mercoledì 1 settembre 2010
Provato & Confermato
Questa è una risposta ad un commento, ragazze.
In data 16 Agosto, Jonny ha lasciato un commento sul post precedente a questo, in cui ho pubblicato una delle mie poesie, “This is to the girl”. Ho riletto più e più volte questo commento, e ogni volta che ho provato a scrivere una risposta, mi sono resa conto che quel che avevo da dire era così tanto da non poter essere semplicemente contenuto nella risposta ad un commento. Inoltre le parole di Jonny ricalcano perfettamente quello che prova chiunque abbia vissuto/viva l’anoressia. È esattamente la persona di cui stavo scrivendo/parlando in “This is to the girl”, e mi fa piacere che abbia deciso di lasciare il suo commento. Perciò, contraccambiando, spero di poter offrirle anch’io qualcosa. Dunque oggi voglio condividere con voi questo commento e la mia risposta.
Grazie, Jonny. Spero che, nonostante tutte le difficoltà, non rinuncerai a combattere.
“[…] Leggendo questo post, questa poesia, mi è venuto da pensare.
E ho pensato che con le fottute scelte di vita che ho fatto, alla fine mi sono rinchiusa in una schifosissima gabbia. Che è proprio il posto mi merda dove mi trovo adesso. L’unico posto in cui mi sono sentita, e mi sento, salva e protetta. Al riparo. Al sicuro. Con la dannata anoressia ho perso me stessa nella mia ricerca per trovare qualche schifa di cosa dietro cui nascondere la vera me stessa.
E adesso, non mi è rimasta una sega di niente.
Adesso sono soltanto “the girl”.
Una stramaledetta maschera vuota, un’etichetta senza significato che non vale neanche la pena di sprecare tempo a leggere.
The damn girl.
E non so davvero che cazzo fare.
Jonny”
Jonny, è normale che tu in questo momento ti senta persa. Nessuna parola di nessuna poesia riuscirà a tirarti fuori dal posto in cui senti di essere bloccata. E so quanto è terribile la sensazione di sentirsi intrappolate in un posto che ci fa sentire al sicuro ma che, allo stesso tempo, ci fa sentire vuote dentro.
Con l’anoressia ho toccato il fondo del baratro e anch’io ho perso la Vera Me Stessa. O, piuttosto, mi sono nascosta persino a me stessa, per non affrontare una realtà che non mi piaceva. E ho eletto l’anoressia a mia nuova identità. Solo nel momento in cui ho scelto d’iniziare a percorrere la strada del ricovero mi sono resa conto che potevo essere molto più di “un’anoressica”. Se in questo momento quella che sei non ti piace, la prima cosa da fare è iniziare a percorrere questa strada. Quando sarai a tuo agio con te stessa, ma ti sentirai come priva d’identità, ecco che sarai pronta per fare il secondo passo. Pensi di non avere niente, ma in realtà tu hai degli strumenti, delle armi. La cosa più difficile è scoprire come utilizzarle. Non è affatto semplice. E, ovviamente, più volte mentre percorrerai la strada del ricovero, ti verrà voglia di mollare – credo che tutte noi ci siamo sentite così almeno una volta – e penserai che non c’è niente che funziona. Il punto è che questi giorni difficili e il dolore che proviamo nel momento in cui sperimentiamo com’è vivere senza l’anoressia, sono parte integrante della strada del ricovero. E chi desidererebbe passare questi momenti?
All’inizio può essere davvero terrorizzante. Ma sai che cosa? È necessario. Perchè tra le 2 possibilità che l’anoressia ti mette davanti, solo una ha un futuro. E, DCAmocelo chiaramente, la tua vita attuale non è poi così “perfetta” come l’anoressia prometteva di farla diventare.
Ma di “perfetto”, in realtà, in questo mondo, in questa vita, non c’è niente: tutte le cose che ci circondano sono imperfette. Forse è proprio per questo che sono così belle.
Certo, l’anoressia ti fa sentire “speciale” lì per lì. Ma in realtà non è affatto così. E il tuo obiettivo, se scegli di raccogliere la sfida della strada del ricovero, è quello di scoprire che cosa veramente ti rende una persona speciale. Perché, te lo assicuro, non è l’anoressia a renderti tale.
E’ difficile lasciarsi l’anoressia alle spalle perché, dopo tanti anni, non si riesce più a capire in prima battuta come riempire lo spazio vuoto che l’anoressia lascia. Ma, se ti guardi intorno, ti accorgerai che in realtà sono tante le cose che ti aspettano. Hai tantissime strade, tantissime possibilità aperte davanti. Chiediti: cos’è che voglio veramente dalla mia vita? È una domanda aperta che presenta milioni di differenti risposte possibili… ed è questo il bello. Pensa che non hai niente da perdere e tutto da guadagnare.
Se ti senti rinchiusa in qualche posto, ricordati che TU ne possiedi anche le chiavi. Perché sei tu che, scegliendo l’anoressia, ti ci sei intrappolata. Leggiti dentro con onestà. Fatti domande e cerca di scovare risposte sincere. Cerca di capire che cosa vuoi veramente da te stessa e dalla tua vita, qualsiasi cosa sia. E poi mettici tutta te stessa per realizzare i tuoi sogni. Perché ne hai tutte le capacità e le possibilità.
So che detto così sembra semplice – e so anche che è tutto meno che semplice – ma devi cercare di vedere le cose per come stanno, e darti una possibilità, se vuoi che le cose cambino veramente. Le risposte sono abilmente celate, ma quando una dopo l’altra le troverai, queste segneranno quella che è la giusta via da percorrere. La strada del ricovero.
È difficile essere sincere con noi stesse. È difficile trovare le chiavi che ci liberino dalla prigione per la mente in cui ci siamo rinchiuse. È difficile prendere la (coraggiosa) decisione d’infilare quella chiave nella serratura e girarla. Ma è un qualcosa per cui vale la pena. Vale la pena, nonostante tutto.
E tu puoi farcela.
E tu puoi percorrere tranquillamente la strada del ricovero, sai?!
E questo vale per tutte voi, ragazze: POTETE FARCELA.
Spero che ciò che ho scritto oggi abbia un senso. Per te, Jonny, per le lettrici di questo blog, e per ogni “the girl” là fuori che sta cercando qualche risposta, una guida, o semplicemente un piccolo incoraggiamento. Io certamente non ho chissà quale risposta, ma so quel che ho provato & confermato… e non suggerirei mai qualcosa che non ho prima provato sulla mia pelle. Il ricovero – combattere – è possibile. Bisogna credere a questo, innanzitutto.
Credete in voi stesse e nella vostra forza di volontà. Sempre.
Veggie
In data 16 Agosto, Jonny ha lasciato un commento sul post precedente a questo, in cui ho pubblicato una delle mie poesie, “This is to the girl”. Ho riletto più e più volte questo commento, e ogni volta che ho provato a scrivere una risposta, mi sono resa conto che quel che avevo da dire era così tanto da non poter essere semplicemente contenuto nella risposta ad un commento. Inoltre le parole di Jonny ricalcano perfettamente quello che prova chiunque abbia vissuto/viva l’anoressia. È esattamente la persona di cui stavo scrivendo/parlando in “This is to the girl”, e mi fa piacere che abbia deciso di lasciare il suo commento. Perciò, contraccambiando, spero di poter offrirle anch’io qualcosa. Dunque oggi voglio condividere con voi questo commento e la mia risposta.
Grazie, Jonny. Spero che, nonostante tutte le difficoltà, non rinuncerai a combattere.
“[…] Leggendo questo post, questa poesia, mi è venuto da pensare.
E ho pensato che con le fottute scelte di vita che ho fatto, alla fine mi sono rinchiusa in una schifosissima gabbia. Che è proprio il posto mi merda dove mi trovo adesso. L’unico posto in cui mi sono sentita, e mi sento, salva e protetta. Al riparo. Al sicuro. Con la dannata anoressia ho perso me stessa nella mia ricerca per trovare qualche schifa di cosa dietro cui nascondere la vera me stessa.
E adesso, non mi è rimasta una sega di niente.
Adesso sono soltanto “the girl”.
Una stramaledetta maschera vuota, un’etichetta senza significato che non vale neanche la pena di sprecare tempo a leggere.
The damn girl.
E non so davvero che cazzo fare.
Jonny”
Jonny, è normale che tu in questo momento ti senta persa. Nessuna parola di nessuna poesia riuscirà a tirarti fuori dal posto in cui senti di essere bloccata. E so quanto è terribile la sensazione di sentirsi intrappolate in un posto che ci fa sentire al sicuro ma che, allo stesso tempo, ci fa sentire vuote dentro.
Con l’anoressia ho toccato il fondo del baratro e anch’io ho perso la Vera Me Stessa. O, piuttosto, mi sono nascosta persino a me stessa, per non affrontare una realtà che non mi piaceva. E ho eletto l’anoressia a mia nuova identità. Solo nel momento in cui ho scelto d’iniziare a percorrere la strada del ricovero mi sono resa conto che potevo essere molto più di “un’anoressica”. Se in questo momento quella che sei non ti piace, la prima cosa da fare è iniziare a percorrere questa strada. Quando sarai a tuo agio con te stessa, ma ti sentirai come priva d’identità, ecco che sarai pronta per fare il secondo passo. Pensi di non avere niente, ma in realtà tu hai degli strumenti, delle armi. La cosa più difficile è scoprire come utilizzarle. Non è affatto semplice. E, ovviamente, più volte mentre percorrerai la strada del ricovero, ti verrà voglia di mollare – credo che tutte noi ci siamo sentite così almeno una volta – e penserai che non c’è niente che funziona. Il punto è che questi giorni difficili e il dolore che proviamo nel momento in cui sperimentiamo com’è vivere senza l’anoressia, sono parte integrante della strada del ricovero. E chi desidererebbe passare questi momenti?
All’inizio può essere davvero terrorizzante. Ma sai che cosa? È necessario. Perchè tra le 2 possibilità che l’anoressia ti mette davanti, solo una ha un futuro. E, DCAmocelo chiaramente, la tua vita attuale non è poi così “perfetta” come l’anoressia prometteva di farla diventare.
Ma di “perfetto”, in realtà, in questo mondo, in questa vita, non c’è niente: tutte le cose che ci circondano sono imperfette. Forse è proprio per questo che sono così belle.
Certo, l’anoressia ti fa sentire “speciale” lì per lì. Ma in realtà non è affatto così. E il tuo obiettivo, se scegli di raccogliere la sfida della strada del ricovero, è quello di scoprire che cosa veramente ti rende una persona speciale. Perché, te lo assicuro, non è l’anoressia a renderti tale.
E’ difficile lasciarsi l’anoressia alle spalle perché, dopo tanti anni, non si riesce più a capire in prima battuta come riempire lo spazio vuoto che l’anoressia lascia. Ma, se ti guardi intorno, ti accorgerai che in realtà sono tante le cose che ti aspettano. Hai tantissime strade, tantissime possibilità aperte davanti. Chiediti: cos’è che voglio veramente dalla mia vita? È una domanda aperta che presenta milioni di differenti risposte possibili… ed è questo il bello. Pensa che non hai niente da perdere e tutto da guadagnare.
Se ti senti rinchiusa in qualche posto, ricordati che TU ne possiedi anche le chiavi. Perché sei tu che, scegliendo l’anoressia, ti ci sei intrappolata. Leggiti dentro con onestà. Fatti domande e cerca di scovare risposte sincere. Cerca di capire che cosa vuoi veramente da te stessa e dalla tua vita, qualsiasi cosa sia. E poi mettici tutta te stessa per realizzare i tuoi sogni. Perché ne hai tutte le capacità e le possibilità.
So che detto così sembra semplice – e so anche che è tutto meno che semplice – ma devi cercare di vedere le cose per come stanno, e darti una possibilità, se vuoi che le cose cambino veramente. Le risposte sono abilmente celate, ma quando una dopo l’altra le troverai, queste segneranno quella che è la giusta via da percorrere. La strada del ricovero.
È difficile essere sincere con noi stesse. È difficile trovare le chiavi che ci liberino dalla prigione per la mente in cui ci siamo rinchiuse. È difficile prendere la (coraggiosa) decisione d’infilare quella chiave nella serratura e girarla. Ma è un qualcosa per cui vale la pena. Vale la pena, nonostante tutto.
E tu puoi farcela.
E tu puoi percorrere tranquillamente la strada del ricovero, sai?!
E questo vale per tutte voi, ragazze: POTETE FARCELA.
Spero che ciò che ho scritto oggi abbia un senso. Per te, Jonny, per le lettrici di questo blog, e per ogni “the girl” là fuori che sta cercando qualche risposta, una guida, o semplicemente un piccolo incoraggiamento. Io certamente non ho chissà quale risposta, ma so quel che ho provato & confermato… e non suggerirei mai qualcosa che non ho prima provato sulla mia pelle. Il ricovero – combattere – è possibile. Bisogna credere a questo, innanzitutto.
Credete in voi stesse e nella vostra forza di volontà. Sempre.
Veggie
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lunedì 16 agosto 2010
This is to the girl
This is to the girl who lost her friends,
Became a loner or made amends.
This is to the girl who learned to cope
With strange devices, minus hope.
This is to the girl who cried all night
And wished someone could hold her tight.
This is to the girl.
This is to the girl who finds her way,
Year by year and day by day.
This is to the girl who’s growing up
And wondering, “Am I enough?”
This is to the girl who falls apart
Because there’s pain inside her heart.
This is to the girl.
This is to the girl who gives away
All her power without a say.
This is to the girl who starves, or cuts,
Or binges hard and then throws up.
This is to the girl who drowns her pain
In alcohol or self-disdain.
This is to the girl.
This is to the girl who cries afresh
Each time she sees her own real flesh.
This is to the girl who loses sleep
Because anxiety is steep.
This is to the girl who longs for eyes
That see her as the perfect size.
This is to the girl.
This is to the girl who wakes up sad
And lives her whole life feeling bad.
This is to the girl who needs a hand
But thinks no one will understand.
This is to the girl who wants escape
From food, or numbers, fear, or rape.
This is to the girl.
This is to the girl in all of us,
Struggling still to be enough.
This is to the girl—this is to you,
From another girl who was there too.
This is to the girl.
This is to the girl who’s in my heart,
Who’s in my head at each day’s start.
This is to the girl—this is to you,
From another girl who was there too.
This is to the girl.
(Luglio 2010)
[Questa è per la ragazza che ha perso i suoi amici,/diventando solitaria e dimenticando i momenti felici./Questa è per la ragazza che ha imparato a lottare/contro pensieri distorti, senza disperare./Questa è per la ragazza che piangeva la notte/e desiderava che qualcuno vedesse quant’era rotta./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che ha trovato la sua strada,/anno dopo anno e giornata dopo giornata./Questa è per la ragazza che sta crescendo ed è stanca/e si domanda: “Sarò mai abbastanza?”/Questa è per la ragazza che è caduta in basso/perché aveva paura, non sentiva terreno sotto il suo passo./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che si è fatta rubare/tutta la sua forza senza fiatare./Questa è per la ragazza che restringe, o si fa male/o si abbuffa per poi vomitare./Questa è per la ragazza che diluisce il suo dolore/nell’alcool o in una vita senza amore./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che piange ribelle/perchè non si sente nella sua pelle./Questa è per la ragazza che ha perso il sonno/divorata dall’ansia perché non si trova in questo mondo./Questa è per la ragazza che si nasconde alla vista dentro una maglia/e che cerca solo di raggiungere una perfetta taglia./Questa è per la ragazza. Questa è per la ragazza che si sveglia triste/sta male e pensa che non vale la pena se esiste./Questa è per la ragazza che ha bisogno di qualcuno che le mostri la pista/ma pensa ancora che nessuno la capisca./Questa è per la ragazza che vuole fuggire/dal cibo, dai numeri, dalla paura, da ciò che la può ferire./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che c’è in ognuna di noi/che sta ancora combattendo per essere abbastanza./Questa è per la ragazza – questa è per te/da una ragazza che l’ha vissuto e che sa com’è./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che c’è nel mio cuore/e nella mia testa ogni giorno che sorge il sole./Questa è per la ragazza – questa è per te/da una ragazza che l’ha vissuto e che sa com’è./Questa è per la ragazza.]
Questa poesia che ho scritto recentemente è per tutte voi.
Vi penso…
P.S.= Lo stesso P.S. del post precedente...
Became a loner or made amends.
This is to the girl who learned to cope
With strange devices, minus hope.
This is to the girl who cried all night
And wished someone could hold her tight.
This is to the girl.
This is to the girl who finds her way,
Year by year and day by day.
This is to the girl who’s growing up
And wondering, “Am I enough?”
This is to the girl who falls apart
Because there’s pain inside her heart.
This is to the girl.
This is to the girl who gives away
All her power without a say.
This is to the girl who starves, or cuts,
Or binges hard and then throws up.
This is to the girl who drowns her pain
In alcohol or self-disdain.
This is to the girl.
This is to the girl who cries afresh
Each time she sees her own real flesh.
This is to the girl who loses sleep
Because anxiety is steep.
This is to the girl who longs for eyes
That see her as the perfect size.
This is to the girl.
This is to the girl who wakes up sad
And lives her whole life feeling bad.
This is to the girl who needs a hand
But thinks no one will understand.
This is to the girl who wants escape
From food, or numbers, fear, or rape.
This is to the girl.
This is to the girl in all of us,
Struggling still to be enough.
This is to the girl—this is to you,
From another girl who was there too.
This is to the girl.
This is to the girl who’s in my heart,
Who’s in my head at each day’s start.
This is to the girl—this is to you,
From another girl who was there too.
This is to the girl.
(Luglio 2010)
[Questa è per la ragazza che ha perso i suoi amici,/diventando solitaria e dimenticando i momenti felici./Questa è per la ragazza che ha imparato a lottare/contro pensieri distorti, senza disperare./Questa è per la ragazza che piangeva la notte/e desiderava che qualcuno vedesse quant’era rotta./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che ha trovato la sua strada,/anno dopo anno e giornata dopo giornata./Questa è per la ragazza che sta crescendo ed è stanca/e si domanda: “Sarò mai abbastanza?”/Questa è per la ragazza che è caduta in basso/perché aveva paura, non sentiva terreno sotto il suo passo./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che si è fatta rubare/tutta la sua forza senza fiatare./Questa è per la ragazza che restringe, o si fa male/o si abbuffa per poi vomitare./Questa è per la ragazza che diluisce il suo dolore/nell’alcool o in una vita senza amore./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che piange ribelle/perchè non si sente nella sua pelle./Questa è per la ragazza che ha perso il sonno/divorata dall’ansia perché non si trova in questo mondo./Questa è per la ragazza che si nasconde alla vista dentro una maglia/e che cerca solo di raggiungere una perfetta taglia./Questa è per la ragazza. Questa è per la ragazza che si sveglia triste/sta male e pensa che non vale la pena se esiste./Questa è per la ragazza che ha bisogno di qualcuno che le mostri la pista/ma pensa ancora che nessuno la capisca./Questa è per la ragazza che vuole fuggire/dal cibo, dai numeri, dalla paura, da ciò che la può ferire./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che c’è in ognuna di noi/che sta ancora combattendo per essere abbastanza./Questa è per la ragazza – questa è per te/da una ragazza che l’ha vissuto e che sa com’è./Questa è per la ragazza./Questa è per la ragazza che c’è nel mio cuore/e nella mia testa ogni giorno che sorge il sole./Questa è per la ragazza – questa è per te/da una ragazza che l’ha vissuto e che sa com’è./Questa è per la ragazza.]
Questa poesia che ho scritto recentemente è per tutte voi.
Vi penso…
P.S.= Lo stesso P.S. del post precedente...
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venerdì 6 agosto 2010
Pressione verso la magrezza?
Su un blog, stamattina, ho letto il post di una ragazza che chiede di dedicare un pensiero in memoria di una sua amica morta causa anoressia 5 anni fa proprio in questo giorno dell'anno. Ovviamente è una cosa molto triste, e mi auguro che chiunque legga quel post ed abbia un DCA possa essere motivata a chiedere l'aiuto di cui ha bisogno e che le spetta di diritto. Ma non è questo il punto del mio post. Il punto del mio post è che l'autrice di quel blog sostiene che la sia amica è morta a causa della "pressione verso la magrezza" imposta dalla società attuale.
No. Quella ragazza è morta a causa dell'anoressia. Grande differenza.
Non ho lasciato alcun commento su quel blog, perchè non volevo esautorare l'importanza di onorare la memoria di quella meravigliosa creatura; tuttavia posso scrivere qui il mio pensiero al riguardo. Nessuna pretesa di verità assoluta, al solito, s'intende! Semplicemente il mio punto di vista. (E, tra l'altro, se nei commenti vorreste lasciare il vostro punto di vista, mi farebbe estremamente piacere!)
Ma insomma, la "pressione verso la magrezza"... Seriamente?? Mah...
Attenzione!: non sto dicendo che la pressione verso la magrezza sia irrilevante nello sviluppo di un DCA, perchè non si può fare di tutta l'erba un fascio, e sicuramente la società attuale, con i suoi standard, in certe persone particolarmente vulnerabili sotto questo punto di vista può favorire lo sviluppo di un DCA o ostacolare il percorso di ricovero. Tuttavia, io credo che nella stragrande maggioranza dei casi, l'anoressia non sia una patologica risposta alla pressione sociale verso la magrezza; è piuttosto una malattia mentale di cui l'aspetto esteriore, quello legato al cibo e al corpo, non rappresenta altro che la minuscola punta dell'ice-berg costituito da tutti i problemi personali che variano di persona in persona. Inoltre, dire che l'anoressia è "causata" dalla pressione verso la magrezza imposta dalla società, esclude dal gruppo delle anoressiche tutte coloro che non hanno dismorfofobia (e, quindi, escluderebbe anche me...), o tutte coloro che sviluppano un DCA pur abitando in Paesi dove alla magrezza non è ascritta grande importanza, o tutte coloro che maturano un DCA pur non essendo particolarmente focalizzate sull'aspetto fisico.
Bene. Detto questo...
