sabato 31 ottobre 2009
A voi la parola / 12
“A voi la parola” di questo mese lascia spazio alle riflessioni di Almacattleya, che ha deciso di condividere con noi i suoi pensieri sul tema della “bellezza”, una “bellezza” che lei intende non come senso estetico, ma nel campo della vita. E quale interpretazione migliore?
Qualche ora fa sento un ragazzo che conosco narrare della famosa scena del sacchetto di “American Beauty” (chi non l'ha visto, dovrebbe farlo) e riporta le parole del film e così mi riporta a quello stupore iniziale quando l'ho visto per la prima volta, a quella meraviglia di fronte ad un normale comunissimo sacchetto di plastica che, grazie a un vento leggero, prende vita e danza. Siamo noi quelli che guardiamo quel sacchetto e siamo sempre noi che ci commuoviamo di fronte a questa piccola “...bambina che chiede di giocare...”. Perché è così la vita: ci chiede di giocare momento per momento, attimo per attimo. Ci chiede di essere presenti e attraverso la bellezza ce lo ricorda sempre come se fosse una promessa da mantenere. La bellezza non è solo quella dei concorsi, non è solo quella del quesito "Preferisci un/a uomo/donna bello/a ma stupido/a o brutto/a ma intelligente?", la bellezza non è solo un fattore estetico dove vige un'armonia così rigida che ogni menomazione viene scartata. Anche in chi è menomato c'è bellezza perché c'è vita in lui. La bellezza è qualcosa che ti ferisce, è come una tempesta che ti coglie impreparato e che ti ferisce, ma tu non senti dolore. Magari scende una lacrima, ma è per dire "...grazie, grazie per essere passata, per avermi lasciato il segno" e come il ragazzo del film ricorderai sempre.
Allego qua sotto aforismi di personaggi famosi più o meno conosciuti riguardo la bellezza:
- La bellezza delle cose esiste nella mente che le contempla. (David Hume)
- Bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio; noi siamo l'eternità e noi siamo lo specchio. (Kahlil Gibran)
- Ciò che ho sempre cercato è la bellezza in tutte le sue forme. (Joan Crawford)
- Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, che non hanno mai inciampato. A coloro non si è svelata la bellezza della vita. (Boris Pasternak)
- Il mistero della vita sta nella ricerca della bellezza. (Billy Wilder)
- La bellezza ci può trafiggere come un dolore. (Thomas Mann)
- La bellezza è verità e la verità è bellezza. Questo è tutto ciò che voi sapete in terra e tutto ciò che vi occorrerà sapere. (John Keats)
- La bellezza non può essere interrogata: regna per diritto divino. (Oscar Wilde)
- La vera bellezza, dopotutto, sa nella purezza del cuore. (Gandhi)
- La bellezza non sta nel viso, ma nella luce nel cuore. (Kahlil Gibran)
- Non incontrerai mai due volti assolutamente identici. Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose relative. Ciascun volto è simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. (Tahar Ben Jelloun)
- La bellezza è estasi; è semplice come l'odore del cibo. Non si può dire altro sostanzialmente, è come il profumo di una rosa: lo puoi solo odorare. (William Somerset Maugham)
- La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori (Alda Merini)
Altri aforismi della bellezza ce ne sono. Intanto io voglio finire con un aforisma di Dostoevskij:
La bellezza salverà il mondo
Cara Almacattleya, ti ringrazio per le tue parole e le tue riflessioni.
E’ vero, la bellezza è in tutto ciò cui noi associamo questo termine, un qualcosa che deroga per lo più completamente dall’esteriorità per andare a far affiorare un interiorità bruciante e ricca di meravigliose sorprese. L’interpretazione che noi diamo a ciò che ci circonda e a come lo viviamo è la chiave per afferrare la vera bellezza di tutto ciò che ci circonda.
La tua raccolta di aforismi sulla bellezza è una vera iniezione di positività! Ragazze, vi consiglio di riportarvi queste frasi su tanti Post-It e di appenderle sulla parete della vostra camera, o comunque ovunque possiate leggerle quando vi sentite un po’ giù, per rientrare subito in rotta e ripartire con più grinta e determinazione che mai; perché ciascuna di queste frasi parla al cuore e dice veramente come stanno le cose sul serio.
A proposito, qual è il vostro aforisma sulla bellezza preferito?
Anche rispondere a questa domanda è un buon primo passo per scoprire su quale frase concentrarsi per mantenere il pensiero positivo…
P.S.= Qualcuna di voi domani sarà a Lucca per il “Lucca Comics & Games”?? Io sì, faccio la cosplayer… ^__^
Qualche ora fa sento un ragazzo che conosco narrare della famosa scena del sacchetto di “American Beauty” (chi non l'ha visto, dovrebbe farlo) e riporta le parole del film e così mi riporta a quello stupore iniziale quando l'ho visto per la prima volta, a quella meraviglia di fronte ad un normale comunissimo sacchetto di plastica che, grazie a un vento leggero, prende vita e danza. Siamo noi quelli che guardiamo quel sacchetto e siamo sempre noi che ci commuoviamo di fronte a questa piccola “...bambina che chiede di giocare...”. Perché è così la vita: ci chiede di giocare momento per momento, attimo per attimo. Ci chiede di essere presenti e attraverso la bellezza ce lo ricorda sempre come se fosse una promessa da mantenere. La bellezza non è solo quella dei concorsi, non è solo quella del quesito "Preferisci un/a uomo/donna bello/a ma stupido/a o brutto/a ma intelligente?", la bellezza non è solo un fattore estetico dove vige un'armonia così rigida che ogni menomazione viene scartata. Anche in chi è menomato c'è bellezza perché c'è vita in lui. La bellezza è qualcosa che ti ferisce, è come una tempesta che ti coglie impreparato e che ti ferisce, ma tu non senti dolore. Magari scende una lacrima, ma è per dire "...grazie, grazie per essere passata, per avermi lasciato il segno" e come il ragazzo del film ricorderai sempre.
Allego qua sotto aforismi di personaggi famosi più o meno conosciuti riguardo la bellezza:
- La bellezza delle cose esiste nella mente che le contempla. (David Hume)
- Bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio; noi siamo l'eternità e noi siamo lo specchio. (Kahlil Gibran)
- Ciò che ho sempre cercato è la bellezza in tutte le sue forme. (Joan Crawford)
- Io non amo la gente perfetta, quelli che non sono mai caduti, che non hanno mai inciampato. A coloro non si è svelata la bellezza della vita. (Boris Pasternak)
- Il mistero della vita sta nella ricerca della bellezza. (Billy Wilder)
- La bellezza ci può trafiggere come un dolore. (Thomas Mann)
- La bellezza è verità e la verità è bellezza. Questo è tutto ciò che voi sapete in terra e tutto ciò che vi occorrerà sapere. (John Keats)
- La bellezza non può essere interrogata: regna per diritto divino. (Oscar Wilde)
- La vera bellezza, dopotutto, sa nella purezza del cuore. (Gandhi)
- La bellezza non sta nel viso, ma nella luce nel cuore. (Kahlil Gibran)
- Non incontrerai mai due volti assolutamente identici. Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose relative. Ciascun volto è simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. (Tahar Ben Jelloun)
- La bellezza è estasi; è semplice come l'odore del cibo. Non si può dire altro sostanzialmente, è come il profumo di una rosa: lo puoi solo odorare. (William Somerset Maugham)
- La bellezza non è che il disvelamento di una tenebra caduta e della luce che ne è venuta fuori (Alda Merini)
Altri aforismi della bellezza ce ne sono. Intanto io voglio finire con un aforisma di Dostoevskij:
La bellezza salverà il mondo
Cara Almacattleya, ti ringrazio per le tue parole e le tue riflessioni.
E’ vero, la bellezza è in tutto ciò cui noi associamo questo termine, un qualcosa che deroga per lo più completamente dall’esteriorità per andare a far affiorare un interiorità bruciante e ricca di meravigliose sorprese. L’interpretazione che noi diamo a ciò che ci circonda e a come lo viviamo è la chiave per afferrare la vera bellezza di tutto ciò che ci circonda.
La tua raccolta di aforismi sulla bellezza è una vera iniezione di positività! Ragazze, vi consiglio di riportarvi queste frasi su tanti Post-It e di appenderle sulla parete della vostra camera, o comunque ovunque possiate leggerle quando vi sentite un po’ giù, per rientrare subito in rotta e ripartire con più grinta e determinazione che mai; perché ciascuna di queste frasi parla al cuore e dice veramente come stanno le cose sul serio.
A proposito, qual è il vostro aforisma sulla bellezza preferito?
Anche rispondere a questa domanda è un buon primo passo per scoprire su quale frase concentrarsi per mantenere il pensiero positivo…
P.S.= Qualcuna di voi domani sarà a Lucca per il “Lucca Comics & Games”?? Io sì, faccio la cosplayer… ^__^
Etichette:
a voi la parola,
aforismi,
almacattleya,
anoressia,
bellezza,
bulimia,
dca,
no pro-ana,
positività,
ricovero
mercoledì 28 ottobre 2009
Domanda #3: Lavori in corso
“C’è stato un momento preciso in cui hai cominciato a combattere contro l’anoressia piuttosto che subirla? Oppure è avvenuto tutto in maniera molto fluida, man mano che ti facevi i tuoi ricoveri? In che cosa consiste la tua battaglia giornaliera contro l’anoressia?
Te lo chiedo perchè sto vivendo un momento in cui non mi sembra di stare “attivamente” combattendo… come se mi stessi adagiando sui progressi fatti e lasciassi semplicemente scorrere in avanti la mia vita.
e
ti dedichi unicamente alla lotta contro l’anoressia?”
Ho promesso di rispondere ad ogni domanda, quindi oggi tocca a quelle che mi ha rivolto Wolfie. Mantenendo fede alle mie parole, chiunque voglia aggiungere qualche altra domanda, lasci un commento a QUESTO POST. Un po’ alla volta, state certe che risponderò a tutte.
Non posso indicare a dito un momento preciso in cui ho iniziato a combattere l’anoressia, poiché più volte ho avuto questo proposito, ho iniziato un percorso di ricovero, e poi mi sono smarrita per strada; tuttavia ognuna di queste volte il tutto è iniziato nel momento in cui mi sono resa conto che l’anoressia occupava talmente tanto spazio nella mia vita da aver cancellato ogni altra cosa. Il desiderio di riappropriami della mia vita – o meglio, di costruire qualcosa di nuovo, è sempre stata la molla che mi ha spinto a reagire, perché con l’anoressia stava finendo tutto, e io non volevo che tutto finisse così. Certo, quella contro l’anoressia è una battaglia che si compone di più fasi: una cosa è abolire i comportamenti restrittivi nel confronti del cibo, forse, per certi aspetti, la parte “più facile”, un’altra è confrontarsi con gli aspetti “mentali” dell’anoressia.
Per quanto riguarda la mia battaglia giornaliera, cerco di esautorare l’importanza dell’anoressia sulla mia vita: tento di oppormi ai comportamenti disfunzionali che tendo ad avere nei confronti del cibo, che cerco di visualizzare come una “medicina”, m’impongo di mangiare tutto quanto prescritto nell’ “equilibrio alimentare” che mi ha assegnato la mia dietista, mi dico “No!” quando mi assale la tentazione di fare checking, e cerco di evitare tutte le situazioni che potrebbero mettermi ansia e farmi riprecipitare nel pattern mentale dell’anoressia. Inoltre, tengo questo blog in cui cerco di dare una mano alle persone che stanno combattendo la mia stessa battaglia, e che mi aiuta a mantenermi nella giusta direzione.
Penso che tenere questo blog sia una parte molto importante nel mio percorso di ricovero: se non mi sforzassi ogni giorno di lottare contro l'anoressia, non riuscirei a darvi una mano come sto cercando di fare. Se dentro di me non ci fosse ancora la convinzione che combattere contro l'anoressia val la pena, credo proprio che non potrei scrivere i post che scrivo con una tale convinzione e sincerità. Non riuscirei ad esprimermi in questo modo, e non riuscirei a darvi consigli che, per esperienza personale, capisco essere funzionali.
Penso che, Wolfie, quando tu dici che ti senti come se non stessi "attivamente" combattendo, ma semplicemente facendo fluire la tua vita, questo significhi che in realtà hai già fatto molti passi avanti sulla strada del ricovero. Quando la vita va avanti ed è semplicemente vita, vuol dire che i pensieri indotti dall'anoressia si stanno poco a poco affievolendo. Io adesso ho un peso corretto, ma mi rendo conto che mi capita di ricadere nei tipici trip dell'anoressia: perciò uso regolarmente rinforzi positivi che mi aiutano a continuare ad andare avanti nella giusta direzione. Anche se è passato del tempo dall'ultima volta che ho ristretto l'alimentazione, certi pensieri continuano a tornare. E' per questo che sto tuttora combattendo.
Quando ho cominciato a combattere contro l'anoressia, non mi sono resa conto immediatamente che stavo meglio, ma poco a poco ho cominciato a stare meglio (mentalmente, emozionalmente e fisicamente) per un lasso relativamente lungo di tempo. Ovviamente non ho la pretesa nè la presunzione di riuscire a staccarmi totalmente dal mio vissuto, ma voglio essere quanto più sicura possibile che non avrò altre gravi ricadute, che non mi farò più influenzare da cose e persone, che proverò a vivere unicamente per me stessa in maniera sana.
Anche se sono stata ricoverata in un centro specializzato per DCA 5 volte, ho continuato ad avere ricadute, miriadi di pensieri disfunzionali e distorti, e anche se in certi momenti mi sentivo meglio, non stavo veramente bene. Ho cominciato a combattere seriamente poco più di un anno fa, Maggio 2008, e ancora non riesco a vedere tutto con chiarezza. Però credo che combattere sia già una vittoria.
Una precisazione - e questa per chiunque stia leggendo: non pensate neanche per un attimo che io sia una persona particolarmente forte, o determinata, o definitivamente fuori dal trip dell'anoressia. Non pensate che io non abbia momenti più tranquilli e momenti neri, come ogni qualsiasi essere umano. E non pensate che non ci siano giorni in cui, mettendomi davanti allo specchio, detesti il mio corpo. Mi sto confrontando con l'anoressia esattamente come tutte voi, ed è come se mi portassi appeso alla schiena un cartello con su scritto: "Lavori in corso". Ma sto combattendo... e potete farlo anche voi. Credetemi quando vi dico questo. Se mi aveste conosciuta, non so, anche solo 2 o 3 anni fa, avreste pensato che non avrei mai potuto essere la ragazza che sono oggi. Avreste visto una ragazza sottopeso, in perenne lotta contro se stessa, priva di speranza, completamente preda dell'anoressia. Avreste visto una persona con una marea di problemi tenacemente aggrappati ad un corpo troppo sottile per sostenerne il peso. Avreste visto l'ossessione, la distorsione, la perversa determinazione, il vuoto. Avreste visto una ragazza di fronte alla quale i medici scrollavano le spalle sussurrando: "Ah, la Veggie... bè, ma tanto quello è un caso cronico...". Oggi sono diversa. E' per questo che so che è possibile combattere e cambiare la propria vita. Se non lo sapessi, non scriverei su questo blog. on avrei tutta questa sicurezza e convinzione quando vi dico che potete farcela TUTTE.
Per chiunque stia pensando che io sia la wonder woman dell'anoressia, sappiate che sono assolutamente una ragazza "normale". Nè più e nè meno, esattamente come ciascuna di voi. Per questo so che ce la potete fare tutte quante. Perchè io lo sto facendo.
Te lo chiedo perchè sto vivendo un momento in cui non mi sembra di stare “attivamente” combattendo… come se mi stessi adagiando sui progressi fatti e lasciassi semplicemente scorrere in avanti la mia vita.
e
ti dedichi unicamente alla lotta contro l’anoressia?”
Ho promesso di rispondere ad ogni domanda, quindi oggi tocca a quelle che mi ha rivolto Wolfie. Mantenendo fede alle mie parole, chiunque voglia aggiungere qualche altra domanda, lasci un commento a QUESTO POST. Un po’ alla volta, state certe che risponderò a tutte.
Non posso indicare a dito un momento preciso in cui ho iniziato a combattere l’anoressia, poiché più volte ho avuto questo proposito, ho iniziato un percorso di ricovero, e poi mi sono smarrita per strada; tuttavia ognuna di queste volte il tutto è iniziato nel momento in cui mi sono resa conto che l’anoressia occupava talmente tanto spazio nella mia vita da aver cancellato ogni altra cosa. Il desiderio di riappropriami della mia vita – o meglio, di costruire qualcosa di nuovo, è sempre stata la molla che mi ha spinto a reagire, perché con l’anoressia stava finendo tutto, e io non volevo che tutto finisse così. Certo, quella contro l’anoressia è una battaglia che si compone di più fasi: una cosa è abolire i comportamenti restrittivi nel confronti del cibo, forse, per certi aspetti, la parte “più facile”, un’altra è confrontarsi con gli aspetti “mentali” dell’anoressia.
Per quanto riguarda la mia battaglia giornaliera, cerco di esautorare l’importanza dell’anoressia sulla mia vita: tento di oppormi ai comportamenti disfunzionali che tendo ad avere nei confronti del cibo, che cerco di visualizzare come una “medicina”, m’impongo di mangiare tutto quanto prescritto nell’ “equilibrio alimentare” che mi ha assegnato la mia dietista, mi dico “No!” quando mi assale la tentazione di fare checking, e cerco di evitare tutte le situazioni che potrebbero mettermi ansia e farmi riprecipitare nel pattern mentale dell’anoressia. Inoltre, tengo questo blog in cui cerco di dare una mano alle persone che stanno combattendo la mia stessa battaglia, e che mi aiuta a mantenermi nella giusta direzione.
Penso che tenere questo blog sia una parte molto importante nel mio percorso di ricovero: se non mi sforzassi ogni giorno di lottare contro l'anoressia, non riuscirei a darvi una mano come sto cercando di fare. Se dentro di me non ci fosse ancora la convinzione che combattere contro l'anoressia val la pena, credo proprio che non potrei scrivere i post che scrivo con una tale convinzione e sincerità. Non riuscirei ad esprimermi in questo modo, e non riuscirei a darvi consigli che, per esperienza personale, capisco essere funzionali.
Penso che, Wolfie, quando tu dici che ti senti come se non stessi "attivamente" combattendo, ma semplicemente facendo fluire la tua vita, questo significhi che in realtà hai già fatto molti passi avanti sulla strada del ricovero. Quando la vita va avanti ed è semplicemente vita, vuol dire che i pensieri indotti dall'anoressia si stanno poco a poco affievolendo. Io adesso ho un peso corretto, ma mi rendo conto che mi capita di ricadere nei tipici trip dell'anoressia: perciò uso regolarmente rinforzi positivi che mi aiutano a continuare ad andare avanti nella giusta direzione. Anche se è passato del tempo dall'ultima volta che ho ristretto l'alimentazione, certi pensieri continuano a tornare. E' per questo che sto tuttora combattendo.
Quando ho cominciato a combattere contro l'anoressia, non mi sono resa conto immediatamente che stavo meglio, ma poco a poco ho cominciato a stare meglio (mentalmente, emozionalmente e fisicamente) per un lasso relativamente lungo di tempo. Ovviamente non ho la pretesa nè la presunzione di riuscire a staccarmi totalmente dal mio vissuto, ma voglio essere quanto più sicura possibile che non avrò altre gravi ricadute, che non mi farò più influenzare da cose e persone, che proverò a vivere unicamente per me stessa in maniera sana.
Anche se sono stata ricoverata in un centro specializzato per DCA 5 volte, ho continuato ad avere ricadute, miriadi di pensieri disfunzionali e distorti, e anche se in certi momenti mi sentivo meglio, non stavo veramente bene. Ho cominciato a combattere seriamente poco più di un anno fa, Maggio 2008, e ancora non riesco a vedere tutto con chiarezza. Però credo che combattere sia già una vittoria.
Una precisazione - e questa per chiunque stia leggendo: non pensate neanche per un attimo che io sia una persona particolarmente forte, o determinata, o definitivamente fuori dal trip dell'anoressia. Non pensate che io non abbia momenti più tranquilli e momenti neri, come ogni qualsiasi essere umano. E non pensate che non ci siano giorni in cui, mettendomi davanti allo specchio, detesti il mio corpo. Mi sto confrontando con l'anoressia esattamente come tutte voi, ed è come se mi portassi appeso alla schiena un cartello con su scritto: "Lavori in corso". Ma sto combattendo... e potete farlo anche voi. Credetemi quando vi dico questo. Se mi aveste conosciuta, non so, anche solo 2 o 3 anni fa, avreste pensato che non avrei mai potuto essere la ragazza che sono oggi. Avreste visto una ragazza sottopeso, in perenne lotta contro se stessa, priva di speranza, completamente preda dell'anoressia. Avreste visto una persona con una marea di problemi tenacemente aggrappati ad un corpo troppo sottile per sostenerne il peso. Avreste visto l'ossessione, la distorsione, la perversa determinazione, il vuoto. Avreste visto una ragazza di fronte alla quale i medici scrollavano le spalle sussurrando: "Ah, la Veggie... bè, ma tanto quello è un caso cronico...". Oggi sono diversa. E' per questo che so che è possibile combattere e cambiare la propria vita. Se non lo sapessi, non scriverei su questo blog. on avrei tutta questa sicurezza e convinzione quando vi dico che potete farcela TUTTE.
Per chiunque stia pensando che io sia la wonder woman dell'anoressia, sappiate che sono assolutamente una ragazza "normale". Nè più e nè meno, esattamente come ciascuna di voi. Per questo so che ce la potete fare tutte quante. Perchè io lo sto facendo.
