui tutto sembra avere un andamento costante – non va peggio ma non va neanche meglio – e questo continua per un bel po’ di tempo. Ciò ci fa sentire come se fossimo… in un punto di stallo.
E questo fa montare un incredibile nervoso.
Fa domandare se ci sia un posto dove possiamo avere una vista migliore, o se abbiamo già raggiunto la vetta.
Be, lasciate che ve lo dica, adesso: non l’abbiamo raggiunta. Arrivare al plateau è una buona cosa sotto un sacco di punti di vista, poiché raggiunto quel punto svanisce la costante preoccupazione di poter avere una ricaduta da un momento all’altro. Svanisce l’idea di poter tornare al punto di partenza come se tutti i progressi fatti sparissero come neve al sole. Non si è più unicamente focalizzate sul tenerci sulla giusta strada giorno dopo giorno. Abbiamo raggiunto un primo traguardo. Abbiamo fatto progressi. Stiamo andando bene.
Tuttavia…
Ogni giorno adesso sembra uguale a tutti gli altri. Stiamo OKAY, ma non stiamo BENE. Non ci sentiamo veramente libere. E la cosa peggiore in tutto questo è che più niente sembra poter cambiare. Per quanto possiamo affannarci, per quanto possiamo pensare a qualcosa da fare per smuovere la situazione, continuiamo a sentirci le stesse giorno dopo giorno. E s’inizia a chiederci: che senso ha? E’ QUESTO ciò per cui sto lavorando? E’ QUESTA la meta finale della strada del ricovero?
NO.
Nelle migliori storie, “tutti vissero felici e contenti”… perciò, se non siete felici e contente, questa non è ancora la fine.
La strada del ricovero non ha una meta. Non potrete mai dire di essere arrivate. È un percorso che dura tutta la vita. È così lunga che non potete vedente il termine a occhio nudo. Ma quando vi troverete a comparare, per esempio, il giorno 88 con il giorno 1749, vedrete che c’è una netta differenza. Capire cosa intendo dire? Le differenze non possono essere notate su base giornaliera, paragonando ieri e oggi, ma a lunga gittata vi accorgerete che le differenze ci sono. Ci sono eccome.
Il plateau non è eccezionale. Ma è stabile. E per fortuna. Credetemi. Non sarà la massima realizzazione, ma lasciate che ve lo dica: è un ottimo risultato rispetto all’essere immerse fino al collo nell’anoressia in ogni momento del giorno e della notte. E alla fine di quello che sembra essere un plateau infinito… quando l’avrete percorso tutto… troverete una discesa. E tutto quello che dovrete fare sarà saltare dentro la libertà che questa potrà darvi. Niente montagne da scalare. Niente buche da saltare. Solo una discesa. E sicuramente avrete modo di guardarvi intorno e di notare le meraviglie che la vita vi mette accanto ma che l’anoressia v’impediva di vedere.
Abbiate pazienza con voi stesse, e continuate a combattere. Il plateau è solo una parte della strada del ricovero. Non è già tutto finito… il meglio è quello che deve ancora venire!!
Il plateau è quello che mette veramente alla prova la nostra resistenza. Inevitabilmente, durante un percorso di ricovero, arriva un momento in cui tutto sembra avere un andamento costante – non va peggio ma non va neanche meglio – e questo continua per un bel po’ di tempo. Ciò ci fa sentire come se fossimo… in un punto di stallo.
E questo fa montare un incredibile nervoso.
Fa domandare se ci sia un posto dove possiamo avere una vista migliore, o se abbiamo già raggiunto la vetta.
Be, lasciate che ve lo dica, adesso: non l’abbiamo raggiunta. Arrivare al plateau è una buona cosa sotto un sacco di punti di vista, poiché raggiunto quel punto svanisce la costante preoccupazione di poter avere una ricaduta da un momento all’altro. Svanisce l’idea di poter tornare al punto di partenza come se tutti i progressi fatti sparissero come neve al sole. Non si è più unicamente focalizzate sul tenerci sulla giusta strada giorno dopo giorno. Abbiamo raggiunto un primo traguardo. Abbiamo fatto progressi. Stiamo andando bene.
Tuttavia…
Ogni giorno adesso sembra uguale a tutti gli altri. Stiamo OKAY, ma non stiamo BENE. Non ci sentiamo veramente libere. E la cosa peggiore in tutto questo è che più niente sembra poter cambiare. Per quanto possiamo affannarci, per quanto possiamo pensare a qualcosa da fare per smuovere la situazione, continuiamo a sentirci le stesse giorno dopo giorno. E s’inizia a chiederci: che senso ha? E’ QUESTO ciò per cui sto lavorando? E’ QUESTA la meta finale della strada del ricovero?
NO.
Nelle migliori storie, “tutti vissero felici e contenti”… perciò, se non siete felici e contente, questa non è ancora la fine.
La strada del ricovero non ha una meta. Non potrete mai dire di essere arrivate. È un percorso che dura tutta la vita. È così lunga che non potete vedente il termine a occhio nudo. Ma quando vi troverete a comparare, per esempio, il giorno 88 con il giorno 1749, vedrete che c’è una netta differenza. Capire cosa intendo dire? Le differenze non possono essere notate su base giornaliera, paragonando ieri e oggi, ma a lunga gittata vi accorgerete che le differenze ci sono. Ci sono eccome.
Il plateau non è eccezionale. Ma è stabile. E per fortuna. Credetemi. Non sarà la massima realizzazione, ma lasciate che ve lo dica: è un ottimo risultato rispetto all’essere immerse fino al collo nell’anoressia in ogni momento del giorno e della notte. E alla fine di quello che sembra essere un plateau infinito… quando l’avrete percorso tutto… troverete una discesa. E tutto quello che dovrete fare sarà saltare dentro la libertà che questa potrà darvi. Niente montagne da scalare. Niente buche da saltare. Solo una discesa. E sicuramente avrete modo di guardarvi intorno e di notare le meraviglie che la vita vi mette accanto ma che l’anoressia v’impediva di vedere.
Abbiate pazienza con voi stesse, e continuate a combattere. Il plateau è solo una parte della strada del ricovero. Non è già tutto finito… il meglio è quello che deve ancora venire!!
giovedì 24 dicembre 2009
Vigilia in positività
Dato che siamo in procinto di affrontare il Natale, un giorno difficile per tutte, oggi voglio semplicemente provar a darvi una frase positiva sulla quale riflettere. Magari, se ve la scrivete su un Post-It e la rileggete quando sentite che di fronte alla situazione natalizia state per cedere, può fungere da piccolo sostegno positivo per continuare a tener duro…
Quindi, la frase che oggi voglio condividere con voi è:
“NO ONE CAN GIVE YOU FREEDOM BUT YOU”
Perchè un DCA è un qualcosa che nasce da noi, e quindi siamo solo noi a decidere come e quando potercene liberare. L’anoressia ha molto significati, e sono quelli su cui bisogna scavare per scoprire la propria chiave personale per lavorare sul DCA.