Parlandone, è venuto fuori che per la maggior parte delle ragazze affette da DCA che ho conosciuto (personalmente, durante i ricoveri in clinica, o tramite blog) la voglia di essere più magre era una delle cose meno presenti e meno importanti quando sono scivolate nell'anoressia. Può esserci il timore di prendere peso (ma questo credo sia comune alla stragrande maggioranza delle donne, abbiano o meno un DCA), ma non è una "pressione culturale". Personalmente, quando sono entrata nell'anoressia, il dimagrire era uno degli ultimi tra i miei pensieri. Tutto quello che m'interessava era sentirmi forte, in controllo, soddisfatta, appagata, e tutto questo me lo dava la restrizione, il fatto che riuscivo a regolare perfettamente quel che mangiavo, non il dimagrimento in sè, tant'è che anche nei periodi peggiori dell'anoressia non mi sono mai pesata, nè ho mai sentito il bisogno di quantificare il mio dimagrimento. Nonstante la mia anoressia, quindi, non ho mai sentito su di me una pressione verso la magrezza da parte della società, e non la sento tuttora. Non ho mai pensato di voler perdere peso per fare la modella o per assomigliare comunque a una modella. Era tutto solo un fatto emotivo, mentale.
La pressione culturale verso la magrezza può essere utilizzata come una scusa per giustificare agli occhi altrui un comportamento "innaturale" nei confronti del cibo, certo. E si può dire agli altri che ci si vede sovrappeso anche se in realtà sappiamo perfettamente di essere sottopeso, solo per giustificare di fronte a loro il fatto che stiamo "seguendo una dieta". Ma questo è solo quel che sta in superficie, le scuse che si possono propinare agli altri ma alle quali noi per prime non crediamo neanche un po'. Per come la vivo io, l'anoressia non è mai stata un "voglio fare la dieta" o un "voglio cercare di dimagrire", questi pensieri non mi hanno neanche sfiorata. Volevo solo avere il controllo, sentirmi forte, realizzata, fare qualcosa che la maggior parte della gente non riesce a fare, dimostrare che ero in grado di far andare la mia vita come volevo, sentirmi soddisfatta, sentirmi sicura... sentirmi speciale.
Non ho mai pensato che se avessi perso un certo TOT di chili sarei stata "perfetta", o non mi sarei più sentita a disagio in mezzo agli altri, o avrei risolto tutti i miei problemi. E con questo non sto dicendo che la società attuale non abbia assolutamente niente a che fare con lo sviluppo di un DCA, ma semplicemente che sono stata sempre consapevole della mia eccessiva magrezza anoressica. E non dipendeva da input provenienti dall'esterno, era tutto dentro di me. In parole povere, il dimagrimento è stato il risultato della mia anoressia, e non la causa che mi ha spinto nell'anoressia.
Dire che quella ragazza è morta per la "pressione verso la magrezza" imposta dalla società attuale è minimizzare la vera, seria natura dell'anoressia. Che implica un'estrema multifattorialità di cause variabili di persona in persona, perciò semplificare e ricondurre tutto ad un solo fattore comporta una perdita della realtà dei fatti. Non che la pressione verso la magrezza non abbia niente a che fare con l'anoressia, ma dire che la pressione verso la magrezza è la stessa cosa che avere un DCA, penso sia un grande errore.
P.S.= Mi sa che non avrò più la possibilità di usare Internet in Agosto (anche ora lo sto facendo di straforo...) In ogni caso, prometto che non appena ne avrò la possibilità riscriverò subito qui e passerò dai vostri blog! Un abbraccio forte a tutte!
No. Quella ragazza è morta a causa dell'anoressia. Grande differenza.
Non ho lasciato alcun commento su quel blog, perchè non volevo esautorare l'importanza di onorare la memoria di quella meravigliosa creatura; tuttavia posso scrivere qui il mio pensiero al riguardo. Nessuna pretesa di verità assoluta, al solito, s'intende! Semplicemente il mio punto di vista. (E, tra l'altro, se nei commenti vorreste lasciare il vostro punto di vista, mi farebbe estremamente piacere!)
Ma insomma, la "pressione verso la magrezza"... Seriamente?? Mah...
Attenzione!: non sto dicendo che la pressione verso la magrezza sia irrilevante nello sviluppo di un DCA, perchè non si può fare di tutta l'erba un fascio, e sicuramente la società attuale, con i suoi standard, in certe persone particolarmente vulnerabili sotto questo punto di vista può favorire lo sviluppo di un DCA o ostacolare il percorso di ricovero. Tuttavia, io credo che nella stragrande maggioranza dei casi, l'anoressia non sia una patologica risposta alla pressione sociale verso la magrezza; è piuttosto una malattia mentale di cui l'aspetto esteriore, quello legato al cibo e al corpo, non rappresenta altro che la minuscola punta dell'ice-berg costituito da tutti i problemi personali che variano di persona in persona. Inoltre, dire che l'anoressia è "causata" dalla pressione verso la magrezza imposta dalla società, esclude dal gruppo delle anoressiche tutte coloro che non hanno dismorfofobia (e, quindi, escluderebbe anche me...), o tutte coloro che sviluppano un DCA pur abitando in Paesi dove alla magrezza non è ascritta grande importanza, o tutte coloro che maturano un DCA pur non essendo particolarmente focalizzate sull'aspetto fisico.
Bene. Detto questo...
Parlandone, è venuto fuori che per la maggior parte delle ragazze affette da DCA che ho conosciuto (personalmente, durante i ricoveri in clinica, o tramite blog) la voglia di essere più magre era una delle cose meno presenti e meno importanti quando sono scivolate nell'anoressia. Può esserci il timore di prendere peso (ma questo credo sia comune alla stragrande maggioranza delle donne, abbiano o meno un DCA), ma non è una "pressione culturale". Personalmente, quando sono entrata nell'anoressia, il dimagrire era uno degli ultimi tra i miei pensieri. Tutto quello che m'interessava era sentirmi forte, in controllo, soddisfatta, appagata, e tutto questo me lo dava la restrizione, il fatto che riuscivo a regolare perfettamente quel che mangiavo, non il dimagrimento in sè, tant'è che anche nei periodi peggiori dell'anoressia non mi sono mai pesata, nè ho mai sentito il bisogno di quantificare il mio dimagrimento. Nonstante la mia anoressia, quindi, non ho mai sentito su di me una pressione verso la magrezza da parte della società, e non la sento tuttora. Non ho mai pensato di voler perdere peso per fare la modella o per assomigliare comunque a una modella. Era tutto solo un fatto emotivo, mentale.
La pressione culturale verso la magrezza può essere utilizzata come una scusa per giustificare agli occhi altrui un comportamento "innaturale" nei confronti del cibo, certo. E si può dire agli altri che ci si vede sovrappeso anche se in realtà sappiamo perfettamente di essere sottopeso, solo per giustificare di fronte a loro il fatto che stiamo "seguendo una dieta". Ma questo è solo quel che sta in superficie, le scuse che si possono propinare agli altri ma alle quali noi per prime non crediamo neanche un po'. Per come la vivo io, l'anoressia non è mai stata un "voglio fare la dieta" o un "voglio cercare di dimagrire", questi pensieri non mi hanno neanche sfiorata. Volevo solo avere il controllo, sentirmi forte, realizzata, fare qualcosa che la maggior parte della gente non riesce a fare, dimostrare che ero in grado di far andare la mia vita come volevo, sentirmi soddisfatta, sentirmi sicura... sentirmi speciale.
Non ho mai pensato che se avessi perso un certo TOT di chili sarei stata "perfetta", o non mi sarei più sentita a disagio in mezzo agli altri, o avrei risolto tutti i miei problemi. E con questo non sto dicendo che la società attuale non abbia assolutamente niente a che fare con lo sviluppo di un DCA, ma semplicemente che sono stata sempre consapevole della mia eccessiva magrezza anoressica. E non dipendeva da input provenienti dall'esterno, era tutto dentro di me. In parole povere, il dimagrimento è stato il risultato della mia anoressia, e non la causa che mi ha spinto nell'anoressia.
Dire che quella ragazza è morta per la "pressione verso la magrezza" imposta dalla società attuale è minimizzare la vera, seria natura dell'anoressia. Che implica un'estrema multifattorialità di cause variabili di persona in persona, perciò semplificare e ricondurre tutto ad un solo fattore comporta una perdita della realtà dei fatti. Non che la pressione verso la magrezza non abbia niente a che fare con l'anoressia, ma dire che la pressione verso la magrezza è la stessa cosa che avere un DCA, penso sia un grande errore.
P.S.= Mi sa che non avrò più la possibilità di usare Internet in Agosto (anche ora lo sto facendo di straforo...) In ogni caso, prometto che non appena ne avrò la possibilità riscriverò subito qui e passerò dai vostri blog! Un abbraccio forte a tutte!
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domenica 1 agosto 2010
Four For Fighting
(…con buona pace dell’ultimo membro del noto gruppo musicale. Del resto, neanche noi siamo Superman, ma ce la mettiamo tutta per!)
Enigma - Fighter - MyNameIs - Veggie


Non ho parole. Non ho parole perché sono rimaste tutte intrappolate nella giornata di ieri. Una giornata in cui le maschere del teatrino quotidiano che poniamo in essere quando ci rapportiamo al resto del mondo cadono, e va in onda la realtà.
E mi viene da pensare che c’era un gioco che facevo da bambina: mettevo l’indice davanti al mio viso, e dicevo a chiunque mi capitasse a tiro in quel momento: “Cosa vedi?”. E la persona che mi stava davanti, immancabilmente, rispondeva: “Un dito!”; ed io replicavo: “Vedi come sono brava a nascondermi dietro un dito?!”. Questo gioco, in effetti, lo facevo spesso qualche anno fa. Dicevo: “Cosa vedo?”. “L’anoressia”. “Vedi come sono brava a nascondermi dietro l’anoressia?!”… bravissima. Ma tutto quello che c’è dietro? E tutto quello che c’è davanti? Vorrei scrivervi con calma, ragazze, senza avere mille pensieri che mi sfrecciano in testa. Enigma, Fighter, MtNameIs, vorrei vedervi, almeno io, sorelline. Vorrei che, per lo meno tra di noi, riuscissimo a vederci dietro le nostre dita.
Io penso davvero che voi siate delle artiste. Scrivete sui vostri blog in un modo diretto e tagliente, vero, e i disegni e le foto che pubblicate comunicano di tutto. Mi fa rabbia che il vostro peggio dell’orrore resti fine a se stesso come il mio. Mi fa rabbia che voi, belle come siete, dobbiate soffrire in questo modo. Mi fa rabbia l’aureola infernale che avete intorno, quel senso di barriere da tutte le parti. Avrei voglia di urlarvi di non mollare, di continuare a combattere, anche di farvi aiutare da qualcuno di specializzato in DCA… Non per imposizione altrui, ma per scelta, per voi stesse, perché non tutti i centri e non tutti gli psicoterapeuti sono uguali. Io a questo non c’ho creduto per tanto tempo, eppure col senno di poi mi accorgo che non è tutto e tutti da buttare, che non siamo noi il “marcio nella pasta Barilla”, che c’è del buono ancora in noi e tanto marcio che abbiamo avuto ed abbiamo tuttora intorno.
Lo so che combattere ogni giorno è difficile… e quanto è difficile! Mammamia quanto. Però non ci dovrebbe mai mancare la consapevolezza che non siamo noi le uniche sbagliate e che quello che sentiamo fa parte di una storia, e che questa storia non siamo solo noi che l’abbiamo scritta, dal momento che nella vita la fantasia di un’artista ha poco peso rispetto alla crudezza dei dettami e delle necessità della casa editrice.
Spero di rivedervi presto. Ogni volta che m’incontro anche solo con una di voi, per me è un regalo immenso. Magari non riesco neanche a farvi capire quanto lo sia. Magari a volte posso sembrare distante. Ma malgrado questo… voglio dirvi che vi penso sempre. Che siete il pensiero che mi accompagna in ogni giornata. Costantemente. Vi penso, siete parte della mia vita come se foste sempre al mio fianco. Continuiamo a combattere insieme.
Enigma - Fighter - MyNameIs - Veggie


Non ho parole. Non ho parole perché sono rimaste tutte intrappolate nella giornata di ieri. Una giornata in cui le maschere del teatrino quotidiano che poniamo in essere quando ci rapportiamo al resto del mondo cadono, e va in onda la realtà.
E mi viene da pensare che c’era un gioco che facevo da bambina: mettevo l’indice davanti al mio viso, e dicevo a chiunque mi capitasse a tiro in quel momento: “Cosa vedi?”. E la persona che mi stava davanti, immancabilmente, rispondeva: “Un dito!”; ed io replicavo: “Vedi come sono brava a nascondermi dietro un dito?!”. Questo gioco, in effetti, lo facevo spesso qualche anno fa. Dicevo: “Cosa vedo?”. “L’anoressia”. “Vedi come sono brava a nascondermi dietro l’anoressia?!”… bravissima. Ma tutto quello che c’è dietro? E tutto quello che c’è davanti? Vorrei scrivervi con calma, ragazze, senza avere mille pensieri che mi sfrecciano in testa. Enigma, Fighter, MtNameIs, vorrei vedervi, almeno io, sorelline. Vorrei che, per lo meno tra di noi, riuscissimo a vederci dietro le nostre dita.
Io penso davvero che voi siate delle artiste. Scrivete sui vostri blog in un modo diretto e tagliente, vero, e i disegni e le foto che pubblicate comunicano di tutto. Mi fa rabbia che il vostro peggio dell’orrore resti fine a se stesso come il mio. Mi fa rabbia che voi, belle come siete, dobbiate soffrire in questo modo. Mi fa rabbia l’aureola infernale che avete intorno, quel senso di barriere da tutte le parti. Avrei voglia di urlarvi di non mollare, di continuare a combattere, anche di farvi aiutare da qualcuno di specializzato in DCA… Non per imposizione altrui, ma per scelta, per voi stesse, perché non tutti i centri e non tutti gli psicoterapeuti sono uguali. Io a questo non c’ho creduto per tanto tempo, eppure col senno di poi mi accorgo che non è tutto e tutti da buttare, che non siamo noi il “marcio nella pasta Barilla”, che c’è del buono ancora in noi e tanto marcio che abbiamo avuto ed abbiamo tuttora intorno.
Lo so che combattere ogni giorno è difficile… e quanto è difficile! Mammamia quanto. Però non ci dovrebbe mai mancare la consapevolezza che non siamo noi le uniche sbagliate e che quello che sentiamo fa parte di una storia, e che questa storia non siamo solo noi che l’abbiamo scritta, dal momento che nella vita la fantasia di un’artista ha poco peso rispetto alla crudezza dei dettami e delle necessità della casa editrice.
Spero di rivedervi presto. Ogni volta che m’incontro anche solo con una di voi, per me è un regalo immenso. Magari non riesco neanche a farvi capire quanto lo sia. Magari a volte posso sembrare distante. Ma malgrado questo… voglio dirvi che vi penso sempre. Che siete il pensiero che mi accompagna in ogni giornata. Costantemente. Vi penso, siete parte della mia vita come se foste sempre al mio fianco. Continuiamo a combattere insieme.
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martedì 27 luglio 2010
Un messaggio positivo
Sono veramente convinta che leggere parole positive serva a rinsaldare l’autostima, e questo vale per chiunque e per qualsiasi cosa. A maggior ragione per le ragazze con disturbi alimentari.
Perciò, ecco quello che ho fatto ieri. Causa turno di guardia, sono dovuta rimanere in ospedale tutto il giorno. Dunque ad un certo punto, durante la pausa-pranzo, è stato necessario che usassi il gabinetto di facoltà. Ed ho avuto l’idea di lasciare attaccato al porta-salviette vicino al lavandino un Post-It su cui ho scritto: “Non importa come si colpisce, ma come si reagisce ai colpi della vita!!”, a cui ho aggiunto ovviamente l’URL di questo blog.

(click sull'immagine per ingrandire)
Ho deciso che, da oggi in poi, quando esco di casa metterò sempre in borsa un pacchetto di Post-It, nel caso possa trovarmi da qualche parte in cui poter lasciare un messaggio positivo per chiunque possa trovarlo. Chissà, forse qualcuna leggerà il Post-It che ho lasciato nel bagno della facoltà, e le strapperà un sorriso.
Tutte – con disturbi alimentari o meno – abbiamo bisogno di messaggi positivi per illuminarci la giornata…
P.S.= In Agosto l'Internet Point che abitualmente uso per andare su Internet sarà chiuso per ferie... Non so se, quando e con quale frequenza riuscirò a postare... Cercherò comunque di farlo ogni qualvolta mi sarà possibile, promesso!
Perciò, ecco quello che ho fatto ieri. Causa turno di guardia, sono dovuta rimanere in ospedale tutto il giorno. Dunque ad un certo punto, durante la pausa-pranzo, è stato necessario che usassi il gabinetto di facoltà. Ed ho avuto l’idea di lasciare attaccato al porta-salviette vicino al lavandino un Post-It su cui ho scritto: “Non importa come si colpisce, ma come si reagisce ai colpi della vita!!”, a cui ho aggiunto ovviamente l’URL di questo blog.

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Ho deciso che, da oggi in poi, quando esco di casa metterò sempre in borsa un pacchetto di Post-It, nel caso possa trovarmi da qualche parte in cui poter lasciare un messaggio positivo per chiunque possa trovarlo. Chissà, forse qualcuna leggerà il Post-It che ho lasciato nel bagno della facoltà, e le strapperà un sorriso.
Tutte – con disturbi alimentari o meno – abbiamo bisogno di messaggi positivi per illuminarci la giornata…
P.S.= In Agosto l'Internet Point che abitualmente uso per andare su Internet sarà chiuso per ferie... Non so se, quando e con quale frequenza riuscirò a postare... Cercherò comunque di farlo ogni qualvolta mi sarà possibile, promesso!
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giovedì 22 luglio 2010
A voi la parola / 15
Non mi sono dimenticata dell’appuntamento con "A voi la parola”, ovviamente… E quindi, questo mese lascio lo spazio a Stefy.
“Penso che la mia storia di DCA sia comune a quella di molte di voi. A 5 anni circa ho iniziato ad entrare in contatto con lo sport, ginnastica artistica, poi a 8 anni ho iniziato la mia vita da pallavolistica. Scuola, palestra, amici, baracca, avevo voglia di fare di tutto. Le cose sono andate benissimo fino ai 18 anni: ho continuato a giocare a pallavolo, andavo bene a scuola, avevo le mie amicizie, il mio ragazzo, la mia casa, la mia famiglia… Una vita da sogno… che si è infranto quando tutta la bolla è esplosa. Mi sono inscritta all’università, scegliendo una facoltà che purtroppo non mi si addiceva, ma ero troppo orgogliosa per tirarmi indietro e cambiare ammettendo di aver fatto la scelta sbagliata; un cambio di facoltà lo vivevo come un fallimento che non potevo assolutamente permettermi. Nel frattempo i chili, senza diete iniziali, senza pensieri sul fisico, senza una spiegazione logica apparente, hanno iniziato a calare, e con loro la voglia di vivere: zero amicizie, zero vita sociale, zero tutto. Mi sono trovata un lavoro in banca che, con gli studi universitari, mi ha imposto di cessare con la pallavolo, anche perché il fisico non poteva reggere quella vita. Stravolgimento credo sia il termine giusto! Sì, il mio periodo anoressico/bulimico credo sia iniziato proprio con il 1° anno di università, in quell’anno ho perso la maggioranza del peso e in modo drastico. Il vortice mi ha catturato senza accorgermene, senza che avessi la freddezza e la lucidità di bloccarlo: perché continuare a essere bella, simpatica, con 2000 cose da fare, con voglia di divertirmi, magari rischiando di incontrare una persona che si avvicinasse a me più del dovuto, magari si innamorasse pure, per poi mollarmi all’acqua come era appena successo col mio ex-ragazzo? Ma neanche per scherzo! E come avrei fatto a reggere un’altra batosta simile? L’unico modo, involontariamente e oggi a mente fredda, era proprio quello di auto-eliminarmi fisicamente.. dato che la mente, al contrario, andava oltre il 100%, quella funzionava anche troppo! Tutte le sere, al rientro nella mia tana, spegnevo completamente ogni contatto: telefonino, citofono, computer, persiane serrate anche se fuori c’era ancora luce.. fino al mattino seguente, che fosse lavorativo, festivo, natale, pasqua, capodanno.. tutti i giorni erano uguali per me. Tutti. E quando la banca era chiusa, panico… come occupare il tempo libero per non pensare alle 2000 ossessioni della mente? Dovevo sempre, e dico sempre, avere qualcosa a cui pensare o fare, mai fermarsi. Una domenica pomeriggio mi sono alzata dal divano di casa e mi sono sfracellata per terra: un mucchietto di ossa stile campo di concentramento che erano sul pavimento, inermi e immobili. Un male allucinante, lividi ovunque, cuore impazzito e un flash: ma come cavolo posso pensare anche lontanamente di andare con mia sorella in piscina? O al mare? O semplicemente fuori senza che si vergogni di me? Come aiutarla a scuola, in palestra, nella separazione dei miei genitori essendo credibile e non un fantasma orrendo? Nel nano-secondo che la mente non ha pensato razionalmente, ho acceso il computer, digitato in un motore di ricerca “anoressia” e telefonato “senza pensarci” al Centro per DCA sito nella regione in cui vivo. Ho fissato dei primi appuntamenti per colloquiare con una psichiatra, con la quale ho deciso per il ricovero. Sono partita un lunedì mattina che avevo ferie, dicendo chiaramente che era solo “per vedere”, e mi sono fermata nella mia “nuova casa” per 4 mesi… ero con la “mia family”: il bacio del risveglio la prima mattina, nessuno che mi guardava giudicandomi, ma semplicemente avevano una gran voglia di conoscere la Stefy, così come era veramente, e io morivo dalla voglia, sempre nascosta anche e soprattutto a me stessa, di farmi conoscere. Ho imparato a fidarmi… parolone!! Ho trovato calore, coccole, ma anche lavoro da fare, lacrime da versare (prima motivo di debolezza per me), responsabilità verso me stessa, prima che verso gli altri. Ho ritrovato la vita, perché credo fermamente che il passo principale per sconfiggere queste patologie sia l’ammettere a se stessi di avere un problema, poi chiedere aiuto. Se la voglia c’è, se ne esce a testa alta, nei tempi e nei modi personali per ogni persona, ma alla grande. Valiamo molto ma molto di più di quello che si butta dentro, o si vomita, o si cestina ancora prima. Indipendentemente da tutto e tutti, io Stefy valgo per me stessa e voglio darmi tutte quelle soddisfazioni che l’eliminazione drastica e completa degli anni scorsi mi ha tolto, che mi sono tolta. Ho imparato un’altra cosa secondo me fondamentale: non è colpa mia e di nessuno. E’ successo e basta. Non me la sono cercata: non è un capriccio perché si ha tutto e si vuole di più. È uno dei tanti modi con il quale si sfoga la sofferenza psicologica interiore, che ci logora silenziosa per tanti anni, fino ad esplodere. Ecco cos’è per me l’anoressia/bulimia. Molto importante, inoltre, ho compreso, è il non sottostare al giudizio altrui. Viceversa, bisogna sempre pensare: “Ma quanta rilevanza può avere ciò che pensa quella persona? Fino a quanto può influenzare la mia vita?”. Credo sia necessario porsi domande come queste e cercare le risposte. Il caos di questa vita spesso non ci dà tempo di riflettere sulle azioni nostre ed altrui. Una persona non muta mai nel giro di poche ore: sarebbe impossibile! Una persona nuova si costruisce pezzetto dopo pezzetto, poco al giorno, arrivano a un buon risultato dopo anni ed anni, e non si finisce mai!”