Etichette:
anoressia,
bulimia,
combattere,
dca,
domande,
esperienza,
no pro-ana,
ricovero,
risposte,
supporto
domenica 25 ottobre 2009
Domanda #2: Serrature e chiavi
Oggi rispondo alla domanda di Milly che mi chiede:
“Quando ci si ammala di DCA non c'è mai un solo motivo, ce ne sono migliaia, tra cui alcuni certamente più importanti. Non so se tu ne hai già parlato in questo blog, se non è così allora ti chiedo quali siano state le TUE cause. E... adesso, in tutta onestà, in quale misura definiresti tua la vita che stai vivendo?”
Quand’è che veramente è cominciato tutto, con l’anoressia? E perché?
Sto scavando per trovare una risposta a queste domande. Ha veramente importanza, alla luce di come si sono poi evolute le cose? Non ne sono sicura. Sono bombardata da ricordi che riemergono dalla profondità della mia mente e sembrano suggerirmi qualcosa, senza però riuscire a capire se sono fatti significativi di per sé, o solo alla luce di ciò che mi è successo. Se non fossi diventata anoressica, queste memorie avrebbero veramente avuto importanza? Rammento brevi momenti del tempo in cui non sapevo neanche cosa significasse la parola “anoressia”… ma forse già in quei momenti l’anoressia aveva cominciato a gettare la sua ombra nella mia vita.
Se mi permetto di ritornare indietro nel tempo con la mente, ricordo che sono sempre stata una bambina magra. Questo veniva portato alla mia attenzione non tanto dagli specchi quanto piuttosto dalle persone che erano parte della mia vita di bambina. “Magra” era sempre una bella cosa – un qualcosa di sui essere orgogliosa. “Magra” era un complimento. “Magra” era qualcosa che gli altri avrebbero voluto essere. “Magra” era quello che attirava l’attenzione altrui. “Magra” era quello che mi rendeva speciale.
Quando avevo più o meno 6 anni, andai al compleanno che una mia compagna di classe aveva organizzato in piscina. Non che fossimo amiche, ma i miei genitori conoscevano bene i suoi, quindi pensai che fosse educato partecipare.
Mi ricordo. In costume dal bagno sul bordo di una piscinetta, sette o otto bambine tutt’intorno a me, poi una sorta di “gara”. Ci mettemmo in fila in un ordine preciso: dalla più grassa alla più magra. Non sapevo se sarei stata in cima alla linea, ma mi ricordo che mi sentii sollevata del fatto che mi sarebbe stato risparmiato un non necessario imbarazzo, dal momento che ero magra. Questa parola, ancora una volta. Magra.
Una per una, dovevamo saltare nella piscina in ordine, e la più magra avrebbe saltato per ultima. Tutte dovevano essere d’accordo su quale di noi avrebbe dovuto essere la successiva a saltare, esaminando i nostri corpi in un modo estremamente preciso per delle bambinelle di 6 anni.
Poi…
Due di noi erano rimaste in piedi sul bordo.
Le altre ci guardavano, discutevano, poi la decisione.
Veggie è la più magra.
È l’ultima che deve saltare.
Io avevo vinto.
Io ero speciale.
Com’è possibile che cose del genere accadano davvero?
Com’è possibile che un gruppo di bambinette di 6 anni possa fare una cosa del genere? Com’è possibile che reputino totalmente accettabile e divertente creare una “gara” in cui la partecipante migliore è la più magra? Non essere affatto impressionate, toccate da questa designazione? Non capire da cosa dipenda il fatto di essere più magre o più grasse, ma semplicemente stilare una classifica su questo? Trovare necessario il confronto?
Ripensandoci adesso, mi fa rabbrividire.
Perché ricordi come questo s’imprimono nella mente per essere ripescati singolarmente anni e anni e anni dopo?
La nostra mente è modellata in maniera tale per cui anche episodi apparentemente insignificanti come questo, che avvengono in tenera età, possano fomentare l’anoressia? O la nostra mente è già comunque indirizzata verso una certa direzione? Siamo noi a scegliere, o siamo già state scelte?
Domande, domande, domande. Non penso che, in fin dei conti, la risposta sia importante.
Penso che guardarsi dentro con onestà, imparare da noi stesse, capire cosa fare con quelli che i nostri pensieri SONO – e non ha importanza com’è che sono diventati tali – sia la chiave.
La chiave.
La vera domanda, perciò, diventa: Se hai la chiave, dov’è la serratura? O, più nello specifico, dove sono le serrature?
Abbiamo un sacco di serrature dentro di noi. Alcune appartengono ai nostri comportamenti passati. Alcune alle nostre memorie consce. Alcune alle nostre memorie inconsce. Alcune al nostro vissuto, al nostro background. Alcune al nostro carattere. Alcune all’ambiente in cui siamo cresciute. Alcune alle persone con cui siamo cresciute. Alcune ai sentimenti che abbiamo provato. E così via. Ci sono tantissime serrature.
Quel che richiede così tanto tempo è trovarle tutte – ciascuna di esse senza esclusione – e inserire la chiave. E girarla. E vedere lo spiraglio di luce nel momento in cui si ha un’epifania… o una rivelazione… o semplicemente una certezza che regala un momento di pace.
Pace.
Alcune delle serrature sono nascoste. Ma una volta che, a poco a poco, le avrete trovate tutte, la luce entrerà e vi riscalderà. Non ci sarà più un pantano alla fine del tunnel. Ma solo crescita e consapevolezza ogni giorno maggiore, in un processo che dura per tutta la vita.
È difficile, lo so, sono la prima ad ammetterlo. È dura trovare tutte le serrature e prendere la (coraggiosa) decisione di girare la chiave. Ma è un qualcosa che bisogna cercare di fare. Un qualcosa su cui bisogna cercare di lavorare. Quello che sto cercando di fare anch’io. Per non vivere più una vita a metà.
Ce la faremo.
E un giorno saremo libere.
Se avete qualche altra domanda, postatela pure QUI…
“Quando ci si ammala di DCA non c'è mai un solo motivo, ce ne sono migliaia, tra cui alcuni certamente più importanti. Non so se tu ne hai già parlato in questo blog, se non è così allora ti chiedo quali siano state le TUE cause. E... adesso, in tutta onestà, in quale misura definiresti tua la vita che stai vivendo?”
Quand’è che veramente è cominciato tutto, con l’anoressia? E perché?
Sto scavando per trovare una risposta a queste domande. Ha veramente importanza, alla luce di come si sono poi evolute le cose? Non ne sono sicura. Sono bombardata da ricordi che riemergono dalla profondità della mia mente e sembrano suggerirmi qualcosa, senza però riuscire a capire se sono fatti significativi di per sé, o solo alla luce di ciò che mi è successo. Se non fossi diventata anoressica, queste memorie avrebbero veramente avuto importanza? Rammento brevi momenti del tempo in cui non sapevo neanche cosa significasse la parola “anoressia”… ma forse già in quei momenti l’anoressia aveva cominciato a gettare la sua ombra nella mia vita.
Se mi permetto di ritornare indietro nel tempo con la mente, ricordo che sono sempre stata una bambina magra. Questo veniva portato alla mia attenzione non tanto dagli specchi quanto piuttosto dalle persone che erano parte della mia vita di bambina. “Magra” era sempre una bella cosa – un qualcosa di sui essere orgogliosa. “Magra” era un complimento. “Magra” era qualcosa che gli altri avrebbero voluto essere. “Magra” era quello che attirava l’attenzione altrui. “Magra” era quello che mi rendeva speciale.
Quando avevo più o meno 6 anni, andai al compleanno che una mia compagna di classe aveva organizzato in piscina. Non che fossimo amiche, ma i miei genitori conoscevano bene i suoi, quindi pensai che fosse educato partecipare.
Mi ricordo. In costume dal bagno sul bordo di una piscinetta, sette o otto bambine tutt’intorno a me, poi una sorta di “gara”. Ci mettemmo in fila in un ordine preciso: dalla più grassa alla più magra. Non sapevo se sarei stata in cima alla linea, ma mi ricordo che mi sentii sollevata del fatto che mi sarebbe stato risparmiato un non necessario imbarazzo, dal momento che ero magra. Questa parola, ancora una volta. Magra.
Una per una, dovevamo saltare nella piscina in ordine, e la più magra avrebbe saltato per ultima. Tutte dovevano essere d’accordo su quale di noi avrebbe dovuto essere la successiva a saltare, esaminando i nostri corpi in un modo estremamente preciso per delle bambinelle di 6 anni.
Poi…
Due di noi erano rimaste in piedi sul bordo.
Le altre ci guardavano, discutevano, poi la decisione.
Veggie è la più magra.
È l’ultima che deve saltare.
Io avevo vinto.
Io ero speciale.
Com’è possibile che cose del genere accadano davvero?
Com’è possibile che un gruppo di bambinette di 6 anni possa fare una cosa del genere? Com’è possibile che reputino totalmente accettabile e divertente creare una “gara” in cui la partecipante migliore è la più magra? Non essere affatto impressionate, toccate da questa designazione? Non capire da cosa dipenda il fatto di essere più magre o più grasse, ma semplicemente stilare una classifica su questo? Trovare necessario il confronto?
Ripensandoci adesso, mi fa rabbrividire.
Perché ricordi come questo s’imprimono nella mente per essere ripescati singolarmente anni e anni e anni dopo?
La nostra mente è modellata in maniera tale per cui anche episodi apparentemente insignificanti come questo, che avvengono in tenera età, possano fomentare l’anoressia? O la nostra mente è già comunque indirizzata verso una certa direzione? Siamo noi a scegliere, o siamo già state scelte?
Domande, domande, domande. Non penso che, in fin dei conti, la risposta sia importante.
Penso che guardarsi dentro con onestà, imparare da noi stesse, capire cosa fare con quelli che i nostri pensieri SONO – e non ha importanza com’è che sono diventati tali – sia la chiave.
La chiave.
La vera domanda, perciò, diventa: Se hai la chiave, dov’è la serratura? O, più nello specifico, dove sono le serrature?
Abbiamo un sacco di serrature dentro di noi. Alcune appartengono ai nostri comportamenti passati. Alcune alle nostre memorie consce. Alcune alle nostre memorie inconsce. Alcune al nostro vissuto, al nostro background. Alcune al nostro carattere. Alcune all’ambiente in cui siamo cresciute. Alcune alle persone con cui siamo cresciute. Alcune ai sentimenti che abbiamo provato. E così via. Ci sono tantissime serrature.
Quel che richiede così tanto tempo è trovarle tutte – ciascuna di esse senza esclusione – e inserire la chiave. E girarla. E vedere lo spiraglio di luce nel momento in cui si ha un’epifania… o una rivelazione… o semplicemente una certezza che regala un momento di pace.
Pace.
Alcune delle serrature sono nascoste. Ma una volta che, a poco a poco, le avrete trovate tutte, la luce entrerà e vi riscalderà. Non ci sarà più un pantano alla fine del tunnel. Ma solo crescita e consapevolezza ogni giorno maggiore, in un processo che dura per tutta la vita.
È difficile, lo so, sono la prima ad ammetterlo. È dura trovare tutte le serrature e prendere la (coraggiosa) decisione di girare la chiave. Ma è un qualcosa che bisogna cercare di fare. Un qualcosa su cui bisogna cercare di lavorare. Quello che sto cercando di fare anch’io. Per non vivere più una vita a metà.
Ce la faremo.
E un giorno saremo libere.
Se avete qualche altra domanda, postatela pure QUI…
Etichette:
anoressia,
bulimia,
chiave,
dca,
no pro-ana,
ricordi,
ricovero,
riflessioni,
serratura,
vita
giovedì 22 ottobre 2009
Domanda #1: Il ruolo della psicoterapia
La 1^ domanda cui rispondo, nell’ordine in cui mi sono state poste, è quella di Lety. Mi sto riferendo a:
“Che ruolo ha giocato la psicoterapia frontale (1:1) nel tuo percorso di ricovero, nel momento in cui hai avuto gli strumenti necessari per percorrere la strada del ricovero cercando di adottare quanto meno possibile i comportamenti disfunzionali dell’anoressia? Inoltre, dato che hai più volte scritto che attualmente ti segue solo una dietista, pensi di ricominciare prima o poi a fare psicoterapia?”
Per rispondere a questa domanda, è necessario che faccia una premessa: sono passata per le mani di diversi psicoterapeuti prima di trovare la persona “giusta” per me. “Giusta” è una parola grossa, ma al momento non ne trovo una più adeguata. Diciamo che ho cambiato diverse volte prima di trovare una persona con la quale mi sono seriamente impegnata per mettere su una terapia costruttiva e funzionale. Forse era lei ad essere la persona “giusta” per me, più probabilmente ero io che, a quel punto, avevo acquisito la determinazione necessaria per lavorare su me stessa e sull’anoressia.
In ogni caso, ho seguito una psicoterapia con questa persona per circa 3 anni. Quando ho iniziato la odiavo profondamente, poi ho cominciato a trovarla fastidiosa, poi a tollerarla ed infine, eventualmente, ad esserle grata per lo spazio che mi aveva offerto per lavorare su me stessa. Durante i 5 ricoveri in centro specializzato per DCA che ho fatto, inoltre, ho sempre seguito una terapia di gruppo. In entrambi i casi, è stata una psicoterapia concentrata sul “problema-anoressia”, anche se ho comunque avuto modo, soprattutto nella terapia individuale, di allargare lo spettro d’azione ad altri ambiti della mia vita, al fine di cercare di capire quali fossero i molteplici fattori d’insorgenza e mantenimento dell’anoressia, al fine di poter spezzare il circolo vizioso.
Ad ogni modo, tornando alla domanda, la psicoterapia frontale è stata per me utile anche in quanto modo di sapere che lì avevo una via d’uscita, uno sbocco. Nel momento in cui mi sono sentita in grado di “camminare unicamente sulle mie gambe”, ho smesso di andare dalla psicoterapeuta una volta la settimana, e ho cominciato a dilazionare gli appuntamenti: ci andavo un paio di volte al mese, o anche più raramente. Così facendo, sapevo che se mi fossi trovata di fronte ad una difficoltà – alimentare, relazionale, personale, etc… - avrei comunque avuto un appuntamento con la psicoterapeuta nel futuro, per quanto lontano, e quindi un’occasione per parlarne. Questo mi ha permesso di imparare a modulare l’ansia e di poter essere, nel giro di un po’ di tempo, completamente indipendente dal suo aiuto: ero capace di vivere con me stessa e di prendermi cura di me, ma sapevo che se avessi avuto una ricaduta o necessità del suo aiuto, lei sarebbe stata comunque lì.
Penso che la psicoterapia individuale abbia un’importanza fondamentale nel momento in cui siamo disponibili a lavorare su noi stesse nell’intraprendere il percorso di ricovero, perché fornisce importanti spunti ed armi per poter combattere ancora più efficacemente contro l’anoressia.
A proposito della psicoterapia, inoltre, ho scritto molto anche QUI… suggerisco vivamente una lettura a te e a chiunque non avesse ancora avuto modo di leggere questo post.
Riguardo all’idea di poter riprendere personalmente una psicoterapia, sì, è un’opzione che sto seriamente valutando. Mi sono già procurata i numeri telefonici di qualche terapeuta della mia zona, e credo proprio che presto proverò ad iniziare un nuovo percorso psicoterapeutico. Sono molto curiosa di vedere cos’altro posso scoprire lavorando su me stessa, e voglio darmi altre occasioni per riconoscere i miei limiti e provare a superarli: sicuramente il farlo affiancata da una persona competente mi aiuterà a mantenermi concentrata e a non disperdere le energie. Inoltre, se una psicoterapia può permettermi di scoprire nuove armi per combattere contro l’anoressia… bè, sono qui per questo! E se uno psicoterapeuta può darmi una mano nel farlo, non posso che dire che è il benvenuto. In fin dei conti, l’unico modo per iniziare a percorrere nuove strade è… iniziare a farlo!
Se avete altre domande, continuate a postarle QUI. Una alla volta, risponderò a tutte!
“Che ruolo ha giocato la psicoterapia frontale (1:1) nel tuo percorso di ricovero, nel momento in cui hai avuto gli strumenti necessari per percorrere la strada del ricovero cercando di adottare quanto meno possibile i comportamenti disfunzionali dell’anoressia? Inoltre, dato che hai più volte scritto che attualmente ti segue solo una dietista, pensi di ricominciare prima o poi a fare psicoterapia?”
Per rispondere a questa domanda, è necessario che faccia una premessa: sono passata per le mani di diversi psicoterapeuti prima di trovare la persona “giusta” per me. “Giusta” è una parola grossa, ma al momento non ne trovo una più adeguata. Diciamo che ho cambiato diverse volte prima di trovare una persona con la quale mi sono seriamente impegnata per mettere su una terapia costruttiva e funzionale. Forse era lei ad essere la persona “giusta” per me, più probabilmente ero io che, a quel punto, avevo acquisito la determinazione necessaria per lavorare su me stessa e sull’anoressia.
In ogni caso, ho seguito una psicoterapia con questa persona per circa 3 anni. Quando ho iniziato la odiavo profondamente, poi ho cominciato a trovarla fastidiosa, poi a tollerarla ed infine, eventualmente, ad esserle grata per lo spazio che mi aveva offerto per lavorare su me stessa. Durante i 5 ricoveri in centro specializzato per DCA che ho fatto, inoltre, ho sempre seguito una terapia di gruppo. In entrambi i casi, è stata una psicoterapia concentrata sul “problema-anoressia”, anche se ho comunque avuto modo, soprattutto nella terapia individuale, di allargare lo spettro d’azione ad altri ambiti della mia vita, al fine di cercare di capire quali fossero i molteplici fattori d’insorgenza e mantenimento dell’anoressia, al fine di poter spezzare il circolo vizioso.
Ad ogni modo, tornando alla domanda, la psicoterapia frontale è stata per me utile anche in quanto modo di sapere che lì avevo una via d’uscita, uno sbocco. Nel momento in cui mi sono sentita in grado di “camminare unicamente sulle mie gambe”, ho smesso di andare dalla psicoterapeuta una volta la settimana, e ho cominciato a dilazionare gli appuntamenti: ci andavo un paio di volte al mese, o anche più raramente. Così facendo, sapevo che se mi fossi trovata di fronte ad una difficoltà – alimentare, relazionale, personale, etc… - avrei comunque avuto un appuntamento con la psicoterapeuta nel futuro, per quanto lontano, e quindi un’occasione per parlarne. Questo mi ha permesso di imparare a modulare l’ansia e di poter essere, nel giro di un po’ di tempo, completamente indipendente dal suo aiuto: ero capace di vivere con me stessa e di prendermi cura di me, ma sapevo che se avessi avuto una ricaduta o necessità del suo aiuto, lei sarebbe stata comunque lì.
Penso che la psicoterapia individuale abbia un’importanza fondamentale nel momento in cui siamo disponibili a lavorare su noi stesse nell’intraprendere il percorso di ricovero, perché fornisce importanti spunti ed armi per poter combattere ancora più efficacemente contro l’anoressia.
A proposito della psicoterapia, inoltre, ho scritto molto anche QUI… suggerisco vivamente una lettura a te e a chiunque non avesse ancora avuto modo di leggere questo post.
Riguardo all’idea di poter riprendere personalmente una psicoterapia, sì, è un’opzione che sto seriamente valutando. Mi sono già procurata i numeri telefonici di qualche terapeuta della mia zona, e credo proprio che presto proverò ad iniziare un nuovo percorso psicoterapeutico. Sono molto curiosa di vedere cos’altro posso scoprire lavorando su me stessa, e voglio darmi altre occasioni per riconoscere i miei limiti e provare a superarli: sicuramente il farlo affiancata da una persona competente mi aiuterà a mantenermi concentrata e a non disperdere le energie. Inoltre, se una psicoterapia può permettermi di scoprire nuove armi per combattere contro l’anoressia… bè, sono qui per questo! E se uno psicoterapeuta può darmi una mano nel farlo, non posso che dire che è il benvenuto. In fin dei conti, l’unico modo per iniziare a percorrere nuove strade è… iniziare a farlo!
Se avete altre domande, continuate a postarle QUI. Una alla volta, risponderò a tutte!
Etichette:
anoressia,
bulimia,
combattere,
dca,
domanda,
no pro-ana,
problema,
psicologo,
psicoterapia,
ricovero
lunedì 19 ottobre 2009
D. & R.
Oltre che tramite blog, utilizzo anche il mio canale YouTube per perseguire la nostra comune lotta contro l’anoressia: su questo canale ho potuto caricare diversi video, alcuni dei quali replicati anche qui sul blog, in doppia versione – Italiana e Inglese – per poter raggiungere quante più ragazze possibile. Tuttavia, per quanto i video siano indiscutibilmente un mezzo di comunicazione efficace, ritengo che le parole scritte lo siano ancor di più. Le parole arrivano, toccano più nel profondo. Mettere tutto nero su bianco aiuta ad acquisire una maggiore consapevolezza delle cose. Perciò talvolta è necessario vedere le parole su una pagina per carpirne fino in fondo il significato.
Ricevo molti MP tramite il mio canale YouTube, diverse richieste di realizzazione di ulteriori video di lotta contro l’anoressia, nonché numerose domande, ma penso di riuscire ad esprimermi meglio quando metto le parole su carta (o, per la precisione, quando utilizzo una tastiera e guardo le parole che compaiono sulle schermo del PC…). Perciò, v’invito a chiedermi… qualsiasi cosa vogliate a proposito dell’anoressia, dei DCA e della strada del ricovero.
Non posso essere puntualissima nel rispondere alle e-mail, ma abbiate pazienza e sappiate che prima o poi vi risponderò sempre, e sappiate inoltre che qualsiasi commento lascerete ad ogni mio post, vi risponderò nel giro di pochi giorni anche qui sul blog.