A differenza di quello che la maggior parte della gente che non ha mai vissuto l’anoressia può pensare, un DCA non è semplicemente un ossessione per l’aspetto fisico e per la magrezza. Questa è solo l’infinitesima punta dell’ice-berg, ma dietro si nasconde un mondo. L’anoressia è ben oltre, ben altro che un problema di accettazione del proprio corpo: è un problema di accettazione della persona che siamo. Che siamo interiormente, non esteriormente.
Per questo è importante cercare di capire cos’è che non va in noi, cos’è che non ci piace di noi stesse, per poterci lavorare su. Non si può “guarire” dall’anoressia nel senso canonico del termine, ma si può “guarire” da noi stesse. Ed è una cosa che sono noi possiamo fare.
Perché più che il cibo, io credo sia la vita ciò di cui si ha fame.
Un piccolo disegno di buon Natale per tutte voi…
(click sull'immagine per ingrandire)
Quindi, la frase che oggi voglio condividere con voi è:
“NO ONE CAN GIVE YOU FREEDOM BUT YOU”
Perchè un DCA è un qualcosa che nasce da noi, e quindi siamo solo noi a decidere come e quando potercene liberare. L’anoressia ha molto significati, e sono quelli su cui bisogna scavare per scoprire la propria chiave personale per lavorare sul DCA.
A differenza di quello che la maggior parte della gente che non ha mai vissuto l’anoressia può pensare, un DCA non è semplicemente un ossessione per l’aspetto fisico e per la magrezza. Questa è solo l’infinitesima punta dell’ice-berg, ma dietro si nasconde un mondo. L’anoressia è ben oltre, ben altro che un problema di accettazione del proprio corpo: è un problema di accettazione della persona che siamo. Che siamo interiormente, non esteriormente.
Per questo è importante cercare di capire cos’è che non va in noi, cos’è che non ci piace di noi stesse, per poterci lavorare su. Non si può “guarire” dall’anoressia nel senso canonico del termine, ma si può “guarire” da noi stesse. Ed è una cosa che sono noi possiamo fare.
Perché più che il cibo, io credo sia la vita ciò di cui si ha fame.
Un piccolo disegno di buon Natale per tutte voi…
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lunedì 21 dicembre 2009
Affrontare il Natale
Indubbiamente, sotto certi punti di vista, il Natale è un momento stressante per tutti. A maggior ragione può esserlo per chi ha un DCA, poiché il Natale ci mette di fronte ad una situazione indubbiamente ansiogena.
In questo post voglio perciò provare a suggerirvi qualche piccola strategia per riuscire ad affrontare il Natale senza essere vinte dall’anoressia. Come al solito, nessuna garanzia di funzionalità al 100%, semplicemente dei piccoli passi che si possono fare per provare ad aiutarci ad affrontare questa situazione difficile e stressate senza darla vinta al DCA.
È indubbiamente difficile doversi riunire con la propria famiglia al completo di fronte alla tavola da pranzo. Questa è indiscutibilmente un’ardua prova che ci si trova a dover affrontare nel momento in cui si deve mangiare di fronte ad altre persone, delle quali magari neanche tutte sanno del nostro DCA. Una situazione di questo tipo ci fa sentire esposte, fragili, osservate, colpevoli, ansiose, impaurite; e questo può farci venir voglia di piangere, di gridare, di alzarci da tavola e chiuderci nella nostra stanza, il che però finisce per peggiorare le cose e farci sentire ancora peggio a causa del senso di colpa per aver “rovinato” l’atmosfera familiare natalizia. Del resto, è estremamente difficile riuscire a tollerare la pressione delle persone che ci stanno accanto e ci osservano mangiare o commentano quello che mettiamo nel piatto.
Quindi, proviamo ad individuare quelle che sono le maggiori difficoltà e “situazioni di rischio” che caratterizzano il Natale:
- La necessità di dover mangiare insieme a tutta la famiglia
(In una situazione del genere, inevitabilmente ci saranno persone che commenteranno sul vostro aspetto fisico e su come e quanto mangiate. Questo finisce per essere incredibilmente stressante, e per condizionare il comportamento nei confronti del cibo e la percezione corporea.)
- Non essere felici e gioiose come gli altri si aspetterebbero fossimo
- Dover sottostare a quelli che sono i commenti altrui sull’aspetto fisico e sulle abitudini alimentari
- L’imbarazzo nei confronti di quello che gli altri dicono o di quello che, viceversa, non dicono, ma fanno percepire ugualmente
- La sensazione d’inadeguatezza nei confronti delle persone che ci circondato, la sensazione di essere fuori posto, e l’ansia che ne consegue
Che cos’è che possiamo fare per aiutarci?
Possiamo provare ad elaborare qualche strategia che può essere utile ad affrontare il Natale. Ovviamente siamo tutte persone diverse, quindi quello che può essere utile per una può non essere funzionale per un’altra, per questo motivo vi consiglio di fare più tentativi al fine di trovare quello che può esservi più congeniale.
- Può aiutare informare le persone con cui dovrete passare il Natale a proposito del DCA: provate a dir loro come vi fanno sentire determinati commenti sull’aspetto fisico, e quanto possono essere disfunzionali le loro osservazioni su quanto/cosa mangiate
- Provate a spiegare alle persone con cui dovrete passare il Natale, in cosa consiste veramente un DCA, dato che per lo più le persone che non l’hanno vissuto in prima persona ne hanno un’idea distorta, magari basata su quello che hanno sporadicamente sentito dire in TV, e questo non aiuta
- Provate a concentrarvi sul fatto che le opinioni altrui sono meno importanti di quello che pensate voi di voi stesse: se non assecondate il DCA e cercate di mangiare con regolarità anche a Natale, voi sapete di aver fatto la cosa giusta, quindi non curatevi dei commenti altrui
- Se siete a tavola e la conversazione comincia a diventare per voi ansiogena, provate a dirottarla subito verso altri argomenti
- Scrivetevi qualche frase positiva su dei Post-It, e metteteveli in tasca. Qualora la situazione dovesse farsi particolarmente difficile, provate a leggerli e a ripetervi la frase che c’è scritta sopra finché non l’avrete fatta vostra
Inoltre, voglio provare a darvi qualche piccolo suggerimento a proposito del pranzo e della cena di Natale.
Cosa fare prima del pasto?
Preparatevi la vostra porzione. Secondo quanto prescritto dal vostro “regime alimentare” se siete seguite da una dietista, oppure cercando di fare un pasto equilibrato che vi consenta di acquisire tutti I nutrienti necessari. Decidere quanto e cosa mangiare in anticipo può togliervi l’ansia del dovervi prendere la porzione sul momento, limitando quindi questo tipo di stress. Potrebbe essere ancora più semplice se le portate non vengono servite direttamente a tavola ma dal piano cottura, così voi potrete prendere la vostra dose prestabilita senza che nessuno possa commentare mentre la prelevate.
Cosa fare durante il pasto?