Cara Stefy, ti ringrazio tantissimo per le tue parole e per la tua preziosa testimonianza. E’ vero, è molto importante ma anche molto difficile imparare a non farsi condizionare da quello che dicono gli altri. Posso però dare quella che secondo me può essere una sorta di “direttiva per iniziare”. C’è un piccolo esercizio che secondo me si può fare per acquisire un po’ più di fiducia in noi stesse. Provate a trovare qualcosa in cui credete fermamente: una cosa piccolina, per esempio la passione per un cantante o per un fumetto. E osservate quanto poco conta per voi l’opinione degli altri su questo argomento. Conta poco perché, anche se per esempio c’è gente che vi dice che XY canta malissimo, a voi piace comunque ascoltare le sue canzoni. Chi se ne importa di cosa pensano gli altri? Sono così belle, vi fanno stare così bene quando le ascoltate! Poi, pian piano, come se si trattasse di una caccia al tesoro, andate alla ricerca di ciò che è bello dentro di voi e merita di essere protetto. All’inizio, molto probabilmente, non vedrete niente da proteggere, ma giorno dopo giorno scoprirete che ci sono sogni, idee e sentimenti in cui credete davvero e ci sarà un istante in cui vi capiterà di pensare: “Su questo non sono disposta a cedere!”. Ecco, è in quel momento che può avvenire la svolta. E ricordate sempre che siamo noi le uniche e le sole a poter compiere una rivoluzione dentro di noi.
“Penso che la mia storia di DCA sia comune a quella di molte di voi. A 5 anni circa ho iniziato ad entrare in contatto con lo sport, ginnastica artistica, poi a 8 anni ho iniziato la mia vita da pallavolistica. Scuola, palestra, amici, baracca, avevo voglia di fare di tutto. Le cose sono andate benissimo fino ai 18 anni: ho continuato a giocare a pallavolo, andavo bene a scuola, avevo le mie amicizie, il mio ragazzo, la mia casa, la mia famiglia… Una vita da sogno… che si è infranto quando tutta la bolla è esplosa. Mi sono inscritta all’università, scegliendo una facoltà che purtroppo non mi si addiceva, ma ero troppo orgogliosa per tirarmi indietro e cambiare ammettendo di aver fatto la scelta sbagliata; un cambio di facoltà lo vivevo come un fallimento che non potevo assolutamente permettermi. Nel frattempo i chili, senza diete iniziali, senza pensieri sul fisico, senza una spiegazione logica apparente, hanno iniziato a calare, e con loro la voglia di vivere: zero amicizie, zero vita sociale, zero tutto. Mi sono trovata un lavoro in banca che, con gli studi universitari, mi ha imposto di cessare con la pallavolo, anche perché il fisico non poteva reggere quella vita. Stravolgimento credo sia il termine giusto! Sì, il mio periodo anoressico/bulimico credo sia iniziato proprio con il 1° anno di università, in quell’anno ho perso la maggioranza del peso e in modo drastico. Il vortice mi ha catturato senza accorgermene, senza che avessi la freddezza e la lucidità di bloccarlo: perché continuare a essere bella, simpatica, con 2000 cose da fare, con voglia di divertirmi, magari rischiando di incontrare una persona che si avvicinasse a me più del dovuto, magari si innamorasse pure, per poi mollarmi all’acqua come era appena successo col mio ex-ragazzo? Ma neanche per scherzo! E come avrei fatto a reggere un’altra batosta simile? L’unico modo, involontariamente e oggi a mente fredda, era proprio quello di auto-eliminarmi fisicamente.. dato che la mente, al contrario, andava oltre il 100%, quella funzionava anche troppo! Tutte le sere, al rientro nella mia tana, spegnevo completamente ogni contatto: telefonino, citofono, computer, persiane serrate anche se fuori c’era ancora luce.. fino al mattino seguente, che fosse lavorativo, festivo, natale, pasqua, capodanno.. tutti i giorni erano uguali per me. Tutti. E quando la banca era chiusa, panico… come occupare il tempo libero per non pensare alle 2000 ossessioni della mente? Dovevo sempre, e dico sempre, avere qualcosa a cui pensare o fare, mai fermarsi. Una domenica pomeriggio mi sono alzata dal divano di casa e mi sono sfracellata per terra: un mucchietto di ossa stile campo di concentramento che erano sul pavimento, inermi e immobili. Un male allucinante, lividi ovunque, cuore impazzito e un flash: ma come cavolo posso pensare anche lontanamente di andare con mia sorella in piscina? O al mare? O semplicemente fuori senza che si vergogni di me? Come aiutarla a scuola, in palestra, nella separazione dei miei genitori essendo credibile e non un fantasma orrendo? Nel nano-secondo che la mente non ha pensato razionalmente, ho acceso il computer, digitato in un motore di ricerca “anoressia” e telefonato “senza pensarci” al Centro per DCA sito nella regione in cui vivo. Ho fissato dei primi appuntamenti per colloquiare con una psichiatra, con la quale ho deciso per il ricovero. Sono partita un lunedì mattina che avevo ferie, dicendo chiaramente che era solo “per vedere”, e mi sono fermata nella mia “nuova casa” per 4 mesi… ero con la “mia family”: il bacio del risveglio la prima mattina, nessuno che mi guardava giudicandomi, ma semplicemente avevano una gran voglia di conoscere la Stefy, così come era veramente, e io morivo dalla voglia, sempre nascosta anche e soprattutto a me stessa, di farmi conoscere. Ho imparato a fidarmi… parolone!! Ho trovato calore, coccole, ma anche lavoro da fare, lacrime da versare (prima motivo di debolezza per me), responsabilità verso me stessa, prima che verso gli altri. Ho ritrovato la vita, perché credo fermamente che il passo principale per sconfiggere queste patologie sia l’ammettere a se stessi di avere un problema, poi chiedere aiuto. Se la voglia c’è, se ne esce a testa alta, nei tempi e nei modi personali per ogni persona, ma alla grande. Valiamo molto ma molto di più di quello che si butta dentro, o si vomita, o si cestina ancora prima. Indipendentemente da tutto e tutti, io Stefy valgo per me stessa e voglio darmi tutte quelle soddisfazioni che l’eliminazione drastica e completa degli anni scorsi mi ha tolto, che mi sono tolta. Ho imparato un’altra cosa secondo me fondamentale: non è colpa mia e di nessuno. E’ successo e basta. Non me la sono cercata: non è un capriccio perché si ha tutto e si vuole di più. È uno dei tanti modi con il quale si sfoga la sofferenza psicologica interiore, che ci logora silenziosa per tanti anni, fino ad esplodere. Ecco cos’è per me l’anoressia/bulimia. Molto importante, inoltre, ho compreso, è il non sottostare al giudizio altrui. Viceversa, bisogna sempre pensare: “Ma quanta rilevanza può avere ciò che pensa quella persona? Fino a quanto può influenzare la mia vita?”. Credo sia necessario porsi domande come queste e cercare le risposte. Il caos di questa vita spesso non ci dà tempo di riflettere sulle azioni nostre ed altrui. Una persona non muta mai nel giro di poche ore: sarebbe impossibile! Una persona nuova si costruisce pezzetto dopo pezzetto, poco al giorno, arrivano a un buon risultato dopo anni ed anni, e non si finisce mai!”
Cara Stefy, ti ringrazio tantissimo per le tue parole e per la tua preziosa testimonianza. E’ vero, è molto importante ma anche molto difficile imparare a non farsi condizionare da quello che dicono gli altri. Posso però dare quella che secondo me può essere una sorta di “direttiva per iniziare”. C’è un piccolo esercizio che secondo me si può fare per acquisire un po’ più di fiducia in noi stesse. Provate a trovare qualcosa in cui credete fermamente: una cosa piccolina, per esempio la passione per un cantante o per un fumetto. E osservate quanto poco conta per voi l’opinione degli altri su questo argomento. Conta poco perché, anche se per esempio c’è gente che vi dice che XY canta malissimo, a voi piace comunque ascoltare le sue canzoni. Chi se ne importa di cosa pensano gli altri? Sono così belle, vi fanno stare così bene quando le ascoltate! Poi, pian piano, come se si trattasse di una caccia al tesoro, andate alla ricerca di ciò che è bello dentro di voi e merita di essere protetto. All’inizio, molto probabilmente, non vedrete niente da proteggere, ma giorno dopo giorno scoprirete che ci sono sogni, idee e sentimenti in cui credete davvero e ci sarà un istante in cui vi capiterà di pensare: “Su questo non sono disposta a cedere!”. Ecco, è in quel momento che può avvenire la svolta. E ricordate sempre che siamo noi le uniche e le sole a poter compiere una rivoluzione dentro di noi.
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sabato 17 luglio 2010
Una parola per i genitori preoccupati
Una volta sono stata la figlia anoressica che ha fatto inconsapevolmente preoccupare da morire i suoi genitori. Adesso che ho fatto passi avanti sulla strada del ricovero e posso guardare alla situazione con più chiarezza, è più facile per me comprendere ciò di cui si avrebbe bisogno e ciò che si vorrebbe – dal punto di vista di chi soffre.
Okay, siamo schiette: entrambe le parti soffrono.
Credo che, come genitori, la cosa migliore che possiate fare per vostra figlia è volerle bene e darle tutto il vostro supporto… cosa che ovviamente state già facendo se state leggendo questo post. Provate a comprenderla. Probabilmente lei adesso pensa che nessuno possa riuscire a capire quello che sta provando e che sta passando, ma tutto quel che dovete fare è farle capire che voi non avete la pretesa di capirla, ma che VOLETE comprenderla. Ascoltarla. Che ci tenete così tanto a lei da voler provare ad aiutarla in ogni possibile modo. E che sarete sempre al suo fianco se e ogni qualvolta lei dovesse avere bisogno di voi.
Non siate insistenti. Non siate severi. Talvolta ci vuole veramente una rivelazione affinché qualcuno riesca a realizzare che si sta facendo solo del male, perciò provate semplicemente ad essere la roccia cui vostra figlia possa aggrapparsi nel momento in cui si sentirà scivolare il terreno da sotto i piedi. Ci sono milioni di modi per cercare di farle capire che ha imboccato una strada senza uscita, senza bisogno di ricorrere a punizioni, a obblighi, senza condannarla, farla sentire in colpa, o farla stare ancora peggio di quanto già non stia.
I miei genitori hanno fatto cose sbagliate nei miei confronti, pur credendo di fare bene. Ma in effetti è difficile per i genitori – e per chiunque! – riuscire a capire come relazionarsi a una figlia con un DCA, specialmente se la figlia non è più una bambina ma già una giovane donna.
Chiedetele se lei vuole che voi facciate qualcosa in particolare. Chiedetele se vuole più autonomia, supporto, risorse per percorrere la strada del ricovero, informazioni su centri specializzati per DCA o su psicoterapeuti locali, una spalla su cui piangere, e così via… Molto probabilmente lei vi risponderà che non vuole niente di tutto questo. Ma se fossi io (e lo sono stata), mi avrebbe fatto un piacere infinito, dentro di me, anche se magari non lo avrei mai ammesso, se i miei genitori mi avessero chiesto qualcosa del genere.
Se vostra figlia è già in cura presso un centro per DCA o presso una psicoterapeuta: Sicuramente questo rappresenta un’enorme forma di supporto e uno dei modi più efficaci per combattere l’anoressia, ma ciò non significa che vostra figlia non abbia bisogno di nessun’altra forma di supporto. Quindi, continuate comunque a strale vicino e a suggerirle ulteriori strategie per combattere il DCA; per esempio potreste suggerirle di unirsi ad un gruppo di auto-aiuto guidato come quelli che vengono realizzati in numerose cliniche specializzate.
Purtroppo molto spesso i gruppi di auto-aiuto guidato non sono pubblicizzati e sono difficili da scoprire. Cercate d’informarvi presso le ASL/USL, fate una ricerca on-line, chiedete al vostro medico di famiglia o a un qualche medico specialista in DCA con cui siete in contatto per avere informazioni al riguardo. Nessuna pressione al riguardo… ma vale sempre la pena di fare un tentativo, quindi provate a tenere quest’idea in un angolino della vostra mente.
Posso comprendere come vi sentite. Ripensando a quello che è stato il mio vissuto con i miei genitori, adesso mi rendo conto quanto loro ci siano stati male e quanto si siano sentiti incapaci di fare alcunché, impotenti e completamente disarmati quando io ero nel pieno dell’anoressia.
Siate sempre pronti ad ascoltare vostra figlia, ma se lei non vuole parlane, non fatele pressione. Tutto quel che potete fare è cercare di fare del vostro meglio per aiutarla, tutto il resto dipende solo da lei. Nessuno può combattere al suo posto – e se qualcuno lo fa, non risolve comunque. E’ lei che deve fare una scelta per se stessa e combattere per raggiungere i suoi obiettivi mantenendosi sulla strada del ricovero.
Ma voi potete supportarla nel suo tentativo di combattere contro l’anoressia.
Mostratele quanto la vita possa essere bella senza l’anoressia, anziché cercare di farla vedere quanto sia brutta la sua vita con un DCA.
Okay, siamo schiette: entrambe le parti soffrono.
Credo che, come genitori, la cosa migliore che possiate fare per vostra figlia è volerle bene e darle tutto il vostro supporto… cosa che ovviamente state già facendo se state leggendo questo post. Provate a comprenderla. Probabilmente lei adesso pensa che nessuno possa riuscire a capire quello che sta provando e che sta passando, ma tutto quel che dovete fare è farle capire che voi non avete la pretesa di capirla, ma che VOLETE comprenderla. Ascoltarla. Che ci tenete così tanto a lei da voler provare ad aiutarla in ogni possibile modo. E che sarete sempre al suo fianco se e ogni qualvolta lei dovesse avere bisogno di voi.
Non siate insistenti. Non siate severi. Talvolta ci vuole veramente una rivelazione affinché qualcuno riesca a realizzare che si sta facendo solo del male, perciò provate semplicemente ad essere la roccia cui vostra figlia possa aggrapparsi nel momento in cui si sentirà scivolare il terreno da sotto i piedi. Ci sono milioni di modi per cercare di farle capire che ha imboccato una strada senza uscita, senza bisogno di ricorrere a punizioni, a obblighi, senza condannarla, farla sentire in colpa, o farla stare ancora peggio di quanto già non stia.
I miei genitori hanno fatto cose sbagliate nei miei confronti, pur credendo di fare bene. Ma in effetti è difficile per i genitori – e per chiunque! – riuscire a capire come relazionarsi a una figlia con un DCA, specialmente se la figlia non è più una bambina ma già una giovane donna.
Chiedetele se lei vuole che voi facciate qualcosa in particolare. Chiedetele se vuole più autonomia, supporto, risorse per percorrere la strada del ricovero, informazioni su centri specializzati per DCA o su psicoterapeuti locali, una spalla su cui piangere, e così via… Molto probabilmente lei vi risponderà che non vuole niente di tutto questo. Ma se fossi io (e lo sono stata), mi avrebbe fatto un piacere infinito, dentro di me, anche se magari non lo avrei mai ammesso, se i miei genitori mi avessero chiesto qualcosa del genere.
Se vostra figlia è già in cura presso un centro per DCA o presso una psicoterapeuta: Sicuramente questo rappresenta un’enorme forma di supporto e uno dei modi più efficaci per combattere l’anoressia, ma ciò non significa che vostra figlia non abbia bisogno di nessun’altra forma di supporto. Quindi, continuate comunque a strale vicino e a suggerirle ulteriori strategie per combattere il DCA; per esempio potreste suggerirle di unirsi ad un gruppo di auto-aiuto guidato come quelli che vengono realizzati in numerose cliniche specializzate.
Purtroppo molto spesso i gruppi di auto-aiuto guidato non sono pubblicizzati e sono difficili da scoprire. Cercate d’informarvi presso le ASL/USL, fate una ricerca on-line, chiedete al vostro medico di famiglia o a un qualche medico specialista in DCA con cui siete in contatto per avere informazioni al riguardo. Nessuna pressione al riguardo… ma vale sempre la pena di fare un tentativo, quindi provate a tenere quest’idea in un angolino della vostra mente.
Posso comprendere come vi sentite. Ripensando a quello che è stato il mio vissuto con i miei genitori, adesso mi rendo conto quanto loro ci siano stati male e quanto si siano sentiti incapaci di fare alcunché, impotenti e completamente disarmati quando io ero nel pieno dell’anoressia.
Siate sempre pronti ad ascoltare vostra figlia, ma se lei non vuole parlane, non fatele pressione. Tutto quel che potete fare è cercare di fare del vostro meglio per aiutarla, tutto il resto dipende solo da lei. Nessuno può combattere al suo posto – e se qualcuno lo fa, non risolve comunque. E’ lei che deve fare una scelta per se stessa e combattere per raggiungere i suoi obiettivi mantenendosi sulla strada del ricovero.
Ma voi potete supportarla nel suo tentativo di combattere contro l’anoressia.
Mostratele quanto la vita possa essere bella senza l’anoressia, anziché cercare di farla vedere quanto sia brutta la sua vita con un DCA.
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lunedì 12 luglio 2010
Domanda #15: Quando pensi che hai scocciato abbastanza
P. mi ha chiesto:
“Mi piacerebbe molto se tu potessi darmi qualche consiglio su cosa fare quando pensi che hai già scocciato abbastanza un amico, un’amica, un familiare – nel mio caso il mio ragazzo – a forza di parlargli della tua anoressia, ma senti ancora il bisogno di parlarne, soprattutto in certi momenti”.
Tanto per cominciare, P., sono io che rivolgo a te qualche domanda.
Perchè pensi di aver “scocciato abbastanza”? E’ a causa di una reazione che hai ricevuto? Qualcuno ti ha detto di smetterla di scocciarlo? O è a causa di una reazione che temi di ricevere? O è perché hai paura che qualcuno ti dica di smettere di scocciarlo?... Non lasciare che la paura metta i bastoni tra le ruote dei tuoi bisogni.
Inoltre: Ti senti incompresa? Ti sembra che nessuno ti stia a sentire adeguatamente? Pensi che l’anoressia stia compromettendo la tua relazione col tuo ragazzo, o hai solo paura che possa comprometterla?
Cerca di essere sicura di come stanno effettivamente le cose. È molto importante.
Parlare della tua anoressia non è un qualcosa cui puoi darti un limite preciso. Non puoi dire “Ne parlerò solo 3 volte la settimana, e quando l’avrò fatto anche se sentirò il bisogno/la voglia di parlane di nuovo, me lo impedirò”. Non funziona così.
Se senti che ti stai tenendo qualcosa dentro, qualcosa di non detto, questo comprometterà molto di più la tua relazione col tuo ragazzo (o con un qualsiasi tuo amico/amica) che non il parlarne.
Ricorda che avere un DCA non è molto diverso dall’avere un qualsiasi altro tipo di problema. Se qualcuna torna a casa tutti i giorni e dice: “Ho avuto proprio una giornataccia!” perchè per esempio si trova male al lavoro, anche se lo ripete tutti i giorni, non credo che nessuno le direbbe di starsene zitta e sopportare a denti stretti.
È verissimo che per chi non ha vissuto sulla propria pelle l’anoressia (o un qualsiasi DCA) può essere dura e difficile sentirne parlare costantemente. Ma per ovviare a questo basta semplicemente stare attente a quanto spesso se ne parla e a come gli altri potrebbero sentirsi al riguardo. Soprattutto, cerca di evitare di fare dell’anoressia il tuo unico argomento di conversazione. Focalizzarsi solo ed unicamente su quella, rafforza l’ossessione… e poi, dove penseresti di arrivare reiterando continuamente gli stessi pensieri sul DCA?
Sai benissimo che sentire qualcuno che parla solo ed unicamente di qualcosa di difficile non è esattamente divertente. Perciò, chiedi a te stessa se i tuoi discorsi sull’anoressia ti servono effettivamente per capire meglio te stessa, per aiutarti a combatterla e per sviscerare i problemi sottostanti. Perché se quello che prevale è invece l’aspetto ai autocommiserazione e di ossessione, questo non aiuterà né te né chi ti ascolta.
Ricorda inoltre che il tuo fidanzato o i tuoi amici non sono i tuoi psicoterapeuti. Di determinate cose, è meglio discuterne durante le sedute di psicoterapia. C’è una bella differenza tra il richiedere il supporto e l’appoggio delle persone vicine, e l’essere guidata in un percorso da una psicoterapeuta. Per le persone è più difficile ascoltare cose che gli psicoterapeuti sono più propensi ad accogliere. Non tutti sono ugualmente equipaggiati per relazionarsi con un DCA. Non so se stai seguendo una psicoterapia, ma se non lo stai facendo, ti consiglio di prendere quest’idea in considerazione. Forse hai bisogno anche di questo “getaway” per i tuoi pensieri sull’anoressia, e magari parlandone con uno psicoterapeuta puoi sgravare parte dell’impegno nell’ascolto del tuo fidanzato.
Detto questo, sentire il bisogno di parlare con persone fidate dell’anoressia è un qualcosa di normale, anche perchè tenersi le cose dentro e rimanere in silenzio non porta molto lontano sulla strada del ricovero. Se esiti a parlarne quando ne senti il bisogno perché temi di scocciare l’altra persona, forse dovresti riconsiderare il tuo rapporto con quella persona. Se quella persona ti manda un segnale di “scocciatura” quando parli di certe cose o non capisce perché tu senta il bisogno di parlarne, il problema potrebbe essere il rapporto con quella persona, non tanto il parlare dell’anoressia in sé.