Potete postare i vostri commenti in forma anonima, oppure potete usare un vostro nick o il vostro vero nome. Non m’interessa… Tutto quello che voglio è fornirvi il supporto e (spero!) le risposte che cercate nel momento in cui inciampate in questo blog. Spero di riuscire a trasmettervi speranza, comprensione, e voglia di percorrere la strada del ricovero.
Potete chiedermi qualsiasi cosa vogliate: domande generali, domande specifiche, anche domande relative al mio vissuto di anoressia personale. Esponetemi qualsiasi vostro dubbio. Una alla volta, risponderò alle varie domande nei prossimi post, e cercherò di rispondere ad ogni vostra domanda e dubbio nel modo migliore che mi sarà possibile.
Per il resto, spero che la vostra lotta contro l’anoressia stia continuando e stia andando bene… senza alcun dubbio!
Ricevo molti MP tramite il mio canale YouTube, diverse richieste di realizzazione di ulteriori video di lotta contro l’anoressia, nonché numerose domande, ma penso di riuscire ad esprimermi meglio quando metto le parole su carta (o, per la precisione, quando utilizzo una tastiera e guardo le parole che compaiono sulle schermo del PC…). Perciò, v’invito a chiedermi… qualsiasi cosa vogliate a proposito dell’anoressia, dei DCA e della strada del ricovero.
Non posso essere puntualissima nel rispondere alle e-mail, ma abbiate pazienza e sappiate che prima o poi vi risponderò sempre, e sappiate inoltre che qualsiasi commento lascerete ad ogni mio post, vi risponderò nel giro di pochi giorni anche qui sul blog.
Potete postare i vostri commenti in forma anonima, oppure potete usare un vostro nick o il vostro vero nome. Non m’interessa… Tutto quello che voglio è fornirvi il supporto e (spero!) le risposte che cercate nel momento in cui inciampate in questo blog. Spero di riuscire a trasmettervi speranza, comprensione, e voglia di percorrere la strada del ricovero.
Potete chiedermi qualsiasi cosa vogliate: domande generali, domande specifiche, anche domande relative al mio vissuto di anoressia personale. Esponetemi qualsiasi vostro dubbio. Una alla volta, risponderò alle varie domande nei prossimi post, e cercherò di rispondere ad ogni vostra domanda e dubbio nel modo migliore che mi sarà possibile.
Per il resto, spero che la vostra lotta contro l’anoressia stia continuando e stia andando bene… senza alcun dubbio!
venerdì 16 ottobre 2009
Thinspo Reverse: il video
Scusatemi per il ritardo... Ma finalmente, ecco qua il video e la canzone (testo + traduzione) che gli fa da "solonna sonora"... Spero vi piaccia...
IT’S ON
It all comes down to this
You take your best shot, might miss
You take it anyway
You're gonna make your move today
Got the will, you'll find the way
To change the world someday
Grab this moment before it's gone
Today's your day
RIT: [It's on and on
It's on and on
It's on and on
Today's your day
So c'mon bring it on
It's on and on
It's on and on
It's on and on
Today's your day
So c'mon bring it on]
And the view will never change
Unless you decide to change it
Don't feel like it today
Just show up anyway
And though life will take you down
It only matters if you let it
Get up, go through, press on
Today's your day
RIT:[It's on and on…]
And though you wanna quit
don't think you can't get through this
you've come too far to walk away
it's not gonna be today.
And no matter how you feel
it's what you do that matters
this is your moment to be strong
today's your day
RIT: [It's on and on…]
… and no matter how you feel
its what you do that matters
this is your moment to be strong
today's your day…
RIT: [It's on and on…]
VA’ AVANTI
Tutto si riduce a questo/Provi a fare del tuo meglio, potresti fallire/Ma se ci provi comunque/Prima o poi ce la farai./Se hai la volontà troverai una via/Per cambiare la tua vita un giorno o l’altro/Acchiappa questo momento prima che sia troppo tardi/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/oggi è il tuo giorno/perciò, dai, puoi farcela./Va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/oggi è il tuoi giorno/perciò, dai, puoi farcela]/E le cose non cambieranno mai/Fino a che tu non deciderai di cambiarle/Non sentirti così giù, oggi/fagli solo vedere chi sei, in un modo o nell’altro/E sebbene la vita possa mettertela in c--o/Dipende solo se glielo lasci fare/Rialzati, vai fino in fondo, insisti/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti…]/E anche se vuoi mollare/Non pensare che non ce la puoi fare/Sei arrivata tropo lontana per arrenderti/Non sarà oggi che fallirai./E non ha importanza come ti senti/E’ quello che fai che è importante/Questo è il tuo momento per essere forte/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti…]/…e non ha importanza come ti senti/E’ quello che fai che è importante/Questo è il tuo momento per essere forte/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti…]
IT’S ON
It all comes down to this
You take your best shot, might miss
You take it anyway
You're gonna make your move today
Got the will, you'll find the way
To change the world someday
Grab this moment before it's gone
Today's your day
RIT: [It's on and on
It's on and on
It's on and on
Today's your day
So c'mon bring it on
It's on and on
It's on and on
It's on and on
Today's your day
So c'mon bring it on]
And the view will never change
Unless you decide to change it
Don't feel like it today
Just show up anyway
And though life will take you down
It only matters if you let it
Get up, go through, press on
Today's your day
RIT:[It's on and on…]
And though you wanna quit
don't think you can't get through this
you've come too far to walk away
it's not gonna be today.
And no matter how you feel
it's what you do that matters
this is your moment to be strong
today's your day
RIT: [It's on and on…]
… and no matter how you feel
its what you do that matters
this is your moment to be strong
today's your day…
RIT: [It's on and on…]
VA’ AVANTI
Tutto si riduce a questo/Provi a fare del tuo meglio, potresti fallire/Ma se ci provi comunque/Prima o poi ce la farai./Se hai la volontà troverai una via/Per cambiare la tua vita un giorno o l’altro/Acchiappa questo momento prima che sia troppo tardi/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/oggi è il tuo giorno/perciò, dai, puoi farcela./Va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/va’ avanti e avanti/oggi è il tuoi giorno/perciò, dai, puoi farcela]/E le cose non cambieranno mai/Fino a che tu non deciderai di cambiarle/Non sentirti così giù, oggi/fagli solo vedere chi sei, in un modo o nell’altro/E sebbene la vita possa mettertela in c--o/Dipende solo se glielo lasci fare/Rialzati, vai fino in fondo, insisti/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti…]/E anche se vuoi mollare/Non pensare che non ce la puoi fare/Sei arrivata tropo lontana per arrenderti/Non sarà oggi che fallirai./E non ha importanza come ti senti/E’ quello che fai che è importante/Questo è il tuo momento per essere forte/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti…]/…e non ha importanza come ti senti/E’ quello che fai che è importante/Questo è il tuo momento per essere forte/Oggi è il tuo giorno./RIT:[Va’ avanti…]
Etichette:
anoressia,
bulimia,
combattere,
dca,
no pro-ana,
reverse,
ricovero,
thinspo,
video,
YouTube
martedì 13 ottobre 2009
Aspettare la fine della tempesta
Quando la vita, mentre state lottando contro un DCA, diventa una totale confusione, e vi sentite ad un soffio dal commettere un passo falso ricadendo nell’anoressia a piè pari, incoraggiate voi stesse a fermarvi per un momento. Lasciate che le sensazioni di sopraffazione, di oppressione, di ansia, vi attraversino e passino oltre. Lasciate che nuovi pensieri trovino spazio nella vostra mente. Datevi il diritto di prendervi una pausa e di riordinare le idee per poter ricominciare a combattere con ancor più forza e decisione di prima.
Una delle cose peggiori che possiate fare quando la strada del ricovero sembra farsi troppo dura, è cedere alle antiche tentazioni e ricominciare a restringere. Sapere che cosa succede, poi?
Una collisione.
Fermarsi a riflettere, perciò, è sicuramente un risultato migliore.
Quando sentiamo che siamo sul punto di cadere e di andare in mille pezzi, o nel momento in cui ci rendiamo conto di essere cadute, dobbiamo solo raccogliere i pezzi e incollarli di nuovo insieme. Nel momento in cui una tempesta è al massimo della sua violenza, è impossibile mettere le cose a posto senza che il forte vento un attimo dopo le porti via di nuovo. Allora, dobbiamo aspettare fino a che la tempesta non sarà finita. Non possiamo avvicinarci ad una tromba d’aria e sperare di non esserne portate via insieme a tutto quello che ci circonda. Non possiamo rimettere insieme i pezzi durante una tempesta. Dobbiamo aspettare fino a che la tempesta non sarà finita. E poi, quando il peggio sarà passato, possiamo rimetterci in piedi e rimettere insieme i pezzi andando incontro al sereno.
Aspettare è difficile. Molto difficile. Quando sentiamo che stiamo per ricadere, non è facile fare un respiro profondo ed aspettare. È molto più facile cedere all’ansia, al panico, alle antiche abitudini, e ricominciare a restringere.
Dobbiamo resistere a questa scorciatoia (che poi è un vicolo cieco).
Dobbiamo aspettare la fine della tempesta.
La pioggia smetterà di cadere è il vento smetterà di soffiare, prima o poi… e a quel punto, si potrà cominciare ad aggiustare quel che si è rovinato, e a costruire un altro pezzo della strada del ricovero.
P.S.= Il video sulla nostra "Thinspo Reverse" (per chi non sapesse di che cosa sto parlando, date un'occhiata all'omonima sezione sulla colonnina di destra del blog... ne vale la pena, fidatevi!! ^__^) is yet to come... Ancora qualche giorno di pazienza... ^^"
Una delle cose peggiori che possiate fare quando la strada del ricovero sembra farsi troppo dura, è cedere alle antiche tentazioni e ricominciare a restringere. Sapere che cosa succede, poi?
Una collisione.
Fermarsi a riflettere, perciò, è sicuramente un risultato migliore.
Quando sentiamo che siamo sul punto di cadere e di andare in mille pezzi, o nel momento in cui ci rendiamo conto di essere cadute, dobbiamo solo raccogliere i pezzi e incollarli di nuovo insieme. Nel momento in cui una tempesta è al massimo della sua violenza, è impossibile mettere le cose a posto senza che il forte vento un attimo dopo le porti via di nuovo. Allora, dobbiamo aspettare fino a che la tempesta non sarà finita. Non possiamo avvicinarci ad una tromba d’aria e sperare di non esserne portate via insieme a tutto quello che ci circonda. Non possiamo rimettere insieme i pezzi durante una tempesta. Dobbiamo aspettare fino a che la tempesta non sarà finita. E poi, quando il peggio sarà passato, possiamo rimetterci in piedi e rimettere insieme i pezzi andando incontro al sereno.
Aspettare è difficile. Molto difficile. Quando sentiamo che stiamo per ricadere, non è facile fare un respiro profondo ed aspettare. È molto più facile cedere all’ansia, al panico, alle antiche abitudini, e ricominciare a restringere.
Dobbiamo resistere a questa scorciatoia (che poi è un vicolo cieco).
Dobbiamo aspettare la fine della tempesta.
La pioggia smetterà di cadere è il vento smetterà di soffiare, prima o poi… e a quel punto, si potrà cominciare ad aggiustare quel che si è rovinato, e a costruire un altro pezzo della strada del ricovero.
P.S.= Il video sulla nostra "Thinspo Reverse" (per chi non sapesse di che cosa sto parlando, date un'occhiata all'omonima sezione sulla colonnina di destra del blog... ne vale la pena, fidatevi!! ^__^) is yet to come... Ancora qualche giorno di pazienza... ^^"
Etichette:
anoressia,
bulimia,
combattere,
coraggio,
dca,
no pro-ana,
restrizione,
ricaduta,
ricovero,
tempesta
sabato 10 ottobre 2009
"Pro-ana": looking for what?
(Take it ironic, gals!)
Questa è una domanda per tutte le ragazze che si definiscono “pro-ana/mia”: cosa state cercando, esattamente?
La felicità? Un’identità? L’accettazione altrui? L’invidiabilità? La bellezza? La sicurezza? La forza? Il controllo? Sguardi d’ammirazione? Comprensione? Una controcorrente? Una forma di ribellione? Apprezzamento?
Non è con l’anoressia e neanche col vostro simulacro di anoressia che le troverete.

Penso che il movimento “pro-ana” sia stato, in origine, promosso da persone che dentro di sé covavano unicamente odio e risentimento nei confronti del resto del mondo. Persone superficiali, insulse, sciocchine, squallide, bugiarde e terribilmente manipolatrici.
Credete che le persone che non hanno mai avuto un DCA e a cui capita di leggere questi blog e guardare le “thinspo” pensino a quanto siete poverine, a quanto state male, o a quanto siete ganze? Non vorrei deludervi, ma per lo più la gente chiude questi blog dopo pochi minuti e tutt’al più pensa a quanto siete stupide.
Mi sono sempre chiesta: se “Ana” fosse una persona reale, che aspetto avrebbe?
Io me la immagino così…



Ma, ragazze “pro-ana/mia”, voi non siete affatto delle stupide, accidenti! Sono convinta che siate tutte personcine sensibili e dolci.
Non vi fate fregare da quello che gente ottusa e senza scrupoli vuole farvi credere. Non siate un altro “clone pro-ana”. Ribellatevi. Avete tutte un cervello, e sono convinta che è anche un gran bel cervello. Usatelo.
Questa è una domanda per tutte le ragazze che si definiscono “pro-ana/mia”: cosa state cercando, esattamente?
La felicità? Un’identità? L’accettazione altrui? L’invidiabilità? La bellezza? La sicurezza? La forza? Il controllo? Sguardi d’ammirazione? Comprensione? Una controcorrente? Una forma di ribellione? Apprezzamento?
Non è con l’anoressia e neanche col vostro simulacro di anoressia che le troverete.

Penso che il movimento “pro-ana” sia stato, in origine, promosso da persone che dentro di sé covavano unicamente odio e risentimento nei confronti del resto del mondo. Persone superficiali, insulse, sciocchine, squallide, bugiarde e terribilmente manipolatrici.
Credete che le persone che non hanno mai avuto un DCA e a cui capita di leggere questi blog e guardare le “thinspo” pensino a quanto siete poverine, a quanto state male, o a quanto siete ganze? Non vorrei deludervi, ma per lo più la gente chiude questi blog dopo pochi minuti e tutt’al più pensa a quanto siete stupide.
Mi sono sempre chiesta: se “Ana” fosse una persona reale, che aspetto avrebbe?
Io me la immagino così…



Ma, ragazze “pro-ana/mia”, voi non siete affatto delle stupide, accidenti! Sono convinta che siate tutte personcine sensibili e dolci.
Non vi fate fregare da quello che gente ottusa e senza scrupoli vuole farvi credere. Non siate un altro “clone pro-ana”. Ribellatevi. Avete tutte un cervello, e sono convinta che è anche un gran bel cervello. Usatelo.
mercoledì 7 ottobre 2009
Scegliere il ricovero
L’anoressia non è altro che una bugia che ci raccontiamo, perché è più facile che non dirci la verità. In fin dei conti, convivere con il sintomo, per quanto questo possa essere disagevole, è più facile che trovare il coraggio di darsi la possibilità d’iniziare a percorrere la strada del ricovero. Distruggere è sempre più facile che costruire.
Ma, ragazze, volete davvero vivere il resto della vostra vita in balia dell’anoressia? In fin dei conti, avete ancora la possibilità di fare una scelta: potete scegliere la strada della luce, l’unica scelta che vi garantirà un futuro.
Certo, sarà dura e sarà difficile, è una strada in salita ed è ardua da percorrere. Ci saranno inevitabilmente delle ricadute, ma non dovete sentirvi delle fallite per questo: siamo umane, ci è concesso di sbagliare, e non c’è niente di male in questo; anzi, una ricaduta può aiutare a mettere a fuoco dov’è che c’è stato l’errore, al fine di non ripeterlo una seconda volta. L’importare è trovare la forza di rialzarsi e di andare avanti nonostante tutto.
Il vero obiettivo nella vita non è quello di apparire differenti – cambiando il nostro corpo, ma quello di apparire differenti – cambiando la nostra consapevolezza e maturando come persone. Noi non siamo il nostro corpo, e men che meno la nostra immagine corporea!!
Voi non siete un mero involucro, ragazze… voi siete VOI STESSE. E non c’è niente di meglio al mondo, perché siete meravigliose, brillanti come stelle, fantasiose, intelligenti, simpatiche, speciali. E questo si avvicina molto più alla perfezione di qualsiasi altra cosa.
Lo so, uscire dal loop dell’anoressia è estremamente difficile, rompere il circolo vizioso dei pensieri è arduo, ma sappiate che non state combattendo da sole: anch’io sto percorrendo la strada del ricovero, e giorno dopo giorno lotto per impedire all’anoressia di avere di nuovo la meglio su di me. Certo, sono consapevole che non se ne andrà mai del tutto dalla mia testa, ma a poco a poco sto imparando strategie di coping che mi permettano di affrontare i miei problemi senza dovermi rifugiare dell’abbraccio dolce e al contempo soffocante dell’anoressia.
Pensateci, ragazze: l’anoressia via ha veramente dato tutto quello che vi aveva promesso? Vi ha veramente fatto ottenere ciò che desideravate? Non credo. Abbiamo solo questo corpo, abbiamo solo questa vita: cerchiamo di prenderci cura di noi stesse, senza bisogno di morire per vivere, perché l’anoressia non ci farà mai essere quello che desideravamo, non esaudirà mai le sue promesse.
La strada del ricovero è dolceamara, ma nel momento in cui si decide di percorrerla si affibbia un bel calcione all’anoressia. Quell’anoressia che sembrava essere tutta la nostra vita, l’unica cosa che ci definiva, a poco a poco viene ad essere sostituita da quello che la vita E’ veramente. Certo, ci sono momenti difficili, e sono tanti, momenti in cui ci si sente perse e si ha paura ad andare avanti, perché il non sapere quello che ci aspetta incute timore. Ma va bene, dico davvero, ragazze, va bene così. Perché a volte aver paura è proprio un modo per cominciare.
Ma, ragazze, volete davvero vivere il resto della vostra vita in balia dell’anoressia? In fin dei conti, avete ancora la possibilità di fare una scelta: potete scegliere la strada della luce, l’unica scelta che vi garantirà un futuro.
Certo, sarà dura e sarà difficile, è una strada in salita ed è ardua da percorrere. Ci saranno inevitabilmente delle ricadute, ma non dovete sentirvi delle fallite per questo: siamo umane, ci è concesso di sbagliare, e non c’è niente di male in questo; anzi, una ricaduta può aiutare a mettere a fuoco dov’è che c’è stato l’errore, al fine di non ripeterlo una seconda volta. L’importare è trovare la forza di rialzarsi e di andare avanti nonostante tutto.
Il vero obiettivo nella vita non è quello di apparire differenti – cambiando il nostro corpo, ma quello di apparire differenti – cambiando la nostra consapevolezza e maturando come persone. Noi non siamo il nostro corpo, e men che meno la nostra immagine corporea!!
Voi non siete un mero involucro, ragazze… voi siete VOI STESSE. E non c’è niente di meglio al mondo, perché siete meravigliose, brillanti come stelle, fantasiose, intelligenti, simpatiche, speciali. E questo si avvicina molto più alla perfezione di qualsiasi altra cosa.
Lo so, uscire dal loop dell’anoressia è estremamente difficile, rompere il circolo vizioso dei pensieri è arduo, ma sappiate che non state combattendo da sole: anch’io sto percorrendo la strada del ricovero, e giorno dopo giorno lotto per impedire all’anoressia di avere di nuovo la meglio su di me. Certo, sono consapevole che non se ne andrà mai del tutto dalla mia testa, ma a poco a poco sto imparando strategie di coping che mi permettano di affrontare i miei problemi senza dovermi rifugiare dell’abbraccio dolce e al contempo soffocante dell’anoressia.
Pensateci, ragazze: l’anoressia via ha veramente dato tutto quello che vi aveva promesso? Vi ha veramente fatto ottenere ciò che desideravate? Non credo. Abbiamo solo questo corpo, abbiamo solo questa vita: cerchiamo di prenderci cura di noi stesse, senza bisogno di morire per vivere, perché l’anoressia non ci farà mai essere quello che desideravamo, non esaudirà mai le sue promesse.
La strada del ricovero è dolceamara, ma nel momento in cui si decide di percorrerla si affibbia un bel calcione all’anoressia. Quell’anoressia che sembrava essere tutta la nostra vita, l’unica cosa che ci definiva, a poco a poco viene ad essere sostituita da quello che la vita E’ veramente. Certo, ci sono momenti difficili, e sono tanti, momenti in cui ci si sente perse e si ha paura ad andare avanti, perché il non sapere quello che ci aspetta incute timore. Ma va bene, dico davvero, ragazze, va bene così. Perché a volte aver paura è proprio un modo per cominciare.
Etichette:
anoressia,
bugie,
bulimia,
combattere,
costruire,
dca,
difficoltà,
no pro-ana,
ricadute,
ricovero
domenica 4 ottobre 2009
Relazionarsi con l'aumento di peso
Una cosa che molte persone, tramite e-mail, mi hanno chiesto, è come si possa fare a relazionarci con l’aumento di peso che necessariamente fa seguito all’inizio di un percorso di ricovero per anoressia.
Personalmente, posso dire che il riprendere peso in sé per sé non è stata la parte più difficile del percorso di ricovero che sto facendo… Però, è pur vero che molto spesso le mie ricadute sono state dovute all’aver ripreso peso.
Perciò quelle che adesso voglio condividere con voi sono alcune delle cose che ho trovato utili nel mio processo di “coping” rispetto all’aumento di peso.