Durante il pasto può essere utile parlare di argomenti di vita comune che non hanno niente a che fare col cibo o col corpo: questo può avere il duplice vantaggio di non farvi concentrare su quello che avete nel piatto, facendovelo mangiare con più tranquillità, e di non far cadere la conversazione su argomenti per voi ansiogeni.
Cosa fare dopo il pasto?
Inevitabilmente, anche se si segue un “regime alimentare” redatto da una dietista, mangiare insieme a tutta la famiglia riunita per il Natale finisce comunque per essere stressante e per dare la sensazione di aver comunque mangiato in maniera “sbagliata”. Perciò, nel momento in cui vi alzate da tavola, provate a mettere per iscritto quali sono i vostri sentimenti, sfogandoli senza tenerveli dentro, dove vengono ingigantiti fino a farvi sentire ancora peggio. Fate qualsiasi cosa che possa distrarvi: ascoltate la musica, guardate un DVD, uscite a fare una passeggiata, telefonate ad un’amica, guardate qualche video buffo e divertente su YouTube, andate a fare un giro in auto, etc…
E anche se le cose non vanno come avreste voluto, non siate troppo severe con voi stesse: il cedimento di un giorno non è assolutamente sinonimo di un fallimento perenne. Consideratelo come un “errore di percorso”, e continuate comunque ad andare avanti senza avercela con voi stesse per quel che è successo. Se è vero che a Natale siamo tutti più buoni, allora proviamo ad esserlo anche con noi stesse…
In questo post voglio perciò provare a suggerirvi qualche piccola strategia per riuscire ad affrontare il Natale senza essere vinte dall’anoressia. Come al solito, nessuna garanzia di funzionalità al 100%, semplicemente dei piccoli passi che si possono fare per provare ad aiutarci ad affrontare questa situazione difficile e stressate senza darla vinta al DCA.
È indubbiamente difficile doversi riunire con la propria famiglia al completo di fronte alla tavola da pranzo. Questa è indiscutibilmente un’ardua prova che ci si trova a dover affrontare nel momento in cui si deve mangiare di fronte ad altre persone, delle quali magari neanche tutte sanno del nostro DCA. Una situazione di questo tipo ci fa sentire esposte, fragili, osservate, colpevoli, ansiose, impaurite; e questo può farci venir voglia di piangere, di gridare, di alzarci da tavola e chiuderci nella nostra stanza, il che però finisce per peggiorare le cose e farci sentire ancora peggio a causa del senso di colpa per aver “rovinato” l’atmosfera familiare natalizia. Del resto, è estremamente difficile riuscire a tollerare la pressione delle persone che ci stanno accanto e ci osservano mangiare o commentano quello che mettiamo nel piatto.
Quindi, proviamo ad individuare quelle che sono le maggiori difficoltà e “situazioni di rischio” che caratterizzano il Natale:
- La necessità di dover mangiare insieme a tutta la famiglia
(In una situazione del genere, inevitabilmente ci saranno persone che commenteranno sul vostro aspetto fisico e su come e quanto mangiate. Questo finisce per essere incredibilmente stressante, e per condizionare il comportamento nei confronti del cibo e la percezione corporea.)
- Non essere felici e gioiose come gli altri si aspetterebbero fossimo
- Dover sottostare a quelli che sono i commenti altrui sull’aspetto fisico e sulle abitudini alimentari
- L’imbarazzo nei confronti di quello che gli altri dicono o di quello che, viceversa, non dicono, ma fanno percepire ugualmente
- La sensazione d’inadeguatezza nei confronti delle persone che ci circondato, la sensazione di essere fuori posto, e l’ansia che ne consegue
Che cos’è che possiamo fare per aiutarci?
Possiamo provare ad elaborare qualche strategia che può essere utile ad affrontare il Natale. Ovviamente siamo tutte persone diverse, quindi quello che può essere utile per una può non essere funzionale per un’altra, per questo motivo vi consiglio di fare più tentativi al fine di trovare quello che può esservi più congeniale.
- Può aiutare informare le persone con cui dovrete passare il Natale a proposito del DCA: provate a dir loro come vi fanno sentire determinati commenti sull’aspetto fisico, e quanto possono essere disfunzionali le loro osservazioni su quanto/cosa mangiate
- Provate a spiegare alle persone con cui dovrete passare il Natale, in cosa consiste veramente un DCA, dato che per lo più le persone che non l’hanno vissuto in prima persona ne hanno un’idea distorta, magari basata su quello che hanno sporadicamente sentito dire in TV, e questo non aiuta
- Provate a concentrarvi sul fatto che le opinioni altrui sono meno importanti di quello che pensate voi di voi stesse: se non assecondate il DCA e cercate di mangiare con regolarità anche a Natale, voi sapete di aver fatto la cosa giusta, quindi non curatevi dei commenti altrui
- Se siete a tavola e la conversazione comincia a diventare per voi ansiogena, provate a dirottarla subito verso altri argomenti
- Scrivetevi qualche frase positiva su dei Post-It, e metteteveli in tasca. Qualora la situazione dovesse farsi particolarmente difficile, provate a leggerli e a ripetervi la frase che c’è scritta sopra finché non l’avrete fatta vostra
Inoltre, voglio provare a darvi qualche piccolo suggerimento a proposito del pranzo e della cena di Natale.
Cosa fare prima del pasto?
Preparatevi la vostra porzione. Secondo quanto prescritto dal vostro “regime alimentare” se siete seguite da una dietista, oppure cercando di fare un pasto equilibrato che vi consenta di acquisire tutti I nutrienti necessari. Decidere quanto e cosa mangiare in anticipo può togliervi l’ansia del dovervi prendere la porzione sul momento, limitando quindi questo tipo di stress. Potrebbe essere ancora più semplice se le portate non vengono servite direttamente a tavola ma dal piano cottura, così voi potrete prendere la vostra dose prestabilita senza che nessuno possa commentare mentre la prelevate.
Cosa fare durante il pasto?
Durante il pasto può essere utile parlare di argomenti di vita comune che non hanno niente a che fare col cibo o col corpo: questo può avere il duplice vantaggio di non farvi concentrare su quello che avete nel piatto, facendovelo mangiare con più tranquillità, e di non far cadere la conversazione su argomenti per voi ansiogeni.
Cosa fare dopo il pasto?
Inevitabilmente, anche se si segue un “regime alimentare” redatto da una dietista, mangiare insieme a tutta la famiglia riunita per il Natale finisce comunque per essere stressante e per dare la sensazione di aver comunque mangiato in maniera “sbagliata”. Perciò, nel momento in cui vi alzate da tavola, provate a mettere per iscritto quali sono i vostri sentimenti, sfogandoli senza tenerveli dentro, dove vengono ingigantiti fino a farvi sentire ancora peggio. Fate qualsiasi cosa che possa distrarvi: ascoltate la musica, guardate un DVD, uscite a fare una passeggiata, telefonate ad un’amica, guardate qualche video buffo e divertente su YouTube, andate a fare un giro in auto, etc…
E anche se le cose non vanno come avreste voluto, non siate troppo severe con voi stesse: il cedimento di un giorno non è assolutamente sinonimo di un fallimento perenne. Consideratelo come un “errore di percorso”, e continuate comunque ad andare avanti senza avercela con voi stesse per quel che è successo. Se è vero che a Natale siamo tutti più buoni, allora proviamo ad esserlo anche con noi stesse…
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venerdì 18 dicembre 2009
Domanda #10: Le armi del ricovero
La 10^ domanda è quella di una ragazza che preferisce rimanere anonima e che scrive:
“Io non posso (per delle buone ragioni) rivelare ai miei genitori che ho un DCA. Per questo motivo, anche se credo ne avrei bisogno, non posso richiedere un ricovero in un centro specializzato, o loro lo verrebbero a sapere. Quali armi pensi potrei utilizzare, data questa mia situazione, che mi potrebbero aiutare nel dover operare da sola il ricovero?”