Chiunque cerchi di percorrere la strada del ricovero ha bisogno di supporto, e se senti che in questo momento non stai ricevendo un sostegno adeguato, devi chiedere e concederti quello di cui senti di aver bisogno.
Per alcune persone scrivere i propri pensieri su un diario o su un blog le aiuta a stare meglio. Per altre, parlare della propria battaglia e dei propri pensieri è necessario. Se senti continuamente il bisogno di parlare di qualcosa con qualcuno, forse in quel rapporto c’è qualcosa che non va… e c’è qualcosa che non va, quindi, nel tuo percorso di ricovero.
Tutti i buoni rapporti richiedono un’adeguata comunicazione. E tutti i buoni rapporti richiedono supporto e comprensione da ambo le parti. Pensi di averne?
Magari il problema non è tuo, è della persona che ti sta vicino perchè in questo momento non è capace di darti il supporto che cerchi. Capita. Ci sono persone che non riescono a darci quel che vorremmo. Non è necessariamente colpa di quella persona, e non è necessario che tu faccia per forza qualcosa che cambi la dinamica di quel rapporto. Talvolta certe cose vanno accettate per quello che sono, il che, lo so, è veramente difficile. Magari prova a cercare di metterti nei panni altrui e a cercare di comprendere come può farli sentire quello che tu gli dici. Ma non limitare quello che senti il bisogno di dire solo per gli altri, perché questo andrebbe a tuo discapito. Perciò, per favore, ricorda che il compromesso può essere una soluzione; non può invece esserlo il piegare completamente le proprie necessità a quelle di un’altra persona. Se pensi che non devi parlare perché “hai scocciato abbastanza” a qualcuno, finisci solo per fare del male a te stessa.
Fai attenzione.
Pensaci bene.
Sii disponibile al compromesso.
Ma non restare in silenzio se senti che hai ancora bisogno di dire qualcosa sulla tua anoressia.
Il tuo percorso di ricovero ne soffrirebbe.
“Mi piacerebbe molto se tu potessi darmi qualche consiglio su cosa fare quando pensi che hai già scocciato abbastanza un amico, un’amica, un familiare – nel mio caso il mio ragazzo – a forza di parlargli della tua anoressia, ma senti ancora il bisogno di parlarne, soprattutto in certi momenti”.
Tanto per cominciare, P., sono io che rivolgo a te qualche domanda.
Perchè pensi di aver “scocciato abbastanza”? E’ a causa di una reazione che hai ricevuto? Qualcuno ti ha detto di smetterla di scocciarlo? O è a causa di una reazione che temi di ricevere? O è perché hai paura che qualcuno ti dica di smettere di scocciarlo?... Non lasciare che la paura metta i bastoni tra le ruote dei tuoi bisogni.
Inoltre: Ti senti incompresa? Ti sembra che nessuno ti stia a sentire adeguatamente? Pensi che l’anoressia stia compromettendo la tua relazione col tuo ragazzo, o hai solo paura che possa comprometterla?
Cerca di essere sicura di come stanno effettivamente le cose. È molto importante.
Parlare della tua anoressia non è un qualcosa cui puoi darti un limite preciso. Non puoi dire “Ne parlerò solo 3 volte la settimana, e quando l’avrò fatto anche se sentirò il bisogno/la voglia di parlane di nuovo, me lo impedirò”. Non funziona così.
Se senti che ti stai tenendo qualcosa dentro, qualcosa di non detto, questo comprometterà molto di più la tua relazione col tuo ragazzo (o con un qualsiasi tuo amico/amica) che non il parlarne.
Ricorda che avere un DCA non è molto diverso dall’avere un qualsiasi altro tipo di problema. Se qualcuna torna a casa tutti i giorni e dice: “Ho avuto proprio una giornataccia!” perchè per esempio si trova male al lavoro, anche se lo ripete tutti i giorni, non credo che nessuno le direbbe di starsene zitta e sopportare a denti stretti.
È verissimo che per chi non ha vissuto sulla propria pelle l’anoressia (o un qualsiasi DCA) può essere dura e difficile sentirne parlare costantemente. Ma per ovviare a questo basta semplicemente stare attente a quanto spesso se ne parla e a come gli altri potrebbero sentirsi al riguardo. Soprattutto, cerca di evitare di fare dell’anoressia il tuo unico argomento di conversazione. Focalizzarsi solo ed unicamente su quella, rafforza l’ossessione… e poi, dove penseresti di arrivare reiterando continuamente gli stessi pensieri sul DCA?
Sai benissimo che sentire qualcuno che parla solo ed unicamente di qualcosa di difficile non è esattamente divertente. Perciò, chiedi a te stessa se i tuoi discorsi sull’anoressia ti servono effettivamente per capire meglio te stessa, per aiutarti a combatterla e per sviscerare i problemi sottostanti. Perché se quello che prevale è invece l’aspetto ai autocommiserazione e di ossessione, questo non aiuterà né te né chi ti ascolta.
Ricorda inoltre che il tuo fidanzato o i tuoi amici non sono i tuoi psicoterapeuti. Di determinate cose, è meglio discuterne durante le sedute di psicoterapia. C’è una bella differenza tra il richiedere il supporto e l’appoggio delle persone vicine, e l’essere guidata in un percorso da una psicoterapeuta. Per le persone è più difficile ascoltare cose che gli psicoterapeuti sono più propensi ad accogliere. Non tutti sono ugualmente equipaggiati per relazionarsi con un DCA. Non so se stai seguendo una psicoterapia, ma se non lo stai facendo, ti consiglio di prendere quest’idea in considerazione. Forse hai bisogno anche di questo “getaway” per i tuoi pensieri sull’anoressia, e magari parlandone con uno psicoterapeuta puoi sgravare parte dell’impegno nell’ascolto del tuo fidanzato.
Detto questo, sentire il bisogno di parlare con persone fidate dell’anoressia è un qualcosa di normale, anche perchè tenersi le cose dentro e rimanere in silenzio non porta molto lontano sulla strada del ricovero. Se esiti a parlarne quando ne senti il bisogno perché temi di scocciare l’altra persona, forse dovresti riconsiderare il tuo rapporto con quella persona. Se quella persona ti manda un segnale di “scocciatura” quando parli di certe cose o non capisce perché tu senta il bisogno di parlarne, il problema potrebbe essere il rapporto con quella persona, non tanto il parlare dell’anoressia in sé.
Chiunque cerchi di percorrere la strada del ricovero ha bisogno di supporto, e se senti che in questo momento non stai ricevendo un sostegno adeguato, devi chiedere e concederti quello di cui senti di aver bisogno.
Per alcune persone scrivere i propri pensieri su un diario o su un blog le aiuta a stare meglio. Per altre, parlare della propria battaglia e dei propri pensieri è necessario. Se senti continuamente il bisogno di parlare di qualcosa con qualcuno, forse in quel rapporto c’è qualcosa che non va… e c’è qualcosa che non va, quindi, nel tuo percorso di ricovero.
Tutti i buoni rapporti richiedono un’adeguata comunicazione. E tutti i buoni rapporti richiedono supporto e comprensione da ambo le parti. Pensi di averne?
Magari il problema non è tuo, è della persona che ti sta vicino perchè in questo momento non è capace di darti il supporto che cerchi. Capita. Ci sono persone che non riescono a darci quel che vorremmo. Non è necessariamente colpa di quella persona, e non è necessario che tu faccia per forza qualcosa che cambi la dinamica di quel rapporto. Talvolta certe cose vanno accettate per quello che sono, il che, lo so, è veramente difficile. Magari prova a cercare di metterti nei panni altrui e a cercare di comprendere come può farli sentire quello che tu gli dici. Ma non limitare quello che senti il bisogno di dire solo per gli altri, perché questo andrebbe a tuo discapito. Perciò, per favore, ricorda che il compromesso può essere una soluzione; non può invece esserlo il piegare completamente le proprie necessità a quelle di un’altra persona. Se pensi che non devi parlare perché “hai scocciato abbastanza” a qualcuno, finisci solo per fare del male a te stessa.
Fai attenzione.
Pensaci bene.
Sii disponibile al compromesso.
Ma non restare in silenzio se senti che hai ancora bisogno di dire qualcosa sulla tua anoressia.
Il tuo percorso di ricovero ne soffrirebbe.
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mercoledì 7 luglio 2010
Riempire il buchetto è quel che sempre si fa...
Penso che la negazione di una realtà che non percepiamo sia uno dei principali problemi connessi all’anoressia.
Ne discutevo tramite e-mail proprio in questi giorni con la dolcissima Wolfie, e quello che mi ha scritto mi ha dato veramente molto da riflettere. Vedete, la negazione è quell’amena cosa che ci fa mettere tutto dentro un piccolo buchetto, fuori dalla nostra vista, in modo tale che si possa fingere che non esista, che non sia mai successo.
Fino a che non ci si rende conto che quel buchetto è stato completamente riempito.
Quando ci si trova a vivere con un DCA, ci sono tante cose che ci feriscono, tante cose che ci fanno stare male, tante cose che si vorrebbe non fossero mai successe; ma poiché quello cui non pensiamo non esiste, se troviamo il modo di non pensare a queste cose allora, in un certo modo, possiamo come cancellarle. E se mai qualche evento successivo richiama alla mente un flash di quel particolare fatto, nella testa scatta rapidamente quella molla che dice: “IGNORALO, IGNORALO e non potrà feririti”; con il che lasciamo riscivolare tutto dentro il buchetto, e speriamo che il pensiero ritorni a galla quanto più tardi possibile.
Non sto dicendo che il celarci qualcosa sia completamente una cattiva idea. Al contrario, ritengo che sia un’eccellente prima linea di difesa. Quando qualcosa fa troppo male per poter essere sul momento affrontata, è necessario cercare di bloccarla fuori – infilarla dentro il buchetto in attesa del momento in cui saremmo pronte ad affrontarla senza lasciarci sopraffare.
Ma è qui che l’anoressia complica le cose. Perché essa stessa diventa il principale meccanismo di negazione, un qualcosa che utilizziamo come schermo a fronte di quelcos’altro. Sembra fatta proprio apposta.
Ovviamente – e lo so che è facile concretizzarlo da un punto di vista razionale, ma molto meno dal lato emotivo – l’anoressia non è una soluzione, è al più un palliativo. Quello che dovremmo cercare di fare è evitare la negazione e affrontare quello che ci sta di fronte, non infilarlo ”in cassaforte”, perché metterci faccia a faccia con ogni problema e vedere che possiamo fare, rappresenta l’unica vera via a disposizione per superare il problema.
Ammettere di avere un problema, senza negare che esso esista, credo sia il fondamentale punto di partenza. La coperta di Linus dell’anoressia è certamente calda e rassicurante, ma non toglie il fatto che i problemi ci sono comunque. E non riesce a pararli all’infinito. Finisce paradossalmente – o forse molto ovviamente – per diventare essa stessa Il Problema.
La negazione è una brutta bestia. Esattamente come l’anoressia. Ma forse combattere l’una ci servirà un po’ anche a tener testa all’altra…
Ne discutevo tramite e-mail proprio in questi giorni con la dolcissima Wolfie, e quello che mi ha scritto mi ha dato veramente molto da riflettere. Vedete, la negazione è quell’amena cosa che ci fa mettere tutto dentro un piccolo buchetto, fuori dalla nostra vista, in modo tale che si possa fingere che non esista, che non sia mai successo.
Fino a che non ci si rende conto che quel buchetto è stato completamente riempito.
Quando ci si trova a vivere con un DCA, ci sono tante cose che ci feriscono, tante cose che ci fanno stare male, tante cose che si vorrebbe non fossero mai successe; ma poiché quello cui non pensiamo non esiste, se troviamo il modo di non pensare a queste cose allora, in un certo modo, possiamo come cancellarle. E se mai qualche evento successivo richiama alla mente un flash di quel particolare fatto, nella testa scatta rapidamente quella molla che dice: “IGNORALO, IGNORALO e non potrà feririti”; con il che lasciamo riscivolare tutto dentro il buchetto, e speriamo che il pensiero ritorni a galla quanto più tardi possibile.
Non sto dicendo che il celarci qualcosa sia completamente una cattiva idea. Al contrario, ritengo che sia un’eccellente prima linea di difesa. Quando qualcosa fa troppo male per poter essere sul momento affrontata, è necessario cercare di bloccarla fuori – infilarla dentro il buchetto in attesa del momento in cui saremmo pronte ad affrontarla senza lasciarci sopraffare.
Ma è qui che l’anoressia complica le cose. Perché essa stessa diventa il principale meccanismo di negazione, un qualcosa che utilizziamo come schermo a fronte di quelcos’altro. Sembra fatta proprio apposta.
Ovviamente – e lo so che è facile concretizzarlo da un punto di vista razionale, ma molto meno dal lato emotivo – l’anoressia non è una soluzione, è al più un palliativo. Quello che dovremmo cercare di fare è evitare la negazione e affrontare quello che ci sta di fronte, non infilarlo ”in cassaforte”, perché metterci faccia a faccia con ogni problema e vedere che possiamo fare, rappresenta l’unica vera via a disposizione per superare il problema.
Ammettere di avere un problema, senza negare che esso esista, credo sia il fondamentale punto di partenza. La coperta di Linus dell’anoressia è certamente calda e rassicurante, ma non toglie il fatto che i problemi ci sono comunque. E non riesce a pararli all’infinito. Finisce paradossalmente – o forse molto ovviamente – per diventare essa stessa Il Problema.
La negazione è una brutta bestia. Esattamente come l’anoressia. Ma forse combattere l’una ci servirà un po’ anche a tener testa all’altra…
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venerdì 2 luglio 2010
Domanda #14: Attività fisica durante il percorso di ricovero
La domanda di oggi è quella che mi ha posto Vale tramite e-mail, che chiede:
“Come ti sei relazionata con l’esercizio fisico durante il tuo percorso di ricovero? Fai esercizio fisico adesso?”
Io faccio karate da quando ero piccola. Prima unicamente come sport, adesso anche come lavoro (sono istruttrice ed arbitro). Ovviamente, praticavo questo sport anche durante il periodo peggiore dell’anoressia nonché durante le prime fasi del mio percorso di ricovero. Non ho mai fatto attività fisica in maniera compulsiva allo scopo di perdere peso, è vero, però non volevo neanche rinunciare ai miei 3 allenamenti settimanali, sebbene il mio peso non fosse sufficiente per sostenere in maniera efficiente questo sport.
Andando avanti nel mio percorso di ricovero, ho cominciato a capire che per me – se volevo stare meglio da un punto di vista fisico – c’era un limite di esercizio fisico che non avrei dovuto sforare. Dovevo solo capire di quale si trattasse. Mi rendevo conto che, continuando ad allenarmi 3 pomeriggi la settimana, non avrei ripreso i chili necessari per recuperare. Così iniziai a limitare gli allenamenti a 1 e poi 2 la settimana… scegliendo quei giorni in cui ero riuscita a seguire l’ “equilibrio alimentare” che mi aveva prescritto la dietista, per essere sicura di aver mangiato a sufficienza da poter supportare adeguatamente l’allenamento. Per un periodo, ho anche sospeso completamente. Questo forse potrà essere un po’ scioccante per alcune di voi, ma è così.
Il punto era che avevo necessariamente bisogno di riprendere peso. E anche nel momento in cui riuscivo a seguire l’ “equilibrio alimentare” – 3 pasti al giorno + 2 spuntini – fare karate poteva essere controproducente. Ero ad un punto in cui ogni etto guadagnato poteva essere perso a causa dello sport. Perciò dissi a me stessa che prima dovevo recuperare un peso per lo meno un po’ più salutare, e poi avrei potuto ricominciare nuovamente col karate.
Credo che, guardando la cosa in maniera oggettiva, tute voi lo sappiate perfettamente: le persone gravemente sottopeso non devono fare attività fisica. Può andar bene qualcosa di estremamente leggero, giusto per mantenere attiva la massa muscolare, ma non certo il karate, il nuoto, l’atletica, il basket, o ogni qualsiasi altri tipo di sport specie se praticato in maniera intensiva. Niente footing o palestra. Non è sicuro. E porta inevitabilmente a perdere peso in termini di degradazione della massa muscolare. Non fa dimagrire, fa deperire. Il che è pure più pericoloso.
Ero in ansia in quei mesi in cui ho sospeso il karate? Sì, certo, molto. Ma c’è da chiedersi cosa è più importante: lo sport o il percorso di ricovero? Il percorso di ricovero ha inevitabilmente un maggior peso. (E scusate il gioco di parole…)
Nel momento in cui ho raggiunto un peso salutare e stabile (niente più fluttuazioni verso il basso dovute a ricadute restrittive) ho ripreso a praticare karate. Certo, dandomi dei limiti. Perché? Perchè adesso so quali sono i miei limiti. E so quello di cui il mio corpo ha bisogno. Un allenamento regolare può tonificare la mia muscolatura, uno eccessivo può al più danneggiarla.
In un primo momento, su consiglio della dietista che mi seguiva e mi monitora tuttora, ho ricominciato integrando 1 e poi 2 allenamenti la settimana – Lunedì e Giovedì. Niente allenamento del Sabato.
Ha funzionato. Seguivo l’ “equilibrio alimentare”, mantenevo il mio peso, e svolgevo attività fisica in maniera regolare e non particolarmente intensa. Quel che bastava per mantenermi attiva, farmi stare bene, anche con la compagnia dei miei compagni di squadra, e fare pari con quello che mangiavo.
Adesso il karate continuo a praticarlo regolarmente 3 volte la settimana e, come ho già detto, è attualmente diventato anche il mio campo di lavoro. Alleno ragazzi dagli 11 ai 17 anni, e faccio l’arbitro. Penso che la chiave stia nella regolazione. Tutti dicono che regolarsi è fondamentale, e io penso che questo sia particolarmente valido per ciò che concerne l’esercizio fisico.
Tutti i giorni faccio un po’ di stretching e di addominali, ma per non più di 15-20 minuti, giusto per mantenere il tono muscolare. Non è necessario fare di più. Questo è abbastanza, è la giusta quantità per me.
Attualmente ho raggiunto il mio peso fisiologico. Cerco di avere uno stile di vita regolare per poterlo mantenere. Il mio peso può fluttuare leggermente nell’una o nell’altra direzione, ma questo è naturale – è il peso che il mio corpo vuole mantenere quando mi alimento seguendo correttamente l’ “equilibrio alimentare”, facendo karate, e prendendomi cura di me stessa.
Non abbiate paura di riprendere peso limitando l’attività fisica. Se seguite i consigli della vostra dietista, il tutto sarà molto graduale, e l’ansia si attenuerà di giorno in giorno.
Veggie versione istruttrice di karate...

... e Veggie versione arbitro! ^___^


(click sulle foto per ingrandire)
“Come ti sei relazionata con l’esercizio fisico durante il tuo percorso di ricovero? Fai esercizio fisico adesso?”
Io faccio karate da quando ero piccola. Prima unicamente come sport, adesso anche come lavoro (sono istruttrice ed arbitro). Ovviamente, praticavo questo sport anche durante il periodo peggiore dell’anoressia nonché durante le prime fasi del mio percorso di ricovero. Non ho mai fatto attività fisica in maniera compulsiva allo scopo di perdere peso, è vero, però non volevo neanche rinunciare ai miei 3 allenamenti settimanali, sebbene il mio peso non fosse sufficiente per sostenere in maniera efficiente questo sport.
Andando avanti nel mio percorso di ricovero, ho cominciato a capire che per me – se volevo stare meglio da un punto di vista fisico – c’era un limite di esercizio fisico che non avrei dovuto sforare. Dovevo solo capire di quale si trattasse. Mi rendevo conto che, continuando ad allenarmi 3 pomeriggi la settimana, non avrei ripreso i chili necessari per recuperare. Così iniziai a limitare gli allenamenti a 1 e poi 2 la settimana… scegliendo quei giorni in cui ero riuscita a seguire l’ “equilibrio alimentare” che mi aveva prescritto la dietista, per essere sicura di aver mangiato a sufficienza da poter supportare adeguatamente l’allenamento. Per un periodo, ho anche sospeso completamente. Questo forse potrà essere un po’ scioccante per alcune di voi, ma è così.
Il punto era che avevo necessariamente bisogno di riprendere peso. E anche nel momento in cui riuscivo a seguire l’ “equilibrio alimentare” – 3 pasti al giorno + 2 spuntini – fare karate poteva essere controproducente. Ero ad un punto in cui ogni etto guadagnato poteva essere perso a causa dello sport. Perciò dissi a me stessa che prima dovevo recuperare un peso per lo meno un po’ più salutare, e poi avrei potuto ricominciare nuovamente col karate.
Credo che, guardando la cosa in maniera oggettiva, tute voi lo sappiate perfettamente: le persone gravemente sottopeso non devono fare attività fisica. Può andar bene qualcosa di estremamente leggero, giusto per mantenere attiva la massa muscolare, ma non certo il karate, il nuoto, l’atletica, il basket, o ogni qualsiasi altri tipo di sport specie se praticato in maniera intensiva. Niente footing o palestra. Non è sicuro. E porta inevitabilmente a perdere peso in termini di degradazione della massa muscolare. Non fa dimagrire, fa deperire. Il che è pure più pericoloso.
Ero in ansia in quei mesi in cui ho sospeso il karate? Sì, certo, molto. Ma c’è da chiedersi cosa è più importante: lo sport o il percorso di ricovero? Il percorso di ricovero ha inevitabilmente un maggior peso. (E scusate il gioco di parole…)
Nel momento in cui ho raggiunto un peso salutare e stabile (niente più fluttuazioni verso il basso dovute a ricadute restrittive) ho ripreso a praticare karate. Certo, dandomi dei limiti. Perché? Perchè adesso so quali sono i miei limiti. E so quello di cui il mio corpo ha bisogno. Un allenamento regolare può tonificare la mia muscolatura, uno eccessivo può al più danneggiarla.
In un primo momento, su consiglio della dietista che mi seguiva e mi monitora tuttora, ho ricominciato integrando 1 e poi 2 allenamenti la settimana – Lunedì e Giovedì. Niente allenamento del Sabato.