- So che può essere fastidioso, ma provate a mangiare assieme a persone che vi vogliono bene e vi aiutano e vi supportano nel vostro percorso di ricovero. Potrà esservi d’aiuto vedere che loro mangiano più o meno quanto voi, e lo fanno con tranquillità: vi aiuterà a capire che non state mangiando così tanto come vi sembra, e che se loro riescono a mangiare con calma, non c0è ragione per cui pian piano, non possiate riuscirci anche voi.
- Penso sia importante anche sapere qual è il proprio peso-forma, il proprio peso fisiologico. In questo potrebbe essere utile consultare il vostro medico o un dietista/nutrizionista. E quando saprete qual è il vostro peso-forma, cercate di ricordare: le persone sane non sono sovrappeso. Sono normopeso e stanno bene. Dietisti e nutrizionisti sono professionisti che hanno alle spalle anni di esperienza, e non vi faranno arrivare ad un peso che non sia per voi salutare.
- Certo, all’inizio guadagnare peso non vi renderà felici… ma sicuramente, vi renderà molto più in salute. In un certo senso, è un po’ come il provare a smettere di fumare: non è facile, ma passato il primo momento della crisi di astinenza da nicotina, ci si sente molto meglio.
- Fate in modo di avere sempre qualcuno vicino con cui parlare dei vostri problemi, delle vostre difficoltà, delle vostre ansie, delle vostre paure. Che sia una persona professionalmente preparata o un’amica, non importa: quel che conta è che sia una persona di cui sentite di potervi fidare.
- Quando sentite che state cominciando a panicare causa aumento di peso, cercate immediatamente di focalizzarvi sul motivo per cui avete intrapreso il vostro percorso di ricovero, e sui progressi che avete ottenuto fino a quel momento. So che è maledettamente difficile, ma sono certa che vi accorgerete che la ragione per cui avete intrapreso il vostro percorso di ricovero vale molto di più della ragione per cui volete essere magre.
- Pensate a tutto quello che a causa del vostro DCA avete dovuto passare, a tutto quello che di negativo vi ha prodotto. Vi ha rubato sogni, speranze, opportunità, amicizie, tempo, sorrisi… Vi ha rubato la salute, la cura per voi stesse, vi ha mentito e vi ha fatto mentire alle persone cui volete bene… Ha rubato tutta la vostra vita. Non ne vale la pena. Ma penso che questo lo sappiate già.
So perfettamente che relazionarsi con l’aumento di peso è estremamente difficile, e che è perciò abbastanza ovvio avere delle ricadute quando questo succede. Ma provate a pensare che riprendere peso non è solo una parte importante nel vostro processo di ricovero, ma anche una parte importante della vostra vita e della vostra salute.
Voi valete molto più dell’anoressia. E voi potete avere la meglio sull’anoressia. Pian piano. Un passo dopo l’altro.
Io sto combattendo, e voi?
Stringete i denti e continuate a lottare insieme a me…
Personalmente, posso dire che il riprendere peso in sé per sé non è stata la parte più difficile del percorso di ricovero che sto facendo… Però, è pur vero che molto spesso le mie ricadute sono state dovute all’aver ripreso peso.
Perciò quelle che adesso voglio condividere con voi sono alcune delle cose che ho trovato utili nel mio processo di “coping” rispetto all’aumento di peso.
- So che può essere fastidioso, ma provate a mangiare assieme a persone che vi vogliono bene e vi aiutano e vi supportano nel vostro percorso di ricovero. Potrà esservi d’aiuto vedere che loro mangiano più o meno quanto voi, e lo fanno con tranquillità: vi aiuterà a capire che non state mangiando così tanto come vi sembra, e che se loro riescono a mangiare con calma, non c0è ragione per cui pian piano, non possiate riuscirci anche voi.
- Penso sia importante anche sapere qual è il proprio peso-forma, il proprio peso fisiologico. In questo potrebbe essere utile consultare il vostro medico o un dietista/nutrizionista. E quando saprete qual è il vostro peso-forma, cercate di ricordare: le persone sane non sono sovrappeso. Sono normopeso e stanno bene. Dietisti e nutrizionisti sono professionisti che hanno alle spalle anni di esperienza, e non vi faranno arrivare ad un peso che non sia per voi salutare.
- Certo, all’inizio guadagnare peso non vi renderà felici… ma sicuramente, vi renderà molto più in salute. In un certo senso, è un po’ come il provare a smettere di fumare: non è facile, ma passato il primo momento della crisi di astinenza da nicotina, ci si sente molto meglio.
- Fate in modo di avere sempre qualcuno vicino con cui parlare dei vostri problemi, delle vostre difficoltà, delle vostre ansie, delle vostre paure. Che sia una persona professionalmente preparata o un’amica, non importa: quel che conta è che sia una persona di cui sentite di potervi fidare.
- Quando sentite che state cominciando a panicare causa aumento di peso, cercate immediatamente di focalizzarvi sul motivo per cui avete intrapreso il vostro percorso di ricovero, e sui progressi che avete ottenuto fino a quel momento. So che è maledettamente difficile, ma sono certa che vi accorgerete che la ragione per cui avete intrapreso il vostro percorso di ricovero vale molto di più della ragione per cui volete essere magre.
- Pensate a tutto quello che a causa del vostro DCA avete dovuto passare, a tutto quello che di negativo vi ha prodotto. Vi ha rubato sogni, speranze, opportunità, amicizie, tempo, sorrisi… Vi ha rubato la salute, la cura per voi stesse, vi ha mentito e vi ha fatto mentire alle persone cui volete bene… Ha rubato tutta la vostra vita. Non ne vale la pena. Ma penso che questo lo sappiate già.
So perfettamente che relazionarsi con l’aumento di peso è estremamente difficile, e che è perciò abbastanza ovvio avere delle ricadute quando questo succede. Ma provate a pensare che riprendere peso non è solo una parte importante nel vostro processo di ricovero, ma anche una parte importante della vostra vita e della vostra salute.
Voi valete molto più dell’anoressia. E voi potete avere la meglio sull’anoressia. Pian piano. Un passo dopo l’altro.
Io sto combattendo, e voi?
Stringete i denti e continuate a lottare insieme a me…
giovedì 1 ottobre 2009
Calendar Girls
Okay, lo ammetto: l’idea odierna non è tutta farina del mio sacco.
Quindi, presumibilmente, dovrei iniziare questo post ringraziando la ragazza che si definisce “pro-ana”, che oggi ha pubblicato sul suo blog (il cui URL non riporterò per ovvi motivi) una sua creazione: un orologio da parete in cui al posto delle ore compaiono fotografie accuratamente ritoccate col Photoshop di modelle “thinspo”. Per sentirsi ispirata a distruggere il proprio corpo e a devastare la propria mente a tutte le ore del giorno e della notte, suppongo.
Comunque. Vedendo l’immagine di questo orologio da parete con le “thinspo”, la prima cosa che mi è balzata in mente è stata la frase con cui inizia uno dei miei film preferiti: “Più credi di stare male, e più stai male”. Ed io penso che sia assolutamente vero: più si alimenta l’ossessione, più l’ossessione farà da padrona. In altre parole: più si forniscono rinforzi positivi all’anoressia, più la nostra vita sarà dominata dall’anoressia.
La cosa negativa è che tutto questo purtroppo è vero.
La cosa positiva è che è vero anche l’esatto contrario.
È da questa considerazione che nasce la mia idea di oggi. Niente di nuovo sotto il sole, in realtà, ma in fin dei conti non è necessario essere Wonder Woman per combattere contro l’anoressia, giusto?! E quindi: rinforzi positivi. Ma, stavolta, non all’anoressia: rinforzi positivi alla strada del ricovero. Ecco perciò quello che mi è venuto in mente, quello cui vorrei proporvi di prendere parte: un calendario. Sì, avete capito bene: un calendario.
Lo so cosa viene in mente quando si pensa ad un calendario: soubrettes, veline, attrici mezze svestite con espressioni ammalianti su un corpo da fare invidia. Hmmm… sapete cosa potrei farci con un calendario di questo tipo? Bè, diverse cose: accendere il fuoco nel caminetto, sopperire alla mancanza di carta igienica, tappezzare il pavimento quando devo imbiancare le pareti… e così via.
No, quando io parlo di calendario, intendo tutt’altro tipo di calendario: un calendario NOSTRO. Un calendario di ragazze che stanno combattendo contro l’anoressia. Dato che tra qualche mese arriverà il 2010, mi piacerebbe poter realizzare un calendario in cui per ogni mese possano esserci foto di ragazze che stanno combattendo i DCA, accompagnate da frasi positive e propositive. Così ogni giorno dell’anno, in ogni momento della giornata, potremo avere davanti agli occhi immagini e parole positive. Perché l’unico modo per combattere l’anoressia è… iniziare a combattere l’anoressia. E questo può essere un buon modo per farlo, non credete?
Perciò, se vi va di prendere parte alla realizzazione di un nostro calendario, un calendario di ragazze in lotta contro l’anoressia, tutto quello che dovete fare è mandarmi entro la fine del mese una vostra fotografia all’indirizzo veggie.any@gmail.com, magari accompagnata da una frase positiva che vi piace e che vi sembra possa sintetizzare in maniera semplice ed efficace la vostra battaglia personale, o sia comunque una frase d’incoraggiamento e di positività verso il percorso che stiamo facendo.
Criteri da rispettare? Le fotografie devono essere: di qualsiasi dimensione, di qualsiasi inquadratura, di qualsiasi situazione, purché vi permettano di esprimere la bellezza più grande che avete: quella interiore. Inoltre le frasi devono trasmettere un messaggio assolutamente positivo. Che ne dite? Ci state?
Ah, se c’è un mese in cui preferite comparire, se volete essere le reginette di un mese in particolare, non avete che da dirmelo… ^__- E se volete rendere la cosa ancora più divertente, vi consiglio un abbigliamento consono al mese che sceglierete… (Quindi, Miss Gennaio, chiunque tu sia, mi aspetto di vederti in eskimo, eh! ^^”)
Aspetto le vostre foto e le vostre frasi positive, allora… più siamo e meglio è! Perché è proprio vero che l’unione fa la forza… e volete che la forza di noi tutte messe insieme non sia maggiore di quella dell’anoressia?!
P.S.= Il mese di Luglio è mio!! ^^"
Quindi, presumibilmente, dovrei iniziare questo post ringraziando la ragazza che si definisce “pro-ana”, che oggi ha pubblicato sul suo blog (il cui URL non riporterò per ovvi motivi) una sua creazione: un orologio da parete in cui al posto delle ore compaiono fotografie accuratamente ritoccate col Photoshop di modelle “thinspo”. Per sentirsi ispirata a distruggere il proprio corpo e a devastare la propria mente a tutte le ore del giorno e della notte, suppongo.
Comunque. Vedendo l’immagine di questo orologio da parete con le “thinspo”, la prima cosa che mi è balzata in mente è stata la frase con cui inizia uno dei miei film preferiti: “Più credi di stare male, e più stai male”. Ed io penso che sia assolutamente vero: più si alimenta l’ossessione, più l’ossessione farà da padrona. In altre parole: più si forniscono rinforzi positivi all’anoressia, più la nostra vita sarà dominata dall’anoressia.
La cosa negativa è che tutto questo purtroppo è vero.
La cosa positiva è che è vero anche l’esatto contrario.
È da questa considerazione che nasce la mia idea di oggi. Niente di nuovo sotto il sole, in realtà, ma in fin dei conti non è necessario essere Wonder Woman per combattere contro l’anoressia, giusto?! E quindi: rinforzi positivi. Ma, stavolta, non all’anoressia: rinforzi positivi alla strada del ricovero. Ecco perciò quello che mi è venuto in mente, quello cui vorrei proporvi di prendere parte: un calendario. Sì, avete capito bene: un calendario.
Lo so cosa viene in mente quando si pensa ad un calendario: soubrettes, veline, attrici mezze svestite con espressioni ammalianti su un corpo da fare invidia. Hmmm… sapete cosa potrei farci con un calendario di questo tipo? Bè, diverse cose: accendere il fuoco nel caminetto, sopperire alla mancanza di carta igienica, tappezzare il pavimento quando devo imbiancare le pareti… e così via.
No, quando io parlo di calendario, intendo tutt’altro tipo di calendario: un calendario NOSTRO. Un calendario di ragazze che stanno combattendo contro l’anoressia. Dato che tra qualche mese arriverà il 2010, mi piacerebbe poter realizzare un calendario in cui per ogni mese possano esserci foto di ragazze che stanno combattendo i DCA, accompagnate da frasi positive e propositive. Così ogni giorno dell’anno, in ogni momento della giornata, potremo avere davanti agli occhi immagini e parole positive. Perché l’unico modo per combattere l’anoressia è… iniziare a combattere l’anoressia. E questo può essere un buon modo per farlo, non credete?
Perciò, se vi va di prendere parte alla realizzazione di un nostro calendario, un calendario di ragazze in lotta contro l’anoressia, tutto quello che dovete fare è mandarmi entro la fine del mese una vostra fotografia all’indirizzo veggie.any@gmail.com, magari accompagnata da una frase positiva che vi piace e che vi sembra possa sintetizzare in maniera semplice ed efficace la vostra battaglia personale, o sia comunque una frase d’incoraggiamento e di positività verso il percorso che stiamo facendo.
Criteri da rispettare? Le fotografie devono essere: di qualsiasi dimensione, di qualsiasi inquadratura, di qualsiasi situazione, purché vi permettano di esprimere la bellezza più grande che avete: quella interiore. Inoltre le frasi devono trasmettere un messaggio assolutamente positivo. Che ne dite? Ci state?
Ah, se c’è un mese in cui preferite comparire, se volete essere le reginette di un mese in particolare, non avete che da dirmelo… ^__- E se volete rendere la cosa ancora più divertente, vi consiglio un abbigliamento consono al mese che sceglierete… (Quindi, Miss Gennaio, chiunque tu sia, mi aspetto di vederti in eskimo, eh! ^^”)
Aspetto le vostre foto e le vostre frasi positive, allora… più siamo e meglio è! Perché è proprio vero che l’unione fa la forza… e volete che la forza di noi tutte messe insieme non sia maggiore di quella dell’anoressia?!
P.S.= Il mese di Luglio è mio!! ^^"
Etichette:
2010,
anoressia,
auto-aiuto,
bulimia,
calendario,
combattere,
dca,
disturbi alimentari,
forza,
frasi positive,
lottare,
no pro-ana,
ricovero,
supporto,
thinspo,
unione
lunedì 28 settembre 2009
A voi la parola / 11
Le parole di oggi sono quelle di Prudence. Riprendendo l’eterno tema della bellezza e le mille dissertazioni che su di essa possono essere fatte, queste le meravigliose riflessioni di Prudence al riguardo, che ci accompagnano nel mensile appuntamento con “A voi la parola”.
Che cos’è la bellezza?
Illustri menti prima della mia,si sono posti questa domanda.
C’è chi la ritrova in uno squarcio di cielo… chi nel rombo di un tuono… chi nella lacrima di una giovane creola… chi nel polveroso canto di una vecchia nelle filande.
Io, fino a poco tempo fa non avevo ancora una risposta.
Forse perché concordavo con quanti, prima di me, avevano descritto il loro concetto di bellezza e, al contempo, non sentivo la loro descrizione esattamente completa.
Il problema forse allora, mi sono detta, non è la risposta, quanto la domanda stessa. Forse formulata in una tale maniera, si può intendere che il concetto di bellezza sia inteso come unico ed indivisibile.
Ed è qui, dunque, che si cade in errore.
La bellezza, quel concetto puro che aleggia nella mente degli uomini fin dalla notte dei tempi, così rapido ed inafferrabile quanto una pura vestale sui monti di Efeso… ebbene, essa non è UNICA. Non è INSCINDIBILE.
La vera bellezza della “bellezza” (mi si perdoni il gioco di parole) sta proprio in questo… nell’essere adattabile ad ogni percorso… ad ogni esperienza umana e, proprio per questo, a rinnovarsi sempre. Ad essere un ideale sempre ricco e tutto da scoprire.
Ciò che può essere bello per uno, può non esserlo affatto per l’altro… ed ecco un'altra magia, questa volta più insidiosa, di questo grande interrogativo che è la bellezza.
Spesso questa ci trae in inganno… con specchietti per le allodole che,ad una più attenta riflessione,tutti sapremmo smascherare.
Ma la bellezza conosce i nostri punti deboli… sa che noi, in quanto esseri umani, non siamo poi così INSCINDIBILI come lei. Ci accomuna infatti un unico comune denominatore… la fragilità.
E chi più, chi meno, soccombe al tristo canto della sirena bellezza… la insegue, la caccia, cerca di afferrarla, talvolta spingendosi fino all’orlo di un baratro nel quale spesso si cade senza più trovare una via di uscita.
Il cacciatore diventa la preda… il carnefice, nella volontà di afferrare e sezionare un concetto di questa portata come è il “bello”, diventa vittima dello stesso.
Eppure… se solo si ritornasse all’inizio della pagina… a quella domanda posta in maniera bislacca e certamente inesatta… se solo si prestasse più attenzione alle implicazioni nascoste della stessa… ecco che il giogo crudele della bellezza cadrebbe.
Chi pone interrogativi sulla bellezza è, difatti, l’uomo. L’uomo che, agli albori della sua venuta sulla terra, ha cominciato a coltivare un concetto, che, piano piano, è mutato in un’idea astratta, condivisibile ed affascinante come questa.
Ed eccola allora la soluzione… è l’uomo che ha creato il bello, poiché parte integrante del suo essere.
La bellezza è questa… è il suo essere comune a tutti gli uomini.
In forma diversa… in maniere differenti… in vari ambiti… ma essa, comunque, è sempre presente.
Ho deciso di mettere nero su bianco questo piccolo flusso di pensieri, poiché la mia storia è tanto diversa e tanto simile alla vostra… che forse non vale la pena di essere citata. Io cerco di lasciarmela alle spalle, con dolore, faticosamente… ma ci sto provando.
Un ragionamento del genere invece… è una di quelle cose che non vorrei scordare mai… per capire quanto in realtà, ognuno è la propria bellezza. Quanto questa sia insita in ognuno di noi. Non necessariamente bellezza fisica… ma bellezza nel suo più ampio spettro. C’è chi eccelle nel campo della musica… chi in quello della pittura… chi in quello della scrittura. Tutte queste, sono forme di bellezza invidiabili.
E’ questo quindi, che voglio condividere con voi tutte… è questo che vorrei non scordaste mai.
La bellezza,è racchiusa in ognuna di noi… magari nascosta, burlona… che, come una fatina, tende a nascondersi negli anfratti più disparati. Dobbiamo solo pazientare e tendergli una mano… ha bisogno solo di un piccolo incoraggiamento. E vedrete che essa sboccerà rendendovi fiori meravigliosi, ognuno con una propria particolarità… ognuno traboccante di un’incontenibile bellezza.
Cara Prudence, ti ringrazio per aver voluto condividere qui queste tue parole, queste tue riflessioni. Le nostre storie sono tanto simili quanto diverse proprio perché accompagnate dal minimo comune denominatore della sofferenza… quella stessa sofferenza da cui tu adesso, con coraggio e determinazione, stai cercando di distaccarti. E penso che queste riflessioni sulla bellezza possano essere un ottimo punto di partenza. Perché le conclusioni cui giungi sono esattamente quelle giuste: la bellezza è dappertutto, basta volerla scovare, basta non chiudere gli occhi.
E non dimenticare che questa stessa bellezza è anche la tua, perché una ragazza che scrive tale parole, che è capace di competere ragionamenti che rivelano una tale intelligenza e sensibilità, non può che essere una persona bellissima. E tu lo sei. Molto più di quel che credi.
Continua a combattere per lasciarti alle spalle quello che ti fa soffrire adesso, continua a lottare contro l’anoressia. E non sarà oggi, non sarà domani, e forse neanche tra un mese o tra un anno… ma sicuramente arriverà un giorno in cui sarai tu ad avere la meglio, perché combattere è già una vittoria. E in quel giorno, la tua bellezza sarà davvero tangibile sotto ogni punto di vista. Perché non c’è niente di più bello nel riuscire finalmente a darsi il diritto di combattere PER noi stesse.
Ti abbraccio forte,
Veggie
Che cos’è la bellezza?
Illustri menti prima della mia,si sono posti questa domanda.
C’è chi la ritrova in uno squarcio di cielo… chi nel rombo di un tuono… chi nella lacrima di una giovane creola… chi nel polveroso canto di una vecchia nelle filande.
Io, fino a poco tempo fa non avevo ancora una risposta.
Forse perché concordavo con quanti, prima di me, avevano descritto il loro concetto di bellezza e, al contempo, non sentivo la loro descrizione esattamente completa.
Il problema forse allora, mi sono detta, non è la risposta, quanto la domanda stessa. Forse formulata in una tale maniera, si può intendere che il concetto di bellezza sia inteso come unico ed indivisibile.
Ed è qui, dunque, che si cade in errore.
La bellezza, quel concetto puro che aleggia nella mente degli uomini fin dalla notte dei tempi, così rapido ed inafferrabile quanto una pura vestale sui monti di Efeso… ebbene, essa non è UNICA. Non è INSCINDIBILE.
La vera bellezza della “bellezza” (mi si perdoni il gioco di parole) sta proprio in questo… nell’essere adattabile ad ogni percorso… ad ogni esperienza umana e, proprio per questo, a rinnovarsi sempre. Ad essere un ideale sempre ricco e tutto da scoprire.
Ciò che può essere bello per uno, può non esserlo affatto per l’altro… ed ecco un'altra magia, questa volta più insidiosa, di questo grande interrogativo che è la bellezza.
Spesso questa ci trae in inganno… con specchietti per le allodole che,ad una più attenta riflessione,tutti sapremmo smascherare.
Ma la bellezza conosce i nostri punti deboli… sa che noi, in quanto esseri umani, non siamo poi così INSCINDIBILI come lei. Ci accomuna infatti un unico comune denominatore… la fragilità.