Bene, non mi metterò a discutere con te riguardo quelle che tu dici essere delle “buone ragioni” per non rivelare ai tuoi genitori il tuo DCA, ma c’è una cosa che comunque voglio dirti: non sottovalutare i tuoi genitori. Con un DCA, hai bisogno di tutto l’aiuto possibile, soprattutto se non sei ancora un’adulta (accidenti, anche quando SEI un’adulta!) e se c’è anche una sola, minima, unica possibilità che loro possano essere supportivi, è una possibilità da cogliere al volo. Detto questo, non ti voglio assolutamente spingere a parlarne per forza con i tuoi dato che ovviamente non conosco la tua situazione familiare. Personalmente, penso che mi darebbe estremamente fastidio se qualcuno cercasse di darmi consigli senza conoscere i dettagli, quindi a questo proposito mi fermo qui ma, per favore, ricordati di questo: sarà sempre molto difficile utilizzare le armi del ricovero disponibili se devi tenere segreto il tuo DCA. Perché il più grande ostacolo alla strada del ricovero è proprio la segretezza. Il cuore dei DCA è il silenzio. Romperlo è veramente importante.
Dunque, quali sono le armi del ricovero da poter utilizzare nella tua situazione?
- Voglio essere sincera qui – l’arma principale è il supporto. Se non puoi in nessun modo parlare ai tuoi genitori del DCA, per favore trova qualcun altro con cui parlarne:
Uno psicoterapeuta, un’amica o un amico di cui ti fidi, un insegnante, un allenatore, un collega di lavoro, una qualsiasi persona che pensi possa esserti di supporto e d’aiuto. Qualcuno. Cercalo, raccontagli la tua storia, appoggiati a lui/lei affinché possa supportarti. Non è mai facile fare qualcosa da sole, e la strada del ricovero sarà decisamente più semplice se riesci a crearti una “rete di supporto” con altre persone.
Nota a margine: Per chiunque stia cercando una psicoterapia ma pensa che rivolgersi ad uno psicologo/psichiatra sia troppo costoso, sappiate che le USL sono una grande risorsa. Non storcete il naso prima di fare un tentativo. Gli psicoterapeuti della USL lavorano gratuitamente anche per una psicoterapia di lunga durata, per cui non avrete preoccupazioni da un punto di vista economico. Inoltre, la vostra privacy sarà totalmente tutelata. Non c’è niente che possa fermarvi dall’usare questa risorsa, no?!...
- ANAD. Qui si possono trovare gruppi di supporto on-line per persone con DCA, guidati da moderatori esperti nel campo dei disordini alimentari, e affiliati all’ANAD che sono detti “resource people”. Ciò significa che loro possono fornirti contatti ed informazioni a proposito dell’ANAD, dandoti nomi, numeri di telefono ed indirizzi e-mail di persone con cui poter parlare del DCA per farti dare una mano. Il tutto è in Inglese, ma se te la cavi con questa lingua provare a dare un’occhiata non guasta…
- Trova una via d’uscita, un’attività alternativa da opporre ai pensieri ossessivi che l’anoressia mette in testa. Scrivi. Disegna. Leggi. Fai fotografie. Ascolta musica. Guarda un DVD. Fai un giro in auto. Crea un blog. Telefona ad un’amica. Fai qualcosa che ti faccia sentire bene. Un po’ come ho suggerito QUI. Questo ti aiuterà a non scaricare rabbia, ansia e frustrazione sul tuo corpo, e ti aiuterà a capire come puoi prenderti cura di te stessa.
- Trova un gruppo di supporto. Prima ho citato l’ANAD, ma ce ne sono tanti simili nel web. Non implicano nessun tipo di ricovero o di psicoterapia, ma possono servire semplicemente come valvola di sfogo, il che è pure importante. Hanno anche un bonus: sono gratuiti, e non è obbligatorio rivelare la propria identità.
- Unisciti a un forum di lotta contro i DCA. Sono fermamente convinta che l’unione faccia la forza, quindi non c’è niente di meglio che il supporto reciproco tra persone che stanno combattendo contro lo stesso problema. Uno di questi, per esempio, è il Joy Project. Qui puoi trovare supporto, incoraggiamento per lottare, e fare progressi rimanendo comodamente a casa tua.
- Su YouTube ci sono molti video (oltre ai miei) che promuovono la lotta contro l’anoressia: guardarli giornalmente potrà servire a rafforzare la tua determinazione.
- Inoltre, se hai un po’ di tempo per dare un’occhiata a questo blog, potrai trovare diversi post che ho scritto in cui do suggerimenti sulle armi da usare nel ricovero. Per esempio, puoi dare un’occhiata QUI, QUI o QUI.
Tieni conto però dell’importantissimo fatto che NIENTE di tutto questo è sostitutivo né efficace al pari di medici specializzati nel trattamento di DCA, che ti consiglio comunque di consultare, se hai modo di farlo, perché sono veramente gli unici che possono dirti quali sono le cose giuste da fare nel tuo caso specifico.
Ad ogni modo, ti faccio un enorme in bocca al lupo. Percorrere la strada del ricovero è tremendamente difficile, ma ce la puoi fare. Te lo assicuro.
“Io non posso (per delle buone ragioni) rivelare ai miei genitori che ho un DCA. Per questo motivo, anche se credo ne avrei bisogno, non posso richiedere un ricovero in un centro specializzato, o loro lo verrebbero a sapere. Quali armi pensi potrei utilizzare, data questa mia situazione, che mi potrebbero aiutare nel dover operare da sola il ricovero?”
Bene, non mi metterò a discutere con te riguardo quelle che tu dici essere delle “buone ragioni” per non rivelare ai tuoi genitori il tuo DCA, ma c’è una cosa che comunque voglio dirti: non sottovalutare i tuoi genitori. Con un DCA, hai bisogno di tutto l’aiuto possibile, soprattutto se non sei ancora un’adulta (accidenti, anche quando SEI un’adulta!) e se c’è anche una sola, minima, unica possibilità che loro possano essere supportivi, è una possibilità da cogliere al volo. Detto questo, non ti voglio assolutamente spingere a parlarne per forza con i tuoi dato che ovviamente non conosco la tua situazione familiare. Personalmente, penso che mi darebbe estremamente fastidio se qualcuno cercasse di darmi consigli senza conoscere i dettagli, quindi a questo proposito mi fermo qui ma, per favore, ricordati di questo: sarà sempre molto difficile utilizzare le armi del ricovero disponibili se devi tenere segreto il tuo DCA. Perché il più grande ostacolo alla strada del ricovero è proprio la segretezza. Il cuore dei DCA è il silenzio. Romperlo è veramente importante.