Ha funzionato. Seguivo l’ “equilibrio alimentare”, mantenevo il mio peso, e svolgevo attività fisica in maniera regolare e non particolarmente intensa. Quel che bastava per mantenermi attiva, farmi stare bene, anche con la compagnia dei miei compagni di squadra, e fare pari con quello che mangiavo.
Adesso il karate continuo a praticarlo regolarmente 3 volte la settimana e, come ho già detto, è attualmente diventato anche il mio campo di lavoro. Alleno ragazzi dagli 11 ai 17 anni, e faccio l’arbitro. Penso che la chiave stia nella regolazione. Tutti dicono che regolarsi è fondamentale, e io penso che questo sia particolarmente valido per ciò che concerne l’esercizio fisico.
Tutti i giorni faccio un po’ di stretching e di addominali, ma per non più di 15-20 minuti, giusto per mantenere il tono muscolare. Non è necessario fare di più. Questo è abbastanza, è la giusta quantità per me.
Attualmente ho raggiunto il mio peso fisiologico. Cerco di avere uno stile di vita regolare per poterlo mantenere. Il mio peso può fluttuare leggermente nell’una o nell’altra direzione, ma questo è naturale – è il peso che il mio corpo vuole mantenere quando mi alimento seguendo correttamente l’ “equilibrio alimentare”, facendo karate, e prendendomi cura di me stessa.
Non abbiate paura di riprendere peso limitando l’attività fisica. Se seguite i consigli della vostra dietista, il tutto sarà molto graduale, e l’ansia si attenuerà di giorno in giorno.
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lunedì 28 giugno 2010
Tre cose che potete fare oggi
Chiunque stia cercando d’iniziare un percorso di ricovero contro l’anoressia, o chiunque stia percorrendo la strada del ricovero, parla spesso con le persone che si trovano nella sua stessa situazione delle difficoltà cui si ritrova a doversi relazionare, di quello che sente di non poter fare, o di non essere ancora pronta a fare, e di ciò che gli piacerebbe fare ma non è ancora in grado di farlo per svariate circostanze.
Bene, ci sono 3 cose che POTETE fare oggi – DI SICURO – perciò… niente scusanti! Semplicemente, fatele. Ovvio, sono piccolissimi passi in avanti, ma sono pur sempre passi in avanti, no?! Era un po’ che pensavo a questo post, a quelle che avrebbero potuto essere 3 cose che noi tutte POSSIAMO fare per combattere contro l’anoressia. E dunque.
Quello che sto per scrivere vi cambierà la vita battendo definitivamente il DCA? No.
Quello che sto per scrivere potrà darvi un piccolissimo aiuto per continuare a combattere? Sì.
Tre cose che POTETE fare oggi:
- Programmate il vostro cellulare per fargli visualizzare sul display, alle 10 di domattina, una frase positiva per voi stesse (se state ancora dormendo, se siete a scuola, a lavoro, etc,. a quell’ora, nessun problema: nel momento in cui avrete modo di dare un’occhiata al cellulare, quel messaggio sarà lì ad aspettarvi).
- Guardatevi allo specchio e ditevi: “Proverò a prendermi cura di te”. Puoi sembrare un po’ sciocco, ma quand’è stata l’ultima volta che vi siete dette una cosa del genere? E non vi sto chiedendo di dirvi: “Sono bellissima” o “Vado benissimo così” – provate a pensarci. POTETE farlo.
- Trovate una frase positiva, la strofa di una canzone che vi dà forza, una poesia che vi trasmette speranza, etc… Scrivetela su un Post-It, ripiegatela, infilatela nel vostro borsellino, e rileggetevela durante la giornata più volte, soprattutto quando vi sentirete particolarmente giù.
Fatelo adesso! Non c’è ALCUNA RAGIONE per cui non possiate.
Bene, ci sono 3 cose che POTETE fare oggi – DI SICURO – perciò… niente scusanti! Semplicemente, fatele. Ovvio, sono piccolissimi passi in avanti, ma sono pur sempre passi in avanti, no?! Era un po’ che pensavo a questo post, a quelle che avrebbero potuto essere 3 cose che noi tutte POSSIAMO fare per combattere contro l’anoressia. E dunque.
Quello che sto per scrivere vi cambierà la vita battendo definitivamente il DCA? No.
Quello che sto per scrivere potrà darvi un piccolissimo aiuto per continuare a combattere? Sì.
Tre cose che POTETE fare oggi:
- Programmate il vostro cellulare per fargli visualizzare sul display, alle 10 di domattina, una frase positiva per voi stesse (se state ancora dormendo, se siete a scuola, a lavoro, etc,. a quell’ora, nessun problema: nel momento in cui avrete modo di dare un’occhiata al cellulare, quel messaggio sarà lì ad aspettarvi).
- Guardatevi allo specchio e ditevi: “Proverò a prendermi cura di te”. Puoi sembrare un po’ sciocco, ma quand’è stata l’ultima volta che vi siete dette una cosa del genere? E non vi sto chiedendo di dirvi: “Sono bellissima” o “Vado benissimo così” – provate a pensarci. POTETE farlo.
- Trovate una frase positiva, la strofa di una canzone che vi dà forza, una poesia che vi trasmette speranza, etc… Scrivetela su un Post-It, ripiegatela, infilatela nel vostro borsellino, e rileggetevela durante la giornata più volte, soprattutto quando vi sentirete particolarmente giù.
Fatelo adesso! Non c’è ALCUNA RAGIONE per cui non possiate.
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giovedì 24 giugno 2010
Domanda #13: Perfezionismo
La domanda cui rispondo oggi è un’altra di quelle che mi ha posto Francesca, qualche tempo fa. Si tratta di:
“Cosa pensi del perfezionismo clinico e del suo ruolo nei disturbi alimentari? Hai qualche strategia in particolare per non lasciarsi 'sopraffare' dal perfezionismo? Ti chiedo questo perché, come credo di averti già scritto, ho problemi a scindere il perfezionismo 'sano' che è parte integrante della mia personalità, dall'eccesso di perfezionismo che mi porta a stare male e che negli anni ha giocato un ruolo decisivo nel mantenimento dei miei disturbi alimentari...”
Un sacco di persone, che abbiano o meno un DCA, sono assorbite da questa tematica della perfezione/imperfezione. Che può diventare veramente un’ossessione nel momento in cui viene correlata all’immagine corporea, alla bellezza, all’efficienza. Ci sono persone ossessionate dalla “perfezione” delle prestazioni in ambito scolastico, lavorativo o sportivo; ci sono un sacco di cose che possono fomentare un’ossessione, e questo è, in definitiva, un vero peccato perché toglie tempo all’assaporare veramente la vita.
Personalmente, in passato sono stata parecchio ossessionata dal perfezionismo in molteplici ambiti della mia vita. Sì, Francesca, avevo il tuo stesso perfezionismo, tipico di una personalità anoressica. E’ una sorta di piccolo stereotipo, però è decisamente vero che la maggior parte delle ragazze con un DCA tende ad essere perfezionista o, comunque, ad avere una forma mentis di tipo ossessivo-compulsivo.
Tuttavia, bisogna considerare il fatto che non solo tutte quante abbiamo delle imperfezioni, ma tutte quante abbiamo difetti, problemi, difficoltà… Perciò, Francesca, se ti senti la sola, sappi che invece non sei l’unica a temere di essere “imperfetta”. Però puoi imparare ad abbracciare le tue imperfezioni se non pensi ad esse come, appunto, a delle imperfezioni. “Imperfezioni” è una parola che suona brutta, e una sorta di stigmata stereotipata su una parola può veramente cambiare la nostra percezione rispetto ad essa.
Perciò, come relazionarsi al fatto che non si è perfette? Onestamente, ci vuole un bel po’ di tempo. Tuttora ci sono giorni in cui le cose che non mi piacciono di me stessa mi pesano particolarmente, in cui non mi convince quello che faccio, in cui mi chiedo cosa gli altri potrebbero pensare di me in merito a certe mie prestazioni… ma ho fatto tanti passi avanti in questi ultimi anni, e questo mi rende molto felice. Lasciar scorrere via quest’attitudine alla “necessità di essere perfetta” non ti arrecherà che benefici. In ogni caso, la domanda resta ed è: “Come posso relazionarmi al fatto che non sono perfetta?”. Ecco, in questo caso non ho nessun “trucchetto”, nessuna scorciatoia da offrire. L’unico modo per “non lasciarsi sopraffare dal perfezionismo”, come Francesca scrive, è accettare le nostre imperfezioni e realizzare COMPLETAMENTE che nessuna è perfetta. Nessuna. E che le nostre imperfezioni NON SONO un qualcosa di NEGATIVO.
Perciò, Francesca, tieni sempre a mente che nessuna è perfetta, e lo so che questo sembra un clichè, una tipica frase fatta, ma è anche una frase VERA. Nessuna è perfetta. Semplicemente perché la perfezione non esiste. (Chiaro, ragazze?!...) E, tra l’altro, le imperfezioni sono molto più belle della perfezione. (Okay, adesso state pensando che sono scema… Ma è vero! Io la penso davvero così!). Anche perchè, se per ipotesi assurda esistesse davvero una persona perfetta, questa persona, in quanto tale, starebbe un gradino sopra tutte le altre. E chi mai vorrebbe relazionarsi con qualcuno che sta sopra e non può essere raggiunto? Nessuno, perché tutti si sentirebbero inferiori e manchevoli, e questa è una cosa che chiunque detesta. Quindi, se anche una persona perfetta esistesse, quella persona sarebbe condannata a rimanere sempre sola. Perciò, per relazionarti al fatto che non sei perfetta, devi veramente abbracciare tutte le buone qualità che hai. Devi imparare ad amare tutte le cose positive che ci sono in te. E quando ci sarai riuscita (sebbene ci vorrà un sacco di tempo) potrai cominciare anche ad amare i tuoi difetti. (Sembra strano, lo so, ma datemi retta…)
Ciò ovviamente non significa che non devi comunque continuare a lavorare su te stessa per migliorarti: penso che chiunque, nella vita, debba sempre lavorare su se stesso per vedere se può muovere anche un solo passo avanti in più. Penso che chiunque nella vita cerchi di migliorarsi, voglio dire, se uno sa che non sa fare molto bene qualcosa… o sa che può cambiare il modo in cui fa qualcosa… e vuole farlo per cercare di migliorarsi… questo è assolutamente giusto ed apprezzabile… nella consapevolezza però che, alla fine, L’OBIETTIVO NON E’ LA PERFEZIONE.
La perfezione non è ottenibile, in alcun caso, perciò, se cerchi di raggiungerla, già in partenza ti condanni al fallimento.
Devi lasciar scorrere via tutta questa roba sulla perfezione.
La perfezione è un inganno. Perciò, devi imparare ad accettare le tue imperfezioni come la normalità… perché SONO normali. E c’è un perché. Non importa quanto sola tu possa sentirti perché possiedi un certo difetto o una certa imperfezione: non sei sola. Pensa semplicemente a quanto quella dell’anoressia sia una strada solitaria. E pensa a quanto ti sei sentita sola in certi momenti della tua battaglia… o a quanto ti senti sola tuttora, in certi momenti. Ma lo sei veramente?
Guarda quante ragazze commentano qui sul mio blog. Guarda quante ragazze tengono un loro blog. Guarda quanti video ci sono su YouTube a proposito di ragazze con DCA. E questi sono solo alcuni esempi di un microcosmo di questo mondo. Ci sono UN SACCO di ragazze con un DCA là fuori. E anche se ci sono momenti in cui l’anoressia ci fa sentire tremendamente sole, non lo siamo. Devi ricordartelo sempre, Francesca: TU NON SEI SOLA.
Usa la stessa strategia riguardo il perfezionismo. Usa la logica, la razionalità. Qualsiasi sia la tua imperfezione (oggi, domani, tra 20 anni), anche se relativa a una parte del tuo corpo – troppo grande, troppo piccola, troppo questo, troppo quello – qualcun’altra là fuori (e, per lo più, MOLTE, MOLTE altre là fuori) ha la tua stessa identica imperfezione.
Ma poi, in definitiva: chi può dire cos’è un’imperfezione? Voglio dire, tutte le persone ne hanno. E se anche tu fossi l’unica persona al mondo ad avere una certa imperfezione… questo non è forse un qualcosa di speciale? Di unico? Pensaci.
Tutte le persone vedono in se stesse delle imperfezioni, abbiano o meno un DCA. Forse tu vorresti essere più intelligente, più carina, più abbronzata, più alta, più bassa… e la lista potrebbe andare avanti all’infinito. Se ti mettessi seduta e pensassi a tutto quello che di te non ti va a genio e vorresti cambiare, molto probabilmente otterresti una lista piuttosto lunga. Ma di nuovo, ricorda: Tutte là fuori hanno QUALCOSA che non apprezzano di se stesse. Tutte hanno una o più imperfezioni. Tutte.
Talvolta, perciò, devi semplicemente dirti di darci un taglio. Metterti davanti allo specchio e dirti, serenamente: “No, non sono perfetta… ma vado bene per come sono”.
Parlando da (ex)perfezionista – aha! ^^” – a perfezionista (spero presto ex), il ruolo del perfezionismo nell’anoressia può essere enorme, ma nel momento in cui te ne rendi conto, lo accetti, e cresci, le tue imperfezioni non ti sembreranno più tanto temibili.
E poi, come dice la canzone delle t.A.T.u.: “IMPERFECT IS THE NEW PERFECT!!”
“Cosa pensi del perfezionismo clinico e del suo ruolo nei disturbi alimentari? Hai qualche strategia in particolare per non lasciarsi 'sopraffare' dal perfezionismo? Ti chiedo questo perché, come credo di averti già scritto, ho problemi a scindere il perfezionismo 'sano' che è parte integrante della mia personalità, dall'eccesso di perfezionismo che mi porta a stare male e che negli anni ha giocato un ruolo decisivo nel mantenimento dei miei disturbi alimentari...”
Un sacco di persone, che abbiano o meno un DCA, sono assorbite da questa tematica della perfezione/imperfezione. Che può diventare veramente un’ossessione nel momento in cui viene correlata all’immagine corporea, alla bellezza, all’efficienza. Ci sono persone ossessionate dalla “perfezione” delle prestazioni in ambito scolastico, lavorativo o sportivo; ci sono un sacco di cose che possono fomentare un’ossessione, e questo è, in definitiva, un vero peccato perché toglie tempo all’assaporare veramente la vita.
Personalmente, in passato sono stata parecchio ossessionata dal perfezionismo in molteplici ambiti della mia vita. Sì, Francesca, avevo il tuo stesso perfezionismo, tipico di una personalità anoressica. E’ una sorta di piccolo stereotipo, però è decisamente vero che la maggior parte delle ragazze con un DCA tende ad essere perfezionista o, comunque, ad avere una forma mentis di tipo ossessivo-compulsivo.
Tuttavia, bisogna considerare il fatto che non solo tutte quante abbiamo delle imperfezioni, ma tutte quante abbiamo difetti, problemi, difficoltà… Perciò, Francesca, se ti senti la sola, sappi che invece non sei l’unica a temere di essere “imperfetta”. Però puoi imparare ad abbracciare le tue imperfezioni se non pensi ad esse come, appunto, a delle imperfezioni. “Imperfezioni” è una parola che suona brutta, e una sorta di stigmata stereotipata su una parola può veramente cambiare la nostra percezione rispetto ad essa.
Perciò, come relazionarsi al fatto che non si è perfette? Onestamente, ci vuole un bel po’ di tempo. Tuttora ci sono giorni in cui le cose che non mi piacciono di me stessa mi pesano particolarmente, in cui non mi convince quello che faccio, in cui mi chiedo cosa gli altri potrebbero pensare di me in merito a certe mie prestazioni… ma ho fatto tanti passi avanti in questi ultimi anni, e questo mi rende molto felice. Lasciar scorrere via quest’attitudine alla “necessità di essere perfetta” non ti arrecherà che benefici. In ogni caso, la domanda resta ed è: “Come posso relazionarmi al fatto che non sono perfetta?”. Ecco, in questo caso non ho nessun “trucchetto”, nessuna scorciatoia da offrire. L’unico modo per “non lasciarsi sopraffare dal perfezionismo”, come Francesca scrive, è accettare le nostre imperfezioni e realizzare COMPLETAMENTE che nessuna è perfetta. Nessuna. E che le nostre imperfezioni NON SONO un qualcosa di NEGATIVO.
Perciò, Francesca, tieni sempre a mente che nessuna è perfetta, e lo so che questo sembra un clichè, una tipica frase fatta, ma è anche una frase VERA. Nessuna è perfetta. Semplicemente perché la perfezione non esiste. (Chiaro, ragazze?!...) E, tra l’altro, le imperfezioni sono molto più belle della perfezione. (Okay, adesso state pensando che sono scema… Ma è vero! Io la penso davvero così!). Anche perchè, se per ipotesi assurda esistesse davvero una persona perfetta, questa persona, in quanto tale, starebbe un gradino sopra tutte le altre. E chi mai vorrebbe relazionarsi con qualcuno che sta sopra e non può essere raggiunto? Nessuno, perché tutti si sentirebbero inferiori e manchevoli, e questa è una cosa che chiunque detesta. Quindi, se anche una persona perfetta esistesse, quella persona sarebbe condannata a rimanere sempre sola. Perciò, per relazionarti al fatto che non sei perfetta, devi veramente abbracciare tutte le buone qualità che hai. Devi imparare ad amare tutte le cose positive che ci sono in te. E quando ci sarai riuscita (sebbene ci vorrà un sacco di tempo) potrai cominciare anche ad amare i tuoi difetti. (Sembra strano, lo so, ma datemi retta…)
Ciò ovviamente non significa che non devi comunque continuare a lavorare su te stessa per migliorarti: penso che chiunque, nella vita, debba sempre lavorare su se stesso per vedere se può muovere anche un solo passo avanti in più. Penso che chiunque nella vita cerchi di migliorarsi, voglio dire, se uno sa che non sa fare molto bene qualcosa… o sa che può cambiare il modo in cui fa qualcosa… e vuole farlo per cercare di migliorarsi… questo è assolutamente giusto ed apprezzabile… nella consapevolezza però che, alla fine, L’OBIETTIVO NON E’ LA PERFEZIONE.
La perfezione non è ottenibile, in alcun caso, perciò, se cerchi di raggiungerla, già in partenza ti condanni al fallimento.
Devi lasciar scorrere via tutta questa roba sulla perfezione.
La perfezione è un inganno. Perciò, devi imparare ad accettare le tue imperfezioni come la normalità… perché SONO normali. E c’è un perché. Non importa quanto sola tu possa sentirti perché possiedi un certo difetto o una certa imperfezione: non sei sola. Pensa semplicemente a quanto quella dell’anoressia sia una strada solitaria. E pensa a quanto ti sei sentita sola in certi momenti della tua battaglia… o a quanto ti senti sola tuttora, in certi momenti. Ma lo sei veramente?
Guarda quante ragazze commentano qui sul mio blog. Guarda quante ragazze tengono un loro blog. Guarda quanti video ci sono su YouTube a proposito di ragazze con DCA. E questi sono solo alcuni esempi di un microcosmo di questo mondo. Ci sono UN SACCO di ragazze con un DCA là fuori. E anche se ci sono momenti in cui l’anoressia ci fa sentire tremendamente sole, non lo siamo. Devi ricordartelo sempre, Francesca: TU NON SEI SOLA.
Usa la stessa strategia riguardo il perfezionismo. Usa la logica, la razionalità. Qualsiasi sia la tua imperfezione (oggi, domani, tra 20 anni), anche se relativa a una parte del tuo corpo – troppo grande, troppo piccola, troppo questo, troppo quello – qualcun’altra là fuori (e, per lo più, MOLTE, MOLTE altre là fuori) ha la tua stessa identica imperfezione.
Ma poi, in definitiva: chi può dire cos’è un’imperfezione? Voglio dire, tutte le persone ne hanno. E se anche tu fossi l’unica persona al mondo ad avere una certa imperfezione… questo non è forse un qualcosa di speciale? Di unico? Pensaci.
Tutte le persone vedono in se stesse delle imperfezioni, abbiano o meno un DCA. Forse tu vorresti essere più intelligente, più carina, più abbronzata, più alta, più bassa… e la lista potrebbe andare avanti all’infinito. Se ti mettessi seduta e pensassi a tutto quello che di te non ti va a genio e vorresti cambiare, molto probabilmente otterresti una lista piuttosto lunga. Ma di nuovo, ricorda: Tutte là fuori hanno QUALCOSA che non apprezzano di se stesse. Tutte hanno una o più imperfezioni. Tutte.
Talvolta, perciò, devi semplicemente dirti di darci un taglio. Metterti davanti allo specchio e dirti, serenamente: “No, non sono perfetta… ma vado bene per come sono”.
Parlando da (ex)perfezionista – aha! ^^” – a perfezionista (spero presto ex), il ruolo del perfezionismo nell’anoressia può essere enorme, ma nel momento in cui te ne rendi conto, lo accetti, e cresci, le tue imperfezioni non ti sembreranno più tanto temibili.
E poi, come dice la canzone delle t.A.T.u.: “IMPERFECT IS THE NEW PERFECT!!”
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domenica 20 giugno 2010
B.M.I. (Basta Misurazioni Inutili!)
Vi propongo un link MOLTO interessante a proposito del BMI (IMC).
BMI link
Se poggiate il cursore sulle piccole fotografie sulla destra, vi apparirà una tendina in cui viene data una valutazione soggettiva del peso delle persone ritratte. Se poi cliccate sulle piccole fotografie stesse, vi apparirà lo status fisico effettivo – stimato col calcolo del BMI – di ciascuna delle persone ritratte.
E’ un qualcosa che, secondo me, fa veramente aprire gli occhi.
Il BMI spesso è un qualcosa di completamente ridicolo.
BMI link
Se poggiate il cursore sulle piccole fotografie sulla destra, vi apparirà una tendina in cui viene data una valutazione soggettiva del peso delle persone ritratte. Se poi cliccate sulle piccole fotografie stesse, vi apparirà lo status fisico effettivo – stimato col calcolo del BMI – di ciascuna delle persone ritratte.
E’ un qualcosa che, secondo me, fa veramente aprire gli occhi.
Il BMI spesso è un qualcosa di completamente ridicolo.
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mercoledì 16 giugno 2010
Domanda #12: Intrappolata e vincolata... sono pronta?