E chi più, chi meno, soccombe al tristo canto della sirena bellezza… la insegue, la caccia, cerca di afferrarla, talvolta spingendosi fino all’orlo di un baratro nel quale spesso si cade senza più trovare una via di uscita.
Il cacciatore diventa la preda… il carnefice, nella volontà di afferrare e sezionare un concetto di questa portata come è il “bello”, diventa vittima dello stesso.
Eppure… se solo si ritornasse all’inizio della pagina… a quella domanda posta in maniera bislacca e certamente inesatta… se solo si prestasse più attenzione alle implicazioni nascoste della stessa… ecco che il giogo crudele della bellezza cadrebbe.
Chi pone interrogativi sulla bellezza è, difatti, l’uomo. L’uomo che, agli albori della sua venuta sulla terra, ha cominciato a coltivare un concetto, che, piano piano, è mutato in un’idea astratta, condivisibile ed affascinante come questa.
Ed eccola allora la soluzione… è l’uomo che ha creato il bello, poiché parte integrante del suo essere.
La bellezza è questa… è il suo essere comune a tutti gli uomini.
In forma diversa… in maniere differenti… in vari ambiti… ma essa, comunque, è sempre presente.
Ho deciso di mettere nero su bianco questo piccolo flusso di pensieri, poiché la mia storia è tanto diversa e tanto simile alla vostra… che forse non vale la pena di essere citata. Io cerco di lasciarmela alle spalle, con dolore, faticosamente… ma ci sto provando.
Un ragionamento del genere invece… è una di quelle cose che non vorrei scordare mai… per capire quanto in realtà, ognuno è la propria bellezza. Quanto questa sia insita in ognuno di noi. Non necessariamente bellezza fisica… ma bellezza nel suo più ampio spettro. C’è chi eccelle nel campo della musica… chi in quello della pittura… chi in quello della scrittura. Tutte queste, sono forme di bellezza invidiabili.
E’ questo quindi, che voglio condividere con voi tutte… è questo che vorrei non scordaste mai.
La bellezza,è racchiusa in ognuna di noi… magari nascosta, burlona… che, come una fatina, tende a nascondersi negli anfratti più disparati. Dobbiamo solo pazientare e tendergli una mano… ha bisogno solo di un piccolo incoraggiamento. E vedrete che essa sboccerà rendendovi fiori meravigliosi, ognuno con una propria particolarità… ognuno traboccante di un’incontenibile bellezza.
Cara Prudence, ti ringrazio per aver voluto condividere qui queste tue parole, queste tue riflessioni. Le nostre storie sono tanto simili quanto diverse proprio perché accompagnate dal minimo comune denominatore della sofferenza… quella stessa sofferenza da cui tu adesso, con coraggio e determinazione, stai cercando di distaccarti. E penso che queste riflessioni sulla bellezza possano essere un ottimo punto di partenza. Perché le conclusioni cui giungi sono esattamente quelle giuste: la bellezza è dappertutto, basta volerla scovare, basta non chiudere gli occhi.
E non dimenticare che questa stessa bellezza è anche la tua, perché una ragazza che scrive tale parole, che è capace di competere ragionamenti che rivelano una tale intelligenza e sensibilità, non può che essere una persona bellissima. E tu lo sei. Molto più di quel che credi.
Continua a combattere per lasciarti alle spalle quello che ti fa soffrire adesso, continua a lottare contro l’anoressia. E non sarà oggi, non sarà domani, e forse neanche tra un mese o tra un anno… ma sicuramente arriverà un giorno in cui sarai tu ad avere la meglio, perché combattere è già una vittoria. E in quel giorno, la tua bellezza sarà davvero tangibile sotto ogni punto di vista. Perché non c’è niente di più bello nel riuscire finalmente a darsi il diritto di combattere PER noi stesse.
Ti abbraccio forte,
Veggie
Etichette:
a voi la parola,
anoressia,
bellezza,
bulimia,
condivisione,
dca,
disordini alimentari,
Prudence,
riflessioni,
supporto
venerdì 25 settembre 2009
Combattere i pensieri del DCA
Combattere contro l’anoressia significa soprattutto combattere contro i pensieri distorti che questa ci mette in testa, con le bugie che ci racconta. Pertanto, una parte molto importante del percorso di ricovero consiste nel combattere i pensieri derivanti dal DCA. Riconoscere quelle che sono le menzogne che l’anoressia ci sussurra, ricercando invece quella che è la verità.
Ad esempio, l’anoressia ci fa pensare:
“La restrizione è l’unico modo in cui io riesco ad affrontare [inserire qui il problema]”
Ma la verità è:
“Se la restrizione fosse davvero l’unico modo in cui possiamo affrontare lo stress, le situazioni ansiogene, le emozioni difficili da gestire, allora tutte le persone del mondo sarebbero anoressiche. In realtà, però, la stragrande maggioranza della gente riesce a far fronte a questi problemi giorno dopo giorno anche senza farsi del male… e se loro ci riescono, allora ce la posso fare anch’io!”
Oppure, l’anoressia ci mette in testa:
“Ma tanto restringo solo questa volta e poi non lo faccio più… Non mi faccio davvero del male continuando per chissà quanto…”
Ma la realtà è che:
“Dire “Lo faccio solo questa volta” è una frase che si finisce poi per ripetere 20, 30, 100, 1000 volte. Perché una volta iniziato a restringere, una volta iniziate a provare tutte le sensazioni di controllo, forza, soddisfazione e sicurezza connesse alla restrizione, è praticamente impossibile dire basta. E così si precipita nella spirale discendente dell’ossessione ancor prima di rendercene conto”.
L’anoressia ci fa dire:
“Se riesco a barcamenarmi tra scuola/lavoro, famiglia, sport, vita sociale, senza che nessuno si accorga di niente, ciò significa che sono veramente forte e che posso cavarmela benissimo. Altro che ricoverarmi, sto andando alla grande!”
Ma questa è la verità:
“Potrebbe pure essere vero che se riesco a fare tutte queste cose allora è tutto okay. Ma a pensarci, bene, nessuna di queste cose mi dà veramente soddisfazione o mi fa veramente essere felice. L’unica cosa che mi fa sentire veramente appagata è il senso di forza, di potenza e di controllo che provo quando restringo. Perciò, in realtà io non sto vivendo. Sto solo sopravvivendo”.
(E davvero i giorni più brutti nella vita sono quelli in cui lasciamo sorridere la maschera e non il nostro vero sorriso…)
Ancora, l’anoressia fa pensare:
“Ma io non sono malata! Io non sto così male come le altre! Non sono ridotta in quel modo! Finché non ci arriverò – e non ci arriverò!! – non ho alcun bisogno del ricovero!”
Ma in realtà:
“Ma, contemporaneamente, sto perdendo tempo. Scivolerò verso il basso senza neanche rendermene conto. Non sono abbastanza oggettiva per valutare il danno che mi sto infliggendo. Non so esattamente quello a cui sto andando incontro. Perciò sarebbe meglio fermarsi, prima che mi fermi l’anoressia”.
Altro pensiero che l’anoressia può metterci in testa è:
“E’ la mia vita, è la mia scelta. Ho il libero arbitrio, o no?! Qual è il problema?”
Ma la verità è che:
“Il mio comportamento ferisce i miei familiari e i miei amici. Causa un sacco di preoccupazioni e di risentimento. Rovina momenti belli che potrei trascorrere accanto alle persone cui voglio bene. La mia famiglia ed i miei amici ne sarebbero devastati, se qualcosa dovesse andare per il verso sbagliato. E lo sarei anch’io”.
Il pensiero sottostante che, anche se è difficile ammetterlo persino a noi stesse, spinge all’anoressia, poi, è:
“Sono una fallita. Non sono abbastanza. Sono una perdente”.
Ma la verità è che:
“Tutti commettono errori e defaillances, talvolta. Questo non significa essere una fallita o una perdente. Questo significa essere umana. Ho fatto comunque del mio meglio, anche se non è andata come avrei voluto. Ho fatto tutto il possibile”.
L’anoressia ci fa dire:
“Tutto quanto è un tale casino! Non vedo proprio come le cose potrebbero andare meglio…”.
Ma in realtà:
“Ci sono persone che possono aiutarmi a risolvere questi casini, se trovo il coraggio di ammettere che non ce la faccio da sola e che ho bisogno d’aiuto. Il primo passo è sempre il più difficile, ma poi tutti gli altri verranno di conseguenza. Io posso cambiare. Io posso fare progressi. Io posso costruirmi una nuova vita e far affiorare la vera me stessa. Dipende tutto solo da me”.
E poi, l’anoressia ci fa pensare:
“Ah, oggi ho avuto proprio una giornataccia… Quindi è okay se oggi restringo”.
Ma, ragazze, la verità è:
“Non devo trovarmi scusanti per fare qualcosa di sbagliato. Se riesco ad essere abbastanza forte da passare questo momentaccio senza cedere all’anoressia, sarò più forte domani agli urti della vita”.
Ancora più pericoloso, l’anoressia fa pensare:
“Se non riesco ad essere come voglio, se non riesco a modellare il mio corpo come voglio, se non riesco a restringere, allora significa che sono mediocre”.
Ma non è vero. E la realtà è che:
“L’anoressia mi priva della mia vera forza. Forza che è l’unica cosa che, con l’anoressia, si va veramente a restringere. L’anoressia mi priva di tutto il mio potenziale. Perciò, se spezzo il circolo vizioso potrò lasciare spazio alla vera Me Stessa di diventare la persona meravigliosa che è”.
Ed essere libere…
Credete a voi stesse, non alle parole che vi dice l’anoressia. Perché solo voi avete ragione e sapete qual è la cosa giusta… per voi stesse.
Ad esempio, l’anoressia ci fa pensare:
“La restrizione è l’unico modo in cui io riesco ad affrontare [inserire qui il problema]”
Ma la verità è:
“Se la restrizione fosse davvero l’unico modo in cui possiamo affrontare lo stress, le situazioni ansiogene, le emozioni difficili da gestire, allora tutte le persone del mondo sarebbero anoressiche. In realtà, però, la stragrande maggioranza della gente riesce a far fronte a questi problemi giorno dopo giorno anche senza farsi del male… e se loro ci riescono, allora ce la posso fare anch’io!”
Oppure, l’anoressia ci mette in testa:
“Ma tanto restringo solo questa volta e poi non lo faccio più… Non mi faccio davvero del male continuando per chissà quanto…”
Ma la realtà è che:
“Dire “Lo faccio solo questa volta” è una frase che si finisce poi per ripetere 20, 30, 100, 1000 volte. Perché una volta iniziato a restringere, una volta iniziate a provare tutte le sensazioni di controllo, forza, soddisfazione e sicurezza connesse alla restrizione, è praticamente impossibile dire basta. E così si precipita nella spirale discendente dell’ossessione ancor prima di rendercene conto”.
L’anoressia ci fa dire:
“Se riesco a barcamenarmi tra scuola/lavoro, famiglia, sport, vita sociale, senza che nessuno si accorga di niente, ciò significa che sono veramente forte e che posso cavarmela benissimo. Altro che ricoverarmi, sto andando alla grande!”
Ma questa è la verità:
“Potrebbe pure essere vero che se riesco a fare tutte queste cose allora è tutto okay. Ma a pensarci, bene, nessuna di queste cose mi dà veramente soddisfazione o mi fa veramente essere felice. L’unica cosa che mi fa sentire veramente appagata è il senso di forza, di potenza e di controllo che provo quando restringo. Perciò, in realtà io non sto vivendo. Sto solo sopravvivendo”.
(E davvero i giorni più brutti nella vita sono quelli in cui lasciamo sorridere la maschera e non il nostro vero sorriso…)
Ancora, l’anoressia fa pensare:
“Ma io non sono malata! Io non sto così male come le altre! Non sono ridotta in quel modo! Finché non ci arriverò – e non ci arriverò!! – non ho alcun bisogno del ricovero!”
Ma in realtà:
“Ma, contemporaneamente, sto perdendo tempo. Scivolerò verso il basso senza neanche rendermene conto. Non sono abbastanza oggettiva per valutare il danno che mi sto infliggendo. Non so esattamente quello a cui sto andando incontro. Perciò sarebbe meglio fermarsi, prima che mi fermi l’anoressia”.
Altro pensiero che l’anoressia può metterci in testa è:
“E’ la mia vita, è la mia scelta. Ho il libero arbitrio, o no?! Qual è il problema?”
Ma la verità è che:
“Il mio comportamento ferisce i miei familiari e i miei amici. Causa un sacco di preoccupazioni e di risentimento. Rovina momenti belli che potrei trascorrere accanto alle persone cui voglio bene. La mia famiglia ed i miei amici ne sarebbero devastati, se qualcosa dovesse andare per il verso sbagliato. E lo sarei anch’io”.
Il pensiero sottostante che, anche se è difficile ammetterlo persino a noi stesse, spinge all’anoressia, poi, è:
“Sono una fallita. Non sono abbastanza. Sono una perdente”.
Ma la verità è che:
“Tutti commettono errori e defaillances, talvolta. Questo non significa essere una fallita o una perdente. Questo significa essere umana. Ho fatto comunque del mio meglio, anche se non è andata come avrei voluto. Ho fatto tutto il possibile”.
L’anoressia ci fa dire:
“Tutto quanto è un tale casino! Non vedo proprio come le cose potrebbero andare meglio…”.
Ma in realtà:
“Ci sono persone che possono aiutarmi a risolvere questi casini, se trovo il coraggio di ammettere che non ce la faccio da sola e che ho bisogno d’aiuto. Il primo passo è sempre il più difficile, ma poi tutti gli altri verranno di conseguenza. Io posso cambiare. Io posso fare progressi. Io posso costruirmi una nuova vita e far affiorare la vera me stessa. Dipende tutto solo da me”.
E poi, l’anoressia ci fa pensare:
“Ah, oggi ho avuto proprio una giornataccia… Quindi è okay se oggi restringo”.
Ma, ragazze, la verità è:
“Non devo trovarmi scusanti per fare qualcosa di sbagliato. Se riesco ad essere abbastanza forte da passare questo momentaccio senza cedere all’anoressia, sarò più forte domani agli urti della vita”.
Ancora più pericoloso, l’anoressia fa pensare:
“Se non riesco ad essere come voglio, se non riesco a modellare il mio corpo come voglio, se non riesco a restringere, allora significa che sono mediocre”.
Ma non è vero. E la realtà è che:
“L’anoressia mi priva della mia vera forza. Forza che è l’unica cosa che, con l’anoressia, si va veramente a restringere. L’anoressia mi priva di tutto il mio potenziale. Perciò, se spezzo il circolo vizioso potrò lasciare spazio alla vera Me Stessa di diventare la persona meravigliosa che è”.
Ed essere libere…
Credete a voi stesse, non alle parole che vi dice l’anoressia. Perché solo voi avete ragione e sapete qual è la cosa giusta… per voi stesse.
Etichette:
anoressia,
auto-aiuto,
bugie,
bulimia,
combattere,
dca,
disordini alimentari,
no pro-ana,
pensieri,
ricovero,
supporto,
verità
martedì 22 settembre 2009
Lies that anorexia tells - 2
A completamento del post precedente, un altro disegno che ho realizzato a proposito delle bugie che ci racconta l’anoressia.
Bugie talmente grandi che finiscono per passare come verità perché riempiono tutta la nostra mente tenendola ossessivamente occupata, interessata alle prestazioni che ci auto-imponiamo, correndo dietro a mille impegni di cui forse solo uno è autentico: nascondere a noi stesse e agli altri l’insostenibile tormento che ci divora.
Le bugie che l’anoressia ci racconta, perché noi stesse abbiamo deciso di raccontarcene, sembrano metterci al riparo dalle sofferenze inflitte dalle menzogne degli altri. Ma poi ci si accorge che non funziona così, perché non si può scappare all’infinito da noi stesse: gli auto-inganni si svelano, le promesse dell’anoressia vengono meno, e si tocca il fondo dell’abisso.
Non resta perciò altro da fare che provare a risalire: perché a questo punto è ovvio che le bugie che ci racconta l’anoressia sono una ben MAGRA consolazione.

(click sull’immagine per ingrandire)
Bugie talmente grandi che finiscono per passare come verità perché riempiono tutta la nostra mente tenendola ossessivamente occupata, interessata alle prestazioni che ci auto-imponiamo, correndo dietro a mille impegni di cui forse solo uno è autentico: nascondere a noi stesse e agli altri l’insostenibile tormento che ci divora.
Le bugie che l’anoressia ci racconta, perché noi stesse abbiamo deciso di raccontarcene, sembrano metterci al riparo dalle sofferenze inflitte dalle menzogne degli altri. Ma poi ci si accorge che non funziona così, perché non si può scappare all’infinito da noi stesse: gli auto-inganni si svelano, le promesse dell’anoressia vengono meno, e si tocca il fondo dell’abisso.
Non resta perciò altro da fare che provare a risalire: perché a questo punto è ovvio che le bugie che ci racconta l’anoressia sono una ben MAGRA consolazione.

(click sull’immagine per ingrandire)
sabato 19 settembre 2009
Lies that anorexia tells - 1
Quante di tutte le promesse che aveva fatto l’anoressia nel momento in cui avevamo compiuto questa scelta, si sono poi, sul lungo termine, effettivamente avverate?
Nessuna.
Eppure, nonostante questa consapevolezza, molto spesso è difficile staccarsi dall’anoressia perché è più facile vivere nella menzogna.
Perciò, con questo disegno che ho fatto, ho provato a mettere nero su bianco alcune delle più comuni bugie che l’anoressia ci racconta. Perché concretizzarle è il primo passo per capire e per accettare. E solo capendo ed accettando si può decidere veramente d’iniziare a combattere.

(click sull’immagine per ingrandire)
Nessuna.
Eppure, nonostante questa consapevolezza, molto spesso è difficile staccarsi dall’anoressia perché è più facile vivere nella menzogna.
Perciò, con questo disegno che ho fatto, ho provato a mettere nero su bianco alcune delle più comuni bugie che l’anoressia ci racconta. Perché concretizzarle è il primo passo per capire e per accettare. E solo capendo ed accettando si può decidere veramente d’iniziare a combattere.

(click sull’immagine per ingrandire)
mercoledì 16 settembre 2009
Un percorso che dura una vita
L’anoressia sembra dare tanto, ma poi si riprende indietro tutto e non restituisce niente.
Tutto quello che resta, sono giorni fatti d’ossessione e di vuoto. Corpo e mente devastati. Strade chiuse. Pensieri distorti. Felicità impossibile. Una vita fatta soltanto da un insieme di regole che noi stesse ci siamo auto-imposte e nelle quali abbiamo finito per restare intrappolate. Nient’altro spazio in testa se non quello per l’ossessione.
Ma la vita è molto, molto più che una vuota ossessione. Possiamo perciò darci una seconda possibilità. Possiamo aprire gli occhi. Possiamo iniziare a percorrere la strada della luce. Possiamo iniziare a percorrere la strada del ricovero e scoprire che è possibile vivere. Vivere non una vita dominata dall’anoressia, ma una vita in cui siamo noi a tenere sotto controllo l’anoressia. Un vita in cui possiamo quotidianamente combattere.
Il ricovero è un lungo processo. Un percorso che dura una vita. Un processo che non è facile iniziare. E si sa che poi non conta la distanza, ma tutto sta nel riuscire a fare il primo passo. Cercate di metterci tutte voi stesse per farlo. Anche se avete un sacco di dubbi e vi sentite incerte, perse, e avete paura… fate il primo passo e poi continuate a camminare. Non fermatevi. Continuate ad andare avanti.
Potrete sentirvi fragili… ma non siete mai così forti come quando combattete contro l’anoressia. E parlo della forza quella vera, non quella illusoria ed effimera che l’anoressia fa provare.
Ogni volta che combatterete i pensieri derivanti dall’anoressia, farete un passo avanti sulla strada del ricovero.
Non riavrete le cose che l’anoressia vi ha rubato… ma imparerete, a poco a poco, a costruirvene delle nuove che possano comunque farvi stare meglio. E vi accorgerete che l’anoressia non è l’unico modo per vivere… ma che ce n’è un altro che è molto più giusto ed importante. Magari non sarete felici, anche perché credo che raggiungere la felicità nel senso proprio del termine sia più che altro un qualcosa di utopico, ma sicuramente sarete serene.
E, allora, vi accorgerete che il mondo è spesso crudele, cattivo e schifoso… ma che, qualche volta, la vita può essere anche inaspettatamente meravigliosa. E, alla fine, vi accorgerete che combattere l’anoressia vale la pena. Che vivere vale la pena.
Tutto quello che resta, sono giorni fatti d’ossessione e di vuoto. Corpo e mente devastati. Strade chiuse. Pensieri distorti. Felicità impossibile. Una vita fatta soltanto da un insieme di regole che noi stesse ci siamo auto-imposte e nelle quali abbiamo finito per restare intrappolate. Nient’altro spazio in testa se non quello per l’ossessione.
Ma la vita è molto, molto più che una vuota ossessione. Possiamo perciò darci una seconda possibilità. Possiamo aprire gli occhi. Possiamo iniziare a percorrere la strada della luce. Possiamo iniziare a percorrere la strada del ricovero e scoprire che è possibile vivere. Vivere non una vita dominata dall’anoressia, ma una vita in cui siamo noi a tenere sotto controllo l’anoressia. Un vita in cui possiamo quotidianamente combattere.
Il ricovero è un lungo processo. Un percorso che dura una vita. Un processo che non è facile iniziare. E si sa che poi non conta la distanza, ma tutto sta nel riuscire a fare il primo passo. Cercate di metterci tutte voi stesse per farlo. Anche se avete un sacco di dubbi e vi sentite incerte, perse, e avete paura… fate il primo passo e poi continuate a camminare. Non fermatevi. Continuate ad andare avanti.