Dunque, quali sono le armi del ricovero da poter utilizzare nella tua situazione?
- Voglio essere sincera qui – l’arma principale è il supporto. Se non puoi in nessun modo parlare ai tuoi genitori del DCA, per favore trova qualcun altro con cui parlarne:
Uno psicoterapeuta, un’amica o un amico di cui ti fidi, un insegnante, un allenatore, un collega di lavoro, una qualsiasi persona che pensi possa esserti di supporto e d’aiuto. Qualcuno. Cercalo, raccontagli la tua storia, appoggiati a lui/lei affinché possa supportarti. Non è mai facile fare qualcosa da sole, e la strada del ricovero sarà decisamente più semplice se riesci a crearti una “rete di supporto” con altre persone.
Nota a margine: Per chiunque stia cercando una psicoterapia ma pensa che rivolgersi ad uno psicologo/psichiatra sia troppo costoso, sappiate che le USL sono una grande risorsa. Non storcete il naso prima di fare un tentativo. Gli psicoterapeuti della USL lavorano gratuitamente anche per una psicoterapia di lunga durata, per cui non avrete preoccupazioni da un punto di vista economico. Inoltre, la vostra privacy sarà totalmente tutelata. Non c’è niente che possa fermarvi dall’usare questa risorsa, no?!...
- ANAD. Qui si possono trovare gruppi di supporto on-line per persone con DCA, guidati da moderatori esperti nel campo dei disordini alimentari, e affiliati all’ANAD che sono detti “resource people”. Ciò significa che loro possono fornirti contatti ed informazioni a proposito dell’ANAD, dandoti nomi, numeri di telefono ed indirizzi e-mail di persone con cui poter parlare del DCA per farti dare una mano. Il tutto è in Inglese, ma se te la cavi con questa lingua provare a dare un’occhiata non guasta…
- Trova una via d’uscita, un’attività alternativa da opporre ai pensieri ossessivi che l’anoressia mette in testa. Scrivi. Disegna. Leggi. Fai fotografie. Ascolta musica. Guarda un DVD. Fai un giro in auto. Crea un blog. Telefona ad un’amica. Fai qualcosa che ti faccia sentire bene. Un po’ come ho suggerito QUI. Questo ti aiuterà a non scaricare rabbia, ansia e frustrazione sul tuo corpo, e ti aiuterà a capire come puoi prenderti cura di te stessa.
- Trova un gruppo di supporto. Prima ho citato l’ANAD, ma ce ne sono tanti simili nel web. Non implicano nessun tipo di ricovero o di psicoterapia, ma possono servire semplicemente come valvola di sfogo, il che è pure importante. Hanno anche un bonus: sono gratuiti, e non è obbligatorio rivelare la propria identità.
- Unisciti a un forum di lotta contro i DCA. Sono fermamente convinta che l’unione faccia la forza, quindi non c’è niente di meglio che il supporto reciproco tra persone che stanno combattendo contro lo stesso problema. Uno di questi, per esempio, è il Joy Project. Qui puoi trovare supporto, incoraggiamento per lottare, e fare progressi rimanendo comodamente a casa tua.
- Su YouTube ci sono molti video (oltre ai miei) che promuovono la lotta contro l’anoressia: guardarli giornalmente potrà servire a rafforzare la tua determinazione.
- Inoltre, se hai un po’ di tempo per dare un’occhiata a questo blog, potrai trovare diversi post che ho scritto in cui do suggerimenti sulle armi da usare nel ricovero. Per esempio, puoi dare un’occhiata QUI, QUI o QUI.
Tieni conto però dell’importantissimo fatto che NIENTE di tutto questo è sostitutivo né efficace al pari di medici specializzati nel trattamento di DCA, che ti consiglio comunque di consultare, se hai modo di farlo, perché sono veramente gli unici che possono dirti quali sono le cose giuste da fare nel tuo caso specifico.
Ad ogni modo, ti faccio un enorme in bocca al lupo. Percorrere la strada del ricovero è tremendamente difficile, ma ce la puoi fare. Te lo assicuro.
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martedì 15 dicembre 2009
Calendario 2010
Consideratelo un po’ come se fosse un regalo di Natale che arriva con una decina di giorni d’anticipo. Consideratelo un po’ come se fosse un regalo di Natale che viene da noi stesse e che facciamo a noi stesse. Consideratelo un po’ come se fosse un piccolo augurio che ci aiuta a prenderci per mano – pur con tutti i chilometri che ci dividono fisicamente – e a starci vicine.
Questo viene da noi, questo è per noi, per voi, per tutti. La sottoscritta e altre 19 meravigliose Calendar Girls sono felici di presentarvi il nostro calendario del 2010.
E sappiate che anche se qui non ci sono le foto di tutte quante, è come se ci fossero. Perché quando si combatte insieme l’importante è rimanere unite in ogni qualsiasi modo.
Be strong, be a warrior, be a Calendar Girl, be yourself. As you’re YOUnique.
Qui sotto il link per scaricare il nostro calendario in formato .pdf.
CALENDARIO 2010
Chiunque voglia dare una mano nella diffusione è la benvenuta…
Qua vi metto le anteprime delle immagini che compongono i vari mesi del calendario, giusto per avere un insight… Click sopra ciascuna di esse per ingrandirla.
Questa è la bozza della copertina...

E queste le pics dei mesi...












Spero che il calendario vi piaccia e vi possa accompagnare con la sua carica di positività per tutto il 2010.
P.S.= Special thanks to Duccia & Annarita…
Questo viene da noi, questo è per noi, per voi, per tutti. La sottoscritta e altre 19 meravigliose Calendar Girls sono felici di presentarvi il nostro calendario del 2010.
E sappiate che anche se qui non ci sono le foto di tutte quante, è come se ci fossero. Perché quando si combatte insieme l’importante è rimanere unite in ogni qualsiasi modo.
Be strong, be a warrior, be a Calendar Girl, be yourself. As you’re YOUnique.
Qui sotto il link per scaricare il nostro calendario in formato .pdf.
CALENDARIO 2010
Chiunque voglia dare una mano nella diffusione è la benvenuta…
Qua vi metto le anteprime delle immagini che compongono i vari mesi del calendario, giusto per avere un insight… Click sopra ciascuna di esse per ingrandirla.
Questa è la bozza della copertina...

E queste le pics dei mesi...












Spero che il calendario vi piaccia e vi possa accompagnare con la sua carica di positività per tutto il 2010.