Questa è la domanda cui rispondo oggi:
"Più il tempo passa, più mi sembra di aver meno voglia di combattere il mio DCA. Ti è mai capitato di sentirti così? Ci sono momenti in cui desidero disperatamente tornare a quel periodo in cui mi sentivo bene nell’anoressia, e in cui penso che il percorso terapeutico sia stato il mio peggior errore. Forse vorrei solo che tu mi dicessi che non sono matta. Sali mai sulla bilancia? Io non sono ancora pronta a smettere di pesarmi – forse è perchè non sono ancora pronta per combattere il DCA?"
Io non posso certo dirti se sei pronta o meno per intraprendere la strada del ricovero – questa è una scelta che spetta solo ed unicamente a te. Ma posso dirti che capisco come ti senti. Una sorta di… stallo? Mi è capitato di sentirmi così, sì. Ritornare nel pieno dell’anoressia sarebbe la cosa più semplice, più ovvia e più facile. Così com’è facile mollare – perché ritornare nel pieno dell’anoressia equivale a mollare. La tua vita non sarà più la tua, e, soprattutto, non esisterà più materialmente nel giro di alcuni mesi o anni. So che questo è il solito predicozzo – che devi smettere di restringere l’alimentazione o morirai. Ma è vero. Non si può rimanere anoressiche restrittive a vita. O si combatte, o si muore. Detto terra-terra, senza tanti riguardi, ma è così che stanno le cose.
Non sei matta, assolutamente. Voler smollare la strada del ricovero non significa essere matta. Penso che TUTTE ci sentiamo così prima o poi. Non sei certamente la sola. Abbandonare la terapia e riscivolare nell’anoressia ti dà una sorta di senso di sollievo, non è così?! C’è meno da lavorare, meno da faticare, una situazione emotivamente più semplice, etc. Ma queste sono solo bugie che l’anoressia ti racconta. Devi capire che non ti porteranno da nessuna parte.
Se percorrere la strada del ricovero fosse una cosa semplice, non ci sarebbe bisogno di tanti dietisti, nutrizionisti, psichiatri, psicologi, cliniche specializzate, gruppi di supporto, libri, auto-aiuto e così via. E, certo, devi SCEGLIERE la strada del ricovero – non sarà lei a scegliere te… ma, in fin dei conti, tutto sta nello scegliere tra il vivere e il morire – perché se anche continui a respirare, nel pieno dell’anoressia non vivi veramente.
Un DCA è una strada sdrucciolevole. Se molli la presa una volta, cadrai rapidamente. Se molli la presa due volte, cadrai duramente. Se molli la persa tre volte, cadrai in un gran buco nero. E ogni volta rialzarsi sarà arduo. Ricadere nell’anoressia sembra più semplice che intraprendere un percorso di ricovero – ma alla fine le conseguenze sono molto più difficili da affrontare. È tutto nella tua testa.
Se salgo mai sulla bilancia? Certo, una volta al mese quando vado a fare il controlli dalla dietista. Do le spalle all’asticella del peso, e non mi faccio dire niente. Non mi sono mai pesata, neanche nel periodo peggiore dell’anoressia. Un eccesso al contrario, in un certo senso. Ad ogni modo, attualmente non la possiedo neanche, una bilancia. E neanche m’interessa. Non voglio che sia un numero a condizionare il modo in cui mi sento col mio corpo. Se tu venissi a casa mia e mi dicessi che hai la necessità di portare con te la tua bilancia, ti risponderei: “Okay, portala pure”. È solo un oggetto. Ha unicamente il potere che tu le conferisci. Controllo. Numeri. Autostima. Costante, valutazione più volte al giorno. Nient’altro che un ammasso d’ingranaggi. Non è questa la vita.
Puoi comunque essere pronta per intraprendere il tuo percorso di ricovero anche se senti di avere ancora bisogno della bilancia. Puoi comunque essere pronta per intraprendere il tuo percorso di ricovero, ed iniziare a percorrere questa strada. Ma un giorno arriverà il momento in cui aprirai gli occhi davvero e realizzerai: “Ecco, questa è SOLO una bilancia. Non mi aiuta, anzi, reitera un comportamento malato voluto dall’anoressia. Serve solo ad alimentare l’ossessione. Ne ho abbastanza. Forse un giorno tornerò ad utilizzare un bilancia, ma quell giorno non è oggi”.
E guarda con onestà dentro te stessa per cercare di venire al bandolo della matassa. O vuoi combattere contro l’anoressia, o non vuoi farlo. Secondo la mia umile opinione, non avresti letto il mio blog e non mi avresti lasciato una domanda se, in un certo qual modo, non volessi lottare contro il DCA. Questo blog è, a suo modo, una modalità di ricovero. Una piattaforma di auto-aiuto. Niente di risolutivo né sostituivo di una psicoterapia – del resto non ho mai preteso fosse tale, assolutamente! Ma questo, tu lo sai. E se sei ancora qui a leggermi, vuol dire che la tua scelta l’hai già fatta.
Sei pronta? Come ti ho già detto, io non lo so. Questa è una domanda cui non posso rispondere. Ma tu sì, tu puoi. E lo farai. Forse non sei ancora pronta a rispondere a questa domanda perchè sai che se lo farai dovrai mettere tuta te stessa sulla strada del ricovero, investirci molto di più. Forse sei solo spaventata all’idea di poter vivere la vita senza il DCA, che magari adesso ti appare come una parte integrante della tua personalità. Ma non lo è. Tu sei ben altro e ben oltre l’anoressia. Siediti. Riflettici. E, ricorda, il ricovero è possible. Puoi farcela, se VERAMENTE lo vuoi con tutta te stessa.
Sì, c’è stato un periodo in cui mi sono sentita come te. Ma adesso mi sento come me. E ne vale molto più la pena, credimi. Sentirsi intrappolata e vincolata da un DCA è solo una proiezione mentale. Ma c’è davvero molto di meglio nella vita. E tu lo meriti tutto.
"Più il tempo passa, più mi sembra di aver meno voglia di combattere il mio DCA. Ti è mai capitato di sentirti così? Ci sono momenti in cui desidero disperatamente tornare a quel periodo in cui mi sentivo bene nell’anoressia, e in cui penso che il percorso terapeutico sia stato il mio peggior errore. Forse vorrei solo che tu mi dicessi che non sono matta. Sali mai sulla bilancia? Io non sono ancora pronta a smettere di pesarmi – forse è perchè non sono ancora pronta per combattere il DCA?"
Io non posso certo dirti se sei pronta o meno per intraprendere la strada del ricovero – questa è una scelta che spetta solo ed unicamente a te. Ma posso dirti che capisco come ti senti. Una sorta di… stallo? Mi è capitato di sentirmi così, sì. Ritornare nel pieno dell’anoressia sarebbe la cosa più semplice, più ovvia e più facile. Così com’è facile mollare – perché ritornare nel pieno dell’anoressia equivale a mollare. La tua vita non sarà più la tua, e, soprattutto, non esisterà più materialmente nel giro di alcuni mesi o anni. So che questo è il solito predicozzo – che devi smettere di restringere l’alimentazione o morirai. Ma è vero. Non si può rimanere anoressiche restrittive a vita. O si combatte, o si muore. Detto terra-terra, senza tanti riguardi, ma è così che stanno le cose.
Non sei matta, assolutamente. Voler smollare la strada del ricovero non significa essere matta. Penso che TUTTE ci sentiamo così prima o poi. Non sei certamente la sola. Abbandonare la terapia e riscivolare nell’anoressia ti dà una sorta di senso di sollievo, non è così?! C’è meno da lavorare, meno da faticare, una situazione emotivamente più semplice, etc. Ma queste sono solo bugie che l’anoressia ti racconta. Devi capire che non ti porteranno da nessuna parte.
Se percorrere la strada del ricovero fosse una cosa semplice, non ci sarebbe bisogno di tanti dietisti, nutrizionisti, psichiatri, psicologi, cliniche specializzate, gruppi di supporto, libri, auto-aiuto e così via. E, certo, devi SCEGLIERE la strada del ricovero – non sarà lei a scegliere te… ma, in fin dei conti, tutto sta nello scegliere tra il vivere e il morire – perché se anche continui a respirare, nel pieno dell’anoressia non vivi veramente.
Un DCA è una strada sdrucciolevole. Se molli la presa una volta, cadrai rapidamente. Se molli la presa due volte, cadrai duramente. Se molli la persa tre volte, cadrai in un gran buco nero. E ogni volta rialzarsi sarà arduo. Ricadere nell’anoressia sembra più semplice che intraprendere un percorso di ricovero – ma alla fine le conseguenze sono molto più difficili da affrontare. È tutto nella tua testa.
Se salgo mai sulla bilancia? Certo, una volta al mese quando vado a fare il controlli dalla dietista. Do le spalle all’asticella del peso, e non mi faccio dire niente. Non mi sono mai pesata, neanche nel periodo peggiore dell’anoressia. Un eccesso al contrario, in un certo senso. Ad ogni modo, attualmente non la possiedo neanche, una bilancia. E neanche m’interessa. Non voglio che sia un numero a condizionare il modo in cui mi sento col mio corpo. Se tu venissi a casa mia e mi dicessi che hai la necessità di portare con te la tua bilancia, ti risponderei: “Okay, portala pure”. È solo un oggetto. Ha unicamente il potere che tu le conferisci. Controllo. Numeri. Autostima. Costante, valutazione più volte al giorno. Nient’altro che un ammasso d’ingranaggi. Non è questa la vita.
Puoi comunque essere pronta per intraprendere il tuo percorso di ricovero anche se senti di avere ancora bisogno della bilancia. Puoi comunque essere pronta per intraprendere il tuo percorso di ricovero, ed iniziare a percorrere questa strada. Ma un giorno arriverà il momento in cui aprirai gli occhi davvero e realizzerai: “Ecco, questa è SOLO una bilancia. Non mi aiuta, anzi, reitera un comportamento malato voluto dall’anoressia. Serve solo ad alimentare l’ossessione. Ne ho abbastanza. Forse un giorno tornerò ad utilizzare un bilancia, ma quell giorno non è oggi”.
E guarda con onestà dentro te stessa per cercare di venire al bandolo della matassa. O vuoi combattere contro l’anoressia, o non vuoi farlo. Secondo la mia umile opinione, non avresti letto il mio blog e non mi avresti lasciato una domanda se, in un certo qual modo, non volessi lottare contro il DCA. Questo blog è, a suo modo, una modalità di ricovero. Una piattaforma di auto-aiuto. Niente di risolutivo né sostituivo di una psicoterapia – del resto non ho mai preteso fosse tale, assolutamente! Ma questo, tu lo sai. E se sei ancora qui a leggermi, vuol dire che la tua scelta l’hai già fatta.
Sei pronta? Come ti ho già detto, io non lo so. Questa è una domanda cui non posso rispondere. Ma tu sì, tu puoi. E lo farai. Forse non sei ancora pronta a rispondere a questa domanda perchè sai che se lo farai dovrai mettere tuta te stessa sulla strada del ricovero, investirci molto di più. Forse sei solo spaventata all’idea di poter vivere la vita senza il DCA, che magari adesso ti appare come una parte integrante della tua personalità. Ma non lo è. Tu sei ben altro e ben oltre l’anoressia. Siediti. Riflettici. E, ricorda, il ricovero è possible. Puoi farcela, se VERAMENTE lo vuoi con tutta te stessa.
Sì, c’è stato un periodo in cui mi sono sentita come te. Ma adesso mi sento come me. E ne vale molto più la pena, credimi. Sentirsi intrappolata e vincolata da un DCA è solo una proiezione mentale. Ma c’è davvero molto di meglio nella vita. E tu lo meriti tutto.
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sabato 12 giugno 2010
Fronteggiare l'Estate
Come fronteggiare l’Estate?
Sicuramente l’Estate è una stagione difficile per chiunque abbia a che fare con l’anoressia. T-shirt, gonne, shorts, top, canotte… il corpo viene inevitabilmente messo in mostra. Ed è un corpo che non ci piace, ma che in Estate non possiamo nascondere sotto maglioni o pantaloni lunghi. E quindi l’abbiamo sott’occhio in ogni momento, e questo può farci sentire peggio. Può farci venire voglia di restringere di nuovo l’alimentazione. Può essere una forte spinta verso l’anoressia.
Cosa fare dunque per non focalizzarsi troppo sul nostro corpo e non attuare di nuovo comportamenti restrittivi col cibo?
Credo che per un sacco di persone con un DCA l’Estate sia una sorta di “vacanze di Natale”. Un qualcosa che mette ansia, fa sentire a disagio, un qualcosa che diventa difficile da affrontare senza ricadere. Il fatto è che non dev’essere così. L’Estate non è essere magre ed abbronzate, a passeggio sul bagnasciuga in un bikini novo fiammante. Non è questo.
L’Estate non è un qualcosa che ha particolarmente a che fare con l’apparenza. E, perciò, non deve diventare un qualcosa in cui si va a porre ancor più attenzione all’apparenza. Dobbiamo imparare a considerarla come un qualsiasi periodo dell’anno, in cui andare avanti, essere naturali, ed essere noi stesse.
Fintanto che ci lasceremo condizionare da una delle bugie che l’anoressia ci racconta, ovvero che l’Estate è quella cosa tremenda che serve a far vedere a tutto il resto del mondo quanto siamo fisicamente terribili, ecco, allora l’Estate sarà esattamente questo. Ma ciò solo fino a che decidiamo di credere a ciò che detta l’anoressia. Perché mettiamo a tacere la sua voce – l’Estate può essere una stagione stupenda.
Okay – fa caldo un sacco e bisogna indossare vestiti leggeri e “scoprenti” per tenerci più fresche. Questo può mettere ansia, lo so benissimo. Questo può farci stare male, so benissimo anche questo. Ma adesso conosco anche un piccolo trucco per limitare i sentimenti negativi e sentirci un po’ meglio anche quando dobbiamo indossare abiti che mettono in mostra il corpo: Indossare unicamente ciò che ci piace e che ci fa sentire davvero bene.
Perciò, quando fa caldo e dovete uscire, e vi trovate davanti all’armadio spalancato a decidere cosa indossare, cercando di venire a patti con l’ansia e con il disgusto, scegliete gli indumenti che vi fanno sentire più: 1) Forti; 2) Allegre; 3) A vostro agio; o, ancora meglio 4) Tutte e tre le cose insieme. Esempi? Un leggero foulard estivo – può dare la sensazione di una sorta di scudo, tenendo un pochino più coperte, e quindi facendo sentire meno a disagio. Oppure un braccialetto, o una collana che vi ha regalato un’amica a cui volete particolarmente bene e che vi fa sentire speciali. Un qualcosa che abbia per voi un significato. Qualcosa che riesca a portar via la negatività di cui di solito vi sentite circondate.
Magari questo richiederà di pensarci un po’ su. Se nel vostro armadio non c’è nessun indumento che vi faccia stare un pochino meglio col vostro corpo, è arrivato il momento di andare a fare un po’ di shopping acquistando qualcosa che possa salvare il vostro umore… per esempio, una particolare cintura. Qualcosa che vi piacerebbe davvero indossare con quegli shorts che vi fanno venir voglia di chiudervi in casa e di rimanerci fino all’Autunno. Tirate fuori la vostra creatività. Pensate a che cosa potrebbe migliorare la vostra immagine di voi stesse, e avere un’opinione meno negativa sul vostro corpo.
Molto spesso sono proprio le piccole cose quelle che fanno la differenza. Anche in Estate.
E, per tener freno a tutti quei pensieri che con l’avvento dell’Estate tirano di nuovo dentro all’anoressia: questo, ragazze mie, dipende solo da voi. Perché i pensieri dell’anoressia hanno unicamente il potere che voi decidete di conferirgli.
Volete davvero che una stagione che può essere bellissima come l’Estate vi getti in una spirale di ansia, paranoia e anoressia che impedisce di gustarsi la vita come merita?
Accettarci per quello che siamo è il primo passo per poter andare avanti… perciò, provate ad aiutarvi ad accettare il vostro corpo. Fate piccole cose che vi mantengano sulla strada del ricovero. Non lasciate che una stagione sia più forte di voi. E non lasciate che lo sia neanche l’anoressia.
Sicuramente l’Estate è una stagione difficile per chiunque abbia a che fare con l’anoressia. T-shirt, gonne, shorts, top, canotte… il corpo viene inevitabilmente messo in mostra. Ed è un corpo che non ci piace, ma che in Estate non possiamo nascondere sotto maglioni o pantaloni lunghi. E quindi l’abbiamo sott’occhio in ogni momento, e questo può farci sentire peggio. Può farci venire voglia di restringere di nuovo l’alimentazione. Può essere una forte spinta verso l’anoressia.
Cosa fare dunque per non focalizzarsi troppo sul nostro corpo e non attuare di nuovo comportamenti restrittivi col cibo?
Credo che per un sacco di persone con un DCA l’Estate sia una sorta di “vacanze di Natale”. Un qualcosa che mette ansia, fa sentire a disagio, un qualcosa che diventa difficile da affrontare senza ricadere. Il fatto è che non dev’essere così. L’Estate non è essere magre ed abbronzate, a passeggio sul bagnasciuga in un bikini novo fiammante. Non è questo.
L’Estate non è un qualcosa che ha particolarmente a che fare con l’apparenza. E, perciò, non deve diventare un qualcosa in cui si va a porre ancor più attenzione all’apparenza. Dobbiamo imparare a considerarla come un qualsiasi periodo dell’anno, in cui andare avanti, essere naturali, ed essere noi stesse.
Fintanto che ci lasceremo condizionare da una delle bugie che l’anoressia ci racconta, ovvero che l’Estate è quella cosa tremenda che serve a far vedere a tutto il resto del mondo quanto siamo fisicamente terribili, ecco, allora l’Estate sarà esattamente questo. Ma ciò solo fino a che decidiamo di credere a ciò che detta l’anoressia. Perché mettiamo a tacere la sua voce – l’Estate può essere una stagione stupenda.
Okay – fa caldo un sacco e bisogna indossare vestiti leggeri e “scoprenti” per tenerci più fresche. Questo può mettere ansia, lo so benissimo. Questo può farci stare male, so benissimo anche questo. Ma adesso conosco anche un piccolo trucco per limitare i sentimenti negativi e sentirci un po’ meglio anche quando dobbiamo indossare abiti che mettono in mostra il corpo: Indossare unicamente ciò che ci piace e che ci fa sentire davvero bene.
Perciò, quando fa caldo e dovete uscire, e vi trovate davanti all’armadio spalancato a decidere cosa indossare, cercando di venire a patti con l’ansia e con il disgusto, scegliete gli indumenti che vi fanno sentire più: 1) Forti; 2) Allegre; 3) A vostro agio; o, ancora meglio 4) Tutte e tre le cose insieme. Esempi? Un leggero foulard estivo – può dare la sensazione di una sorta di scudo, tenendo un pochino più coperte, e quindi facendo sentire meno a disagio. Oppure un braccialetto, o una collana che vi ha regalato un’amica a cui volete particolarmente bene e che vi fa sentire speciali. Un qualcosa che abbia per voi un significato. Qualcosa che riesca a portar via la negatività di cui di solito vi sentite circondate.
Magari questo richiederà di pensarci un po’ su. Se nel vostro armadio non c’è nessun indumento che vi faccia stare un pochino meglio col vostro corpo, è arrivato il momento di andare a fare un po’ di shopping acquistando qualcosa che possa salvare il vostro umore… per esempio, una particolare cintura. Qualcosa che vi piacerebbe davvero indossare con quegli shorts che vi fanno venir voglia di chiudervi in casa e di rimanerci fino all’Autunno. Tirate fuori la vostra creatività. Pensate a che cosa potrebbe migliorare la vostra immagine di voi stesse, e avere un’opinione meno negativa sul vostro corpo.
Molto spesso sono proprio le piccole cose quelle che fanno la differenza. Anche in Estate.
E, per tener freno a tutti quei pensieri che con l’avvento dell’Estate tirano di nuovo dentro all’anoressia: questo, ragazze mie, dipende solo da voi. Perché i pensieri dell’anoressia hanno unicamente il potere che voi decidete di conferirgli.
Volete davvero che una stagione che può essere bellissima come l’Estate vi getti in una spirale di ansia, paranoia e anoressia che impedisce di gustarsi la vita come merita?
Accettarci per quello che siamo è il primo passo per poter andare avanti… perciò, provate ad aiutarvi ad accettare il vostro corpo. Fate piccole cose che vi mantengano sulla strada del ricovero. Non lasciate che una stagione sia più forte di voi. E non lasciate che lo sia neanche l’anoressia.
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martedì 8 giugno 2010
Domanda #11: Cibi proibiti & Quello che realmente nascondono
Oggi rispondo alla domanda che mi ha lasciato Francesca, ovvero:
“In questi anni di anoressia mi è successo di eliminare gradualmente dalla mia alimentazione moltissimi cibi, (direi quasi tutti eccetto le verdure la carne magra e lo yogurt magro)… che sono diventati una sorta di tabù... molti di questi non riesco tutt'ora a mangiarli, mentre alcuni altri sono riuscita con fatica a reintrodurli... volevo chiederti: a te è capitata una cosa del genere? Sei riuscita a risolvere completamente il problema o rimangono tutt'ora per te dei cibi proibiti? E soprattutto, come hai risolto questo problema e come hai fronteggiato la tentazione di eliminare di nuovo dall'alimentazione alcuni cibi?”
Forse potrà sorprendervi il sapere che io non ho mai avuto, neanche nei momenti peggiori dell’anoressia, dei cibi “proibiti”; così come non ho mai neanche avuto degli alimenti che consideravo particolarmente “sicuri”. Ho sempre mangiato un po’ di tutto sebbene ovviamente, quand’ero in fase restrittiva, in quantitativi a poco a poco sempre minori ed insufficienti per il mio fabbisogno energetico giornaliero. Tuttora, cerco di avere un’alimentazione quanto più possibile variata. Ovviamente ci sono alcuni cibi che non mi piacciono, come le patate, i wrustel, il cocomero, ma si tratta di cose che fin da piccola non mi sono mai piaciute. A parte questo, cerco sempre di mangiare un po’ di tutto, perché sono consapevole del fatto che ogni cibo contiene dei nutrienti, soprattutto per quanto riguarda le vitamine, i microelementi e gli oligoelementi, che sono importantissimi per il nostro organismo e non facili da reperire. La consapevolezza di questo mi ha aiutata molto a cercare di riappropriarmi di uno stile alimentare corretto.