Potrete sentirvi fragili… ma non siete mai così forti come quando combattete contro l’anoressia. E parlo della forza quella vera, non quella illusoria ed effimera che l’anoressia fa provare.
Ogni volta che combatterete i pensieri derivanti dall’anoressia, farete un passo avanti sulla strada del ricovero.
Non riavrete le cose che l’anoressia vi ha rubato… ma imparerete, a poco a poco, a costruirvene delle nuove che possano comunque farvi stare meglio. E vi accorgerete che l’anoressia non è l’unico modo per vivere… ma che ce n’è un altro che è molto più giusto ed importante. Magari non sarete felici, anche perché credo che raggiungere la felicità nel senso proprio del termine sia più che altro un qualcosa di utopico, ma sicuramente sarete serene.
E, allora, vi accorgerete che il mondo è spesso crudele, cattivo e schifoso… ma che, qualche volta, la vita può essere anche inaspettatamente meravigliosa. E, alla fine, vi accorgerete che combattere l’anoressia vale la pena. Che vivere vale la pena.
Etichette:
anoressia,
auto-aiuto,
bulimia,
camminare,
combattere,
dca,
disordini alimentari,
lottare,
no pro-ana,
ricovero,
viaggio,
vita
domenica 13 settembre 2009
One year later...

“Realizzare questo blog non sarà impresa facile; devi essere pronta ad affrontare l’anoressia, a perseguire questa battaglia giorno dopo giorno, a supportare tutte le ragazze che si trovano nella tua stessa posizione e a rispondere a tutti commenti che le alter lasceranno sui tuoi post, che potranno anche essere difficili da accettare. Se però te la senti di procedere, ti darò il mio appoggio incondizionato”.
Così mi sono detta quando, per la prima volta, ho avuto l’idea di aprire questo spazio virtuale di lotta contro l’anoressia. Sapevo che non sarebbe stata esattamente una passeggiata, e che forse avrei potuto non riuscire a centrare il mio obiettivo. Ma la mia decisione è stata: voglio provarci comunque.
Nel complesso, sono soddisfatta di quello che finora sono riuscita a costruire, anche se ho avuto i miei momenti d’incertezza. Non è facile dare una mano a delle persone che non si conoscono, a chissà quanti chilometri di distanza, e così talvolta ho temuto di non riuscire ad essere sufficientemente supportava. Ma ho sempre cercato di fare del mio meglio e spero che questo, in un modo o nell’altro, vi sia arrivato. Spero, in definitiva, di essere riuscita a trasmettervi qualcosa, per quanto piccolo questo “qualcosa” possa essere.
Ritengo che i blog siano uno strano prodotto, una sorta di “prodotto d’intrattenimento”, perché li si può leggere superficialmente senza dargli alcuna particolare importanza, oppure possono toccarti, possono suscitarti delle emozioni, possono cambiare il tuo modo di pensare ed arricchire la tua vita… dipende tutto da chi li fruisce. Questa è ovviamente una mia opinione personale. Immagino che, per un sacco di persone che non sono mai passate attraverso un DCA, il mio blog non sia affatto utile… per me, invece, è la mia realtà dell’ultimo anno.
La persona che ha scritto questi post esiste davvero, ed è qui per tutte voi… non scordatelo mai. Potete scrivermi (veggie.any@alice.it) in qualsiasi momento, qualsiasi cosa, e state certe che risponderò a tutte.
Sono stata felice dei commenti positivi che ho ricevuto, ed anche delle rimostranze e delle critiche, e chiedo scusa se qualche volta posso aver scritto delle cose che possono essere risultate offensive per qualcuno.
Adesso credo sia arrivato il momento di continuare ad andare avanti su questa strada che ho intrapreso, con questo blog, insieme a tute voi guerriere della luce. Continuare a combattere contro l’anoressia. Perché arriva un momento nella vita in cui anche quell’anoressia che sembrava essere la panacea, la soluzione a tutte le difficoltà, abbassa la maschera e si rivela per quello che veramente è: IL PROBLEMA. E così, si comincia a fare troppa fatica a sopportarla. Ma quando si è stanchi di qualcosa, bisogna allontanarsene: chiamatela pure fuga, se volete. Secondo me richiede anch’essa un certo coraggio. E poi, ciò che conta è la consapevolezza che si tornerà ad affrontare il problema, con l’intenzione di risolverlo. Affrontarlo da un’altra parte, da un altro punto di vista, però. Combattendo.
A un anno dall’apertura di questo spazio, perciò, volevo semplicemente fare un enorme “in bocca al lupo” a tutti quante stanno lottando contro l’anoressia. Lo so che ci sono momenti difficili nella vita, ma voi potete diventare più forti e superarli. Qualunque vostro desiderio si avvererà se siete convinte di poterlo realizzare.
Vorrei trasformarmi in vento, in vento simile ad un sospiro. Un vento che aiuta a combattere le avversità, che asciuga le lacrime, lenisce la stanchezza… ecco, vorrei diventare quel tipo di vento. Vorrei giungere da tutte voi in volo, liberarvi dall’anoressia e dal dolore e donarvi la felicità. Leggete questo blog quando siete tristi, ed io sarò al vostro fianco. Leggete questo blog quando siete felici, ed io sarò al vostro fianco.
Ma poiché sono solo una ragazza, ci sono momenti in cui mi sento stanca… momenti in cui soffro a causa dell’anoressia, e sopporto in silenzio… questa è una realtà che non posso cambiare. Eppure ogni mattina mi sveglio e penso che è bellissimo avere davanti un nuovo giorno che mi aspetta, un giorno in cui rinnovare il mio impegno per lottare contro l’anoressia, un giorno nuovo di zecca e senza errori, da riempire con tutto ciò che io ed io soltanto sarò capace di creare.
Grazie a tutte voi che mi state accompagnando sulla strada del ricovero, continuiamo a stare fianco a fianco e a combattere tutte insieme, se vi va.
Vi voglio bene,
Veggie
Etichette:
alimentazione,
anoressia,
auto-aiuto,
blog,
bulimia,
cibo,
combattere,
compleanno,
dca,
disturbi alimentari,
forza,
insieme,
no pro-ana,
problema,
ricovero,
supporto,
unione
giovedì 10 settembre 2009
Lei
Avevamo preso alla leggera qualcosa su cui è permessa solo la massima serietà, o viceversa?
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontare quello che ho in mente la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Looking back on when we first met… (3 Giugno 2007)
LEI: “Sei la mia nuova compagna di stanza, vero?! Bene, avevo giusto bisogno di qualcuno che mi aiutasse a tirare un paio di calci a questa anoressia! Bisogna darci da fare, perché altrimenti qui ci si tira la buccia!”
IO: “La vita è sopravvalutata.”
Penso che oggi è uno di quei giorni in cui vorrei ritornare piccola. Solo per oggi. Perché i bambini non tacciono volontariamente e non cercano di dimenticare le cose spiacevoli. Semplicemente, le rimuovono. Con quella tranquilla naturalezza della quale solo a 4 o 5 anni siamo capaci. Perciò anch’io vorrei tornare a quell’età, oggi. Vorrei tornarci per far sparire tutto e ricominciare da zero. Vorrei tornarci per comportarmi in maniera diversa, per cambiare le cose, per dare un altro epilogo che non sia quello che è stato. Vorrei tornarci per non averla mai incontrata. Avrebbe cambiato qualcosa? Avrebbe cambiato me, lei? Avrebbe cambiato quello che penso adesso? Se solo potessi ricominciare di nuovo, un milione di miglia lontana da qui, mia cara, avrei cura di me stessa. Troverei un modo. E questa giornata non ci sarebbe. Sarebbe solo un altro ordinario 10 Settembre da dimenticare. E io non sarei qui. E lei non sarebbe là. Il suo volto di bambolina di porcellana. I suoi occhi chiusi. I suoi sogni polvere, per sempre.
Ho realizzato un video per Emma. Emma. La ragazza bionda della foto (tra 4.03’ e 4.09’ nel video) che fa la “V” con le dita. La “V” di evviva, la “V” di Vita… quella vita che ha perso esattamente 2 anni fa, il 10 Settembre 2007, proprio a causa dell’anoressia. Lei è stata la mia compagna di stanza in clinica durante il mio 4° ricovero, il più difficile, il più duro. Ma anche quello che ha segnato il punto di svolta. Insieme abbiamo cercato di combattere l’anoressia, con la promessa di uscirne… In realtà, da quella clinica ci sono uscita solo io… E continuo a lottare contro l’anoressia.
Perciò, Emma, questo è per te. Perché il tuo coraggio e la tua grinta possano essere d’esempio per tutte. Perché tu sei davvero la stella che ha dato un senso al mio cielo.
Cara Emma, forse è vero che la morte è una bilancia che ricerca sempre l’equilibrio. Forse è vero che è stata presa una vita per una vita. E perciò tu hai salvato la mia ed hai pagato con la tua. Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Non doveva andare così. Tu volevi fare la cantante. Tu volevi andare in vacanza negli Stati Uniti. Tu volevi vedere la nuova stagione di “The O.C.”. Tu volevi comprare un PC portatile color rosa confetto. Tu volevi iscriverti alla facoltà di Medicina. Tu volevi diventare medico. Tu volevi mangiare la tua prima ciliegia dell’estate per poter esprimere un desiderio. Perché tu ne avevi tanti di sogni. Avevi tanta vita che volevi vivere davanti, che volevi assaporare fino all’ultimo istante. Perciò non doveva andare così. Doveva prendersi me, non te. Ero io quella che voleva morire. Ero io quella che doveva morire.
C’è però una cosa che volevo dirti. E anche se so che adesso non puoi più sentirmi, voglio dirtela ugualmente. GRAZIE. Grazie perché mi hai liberata. Mi hai liberata dall’incantesimo che avevo fatto a me stessa. Mi hai permesso di ricominciare. Mi hai dato un senso. Mi hai mostrato la via.
Io adesso sto vivendo una vita che non mi appartiene, che è la sua. Come io mi sono presa la sua vita, lei si è presa la mia morte, scambio fatale, il bacio di due coni. Ma se lei mi ha concesso in prestito il suo tempo, io non posso che viverlo per lei: perciò farò quello che sono stata chiamata a fare. E nel momento in cui mi sono iscritta a Medicina, mi sono iscritta per lei. E la mia laurea sarà la sua laurea. E in ogni ragazza che vedrò, vedrò lei. Ed ogni ragazza con cui parlerò, parlerò con lei. Ed ogni ragazza che proverò a curare, proverò a curare lei. Ed ogni anoressia contro la quale combatterò, sarà la sua anoressia.
E se salverò anche una sola vita, lei riavrà la sua.
È la milionesima volta che provo a scrivere questo post: arrivo più o meno alla terza frase, poi cancello tutto perché mi sembra che non vada bene. Sto scoprendo che nel provare a raccontare quello che ho in mente la parte più difficile – una delle parti più difficili, per lo meno – non è tanto riuscire a metterci tutto, quanto mettere tutto al posto giusto.
Looking back on when we first met… (3 Giugno 2007)
LEI: “Sei la mia nuova compagna di stanza, vero?! Bene, avevo giusto bisogno di qualcuno che mi aiutasse a tirare un paio di calci a questa anoressia! Bisogna darci da fare, perché altrimenti qui ci si tira la buccia!”
IO: “La vita è sopravvalutata.”
Penso che oggi è uno di quei giorni in cui vorrei ritornare piccola. Solo per oggi. Perché i bambini non tacciono volontariamente e non cercano di dimenticare le cose spiacevoli. Semplicemente, le rimuovono. Con quella tranquilla naturalezza della quale solo a 4 o 5 anni siamo capaci. Perciò anch’io vorrei tornare a quell’età, oggi. Vorrei tornarci per far sparire tutto e ricominciare da zero. Vorrei tornarci per comportarmi in maniera diversa, per cambiare le cose, per dare un altro epilogo che non sia quello che è stato. Vorrei tornarci per non averla mai incontrata. Avrebbe cambiato qualcosa? Avrebbe cambiato me, lei? Avrebbe cambiato quello che penso adesso? Se solo potessi ricominciare di nuovo, un milione di miglia lontana da qui, mia cara, avrei cura di me stessa. Troverei un modo. E questa giornata non ci sarebbe. Sarebbe solo un altro ordinario 10 Settembre da dimenticare. E io non sarei qui. E lei non sarebbe là. Il suo volto di bambolina di porcellana. I suoi occhi chiusi. I suoi sogni polvere, per sempre.
Ho realizzato un video per Emma. Emma. La ragazza bionda della foto (tra 4.03’ e 4.09’ nel video) che fa la “V” con le dita. La “V” di evviva, la “V” di Vita… quella vita che ha perso esattamente 2 anni fa, il 10 Settembre 2007, proprio a causa dell’anoressia. Lei è stata la mia compagna di stanza in clinica durante il mio 4° ricovero, il più difficile, il più duro. Ma anche quello che ha segnato il punto di svolta. Insieme abbiamo cercato di combattere l’anoressia, con la promessa di uscirne… In realtà, da quella clinica ci sono uscita solo io… E continuo a lottare contro l’anoressia.
Perciò, Emma, questo è per te. Perché il tuo coraggio e la tua grinta possano essere d’esempio per tutte. Perché tu sei davvero la stella che ha dato un senso al mio cielo.
Cara Emma, forse è vero che la morte è una bilancia che ricerca sempre l’equilibrio. Forse è vero che è stata presa una vita per una vita. E perciò tu hai salvato la mia ed hai pagato con la tua. Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Non doveva andare così. Tu volevi fare la cantante. Tu volevi andare in vacanza negli Stati Uniti. Tu volevi vedere la nuova stagione di “The O.C.”. Tu volevi comprare un PC portatile color rosa confetto. Tu volevi iscriverti alla facoltà di Medicina. Tu volevi diventare medico. Tu volevi mangiare la tua prima ciliegia dell’estate per poter esprimere un desiderio. Perché tu ne avevi tanti di sogni. Avevi tanta vita che volevi vivere davanti, che volevi assaporare fino all’ultimo istante. Perciò non doveva andare così. Doveva prendersi me, non te. Ero io quella che voleva morire. Ero io quella che doveva morire.
C’è però una cosa che volevo dirti. E anche se so che adesso non puoi più sentirmi, voglio dirtela ugualmente. GRAZIE. Grazie perché mi hai liberata. Mi hai liberata dall’incantesimo che avevo fatto a me stessa. Mi hai permesso di ricominciare. Mi hai dato un senso. Mi hai mostrato la via.
Io adesso sto vivendo una vita che non mi appartiene, che è la sua. Come io mi sono presa la sua vita, lei si è presa la mia morte, scambio fatale, il bacio di due coni. Ma se lei mi ha concesso in prestito il suo tempo, io non posso che viverlo per lei: perciò farò quello che sono stata chiamata a fare. E nel momento in cui mi sono iscritta a Medicina, mi sono iscritta per lei. E la mia laurea sarà la sua laurea. E in ogni ragazza che vedrò, vedrò lei. Ed ogni ragazza con cui parlerò, parlerò con lei. Ed ogni ragazza che proverò a curare, proverò a curare lei. Ed ogni anoressia contro la quale combatterò, sarà la sua anoressia.
E se salverò anche una sola vita, lei riavrà la sua.
lunedì 7 settembre 2009
Pensiero del giorno
Per tanto tempo siamo state le nostre peggiori nemiche.
Non c’è niente di più semplice.
Adesso è arrivato il momento di essere le nostre migliori amiche.
Di combattere PER noi stesse, e non più CONTRO noi stesse.
Non c’è niente di più difficile.
Ma ne vale assolutamente la pena.
Non c’è niente di più semplice.
Adesso è arrivato il momento di essere le nostre migliori amiche.
Di combattere PER noi stesse, e non più CONTRO noi stesse.
Non c’è niente di più difficile.
Ma ne vale assolutamente la pena.
Etichette:
amiche,
anoressia,
auto-aiuto,
bulimia,
combattere,
coraggio,
dca,
disordini alimentari,
lottare,
nemiche,
no pro-ana,
pensiero positivo,
ricominciare,
ricovero,
supporto
venerdì 4 settembre 2009
Psicoterapia
Nel momento in cui si è nel pieno di un DCA, è estremamente difficile riuscire a formulare la richiesta di una psicoterapia. Questo perché non ci si sente ancora pronte a domandarci dov’è che vogliamo veramente andare, ma soprattutto fino a che punto siamo disposte a fare introspezione per cercare di sviscerare le vere cause che hanno portato all’anoressia raggiungendo così consapevolezza e desiderio.
Iniziare una psicoterapia è difficile anche perché si teme che il terapeuta possa non essere altro che l’ennesima persona che vede unicamente l’aspetto fisico, i tratti materiali, tangibili della sofferenza anoressica. Inoltre, si ha paura che il terapeuta possa portarci via tutto il mondo, tutta la realtà che con il DCA abbiamo faticosamente costruito, riportandoci alla condizione primigenia che ha determinato l’innesco dell’anoressia stessa.
In fin dei conti, l’anoressia non è che il tentativo di diventare invisibili per essere viste, perciò, se qualcuno ci portasse via questa possibilità allontanando il sintomo e ripristinando la “normalità”, che cosa ci resterebbe? È per questo che la psicoterapia è un passo così difficile da affrontare.
Nel momento in cui siamo nel pieno di un DCA, è solo la rabbia che ci tiene in vita, una vita colma di rancore e di paura. Abbiamo paura della nostra rabbia, ed abbiamo paura della nostra paura. Ci sentiamo in dovere di cercare sempre di nascondere a tutti e in qualsiasi modo i sentimenti contraddittori che in certi momenti invadono la nostra mente, spingendoci a cercare aiuto e a rifiutarlo al tempo stesso. Molto spesso cerchiamo di nasconderli persino a noi stesse.
Man mano che ci si abitua a convivere con l’anoressia, si perde il ricordo di come sia possibile vivere senza. Sopravviviamo da così tanto tempo con questo sintomo da aver dimenticato com’era quando non c’era. E così non si riesce a vedere veramente il nostro corpo fino in fondo, non riusciamo a credere fino in fondo che possa essere davvero danneggiato: questo corpo che non amiamo guardare, che spesso tocchiamo come se fosse unicamente uno strumento di cui dobbiamo accertare la funzione. Perché ci sembra di dover dimostrare – agli altri, ma soprattutto a noi stesse – quanto siamo capaci di non cedere al desiderio di cedere. Di farsi aiutare. Di parlarne con qualcuno.
Si pensa che il nostro corpo serva solo a sostenere la nostra mente, ma non le appartenga. E così, con l’anoressia, ci siamo costruite un corpo esile, un corpo quasi invisibile, per poter essere viste. Il nostro comportamento è contraddittorio, confonde e ci confonde. Una parte di noi stesse si aspetta che qualcuno riesca a scoprire l’inganno che noi stesse abbiamo costruito, e così ce ne liberi; che qualcuno ci accompagni nel percorso che ci porterà a spezzare le dinamiche che controllano ogni aspetto della nostra vita senza toglierci il sintomo sul quale ci appoggiamo; che comprenda quello che non possiamo esprimere e, accedendo al nostro segreto, ci garantisca il sostegno di cui sentiamo di aver bisogno, ma che ci rifiutiamo di chiedere.
Penso che sia per questo che è importante riuscire a legittimarsi la possibilità di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta. Non accontentandoci al primo tentativo, o scoraggiandoci se i feedback che riceviamo sono differenti da quelli che vorremo: ogni persona ha bisogno di un’altra persona particolare per potersi aprire, non vanno bene tutti per tutti, ed è perciò importante fare tentativi, e continuare a cercare finché non si trova il terapeuta adatto, che sarà la persona che riuscirà a fermarci con determinazione e con dolcezza. E allora sarà un sollievo essere smascherate e forzate ad interrompere la nostra recita distruttiva, il nostro suicidio cronico.
La finzione dell’anoressia è probabilmente così perfetta da ingannare anche le persone più attente, il personale medico più preparato.
Ma in realtà siamo noi stesse a tenderci le insidie più grandi.
Se sentite di aver bisogno d’aiuto, non abbiate timore di chiederlo. Non temete di non trovarlo, perché anche se non ve ne rendete conto, ci sarebbero sempre tante mani tese verso di voi, nel momento in cui trovaste il coraggio di afferrarle. Ma soprattutto, non temete di trovarlo. Perché poter contare su un supporto psicoterapeutico è importantissimo, ma non dimenticate che siete solo voi a poter salvare voi stesse.
Iniziare una psicoterapia è difficile anche perché si teme che il terapeuta possa non essere altro che l’ennesima persona che vede unicamente l’aspetto fisico, i tratti materiali, tangibili della sofferenza anoressica. Inoltre, si ha paura che il terapeuta possa portarci via tutto il mondo, tutta la realtà che con il DCA abbiamo faticosamente costruito, riportandoci alla condizione primigenia che ha determinato l’innesco dell’anoressia stessa.
In fin dei conti, l’anoressia non è che il tentativo di diventare invisibili per essere viste, perciò, se qualcuno ci portasse via questa possibilità allontanando il sintomo e ripristinando la “normalità”, che cosa ci resterebbe? È per questo che la psicoterapia è un passo così difficile da affrontare.
Nel momento in cui siamo nel pieno di un DCA, è solo la rabbia che ci tiene in vita, una vita colma di rancore e di paura. Abbiamo paura della nostra rabbia, ed abbiamo paura della nostra paura. Ci sentiamo in dovere di cercare sempre di nascondere a tutti e in qualsiasi modo i sentimenti contraddittori che in certi momenti invadono la nostra mente, spingendoci a cercare aiuto e a rifiutarlo al tempo stesso. Molto spesso cerchiamo di nasconderli persino a noi stesse.