P.S.= Special thanks to Duccia & Annarita…
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sabato 12 dicembre 2009
Fuori il vecchio, dentro il nuovo
Sbarazzatevi di ciò che vi tira indietro, dentro all’anoressia!
Che cosa avete superato (non in senso fisico, ovviamente...)? Pensateci. È assolutamente ovvio e normale SENTIRE LA MANCANZA di quello che si è superato, ma questo non cambia il fatto che l’abbiamo superato. Da qualche parte dentro di noi, sentiremo per sempre la mancanza dell’anoressia, per tutto quello che ci faceva provare. Ma questo non cambia il fatto che adesso stiamo lottando.
E allora, provando a vedere la cosa dalla parte opposta, di che cosa NON sentite la mancanza? Usate la risposta a questa domanda come un spinta verso una direzione positiva, come una spinta sulla strada del ricovero. Certo noi tutte ricordiamo giorni, mesi, e anche anni che non potremo mai cancellare dalla nostra mente. Magari a volte vi è persino capitato di desiderare di lavare via i ricordi di certi momenti vissuti in pieno DCA. Il punto è che NON è dimenticando queste cose che diventeremo persone più forti. Perciò, anche se certi ricordi fanno male, non cancellateli. Viceversa, provate a ricordare. E chiedetevi: “perché non sento la mancanza di quella cosa, di quel ricordo?”. E usate la risposta come arma per continuare ad andare avanti.
Per che cosa non siete ancora abbastanza pronte? Siate sempre oneste con voi stesse. È la cosa più importante. È assolutamente normale rendersi conto che ci sono certe cose per cui non siamo ancora pronte. Non si può essere pronte ad ogni cosa tutto insieme. È umanamente impossibile. Può essere comunque un risultato tangibile, anche se non siamo abbastanza pronte – perché abbiamo detto a noi stesse: Non sono pronta a questo PER IL MOMENTO.
Infine, quando a queste domande avrete risposto, ri-risposto, ed ancora risposto, fatevi la domanda più importante: Che cosa desiderate dalla vostra vita in futuro?
Che cosa state aspettando?
Domande a cui voi e solo voi potete e dovete rispondere.
Che cosa avete superato (non in senso fisico, ovviamente...)? Pensateci. È assolutamente ovvio e normale SENTIRE LA MANCANZA di quello che si è superato, ma questo non cambia il fatto che l’abbiamo superato. Da qualche parte dentro di noi, sentiremo per sempre la mancanza dell’anoressia, per tutto quello che ci faceva provare. Ma questo non cambia il fatto che adesso stiamo lottando.
E allora, provando a vedere la cosa dalla parte opposta, di che cosa NON sentite la mancanza? Usate la risposta a questa domanda come un spinta verso una direzione positiva, come una spinta sulla strada del ricovero. Certo noi tutte ricordiamo giorni, mesi, e anche anni che non potremo mai cancellare dalla nostra mente. Magari a volte vi è persino capitato di desiderare di lavare via i ricordi di certi momenti vissuti in pieno DCA. Il punto è che NON è dimenticando queste cose che diventeremo persone più forti. Perciò, anche se certi ricordi fanno male, non cancellateli. Viceversa, provate a ricordare. E chiedetevi: “perché non sento la mancanza di quella cosa, di quel ricordo?”. E usate la risposta come arma per continuare ad andare avanti.
Per che cosa non siete ancora abbastanza pronte? Siate sempre oneste con voi stesse. È la cosa più importante. È assolutamente normale rendersi conto che ci sono certe cose per cui non siamo ancora pronte. Non si può essere pronte ad ogni cosa tutto insieme. È umanamente impossibile. Può essere comunque un risultato tangibile, anche se non siamo abbastanza pronte – perché abbiamo detto a noi stesse: Non sono pronta a questo PER IL MOMENTO.
Infine, quando a queste domande avrete risposto, ri-risposto, ed ancora risposto, fatevi la domanda più importante: Che cosa desiderate dalla vostra vita in futuro?
Che cosa state aspettando?
Domande a cui voi e solo voi potete e dovete rispondere.
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mercoledì 9 dicembre 2009
Fare una scelta
Nel momento in cui si sceglie di percorrere la strada del ricovero, bisogna essere determinate a farlo, e metterci tutta la nostra volontà e la nostra ferma decisione. La strada del ricovero è un qualcosa in cui bisogna cercare di saltare a piè pari. So perfettamente che è tutt’altro che facile, poiché molto spesso si rimane indecise, incerte sul da farsi, “in the middle waiting”, come dice la canzone. Ci si rende conto che una vita in balia dell’anoressia in realtà non è vita, si capisce che le bugie dell’anoressia sono tali e non ci porteranno mai quanto promettevano, si realizza che non vogliamo che quella sia la nostra vita. Eppure ancora si esita, perché si ha paura di lasciare la strada vecchia per la nuova: i comportamenti dell’anoressia sono diventati una tale routine che, per quanto devastanti, rappresentano comunque una sicurezza che si teme di lasciare per affidarci all’ignoto. Eppure, quando ci si sente sul ciglio del fosso – non si vuole rimanere in balia dell’anoressia ma non si vuole neanche scegliere la strada del ricovero – la cosa migliore da fare è saltare. Fare una scelta.
Nella vita ci sono cose che non si possono scegliere e cose che si possono scegliere. Tra queste ultime, ci sono scelte che sono implicite, intuitive, che facciamo senza neanche rendercene conto: è una scelta non accettare il proprio corpo. È una scelta accettare che quello che noi pensiamo di noi stesse in negativo sia un dato di fatto inappellabile. È una scelta decidere che ogni comportamento distruttivo nei confronti di noi stesse è anche un’opzione.
Perciò, ragazze: scegliamo di combattere per accettare il nostro corpo.
Scegliamo di combattere i pensieri negativi che ci vengono su noi stesse – scegliamo di credere che non esistono dati di fatto inappellabili poiché la realtà si costruisce su basi soggettive.
Scegliamo di decidere che ogni comportamento distruttivo nei confronti di noi stesse non è MAI un’opzione.
Certo, chiedere aiuto è importante – e non è mai facile, neanche nel migliore dei casi. Ma, nel momento in cui ci legittimiamo a farlo, dobbiamo sempre tenere a mente che l’aiuto che ci deve venire dall’esterno non è quello che ci permette semplicemente di arrestare un comportamento, un atto meccanico come la restrizione alimentare, bensì la capacità di vedere questi comportamenti come un’opzione. Sostituire un comportamento distruttivo con un altro tipo di comportamento altrettanto distruttivo non è un’opzione. E non aiuta. Perché a quel punto non stiamo veramente cambiando – stiamo mollando.
Penso che, nei momenti in cui i comportamenti tipici del DCA spingono per fare capolino, sia molto importante fare esattamente il contrario di quello che la voce dell’anoressia ci suggerisce. Per esempio, se l’anoressia vi dice che il vostro peso non va bene, il primo impulso sarà quello di restringere oppure di fare attività fisica compulsiva. Ecco che, in momenti come questo, bisogna scegliere qualcosa di radicalmente differente: qualcosa che ci faccia stare bene con noi stesse. Scegliere di non percorrere più la strada distruttiva e a fondo cieco dell’anoressia, ma incamminarsi su un’altra via. La prima volta sarà difficilissimo, ovviamente… ma, a poco a poco, vi accorgerete che diventerà sempre meno duro. E vi accorgerete di stare meglio.