Quando ero nel pieno dell’anoressia, ovviamente mangiavo pochissimo, meno di una bambina, ma non ho mai depennato dalla lista alcun tipo di cibo, e non ho mai contato sistematicamente le calorie. Come si dice dalle mie parti, facevo “a occhiometro”; tanto ero arrivata a un punto in cui mangiavo così poco che ero sicura che l’apporto fosse inferiore alla necessità. A ben pensarci, effettivamente avevo eliminato completamente dalla mia alimentazione caramelle, cioccolatini, e dolci più in generale.
Da quando sono seguita dalla mia dietista, con la quale mi vedo tuttora per regolari controlli, ho dovuto re-imparare cosa significa alimentarsi correttamente. E mi sono così accorta che la restrizione alimentare era in effetti nient’altro che un meccanismo di coping. Una sorta di forma di controllo. C’erano ben altri problemi oltre il cibo – il cibo non era veramente un problema. Nel momento in cui mi sono trovata ad affrontare direttamente quei problemi, sono stata in grado di realizzare che il cibo era solo cibo, nient’altro che un carburante per il mio corpo. Penso che questo sia ciò che ogni anoressica cerca di fare ogni giorno nel momento in cui si ritrova davanti alla tavola imbandita – comprendere e realizzare che il cibo è solo cibo. Eh, la scoperta dell’acqua calda! – direte voi. Ma è vero. Il cibo è ciò che serve a nutrirci e a darci l’energia necessaria per svolgere tutte le nostre attività quotidiane. Non è un’entità cattiva, violenta, distruttrice. Non è un’arma puntata contro. Non è una punizione. Non è un riempitivo. È solo del cibo.
Nel momento in cui ho iniziato a seguire l’ “equilibrio alimentare” che mi ha assegnato la mia dietista, ho dovuto a poco a poco incrementare le dosi degli alimenti mangiati. All’inizio era terrorizzante, ma poi mi sono accorta che aveva ragione lei: il mio peso aumentava in maniera estremamente graduale e non esplicitamente e rapidamente visibile, perché quella che si reintegrava era massa muscolare. E mi sono accorta che più seguivo l’ “equilibrio alimentare”, più seguirlo diventava semplice. Questo non significa che non abbia avuto ricadute nella restrizione, ne ho avute eccome, ma mi sono ripresa nella consapevolezza che le cose avrebbero potuto migliorare a poco a poco, senza i rapidi cambiamenti radicali a livello corporeo che temevo.
Certo, non posso dire a nessuna di voi che sia facile, non posso dirvi che non ci sono momenti di panico e in cui ci si sente estremamente male col proprio corpo, ma posso sicuramente dirvi che la cosa più difficile è il primo passo: fatto quello, tutti gli altri davvero vengono di conseguenza.
“In questi anni di anoressia mi è successo di eliminare gradualmente dalla mia alimentazione moltissimi cibi, (direi quasi tutti eccetto le verdure la carne magra e lo yogurt magro)… che sono diventati una sorta di tabù... molti di questi non riesco tutt'ora a mangiarli, mentre alcuni altri sono riuscita con fatica a reintrodurli... volevo chiederti: a te è capitata una cosa del genere? Sei riuscita a risolvere completamente il problema o rimangono tutt'ora per te dei cibi proibiti? E soprattutto, come hai risolto questo problema e come hai fronteggiato la tentazione di eliminare di nuovo dall'alimentazione alcuni cibi?”
Forse potrà sorprendervi il sapere che io non ho mai avuto, neanche nei momenti peggiori dell’anoressia, dei cibi “proibiti”; così come non ho mai neanche avuto degli alimenti che consideravo particolarmente “sicuri”. Ho sempre mangiato un po’ di tutto sebbene ovviamente, quand’ero in fase restrittiva, in quantitativi a poco a poco sempre minori ed insufficienti per il mio fabbisogno energetico giornaliero. Tuttora, cerco di avere un’alimentazione quanto più possibile variata. Ovviamente ci sono alcuni cibi che non mi piacciono, come le patate, i wrustel, il cocomero, ma si tratta di cose che fin da piccola non mi sono mai piaciute. A parte questo, cerco sempre di mangiare un po’ di tutto, perché sono consapevole del fatto che ogni cibo contiene dei nutrienti, soprattutto per quanto riguarda le vitamine, i microelementi e gli oligoelementi, che sono importantissimi per il nostro organismo e non facili da reperire. La consapevolezza di questo mi ha aiutata molto a cercare di riappropriarmi di uno stile alimentare corretto.
Quando ero nel pieno dell’anoressia, ovviamente mangiavo pochissimo, meno di una bambina, ma non ho mai depennato dalla lista alcun tipo di cibo, e non ho mai contato sistematicamente le calorie. Come si dice dalle mie parti, facevo “a occhiometro”; tanto ero arrivata a un punto in cui mangiavo così poco che ero sicura che l’apporto fosse inferiore alla necessità. A ben pensarci, effettivamente avevo eliminato completamente dalla mia alimentazione caramelle, cioccolatini, e dolci più in generale.
Da quando sono seguita dalla mia dietista, con la quale mi vedo tuttora per regolari controlli, ho dovuto re-imparare cosa significa alimentarsi correttamente. E mi sono così accorta che la restrizione alimentare era in effetti nient’altro che un meccanismo di coping. Una sorta di forma di controllo. C’erano ben altri problemi oltre il cibo – il cibo non era veramente un problema. Nel momento in cui mi sono trovata ad affrontare direttamente quei problemi, sono stata in grado di realizzare che il cibo era solo cibo, nient’altro che un carburante per il mio corpo. Penso che questo sia ciò che ogni anoressica cerca di fare ogni giorno nel momento in cui si ritrova davanti alla tavola imbandita – comprendere e realizzare che il cibo è solo cibo. Eh, la scoperta dell’acqua calda! – direte voi. Ma è vero. Il cibo è ciò che serve a nutrirci e a darci l’energia necessaria per svolgere tutte le nostre attività quotidiane. Non è un’entità cattiva, violenta, distruttrice. Non è un’arma puntata contro. Non è una punizione. Non è un riempitivo. È solo del cibo.
Nel momento in cui ho iniziato a seguire l’ “equilibrio alimentare” che mi ha assegnato la mia dietista, ho dovuto a poco a poco incrementare le dosi degli alimenti mangiati. All’inizio era terrorizzante, ma poi mi sono accorta che aveva ragione lei: il mio peso aumentava in maniera estremamente graduale e non esplicitamente e rapidamente visibile, perché quella che si reintegrava era massa muscolare. E mi sono accorta che più seguivo l’ “equilibrio alimentare”, più seguirlo diventava semplice. Questo non significa che non abbia avuto ricadute nella restrizione, ne ho avute eccome, ma mi sono ripresa nella consapevolezza che le cose avrebbero potuto migliorare a poco a poco, senza i rapidi cambiamenti radicali a livello corporeo che temevo.
Certo, non posso dire a nessuna di voi che sia facile, non posso dirvi che non ci sono momenti di panico e in cui ci si sente estremamente male col proprio corpo, ma posso sicuramente dirvi che la cosa più difficile è il primo passo: fatto quello, tutti gli altri davvero vengono di conseguenza.
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giovedì 3 giugno 2010
Thanks & stay tuned!
Non sono ancora tornata a casa – tornerò Martedì per l’esattezza – ma oggi nessuno vuole utilizzare la connessione, quindi ho un’ora di Internet a disposizione tutta per me! Dunque, qualche minuto qui e poi mi dedicherò subito a girare per i blog di tutte voi!
Comunque… Ho bisogno di prendermi un minuto per ringraziarvi. Grazie, grazie, GRAZIE a tutte voi, ragazze, per i vostri commenti ed il vostro supporto. Leggo e rispondo alle vostre parole in ogni post, così come cerco sempre di rispondere quanto prima possibile alle vostre e-mail (e mi scuso se alle volte sono un’imperdonabile ritardataria… specie in questo periodo… prometto che risponderò a tutte non appena ne avrò l’opportunità!), e spero che le mie parole, in un modo o nell’altro, riescano ad arrivarvi e significhino qualcosa per voi. Siete tutte meravigliose e tanto, tanto grandiose.
Inoltre, volevo dirvi che so che ho ancora diverse delle vostre domande cui devo dare risposta. Ho appena compilato una lista di tutte quelle mancanti (mi ero interrotta un po’ di tempo fa perché avevo tante altre cose di cui scrivere…). Perciò, Francesca e tutte le altre che stanno ancora aspettando risposta… non mi sono dimenticata di voi, bellissime! Lavorerò sulle risposte alle vostre domande proprio in questi giorni, e le pubblicherò qui sul blog in vari post quanto prima mi sarà possibile. Mi avete rivolto delle domande veramente toste ed importanti nei commenti del post ad esse adibito, e voglio poter rispondere in maniera adeguata.
Spero che tutte voi stiate trascorrendo delle giornate tranquille. Io vi penso molto spesso, e adesso vi lascio con questa domanda che potete rivolgere a voi stesse:
COSA POSSO FARE OGGI PER RIUSCIRE A SORRIDERE DAVVERO?
Bè, provate a rispondere, cosa state aspettando?!? E poi, fatelo…
Comunque… Ho bisogno di prendermi un minuto per ringraziarvi. Grazie, grazie, GRAZIE a tutte voi, ragazze, per i vostri commenti ed il vostro supporto. Leggo e rispondo alle vostre parole in ogni post, così come cerco sempre di rispondere quanto prima possibile alle vostre e-mail (e mi scuso se alle volte sono un’imperdonabile ritardataria… specie in questo periodo… prometto che risponderò a tutte non appena ne avrò l’opportunità!), e spero che le mie parole, in un modo o nell’altro, riescano ad arrivarvi e significhino qualcosa per voi. Siete tutte meravigliose e tanto, tanto grandiose.
Inoltre, volevo dirvi che so che ho ancora diverse delle vostre domande cui devo dare risposta. Ho appena compilato una lista di tutte quelle mancanti (mi ero interrotta un po’ di tempo fa perché avevo tante altre cose di cui scrivere…). Perciò, Francesca e tutte le altre che stanno ancora aspettando risposta… non mi sono dimenticata di voi, bellissime! Lavorerò sulle risposte alle vostre domande proprio in questi giorni, e le pubblicherò qui sul blog in vari post quanto prima mi sarà possibile. Mi avete rivolto delle domande veramente toste ed importanti nei commenti del post ad esse adibito, e voglio poter rispondere in maniera adeguata.
Spero che tutte voi stiate trascorrendo delle giornate tranquille. Io vi penso molto spesso, e adesso vi lascio con questa domanda che potete rivolgere a voi stesse:
COSA POSSO FARE OGGI PER RIUSCIRE A SORRIDERE DAVVERO?
Bè, provate a rispondere, cosa state aspettando?!? E poi, fatelo…
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martedì 2 marzo 2010
Comunicazione di servizio
Questo è un post temporaneo, nel senso che verrà cancellato appena possiibile.
Volevo semplicemente dirvi che, causa lavoro, starò via per diverse settimane (più o meno fino alla seconda metà di Aprile, credo, ancora le date sono un po' incerte... tutto dipenderà dall'organizzazione delle gare e degli stages), durante le quali non avrò modo di utilizzare il computer. Quindi, se non posto sul blog o non leggo/commento i vostri, o non rispondo alle e-mail non pensate che ce l'abbia con voi o che mi sia dimenticata di voi... assolutamente! E' solo che non avrò modo di usare un PC, tutto qui...
Però, appena tornata a casa, scrivere qui sul blog sarà la prima cosa che farò, quinsi... stay tuned, gals!!!
A presto!
Vi penso forte forte, sempre...
Veggie
Volevo semplicemente dirvi che, causa lavoro, starò via per diverse settimane (più o meno fino alla seconda metà di Aprile, credo, ancora le date sono un po' incerte... tutto dipenderà dall'organizzazione delle gare e degli stages), durante le quali non avrò modo di utilizzare il computer. Quindi, se non posto sul blog o non leggo/commento i vostri, o non rispondo alle e-mail non pensate che ce l'abbia con voi o che mi sia dimenticata di voi... assolutamente! E' solo che non avrò modo di usare un PC, tutto qui...
Però, appena tornata a casa, scrivere qui sul blog sarà la prima cosa che farò, quinsi... stay tuned, gals!!!
A presto!
Vi penso forte forte, sempre...
Veggie
venerdì 26 febbraio 2010
Gridare
Usiamo le nostre parole per esprimere quello che abbiamo dentro. Non lasciamo più che sia il nostro corpo a parlare per noi.
Quando siamo in balia dell’anoressia, troppo spesso dimentichiamo di utilizzare la nostra voce ed usiamo invece il nostro corpo per esprimere quello che proviamo.
Ho paura. Mi sento sola. Non sto bene con me stessa. Mi sono fatta del male. Sono triste. Mi sento vuota. Mi sento lacerata. Mi sento una nullità.
Di fronte ad emozione che sono così intime e profonde, esternarle utilizzando la voce sembra essere praticamente impossibile. E allora ci limitiamo a rifletterle sul nostro corpo, lasciando che sia questo a parlare per noi, ad esprimere tutta la nostra voce inespressa.
La paura di ferire gli altri ci porta allora a farci del male, provocandoci ferite che lasciano il segno molto a lungo. Il nostro corpo diventa così il nostro capro espiatorio, un collage di dolore, paura, inadeguatezza, problemi, insicurezza, mancanza di autostima.
Adesso, perciò, dobbiamo cominciare a gridare. E farlo utilizzando la nostra VOCE, e non più il nostro CORPO. Dobbiamo gridare la nostra rabbia, la nostra insoddisfazione e il nostro dolore fino a che non avremo più voce. E allora ci accorgeremo che saremo riuscire comunque a farci sentire… e in un modo che non è più dannoso né lesivo per noi stesse.
Usiamo le nostre PAROLE, non il nostro CORPO. Le parole sono molto più potenti.
Quando siamo in balia dell’anoressia, troppo spesso dimentichiamo di utilizzare la nostra voce ed usiamo invece il nostro corpo per esprimere quello che proviamo.
Ho paura. Mi sento sola. Non sto bene con me stessa. Mi sono fatta del male. Sono triste. Mi sento vuota. Mi sento lacerata. Mi sento una nullità.
Di fronte ad emozione che sono così intime e profonde, esternarle utilizzando la voce sembra essere praticamente impossibile. E allora ci limitiamo a rifletterle sul nostro corpo, lasciando che sia questo a parlare per noi, ad esprimere tutta la nostra voce inespressa.
La paura di ferire gli altri ci porta allora a farci del male, provocandoci ferite che lasciano il segno molto a lungo. Il nostro corpo diventa così il nostro capro espiatorio, un collage di dolore, paura, inadeguatezza, problemi, insicurezza, mancanza di autostima.
Adesso, perciò, dobbiamo cominciare a gridare. E farlo utilizzando la nostra VOCE, e non più il nostro CORPO. Dobbiamo gridare la nostra rabbia, la nostra insoddisfazione e il nostro dolore fino a che non avremo più voce. E allora ci accorgeremo che saremo riuscire comunque a farci sentire… e in un modo che non è più dannoso né lesivo per noi stesse.
Usiamo le nostre PAROLE, non il nostro CORPO. Le parole sono molto più potenti.
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lunedì 22 febbraio 2010
Maschere
Ieri ero a lavoro nella città dove abita Fighter, così abbiamo colto l’occasione per incontrarci di nuovo. Lei è venuta a trovarmi in palestra, ed avevamo progettato di andare a vedere la sfilata del Carnevale, dopo, ma purtroppo il lavoro si è protratto fino a tarsi e non è stato possibile.
Purtroppo abbiamo avuto poco modo di parlarci, Fighter, ma sappi che io ti ho sentita. Ti ho sentita e ti ho pensata molto anche quando te ne sei andata.
E mi è venuto da pensare che a tanti ho rinfacciato che non hanno il coraggio di soffrire. Subito dopo mi è venuto in mente che non ho mai avuto il coraggio di non soffrire. Forse è questo ciò che ci tiene in sospeso – né di qua e né di là – sai?! Tutta la paura che fa la serenità. Capisco, Fighter, capisco quando mi dici che sorridi a tutti. Capisco quando mi parli di maschere. Come quelle che dovevamo andare a vedere insieme ieri. Le conosco fin troppo bene, le maschere.
Da qando sono entrata nell’anoressia, ho continuato a vestire maschere su maschere per ogni persona che incontro. Bugie. Per giustificare il mio corpo ho raccontato di avere problemi di assimilazione, per giustificare un “no” a qualsiasi torta ho inventato fantasiose intolleranze alimentari. Però non l’ho fatto solo per gli altri come spesso credo, e forse anche tu non l’hai fatto solo per gli altri. A casa mia, dopo 5 ricoveri infiniti a Villa Dei Pini, non c’era modo di essere guardata con una briciola di rispetto e comprensione. Mi arrivava tanta pietà, mi arrivavano occhi attenti, troppo attenti ad ogni mio passo, percepivo un’attesa da parte dei miei dell’ennesimo passo falso, quasi ci rimanevano male se questo passo tardava un po’. Purtroppo sono vissuta molti anni in una situazione al limite. Ma non volevo che, oltre i miei familiari, anche l’altra gente sapesse qualcosa della mia situazione. E così è cominciato il carnevale.
Non ne vado affatto fiera, mi maledico tutti i giorni, ma mi rendo anche conto che per adesso è l’unico modo che ho per custodire uno spazio segreto, inviolabile, e coltivarlo. Mi rendo conto che solo in questo modo riesco ad avvicinare le persone: mettendo una barriera semipermeabile tra me e loro, un volto che lascia passare qualcosa di mio ma non troppo. Però il numero delle maschere non è proporzionale affatto a quello che c’è dietro. E qualcosa dietro c’è, altrimenti non avrebbe senso coprirlo.
Mi hai detto che non ti senti a tuo agio con il tuo corpo, adesso. Tu hai un corpo che non senti, ma ce l’hai. Questa è una constatazione dolorosa ma contemporaneamente può essere un trampolino di lancio. Mi hai parlato di fasi: nelle fasi è implicito un percorso. Anche io avrei voglia di dirti di lottare, di non mollare… ma lo vedi come siamo? Perché non riusciamo mai a dircelo? Perché ci reputiamo così poco credibili? Perché dentro di noi crediamo fermamente che ci sia una ragione per essere qui, per parlarci, e poi fatichiamo così tanto per darle importanza, per renderla il motore di noi stesse? Adesso vorrei tanto avere un corpo che mi faccia respirare in pace. Tutto il dolore fisico che si sente, la debolezza, la stanchezza, dovrebbero essere sufficienti per rendere quell’ “esaltazione nel restringere” qualcosa di estremamente meno potente. Ci sto provando. Ogni chilo è una vittoria da una parte, una sconfitta dall’altra…
Proviamoci insieme, eh, Figher?! (Proviamoci insieme, eh, ragazze?!). Possiamo davvero essere più forti se combattiamo insieme. Combattiamo.
Ti voglio bene, amore. Ma tanto tanto. Spero di riabbracciarti prestissimo.
Purtroppo abbiamo avuto poco modo di parlarci, Fighter, ma sappi che io ti ho sentita. Ti ho sentita e ti ho pensata molto anche quando te ne sei andata.
E mi è venuto da pensare che a tanti ho rinfacciato che non hanno il coraggio di soffrire. Subito dopo mi è venuto in mente che non ho mai avuto il coraggio di non soffrire. Forse è questo ciò che ci tiene in sospeso – né di qua e né di là – sai?! Tutta la paura che fa la serenità. Capisco, Fighter, capisco quando mi dici che sorridi a tutti. Capisco quando mi parli di maschere. Come quelle che dovevamo andare a vedere insieme ieri. Le conosco fin troppo bene, le maschere.
Da qando sono entrata nell’anoressia, ho continuato a vestire maschere su maschere per ogni persona che incontro. Bugie. Per giustificare il mio corpo ho raccontato di avere problemi di assimilazione, per giustificare un “no” a qualsiasi torta ho inventato fantasiose intolleranze alimentari. Però non l’ho fatto solo per gli altri come spesso credo, e forse anche tu non l’hai fatto solo per gli altri. A casa mia, dopo 5 ricoveri infiniti a Villa Dei Pini, non c’era modo di essere guardata con una briciola di rispetto e comprensione. Mi arrivava tanta pietà, mi arrivavano occhi attenti, troppo attenti ad ogni mio passo, percepivo un’attesa da parte dei miei dell’ennesimo passo falso, quasi ci rimanevano male se questo passo tardava un po’. Purtroppo sono vissuta molti anni in una situazione al limite. Ma non volevo che, oltre i miei familiari, anche l’altra gente sapesse qualcosa della mia situazione. E così è cominciato il carnevale.
Non ne vado affatto fiera, mi maledico tutti i giorni, ma mi rendo anche conto che per adesso è l’unico modo che ho per custodire uno spazio segreto, inviolabile, e coltivarlo. Mi rendo conto che solo in questo modo riesco ad avvicinare le persone: mettendo una barriera semipermeabile tra me e loro, un volto che lascia passare qualcosa di mio ma non troppo. Però il numero delle maschere non è proporzionale affatto a quello che c’è dietro. E qualcosa dietro c’è, altrimenti non avrebbe senso coprirlo.
Mi hai detto che non ti senti a tuo agio con il tuo corpo, adesso. Tu hai un corpo che non senti, ma ce l’hai. Questa è una constatazione dolorosa ma contemporaneamente può essere un trampolino di lancio. Mi hai parlato di fasi: nelle fasi è implicito un percorso. Anche io avrei voglia di dirti di lottare, di non mollare… ma lo vedi come siamo? Perché non riusciamo mai a dircelo? Perché ci reputiamo così poco credibili? Perché dentro di noi crediamo fermamente che ci sia una ragione per essere qui, per parlarci, e poi fatichiamo così tanto per darle importanza, per renderla il motore di noi stesse? Adesso vorrei tanto avere un corpo che mi faccia respirare in pace. Tutto il dolore fisico che si sente, la debolezza, la stanchezza, dovrebbero essere sufficienti per rendere quell’ “esaltazione nel restringere” qualcosa di estremamente meno potente. Ci sto provando. Ogni chilo è una vittoria da una parte, una sconfitta dall’altra…
Proviamoci insieme, eh, Figher?! (Proviamoci insieme, eh, ragazze?!). Possiamo davvero essere più forti se combattiamo insieme. Combattiamo.