Man mano che ci si abitua a convivere con l’anoressia, si perde il ricordo di come sia possibile vivere senza. Sopravviviamo da così tanto tempo con questo sintomo da aver dimenticato com’era quando non c’era. E così non si riesce a vedere veramente il nostro corpo fino in fondo, non riusciamo a credere fino in fondo che possa essere davvero danneggiato: questo corpo che non amiamo guardare, che spesso tocchiamo come se fosse unicamente uno strumento di cui dobbiamo accertare la funzione. Perché ci sembra di dover dimostrare – agli altri, ma soprattutto a noi stesse – quanto siamo capaci di non cedere al desiderio di cedere. Di farsi aiutare. Di parlarne con qualcuno.
Si pensa che il nostro corpo serva solo a sostenere la nostra mente, ma non le appartenga. E così, con l’anoressia, ci siamo costruite un corpo esile, un corpo quasi invisibile, per poter essere viste. Il nostro comportamento è contraddittorio, confonde e ci confonde. Una parte di noi stesse si aspetta che qualcuno riesca a scoprire l’inganno che noi stesse abbiamo costruito, e così ce ne liberi; che qualcuno ci accompagni nel percorso che ci porterà a spezzare le dinamiche che controllano ogni aspetto della nostra vita senza toglierci il sintomo sul quale ci appoggiamo; che comprenda quello che non possiamo esprimere e, accedendo al nostro segreto, ci garantisca il sostegno di cui sentiamo di aver bisogno, ma che ci rifiutiamo di chiedere.
Penso che sia per questo che è importante riuscire a legittimarsi la possibilità di chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta. Non accontentandoci al primo tentativo, o scoraggiandoci se i feedback che riceviamo sono differenti da quelli che vorremo: ogni persona ha bisogno di un’altra persona particolare per potersi aprire, non vanno bene tutti per tutti, ed è perciò importante fare tentativi, e continuare a cercare finché non si trova il terapeuta adatto, che sarà la persona che riuscirà a fermarci con determinazione e con dolcezza. E allora sarà un sollievo essere smascherate e forzate ad interrompere la nostra recita distruttiva, il nostro suicidio cronico.
La finzione dell’anoressia è probabilmente così perfetta da ingannare anche le persone più attente, il personale medico più preparato.
Ma in realtà siamo noi stesse a tenderci le insidie più grandi.
Se sentite di aver bisogno d’aiuto, non abbiate timore di chiederlo. Non temete di non trovarlo, perché anche se non ve ne rendete conto, ci sarebbero sempre tante mani tese verso di voi, nel momento in cui trovaste il coraggio di afferrarle. Ma soprattutto, non temete di trovarlo. Perché poter contare su un supporto psicoterapeutico è importantissimo, ma non dimenticate che siete solo voi a poter salvare voi stesse.
Etichette:
aiuto,
anoressia,
bugie,
bulimia,
combattere,
coraggio,
corpo,
dca,
disturbi alimentari,
finzione,
mente,
no pro-ana,
psichiatra,
psicologo,
psicoterapeuta,
psicoterapia,
recita,
ricovero,
sostegno
martedì 1 settembre 2009
Take EAT easy!
Sì, torniamo a parlare di CIBO.
Probabilmente molte di voi, in questo momento, stanno cercando di seguire una “dieta” opportunamente prescritta da un dietista/nutrizionista, al fine di cercare di riacquisire con gradualità un peso fisiologico e sano.
Io stessa lo sto facendo, perciò so perfettamente quanto seguire questo regime alimentare, soprattutto in alcuni momenti, possa essere complicato, duro e difficile.
Voglio perciò provare a darvi qualche consiglio su come riuscire ad affrontare con un po’ più di tranquillità il momento del pasto, il momento in cui ci si trova faccia a faccia con il cibo nei quantitativi prescritti dall’ “equilibrio alimentare”. Nessuna pretesa di risolvere ogni qualsiasi difficoltà, ovviamente, anche perchè è ovvio che i problemi di fondo vadano affrontati e risolti con l’aiuto di una persona competente al riguardo, il dietista stesso oppure uno psicoterapeuta; quel che voglio fare è solo condividere qualche “escamotage”, qualche “dritta” che mi sta aiutando nel mio percorso alimentare, nel mio “fronteggiare” il cibo, e che spero possa essere utile anche a voi.
Per prima cosa, mai concentrarsi su quello che si ha nel piatto. Mai focalizzare troppo l’attenzione sul cibo: così facendo, infatti, questo finisce per diventare l’unico elemento presente nei nostri pensieri, e ci sembrerà che le dosi che dobbiamo assumere siano enormi e tendano a dilatarsi a dismisura… il che servirebbe solo a rendere il momento del pasto ancora più difficile, e l’impresa di mangiare tutto peggio delle 12 fatiche di Ercole.
Quindi, quel che bisogna cercare di fare è decentrare la nostra attenzione dal cibo. Come? Per esempio, cercando di svolgere altre attività durante il pasto: guardare un programma che ci piace in TV (oppure un DVD), ascoltare delle musica, oppure leggere (per la cronaca, questa è la mia soluzione preferita, visto che leggere mi piace molto): tutte cose che richiedono una certa attenzione e che, quindi, la svincolano dal pensiero del cibo. Cercate il diversivo che fa per voi! Per chi abita ancora con la propria famiglia, può essere d’aiuto, se c’è la possibilità, mangiare tutti insieme, in maniera tale da interagire con gli altri; oppure mangiare con un’amica. Questo può essere utile in maniera duplice: da una parte, parlare o comunque ascoltare gli altri che discutono e seguire i loro discorsi, catalizza l’attenzione distogliendola dall’alimentazione. Dall’altra, mangiare con persone che si cibano con naturalezza e che non hanno comportamenti “forzati” nei confronti del cibo, può aiutare a riacquisire un certo equilibrio.
Inoltre, è molto importante cercare di pensare al cibo come ad una medicina: una medicina è un qualcosa che non ci piace prendere, che di solito è amara, è difficile da buttare giù. Ma, a lungo termine, una medicina è anche un qualcosa che ci farà stare bene, che ci farà ritornare in salute. Ecco, bisogna provare allora a visualizzare il cibo come se fosse quella medicina: un qualcosa che magari non ci va di mangiare, che facciamo fatica ad inghiottire tutto, ma che, col passare del tempo, aiuterà il nostro corpo – e, quindi, la nostra mente – a stare meglio, a riacquisire uno stato fisiologico di salute.
Quanto mangiate, infine, non pensate che quel cibo vi serve per alimentarvi: pensate piuttosto che vi serve per nutrirvi, ovvero per prendervi cura di voi stesse.
Probabilmente molte di voi, in questo momento, stanno cercando di seguire una “dieta” opportunamente prescritta da un dietista/nutrizionista, al fine di cercare di riacquisire con gradualità un peso fisiologico e sano.
Io stessa lo sto facendo, perciò so perfettamente quanto seguire questo regime alimentare, soprattutto in alcuni momenti, possa essere complicato, duro e difficile.
Voglio perciò provare a darvi qualche consiglio su come riuscire ad affrontare con un po’ più di tranquillità il momento del pasto, il momento in cui ci si trova faccia a faccia con il cibo nei quantitativi prescritti dall’ “equilibrio alimentare”. Nessuna pretesa di risolvere ogni qualsiasi difficoltà, ovviamente, anche perchè è ovvio che i problemi di fondo vadano affrontati e risolti con l’aiuto di una persona competente al riguardo, il dietista stesso oppure uno psicoterapeuta; quel che voglio fare è solo condividere qualche “escamotage”, qualche “dritta” che mi sta aiutando nel mio percorso alimentare, nel mio “fronteggiare” il cibo, e che spero possa essere utile anche a voi.
Per prima cosa, mai concentrarsi su quello che si ha nel piatto. Mai focalizzare troppo l’attenzione sul cibo: così facendo, infatti, questo finisce per diventare l’unico elemento presente nei nostri pensieri, e ci sembrerà che le dosi che dobbiamo assumere siano enormi e tendano a dilatarsi a dismisura… il che servirebbe solo a rendere il momento del pasto ancora più difficile, e l’impresa di mangiare tutto peggio delle 12 fatiche di Ercole.
Quindi, quel che bisogna cercare di fare è decentrare la nostra attenzione dal cibo. Come? Per esempio, cercando di svolgere altre attività durante il pasto: guardare un programma che ci piace in TV (oppure un DVD), ascoltare delle musica, oppure leggere (per la cronaca, questa è la mia soluzione preferita, visto che leggere mi piace molto): tutte cose che richiedono una certa attenzione e che, quindi, la svincolano dal pensiero del cibo. Cercate il diversivo che fa per voi! Per chi abita ancora con la propria famiglia, può essere d’aiuto, se c’è la possibilità, mangiare tutti insieme, in maniera tale da interagire con gli altri; oppure mangiare con un’amica. Questo può essere utile in maniera duplice: da una parte, parlare o comunque ascoltare gli altri che discutono e seguire i loro discorsi, catalizza l’attenzione distogliendola dall’alimentazione. Dall’altra, mangiare con persone che si cibano con naturalezza e che non hanno comportamenti “forzati” nei confronti del cibo, può aiutare a riacquisire un certo equilibrio.
Inoltre, è molto importante cercare di pensare al cibo come ad una medicina: una medicina è un qualcosa che non ci piace prendere, che di solito è amara, è difficile da buttare giù. Ma, a lungo termine, una medicina è anche un qualcosa che ci farà stare bene, che ci farà ritornare in salute. Ecco, bisogna provare allora a visualizzare il cibo come se fosse quella medicina: un qualcosa che magari non ci va di mangiare, che facciamo fatica ad inghiottire tutto, ma che, col passare del tempo, aiuterà il nostro corpo – e, quindi, la nostra mente – a stare meglio, a riacquisire uno stato fisiologico di salute.
Quanto mangiate, infine, non pensate che quel cibo vi serve per alimentarvi: pensate piuttosto che vi serve per nutrirvi, ovvero per prendervi cura di voi stesse.
Etichette:
alimentazione,
anoressia,
bulimia,
cibo,
combattere,
consigli,
corpo,
dca,
dieta,
dietista,
disturbi alimentari,
medicina,
no pro-ana,
nutrire,
nutrizionista,
peso,
ricovero,
strategie,
supporto
sabato 29 agosto 2009
A voi la parola / 10
Direttamente dalla “Thinspo Reverse”, “A voi la parola” passa oggi il testimone a una ragazza meravigliosa sotto ogni punto di vista, ad una vera guerriera della luce: Wolfie.
I miei problemi con l’alimentazione sono iniziati alle superiori, dove non vivevo una situazione esattamente idilliaca: nella mia nuova classe non c’era nessuna amica delle scuole medie, e non conoscevo nessuno. Tutte le altre ragazze, invece, già si conoscevano, e io fin da subito non sono riuscita a legare con loro perché non mi vestivo all’ultima moda, non ascoltavo la stessa musica, non guardavo le stesse cose in TV… insomma, non ero come loro. Mi sentivo diversa, sbagliata, vuota, ed ho cominciato a pensare che forse non ero “abbastanza” per quelle ragazze, che ero solo una persona mediocre. Così ho a poco a poco iniziato a sentirmi a disagio con me stessa e col mio corpo, e da qui è nato l’impellente bisogno di “fare qualcosa” per migliorare la situazione: se mi fossi sentita meglio nella mia pelle, forse anche le altre ragazze si sarebbero accorte del mio cambiamento, e la situazione sarebbe migliorata. Senza rendermene propriamente conto, avevo già fatto una scelta che avrebbe modificato e condizionato tutto il resto della mia vita. Certo, volevo che la mia vita cambiasse, ma la mia idea era che sarebbe cambiata in meglio. Ora so che invece un DCA serve solo a tirar fuori la parte peggiore di noi, che non risolve i problemi ma li crea, e ne crea di grandi e ben peggiori di quelli di partenza. Ho cominciato a “rimodellare” il mio corpo con un’assurda dieta “artigianale” da poche centinaia di calorie al giorno, cercando di essere sempre fuori casa alle ore dei pasti ed inventandomi scuse di fronte ai miei genitori per giustificare quanto poco mangiassi: ovviamente all’inizio mi sembrava “la panacea”, mi sentivo come se davvero quella potesse dissolvere ogni difficoltà, ma l’idillio è durato ben poco. Io non so qual è la linea di demarcazione tra un’anoressica e una bulimica: non so come le prime riescano a prolungare la restrizione alimentare fino al limite estremo senza mai cedere alle lusinghe del cibo, mentre per le seconde scatti il meccanismo dell’abbuffata. So soltanto che io ho ben presto scoperto di appartenere alla seconda categoria. La dieta sregolatamente restrittiva mi portava ad avere accessi di fame che risolvevo abbuffandomi… e poi andando in bagno a vomitare, per eliminare giù per lo scarico del water, oltre al cibo, anche i sensi di colpa. Stavo molto attenta a non farmi scoprire, perché mi vergognavo molto di questa mia “debolezza”, ma intanto il cibo era diventato un’ossessione e riempiva la maggior parte dei miei pensieri. Cibo evitato, rifiutato, rubato, mangiato di nascosto, vomitato… La bulimia colpisce meno dell’anoressia, suscita meno scalpore e meno attenzione, perché la maggior parte delle bulimiche sono normopeso o solo leggermente sottopeso, quindi tutti pensano che sia un DCA meno grave dell’anoressia. Questo perché la maggior parte della gente si ferma a considerare l’aspetto esteriore, che è tuttavia quello meno importante. Quello che non si dice, che non si capisce, è che anche di bulimia si muore, esattamente come d’anoressia. Ma soprattutto, anche di bulimia si soffre, e tanto. Forse non lo si comprende soprattutto proprio perché esteriormente spesso non si vede nulla: io, infatti, sono sempre rimasta più o meno normopeso; eppure ci sono stati periodi in cui mi abbuffavo e vomitavo anche 5 o 6 volte al giorno! E non c’è niente di più umiliante, niente di più vergognoso, niente che ti fa soffrire dentro come il provocarsi il vomito nel tentativo di soffocare i sensi di colpa scatenati dalle abbuffate. Sono sentimenti che si provano e che non si riescono a rendere davvero con le parole. Ad ogni modo, la mia situazione si è trascinata avanti così per anni, anni consumati davanti al water a infilare due dita in gola per vomitare tutto il cibo e tutto il dolore che la mia vita non riusciva a contenere. Ero a pezzi, fisicamente e psicologicamente, la bulimia riempiva e devastava ogni momento della giornata, ma io continuavo ad andare avanti così perché… cambiare era più difficile, faceva più paura. Anche se la mia vita non si poteva più definire tale, anche se il pensiero del cibo mi tormentava e mi angosciava, anche se passavo ore chiusa in bagno, dentro di me, per quel che mi riguardava, cambiare era peggio, perché avrei dovuto parlare con i miei genitori, raccontare, e c’era la vergogna di fare vedere che la loro amata figlia si era ridotta a doversi mettere due dita in gola per sbarcare la giornata. Poi, però, è successo. Inconsciamente, forse, volevo che succedesse già da molto tempo, ma non ne avevo il coraggio, però ho cominciato ad usare meno cautele quando andavo in bagno per vomitare, così un giorno mia mamma mi ha sentita e mi ha chiesto cosa stesse succedendo. Io, sul momento, ero terrorizzata all’idea di essere stata scoperta, e la mia mente ha cercato subito febbrilmente di costruire qualche scusa… sennonché all’improvviso mi sono precipitata fuori dal bagno, in lacrime, e le ho detto tutto di botto, ho tirato fuori qualsiasi cosa, tutta la devastazione degli ultimi anni, e non è stato terribile come avevo immaginato. Mia mamma non mi ha giudicata, non si è arrabbiata, non mi ha presa per pazza. Non solo mi ha ascoltata, ma lei e papà mi hanno aiutato tantissimo nella sofferta e travaglia decisione d’iniziare un percorso di ricovero. Adesso sono tre anni che mi incontro con una dietista una volta al mese e con una psicologa due volte la settimana. Sono due persone preziose che mi hanno davvero aiutata nel risollevarmi dalla situazione in cui ero precipitata. Ho cambiato diverse psicoterapeute, ma adesso sento di aver trovato la persona giusta per me. A tutt’oggi non è per niente facile, e a volte mi trovo ancora a dover lottare contro l’impulso di chiudermi in bagno e inginocchiarmi davanti al water, ed è tremendamente difficile opporsi, ma non mi arrendo: so che le cose possono cambiare se io ho la volontà di cambiarle, e se la psicologa e la dietista che stanno al mio fianco, e tutte le persone vicine e lontane che mi vogliono bene, mi supportano e mi sostengono, questa sfida sarà più facile da affrontare. Inoltre, adesso, mi sono accorta di una cosa: che quello che ho dentro e la cosa più importante, e non importa quello che si vede fuori, perché le persone che tengono a me mi vogliono bene unicamente per il tipo di persona che sono. Una conclusione banale, forse, ma che per me ha voluto dire tantissimo! Quello che vorrei dire a tutte le ragazze che stanno vivendo la stessa situazione che ho vissuto io, fondamentalmente, è: non buttate la vostra vita dentro al water! Se la bulimia vi sta rovinando la vita, reagite! Non aspettate neanche un giorno! E se le cose non vanno al primo tentativo, continuate a provare! Io piano pianino ce la sto facendo, e ce la potete fare anche voi!!!
Cara Wolfie, ti ringrazio tantissimo per aver voluto condividere un questo spazio con me e con tutte la altre ragazze la tua esperienza. Posso solo immaginare quanto dev’essere stati difficile raccontare tutto, e sappi che ti ammiro moltissimo per il tuo coraggio e per la tua tenacia.
Il messaggio positivo che le tue parole riescono a far passare è un qualcosa di straordinario. Leggere la tua testimonianza mi ha dato un grande incoraggiamento, e credo di non essere la sola a pensarla così.
La cosa più bella delle tue parole è il percorso di vita, la sofferenza ma anche la voglia di reagire, il realizzarsi di un processo di cambiamento. Non esiste un unico modo di cambiare, ed è bello pensare che, come te, in questo momento, siamo in tante a cercare di compiere una scelta che potrà cambiare completamente la nostra vita. È vero, decidere di cambiare è difficile, è sempre molto difficile, anche nel momento in cui la situazione che si vive ci fa soffrire, perché cambiare significa comunque abbandonare un dolore noto per avviarci verso un futuro ignoto, e quel che non si riesce a prevedere e si teme di non poter controllare finisce inevitabilmente per fare paura. Però è bello leggere del tuo cambiamento positivo, perché è la testimonianza che lasciare la strada vecchia per la nuova significa in realtà correre un rischio che vale la pena, visto il risultato.