Lo so, è difficile venire a patti col proprio corpo. Ma nel momento in cui – magari grazie all’aiuto di una dietista/nutrizionista – ci stiamo alimentando in maniera adeguata senza farci del male, possiamo lavorare su noi stesse dicendoci: “Voglio che il mio corpo sia sano e che lavori nella maniera corretta, quale che sia il peso che mi permetterà di avere questo”. “Voglio avere sufficiente energia per muovermi e pensare, a prescindere da quante calorie questo comporterà di mangiare”.
Fate una scelta diversa da quella che vi suggerisce il DCA: così vi accorgerete che è possibile accettare il nostro corpo per quello che è, e trattarlo adeguatamente.
Cercate e continuate ad avere cura di voi stesse, perché siete tutto ciò che avete. Questo richiede un cambiamento radicale… ma TUTTE ce la possiamo fare.
Nella vita ci sono cose che non si possono scegliere e cose che si possono scegliere. Tra queste ultime, ci sono scelte che sono implicite, intuitive, che facciamo senza neanche rendercene conto: è una scelta non accettare il proprio corpo. È una scelta accettare che quello che noi pensiamo di noi stesse in negativo sia un dato di fatto inappellabile. È una scelta decidere che ogni comportamento distruttivo nei confronti di noi stesse è anche un’opzione.
Perciò, ragazze: scegliamo di combattere per accettare il nostro corpo.
Scegliamo di combattere i pensieri negativi che ci vengono su noi stesse – scegliamo di credere che non esistono dati di fatto inappellabili poiché la realtà si costruisce su basi soggettive.
Scegliamo di decidere che ogni comportamento distruttivo nei confronti di noi stesse non è MAI un’opzione.
Certo, chiedere aiuto è importante – e non è mai facile, neanche nel migliore dei casi. Ma, nel momento in cui ci legittimiamo a farlo, dobbiamo sempre tenere a mente che l’aiuto che ci deve venire dall’esterno non è quello che ci permette semplicemente di arrestare un comportamento, un atto meccanico come la restrizione alimentare, bensì la capacità di vedere questi comportamenti come un’opzione. Sostituire un comportamento distruttivo con un altro tipo di comportamento altrettanto distruttivo non è un’opzione. E non aiuta. Perché a quel punto non stiamo veramente cambiando – stiamo mollando.
Penso che, nei momenti in cui i comportamenti tipici del DCA spingono per fare capolino, sia molto importante fare esattamente il contrario di quello che la voce dell’anoressia ci suggerisce. Per esempio, se l’anoressia vi dice che il vostro peso non va bene, il primo impulso sarà quello di restringere oppure di fare attività fisica compulsiva. Ecco che, in momenti come questo, bisogna scegliere qualcosa di radicalmente differente: qualcosa che ci faccia stare bene con noi stesse. Scegliere di non percorrere più la strada distruttiva e a fondo cieco dell’anoressia, ma incamminarsi su un’altra via. La prima volta sarà difficilissimo, ovviamente… ma, a poco a poco, vi accorgerete che diventerà sempre meno duro. E vi accorgerete di stare meglio.
Lo so, è difficile venire a patti col proprio corpo. Ma nel momento in cui – magari grazie all’aiuto di una dietista/nutrizionista – ci stiamo alimentando in maniera adeguata senza farci del male, possiamo lavorare su noi stesse dicendoci: “Voglio che il mio corpo sia sano e che lavori nella maniera corretta, quale che sia il peso che mi permetterà di avere questo”. “Voglio avere sufficiente energia per muovermi e pensare, a prescindere da quante calorie questo comporterà di mangiare”.
Fate una scelta diversa da quella che vi suggerisce il DCA: così vi accorgerete che è possibile accettare il nostro corpo per quello che è, e trattarlo adeguatamente.
Cercate e continuate ad avere cura di voi stesse, perché siete tutto ciò che avete. Questo richiede un cambiamento radicale… ma TUTTE ce la possiamo fare.
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domenica 6 dicembre 2009
Domanda #9: Guardare al passato e al futuro
La 9^ domanda cui rispondo, una domanda che in effetti si compone di più sotto-domande, è quella di Aileen. Che mi chiede:
“Come ci sente, quando si tocca il fondo? Fa male, molto male, ma… quanto? Perchè ti sei spinta in quella strada tempo fa? Com'era il tuo rapporto con te stessa in quel periodo? E ora, hai rimpianti?”
Okay, molte delle risposte a queste domande le puoi trovare nel post in cui racconto la mia storia.
Dacci un’occhiata, perché credo che qui potrai trovare la risposta ad alcuni dei tuoi dubbi: perché mi sono spinta nella strada dell’anoressia e com’era il mio rapporto con me stessa in quel periodo… nel post in cui racconto la mia storia ne parlo ampiamente, quindi t’invito a leggerlo.
Passo dunque alle altre domande.
Come ci si sente quando si tocca il fondo, e quanto fa male?
Ora, per rispondere a queste domande, occorre fare un distinguo: la visione istantanea, e la visione a posteriori. Che sono due cose molto differenti, perché sul momento quando tocchi il fondo non ti accorgi che sta succedendo, ma lo concretizzi solo dopo. Quando tocchi il fondo sei talmente presa dal delirio di onnipotenza dell’anoressia (che poi, in realtà, non è altro che un delirio d’impotenza) che non te ne rendi conto. Non te ne rendi conto perché lì per lì non fa male, anzi. La cosa più dolorosa è la risalita. Il momento in cui capisci. Inevitabile. Il momento in cui capisci quello che hai fatto veramente, e ti accingi a raccogliere i pezzi per cercare di rimetterli insieme. Quando ho toccato il fondo non me ne sono neanche accorta, troppo presa dall’ossessione, fidandomi ciecamente delle bugie che l’anoressia mi raccontava e che mi faceva pensare: gli altri non capiscono, sono tutti allarmisti, stupidi, bugiardi, inutili. Mi ripetevano sempre le solite frasi: “su, forza, mangia! ma non lo vedi quanto sei dimagrita? guarda in che stato che sei! cosa ti costa mangiare un po’ di più?”. Ma costa, lo so. Costa più di quanto gli altri riusciranno mai ad immaginare. Per questo tali frasi fanno solo arrabbiare. Fanno venire voglia di gridare di smetterla di rompere. Ma non è stato quello il periodo peggiore, non è stata la caduta, il toccare il fondo. L’incubo è arrivato dopo, quando ho iniziato a percorrere la strada del ricovero. Lo so che si fa fatica a capire. Tutti pensano che d’anoressia o si muore o si guarisce. Ma io so che si può anche viverne. Perché io ne vivo. Combatto, ma ne vivo. La cosa più terribile, del resto, non è toccare il fondo. L’inferno vero è risalire, risalire col timore e la speranza al contempo di poter perdere nuovamente la presa. Risalire senza sapere se il panorama che si osserverà in vetta è veramente quello che cercavamo di vedere.