Ti voglio bene, amore. Ma tanto tanto. Spero di riabbracciarti prestissimo.

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ricovero
venerdì 19 febbraio 2010
Non smettere di combattere
Ci sono momento in cui la strada del ricovero si fa particolarmente dura. Momenti in cui non si può fare a meno di pensare che tutto questo non finirà mai. Che l’anoressia avrà sempre la meglio su di noi. Che staremo sempre così male. Che non possiamo farne a meno. Che non riusciremo mai a seguire la strada del ricovero.
Quando questi pensieri minacciano d’invadere la nostra mente, diciamogli subito: STOP.
Non sta scritto da nessuna parte che dev’essere così. Un giorno, sì, un giorno riusciremo a superare questo nostro dolore. Se continuiamo a combattere, ce la faremo. Il ricovero lavora soltanto se noi lavoriamo al ricovero. Perché il ricovero è un processo, non un evento.
Perciò, non smettiamo mai di combattere.
Tu puoi percorrere la strada del ricovero. Sì, proprio tu. Combatti per continuare a percorrere questa strada, fosse anche l’ultima cosa che fai. Anche quando pensi che l’anoressia ti ha portato via tutto e che non ti è rimasto più niente, in realtà una cosa ce l’hai ancora: la speranza. E la forza per combattere. Continua a farlo. Non smettere mai.
Quando questi pensieri minacciano d’invadere la nostra mente, diciamogli subito: STOP.
Non sta scritto da nessuna parte che dev’essere così. Un giorno, sì, un giorno riusciremo a superare questo nostro dolore. Se continuiamo a combattere, ce la faremo. Il ricovero lavora soltanto se noi lavoriamo al ricovero. Perché il ricovero è un processo, non un evento.
Perciò, non smettiamo mai di combattere.
Tu puoi percorrere la strada del ricovero. Sì, proprio tu. Combatti per continuare a percorrere questa strada, fosse anche l’ultima cosa che fai. Anche quando pensi che l’anoressia ti ha portato via tutto e che non ti è rimasto più niente, in realtà una cosa ce l’hai ancora: la speranza. E la forza per combattere. Continua a farlo. Non smettere mai.
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martedì 16 febbraio 2010
Orgogliose di noi stesse
Tutte vorremo l’approvazione altrui. Tutte vorremmo essere accettate, amate e rispettate esattamente per quello che siamo.
Ma che cosa succede quando le cose non vanno così? Cosa succede quando le persone che amiamo e dalle quali ricerchiamo disperatamente approvazione non ci accettano per quello che siamo? Che possiamo fare? Dobbiamo provare a compiacerli? Dobbiamo cercare di conformarci al loro standard, annullando quello che siamo, dimenticando i nostri sogni e i nostri obiettivi?
La disapprovazione altrui è un grosso peso da sopportare. È una delle cose che contribuisce a mantenerci legate all’anoressia. Perché, in fin dei conti vorremmo tutte essere guardate, essere accettate per quello che siamo, avere vicino qualcuno che ci dice: “Sono orgoglioso/a di te”. Vorremmo tutte tirare fuori la nostra forza, e pensiamo che l’anoressia possa essere un modo per farlo… ma, in realtà, con l’anoressia stiamo tirando fuori solo la nostra debolezza.
Purtroppo, ci saranno sempre persone che non ci accetteranno per quello che siamo. Perciò, tutto quello che dovremmo cercare di fare è smetterla di cercare l’altrui approvazione, e cercare di trovare quest’approvazione dentro noi stesse.
Forse il resto del mondo non sarà mai fiero di quello che stiamo facendo… ma questo non significa che ciò per cui stiamo combattendo è un qualcosa per cui non vale la pena. Il fatto che gli altri non vedano il fine delle nostre azioni, non significa che queste siano prive di scopo. Anche se gli altri non riusciranno mai a vedere la nostra forza nella vita di tutti i giorni, non significa che noi quella forza non ce l’abbiamo.
Piacerebbe certo a tutte sentirsi dire dagli altri che sono orgogliosi di noi… ma questo è solo un sogno che non si realizzerà mai. Perciò, ragazze, è arrivato il momento di svegliarsi. E di smetterla di ascoltare e di cercare di attendere le aspettative altrui.
Rendiamoci libere da questa schiavitù del compiacere gli altri ad ogni costo. Rendiamoci libere dall’anoressia. Non abbiamo bisogno degli altri per essere orgogliose di noi stesse. Dobbiamo essere orgogliose di noi stesse. Perché lo meritiamo. Dobbiamo essere fiere di quello che siamo riuscite a fare finora e di quello che riusciremo a costruire in futuro.
La strada del ricovero è lunga e dura, ma solo per il fatto che abbiamo deciso di percorrerla dobbiamo essere orgogliose di noi stesse.
Ma che cosa succede quando le cose non vanno così? Cosa succede quando le persone che amiamo e dalle quali ricerchiamo disperatamente approvazione non ci accettano per quello che siamo? Che possiamo fare? Dobbiamo provare a compiacerli? Dobbiamo cercare di conformarci al loro standard, annullando quello che siamo, dimenticando i nostri sogni e i nostri obiettivi?
La disapprovazione altrui è un grosso peso da sopportare. È una delle cose che contribuisce a mantenerci legate all’anoressia. Perché, in fin dei conti vorremmo tutte essere guardate, essere accettate per quello che siamo, avere vicino qualcuno che ci dice: “Sono orgoglioso/a di te”. Vorremmo tutte tirare fuori la nostra forza, e pensiamo che l’anoressia possa essere un modo per farlo… ma, in realtà, con l’anoressia stiamo tirando fuori solo la nostra debolezza.
Purtroppo, ci saranno sempre persone che non ci accetteranno per quello che siamo. Perciò, tutto quello che dovremmo cercare di fare è smetterla di cercare l’altrui approvazione, e cercare di trovare quest’approvazione dentro noi stesse.
Forse il resto del mondo non sarà mai fiero di quello che stiamo facendo… ma questo non significa che ciò per cui stiamo combattendo è un qualcosa per cui non vale la pena. Il fatto che gli altri non vedano il fine delle nostre azioni, non significa che queste siano prive di scopo. Anche se gli altri non riusciranno mai a vedere la nostra forza nella vita di tutti i giorni, non significa che noi quella forza non ce l’abbiamo.
Piacerebbe certo a tutte sentirsi dire dagli altri che sono orgogliosi di noi… ma questo è solo un sogno che non si realizzerà mai. Perciò, ragazze, è arrivato il momento di svegliarsi. E di smetterla di ascoltare e di cercare di attendere le aspettative altrui.
Rendiamoci libere da questa schiavitù del compiacere gli altri ad ogni costo. Rendiamoci libere dall’anoressia. Non abbiamo bisogno degli altri per essere orgogliose di noi stesse. Dobbiamo essere orgogliose di noi stesse. Perché lo meritiamo. Dobbiamo essere fiere di quello che siamo riuscite a fare finora e di quello che riusciremo a costruire in futuro.
La strada del ricovero è lunga e dura, ma solo per il fatto che abbiamo deciso di percorrerla dobbiamo essere orgogliose di noi stesse.
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sabato 13 febbraio 2010
Cose da ricordare lungo la strada del ricovero
Ci sono alcune cose che, sebbene magari dentro di noi sappiamo, è comunque sempre bene mantenere fresche a mente, nel momento in cui si sta percorrendo la strada del ricovero.
1 – La nostra vita è solo ed unicamente nelle nostre mani. Possiamo decidere di cambiarla totalmente, e decidere in che modo farlo. Dipende tutto solo da noi.
2 – Il cibo non ha niente a che vedere con i nostri sentimenti.
3 – Se si cade anche per mille volte… dentro di noi abbiamo la forza per rialzarci mille e una volta.
4 – Il nostro futuro è molto più importante dell’anoressia. Perché l’anoressia non ci permette di avere un futuro.
5 – Farci del male non servirà ad altro che ad accrescere il nostro dolore.
6 – L’anoressia comporta seri danni da un punto di vista prettamente fisico: non è decisamente una scelta vantaggiosa.
7 – Ciascuna di noi è capace di essere qualcosa di molto più grande ed importante che non “anoressica”.
8 – Il tempo impiegato per mettere in atto comportamenti disfunzionali può essere viceversa usato per fare qualcosa di positivo e creativo per noi stesse.
9 – Ciascuna di noi ha la possibilità di scegliere se permettere a ciò che ci accade nella vita di crearci o di distruggerci.
10 – Le ricadute sono inevitabili per tutte. Bisogna puntare al progresso, non alla “perfezione”.
11 – Ci vuole tanto tempo perché si sviluppi un DCA… altrettanto è necessario al ricovero.
12 – Talvolta può essere utile persino ridere di noi stesse.
13 – La forza per proseguire la strada del ricovero può essere inaspettatamente tratta da tutto ciò che ci circonda.
14 – La speranza è un qualcosa di concreto. E più si lavora duro, più ne abbiamo.
15 – Quello che gli altri pensano di noi non è un nostro problema. Semmai, è un problema loro.
16 – Non cerchiamo di fare grandi passi tutti insieme, ma tanti piccoli passi delle quali dobbiamo essere felici perché, sommati insieme, danno un grande passo.
17 – Proviamo ad essere aperte a tutto ciò che la vita ci porrà di fronte.
18 – Usiamo la nostra voce per gridare quanto stiamo male, non il nostro corpo.
19 – Ci sarà sempre almeno una persona più bella/magra/simpatica/sexy/intelligente di noi. Compariamo e dimentichiamo. Siamo quello che siamo, e non c’è niente di meglio al mondo.
20 – Gli errori altrui non sono giustificazioni per le nostre ricadute.
21 – Percorrere la strada del ricovero vale sempre e comunque la pena.
P.S.= Sono finalmente riuscita a trovare una psicoterapeuta che lavora nella mia zona! Da Mercoledì ricomincio la psicoterapia!!!
1 – La nostra vita è solo ed unicamente nelle nostre mani. Possiamo decidere di cambiarla totalmente, e decidere in che modo farlo. Dipende tutto solo da noi.
2 – Il cibo non ha niente a che vedere con i nostri sentimenti.
3 – Se si cade anche per mille volte… dentro di noi abbiamo la forza per rialzarci mille e una volta.
4 – Il nostro futuro è molto più importante dell’anoressia. Perché l’anoressia non ci permette di avere un futuro.
5 – Farci del male non servirà ad altro che ad accrescere il nostro dolore.
6 – L’anoressia comporta seri danni da un punto di vista prettamente fisico: non è decisamente una scelta vantaggiosa.
7 – Ciascuna di noi è capace di essere qualcosa di molto più grande ed importante che non “anoressica”.
8 – Il tempo impiegato per mettere in atto comportamenti disfunzionali può essere viceversa usato per fare qualcosa di positivo e creativo per noi stesse.
9 – Ciascuna di noi ha la possibilità di scegliere se permettere a ciò che ci accade nella vita di crearci o di distruggerci.
10 – Le ricadute sono inevitabili per tutte. Bisogna puntare al progresso, non alla “perfezione”.
11 – Ci vuole tanto tempo perché si sviluppi un DCA… altrettanto è necessario al ricovero.
12 – Talvolta può essere utile persino ridere di noi stesse.
13 – La forza per proseguire la strada del ricovero può essere inaspettatamente tratta da tutto ciò che ci circonda.
14 – La speranza è un qualcosa di concreto. E più si lavora duro, più ne abbiamo.
15 – Quello che gli altri pensano di noi non è un nostro problema. Semmai, è un problema loro.
16 – Non cerchiamo di fare grandi passi tutti insieme, ma tanti piccoli passi delle quali dobbiamo essere felici perché, sommati insieme, danno un grande passo.
17 – Proviamo ad essere aperte a tutto ciò che la vita ci porrà di fronte.
18 – Usiamo la nostra voce per gridare quanto stiamo male, non il nostro corpo.
19 – Ci sarà sempre almeno una persona più bella/magra/simpatica/sexy/intelligente di noi. Compariamo e dimentichiamo. Siamo quello che siamo, e non c’è niente di meglio al mondo.
20 – Gli errori altrui non sono giustificazioni per le nostre ricadute.
21 – Percorrere la strada del ricovero vale sempre e comunque la pena.
P.S.= Sono finalmente riuscita a trovare una psicoterapeuta che lavora nella mia zona! Da Mercoledì ricomincio la psicoterapia!!!
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mercoledì 10 febbraio 2010
Scusate Superchick!
ATTENZIONE!: POST MOLTO IRONICO.
ATTENTION!: VERY IRONIC POST.
ATTENTION!: POST TRèS IRONIQUE.
ВНИМАНИЕ!: “POST” (-ПOCTь-) ОЧЕНЬ ИРОНИЧЕСКИЙ.
(chiunque conoscesse altre lingue è caldamente pregata di fornire traduzione... ^___^)
Allora, ecco il punto. C’è questa band che si chiama Superchick, che ha scritto, tra le altre, una canzone – appartenente all’album “Beauty from pain” – che io trovo bellissima: “Courage”.
Il soggetto di questa canzone è indubbiamente l’anoressia e, anche se non sono riuscita a capire bene il perché, le ragazze che si definiscono “pro-ana” l’hanno adottata come una sorta di loro “inno nazionale”. Su YouTube, infatti, ci sono centinaia di video “pro-ana/thinspo” che utilizzano questa canzone come colonna sonora. Questo, secondo me, è semplicemente assurdo e insensato.
A parte il fatto che non posso fare a meno di chiedermi come si sentiranno i Superchick se sono venuti al corrente di questa notizia…
Ad ogni modo, sebbene le ragazze che si dicono “pro-ana” abbiano dissacrato in ogni modo questa meravigliosa canzone, io credo che, viceversa, questo sia un pezzo che si limita a dare una descrizione di quella che è la vita quotidiana con l’anoressia, nonché una serie d’incoraggiamenti ad abbandonare questo vicolo cieco per unirsi alle persone che già vi stanno lottando contro, al fine d’intraprendere la strada della luce. Tutto il contrario della "linea di pensiero pro-ana", insomma...
Ve ne riporto alcuni stralci, tanto per farvi capire quello che intendo dire…
“…I don't know the first time I felt unbeautiful / The day I chose not to eat / What I do know is how I've changed my life forever / I know I should know better…”
“…Non so quand’è stata la prima volta in cui mi sono sentita male con me stessa / Il giorno in cui ho deciso d’iniziare a restringere / Quel che so adesso è che ciò ha cambiato per sempre la mia vita / e mi rendo conto che avrei dovuto saperlo meglio…”
E non è forse così? S’inizia quando non ci si sente più a nostro agio con noi stesse. E si continua. E quando ci si rende conto di tutto quello che abbiamo distrutto, ci si chiede come abbiamo fatto a non rendercene conto fin dall’inizio. Questo non è quello che le ragazze “pro-ana” tanto decantano come “delirio d’onnipotenza”… questo è semplicemente delirio d’impotenza.
“…There are days when I'm OK / And for a moment, for a moment I find hope / But there are days when I'm not OK / And I need your help / So I'm letting go…”
“…Ci sono giorni in cui mi sento OK / e per un momento, per un momento trovo la speranza / Ma ci sono giorni in cui non mi sento affatto OK / e ho bisogno del vostro aiuto / per non lasciarmi andare…”
Non è così per tutte la strada del ricovero? Ci sono giorni in cui si sta meglio, giorni in cui camminare per questa via sembra più semplice, giorni in cui ci sembra di riuscire a vedere la luce, e altri giorni in cui ci sentiamo nuovamente risucchiate dalle tenebre dell’anoressia. Ed è proprio in questi momenti che, come dice la canzone, dobbiamo sostenerci a vicenda… per non lasciarci andare.
“…You should know you're not on your own / These secrets are walls that keep us alone / I don't know when but I know now / Together we'll make it through somehow…”
“…Devi sapere che non sei sola / Questi segreti sono mura che ci isolano lasciandoci da sole / Io non so quando, ma lo so con certezza / Insieme possiamo andare avanti in un modo o nell’altro…”
E queste sono le parole che vorrei rivolgere a tutte voi, ragazze. Non siete sole. Io sono qui. Noi tutte siamo qui. Forse non sarà oggi, nè domani, nè tra un anno… ma possiamo continuare a camminare. E, insieme, possiamo farcela.
“…I need you to know / I'm not through the night / Some days I'm still fighting to walk towards the light / I need you to know / That we'll be OK / Together we can make it through another day…”
“…Voglio che voi sappiate / che non sto più nelle tenebre / ogni giorno combatto per camminare verso la luce / Voglio che voi sappiate / che andrà tutto bene / Insieme possiamo andare avanti almeno per un altro giorno…”
Che sono le parole che auguro a tutte di riuscire a pronunciare, prima o poi. Sì, ragazze, insieme possiamo riuscire ad andare avanti almeno per un altro giorno. E per un altro ancora. E per tutti quelli a venire.
Questa, in conclusione, non mi sembra per niente una canzone “pro-ana”! E se queste ragazze la vedono come tale… bè, Sucperchick, vi chiedo scusa anche a nome loro… del resto, è noto che la malnutrizione altera i circuiti neuronali causa carenza di serotonina, quindi… SCUSATE!!
Del resto, ci vuole un ENORME “COURAGE” per intraprendere la strada del ricovero e continuare a percorrerla giorno dopo giorno… perciò, questa canzone non può in alcun modo essere “pro-ana”! ^___^
ATTENTION!: VERY IRONIC POST.
ATTENTION!: POST TRèS IRONIQUE.
ВНИМАНИЕ!: “POST” (-ПOCTь-) ОЧЕНЬ ИРОНИЧЕСКИЙ.
(chiunque conoscesse altre lingue è caldamente pregata di fornire traduzione... ^___^)
Allora, ecco il punto. C’è questa band che si chiama Superchick, che ha scritto, tra le altre, una canzone – appartenente all’album “Beauty from pain” – che io trovo bellissima: “Courage”.
Il soggetto di questa canzone è indubbiamente l’anoressia e, anche se non sono riuscita a capire bene il perché, le ragazze che si definiscono “pro-ana” l’hanno adottata come una sorta di loro “inno nazionale”. Su YouTube, infatti, ci sono centinaia di video “pro-ana/thinspo” che utilizzano questa canzone come colonna sonora. Questo, secondo me, è semplicemente assurdo e insensato.
A parte il fatto che non posso fare a meno di chiedermi come si sentiranno i Superchick se sono venuti al corrente di questa notizia…
Ad ogni modo, sebbene le ragazze che si dicono “pro-ana” abbiano dissacrato in ogni modo questa meravigliosa canzone, io credo che, viceversa, questo sia un pezzo che si limita a dare una descrizione di quella che è la vita quotidiana con l’anoressia, nonché una serie d’incoraggiamenti ad abbandonare questo vicolo cieco per unirsi alle persone che già vi stanno lottando contro, al fine d’intraprendere la strada della luce. Tutto il contrario della "linea di pensiero pro-ana", insomma...
Ve ne riporto alcuni stralci, tanto per farvi capire quello che intendo dire…
“…I don't know the first time I felt unbeautiful / The day I chose not to eat / What I do know is how I've changed my life forever / I know I should know better…”
“…Non so quand’è stata la prima volta in cui mi sono sentita male con me stessa / Il giorno in cui ho deciso d’iniziare a restringere / Quel che so adesso è che ciò ha cambiato per sempre la mia vita / e mi rendo conto che avrei dovuto saperlo meglio…”
E non è forse così? S’inizia quando non ci si sente più a nostro agio con noi stesse. E si continua. E quando ci si rende conto di tutto quello che abbiamo distrutto, ci si chiede come abbiamo fatto a non rendercene conto fin dall’inizio. Questo non è quello che le ragazze “pro-ana” tanto decantano come “delirio d’onnipotenza”… questo è semplicemente delirio d’impotenza.
“…There are days when I'm OK / And for a moment, for a moment I find hope / But there are days when I'm not OK / And I need your help / So I'm letting go…”
“…Ci sono giorni in cui mi sento OK / e per un momento, per un momento trovo la speranza / Ma ci sono giorni in cui non mi sento affatto OK / e ho bisogno del vostro aiuto / per non lasciarmi andare…”
Non è così per tutte la strada del ricovero? Ci sono giorni in cui si sta meglio, giorni in cui camminare per questa via sembra più semplice, giorni in cui ci sembra di riuscire a vedere la luce, e altri giorni in cui ci sentiamo nuovamente risucchiate dalle tenebre dell’anoressia. Ed è proprio in questi momenti che, come dice la canzone, dobbiamo sostenerci a vicenda… per non lasciarci andare.
“…You should know you're not on your own / These secrets are walls that keep us alone / I don't know when but I know now / Together we'll make it through somehow…”
“…Devi sapere che non sei sola / Questi segreti sono mura che ci isolano lasciandoci da sole / Io non so quando, ma lo so con certezza / Insieme possiamo andare avanti in un modo o nell’altro…”
E queste sono le parole che vorrei rivolgere a tutte voi, ragazze. Non siete sole. Io sono qui. Noi tutte siamo qui. Forse non sarà oggi, nè domani, nè tra un anno… ma possiamo continuare a camminare. E, insieme, possiamo farcela.
“…I need you to know / I'm not through the night / Some days I'm still fighting to walk towards the light / I need you to know / That we'll be OK / Together we can make it through another day…”
“…Voglio che voi sappiate / che non sto più nelle tenebre / ogni giorno combatto per camminare verso la luce / Voglio che voi sappiate / che andrà tutto bene / Insieme possiamo andare avanti almeno per un altro giorno…”
Che sono le parole che auguro a tutte di riuscire a pronunciare, prima o poi. Sì, ragazze, insieme possiamo riuscire ad andare avanti almeno per un altro giorno. E per un altro ancora. E per tutti quelli a venire.
Questa, in conclusione, non mi sembra per niente una canzone “pro-ana”! E se queste ragazze la vedono come tale… bè, Sucperchick, vi chiedo scusa anche a nome loro… del resto, è noto che la malnutrizione altera i circuiti neuronali causa carenza di serotonina, quindi… SCUSATE!!
Del resto, ci vuole un ENORME “COURAGE” per intraprendere la strada del ricovero e continuare a percorrerla giorno dopo giorno… perciò, questa canzone non può in alcun modo essere “pro-ana”! ^___^
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