Ed è bellissimo anche il tuo messaggio finale, l’incoraggiamento a non arrendersi, che penso sia indispensabile per continuare ad andare avanti nella difficile strada del ricovero: arrendersi è molto più semplice, in fin dei conti, più facile mollare se al primo tentativo le cose vanno storte, dirsi che se non ha funzionato allora non potrà mai funzionare, molto facile, sì. Ben più difficile rialzarsi e riprovare, riprovare ogni volta, darsi sempre una nuova possibilità… ma è quello che tu stai facendo, Wolfie. La scelta più difficile. La scelta più coraggiosa. Io faccio il tifo per te…
I miei problemi con l’alimentazione sono iniziati alle superiori, dove non vivevo una situazione esattamente idilliaca: nella mia nuova classe non c’era nessuna amica delle scuole medie, e non conoscevo nessuno. Tutte le altre ragazze, invece, già si conoscevano, e io fin da subito non sono riuscita a legare con loro perché non mi vestivo all’ultima moda, non ascoltavo la stessa musica, non guardavo le stesse cose in TV… insomma, non ero come loro. Mi sentivo diversa, sbagliata, vuota, ed ho cominciato a pensare che forse non ero “abbastanza” per quelle ragazze, che ero solo una persona mediocre. Così ho a poco a poco iniziato a sentirmi a disagio con me stessa e col mio corpo, e da qui è nato l’impellente bisogno di “fare qualcosa” per migliorare la situazione: se mi fossi sentita meglio nella mia pelle, forse anche le altre ragazze si sarebbero accorte del mio cambiamento, e la situazione sarebbe migliorata. Senza rendermene propriamente conto, avevo già fatto una scelta che avrebbe modificato e condizionato tutto il resto della mia vita. Certo, volevo che la mia vita cambiasse, ma la mia idea era che sarebbe cambiata in meglio. Ora so che invece un DCA serve solo a tirar fuori la parte peggiore di noi, che non risolve i problemi ma li crea, e ne crea di grandi e ben peggiori di quelli di partenza. Ho cominciato a “rimodellare” il mio corpo con un’assurda dieta “artigianale” da poche centinaia di calorie al giorno, cercando di essere sempre fuori casa alle ore dei pasti ed inventandomi scuse di fronte ai miei genitori per giustificare quanto poco mangiassi: ovviamente all’inizio mi sembrava “la panacea”, mi sentivo come se davvero quella potesse dissolvere ogni difficoltà, ma l’idillio è durato ben poco. Io non so qual è la linea di demarcazione tra un’anoressica e una bulimica: non so come le prime riescano a prolungare la restrizione alimentare fino al limite estremo senza mai cedere alle lusinghe del cibo, mentre per le seconde scatti il meccanismo dell’abbuffata. So soltanto che io ho ben presto scoperto di appartenere alla seconda categoria. La dieta sregolatamente restrittiva mi portava ad avere accessi di fame che risolvevo abbuffandomi… e poi andando in bagno a vomitare, per eliminare giù per lo scarico del water, oltre al cibo, anche i sensi di colpa. Stavo molto attenta a non farmi scoprire, perché mi vergognavo molto di questa mia “debolezza”, ma intanto il cibo era diventato un’ossessione e riempiva la maggior parte dei miei pensieri. Cibo evitato, rifiutato, rubato, mangiato di nascosto, vomitato… La bulimia colpisce meno dell’anoressia, suscita meno scalpore e meno attenzione, perché la maggior parte delle bulimiche sono normopeso o solo leggermente sottopeso, quindi tutti pensano che sia un DCA meno grave dell’anoressia. Questo perché la maggior parte della gente si ferma a considerare l’aspetto esteriore, che è tuttavia quello meno importante. Quello che non si dice, che non si capisce, è che anche di bulimia si muore, esattamente come d’anoressia. Ma soprattutto, anche di bulimia si soffre, e tanto. Forse non lo si comprende soprattutto proprio perché esteriormente spesso non si vede nulla: io, infatti, sono sempre rimasta più o meno normopeso; eppure ci sono stati periodi in cui mi abbuffavo e vomitavo anche 5 o 6 volte al giorno! E non c’è niente di più umiliante, niente di più vergognoso, niente che ti fa soffrire dentro come il provocarsi il vomito nel tentativo di soffocare i sensi di colpa scatenati dalle abbuffate. Sono sentimenti che si provano e che non si riescono a rendere davvero con le parole. Ad ogni modo, la mia situazione si è trascinata avanti così per anni, anni consumati davanti al water a infilare due dita in gola per vomitare tutto il cibo e tutto il dolore che la mia vita non riusciva a contenere. Ero a pezzi, fisicamente e psicologicamente, la bulimia riempiva e devastava ogni momento della giornata, ma io continuavo ad andare avanti così perché… cambiare era più difficile, faceva più paura. Anche se la mia vita non si poteva più definire tale, anche se il pensiero del cibo mi tormentava e mi angosciava, anche se passavo ore chiusa in bagno, dentro di me, per quel che mi riguardava, cambiare era peggio, perché avrei dovuto parlare con i miei genitori, raccontare, e c’era la vergogna di fare vedere che la loro amata figlia si era ridotta a doversi mettere due dita in gola per sbarcare la giornata. Poi, però, è successo. Inconsciamente, forse, volevo che succedesse già da molto tempo, ma non ne avevo il coraggio, però ho cominciato ad usare meno cautele quando andavo in bagno per vomitare, così un giorno mia mamma mi ha sentita e mi ha chiesto cosa stesse succedendo. Io, sul momento, ero terrorizzata all’idea di essere stata scoperta, e la mia mente ha cercato subito febbrilmente di costruire qualche scusa… sennonché all’improvviso mi sono precipitata fuori dal bagno, in lacrime, e le ho detto tutto di botto, ho tirato fuori qualsiasi cosa, tutta la devastazione degli ultimi anni, e non è stato terribile come avevo immaginato. Mia mamma non mi ha giudicata, non si è arrabbiata, non mi ha presa per pazza. Non solo mi ha ascoltata, ma lei e papà mi hanno aiutato tantissimo nella sofferta e travaglia decisione d’iniziare un percorso di ricovero. Adesso sono tre anni che mi incontro con una dietista una volta al mese e con una psicologa due volte la settimana. Sono due persone preziose che mi hanno davvero aiutata nel risollevarmi dalla situazione in cui ero precipitata. Ho cambiato diverse psicoterapeute, ma adesso sento di aver trovato la persona giusta per me. A tutt’oggi non è per niente facile, e a volte mi trovo ancora a dover lottare contro l’impulso di chiudermi in bagno e inginocchiarmi davanti al water, ed è tremendamente difficile opporsi, ma non mi arrendo: so che le cose possono cambiare se io ho la volontà di cambiarle, e se la psicologa e la dietista che stanno al mio fianco, e tutte le persone vicine e lontane che mi vogliono bene, mi supportano e mi sostengono, questa sfida sarà più facile da affrontare. Inoltre, adesso, mi sono accorta di una cosa: che quello che ho dentro e la cosa più importante, e non importa quello che si vede fuori, perché le persone che tengono a me mi vogliono bene unicamente per il tipo di persona che sono. Una conclusione banale, forse, ma che per me ha voluto dire tantissimo! Quello che vorrei dire a tutte le ragazze che stanno vivendo la stessa situazione che ho vissuto io, fondamentalmente, è: non buttate la vostra vita dentro al water! Se la bulimia vi sta rovinando la vita, reagite! Non aspettate neanche un giorno! E se le cose non vanno al primo tentativo, continuate a provare! Io piano pianino ce la sto facendo, e ce la potete fare anche voi!!!
Cara Wolfie, ti ringrazio tantissimo per aver voluto condividere un questo spazio con me e con tutte la altre ragazze la tua esperienza. Posso solo immaginare quanto dev’essere stati difficile raccontare tutto, e sappi che ti ammiro moltissimo per il tuo coraggio e per la tua tenacia.
Il messaggio positivo che le tue parole riescono a far passare è un qualcosa di straordinario. Leggere la tua testimonianza mi ha dato un grande incoraggiamento, e credo di non essere la sola a pensarla così.
La cosa più bella delle tue parole è il percorso di vita, la sofferenza ma anche la voglia di reagire, il realizzarsi di un processo di cambiamento. Non esiste un unico modo di cambiare, ed è bello pensare che, come te, in questo momento, siamo in tante a cercare di compiere una scelta che potrà cambiare completamente la nostra vita. È vero, decidere di cambiare è difficile, è sempre molto difficile, anche nel momento in cui la situazione che si vive ci fa soffrire, perché cambiare significa comunque abbandonare un dolore noto per avviarci verso un futuro ignoto, e quel che non si riesce a prevedere e si teme di non poter controllare finisce inevitabilmente per fare paura. Però è bello leggere del tuo cambiamento positivo, perché è la testimonianza che lasciare la strada vecchia per la nuova significa in realtà correre un rischio che vale la pena, visto il risultato.
Ed è bellissimo anche il tuo messaggio finale, l’incoraggiamento a non arrendersi, che penso sia indispensabile per continuare ad andare avanti nella difficile strada del ricovero: arrendersi è molto più semplice, in fin dei conti, più facile mollare se al primo tentativo le cose vanno storte, dirsi che se non ha funzionato allora non potrà mai funzionare, molto facile, sì. Ben più difficile rialzarsi e riprovare, riprovare ogni volta, darsi sempre una nuova possibilità… ma è quello che tu stai facendo, Wolfie. La scelta più difficile. La scelta più coraggiosa. Io faccio il tifo per te…
Etichette:
a voi la parola,
anoressia,
bulimia,
combattere,
coraggio,
dca,
disordini alimentari,
no pro-ana,
ricovero,
storia,
testimonianza,
Wolfie
lunedì 24 agosto 2009
Modi per morire... e per vivere
Esistono molti modi per morire.
Alcuni di questi sono poco dolorosi: morire per soffocamento da gas di scarico, tagliarsi la giugulare, imbottirsi di tranquillanti, spararsi alla tempia, saltare giù dall’ultimo piano di un palazzo.
Non ci vuole poi molto, no?!
Altri sono mediamente dolorosi: tagliarsi le vene, mangiare cocci di vetro, bere un litro di candeggina, bere un paio litri di ammoniaca, assumere barbiturici, andare in overdose, diventare anoressica, diventare bulimica.
Ma ce n’è uno che è più doloroso di tutti gli altri: VIVERE.
Perché nel momento in cui decidi di abbandonare lo scudo dell’anoressia per provare a viere una vita degna d'essere chiamata tale, provi un dolore così forte che ti sembra di essere quasi sul punto di morire. Perché la scelta o meno della strada del ricovero è quella che mette di fronte al bivio tra la vita e la morte. Perché con l’anoressia si muore solo per vivere, si muore dentro, ogni giorno un po’ di più. È arrivato il momento d’imparare a vivere solo per vivere.
Vivere, poiché vivere è il modo in cui muoiono le persone che hanno coraggio. Tutti gli altri sono solo palliativi, anestetici, modi che si pensa possano aiutarci a metterci in stand-by.
Bisogna trovare il coraggio di ricominciare a vivere davvero, perché che si viva per morire o che si muoia per vivere, a nessuno interessa. Se l’anoressia è la scelta di diventare invisibili per essere viste dagli altri – questa è solo un’altra delle bugie che l’anoressia racconta. Nella nostra vita, siamo solo noi di fronte a noi stesse. Questa battaglia è unicamente la NOSTRA. Questa vita è unicamente la NOSTRA. Dobbiamo trovare il coraggio di viverla. Viverla perché nell’immenso palcoscenico del mondo, anche se non conosciamo la coreografia, ci verrà richiesto comunque di ballare. Non dobbiamo permettere all’anoressia di farci rimanere sedute in un angolo: IMPROVVISIAMO.
Certo, decidere di combattere contro l’anoressia è un rischio, ma chi non rischia non prova dolore… e chi non prova dolore, non potrà mai dire di essere viva davvero.
E ricordate sempre che morire è il coraggio di un attimo… ma vivere è il coraggio di sempre.
Alcuni di questi sono poco dolorosi: morire per soffocamento da gas di scarico, tagliarsi la giugulare, imbottirsi di tranquillanti, spararsi alla tempia, saltare giù dall’ultimo piano di un palazzo.
Non ci vuole poi molto, no?!
Altri sono mediamente dolorosi: tagliarsi le vene, mangiare cocci di vetro, bere un litro di candeggina, bere un paio litri di ammoniaca, assumere barbiturici, andare in overdose, diventare anoressica, diventare bulimica.
Ma ce n’è uno che è più doloroso di tutti gli altri: VIVERE.
Perché nel momento in cui decidi di abbandonare lo scudo dell’anoressia per provare a viere una vita degna d'essere chiamata tale, provi un dolore così forte che ti sembra di essere quasi sul punto di morire. Perché la scelta o meno della strada del ricovero è quella che mette di fronte al bivio tra la vita e la morte. Perché con l’anoressia si muore solo per vivere, si muore dentro, ogni giorno un po’ di più. È arrivato il momento d’imparare a vivere solo per vivere.
Vivere, poiché vivere è il modo in cui muoiono le persone che hanno coraggio. Tutti gli altri sono solo palliativi, anestetici, modi che si pensa possano aiutarci a metterci in stand-by.
Bisogna trovare il coraggio di ricominciare a vivere davvero, perché che si viva per morire o che si muoia per vivere, a nessuno interessa. Se l’anoressia è la scelta di diventare invisibili per essere viste dagli altri – questa è solo un’altra delle bugie che l’anoressia racconta. Nella nostra vita, siamo solo noi di fronte a noi stesse. Questa battaglia è unicamente la NOSTRA. Questa vita è unicamente la NOSTRA. Dobbiamo trovare il coraggio di viverla. Viverla perché nell’immenso palcoscenico del mondo, anche se non conosciamo la coreografia, ci verrà richiesto comunque di ballare. Non dobbiamo permettere all’anoressia di farci rimanere sedute in un angolo: IMPROVVISIAMO.
Certo, decidere di combattere contro l’anoressia è un rischio, ma chi non rischia non prova dolore… e chi non prova dolore, non potrà mai dire di essere viva davvero.
E ricordate sempre che morire è il coraggio di un attimo… ma vivere è il coraggio di sempre.
Etichette:
anoressia,
bulimia,
combattere,
dca,
difficile,
disordini alimentari,
dolore,
evitare,
facile,
morire,
no pro-ana,
ricominciare,
ricovero,
scegliere,
supporto,
vivere
martedì 18 agosto 2009
Apprezza l'oggi
Apprezza l’oggi. Apprezza la vita. Se l’anoressia ti sta facendo vivere un momento in cui non riesci ad apprezzare il mondo, prova ad apprezzare le piccole cose che ti circondano. Non sarà molto, ma è pur sempre un inizio.
Non lasciare che gli altri ti buttino giù di morale: c’è sempre qualcosa che può farsi apprezzare nella vita. Può essere la bellezza di una giornata di sole, una risata con la tua famiglia, un pomeriggio trascorso a chiacchierare con la tua migliore amica…
Chiediti qual è la cosa che puoi apprezzare di oggi. E cercala finché non la troverai. Perchè una cosa che puoi apprezzare, fosse anche una soltanto, c’è.
Cercala. Trovala. Abbracciala.
Le cose da apprezzare ci sono sempre intorno, sta solo a noi il decidere di vederle o di ignorarle. Decidi di aprire gli occhi. Accetta che possano esserci delle contrarietà, ma non permettere che queste ti facciano dimenticare quanto di positivo c’è nella vita.
Combattere l’anoressia è un ottimo modo per apprezzare l’oggi.
Apprezza l’oggi. Perché è solo oggi che hai l’occasione di vivere questa giornata.
Non lasciare che gli altri ti buttino giù di morale: c’è sempre qualcosa che può farsi apprezzare nella vita. Può essere la bellezza di una giornata di sole, una risata con la tua famiglia, un pomeriggio trascorso a chiacchierare con la tua migliore amica…
Chiediti qual è la cosa che puoi apprezzare di oggi. E cercala finché non la troverai. Perchè una cosa che puoi apprezzare, fosse anche una soltanto, c’è.
Cercala. Trovala. Abbracciala.
Le cose da apprezzare ci sono sempre intorno, sta solo a noi il decidere di vederle o di ignorarle. Decidi di aprire gli occhi. Accetta che possano esserci delle contrarietà, ma non permettere che queste ti facciano dimenticare quanto di positivo c’è nella vita.
Combattere l’anoressia è un ottimo modo per apprezzare l’oggi.
Apprezza l’oggi. Perché è solo oggi che hai l’occasione di vivere questa giornata.
Etichette:
anoressia,
apprezzare,
auto-aiuto,
bellezza,
bulimia,
combattere,
dca,
disordini alimentari,
no pro-ana,
ricovero,
speranza,
supporto morale
martedì 11 agosto 2009
Pro-Ana & Pro-Ricovero
Più volte sono stata “accusata” di voler fare unicamente differenze tra le ragazze che si definiscono “pro-ana/mia”, e le ragazze che stanno combattendo contro un DCA e che sono quindi “pro-ricovero”.
Okay, sono pronta a rigirare la frittata. Anziché vagliare unicamente le differenze, vediamo adesso anche quali sono gli aspetti che accomunano ed uniscono le ragazze “pro-ana” con le ragazze “pro-ricovero”. Un fifty-fifty: quel che ci rende uguali, e quel che ci diversifica; le due facce della medaglia.
Pro-ana: Hanno problemi con il loro corpo e attuano comportamenti disfunzionali nei confronti del cibo per cercare di raggiungere una forma fisica che le permetta di stare a loro agio con loro stesse.
Pro-ricovero: Hanno problemi con il loro corpo e attuano comportamenti disfunzionali nei confronti del cibo per cercare di raggiungere una forma fisica che le permetta di stare a loro agio con loro stesse.
Pro-ana: In fondo in fondo, hanno scarsissima autostima e pensano di non essere mai giuste abbastanza.
Pro-ricovero: In fondo in fondo, hanno scarsissima autostima e pensano di non essere mai giuste abbastanza.
Pro-ana: Cercano il supporto e la conversazione con persone i cui blog trattano di DCA.
Pro-ricovero: Cercano il supporto e la conversazione con persone i cui blog trattano di DCA.
Pro-ana: Usano suddetti blog per cercare di aiutarsi a vicenda a dimagrire raggiungendo così la “perfezione”.
Pro-ricovero: Sono già dimagrite abbastanza da sapere che questo non porterà mai la “perfezione” (tutt’al più, la morte) e usano I suddetti blog per cercare di aiutarsi a vicenda a percorrere la strada del ricovero.
Dunque. L’unica differenza principale tra l’essere “pro-ana” e l’essere “pro-ricovero” è una dichiarazione d’intenti (cattive/buone intenzioni nei confronti di se stesse e, secondariamente, delle altre) e il mettere in pratica questi intenti. Una ragazza “pro-ana” può andare sui blog per cercare d’imparare qualche trucco che le consenta di perdere un altro chilo. Una ragazza “pro-ricovero” sta cercando di disimparare detti trucchi. Sta cercando di limitare i danni.
Personalmente, mi reputo “pro-ricovero”; quindi uno degli obiettivi di questo blog è cercare di formare una comunità di persone che stanno lottando contro i DCA e cercando di darsi una mano a vicenda. Naturalmente, sono apertissima alla discussione, quindi è benvenuta anche chiunque la pensi diversamente da me: finché c’è rispetto, la discussione non può che essere costruttiva.
Penso, in fin dei conti, che la principale differenza tra ragazze “pro-ana” e “pro-ricovero” sia relativa al tempo e all’esperienza. Se una ragazza “pro-ana” non muore per inedia, indubbiamente prima o poi aprirà gli occhi su quella che è la realtà e andrà incontro a un percorso di ricovero. E dov’è che la ragazze “pro-ana” possono andare nel momento in cui si rendono conto di ciò che (si) stanno facendo e lasciano i loro blog?
È dura intraprendere la strada del ricovero completamente da sole, questo fa sembrare il ricovero come un qualcosa di estremamente difficile e complesso, quasi impossibile. Persone con un DCA indubbiamente hanno bisogno di supporto. Ed è ciò che, nel mio piccolo, con questo blog, cerco di dare. C’è bisogno di qualcuno con cui poter comunicare, di qualcuno che capisca veramente cosa significa essere anoressiche perchè lo vive sulla propria pelle. Noi siamo SOLE. L’anoressia è un isolante, separa talmente tanto dal resto del mondo che si finisce per rimanere senza alcuna amicizia reale.
I blog “pro-ana” riempiono un vuoto nel cuore di molte ragazze sole, tristi e ferite che sono in lotta contro il proprio corpo.
Questo blog spera di riuscire a riempire anche solo una piccola parte del vuoto nel cuore di chi cerca di lottare contro l’anoressia, per riuscire insieme a lottare non più CONTRO il nostro corpo, ma PER il nostro corpo.
Okay, sono pronta a rigirare la frittata. Anziché vagliare unicamente le differenze, vediamo adesso anche quali sono gli aspetti che accomunano ed uniscono le ragazze “pro-ana” con le ragazze “pro-ricovero”. Un fifty-fifty: quel che ci rende uguali, e quel che ci diversifica; le due facce della medaglia.
Pro-ana: Hanno problemi con il loro corpo e attuano comportamenti disfunzionali nei confronti del cibo per cercare di raggiungere una forma fisica che le permetta di stare a loro agio con loro stesse.
Pro-ricovero: Hanno problemi con il loro corpo e attuano comportamenti disfunzionali nei confronti del cibo per cercare di raggiungere una forma fisica che le permetta di stare a loro agio con loro stesse.
Pro-ana: In fondo in fondo, hanno scarsissima autostima e pensano di non essere mai giuste abbastanza.
Pro-ricovero: In fondo in fondo, hanno scarsissima autostima e pensano di non essere mai giuste abbastanza.
Pro-ana: Cercano il supporto e la conversazione con persone i cui blog trattano di DCA.
Pro-ricovero: Cercano il supporto e la conversazione con persone i cui blog trattano di DCA.
Pro-ana: Usano suddetti blog per cercare di aiutarsi a vicenda a dimagrire raggiungendo così la “perfezione”.
Pro-ricovero: Sono già dimagrite abbastanza da sapere che questo non porterà mai la “perfezione” (tutt’al più, la morte) e usano I suddetti blog per cercare di aiutarsi a vicenda a percorrere la strada del ricovero.
Dunque. L’unica differenza principale tra l’essere “pro-ana” e l’essere “pro-ricovero” è una dichiarazione d’intenti (cattive/buone intenzioni nei confronti di se stesse e, secondariamente, delle altre) e il mettere in pratica questi intenti. Una ragazza “pro-ana” può andare sui blog per cercare d’imparare qualche trucco che le consenta di perdere un altro chilo. Una ragazza “pro-ricovero” sta cercando di disimparare detti trucchi. Sta cercando di limitare i danni.
Personalmente, mi reputo “pro-ricovero”; quindi uno degli obiettivi di questo blog è cercare di formare una comunità di persone che stanno lottando contro i DCA e cercando di darsi una mano a vicenda. Naturalmente, sono apertissima alla discussione, quindi è benvenuta anche chiunque la pensi diversamente da me: finché c’è rispetto, la discussione non può che essere costruttiva.
Penso, in fin dei conti, che la principale differenza tra ragazze “pro-ana” e “pro-ricovero” sia relativa al tempo e all’esperienza. Se una ragazza “pro-ana” non muore per inedia, indubbiamente prima o poi aprirà gli occhi su quella che è la realtà e andrà incontro a un percorso di ricovero. E dov’è che la ragazze “pro-ana” possono andare nel momento in cui si rendono conto di ciò che (si) stanno facendo e lasciano i loro blog?
È dura intraprendere la strada del ricovero completamente da sole, questo fa sembrare il ricovero come un qualcosa di estremamente difficile e complesso, quasi impossibile. Persone con un DCA indubbiamente hanno bisogno di supporto. Ed è ciò che, nel mio piccolo, con questo blog, cerco di dare. C’è bisogno di qualcuno con cui poter comunicare, di qualcuno che capisca veramente cosa significa essere anoressiche perchè lo vive sulla propria pelle. Noi siamo SOLE. L’anoressia è un isolante, separa talmente tanto dal resto del mondo che si finisce per rimanere senza alcuna amicizia reale.
I blog “pro-ana” riempiono un vuoto nel cuore di molte ragazze sole, tristi e ferite che sono in lotta contro il proprio corpo.
Questo blog spera di riuscire a riempire anche solo una piccola parte del vuoto nel cuore di chi cerca di lottare contro l’anoressia, per riuscire insieme a lottare non più CONTRO il nostro corpo, ma PER il nostro corpo.
Etichette:
anoressia,
blog,
bulimia,
combattere,
comunità,
dca,
differenze,
disordini alimentari,
forza,
insieme,
obiettivo,
pro-ana,
pro-mia,
ricovero,
somiglianze,
unione
Iscriviti a:
Post (Atom)