In quanto all’ultima domanda, ai rimpianti.
No, non ne ho. Nessuno, in nessun senso. Non rimpiango niente, nessuna delle scelte, nessuno degli avvenimenti che hanno segnato la mia vita dai 14 anni in poi. Perché c’è sempre un motivo per tutte le cose, anche per quelle più sbagliate. Certo, non vado orgogliosa di quel che ho fatto, ovviamente, e se mi fosse data la macchina del tempo forse proverei a fare scelte differenti. Ma dato che questa possibilità è preclusa e che posso vivere solo per questa realtà, non rimpiango che sia andata così. Perché tutto quello che ho vissuto e passato mi ha resa la persona che sono adesso. Mi ha reso possibile pensare quel che penso adesso, e fare quel che faccio adesso. E questo gli dà un senso. Sì, l’anoressia è stato il mio sbaglio più grande. Ma se è uno sbaglio che, alla fine, mi ha portato a questo blog e a quella che è la mia vita oggi, allora non ho rimpianti: è uno sbaglio che rifarei.
Perché è proprio grazie a questo – e grazie al fatto di non rimpiangere niente – che adesso sto lentamente imparando a non sprecare la mia vita, ma a viverla. Viverla davvero. Non attaccata a una vuota ossessione, non credula, persa nelle bugie dell’anoressia, a costruirmi una realtà che non mi apparteneva semplicemente perché non esisteva, non in balia di quello che credevo di controllare ma che in realtà mi controllava in misura spietata.
Perché è tutto quello che ho passato che mi ha insegnato che la realtà non è quella che si può vedere attraverso gli occhi deformanti dello specchio della mente, ma guardando avanti, sempre.
E’ per questo che senza alcun rimpianto posso dire grazie a quello che mi ha quasi distrutta, permettendomi così di fortificarmi. Grazie, anoressia.
Se avete qualche altra domanda per me, postatela QUI. Un alla volta, risponderò a tutte!
“Come ci sente, quando si tocca il fondo? Fa male, molto male, ma… quanto? Perchè ti sei spinta in quella strada tempo fa? Com'era il tuo rapporto con te stessa in quel periodo? E ora, hai rimpianti?”
Okay, molte delle risposte a queste domande le puoi trovare nel post in cui racconto la mia storia.
Dacci un’occhiata, perché credo che qui potrai trovare la risposta ad alcuni dei tuoi dubbi: perché mi sono spinta nella strada dell’anoressia e com’era il mio rapporto con me stessa in quel periodo… nel post in cui racconto la mia storia ne parlo ampiamente, quindi t’invito a leggerlo.
Passo dunque alle altre domande.
Come ci si sente quando si tocca il fondo, e quanto fa male?
Ora, per rispondere a queste domande, occorre fare un distinguo: la visione istantanea, e la visione a posteriori. Che sono due cose molto differenti, perché sul momento quando tocchi il fondo non ti accorgi che sta succedendo, ma lo concretizzi solo dopo. Quando tocchi il fondo sei talmente presa dal delirio di onnipotenza dell’anoressia (che poi, in realtà, non è altro che un delirio d’impotenza) che non te ne rendi conto. Non te ne rendi conto perché lì per lì non fa male, anzi. La cosa più dolorosa è la risalita. Il momento in cui capisci. Inevitabile. Il momento in cui capisci quello che hai fatto veramente, e ti accingi a raccogliere i pezzi per cercare di rimetterli insieme. Quando ho toccato il fondo non me ne sono neanche accorta, troppo presa dall’ossessione, fidandomi ciecamente delle bugie che l’anoressia mi raccontava e che mi faceva pensare: gli altri non capiscono, sono tutti allarmisti, stupidi, bugiardi, inutili. Mi ripetevano sempre le solite frasi: “su, forza, mangia! ma non lo vedi quanto sei dimagrita? guarda in che stato che sei! cosa ti costa mangiare un po’ di più?”. Ma costa, lo so. Costa più di quanto gli altri riusciranno mai ad immaginare. Per questo tali frasi fanno solo arrabbiare. Fanno venire voglia di gridare di smetterla di rompere. Ma non è stato quello il periodo peggiore, non è stata la caduta, il toccare il fondo. L’incubo è arrivato dopo, quando ho iniziato a percorrere la strada del ricovero. Lo so che si fa fatica a capire. Tutti pensano che d’anoressia o si muore o si guarisce. Ma io so che si può anche viverne. Perché io ne vivo. Combatto, ma ne vivo. La cosa più terribile, del resto, non è toccare il fondo. L’inferno vero è risalire, risalire col timore e la speranza al contempo di poter perdere nuovamente la presa. Risalire senza sapere se il panorama che si osserverà in vetta è veramente quello che cercavamo di vedere.
In quanto all’ultima domanda, ai rimpianti.
No, non ne ho. Nessuno, in nessun senso. Non rimpiango niente, nessuna delle scelte, nessuno degli avvenimenti che hanno segnato la mia vita dai 14 anni in poi. Perché c’è sempre un motivo per tutte le cose, anche per quelle più sbagliate. Certo, non vado orgogliosa di quel che ho fatto, ovviamente, e se mi fosse data la macchina del tempo forse proverei a fare scelte differenti. Ma dato che questa possibilità è preclusa e che posso vivere solo per questa realtà, non rimpiango che sia andata così. Perché tutto quello che ho vissuto e passato mi ha resa la persona che sono adesso. Mi ha reso possibile pensare quel che penso adesso, e fare quel che faccio adesso. E questo gli dà un senso. Sì, l’anoressia è stato il mio sbaglio più grande. Ma se è uno sbaglio che, alla fine, mi ha portato a questo blog e a quella che è la mia vita oggi, allora non ho rimpianti: è uno sbaglio che rifarei.
Perché è proprio grazie a questo – e grazie al fatto di non rimpiangere niente – che adesso sto lentamente imparando a non sprecare la mia vita, ma a viverla. Viverla davvero. Non attaccata a una vuota ossessione, non credula, persa nelle bugie dell’anoressia, a costruirmi una realtà che non mi apparteneva semplicemente perché non esisteva, non in balia di quello che credevo di controllare ma che in realtà mi controllava in misura spietata.
Perché è tutto quello che ho passato che mi ha insegnato che la realtà non è quella che si può vedere attraverso gli occhi deformanti dello specchio della mente, ma guardando avanti, sempre.
E’ per questo che senza alcun rimpianto posso dire grazie a quello che mi ha quasi distrutta, permettendomi così di fortificarmi. Grazie, anoressia.
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giovedì 3 dicembre 2009
Recovery Way
Io sto andando a "Recovery"; la strada è estremamente lunga e decisamente pessima, ma pare che sia un gran bel posto quando ci arrivi...
Chi viene con me??

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